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19 Ottobre 2010

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LITODIVERSITÀ
Il Casone e Budri con Uainot Architetti per “Abitare il Tempo” e “Marmomacc 2010”


Allestimento progettato da Uainot Architetti per Il Casone e Budri

Kengo Kuma, Claudio Silvestrin, Francesco Steccanella, Gianluca Rossi insieme allo studio Uainot di Bologna, questi gli architetti che negli ultimi anni si sono fatti interpreti del concept aziendale del Casone. Opere di raffinata qualità, risultato di un mirabile insieme di architettura e design, sono state capaci di rappresentare, valorizzandola, la qualità della pietra estratta e lavorata da quest’azienda leader del settore lapideo. Un’operazione spesso perseguita attraverso il riutilizzo di materiali scartati in cava ma sempre più frequentemente utilizzati attraverso processi esecutivi nuovi in grado di sfruttarne le insite potenzialità e far sì che niente risulti più materia di scarto.
Per i due eventi fieristici che si sono susseguiti quest’anno a Verona, Abitare il Tempo e Marmomacc 2010, il Casone decide di arricchire la propria proposta al pubblico attraverso un brillante dialogo con Budri, l’azienda modenese all’avanguardia nei rivestimenti in marmo e commesso lapideo.
La nuova sfida è la connessione del progetto con l’anno Internazionale della Biodiversità proclamato, per il 2010, dalle Nazioni Unite. La salvaguardia delle diversità biologiche esistenti sul pianeta si concretizza in nuovo obiettivo e oggetto di comunicazione capace di dimostrare che anche nel contesto di questa filiera produttiva un contributo a questo percorso, volto alla difesa della vita, è possibile.
Se da una parte tecniche e processi di lavorazione volti in maniera sempre più netta alla salvaguardia del territorio e sottoposti a rigidi controlli degli enti preposti tutelano gli equilibri naturali dalle alterazioni che il settore del lapideo potrebbe potenzialmente provocargli, dall’altra le occasioni progettuali di spazi finalizzati alla rappresentazione della tipologia, delle caratteristiche e delle qualità dei prodotti aziendali possono trasformarsi in momenti di trasmissione di un messaggio e di sperimentazione di nuove concezioni materiche.


L’architetto Gianluca Rossi espone il progetto (foto G. De Sandre)

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Sono questi gli spunti attraverso i quali “Uainot Architetti” per Il Casone e Budri ha progettato la carta da visita per il 2010 delle due aziende.
Il nuovo allestimento trasforma il concetto di “biodiversità” in “litodiversità”. Nel nuovo spazio, l’immancabile protagonismo della pietra si confronta con una vera e propria “bio-sfida”, come la definisce lo stesso progettista raccontando il processo che ha dato forma concreta alla sua idea creativa, reso possibile dalla professionalità del Casone e Budri per la fornitura di materiali di pregio e per la lavorazione e il montaggio delle superfici, dalla maestria del gruppo Corradi per la modellazione degli arredi e dall’esperienza di Martinelli Luce per la cura dell’illuminazione.
La pietra si presta ancora una volta a misurarsi con i propri limiti facendo tesoro delle precedenti esperienze legate a “leggerezza”, “flessibilità” e “superficie epidermica”, le tematiche perseguite da aziende e architetti nel corso delle ultime tre edizioni di Marmomacc incontra il Design.
Se il progetto si concentra sulla biodiversità, l’inorganicità connaturata alla pietra sembra essere mancanza e ostacolo; Gianluca Rossi riesce invece a concepirla come stimolo per riuscire a trasformarla in organica apparenza. I conci di pietra si modellano allora in catene molecolari; il simbolo della vita, scelto come modulo compositivo del nuovo spazio, conduce la pietra cavata e priva di energia vitale al suo divenire elemento vegetale che emerge dall’acqua.


Veduta esterna dello stand del Casone e Budri (foto G. De Sandre)

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Lo spazio, dal perimetro quadrangolare, contiene al suo interno una porzione della catena organica, un cilindro contenente una serie di moduli molecolari connessi tra loro e poggianti su una spirale bidimensionale che si fa punto nevralgico del progetto. È attraverso quest’ultima che, concettualmente, la pietra cavata rappresentata da un possente muro scabro posto lungo una parte del perimetro esterno, prende vita trasformandosi in canneto, eretto sul lato opposto della pedana. Alla molecola si affiancano i quattro elementi naturali, il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra, rappresentati da elementi litici di raffinato design.
Elementi concettuali, quelli appena descritti, che corrispondono quindi ad elementi architettonici o di design costruiti sulla componente del cerchio e della linea retta e formanti al contempo uno spazio estremamente diversificato da esplorare, osservare e comprendere nella sua complessità. Il muro litico, in possenti lastre residuali di pietra serena lavorata a spacco rappresentante la “cava”, accoglie il visitatore tramite un’ampia fenditura centrale o attraverso un percorso ricavato tra la sua superficie interna e il cilindro adiacente.


