“Dove si devono mettere l’altare e la mensa eucaristica?
A quella distanza dove, se il Cristo scendesse ancora fra noi,
l’amore ci spingerebbe, e il rispetto ci inchioderebbe”.
(L. Moretti, 1967)
La proposta progettuale, finalizzata all’adeguamento della Cattedrale di San Lorenzo alle acquisizioni dell’ultima riforma liturgica, è stata sviluppata sulla base di due principali considerazioni di ordine architettonico: da un lato l’importanza del vecchio coro rialzato, fondale scenico che catalizza l’attenzione e allude efficacemente al “luogo del Padre”, meta cui la mensa dell’altare-Corpo di Cristo rinvia; dall’altro, la particolare connotazione architettonica della decorazione pittorica stesa sulle superfici interne, che con l’alternanza di fasce orizzontali sembra quasi voler sottolineare il ruolo strutturale di archi e pilastri, e con la delicata trama di motivi geometrici e floreali che fodera il basamento di pareti e piedritti allude invece a preziosi tessuti bordati di passamanerie, e richiama l’antica tradizione delle architetture “vestite”, riccamente adornate per la liturgia dei giorni di festa.
L’apparato decorativo, risalente all’ultimo “restauro” ottocentesco, si ispira chiaramente a modelli medievali reinterpretati alla luce delle esigenze e delle mode del tempo, e costituisce uno dei rari esempi ottimamente conservati. Una testimonianza di grande interesse storico e artistico, che è necessario tutelare con cura e considerare parte integrante della struttura architettonica, poiché capace di plasmare lo spazio al pari degli archi e delle colonne.
Alla luce di tali valutazioni, gli elementi del progetto si inseriscono armoniosamente in una trama già scritta: se da un lato non escludono lo spazio posto al di là dell’arco santo, ma anzi lo coinvolgono visivamente attribuendogli il ruolo di ultima “soglia”, dall’altro reinventano il tema figurativo del “rivestimento”, dell’ornamento tessile che impreziosisce l’architettura, così simile ai morbidi drappeggi cui si antepone, in innumerevoli dipinti, la figura di Maria.
In accordo con il Magistero della Chiesa e con le più recenti acquisizioni teoriche, altare, ambone e cattedra non configurano la consueta tipologia del presbiterio “onnicomprensivo”, ma delineano piuttosto un sistema di luoghi “eminenziali” interconnessi e gerarchicamente ordinati, acquisendo così maggiore autonomia e riconoscibilità. Ciascuno dei tre elementi è collocato in modo tale da favorire una più diretta relazione con l’assemblea, e tuttavia evita ogni eccesso di “prossimità”, garantendo il giusto decoro e un ottimale dinamismo celebrativo anche in caso di celebrazioni particolarmente affollate. Se l’altare si insinua esattamente al centro della corda che idealmente congiunge la coppia di pilastri adiacente allo scalone, ambone e cattedra si fronteggiano sull’asse di due opposte arcate laterali, definendo un impianto in cui spazio architettonico e poli liturgici entrano in piena e avvertibile risonanza.
Le distanze interposte agiscono sul tempo della celebrazione, enfatizzandone i ritmi e le movenze, mentre il cuore dello spazio liturgico, quel nucleo apparentemente vuoto su cui tutto converge, diventa muta espressione dell’inesprimibile: esso è spazio per ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo; spazio per la celebrazione di matrimoni, ordinazioni o funerali; spazio in cui il sacro irrompe legando indissolubilmente il cielo e la terra; memoria di quell’onphalos che riflette la prospettiva escatologica e la dimensione dell’attesa. La disposizione dei luoghi liturgici e dei banchi per l’assemblea tende a ottimizzare le condizioni di visibilità, ricercando il miglior compromesso tra la struttura architettonica esistente, la necessità di riutilizzare i banchi lignei storici, l’esigenza non trascurabile di accogliere il maggior numero possibile di fedeli e infine l’obbligo, chiaramente segnalato dalla normativa vigente (Commissione episcopale per la liturgia della CEI, Nota Pastorale “L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica”, 1996, 55/f), di lasciare liberi da ingombri tutti quegli spazi interessati dai movimenti processionali.
