Desidero ringraziare l’INAMA per l’energia culturale e organizzativa investita in questo importante convegno su Fernand Pouillon. Un ringraziamento particolare al Président de Séance, prof. Jean Lucien Bonillo la cui passione e tenacia hanno permesso di portare a termine un’impresa credo tra le meno facili: fare uscire dall’ombra una figura forse ancora molto scomoda nel vostro paese ma così importante per la cultura architettonica internazionale attraverso un pubblico “Colloque” sicuramente il più importante sull’opera di questo architetto.
Vorrei particolarmente ringraziare il prof. Bernard Huet il quale tra i primi ce lo ha fatto conoscere e amare.
Quando mi sono accinto a preparare questo breve intervento su “Construction et matériaux dans l’oeuvre de Fernand Pouillon” mi sono accorto che il tema, apparentemente circoscritto, era in realtà molto vasto, al punto che ho deciso di ridurlo ad un singolo aspetto che tuttavia ritengo centrale e assolutamente essenziale nella sua opera: la costruzione in pietra.
Ritratto di Fernand Pouillon
Fernand Pouillon è stato uno dei pochi architetti della nostra epoca che ha intimamente e inscindibilmente legato la propria concezione architettonica al carattere costruttivo e ai materiali, in modo particolare alla pietra, fino a sviluppare da questi un proprio linguaggio originale.
Potrebbe forse sembrare una divagazione far discendere l’architettura di pietra di Pouillon dal suo concetto di città, tuttavia sembra anche evidente che la scelta di questo materiale non consegue ad una pratica di apprendistato acquisita presso i suoi maestri Perret e Beaudouin né tanto meno è figlia delle ideologie architettoniche del tempo le quali privilegiavano in modo pressoché esclusivo i materiali “moderni”, cemento armato, ferro, vetro.
I motivi della scelta vanno forse ricercati nel ruolo collettivo e sociale che Pouillon assegnava all’architettura, ossia nel primato che gli attribuiva alla dimensione pubblica urbana più che al grande gesto architettonico, assegnando quindi un ruolo centrale al decoro, alla durevolezza e alla bellezza, prerogative queste dei materiali lapidei.
Gran parte dei complessi residenziali da lui realizzati in Francia e in Algeria prima della crisi del ‘61, erano formati da edilizia economico-popolare e tutti costruiti con quantità massicce di pietra, ciò che li poneva in modo scandaloso al di fuori delle convenzioni e della prassi costruttiva dell’epoca.
La pietra invece, materiale tradizionalmente usato per gli edifici pubblici più rappresentativi della città, diviene nella concezione di Pouillon l’attore di una nuova monumentalità estensibile a tutto il tessuto urbano.
E’ quanto esplicitamente lui stesso afferma parlando di Climat de France, la celebre «piazza delle 200 colonne» di Algeri, quando dice “Cette ville pour les plus pauvres serait un monument” e più avanti “Pour la première fois peut-être dans les temps modernes, nous avions installé des hommes dans un monument…”. Analogamente, per Meudon-la Foret, ricorda “Je dressai un projet monumental, cyclopéen, pour loger les moins fortunés”.
La pietra dunque corrisponde ad un programma di ideologia urbanistica, da lui espresso nel concetto di “ordonnance”, che si articola in modi e intensità diversi ma con intenzioni analoghe in tutti gli interventi a scala urbana effettuati da Pouillon.
Se questa fu l’intenzione, la sua applicazione non sarebbe stata possibile senza l’esistenza di condizioni particolari sul piano del mercato edilizio e senza le straordinarie capacità produttive messe in atto da Pouillon.
L’uso tettonico della pietra per le strutture murarie era, nel primo dopoguerra almeno fino agli anni cinquanta, comunemente diffuso nei cantieri di molti paesi europei storicamente legati a questa tradizione costruttiva come la Francia, l’Italia e la Spagna.