Stand del Casone e Budri, corridoio d’ingresso (foto G. De Sandre)

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Se la superficie del muro è lasciata grezza, quella del cilindro, in colombino, è finemente lavorata al fine di donarle un senso tattile nuovo, dotato di un aspetto di morbidezza quasi tessile. La porzione di cilindro, alto 3 e dal diametro di 6,67 metri, è apparentemente leggera; tuttavia, questa risulta formata da solide lastre di arenaria di 850 kg ciascuna poggiate a terra e bloccate superiormente da un’unica guida metallica curvilinea. Il cilindro abbraccia un’area libera arricchita da una pavimentazione marmorea preziosamente intarsiata a rappresentare la catena molecolare composta in spirale; tutt’intorno la pavimentazione torna a essere in colombino tagliato e posato in doghe, levigate per l’area a contatto con il cilindro, lavorate a canapa o scalpellate a mano per il resto della superficie.


Stand del Casone e Budri, piazza centrale (foto G. De Sandre)

Una volta soffermatisi su questa piazza centrale e goduto delle sedute formate dai moduli cilindrici e dalle loro linee di unione, una volta ammirato i bracieri rappresentanti il fuoco, i ventilatori l’aria, i vasi la terra, e dopo avere osservato le sequenze di immagini che, scorrendo sulla superficie curvilinea del cilindro mostrano il progetto attraverso le parole e i disegni dell’architetto Gianluca Rossi, si è portati inevitabilemente a volgere lo sguardo e spostarsi verso la terza parte dello spazio architettonico, opposta alla quinta di arenaria grigia. Il panorama è totalmente trasformato: dalla precedente superficie chiusa, severa e imponente, la vista si sposta verso un’architettura rarefatta, leggera e irregolare fatta di aste inclinate, di 2-3 metri, emergenti da uno stagno d’acqua. La pietra aurisina si modella in canne di bambù, portando a compimento il processo di metamorfosi della materia litica che, attraverso la completa totalizzazione dello spazio, da inorganica diventa organica.


Stand del Casone e Budri, bracieri in pietra serena (foto G. De Sandre)

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L’opera del Casone e di Budri ancora una volta mostra come l’avanzare della tecnologia, affiancato alla professionalità delle aziende e alla qualità dei loro prodotti, sia in grado di dare una nuova dimensione alla materia, a sua volta capace di rispondere alle più svariate esigenze e di modellarsi in quinte curvilinee piuttosto che in oggetti di design o complementi di arredo.
Un allestimento, anche questo, leggibile come una nuova lezione dedicata alla conoscenza della pietra, dei suoi possibili utilizzi e delle sue insite potenzialità che, avanzando nella sperimentazione, si mostrano in maniera crescente come vera “litodiversità”.

Sara Benzi

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15 Ottobre 2010

Opere di Architettura

Adeguamento liturgico della cattedrale di S. Lorenzo, Alba (CN)

“Dove si devono mettere l’altare e la mensa eucaristica?
A quella distanza dove, se il Cristo scendesse ancora fra noi,
l’amore ci spingerebbe, e il rispetto ci inchioderebbe”.

(L. Moretti, 1967)