L’altare, uniformemente rivolto verso le quattro direzioni, enfatizza il proprio ruolo di “centro” e fa convergere su di sé una doppia valenza simbolica: la sagoma “a blocco” richiama infatti l’ara del sacrificio, mentre la mensa, candida e corposa, rimanda alla tavola dell’Ultima Cena. Il prisma dell’altare appare come “plasmato” dalla geometria significativamente circolare della tovaglia, e con ciò sottolinea quanto profondamente la novità cristiana della frazione e condivisione del pane abbia trasformato il rito sacrificale pagano. La necessità di una tovaglia da realizzare su misura, un telo circolare da ripiegare simmetricamente sui quattro lati della mensa, eviterà il consueto errore di svilire l’altare-Corpo di Cristo ricorrendo a paramenti puntualmente inappropriati e ridondanti.
Al di sopra dell’altare, un prezioso ciborio luminoso assolve ad una triplice funzione: esso segnala la centralità della mensa eucaristica; allude alla discesa dello Spirito Santo al momento della consacrazione (dimensione epicletica); e infine convoglia lo sguardo del fedele verso l’alto e verso la profonda prospettiva del coro, dominata dal Crocifisso sospeso in corrispondenza dell’arco santo. Il morbido drappo luminoso si compone di elementi disposti secondo un disegno originale, che riecheggia la geometria delle costellazioni, richiamando il cielo punteggiato di stelle dipinto sulle volte sovrastanti, ma che al contempo allude al tessuto urbano delle grandi città, istituendo un parallelo tra città dell’uomo e Gerusalemme celeste. Il Crocifisso, realizzato ex novo, avrà dimensioni maggiori rispetto a quello esistente, proporzionate alla cornice architettonica e più idonee a garantire la visibilità.
Nell’ambone, che reinterpreta la tradizionale tipologia “a cassa”, la relazione simbolica con l’altare è affidata alla forma, ancora una volta derivata dalla semplice geometria del quadrilatero e del cerchio. L’inserimento di alcuni gradini, e il deciso orientamento della tribuna che “rompe” la scatola del “sepolcro”, individuano inequivocabilmente l’assemblea come destinataria della Parola.
Contrapponendosi all’ambone, la cattedra, robusta e lineare, pone in evidenza il ruolo di colui che presiede la comunità diocesana, e lo addita come primo ascoltatore del Vangelo. Proprio allo scopo di enfatizzare l’unicità del ministero episcopale, la sede presbiterale si prevede lignea e amovibile, mentre la cattedra si arricchisce di un apposito alloggio per il pastorale.
Ispirandosi al modello delle antiche chiese romaniche (così come romanico è l’impianto di cui ancora si conserva traccia nei tre portali del nartece, nel campanile e in numerosi elementi decorativi), altare, ambone e cattedra si configurano non come oggetti di valore plastico-scultoreo ma come vere e proprie architetture in miniatura, il cui disegno sobrio non persegue velleità decorative, ma è il puro riflesso di una logica costruttiva rigorosa ed essenziale. Le volumetrie, nitide e assolute, si legano allo scenario circostante vestendosi di puro colore, ricoprendosi di pregiati “tessuti” cui si allude mediante la semplice combinazione di elementi lapidei sovrapposti.
In accordo con le richieste della Committenza, che ha specificato come il disegno pavimentale non possa essere oggetto di modifica alcuna, sono stati selezionati materiali dai colori caldi, compresi tra il beige e il rosso e direttamente estrapolati dalle decorazioni pittoriche che arricchiscono l’interno della cattedrale, sostituendo efficacemente le tonalità “fredde” proposte nella prima fase concorsuale. La gamma cromatica prescelta, tradotta dall’artista in una trama astratta, attiva delicate corrispondenze con la cornice architettonica preesistente.
Precisazioni tecniche
Per la realizzazione dell’altare, dell’ambone e della cattedra si è realizzato un assemblaggio di elementi lapidei in forma di “blocco” e di “lastra”, combinati tra loro e assicurati ad una ossatura interna mista in muratura di blocchi laterizi e getto di calcestruzzo alleggerito.
