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30 Settembre 2009

Design litico

TENDAGGI DI PIETRA SERENA
A Marmomacc 2009, il Casone insegna come il “resto” non sia mai “scarto”

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Il padiglione de Il Casone a Marmomacc 2009. Progetto Francesco Steccanella (Foto: Giovanni De Sandre)

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…e se invece di fondamenta e solido muro la pietra divenisse parete appesa? Se l’architettura e il design litici riuscissero a partecipare al processo di sostenibilità e di recupero dei materiali di scarto? Se la materia primigenia del costruire, simbolo di stabilità, peso e robustezza si liberasse dalla costrizione che la chiude in una ormai consolidata categoria prestazionale e simbolica, per trasformarsi in quello che tradizionalmente non potrebbe essere?
Queste le scommesse con le quali si confronta quest’anno Il Casone in occasione della fiera veronese Marmomacc (Verona, 30 settembre – 3 ottobre 2009).
L’edizione di “Marmomacc incontra il Design 2009” propone un nuovo episodio dell’antologia avviata tre anni fa dalla filiera produttrice del settore lapideo italiano. Il tema, “Hybrid and Flexible”, si presenta come nuovo stimolo per le interessanti collaborazioni tra aziende e designers che, di anno in anno, stanno dimostrando l’importanza della ricerca e della sperimentazione all’interno del mondo della produzione. La materia litica, assoluta protagonista, svela di volta in volta le proprie potenzialità dissociandosi dai concetti di gravità e tettonicità dei quali fin dalle origini è stata ritenuta modello indiscusso.
Inoltre, quest’anno, a riprova dell’esperienza appena conclusa in occasione della XIV edizione di “Abitare il Tempo”, Il Casone decide di realizzare il proprio padiglione espositivo attraverso l’esclusivo utilizzo dei materiali di recupero ottenuti dalla lavorazione industriale. In un’epoca in cui la sostenibilità ambientale diviene, di giorno in giorno, impegno sempre più attuale per la salvaguardia del territorio, anche un’azienda leader del settore lapideo come Il Casone si propone di indagare i possibili utilizzi del materiale di risulta presente nelle proprie cave.
Per la progettazione del padiglione, Il Casone sceglie l’architetto Francesco Steccanella, che accoglie l’eredità di due grandi artisti come Kengo Kuma e Claudio Silvestrin interpretando il tema proposto con una libertà e agilità tali da trasformare un episodio architettonico in momento ludico, in tavola pedagogica, scatola musicale, sensazione cromatica, tattile.
Da una parte l’“idea”, il desiderio di liberare la pietra dall’immagine di pesantezza che la contraddistingue per trasformarla in puro canale sensoriale, dall’altra la “materia- recuperata” e la “tecnica” del lavorarla attraverso metodologie e strumentazioni sempre più sofisticate.
Insieme, i tre elementi si uniscono trasformando il progetto di Steccanella in un display attraverso il quale anche quest’anno Il Casone mostra il proprio spirito innovativo, la propria coscienza etica oltre che la maestria e professionalità sviluppate in anni di attività ed esperienza estrattiva.

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Il padiglione de Il Casone a Marmomacc 2009. Progetto Francesco Steccanella (Foto: Giovanni De Sandre)

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Se “hybrid” e “flexible” non sembrano caratteristiche appartenenti alla pietra, appare utile ricordare come la tematica proposta nella prima edizione, “La Leggerezza del Marmo”, abbia saputo dimostrare come un concetto a prima vista così lontano dalla realtà litica possa invece trovarvi nuovi spunti teorici, creativi e tecnologici. Possiamo essere certi, quindi, che sulla scorta delle precedenti esperienze e grazie al continuo perfezionamento delle tecniche di lavorazione, anche quest’anno lo stand che verrà esposto nell’ormai prossimo evento fieristico riuscirà a dare ulteriore conferma dell’apertura di questa materia a limiti ancora inesplorati.
Steccanella decide di basare il concept del proprio progetto sul problema della sottrazione della pietra alla forza di gravità: “vorrei farla galleggiare, appenderla, ridurla a piccole lamine a comporre un tendaggio” afferma lo stesso riferendosi al materiale protagonista del suo manufatto e della produzione del Casone, la pietra serena. La professionalità e l’esperienza offerta dall’azienda permettono, in seconda istanza, di trasformare il progetto in affascinante oggetto reale ottenuto dalla lavorazione dei pezzi di risulta dei blocchi di cava.
Steccanella propone una reinterpretazione degli elementi tradizionali dell’architettura concependo l’interno di un parallelepipedo come composizione di cortine verticali appese, elementi orizzontali multicolore e fasci filiformi fissati verticalmente a terra. La pietra arenaria si mostra leggera attraverso un esperimento ludico, quasi pedagogico, che ne fa scoprire l’essenza attraverso l’esperienza sensoriale del visitatore. Questo può toccare la superficie delle lastre, naturale e scabra o lavorata e polita, può ascoltare il suono delle lamine sottili e appese che si toccano in successione ritmica, può vedere i colori della pietra che si sovrappongono orizzontalmente.

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Il padiglione de Il Casone a Marmomacc 2009. Progetto Francesco Steccanella (Foto: Giovanni De Sandre)

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Le tre tipologie di elementi che compongono il padiglione sono appoggiate a una pavimentazione che segna la distribuzione dello stand, quasi un mosaico che guida il percorso di visita. La superficie si divide in tre bande; quella centrale, inserita obliquamente, conduce a due spazi di servizio dedicati alle riunioni con i clienti e al magazzino, due ambienti chiusi posti a terminazione dei trapezi laterali ospitanti il desk informativo e cinque sottili quinte di pietra. In corrispondenza dell’ingresso, una di queste si immette come una lamina a sezionare il percorso centrale obbligando il visitatore a un contatto immediato con la materia protagonista dell’ambiente.
Se è vero che la gravità contiene il segreto della leggerezza, è facile comprendere come anche la pietra possa trasformarsi in tenda, in una cortina appesa formata da listelli sottili e mobili, in una serie di campane tubolari che sostituiscono gli originari tubi metallici sospesi verticalmente su di un telaio, con strisce di pietra serena forate all’estremità superiore e ugualmente appese a una struttura orizzontale agganciata alla copertura.
Ad accompagnare questi elementi ritmati verticalmente troviamo una serie di pareti a sviluppo orizzontale; una stratificazione di lastre multicolore ottenute dal recupero di differenti pezzi e poste a chiusura degli ambienti di servizio e, in maniera sfalsata, di un lato dello stand. Il muro a secco viene reinterpretato come sovrapposizione di elementi litici gialli, rossi, grigi, separati da piccoli cuscinetti.
In corrispondenza dell’ingresso, invece, due serie di elementi verticali distanziati tra loro richiamano, se vogliamo, i pilastri polistili dell’architettura gotica.