Si trattava però soprattutto di murature in pietra grezza, a pezzatura irregolare, che venivano finite con intonaco mentre i solai erano realizzati in cemento e laterizio. Questa disponibilità di pietra grezza era favorita da costi ancora bassi di produzione mentre ben più costoso e praticamente fuori mercato era il blocco di pietra lavorato da lasciare a vista in facciate continue.
Più frequentemente per l’edilizia economicamente medio alta si usava la pietra da rivestimento.
Negli stessi anni si stava avviando in Francia un massiccio programma di edilizia sociale che aveva come perno la prefabbricazione pesante con uso di pannelli in cemento e impianti tecnici prodotti industrialmente secondo norme e criteri di modularità pensati per abbattere i costi.
La sfida di Pouillon, come sappiamo, fu la creazione di un processo costruttivo alternativo, fondato sull’uso globale della pietra, attraverso l’impiego di materiale lapideo sia a livello strutturale, come massa muraria portante o come elementi pilastrati, sia a livello compositivo nel disegno delle facciate.
Questo processo si avvaleva del concorso di nuovi e geniali sistemi di lavorazione e di applicazione del materiale ma anche di una straordinaria capacità di organizzazione e conduzione del cantiere da rendere competitive sul mercato le costruzioni.
Marsiglia, Ricostruzione del quartiere Vieux-Port, 1951-1955
Marsiglia, complesso residenziale La Tourette, 1948-1953. A destra particolare del sistema costruttivo Pierre Banchée)
La messa a punto del processo fu graduale. In una prima fase fu usato il sistema della “pierre banchée” nel quale la pietra tagliata a lastre sottili costituisce la casseratura (coffrage) che, sigillata con staffe in acciaio galvanizzato, permette la colatura di cemento di debole dosaggio. In tal modo le lastre formano corpo unico con il cemento solidificato evitando il loro successivo ancoraggio. Il costo di questo nuovo sistema, usato sia per La Tourette di Marseille sia per gli alloggi ad Aix e di Boulogne-Paris, era all’incirca corrispondente a quella del cemento liscio colato nelle casseforme in legno.
L’uso della pietra massiccia, che all’epoca veniva ancora lavorata manualmente, comportava anch’esso un notevole problema di costi riguardanti il taglio e la lavorazione del materiale grezzo per ottenere una qualità di finiture accettabile nella costruzione di muri e pilastri “a vista”.
Attraverso il sistema meccanico escogitato da Paul Marcerou, direttore delle cave di Fontvieille e amico di Pouillon, fu possibile estrarre e tagliare direttamente in cava dei blocchi di calcare sufficientemente squadrati e precisi da consentire di innalzare muri e pilastri continui fino a undici piani. A questo riguardo egli ricorda che l’invenzione o meglio” la trouvaille” di Marcerou “fut d’adapter les machines qui travaillaient l’acier ou le bois, à la pierre tendre ou à la pierre dure. Il achetait donc de vielles machines, les simplifiait, fixait des pointes de tungstène sur les scies, les chaînes, les rabots, et taillait ainsi facilement, sans refroidissement par eau”(F.P. Mémoires d’un architecte).
Da questa prima esperienza furono perfezionate le macchine e messe in grado di sostenere una vasta produzione in tempi assai brevi. Gli eloquenti esempi di Diar es Saada a Algeri e di Meudon la Foret a Parigi ci mostrano come la modularità dei blocchi e la loro precisione costruttiva consentiva a muri e pilastri eretti “pietra su pietra” di reggere, collaborando insieme a muri interni in mattoni forati, i solai in cemento armato.
La pietra così lavorata in modo meccanico con un semplice taglio a sega si era trasformata in prodotto industrializzato ed era divenuta costruttivamente alternativa ed economicamente concorrenziale ai prodotti prefabbricati in cemento, tanto che lo stesso Pouillon osava chiamarla “pietra prefabbricata”.