La proposta progettuale, finalizzata all’adeguamento della Cattedrale di San Lorenzo alle acquisizioni dell’ultima riforma liturgica, è stata sviluppata sulla base di due principali considerazioni di ordine architettonico: da un lato l’importanza del vecchio coro rialzato, fondale scenico che catalizza l’attenzione e allude efficacemente al “luogo del Padre”, meta cui la mensa dell’altare-Corpo di Cristo rinvia; dall’altro, la particolare connotazione architettonica della decorazione pittorica stesa sulle superfici interne, che con l’alternanza di fasce orizzontali sembra quasi voler sottolineare il ruolo strutturale di archi e pilastri, e con la delicata trama di motivi geometrici e floreali che fodera il basamento di pareti e piedritti allude invece a preziosi tessuti bordati di passamanerie, e richiama l’antica tradizione delle architetture “vestite”, riccamente adornate per la liturgia dei giorni di festa.
L’apparato decorativo, risalente all’ultimo “restauro” ottocentesco, si ispira chiaramente a modelli medievali reinterpretati alla luce delle esigenze e delle mode del tempo, e costituisce uno dei rari esempi ottimamente conservati. Una testimonianza di grande interesse storico e artistico, che è necessario tutelare con cura e considerare parte integrante della struttura architettonica, poiché capace di plasmare lo spazio al pari degli archi e delle colonne.
Alla luce di tali valutazioni, gli elementi del progetto si inseriscono armoniosamente in una trama già scritta: se da un lato non escludono lo spazio posto al di là dell’arco santo, ma anzi lo coinvolgono visivamente attribuendogli il ruolo di ultima “soglia”, dall’altro reinventano il tema figurativo del “rivestimento”, dell’ornamento tessile che impreziosisce l’architettura, così simile ai morbidi drappeggi cui si antepone, in innumerevoli dipinti, la figura di Maria.
In accordo con il Magistero della Chiesa e con le più recenti acquisizioni teoriche, altare, ambone e cattedra non configurano la consueta tipologia del presbiterio “onnicomprensivo”, ma delineano piuttosto un sistema di luoghi “eminenziali” interconnessi e gerarchicamente ordinati, acquisendo così maggiore autonomia e riconoscibilità. Ciascuno dei tre elementi è collocato in modo tale da favorire una più diretta relazione con l’assemblea, e tuttavia evita ogni eccesso di “prossimità”, garantendo il giusto decoro e un ottimale dinamismo celebrativo anche in caso di celebrazioni particolarmente affollate. Se l’altare si insinua esattamente al centro della corda che idealmente congiunge la coppia di pilastri adiacente allo scalone, ambone e cattedra si fronteggiano sull’asse di due opposte arcate laterali, definendo un impianto in cui spazio architettonico e poli liturgici entrano in piena e avvertibile risonanza.
Le distanze interposte agiscono sul tempo della celebrazione, enfatizzandone i ritmi e le movenze, mentre il cuore dello spazio liturgico, quel nucleo apparentemente vuoto su cui tutto converge, diventa muta espressione dell’inesprimibile: esso è spazio per ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo; spazio per la celebrazione di matrimoni, ordinazioni o funerali; spazio in cui il sacro irrompe legando indissolubilmente il cielo e la terra; memoria di quell’onphalos che riflette la prospettiva escatologica e la dimensione dell’attesa. La disposizione dei luoghi liturgici e dei banchi per l’assemblea tende a ottimizzare le condizioni di visibilità, ricercando il miglior compromesso tra la struttura architettonica esistente, la necessità di riutilizzare i banchi lignei storici, l’esigenza non trascurabile di accogliere il maggior numero possibile di fedeli e infine l’obbligo, chiaramente segnalato dalla normativa vigente (Commissione episcopale per la liturgia della CEI, Nota Pastorale “L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica”, 1996, 55/f), di lasciare liberi da ingombri tutti quegli spazi interessati dai movimenti processionali.
L’altare, uniformemente rivolto verso le quattro direzioni, enfatizza il proprio ruolo di “centro” e fa convergere su di sé una doppia valenza simbolica: la sagoma “a blocco” richiama infatti l’ara del sacrificio, mentre la mensa, candida e corposa, rimanda alla tavola dell’Ultima Cena. Il prisma dell’altare appare come “plasmato” dalla geometria significativamente circolare della tovaglia, e con ciò sottolinea quanto profondamente la novità cristiana della frazione e condivisione del pane abbia trasformato il rito sacrificale pagano. La necessità di una tovaglia da realizzare su misura, un telo circolare da ripiegare simmetricamente sui quattro lati della mensa, eviterà il consueto errore di svilire l’altare-Corpo di Cristo ricorrendo a paramenti puntualmente inappropriati e ridondanti.
Al di sopra dell’altare, un prezioso ciborio luminoso assolve ad una triplice funzione: esso segnala la centralità della mensa eucaristica; allude alla discesa dello Spirito Santo al momento della consacrazione (dimensione epicletica); e infine convoglia lo sguardo del fedele verso l’alto e verso la profonda prospettiva del coro, dominata dal Crocifisso sospeso in corrispondenza dell’arco santo. Il morbido drappo luminoso si compone di elementi disposti secondo un disegno originale, che riecheggia la geometria delle costellazioni, richiamando il cielo punteggiato di stelle dipinto sulle volte sovrastanti, ma che al contempo allude al tessuto urbano delle grandi città, istituendo un parallelo tra città dell’uomo e Gerusalemme celeste. Il Crocifisso, realizzato ex novo, avrà dimensioni maggiori rispetto a quello esistente, proporzionate alla cornice architettonica e più idonee a garantire la visibilità.
Nell’ambone, che reinterpreta la tradizionale tipologia “a cassa”, la relazione simbolica con l’altare è affidata alla forma, ancora una volta derivata dalla semplice geometria del quadrilatero e del cerchio. L’inserimento di alcuni gradini, e il deciso orientamento della tribuna che “rompe” la scatola del “sepolcro”, individuano inequivocabilmente l’assemblea come destinataria della Parola.
Contrapponendosi all’ambone, la cattedra, robusta e lineare, pone in evidenza il ruolo di colui che presiede la comunità diocesana, e lo addita come primo ascoltatore del Vangelo. Proprio allo scopo di enfatizzare l’unicità del ministero episcopale, la sede presbiterale si prevede lignea e amovibile, mentre la cattedra si arricchisce di un apposito alloggio per il pastorale.
Ispirandosi al modello delle antiche chiese romaniche (così come romanico è l’impianto di cui ancora si conserva traccia nei tre portali del nartece, nel campanile e in numerosi elementi decorativi), altare, ambone e cattedra si configurano non come oggetti di valore plastico-scultoreo ma come vere e proprie architetture in miniatura, il cui disegno sobrio non persegue velleità decorative, ma è il puro riflesso di una logica costruttiva rigorosa ed essenziale. Le volumetrie, nitide e assolute, si legano allo scenario circostante vestendosi di puro colore, ricoprendosi di pregiati “tessuti” cui si allude mediante la semplice combinazione di elementi lapidei sovrapposti.
In accordo con le richieste della Committenza, che ha specificato come il disegno pavimentale non possa essere oggetto di modifica alcuna, sono stati selezionati materiali dai colori caldi, compresi tra il beige e il rosso e direttamente estrapolati dalle decorazioni pittoriche che arricchiscono l’interno della cattedrale, sostituendo efficacemente le tonalità “fredde” proposte nella prima fase concorsuale. La gamma cromatica prescelta, tradotta dall’artista in una trama astratta, attiva delicate corrispondenze con la cornice architettonica preesistente.