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Il padiglione de Il Casone a Marmomacc 2009. Progetto Francesco Steccanella (Foto: Giovanni De Sandre)

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Sembrano tanto collegarsi alle equivalenze proposte da Milan Kundera fra peso e costrizione, leggerezza e libertà queste cortine di pietra fluttuante e leggera, sonora e mutante che rende l’architettura lapidea tanto vicina alla musica e alla letteratura.
O all’opposizione leggerezza-peso che Italo Calvino rende protagonista della sua prima conferenza tenuta alla Harvard University nel 1984. […] ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città1 [afferma Calvino]; nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica.2
Può apparire inusuale questo filo teso fra mondi tanto diversi. Ma il cambiamento di approccio, di ottica, di logica del quale parla Calvino, è esattamente lo stesso che guida il formarsi di questo progetto volto alla ricerca di un nuovo metodo di conoscenza di un materiale indissolubilmente legato alla tradizione dell’architettura toscana.
La leggerezza della pietra che si libra nell’aria vuole essere letta anche in chiave di sostenibilità. A discapito di quella tradizione culturale volta al privilegio di un’architettura massiva fatta di pareti continue ed elementi pieni, Steccanella e Il Casone vogliono privilegiare un minore utilizzo di materiale attraverso la realizzazione di trame semi-trasparenti fatte di “pietra riciclata”. Tuttavia, se questo aggettivo tende ancora ad essere associato all’idea di mancanza di qualità, attraverso il suo contributo all’evento veronese, Il Casone dimostra come anche il “resto” non sia mai “scarto”, come la capacità di lavorazione e composizione dei pezzi possa condurre a realizzazioni di rara finezza, qualità materica, perfezione tecnica.
Se, quindi, alla base di ogni realizzazione vi sta un’idea, un concetto che la sostiene e che se ne fa motore, perché non provare a rileggere senza vincoli di sorta anche uno padiglione fieristico risultato della collaborazione fra un giovane architetto che propone la propria creatività e una nota e consolidata azienda produttrice che offre la propria preparazione tecnica? Lo stand attraverso il quale Il Casone si propone nell’ormai prossima edizione di “Marmomacc incontra il Design” ce ne presenta l’occasione.
E forse, tornando a Calvino e operando una traslitterazione di una sua affermazione, la funzione dell’architettura e del design è anche la ricerca della leggerezza come reazione al peso del vivere perché…”permette di volare nel regno dove ogni mancanza sarà magicamente risarcita”3.

di Sara Benzi

Vai al sito Casone
Vai a Francesco Steccanella

Note
1 I. Calvino, Lezioni americane . Sei proposte per il prossimo millennio, Oscar Mondadori, 2009, p. 7.
2 I. Calvino, op. cit., 2009, p.12.
3 I. Calvino, op. cit., 2009, p.35.

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28 Settembre 2009

Design litico

Lithos Design.
Incidere la superficie lapidea, naturale e non solo.

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Collezione “Le Pietre Incise” di Lithos Design, modello “tratto”, su essenza “tabacco” di Santamargherita

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Quando la vitalità, qualità propria della giovinezza, e l’esperienza tecnico-artigianale resa possibile da un forte legame col territorio si incontrano, nascono felici realtà industriali quale il caso di Lithos Design.
L’azienda vicentina, figlia della Bevilacqua Marmi e suo Centro di Ricerca e Sviluppo, afferma la propria identità chiara e riconoscibile già nel coniugare i termini “lithos” – inequivocabilmente nel significato di “pietra” – e “design” – quale “progetto”, “strategia”, “disegno” ma anche, andando ai prodromi, “idea”.
L’attenzione si sposta quindi dall’innovazione, necessità sulla quale le imprese, per loro natura, devono comunque costantemente interrogarsi, al modo concreto di praticarla. La produzione di Lithos Design sviluppa le proprie linee con coraggio e impegno costante, determinandone una continua evoluzione.
Il tema del design delle superfici di pietra, avviato con la collezione “Le Pietre Incise”, viene indagato, approfondito e coniugato in tutte le declinazioni più innovative e complesse.
La serie, al momento, consta di dodici disegni, modelli grafici progettati in esclusiva, nati dopo un attento e misurato lavoro tecnico di studio del segno, della fluidità delle linee, del rapporto decorativo sempre ricombinabile con l’adattabilità tipica del tessuto. Grazie alle potenzialità delle macchine a controllo numerico ad alta precisione utilizzate per l’incisione e l’asportazione meccanica della materia in eccesso, la superficie lapidea acquista un valore decorativo, plastico, fatto di luci e ombre.
Oggi i disegni possono essere incisi non solo su marmi e pietre naturali ma anche su pietre artificiali.
Esplorare le potenzialità di questa particolare pietra ottenuta industrialmente per ricomposizione di aggregati con leganti, sottoponendola ai medesimi trattamenti e lavorazioni cui la pietra naturale è di consueto oggetto, anche le più estreme, è un’operazione alquanto intelligente, che guarda al futuro, originale e coraggiosa.

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Collezione “Le Pietre Incise” di Lithos Design, modello “lembo”, su essenza “betulla” di Santamargherita

Il mercato ha conosciuto negli anni le pietre agglomerate, per l’evidente analogia espressiva, come “ersatz” della pietra naturale, suo sostituto economico e standardizzabile. Quanto è vero che la pietra agglomerata può rispondere in molti campi d’applicazione alle medesime caratteristiche richieste alla pietra naturale rendendone talvolta difficile il riconoscimento, tanto è errata tuttavia l’accezione negativa che talora viene loro attribuita, mettendo in dubbio la “genuinità” del materiale rispetto al valore sicuro della pietra naturale. Se la pietra naturale è un materiale unico ed irripetibile perché prodotto dalla natura, quella artificiale porta con sé l’intelligenza dell’uomo che, utilizzando frammenti di quella naturale, la riprogetta e ricostruisce.
L’opportunità offerta da Lithos Design, in questo caso specifico di lavorazione aggiunta alla lastra di pietra agglomerata, si offre come ausilio fondamentale alla crescita del prodotto, ausilio necessario per uscire dalla logica imitativa affinché il materiale cominci ad affermarsi con un’immagine inequivocabile, un linguaggio autonomo.
Al di là della realizzazione di semplici lastre piane, levigate, lucidate, ideali per ambienti quali bagno e cucina, la pietra composita arricchitasi dunque del valore di “pietra incisa”, si offre ad un mercato che sempre più si orienta verso prodotti di eccellente qualità industriale tali da essere considerati elitari e di “lusso”.