Certo la pietra così prodotta, pur rimanendo un materiale naturale con le caratteristiche meccaniche e gli attributi di nobiltà e durevolezza che le sono propri, era divenuta qualcosa di diverso dalla tradizionale pietra da costruzione: si era sottratta alla individualità del lavoro artigianale, necessitava quindi di essere impiegata con un proprio linguaggio. Su tale questione si è sviluppato a mio avviso l’aspetto più geniale dell’opera costruttiva di Pouillon. Lo stretto rapporto tra linguaggio, espressione, tecnologia e condizioni di produzione non rende facile sezionare e separare gli elementi che concorrono alla formazione della sua architettura, tuttavia poiché la pietra vi assume un ruolo fortemente determinante cercheremo di individuarne alcuni.
Innanzitutto il rapporto tra struttura e materiali lapidei.
Algeri, complesso residenziale Diar El Machoul, 1953-1954
Algeri, complesso residenziale Climat de France, 1954 (Elaborazione grafica di G. Barazzetta, N. Braghieri, G. Di Simmeo – Rapporti numerici-dimensionali, da B. F. Dubort, 1986)
L’architettura di Pouillon si contraddistingue per la presenza pressoché costante di due elementi strutturali portanti, il muro e i pilastri, di cui il primo costituisce l’elemento volumetrico di chiusura mentre i secondi contrassegnano il lato aperto dell’edificio dove intervengono talvolta elementi di variabilità o di maggiore complessità plastica che fanno assumere alle pareti il ruolo di facciata.
Questa coppia di elementi si pone però sempre in un rapporto rovesciato rispetto a quello dell’architettura tradizionale della città ossia il muro compatto e muto è rivolto nelle sue opere verso l’esterno, verso la strada, mentre le facciate aperte guardano gli spazi interni che però spazialmente non hanno più la connotazione dei cortili chiusi.
Certamente nessun materiale esprime e comunica in modo altrettanto efficace e possente la tettonica degli edifici come la pietra. Il linguaggio essenziale dell’architettura di Pouillon, che esclude ogni superfluo formalismo fino alla cancellazione pressoché totale della decorazione, è ancor più esaltato in questo suo aspetto dalla stereometria delle pareti in blocchi lapidei e dalla profondità che lo spessore del materiale conferisce alle aperture. D’altra parte la modalità stessa dell’apparecchiatura del materiale concorre alla semplificazione e alla essenzialità dei tracciati e dei volumi creando uno stretto rapporto tra struttura e forma.
Come la concezione costruttiva anche il linguaggio architettonico di Pouillon non ha motivazioni nostalgiche ma nasce da una originale interpretazione della modernità mantenendo al contempo la forza evocativa della grande architettura classica.
Si è parlato giustamente di “razionalismo” per la sua opera, non solo riguardo alla metodologia compositiva ma anche per il riferimento a quella esperienza storica rintracciabile nelle figure concettuali e strutturali utilizzate nella costruzione. Tuttavia attraverso la pietra le partiture architettoniche dei sui edifici acquistano un proprio significato che le collega alla grande tradizione classica degli “ordini”.
Ciò che il razionalismo aveva voluto evidenziare nella orditura in cemento armato del “telaio” messo a nudo, ossia l’estrema riduzione dell’edificio alla propria “ossatura”, acquista invece nell’architettura di Pouillon un carattere “muscolare” attraverso la particolare sostanza della pietra come si trattasse delle membra di un corpo. E per ottenere questo carattere egli aveva eletto a proprio materiale privilegiato la “Pierre du Pont du Gard”, la pietra usata dagli antichi romani nelle opere monumentali in Provenza. Così le grandi pilastrature e le sequenze architravate acquistano significati e valenze di volta in volta diversi.
Parigi, complesso residenziale a Pantin, 1957
Parigi, complesso residenziale a Meudon-La Foret, 1959
A Pantin e Montrouge la giustapposizione plastica di pietre miste a marmo dei cortili interni evoca l’ordine gigante che forma la “travatura continua” dei palazzi italiani del manierismo cinquecentesco. A Meudon-la-Foret le immense pilastrate alludono negli scorci alla reiterazione delle scansioni verticali della parete nella possente architettura di templi egizi.