Altare e ambone si elevano al di sopra di un basamento realizzato in opera e dotato di blocchi monolitici e di lastre lapidee in Quarzite beige. Nell’ambone, in particolare, tale piattaforma si arricchisce di una piastra circolare in calcestruzzo armato adatta ad assorbire gli sforzi di trazione generati dallo sbalzo della tribuna sovrastante. Il basamento della cattedra, di dimensioni più modeste, si compone invece di blocchi lapidei monolitici, utilizzati anche per la realizzazione di tutti i gradini.
Nel complesso, sono state messe in opera nove tipologie lapidee: Limestone per le due “mense” dell’altare e della Parola; quarzite beige per gli elementi monocromatici basamentali; graniti Coffee brown e Brown antique, e marmi delle varietà Marron bois, Trani chiaro, bianco Thassos, Rosso rubino e Rosa perlino per le composizioni policrome.
Ciascuno degli elementi progettati è semplicemente “appoggiato” al pavimento in corso di realizzazione: l’adesione tra le superfici è affidata ad appositi collanti, mentre l’interposizione di un foglio di tessuto-non-tessuto e di un materassino in neoprene garantisce la totale reversibilità dell’intervento.
Il grande velario luminoso si compone di elementi tipo “aste” e “nodi”, ed è assicurato ad un telaio in alluminio anodizzato argento antico, a sezione scatolare, sospeso alle volte mediante sottili trefoli d’acciaio. Se le “aste” sono costituite da cavi di fibre ottiche, i “nodi”, anch’essi in ottone ossidato, si distinguono in semplici e complessi: i primi, più piccoli, sono costituiti da una corona metallica con sezione a “c”, dotata di illuminatori a led che proiettano la luce lungo i cavi convergenti sul “nodo”; i secondi, di raggio maggiore, conservano la medesima struttura ma presentano una doppia corona e illuminatori aggiuntivi, che indirizzano la luce anche su una lente riflettente posta al centro del nodo stesso.
Ciascun nodo funziona al pari di un giroscopio, e consente di modulare la luce, dosandola sulla base delle diverse esigenze liturgiche e orientandola sull’onphalos, sul Crocifisso e sull’altare, cuore pulsante della liturgia. L’insieme degli illuminatori totalizza una potenza di circa 250/300 watt, e l’utilizzo di led produce un’ottima efficienza luminosa a fronte di bassissimi costi di esercizio.
I dettagli tecnici del sistema, compresa la costruzione e la messa in opera, sono stati appositamente elaborati da Mario Nanni, progettista illuminotecnico e titolare di Viabizzuno Srl.
Lettura critica: Giancarlo Santi, Il nuovo baldacchino luminoso della cattedrale di Alba
L’intervento di adeguamento liturgico attuato nella cattedrale di Alba nel 2008, a seguito del concorso bandito dalla diocesi nel 2007, consiste nella creazione ex novo del “cuore celebrativo” della cattedrale, distinto rispetto a quello precedente, di impostazione tridentina, che viene integralmente conservato. Il nuovo “cuore celebrativo” della cattedrale di Alba consiste nell’altare, l’ambone e la cattedra episcopale collocati nella navata, in prossimità della gradinata di accesso al precedente presbiterio sopraelevato, in posizione ravvicinata ai fedeli e, per quanto possibile, centrale rispetto all’intera assemblea. Il criterio liturgico-ecclesiologico che è stato seguito è del tutto evidente: l’altare non è sopra o davanti all’assemblea né è separato da essa ma è collocato nell’assemblea celebrante, ne costituisce, insieme all’ambone, l’elemento generativo.
La nuova configurazione e collocazione di quello che in altri tempi veniva denominato “presbiterio” presenta tre aspetti originali che ricordo brevemente. In primo luogo la nuova articolazione planimetrica degli elementi del presbiterio – altare, ambone e cattedra episcopale – evidenzia meglio l’identità di ciascuno di essi e, nello stesso tempo, individua con chiarezza le relazioni tra di essi. In secondo luogo la più stretta relazione tra ambone e cattedra è stata pensata in modo che il vescovo, quando è seduto in cattedra, appaia in modo evidente come il primo ascoltatore della Parola proclamata per tutta intera l’assemblea radunata. In terzo luogo si è cercata ed è stata attuata una più stretta connessione del “presbiterio”, non più plenario, con l’assemblea, superando ogni separazione e lontananza troppo marcata.