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Collezione “Le Pietre Incise” di Lithos Design, modello “prisma”, su essenza “marghestone britannia” di Santamargherita

Lithos Design assieme all’eccellente lavoro del designer Raffaello Galiotto che dalle origini accompagna le attività dell’azienda, offre la qualità della forma, incidendo le superfici con le eleganti trame segniche, valide forme sul piano estetico che agiscono nello “spazio” trasformando la superficie bidimensionale in una realtà tattile, vibratile, in una risolta e armonizzata profondità; arte e industria si conciliano nel progetto del disegno e nello studio professionale dell’adeguato utilizzo delle “intelligenti” macchine a controllo numerico, con i loro dischi e punte di precisione “piegate” perfettamente a seguire la complessità del disegno; infine la tecnologia delle pietre agglomerate offre il proprio valido supporto provvedendo ad una materia “progettata” su misura per rispondere nelle caratteristiche non solo tecniche, alle esigenze del fruitore.
Pietra naturale e – non – si fanno così alleate.
Il vantaggio della pietra composita è racchiuso nella sua infinita ed omogenea riproducibilità; nella continuità delle caratteristiche che può essere offerta in termini non solo di omogeneità cromatica, quando richiesta, ma anche nell’uniformità delle caratteristiche delle lastre.
Potere dell’associazione dei materiali – granulati e legante.
Il costo è sicuramente concorrenziale, non solo in termini di prezzo associato al prodotto commerciale ma, in particolare, relativamente ai risparmi energetici lungo l’intero ciclo di vita: la pietra agglomerata può ricomporre scarti di pietra naturale, nella fase di lavorazione produce meno sfridi, il peso complessivo è assolutamente ridotto ed associato alla riduzione di spessore dunque alla facilità di trasporto.

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Collezione “Le Pietre Incise” di Lithos Design, modello “virgola”, su essenza “marghestone olimpia” di Santamargherita

La collezione “Le pietre incise”, combinando i dodici modelli grafici con quattro tipologie di pietre, marmi e pietre agglomerate, determina più di cento possibili varianti di produzione.
Le quattro essenze selezionate per rappresentare la pietra agglomerata, sono chiare e a grana fine come pietra, beige, grigie e variegate con granulati più in vista come marmi, ma la ricerca non esclude che possano in futuro essere abbinate a particolari disegni da incidersi, tipologie lapidee frutto dell’”invenzione”, possibile solo per le pietre prodotte industrialmente.
Le lastre sono concepite come modulari, in formato standard 60×60 e in formati speciali 60×100, 60×180, 120×120, 120×180 fino a 120×240, con spessore standard di 2 cm, 3 cm su richiesta per la pietra naturale, 12 mm ma anche 9 mm, per quella agglomerata.
La componibilità, trasportabilità e flessibilità di posa le rende indicate per ambienti sia umidi che asciutti, nell’architettura residenziale, pubblica e commerciale, ma soprattutto, grazie alla vibrante ricercatezza conferita dal disegno tridimensionale ai caratteri intrinseci della pietra – naturale e non – di colore e grana materica, le Pietre Incise rispondono a valori, utili anche nelle azioni di marketing, di bellezza ed di benessere.
Se infatti la sostenibilità della pietra naturale è un dato oggi quantificabile, misura dell’accurata progettazione delle attività estrattive e delle condizioni di lavorazione della stessa, anche la pietra realizzata con le moderne tecnologie di ricomposizione, non manca di rispondere alle esigenze di rispetto dell’ambiente.
L’azienda veronese Santa Margherita, specializzata nella produzione di agglomerati con tecnologia Breton a base di quarzo e marmo, e fornitrice dei materiali trasformati in “Pietre incise” da Lithos Design, ha ottenuto di recente dagli americani del Gei (Greenguard environmental Institute), la doppia certificazione di “Greenguard indoor air quality certification” e “Greenguard children & schools certification”, attestazioni di idoneità per l’utilizzo nel rispetto dell’ambiente ed il controllo delle emissioni nocive dei materiali per l’arredamento d’interni, per i grandi spazi pubblici e per l’industria edilizia.

Veronica Dal Buono

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25 Settembre 2009

Pietre Artificiali

Attualità del laterizio a vista*

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Scuola a Trevi di Lorenzo e Massimo Carmassi. (foto Studio Carmassi)

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Stile laterizio
I materiali dell’architettura sono stati guardati – li abbiamo, anche noi, spesso studiati — da vari punti di vista: rapporto con la materia costitutiva d’origine, archetipi, elementi costruttivi disposti in classi e in serie sedimentate storicamente, regole di esecuzione, fasi di oblio e “rinascimenti” che ci parlano — a date differenziate – di attualità al plurale più che al singolare dei materiali.
Attraversando il tempo della lunga durata i materiali dell’architettura inevitabilmente danno vita ad una tradizione applicativa, ad un cultura linguistica specifica al punto da spingerci a parlare di Stili Tecnologici e a proposito dell’uso dell’argilla cotta, di Stile laterizio caratterizzato dalla “rossa materia” e dai suoi elementi costruttivi e figurativi fondamentali — muro, arco, colonna, pilastro, superficie, texture, epidermide materica — che hanno valore di indice, di elenco e, inevitabilmente, di potente strumento di orientamento del progetto.
Ai due poli dello Stile laterizio collochiamo, da una parte, gli oggetti primi (o se si vuole gli archetipi delle origini) e dall’altra le replicazioni, gli aggiornamenti e le innovazioni di ogni presente. Nel mezzo gli sviluppi e le sequenze intermedie (siano esse tecniche o solo formali) fra loro intimamente concatenate posti ad arricchire i temi d’avvio e a rappresentare – in ultima analisi – il collante fra i primi e gli ultimi stadi.
Oltrepassato il millennio, nello scenario attuale dell’architettura nazionale e internazionale sembrano potersi leggere tre principali tendenze all’uso del laterizio:
– la prima, minoritaria, riguarda l’impiego massivo, strutturale del materiale tipico dell’ordine murario;
– la seconda, maggioritaria sul piano quantitativo, è quella che lavora sul dispositivo tecnico del rivestimento a spessore autoportante, sull’idea della simulazione del muro;
– la terza, emergente e più innovativa, punta a “reinventare” morfologicamente l’uso del materiale attraverso involucri sottili fissati alle strutture portanti attraverso dispositivi meccanici.