Precisazioni tecniche
Per la realizzazione dell’altare, dell’ambone e della cattedra si è realizzato un assemblaggio di elementi lapidei in forma di “blocco” e di “lastra”, combinati tra loro e assicurati ad una ossatura interna mista in muratura di blocchi laterizi e getto di calcestruzzo alleggerito.
Altare e ambone si elevano al di sopra di un basamento realizzato in opera e dotato di blocchi monolitici e di lastre lapidee in Quarzite beige. Nell’ambone, in particolare, tale piattaforma si arricchisce di una piastra circolare in calcestruzzo armato adatta ad assorbire gli sforzi di trazione generati dallo sbalzo della tribuna sovrastante. Il basamento della cattedra, di dimensioni più modeste, si compone invece di blocchi lapidei monolitici, utilizzati anche per la realizzazione di tutti i gradini.
Nel complesso, sono state messe in opera nove tipologie lapidee: Limestone per le due “mense” dell’altare e della Parola; quarzite beige per gli elementi monocromatici basamentali; graniti Coffee brown e Brown antique, e marmi delle varietà Marron bois, Trani chiaro, bianco Thassos, Rosso rubino e Rosa perlino per le composizioni policrome.
Ciascuno degli elementi progettati è semplicemente “appoggiato” al pavimento in corso di realizzazione: l’adesione tra le superfici è affidata ad appositi collanti, mentre l’interposizione di un foglio di tessuto-non-tessuto e di un materassino in neoprene garantisce la totale reversibilità dell’intervento.
Il grande velario luminoso si compone di elementi tipo “aste” e “nodi”, ed è assicurato ad un telaio in alluminio anodizzato argento antico, a sezione scatolare, sospeso alle volte mediante sottili trefoli d’acciaio. Se le “aste” sono costituite da cavi di fibre ottiche, i “nodi”, anch’essi in ottone ossidato, si distinguono in semplici e complessi: i primi, più piccoli, sono costituiti da una corona metallica con sezione a “c”, dotata di illuminatori a led che proiettano la luce lungo i cavi convergenti sul “nodo”; i secondi, di raggio maggiore, conservano la medesima struttura ma presentano una doppia corona e illuminatori aggiuntivi, che indirizzano la luce anche su una lente riflettente posta al centro del nodo stesso.
Ciascun nodo funziona al pari di un giroscopio, e consente di modulare la luce, dosandola sulla base delle diverse esigenze liturgiche e orientandola sull’onphalos, sul Crocifisso e sull’altare, cuore pulsante della liturgia. L’insieme degli illuminatori totalizza una potenza di circa 250/300 watt, e l’utilizzo di led produce un’ottima efficienza luminosa a fronte di bassissimi costi di esercizio.
I dettagli tecnici del sistema, compresa la costruzione e la messa in opera, sono stati appositamente elaborati da Mario Nanni, progettista illuminotecnico e titolare di Viabizzuno Srl.