A Climat de France i ritmi e le misure delle 200 colonne hanno la severa armonia di una “agorà” o di un “meidan”.
Vi è poi una stretta relazione tra la costruzione in pietra e l’astrazione dei numeri. Le misure giocano un ruolo fondamentale nel rapporto tra le membra dell’edificio in una logica compositiva più pregnante di quanto non consenta la modularità della prefabbricazione. Costruire pietra su pietra significa infatti costruire con i numeri e trovare le regole che li governano.
E’ ben nota la serie di numeri che ha guidato Pouillon alla progettazione del meraviglioso colonnato e di tutta la piazza di Climat de France, desunti in analogia con il “meidan” di Ispahan, ma rapportati a blocchi di pietra di un metro per un metro per un metro.
L’“oggettività” dell’ordine compositivo intrecciandosi alla essenzialità degli elementi dà luogo a una sorta di arcaismo, ossia a quella componente che toglie l’architettura di Pouillon dalle mode, delle correnti e dalla ossessiva autoreferenzialità che caratterizzano invece l’opera degli architetti moderni e soprattutto contemporanei. Ancora una volta la pietra gioca un ruolo determinante su questo attributo perchè allo stesso tempo conferisce stabilità e mutevolezza agli edifici. Specie quando è priva di ornamento, la pietra concentra su se stessa tutta la forza espressiva dell’architettura rendendola “senza tempo” ma cangiante nel tempo sotto la luce naturale.
Possiamo dire che l’identità stessa dell’architettura di Pouillon risiede in ultima analisi nella perfetta “ierogamia” tra linguaggio architettonico e sostanza materiale della costruzione.
La sua capacità di trasformare e dominare in senso creativo linguaggio e processo costruttivo costituisce ancora il fondamento e l’essenza del “magistero” dell’architetto, ossia dell’arte di “ben costruire”. Sotto questa angolatura il rapporto tra la sua opera e la tradizione ci appare quanto mai appropriato e profondo, privo di nostalgia e ricco di creatività.
Per questi e molti altri aspetti l’opera di Pouillon è ancora attuale.
Alcuni anni or sono a Verona, nella fiera internazionale Marmomacc gli è stato attribuito “ad memoriam” il Premio Internazionale Architettura di Pietra. Oggi possiamo constatare come l’interesse diffuso per i materiali costruttivi e il loro uso qualitativo stia diventando sempre più un tema centrale nell’architettura mentre si assiste a un più maturo atteggiamento nell’uso della pietra, anche grazie all’insegnamento di Pouillon. L’ultima edizione di questo premio, avvenuta lo scorso autunno, ha visto per la prima volta selezionati ben tre edifici costruiti con l’uso di pietra in senso tettonico e a grandi blocchi, potremmo dire “alla Pouillon”anche se con linguaggi molto diversi, per opera di tre autori di grande notorietà: Mario Botta, Eduardo Souto De Moura e Peter Zumthor. Mi è sembrato un segno di audacia e anche di buon auspicio per l’architettura.
diVincenzo Pavan
* Intervento al “Colloque Fernand Pouillon architecte 1912-1986”all’ Hotel du Département des Bouches-du-Rhône, Marseille, 29/30 marzo 1996.
FERNAND POUILLON
Cenni biografici
1912: Fernand Pouillon nasce a Cancon nella Lot-et-Garonne (Sud est della Francia) ma ben presto la sua famiglia si trasferisce a Marsiglia città in cui si svilupperà la prima parte della sua carriera. Frequenta la Scuola di Belle Arti di Marsiglia e l’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi dove si laureerà in architettura nel 1942. Per alcuni anni lavora presso lo studio di Marsiglia di Eugène Beaudouin prima di fondare un proprio studio con Rene Egger.