Dell’ordine murario massivo
La costruzione pesante si ricollega al tema della muratura a grosso spessore qual è quella dei muri monostrato (formati unicamente da mattoni) o dei muri compositi (nella fattispecie di muri a sacco armati) con tutte le loro implicazioni spaziali, costruttive, di caratterizzazione architettonica.
Per quanto riguarda la riproposizione di murature portanti a grande spessore è possibile segnalare le opere significative recenti di Raphael Moneo, Michael Hopkins, Massimo Carmassi
Una specifica modalità di riannodarsi all’idea di costruzione pesante per tentarne un aggiornamento progettuale è quella rivolta alla rivalorizzazione della concezione di ascendenza romana dell’opus testaceum.
La muratura a sacco moderna — con doppia cortina di mattoni e getto interno di calcestruzzo armato — costituisce una struttura composita, disponibile a nuove ricerche formali risultando svincolata dalle regole costruttive che per secoli hanno dettato la logica e i ritmi della composizione murale, quali la regolarità e la serrata organizzazione cellulare, la continuità delle pareti, la limitata foratura dei muri per la creazione delle aperture.
A riattivare in epoca recente la tecnologia della muratura a sacco troviamo due figure centrali della stagione architettonica contemporanea: Rafael Moneo e Massimo Carmassi.
Se il primo, comunque, dopo il superbo Museo di arte romana a Merida ha indirizzato l’opera successiva verso un uso ampio e diversificato del mattone a vista — come nella stazione Atocha a Madrid o nel recentissimo ampliamento del Museo del Prado a Madrid — l’architetto toscano ha proseguito la sperimentazione con continuità fino ad oggi attraverso numerosissime opere, insistendo sulla complessificazione degli impianti spaziali, sul perfezionamento tecnologico delle murature che, conservando quell’unità tra forma e struttura tipica dei muri portanti monostrato, garantiscono la permanenza sul piano morfologico di un impianto forte.

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Columba Museum a Colonia di Peter Zumthor. (foto: Pietro Savorelli)

Del rivestimento a spessore
Attualmente la prassi contemporanea più diffusa connessa all’uso dei prodotti in laterizio è quella che “veste dall’esterno” l’architettura, oramai strutturalmente dipendente da dispositivi a telaio in calcestruzzo armato.
Questa tendenza applicativa — svincolando il mattone dalla funzione portante — lo usa come strato esterno ricoprente e protettivo, declinandone le valenze espressive attraverso i dispositivi tecnici in simulazione del muro.
È una modalità di impiego del mattone ampiamente diffusa in tutti i paesi europei alimentando la ricerca progettuale di molti architetti contemporanei.
Il rivestimento svolge il ruolo di preservazione delle strutture di elevazione a cui è applicato, contribuisce significativamente a conferire idonee prestazioni nel campo dell’isolamento termo-acustico, funge da elemento di caratterizzazione architettonica.
Si adotta il rivestimento in forma di parete-cortina anche per quel suo conservare qualcosa della massa, del peso visivo, dell’architettura del passato. Rimangono costanti e immutati gli elementi in laterizio (mattoni) come pure i criteri di montaggio (posa in umido) e di logica connettiva (stratificazione e concatenamento).
Le opere, alla fine, si propongono attraverso soluzioni architettoniche dove — a volte — si legge, stratigraficamente, l’innalzamento di rivestimenti omogenei e continui in simulazione del muro, altre si assiste alla crescita discontinua di reticoli strutturali, tamponamenti e/o riempimenti riportati.
Recentemente Peter Zumthor nel Kolumba Museum a Colonia ha offerto un mirabile esempio di ri-interpretazione di tale tema dove il rivestimento a spessore è declinato attraverso le regole murarie convenzionali ma a queste viene aggiunta una inedita e suggestiva scrittura parietale in forma schermatura filtrante (ottenuta attraverso laterizi di formato speciale) con ruolo bioclimatico e di caratterizzzazione luministica degli interni.

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Padiglione spagnolo all’Expo di Saragozza (2008) di Navarro Patxi Mangado.

Dell’involucro sottile
A fronte del rivestimento a spessore in mattoni che risulta autoportante vi è, invece, un modo, del tutto nuovo di intendere l’involucro architettonico in laterizio, attraverso il quale – sulla scia della fortunata sperimentazione di Renzo Piano – lo si innova morfologicamente e tecnologicamente, sorreggendolo mediante fissaggi metallici, riducendolo in spessore, assegnandogli un ruolo di scudo montato “a secco”. All’interno di questa nuova concezione, l’innovazione di prodotto e di esito architettonico si coniuga con l’innovazione esecutiva, trasferendo anche nel cantiere logiche e metodiche di montaggio seriale di tipo industriale.
Nel trattamento morfologico dei rivestimenti sottili il vocabolario e la sintassi non sono più quelli della figurazione murale con i suoi caratteri costruttivi di pesantezza, di massa. I nuovi dispositivi sottolineano al contrario la disgiunzione degli elementi in laterizio partecipi alla definizione dell’involucro protettivo.
Si assiste, nel complesso delle esperienze ad oggi attivate, ad una maggiore linearizzazione di disegno del rivestimento dove la geometria compositiva, la leggerezza (conferita dalla discontinuità delle trame materiche) esprimono il livello di rottura con la tradizione muraria aprendo ad un nuovo orizzonte applicativo il materiale.
L’involucro innovato, alla fine, è un sottile strato di rosso laterizio discostato dalla struttura portante la cui caratterizzazione è affidata spesso a forme plastiche, tridimensionali degli elementi in argilla cotta molto diverse da quella standardizzata del mattone
Ancora una volta, oltrepassando il millennio, dopo venti secoli di storia applicativa, l’argilla cotta materiale storico dell’architettura mette in rilievo la sua vitalità facendo parlare di se, da una prospettiva inedita.
In questa vitalità inesauribile sta, indubbiamente, la sua attualità.1

Alfonso Acocella

Note
* L’articolo è apparso in versione parziale sul Giornale dell’architettura, Rapporto Annuale Laterizi, 2009.
1 Per un approfondimento più sistematico e approfondito dell’architettura del laterizio si vedano le opere dell’Autore:
L’architettura del mattone faccia a vista (Laterconsult, Roma, 1989); L’architettura dei Luoghi (Roma, Laterconsult, 1992); Tetti in laterizio (Roma, Laterconsult, 1994); Rosso Italiano (Firenze, Alinea, 2006); Involucri in cotto (Firenze, Sannini, 2008 riedizione).