L’intervento merita di essere segnalato per la coerenza e il coraggio con cui, rispetto ad altri casi, ha saputo dare coerente attuazione alla riforma liturgica promossa dal Concilio Vaticano II.
Il progetto di adeguamento/rinnovamento liturgico della cattedrale di Alba, tuttavia, non si è limitato a questi tre punti qualificanti. Esso comprende anche un manufatto “nuovo”, dichiaratamente tale per l’evidente aspetto tecnologico, sospeso sulla verticale dell’altare che risulta ben visibile da tutta i punti della cattedrale; la relazione di progetto lo chiama “velario luminoso” e in altri luoghi “moderno ciborio”, “morbido drappo”.
Il fatto stesso che il velario luminoso sia ben visibile da ogni punto della cattedrale depone a favore della qualità complessiva del progetto, dal momento che, in questo modo, contribuisce a consolidare la “nuova centralità” realizzata nella cattedrale stessa con l’intervento di adeguamento liturgico. Il velario, infatti, viene a costituire, nell’architettura della chiesa, il riscontro visivo in posizione elevata, dell’altare e degli altri elementi del presbiterio. Adottando questa soluzione i progettisti hanno risolto, almeno in parte, ma in modo brillante, il problema della evidenza e visibilità dell’altare, problema di non facile soluzione che non sempre è stato identificato e risolto nelle chiese e nelle cattedrali nelle quali è stato realizzato l’adeguamento liturgico.
A questo proposito occorre ricordare che in età post tridentina il problema era stato chiaramente avvertito ed era stato risolto ricorrendo a vari espedienti di carattere scenografico: collocando l’altare in posizione più elevata rispetto alla navata, a conclusione dell’asse longitudinale della chiesa in posizione “focale”, e dotando l’altare stesso di elementi fortemente caratterizzati dal punto di vista cromatico, decorativo e artistici (fiori, candele, paliotto, pala d’altare), architettonici (ciborio, dossale) e di arredo (baldacchino fisso e “padiglione” dai colori variabili sospeso alla corona) che gli conferivano immediato e grande risalto visivo.
Il velario luminoso introdotto nella cattedrale di Alba costituisce un rilevante passo in avanti nella direzione indicata. Si tratta di una soluzione semplice e lineare che, tuttavia, potrebbe essere ulteriormente migliorata e arricchita da elementi cromatici e matrici, alcuni dei quali variabili a seconda del tempo liturgico.
Eppure, a prima vista non risulta ben chiaro di che cosa si tratta esattamente: di un lampadario monumentale analogo a quello immaginato, in linea con la tradizione delle ruote medievali, da Antoni Gaudì per la cattedrale di Maiorca? Un baldacchino fisso sospeso sull’altare, analogo a quelli in uso abitualmente nelle chiese in età post tridentina? Un “padiglione” tecnologico? Non è facile dare una risposta univoca anche perché il velario richiama la forma di una nuvola che scende dall’alto sull’altare piuttosto che di una volta che dall’alto copre l’altare. Comunque sia, a nostro parere si tratta di una soluzione fortemente innovativa che coniuga elementi di varia provenienza e funzione. Per il suo significato simbolico – la biblica nube che discende sulla tenda dell’alleanza – il “velo luminoso” di Alba ricorda da vicino il ciborio e il baldacchino fisso. Nello stesso tempo per il suo carattere di manufatto luminoso ricorda i grandi lampadari in forma di celeste Gerusalemme che discende dal cielo: si tratta in sostanza di un apparecchio luminoso/illuminante dotato anche di valenza simbolica progettato sia in relazione al presbiterio sia in relazione alla cattedrale nel suo complesso.