Lettura critica: Giancarlo Santi, Il nuovo baldacchino luminoso della cattedrale di Alba
L’intervento di adeguamento liturgico attuato nella cattedrale di Alba nel 2008, a seguito del concorso bandito dalla diocesi nel 2007, consiste nella creazione ex novo del “cuore celebrativo” della cattedrale, distinto rispetto a quello precedente, di impostazione tridentina, che viene integralmente conservato. Il nuovo “cuore celebrativo” della cattedrale di Alba consiste nell’altare, l’ambone e la cattedra episcopale collocati nella navata, in prossimità della gradinata di accesso al precedente presbiterio sopraelevato, in posizione ravvicinata ai fedeli e, per quanto possibile, centrale rispetto all’intera assemblea. Il criterio liturgico-ecclesiologico che è stato seguito è del tutto evidente: l’altare non è sopra o davanti all’assemblea né è separato da essa ma è collocato nell’assemblea celebrante, ne costituisce, insieme all’ambone, l’elemento generativo.
La nuova configurazione e collocazione di quello che in altri tempi veniva denominato “presbiterio” presenta tre aspetti originali che ricordo brevemente. In primo luogo la nuova articolazione planimetrica degli elementi del presbiterio – altare, ambone e cattedra episcopale – evidenzia meglio l’identità di ciascuno di essi e, nello stesso tempo, individua con chiarezza le relazioni tra di essi. In secondo luogo la più stretta relazione tra ambone e cattedra è stata pensata in modo che il vescovo, quando è seduto in cattedra, appaia in modo evidente come il primo ascoltatore della Parola proclamata per tutta intera l’assemblea radunata. In terzo luogo si è cercata ed è stata attuata una più stretta connessione del “presbiterio”, non più plenario, con l’assemblea, superando ogni separazione e lontananza troppo marcata.
L’intervento merita di essere segnalato per la coerenza e il coraggio con cui, rispetto ad altri casi, ha saputo dare coerente attuazione alla riforma liturgica promossa dal Concilio Vaticano II.
Il progetto di adeguamento/rinnovamento liturgico della cattedrale di Alba, tuttavia, non si è limitato a questi tre punti qualificanti. Esso comprende anche un manufatto “nuovo”, dichiaratamente tale per l’evidente aspetto tecnologico, sospeso sulla verticale dell’altare che risulta ben visibile da tutta i punti della cattedrale; la relazione di progetto lo chiama “velario luminoso” e in altri luoghi “moderno ciborio”, “morbido drappo”.
Il fatto stesso che il velario luminoso sia ben visibile da ogni punto della cattedrale depone a favore della qualità complessiva del progetto, dal momento che, in questo modo, contribuisce a consolidare la “nuova centralità” realizzata nella cattedrale stessa con l’intervento di adeguamento liturgico. Il velario, infatti, viene a costituire, nell’architettura della chiesa, il riscontro visivo in posizione elevata, dell’altare e degli altri elementi del presbiterio. Adottando questa soluzione i progettisti hanno risolto, almeno in parte, ma in modo brillante, il problema della evidenza e visibilità dell’altare, problema di non facile soluzione che non sempre è stato identificato e risolto nelle chiese e nelle cattedrali nelle quali è stato realizzato l’adeguamento liturgico.
A questo proposito occorre ricordare che in età post tridentina il problema era stato chiaramente avvertito ed era stato risolto ricorrendo a vari espedienti di carattere scenografico: collocando l’altare in posizione più elevata rispetto alla navata, a conclusione dell’asse longitudinale della chiesa in posizione “focale”, e dotando l’altare stesso di elementi fortemente caratterizzati dal punto di vista cromatico, decorativo e artistici (fiori, candele, paliotto, pala d’altare), architettonici (ciborio, dossale) e di arredo (baldacchino fisso e “padiglione” dai colori variabili sospeso alla corona) che gli conferivano immediato e grande risalto visivo.
Il velario luminoso introdotto nella cattedrale di Alba costituisce un rilevante passo in avanti nella direzione indicata. Si tratta di una soluzione semplice e lineare che, tuttavia, potrebbe essere ulteriormente migliorata e arricchita da elementi cromatici e matrici, alcuni dei quali variabili a seconda del tempo liturgico.
Eppure, a prima vista non risulta ben chiaro di che cosa si tratta esattamente: di un lampadario monumentale analogo a quello immaginato, in linea con la tradizione delle ruote medievali, da Antoni Gaudì per la cattedrale di Maiorca? Un baldacchino fisso sospeso sull’altare, analogo a quelli in uso abitualmente nelle chiese in età post tridentina? Un “padiglione” tecnologico? Non è facile dare una risposta univoca anche perché il velario richiama la forma di una nuvola che scende dall’alto sull’altare piuttosto che di una volta che dall’alto copre l’altare. Comunque sia, a nostro parere si tratta di una soluzione fortemente innovativa che coniuga elementi di varia provenienza e funzione. Per il suo significato simbolico – la biblica nube che discende sulla tenda dell’alleanza – il “velo luminoso” di Alba ricorda da vicino il ciborio e il baldacchino fisso. Nello stesso tempo per il suo carattere di manufatto luminoso ricorda i grandi lampadari in forma di celeste Gerusalemme che discende dal cielo: si tratta in sostanza di un apparecchio luminoso/illuminante dotato anche di valenza simbolica progettato sia in relazione al presbiterio sia in relazione alla cattedrale nel suo complesso.
La soluzione adottata nella cattedrale di Alba sembra molto significativa nel panorama nazionale per almeno tre motivi. L’adozione del concorso come strumento per la ricerca del progettista e del progetto più idoneo, scelta rara in casi di questo genere. La completa trasparenza dell’iniziativa in tutte le sue fasi, fino alla pubblicazione dei progetti e di una ampia documentazione. La conferma di una linea di ricerca molto significativa che privilegia il “presbiterio articolato” rispetto a quello “plenario”o ad altri modelli confusi. L’apertura a nuove vie che allargano l’attenzione dei committenti e dei progettisti dalla mera collocazione e articolazione spaziale del nuovo presbiterio e dalla conformazione dei suoi elementi verso il progetto dell’illuminazione e dell’arredo complessivo (nelle sue componenti tessile, floreale, cromatica).
Concludo con alcuni suggerimenti che riterrei utile fossero tenuti presenti in casi analoghi. Nell’intento di migliorare per quanto possibile le scelte compiute dalla diocesi di Alba, che ritengo complessivamente valide, suggerirei in primo luogo di prevedere una più ampia disponibilità di tempo da mettere a disposizione per la realizzazione dell’opera. A questo proposito l’esperienza ha insegnato che un congruo tempo di sperimentazione del progetto vincitore dà ottimi risultati. Nella logica delle globalità e coerenza dell’intervento di adeguamento, suggerirei inoltre che, diversamente da quanto è avvenuto nella cattedrale di Alba, il progetto di adeguamento liturgico non venga limitato ai sui elementi primari, ma comprenda anche il progetto complessivo dell’illuminazione e della pavimentazione. Qualche suggerimento riguarda il bando di concorso. Ritengo decisamente troppo numerosa una giuria alla quale sono chiamate a far parte 20 persone; eccessivamente rappresentata la parrocchia che conta 6 membri in giuria; non chiaramente motivata la presenza in giuria di funzionari della Soprintendenza, non tanto per la indubbia competenza delle persone, quanto per il fatto che la Soprintendenza stessa non è vincolata dalla valutazioni della giuria ma, in sedi proprie e in totale autonomia, esprime la sue valutazioni relativamente al progetto da realizzare quanto ai profili della tutela.