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25 Settembre 2009

News

MAsp09
il progetto dello spazio pubblico

masp09
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Master Universitario | IX Edizione
Ottobre 09 – febbraio 10

Scadenza iscrizione 28 settembre 09

Vai a MAsp

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23 Settembre 2009

News

DOMUS PETRAE

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PROGRAMMA INAUGURAZIONE DOMUS PETRAE A.R.T.I.S.

GIOVEDI’ 24 SETTEMBRE 2009
Ore 17,00
Inaugurazione Centro.

Intervengono:
Giuseppe Leopizzi – Amministratore Delegato Leopizzi 1750;
Claudio D’Amato – Preside della Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari.
Ore 17,50
– Benedizione del Centro a cura di S.E. Mons. Domenico Caliandro – Vescovo della Diocesi di Nardò/Gallipoli.
Ore 18,30
– Ricordando Gaetano Leopizzi – a cura di Giovanni Giangreco;
– Rilascio degli attestati di benemerenza ai dipendenti dell’Impresa Gaetano Leopizzi.

VENERDI’ 25 SETTEMBRE 2009

Ore 9,00
– Saluto di Giuseppe Leopizzi – Amministratore Delegato Leopizzi 1750;
– Interviene Angela Barbanente – Assessore all’Urbanistica – Regione Puglia.
Ore 9,30
Presentazione del Master della Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari Architettura di pietra: progetto e restauro.
Intervengono:
Claudio D’Amato – Politecnico di Bari;
Francesco Cellini – Università Roma TRE;
Angelo Torricelli – Politecnico di Milano;
Alfonso Acocella – Università di Ferrara;
Maurizio Boriani – Politecnico di Milano;
Vincenzo Pavan – Veronafiere;
Paolo Verducci – Università di Perugia.

Ore 11,00

Coffee Break.

Ore 11,30
Colloquio sulla formazione dei mestieri della pietra in Europa.

Intervengono:
Jean Paul Foucher – Institut de La Pierre – Rodez;
André Malicot – Compagnons Du Devoir;
Roman Moul – APA;
José Gonzalo Palacios – ETSAM – Madrid;
Joel Sakarovitch – ESA – Paris Malaquais;
Luc Tamborero – MECASTONE – Tailleur de pierre;
Giovanni Giangreco – Centro Studi “La Cutura” – Parabita;
Cosimo Preite – Dirigente I.I.S.S. “E. Giannelli” – Parabita.

Ore 13,30
– Pausa pranzo

Ore 15,30

Colloquio sulle potenzialità della pietra portante.
Saranno presentati progetti e realizzazioni che si basano sull’impiego della pietra portante.
Sarà operato il resoconto del primo anno della ricerca PRIN 2007 (Politecnico di Bari, Politecnico di Milano, Università di Perugia, Università di Roma Tre): Edilizia sociale e ambiente, case di casse A. Aggiornamento tipologico e costruttivo dell’edilizia residenziale in Lombardia, Puglia, Umbria.
Intervengono:
Francesco Cellini – Università Roma TRE;
Claudio D’Amato – Politecnico di Bari;
Giuseppe Fallacara – Politecnico di Bari;
Angelo Torricelli – Politecnico di Milano;
Paolo Verducci – Università di Perugia.

Colloquio su nuove tecniche e metodologie nel restauro dei manufatti lapidei.
Saranno qui presentati alcuni lavori di imprese francesi e spagnole con le quali la Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari ha da tempo rapporti di collaborazione.
Ruggero Martines – Direzione generale Beni monumentali – Regione Puglia;
Philippe Bobri – SNBR, Socièté Coopèrative Ouvrière de Production;
Pierre Gaudfernau – Atelier De La Pierre D’angle – Brignoles;
Louis Joseph Lamborot – 3d Pierre;
Bertrand Laucournet – SNBR, Société Coopèrative Ouvrière de Production;
Jean Jacques Montangon – Anatech.

Ore 20,50

Visita al “Parco delle Cave”.
– Esposizione opere stereotomiche: La Foglia, Escalier Ridolfi.

Ore 21,30

Cena con spettacolo tipico salentino.

SABATO 26 SETTEMBRE 2009
Ore 9,00

Saluto di Giuseppe Leopizzi – Amministratore Delegato Leopizzi 1750;
– Intervengono i Sindaci dei 18 comuni aderenti al progetto della “Città Policentrica Domenicana”.

Ore 9,30

Presentazione del DVD sulla “Città Policentrica Domenicana”, a cura del Centro Studi “La Cutura” – Parabita
Intervengono:
Don Giuliano Santantonio – Responsabile diocesano per i Beni Culturali;
Fr. Francesco Lavecchia o.p. – Superiore Domenicani di Parabita;
Claudio D’Amato – Preside della Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari;
Patrizia Asproni – Presidente Confcultura Nazionale;
Piero Montinari – Presidente Confindustria Lecce;
Antonio Gabellone – Presidente della Provincia di Lecce.

Ore 11,00

Coffee Break.

Ore 11,30

Presentazione dei progetti:
Turismo Religioso nella Città Policentrica;
Percorso museale e archivistico nella ”Città Policentrica Domenicana”, a cura di Raffaella Della Gatta – Dott.ssa in BB.CC.

Ore 12,30
Firma della convenzione-quadro tra l’impresa Leopizzi 1750 e il Politecnico di Bari
, Facoltà di Architettura – Dipartimento ICAR.
Saranno siglate convenzioni-quadro fra l’impresa Leopizzi ed omologhe realtà francesi e spagnole per la realizzazione di iniziative comuni nel campo della formazione e della ricerca.
Intervengono:
Rosario Giorgio Costa – Senatore della Repubblica;
Raffaele Fitto – Ministro per gli Affari Regionali.