1934-1939: Realizza una media di circa quaranta alloggi per anno nel mezzo di una crisi profonda della professione dell’architetto.
1946: Costruisce lo stadio municipale di Aix-en-Provence. Inizia in quest’opera ad emergere il vocabolario personale di Pouillon: una modernità in continuità con la storia dell’architettura e dell’ingegneria, la riscoperta dei procedimenti costruttivi ancestrali, la valorizzazione di ogni materiale attraverso la giusta combinazione di tutti i materiali tra loro, il corretto adeguamento delle forme architettoniche all’uso per il quale sono destinate.
1948: Costruisce il quartiere di La Tourette, 260 alloggi che dominano il vecchio porto di Marsiglia, dove sperimenta la tecnica della pietra a lastre usate come cassero della struttura in cemento.
1951-1955: Costruisce il complesso residenziale e commerciale del Vieux Port di Marsiglia dove inaugura l’utilizzo della pietra strutturale (Pierre du Pont du Gard) che costituirà uno dei tratti costruttivi specifici del suo lavoro.
1951: Costruisce il complesso residenziale “200 alloggi” a Aix-en-Provence dove mette in pratica nuovi principi di costruzione che gli permettono un abbassamento dei tempi e dei costi.
1953: Pubblica “Ordonnance”, monografia di Aix-en-Provence realizzata in collaborazione con i suoi allievi, nella quale espone il proprio indirizzo compositivo a livello urbano.
1953-1954: Chiamato ad Algeri dal sindaco Chevallier costruisce i complessi di Diar Es Saada e Diar El Machoul, rispettivamente di 800 e 1800 alloggi popolari.
1954: Conclude la prima parte della sua permanenza in Algeria realizzando il grande complesso residenziale “Climat de France” di 3500 alloggi.
1954-1964: Su incarico del governo iraniano costruisce le stazioni ferroviarie di Tabriz e Machad e due cittadelle militari.
1955: Crea a Parigi il CLN (Comptoir National du Logement), organismo di promozione immobiliare attraverso il quale, pur non apparendo in prima persona (la legge francese all’epoca vietava a un architetto di essere promotore immobiliare) riesce a controllare la realizzazione dei suoi progetti. Acquista anche la ACCM, impresa di carpenteria metallica che diventerà l’impresa utilizzata in tutti i suoi cantieri.
1957: Costruisce il complesso residenziale “Victor Hugo” a Pantin (Parigi) di 300 alloggi.
1958: Costruisce il complesso residenziale “Buffalo” a Montrouge (Parigi) di 500 alloggi.
1957-1963: Costruisce il complesso residenziale “Le Point du Jour” a Boulogne-Billancourt (Parigi) di 2260 alloggi.
1959: Costruisce a Meudon-la-Foret (Parigi) un complesso residenziale di 3000 alloggi.
1961: Pouillon viene arrestato il 5 marzo: a Parigi. I suoi lavori disturbano il sistema immobiliare e quello politico incapaci di risolvere il problema degli alloggi nella Francia del dopoguerra. Al processo che segue cadranno i principali capi di imputazione. Malgrado ciò Pouillon sconta tre anni di prigione, evade, rifugiandosi a Fiesole, per poi costituirsi e presenziare al suo processo. In prigione scrive il romanzo “Les Pierres Sauvages” pubblicato nel 1964.
1971: Viene amnistiato dal Presidente Georges Pompidou. All’uscita di prigione gli viene affidato l’incarico per la città nuova di Créteil presso Parigi, ma, soggetto a pressioni, lascia l’incarico e decide di ritornare in Algeria dove realizzerà un imponente programma di opere per i Ministeri del Turismo, dell’Istituzione, delle Poste e Telecomunicazioni, delle Ferrovie e dell’Ambiente. Gli interventi più importanti comprendono hotel e centri turistici sparsi nell’intero territorio algerino (Algeri, Moretti, Sidi Ferruch, Zeralda, Tipaza, Annaba, Seraidi, Orano, Tlemcem, Ghardaia, Timimoun, Tamanrasset…)
1968: Pubblica les “Mémoires d’un architecte“, Aux Editions du Seuil
1970-1974: Fonda a Parigi la casa editrice “Le Jardin de Flore”
1975-1983: Restaura il castello di Belcastel nell’Aveyron (Francia).