Mons. Giancarlo Santi

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Dati tecnici
Titolo dell’opera:
Adeguamento liturgico della cattedrale di S. Lorenzo, Alba (CN)
Data di progettazione e realizzazione:
2007-2009
Committente:
Diocesi di Alba
Progettazione e Direzione lavori:
Capogruppo Arch. Massimiliano Valdinoci. Progettisti: Arch. Maicher Biagini, Cossu+Toni architetti, Ricci+Cavicchioli architetti.
Consulenti:
Liturgista: Goffredo Boselli (Monastero di Bose). Artista: Erich Demetz (Bolzano). Storico dell’arte: Francesca Flores D’Arcais (Università Cattolica di Milano).
Illuminotecnica: Mario Nanni – Viabizzuno Srl.
Fornitura e posa in opera materiali lapidei: Avagnina (Fossano).

Cenni biografici

Massimiliano Valdinoci, capogruppo. Via Cesiolo, 8 – 37126, VERONA , tel/fax 045800999, e-mail: info@mvaldinoci.it
(Verona, 1959) Architetto, laureato presso la facoltà IUAV di Venezia, esercita l’attività professionale operando prevalentemente nel campo del restauro edilizio e monumentale. Dal 1998 è membro della commissione di Arte Sacra della Diocesi di Verona. Dal 2003 è titolare della cattedra di Elementi di architettura e urbanistica all’Accademia di Belle Arti di Verona e dal 2006 ne dirige il corso di restauro. Relatore a diversi convegni, tra i quali il Convegno internazionale liturgico di Bose (2005 e 2006), ha partecipato, come docente e tutor a corsi su Architettura e liturgia organizzati dalla CEI (2000-2005, 2007), dalla Diocesi di Verona (2004-2005), dall’OAPPC di Torino e dall’Università di Bologna (2006). Ha collaborato all’organizzazione e all’allestimento di diverse mostre per conto dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici della CEI tra cui Segni del 9cento, (CEI Roma 2001) e convegni Arte, Architettura e Liturgia nel Novecento (CEI-Patriarcato di Venezia, Venezia 2003-2006 nell’ambito degli eventi ufficiali della Biennale di Venezia). Tra le ricerche e le pubblicazioni sul tema del progetto e dell’adeguamento dello spazio liturgico: Antichi spazi per la nuova liturgia. Le Cattedrali del Triveneto (2002), Casa di Dio (2005), Costantino Ruggeri. L’architettura della chiesa (2006), Le cattedrali dell’Emilia Romagna. Storia, Arte, Liturgia (2007).