Ore 13,00

Conclusione dei lavori

Scarica l’invito
Scarica il programma

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21 Settembre 2009

Opere di Architettura

Piano bar a Santa Maria di Leuca
di Ippazio Fersini*

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Il paesaggio roccioso del Capo di Leuca

Le più antiche costruzioni rurali, realizzate in tempi remoti dai Messapi sulle terre di pietre e di ulivi del Capo di Leuca, furono certo i muri a secco. Costruzioni erette in funzione del materiale ritrovato sul posto, sbarramenti posti a difendere le colture dal vento e dalla salsedine provenienti dal litorale marino; o ancora alti recinti chiusi, detti curtali, a costituire un sicuro riparo per il bestiame e spesso affiancati dal trullo, con la sua copertura a “falsa cupola”sotto cui trovava ricovero il contadino.
«Questa architettura è così intimamente connessa con il paesaggio pietroso da sembrare più che opera dell’uomo, formazione rocciosa spontanea della terra madre. (…) Non solo i trulli testimoniano di un’architettura contadina quale dimora sia temporanea che permanente, ma costruzioni posteriori, sempre antiche e pur conseguenza di una necessità più stabile e comoda sul campo sono le liàme. Liàma significa casa di campagna con volta a botte.
Queste casedde sono di forma rettangolare, con i quattro muri perimetrali in pietre a secco, mentre la volta a botte è in blocchi di pietra tufacea (piezzi de carparu) detti appunto petre lamia. Queste costruzioni permettevano una terrazza più spaziosa di quella del trullo, per i diversi usi, come essiccare fichi o esporre al sole baccelli di leguminose per renderli più secchi prima della trebbiatura, per cui la liàma significò anche terrazza»1.

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La struttura ricettiva e le nuove opere murarie a secco

È adottando i caratteri di quest’ultima tipologia di costruzione rurale che Fersini opera il ridisegno di alcune volumetrie su di un fondo rustico del litorale salentino. L’architettura, riorganizzata nella distribuzione interna per ospitare un locale di pubblico intrattenimento, è rimodellata in forma di blocchi cubici, definiti dai muri verticali lievemente inclinati e dalle terrazze piane sul tetto; la volumetria del costruito è ricondotta alla fine a quella immagine originaria, elementare, quasi spontaneistica di una architettura in pietra a secco che si regge soltanto per gravità.
I materiali lapidei locali, il tufo ed il calcare, rivestono la scatola muraria coadiuvati da malte leganti e commentati da finiture ad intonaco in bolo e cocciopesto. Se la rusticità del pietrame calcareo appena sbozzato definisce la parte basamentale dell’architettura, è il tufo tagliato in conci squadrati e spianati a rivestire l’ultimo piano del corpo principale, chiudendo l’edificio verso il cielo con una cornice aggettante laddove si trova la grande terrazza di copertura, pure pavimentata con grandi chianche tufacee.
Un sapiente dispositivo di conci regolari risolve inoltre le piattabande delle grandi finestre, unica deroga, giustificata dalla vocazione del locale e dalla sua ubicazione panoramica, ad una tradizione costruttiva fatta di scarse e piccole aperture in un paesaggio calcinato dal sole.

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La terrazza principale

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Calcare e tufo ritornano poi nelle pavimentazioni dei terrazzamenti e nei muretti di contenimento che ridisegnano il terreno all’intorno con lo scopo di operare un generale ripristino ambientale dell’area. È chiaro l’intento di mimetizzare l’architettura nel paesaggio circostante, di restituire al luogo la sua specificità di pendio roccioso immerso nella macchia mediterranea.

Alfonso Acocella

Note
* Il saggio è tratto dal volume di Alfonso Acocella, L’architettura di pietra, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624.
1Luigi Ponzi, Monumenti della civiltà contadina del Capo di Leuca, Galatina, Congedo Editore, 1981, pp. 34-35.

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21 Settembre 2009

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Piano bar at Santa Maria di Leuca (1995)
Ippazio Fersini*

Versione italiana

The most ancient rural constructions built by the Messapi in Capo di Leuca’s lands of stone and olive groves were undoubtedly dry walls: buildings erected using local materials, barricades raised to protect crops from the wind and salt blown across from the coast; high enclosures known as curtali, which provided a safe refuge for cattle, often flanked by a trullo with its “false dome” roof, under which farmers sought shelter.
“This architecture is so intimately linked to the stony landscape that it appears to be more a natural rock formation of the motherland than the work of Man. (…) Not only the trulli constitute a rural form of architecture as either a temporary or permanent dwelling in our countryside. Later, still ancient constructions built out of a need for more stability and comfort, are the so-called liame.
Liame means country house with barrel vaults.
These “casedde” are rectangular in shape with the four dry-stone perimeter walls, while the barrel vault is made of tufa blocks (“piezzi de carparu”) referred to as “petre lamia”.
These constructions provided a more spacious terrace than that of the trullo and could be used in a variety of ways, like for instance, drying figs or legume pods prior to threshing, which is why liama also means terrace”. 1

Fersini adopts the characteristics of this type of construction to redesign a building on a rural backdrop of the Salento coast. The internal layout of the architecture has been rearranged to house a piano bar, and has been remodelled into a series of cubes, defined by slightly inclined vertical walls and flat roof terraces. The overall image of this piece of dry-stone architecture is so simple and spontaneous that it appears to be held up by mere gravity. Local stones of tufa and lime form the masonry cube, held firm by binding mortar, and coated with a bolus and “cocciopesto” (crushed earthenware) plaster finish. The rustic, slightly rough-hewn calcareous heap of stones defines the lower part of the building, while squared and smoothed blocks of tufa form the upper level, sealing the edifice skyward with a projecting cornice and huge roof terrace, also paved with large tufa chianche.
A clever device of regular stones is used for the platbands of the great windows, which are the sole exception, justified by the edifice’s vocation and panoramic position, to the rules of a building tradition where openings are few and small in a sun-scorched landscape.

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Limestone and tufa are also employed in the terrace paving and in the low walls, which reshape and generally revive the terrain around. The architect clearly wished to blend the building into the surrounding countryside, to restore the place its explicit nature of a rocky hillside immersed in the Mediterranean scrub.

Alfonso Acocella

Note
* The re-edited essay has been taken out from the volume by Alfonso Acocella, Stone architecture. Ancient and modern constructive skills, Milano, Skira-Lucense, 2006, pp. 624.
1 Luigi Ponzi, Monumenti della civiltà contadina del Capo di Leuca, Galatina, Congedo Editore, 1981, pp. 34-35.