La soluzione adottata nella cattedrale di Alba sembra molto significativa nel panorama nazionale per almeno tre motivi. L’adozione del concorso come strumento per la ricerca del progettista e del progetto più idoneo, scelta rara in casi di questo genere. La completa trasparenza dell’iniziativa in tutte le sue fasi, fino alla pubblicazione dei progetti e di una ampia documentazione. La conferma di una linea di ricerca molto significativa che privilegia il “presbiterio articolato” rispetto a quello “plenario”o ad altri modelli confusi. L’apertura a nuove vie che allargano l’attenzione dei committenti e dei progettisti dalla mera collocazione e articolazione spaziale del nuovo presbiterio e dalla conformazione dei suoi elementi verso il progetto dell’illuminazione e dell’arredo complessivo (nelle sue componenti tessile, floreale, cromatica).
Concludo con alcuni suggerimenti che riterrei utile fossero tenuti presenti in casi analoghi. Nell’intento di migliorare per quanto possibile le scelte compiute dalla diocesi di Alba, che ritengo complessivamente valide, suggerirei in primo luogo di prevedere una più ampia disponibilità di tempo da mettere a disposizione per la realizzazione dell’opera. A questo proposito l’esperienza ha insegnato che un congruo tempo di sperimentazione del progetto vincitore dà ottimi risultati. Nella logica delle globalità e coerenza dell’intervento di adeguamento, suggerirei inoltre che, diversamente da quanto è avvenuto nella cattedrale di Alba, il progetto di adeguamento liturgico non venga limitato ai sui elementi primari, ma comprenda anche il progetto complessivo dell’illuminazione e della pavimentazione. Qualche suggerimento riguarda il bando di concorso. Ritengo decisamente troppo numerosa una giuria alla quale sono chiamate a far parte 20 persone; eccessivamente rappresentata la parrocchia che conta 6 membri in giuria; non chiaramente motivata la presenza in giuria di funzionari della Soprintendenza, non tanto per la indubbia competenza delle persone, quanto per il fatto che la Soprintendenza stessa non è vincolata dalla valutazioni della giuria ma, in sedi proprie e in totale autonomia, esprime la sue valutazioni relativamente al progetto da realizzare quanto ai profili della tutela.
Mons. Giancarlo Santi
Dati tecnici
Titolo dell’opera:
Adeguamento liturgico della cattedrale di S. Lorenzo, Alba (CN)
Data di progettazione e realizzazione:
2007-2009
Committente:
Diocesi di Alba
Progettazione e Direzione lavori:
Capogruppo Arch. Massimiliano Valdinoci. Progettisti: Arch. Maicher Biagini, Cossu+Toni architetti, Ricci+Cavicchioli architetti.
Consulenti:
Liturgista: Goffredo Boselli (Monastero di Bose). Artista: Erich Demetz (Bolzano). Storico dell’arte: Francesca Flores D’Arcais (Università Cattolica di Milano).
Illuminotecnica: Mario Nanni – Viabizzuno Srl.
Fornitura e posa in opera materiali lapidei: Avagnina (Fossano).
Cenni biografici
Massimiliano Valdinoci, capogruppo. Via Cesiolo, 8 – 37126, VERONA , tel/fax 045800999, e-mail: info@mvaldinoci.it
(Verona, 1959) Architetto, laureato presso la facoltà IUAV di Venezia, esercita l’attività professionale operando prevalentemente nel campo del restauro edilizio e monumentale. Dal 1998 è membro della commissione di Arte Sacra della Diocesi di Verona. Dal 2003 è titolare della cattedra di Elementi di architettura e urbanistica all’Accademia di Belle Arti di Verona e dal 2006 ne dirige il corso di restauro. Relatore a diversi convegni, tra i quali il Convegno internazionale liturgico di Bose (2005 e 2006), ha partecipato, come docente e tutor a corsi su Architettura e liturgia organizzati dalla CEI (2000-2005, 2007), dalla Diocesi di Verona (2004-2005), dall’OAPPC di Torino e dall’Università di Bologna (2006). Ha collaborato all’organizzazione e all’allestimento di diverse mostre per conto dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici della CEI tra cui Segni del 9cento, (CEI Roma 2001) e convegni Arte, Architettura e Liturgia nel Novecento (CEI-Patriarcato di Venezia, Venezia 2003-2006 nell’ambito degli eventi ufficiali della Biennale di Venezia). Tra le ricerche e le pubblicazioni sul tema del progetto e dell’adeguamento dello spazio liturgico: Antichi spazi per la nuova liturgia. Le Cattedrali del Triveneto (2002), Casa di Dio (2005), Costantino Ruggeri. L’architettura della chiesa (2006), Le cattedrali dell’Emilia Romagna. Storia, Arte, Liturgia (2007).