Maicher Biagini – Via Gandhi, 1 – 42123 Reggio Emilia – www.cairepro.it
(Campegine, 1953) Architetto, laureato alla Facoltà di Architettura di Firenze, nel 1978 in Progettazione Architettonica con una tesi dal titolo “Progettazione di un sistema edilizio per una scuola materna”, relatore Prof. Arch. Paolo Felli, a cui si riconosce la valutazione di 110 e lode. Dal 1978 è socio della Cooperativa Architetti e Ingegneri e dello Studio Tecnico Associato. Dal 1999 è Presidente della Cooperativa Architetti e Ingegneri – Progettazione nata per scissione dalla precedente società. Si è particolarmente interessato alla progettazione architettonica sociale: scuole, ospedali,residenza, terziario e arredo urbano. Nel campo dell’edilizia Sacra ha maturato le seguenti esperienze professionali: progetto del complesso parrocchiale di San Cirillo Alessandrino a Roma in corso di progettazione, progetto del complesso parrocchiale Santa Maria in Betlemme Diocesi di Cesena – Sarsina (FC) progetto vincitore di un concorso nazionale, ampliamento del complesso parrocchiale San Giuseppe a Reggio Emilia, progetto del centro parrocchiale San Patrizio a Roma, progetto del complesso parrocchiale di San Domenico di Guzman a Roma, complesso di Sant’Ignazio di Antiochia a Bologna, complesso parrocchiale San Luigi a Reggio Emilia, complesso parrocchiale Sant’Antonio M. Pucci a Bologna, Chiesa del nuovo abitato di Varvilla a Reggio Emilia, cappella dell’ospedale Magati di Scandiano a Reggio Emilia. Ha progettato gli adeguamenti liturgici nelle seguenti chiese: San Giacomo Maggiore di Masone a Reggio Emilia, San Lorenzo di Gavasseto a Reggio Emilia, partecipazione al concorso per il rifacimento del Presbiterio nella chiesa parrocchiale di SS. Bartolomeo apostolo e Martino Vescovo a Casalpustarlengo – Lodi progetto segnalato per l’originalità della soluzione proposta; ha collaborato alla stesura di alcune pubblicazioni specifiche e nel 2001 ha partecipato al corso di formazione “arte e architettura per la liturgia a Firenze” oltre a diversi convegni sul tema dell’architettura Sacra.

Cossu Toni architetti – Via Giovanni Paolo II, 1 – OTRANTO (LE) – ctonia.wordpress.com
Lo studio si occupa di progettazione architettonica, restauri e ristrutturazioni di edifici civili e monumentali, di adeguamenti liturgici e progettazione di nuove chiese, di interior design e fotografia di architettura. Affianca all’attività professionale la ricerca teorica sulla composizione architettonica e cultuale, pubblicando alcuni risultati e indagini nella rivista elettronica Ordinè. Cristiano Cossu: Zurigo 1970, architetto. Dottore di Ricerca in Progettazione architettonica e urbana (Firenze 2005). Curatore della rivista di composizione architettonica Ordinè. Fotografo di architettura, paesaggio e interior design. Ada Toni:  Brindisi 1969, architetto. Consegue il Diploma di Specializzazione in Storia, Analisi e Valutazione dei Beni architettonici e ambientali (Firenze 2002). E’ Dottore di Ricerca in Progettazione architettonica e urbana (Firenze 2007). Menzione di merito come migliore diplomata nel Master di II livello in Architettura, arti sacre e liturgia (Università Europea di Roma, Roma 2009). Dal 2010 è membro della Commissione di Arte sacra dell’Arcidiocesi di Otranto.

Ricci+Cavicchioli architetti – Correggio/Ravenna – www.rcarchitetti.com
R+C architetti nasce come effettivo sodalizio professionale solo nel 2007, ma trova le sue premesse negli anni precedenti all’interno dei Laboratori di Progettazione Architettonica della Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, dove Andrea Ricci (ricercatore in Composizione architettonica e urbana e responsabile dell’Unità operativa per il progetto di ricerca scientifica di ateneo “Le figure dello spazio sacro”), ed Andrea Cavicchioli (cultore della materia dopo la laurea e membro dell’Unità operativa per il progetto di ricerca scientifica di ateneo “Le figure dello spazio sacro”), hanno avuto modo di formare ed indirizzare i propri intenti di ricerca attraverso la costruzione di una riconoscibile identità culturale comune. Oltre alla partecipazione a concorsi di progettazione nazionali ed internazionali, l’attività dello studio si concentra prevalentemente sugli incarichi professionali relativi alla nuova edilizia residenziale, al restauro e alla redazione di studi di fattibilità alla scala urbana e territoriale.