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17 Settembre 2009

Pietre Artificiali

La forma della luce.
Kengo Kuma e l’evoluzione del cemento traslucido

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L’effetto delle fibre ottiche inglobate nel cemento, progetto di Kengo Kuma per Senseware – Tokyo Fiber 2009 (ph. Enrico Geminiani)

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Iridescenza, traslucenza, brillantezza sono sinonimi dell’effetto “meraviglia” che da sempre la luce genera quando interagisce sensorialmente tra l’essere umano e gli oggetti.
Occasione per proseguire la ricerca sul tema non solo delle superfici traslucide ma in particolare quella degli elementi a spessore capaci di essere attraversati dalla luce, è offerta da un materiale ipertecnologico quale la fibra ottica. Sottili filamenti realizzati per condurre la luce, nati e sviluppati sin dagli anni ’60 per il mondo delle comunicazioni, oggi il design è pronto a captare le potenzialità di questi tessili “intelligenti” esplorandone le possibili ibridazioni atte ad avvicinarli anche al quotidiano domestico, prevedendo un futuro d’ispirazione sensoriale.
Da elementi passivi a costituenti attivi immerse nella matrice del materiale, le fibre vibrano a rispondere agli stimoli esterni e variando il proprio aspetto in funzione della luce, dando vita a un composito di nuovissima generazione.
Il design giapponese è senza dubbio all’avanguardia ed eccellenti nomi – ricercatori, architetti, designer e artisti – già esplorano le potenzialità espressive dei materiali complessi delle più importanti aziende produttrici interpretando anche esteticamente tali tecnologie. Senseware – Tokyo Fiber ‘09, mostra tenutasi presso la Triennale di Milano in occasione dello scorso Salone del Mobile, ha mostrato un saggio d’avanguardia sorprendente e avveniristica al pubblico. In questa particolare occasione Kengo Kuma ha affrontato il tema del calcestruzzo capace di essere attraversato dalla luce, dando vita ad un particolare prototipo di “lanterna magica”.
Ad essere incluse nella matrice di conglomerato cementizio sono fibre ottiche di materiale plastico, in specifico la fibra “Eska” fornita dalla ricerca di Mitsubishi Rayon (Giappone) in collaborazione con Luccon Lichtbeton (Austria).

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L’opera muraria in cemento traslucido realizzata con elementi prismatici (ph. Enrico Geminiani)

Il tema che Kuma sviluppa è quello della creazione di un involucro che coniuga la facilità di lavorazione del cemento con la leggerezza e la trasportabilità della luce; non fermandosi alla sola proposta dell’originale mix materico, il noto architetto giapponese si spinge a comporre una parete campione che itera un singolo modulo predisponendo il disegno del paramento verticale di separazione.
Quando le fibre ottiche sono disposte all’interno della cassaforma alternate a strati di cemento, il blocco può essere tagliato nel senso desiderato, incrociando le fibre parallelamente, trasversalmente o in modo inclinato. Kengo Kuma, per valorizzare tale potenzialità, disegna un blocco prismatico a base triangolare, come una particolare “fetta di torta” che incrocia le fibre ottiche immerse secondo una complessa geometria.
Attraverso una semplice operazione geometrica moltiplica esponenzialmente l’effetto di traslucenza degli elementi, avanzando di un passo le sperimentazioni sul calcestruzzo traslucido osservate negli ultimi anni [http://www.architetturadipietra.it/wp/?p=186].
Il risultato è uno schermo a doppio fronte, opaco di giorno e animato al buio dalle ombre proiettate che si muovono all’interno. L’istallazione infatti mostra due fronti. Dal lato esterno una superficie liscia, trama di mattoncini grigi, sulla quale vengono proiettate luci e colori; dall’altro, il lato interno dell’istallazione dove la luce viene trasportata dalle fibre e cresce nell’effetto svelando un antro prismatico dal sorprendente effetto luminescente. Qui i cunei degli elementi modulari si intrecciano in un particolare disegno di muro regolare dove i sottili fasci di fibre ondulate, inserite nel conglomerato, per effetto della particolare geometria, accrescono il materiale cementizio del valore della luce.

Veronica Dal Buono

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Vista di dettaglio degli elementi quando retro-illuminati e quando opachi

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Tokyo Fiber
Pofeska
Luccon

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16 Settembre 2009

News

ABITARE IL TEMPO
XXIV Edizione

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ABITARE IL TEMPO E ART VERONA CON 870 AZIENDE DA 23 PAESI CREANO IL POLO EUROPEO DELL’ARTE E DEL DESIGN
Una sinergia per ottimizzare gli investimenti di espositori e visitatori e creare valore aggiunto. Focus sul mercato dell’arte e sulle scelte d’arredo legate al design da parte del consumatore europeo.

Verona, 15 Settembre 2009 -. Con 870 espositori da 23 Paesi, 135 mila metri quadrati e tutti i 12 padiglioni del quartiere espositivo impegnati (con una nuova area esterna di 15 mila metri quadrati dedicata all’arredo outdoor), aprono a Veronafiere giovedì 17 settembre la 24^ edizione di Abitare il Tempo (www.abitareiltempo.com), rassegna trasversale dedicata al design, alla decorazione e all’architettura d’autore, e nel pomeriggio la 5^ di Art Verona (www.artverona.it), selezionata vetrina delle più qualificate gallerie italiane d’arte moderna e contemporanea. Da un punto di vista fieristico, si tratta di un abbinamento realizzato per la prima volta in Italia e in Europa, presentato oggi in conferenza stampa a Veronafiere.
«Con questa collaborazione Veronafiere rimarca la propria filosofia operativa che punta a creare valore aggiunto per espositori e visitatori, concentrando gli eventi che hanno punti di contatto, ottimizzando l’azione di promozione e co-marketing, razionalizzando l’offerta a tutto vantaggio dei nostri clienti e dei comparti produttivi che rappresentano – ha detto Ettore Riello, Presidente della Fiera di Verona -. Il settore dell’arredamento ha un fatturato di quasi 23 miliardi di euro, dei quali il 52% derivante dall’export: il nostro obiettivo è quello di essere al servizio di un sistema fondante del made in Italy e di integrarlo con altri comparti complementari e strategici, come l’arte moderna e contemporanea, che siano funzionali allo sviluppo di entrambi sui mercati domestico e internazionale».
«Stiamo registrando una grande attenzione dall’estero, in particolare da Australia, Brasile, Messico, India, Far East, Nord America, Est Europa e Russia, mentre è stata pianificata una forte attività di supporto alla presenza dei buyer internazionali, oltre che dei principali negozianti e architetti italiani, mentre iniziative collaterali e mostre guardano sempre di più al contract, alla distribuzione e ai punti vendita», ha evidenziato Giovanni Mantovani, Direttore Generale di Veronafiere.
Agli operatori del mondo dell’arte e a quelli dell’arredamento e dell’architettura d’interni sarà possibile visitare entrambe le rassegne con un solo biglietto, attraversando i confini tra arte e design alla scoperta di talenti che dalla ricerca e dalla creatività traggono le loro prerogative.
«Abitare il Tempo rappresenta un’opportunità unica per sperimentare identità e differenze dei linguaggi creativi, fra arti e mestieri, per cogliere in anteprima le tendenze del gusto e del mercato di 18 settori dell’arredamento, dal tessile ai complementi, dalle cucine ai bagni e all’illuminazione per usufruire di una esposizione estetico-progettuale ‘totale’ che vedrà inoltre la presentazione di un’importante ricerca su consumatori e design con l’evoluzione negli ultimi anni in sette paesi europei», ha ricordato Carlo Amadori, responsabile della segreteria organizzativa e ideatore della rassegna.
«ArtVerona presenta, oltre alla partnership con Abitare, anche un’altra importante novità: l’anticipo a settembre, che di fatto ci vede aprire la stagione del mercato dell’arte come testimonia il forum economico di apertura della manifestazione curato con Banca Aletti che darà in anteprima nazionale i dati sull’andamento del mercato dell’anno 2008/09-2010, con un focus sull’arte e sugli oggetti di design, che si confermano un bene rifugio», ha concluso il Presidente di Art Verona, Danilo Vignati.