Maicher Biagini – Via Gandhi, 1 – 42123 Reggio Emilia – www.cairepro.it
(Campegine, 1953) Architetto, laureato alla Facoltà di Architettura di Firenze, nel 1978 in Progettazione Architettonica con una tesi dal titolo “Progettazione di un sistema edilizio per una scuola materna”, relatore Prof. Arch. Paolo Felli, a cui si riconosce la valutazione di 110 e lode. Dal 1978 è socio della Cooperativa Architetti e Ingegneri e dello Studio Tecnico Associato. Dal 1999 è Presidente della Cooperativa Architetti e Ingegneri – Progettazione nata per scissione dalla precedente società. Si è particolarmente interessato alla progettazione architettonica sociale: scuole, ospedali,residenza, terziario e arredo urbano. Nel campo dell’edilizia Sacra ha maturato le seguenti esperienze professionali: progetto del complesso parrocchiale di San Cirillo Alessandrino a Roma in corso di progettazione, progetto del complesso parrocchiale Santa Maria in Betlemme Diocesi di Cesena – Sarsina (FC) progetto vincitore di un concorso nazionale, ampliamento del complesso parrocchiale San Giuseppe a Reggio Emilia, progetto del centro parrocchiale San Patrizio a Roma, progetto del complesso parrocchiale di San Domenico di Guzman a Roma, complesso di Sant’Ignazio di Antiochia a Bologna, complesso parrocchiale San Luigi a Reggio Emilia, complesso parrocchiale Sant’Antonio M. Pucci a Bologna, Chiesa del nuovo abitato di Varvilla a Reggio Emilia, cappella dell’ospedale Magati di Scandiano a Reggio Emilia. Ha progettato gli adeguamenti liturgici nelle seguenti chiese: San Giacomo Maggiore di Masone a Reggio Emilia, San Lorenzo di Gavasseto a Reggio Emilia, partecipazione al concorso per il rifacimento del Presbiterio nella chiesa parrocchiale di SS. Bartolomeo apostolo e Martino Vescovo a Casalpustarlengo – Lodi progetto segnalato per l’originalità della soluzione proposta; ha collaborato alla stesura di alcune pubblicazioni specifiche e nel 2001 ha partecipato al corso di formazione “arte e architettura per la liturgia a Firenze” oltre a diversi convegni sul tema dell’architettura Sacra.
Cossu Toni architetti – Via Giovanni Paolo II, 1 – OTRANTO (LE) – ctonia.wordpress.com
Lo studio si occupa di progettazione architettonica, restauri e ristrutturazioni di edifici civili e monumentali, di adeguamenti liturgici e progettazione di nuove chiese, di interior design e fotografia di architettura. Affianca all’attività professionale la ricerca teorica sulla composizione architettonica e cultuale, pubblicando alcuni risultati e indagini nella rivista elettronica Ordinè. Cristiano Cossu: Zurigo 1970, architetto. Dottore di Ricerca in Progettazione architettonica e urbana (Firenze 2005). Curatore della rivista di composizione architettonica Ordinè. Fotografo di architettura, paesaggio e interior design. Ada Toni: Brindisi 1969, architetto. Consegue il Diploma di Specializzazione in Storia, Analisi e Valutazione dei Beni architettonici e ambientali (Firenze 2002). E’ Dottore di Ricerca in Progettazione architettonica e urbana (Firenze 2007). Menzione di merito come migliore diplomata nel Master di II livello in Architettura, arti sacre e liturgia (Università Europea di Roma, Roma 2009). Dal 2010 è membro della Commissione di Arte sacra dell’Arcidiocesi di Otranto.