1980: Viene eletto Consigliere dell’Ordine degli Architetti a Parigi.
1982: Viene premiato dalla Biennale di Venezia che gli dedica una mostra.
1983: Ritorna definitivamente in Francia dove apre lo studio Fernand Pouillon.
1984: II Presidente François Mitterrand lo nomina Ufficiale della Légion d’Honneur.
1986: Muore il 24 luglio a Belcastel.
Bibliografia
Libri
D .Voldman, Fernand Pouillon, architecte. Paris, Ed Payot & Rivages, Collection Essais. 2006.
J. Lucan – O. Seyler, Fernand Pouillon architecte, Pantin, Montrouge, Boulogne-Billancourt, Meudon-la-Forêt, Paris, Pavillon de l’Arsenal; Picard, avril 2003.
J.L. Bonillo, Fernand Pouillon, architecte méditerranéen. Marseille, Ed. Imbernon. 2001.
B.F. Dubor, Fernand Pouillon. Milan-Paris Electa Moniteur, 1986.
Edizione italiana: Fernand Pouillon, Architetto delle 200 colonne, Milano, Electa, 1987.
Riviste e pubblicazioni
G. Barazzetta, I cantieri di Fernand Pouillon: le figure e il testo. Milano. Casabella n°728/729, 2004
J. Lucan, Fernand Pouillon Architecte. Paris, AMC, le Moniteur architecture, n°134, 2003
A. Ferlenga, Fernand Pouillon. Le pietre di Algeri. Milano, Casabella, n°706/707, 2002
Fernand Pouillon a Belcastel. La rinascita di Belcastel. Il castello senza tempo dell’architetto,
F. Gautré e C. Sayen, Milano, Casabella. n° 672, 1999. Con un testo di A. Ferlenga.
G. Radicchio, Fernand Pouillon. I quartieri residenziali della cintura parigina, Milano Casabella, n° 639, 1996, con un testo di A. Ferlenga
A. Ferlenga, Le costruzioni turistiche di F. Pouillon nel territorio algerino, D’A, n°12, 1996
B. Huet, L’héritage de Fernand Pouillon, Paris, AMC, n° 71,1996
J. Lucan, Les opérations parisiennes : la leçon de Fernand Pouillon, Genève, Faces, n° 38, 1996
Fernand Pouillon: new foundation of a city, new foundation of a discipline.
A. Ferlenga, Miami, Moderns cities, The New City, n°3, 1996
G. Monnier. A propos du colloque Fernand Pouillon architecte, Techniques et Architecture, agosto /settembre 1996.
V. Spigai, Fernand Pouillon, “Mon ouvre me défendra”, Archint, Venezia 1995
G. Barazzetta, Pouillon in Provenza, itinerario, Milano, Domus, n° 773, 1995
Un projet urbain…malgré eux (les architectes N.d.R.). La reconstruction du Vieux-Port a , J-L.Bonillo, Marseille, Les Cahiers de la recherche architecturale, n° 32-33, 1993
B. Huet, Lo strano caso Pouillon, in Immagini di Pietra, Milano, Electa 1993
G. Barazzetta, Pouillon a Marsiglia, Palermo, In-Architettura, n° 19, 1993
D. Banaudi, Memorie di un urbanista, Milano Costruire, n° 113, 1992
F. Robichon, Pouillon au Point du Jour, D’architectures n° 28, 1992
G. Barazzetta, Le pietre di Arles ad Algeri, Venezia, Phalaris, n° 16, 1991
A. Petruccioli, Fernand Pouillon o il genio della costruzione, Architettura nei paesi islamici, Edizioni La Biennale di Venezia, 1982
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