Il padiglione Monocromo progettato da VISTO Architectural Workshop per le rassegne veronesi Abitare il Tempo e Marmomacc

Per entrambe le manifestazioni è stata ampliata la programmazione di mostre ed eventi collaterali in fiera e in città, mentre per Art Verona è previsto anche un fitto calendario di incontri nello Spazio Aletti, rivolti al pubblico che avrà così l’opportunità di avvicinare artisti, curatori, designer e critici di fama internazionale.
Un connubio che evidenzia sempre di più come i prodotti dell’abitare legati al design e le opere d’arte, rappresentino anche preziose occasioni di investimento alternativo in tempi di incertezze per le borse mondiali e nel settore immobiliare.


ATTENZIONE:
Date: giovedì 17/lunedì 21 Settembre
Art Verona ingresso Porta Re Teodorico per Art Verona;
Abitare il Tempo ingresso Cangrande e San Zeno per Abitare
Biglietto Art Verona o Abitare il Tempo 16 Euro e dà diritto a visitare entrambe le rassegne.

Orario rassegne:
Abitare il Tempo
giovedì 17, venerdì 18, sabato 19 e lunedì 21 Settembre dalle ore 9.30 alle 18;
domenica 20 dalle ore 9 alle 18.30 (unico giorno aperto al pubblico)

Art Verona
giovedì 17 Settembre dalle ore 16 alle ore 20;
venerdì 18, sabato 19 e domenica 20 Settembre dalle ore 11 alle 20;
lunedì 21 Settembre dalle ore 11 alle 15.

Vai a: Abitare il Tempo

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14 Settembre 2009

News

Marbleous Garden

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Photoes by © Alberto Parise

Marbleous Garden
Progetto ideato da Patricia Urquiola
Realizzato dalle aziende Budri, Grassi Pietre, Marsotto e Testi Fratelli
Sostenuto da Marmomacc-Veronafiere
Coordinato da Evelina Bazzo

44ª Marmomacc – Verona 30 settembre/3 ottobre 2009
In occasione dell’evento InterniDesignEnergies 2009 – Fuorisalone, che si è tenuto ad aprile a Milano, Marmomacc ha sostenuto un progetto ideato dalla designer Patricia Urquiola la cui realizzazione è stata affidata a quattro aziende leader nel settore del marmo e della pietra Budri, Grassi Pietre, Marsotto e Testi Fratelli.
L’opera verrà installata nuovamente sia ad Abitare il Tempo dal 17 ala 21 settembre che alla Fiera di Marmomacc a Verona dal 30 settembre al 3 ottobre nell’area espositiva 7B.
Marbleous Garden, un giardino incantato oversize interpretato da pezzi della collezione Landscape per Rosenthal, dove l’uso di materiali naturali come marmo, pietre e onice giocano insieme tra chiari e scuri, tra luce e ombra, tra bassorilievi e pattern, tra vuoti e pieni. Contornato da un “grilliage”, la composizione è servita al pubblico su un vassoio ricamato, dove l’ospite si trova come “Alice nel paese delle meraviglie” circondato da vasi con diversi decori e dalle enormi dimensioni, tazze rovesciate come sedute, ciotole che ambiscono ad essere vasche. Le raffinatissime texture non sono solo decorazione superficiale, ma diventano una sorta di bassorilievo inspirato all’idea di eleganti virus che invadono la forma: espresse in diverse altezze, concave, convesse o visibili solo attraverso trasparenze. Interpretazione contemporanea, connubio tra tecniche tradizionali di “engraving”e quelle della foratura a controllo numerico. Colori naturali e vegetazione ne animano lo scenario.
L’installazione è completamente in marmo, onice e pietra. Altezza massima installazione: 2,10 m. Area base: 6 m x 6,5 m. Dimensioni piattaforma: vassoio in marmo di Carrara traforato 6 m x 6,5 m. L’illuminazione è interna agli oggetti e esterna alla struttura. Quasi tutte le superficie sono traforate e/o presentano pattern. Progetto di Landscape curato da Stefano Baccari.

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Photoes by © Alberto Parise

Budri
Gli intarsi e i mosaici di Budri conosciuti in tutto il mondo sono il risultato che unisce l’antica tradizione alla più avanzata tecnologia produttiva. Per l’installazione ha realizzato il vassoio in marmo di carrara che contiene la collezione.

Grassi Pietre
Nelle cave di Grassi Pietre viene estratta la pietra di Vicenza: il Giallo Dorato, il Bianco Avorio, il Grigio Argento, la Pietra del Mare e il Grigio Alpi. Per l’installazione l’azienda ha curato la struttura geometrica a “grilliage” realizzata in pietra.

Marsotto
Marsotto lavora con moderne tecnologie marmi, graniti pietre e agglomerati realizzando progetti di arredo e di interior design specifici. Per il progetto l’azienda ricostruisce le sedute, quattro pouf in onice ricamati sulla superficie.

Testi Fratelli
Testi Fratelli è una azienda che ha mantenuto l’attività estrattiva avendo cave in Sardegna e Piemonte. Tra le principali realtà nel settore della pietra naturale è anche importatore diretto di marmi e graniti grezzi. Per il progetto ha realizzato la vasca e il grande vaso.

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Photoes by © Alberto Parise

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