Ricci+Cavicchioli architetti – Correggio/Ravenna – www.rcarchitetti.com
R+C architetti nasce come effettivo sodalizio professionale solo nel 2007, ma trova le sue premesse negli anni precedenti all’interno dei Laboratori di Progettazione Architettonica della Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, dove Andrea Ricci (ricercatore in Composizione architettonica e urbana e responsabile dell’Unità operativa per il progetto di ricerca scientifica di ateneo “Le figure dello spazio sacro”), ed Andrea Cavicchioli (cultore della materia dopo la laurea e membro dell’Unità operativa per il progetto di ricerca scientifica di ateneo “Le figure dello spazio sacro”), hanno avuto modo di formare ed indirizzare i propri intenti di ricerca attraverso la costruzione di una riconoscibile identità culturale comune. Oltre alla partecipazione a concorsi di progettazione nazionali ed internazionali, l’attività dello studio si concentra prevalentemente sugli incarichi professionali relativi alla nuova edilizia residenziale, al restauro e alla redazione di studi di fattibilità alla scala urbana e territoriale.
Goffredo Boselli (1967), monaco di Bose, liturgista
Ha conseguito la licenza di teologia con specializzazione in liturgia e teologia sacramentaria presso l’Institut Supérieur de Liturgie dell’Institut Catholique di Parigi. Ha attenuto il Master in Storia delle religioni e antropologia religiosa presso l’Université Sorbonne di Parigi. E’ dottorando presso l’Ecole Doctorale de l’Institut Catholique e de l’Université Sorbonne di Parigi. Insegna liturgia presso le Studium del Monastero di Bose e Teologia spirituale presso lo Studio teologico di Biella. È membro della Commission Francophone cistercienne, di Societas Liturgica e della redazione di Rivista di Pastorale liturgica (Queriniana). Dal 2003 è consultare dell’Ufficio Liturgico Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana. Nell’ambito del rapporto liturgia e architettura è membro del Comitato Scientifico in qualità di coordinatore dei Convegni Internazionale di Liturgia e Architettura del Monastero di Bose. In qualità di liturgista ha partecipazione alla progettazione e alla realizzazione della Chiesa Monastica del Monastero di Bose. Nel 2006 è stato membro della Commissione giudicatrice dell’Ufficio Nuove Chiese dell’Arcidiocesi di Milano. È membro della direzione di Narthex, Revue européenne d’art sacré.
Erich Demetz, (Selva di Val Gardena,1938), artista
Vive e lavora a Laion (BZ). Diploma conseguito presso l’Istituto Statale d’Arte in Val Gardena e successiva collaborazione con diversi artisti italiani e austriaci. Erich Demetz è autore di due libri sulla filosofia dell’estetica (editore Athesia) e di numerosi saggi critici sull’arte moderna pubblicati in vari giornali e riviste specializzate.Cortometraggi con note biografiche e interviste sono andati in onda sui canali RAI e ORF (Tv pubblica austriaca). Opere di Erich Demetz si trovano in collezioni private e pubbliche, fra l’altro nel Museo Ferdinandeum di Innsbruck.
Francesca Flores d’ Arcais, Storica dell’arte
Professore ordinario di Storia dell’Arte Medievale presso l’Università Cattolica di Milano, Facoltà di Lettere. Si interessa in particolare di pittura trecentesca e di primo Quattrocento, di ambito veneto, con saggi su Guariento, Altichiero e Giusto dei Menabuoi e ha curato il volume “La Pittura nel Veneto. Le origini”, Milano Electa 2005; ha pubblicato inoltre una monografia su Giotto (Milano 1995); ha curato la Mostra su “Il Trecento adriatico. Paolo Veneziano e la pittura tra Oriente e Occidente” (Rimini 2002).Si è interessata inoltre di arte medievale a Verona, con saggi sulla pittura, scultura e architettura della città e del territorio. Collabora con il Museo Diocesano di Padova e si interessa del problema dei Beni Culturali Ecclesiastici: nel 2006 e nel 2007 ha organizzato, presso l’Università Cattolica giornate di studio per operatori dei Beni Culturali Ecclesiastici su: “L’ Ambone” e “Lo Spazio liturgico”.