Goffredo Boselli (1967), monaco di Bose, liturgista
Ha conseguito la licenza di teologia con specializzazione in liturgia e teologia sacramentaria presso l’Institut Supérieur de Liturgie dell’Institut Catholique di Parigi. Ha attenuto il Master in Storia delle religioni e antropologia religiosa presso l’Université Sorbonne di Parigi. E’ dottorando presso l’Ecole Doctorale de l’Institut Catholique e de l’Université Sorbonne di Parigi. Insegna liturgia presso le Studium del Monastero di Bose e Teologia spirituale presso lo Studio teologico di Biella. È membro della Commission Francophone cistercienne, di Societas Liturgica e della redazione di Rivista di Pastorale liturgica (Queriniana). Dal 2003 è consultare dell’Ufficio Liturgico Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana. Nell’ambito del rapporto liturgia e architettura è membro del Comitato Scientifico in qualità di coordinatore dei Convegni Internazionale di Liturgia e Architettura del Monastero di Bose. In qualità di liturgista ha partecipazione alla progettazione e alla realizzazione della Chiesa Monastica del Monastero di Bose. Nel 2006 è stato membro della Commissione giudicatrice dell’Ufficio Nuove Chiese dell’Arcidiocesi di Milano. È membro della direzione di Narthex, Revue européenne d’art sacré.

Erich Demetz, (Selva di Val Gardena,1938), artista
Vive e lavora a Laion (BZ). Diploma conseguito presso l’Istituto Statale d’Arte in Val Gardena e successiva collaborazione con diversi artisti italiani e austriaci. Erich Demetz è autore di due libri sulla filosofia dell’estetica (editore Athesia) e di numerosi saggi critici sull’arte moderna pubblicati in vari giornali e riviste specializzate.Cortometraggi con note biografiche e interviste sono andati in onda sui canali RAI e ORF (Tv pubblica austriaca). Opere di Erich Demetz si trovano in collezioni private e pubbliche, fra l’altro nel Museo Ferdinandeum di Innsbruck.

Francesca Flores d’ Arcais, Storica dell’arte
Professore ordinario di Storia dell’Arte Medievale presso l’Università Cattolica di Milano, Facoltà di Lettere. Si interessa in particolare di pittura trecentesca e di primo Quattrocento, di ambito veneto, con saggi su Guariento, Altichiero e Giusto dei Menabuoi e ha curato il volume “La Pittura nel Veneto. Le origini”, Milano Electa 2005; ha pubblicato inoltre una monografia su Giotto (Milano 1995); ha curato la Mostra su “Il Trecento adriatico. Paolo Veneziano e la pittura tra Oriente e Occidente” (Rimini 2002).Si è interessata inoltre di arte medievale a Verona, con saggi sulla pittura, scultura e architettura della città e del territorio. Collabora con il Museo Diocesano di Padova e si interessa del problema dei Beni Culturali Ecclesiastici: nel 2006 e nel 2007 ha organizzato, presso l’Università Cattolica giornate di studio per operatori dei Beni Culturali Ecclesiastici su: “L’ Ambone” e “Lo Spazio liturgico”.

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13 Ottobre 2010

Design litico

Al Castello Aragonese di Otranto un “Cortile di parole”

Al Castello Aragonese di Otranto la designer Raffaela Zizzari riscopre un “non luogo”: il cortile, inteso come area di transito e di distribuzione priva di esperienza emotiva. Lo spazio diventa protagonista del castello grazie ad elementi lapidei che permettono di sostare, dialogare e leggere. L’istallazione è una metafora del progetto architettonico inteso come canale di transizione tra vecchi e nuovi modi di vivere gli spazi all’aperto. Uno spazio meditativo, realizzato con materiali naturali e nobili quali la pietra e il verde, pensato per “umanizzare” contesti urbani vuoti o eccessivamente saturi, un invito a ricollegare l’individuo all’ambiente che lo circonda, rivalutando il potenziale di aggregazione sociale dell’architettura.
Il titolo del progetto è anche un omaggio al romanzo omonimo di Remo Rapino, un’opera straordinaria che narra la storia vera di un uomo semplice che da semianalfabeta, preso da una passione per la lettura, raccoglie libri, li accatasta in un cortile e li mette a disposizione di altre persone semplici fino a realizzare, nel tempo, una biblioteca di migliaia di volumi.

Design di Raffaela Zizzari
Produzione: Pimar, Vivai Giuranna

BIOGRAFIA RAFFAELA ZIZZARI
Raffaela e’ nata a Milano nel 1974. Si laurea in Architettura all’Università’ di Firenze, dove esercita la professione di architetto e collabora a vari progetti di ricerca in disegno industriale, pubblicati e in corso di pubblicazione. Si occupa da tempo di architettura, contract, design e marketing, approfondendo soprattutto gli aspetti legati al rapporto tra la cultura del sistema design e le piccole e medie imprese, con particolare riguardo all’innovazione formale e tecnologica e alla comunicazione strategica del brand. Disegna prodotti per aziende del settore del mobile, dell’illuminazione, dei lapidei e dell’agroalimentare.

di Davide Turrini

Vai a:
Castello Aragonese Otranto
Pimar
Vivai Giuranna

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11 Ottobre 2010

Principale

Sguardi a Oriente

Ha inaugurato il 28 agosto la XII Mostra Internazionale di Architettura presso la Biennale di Venezia. Per la prima volta diretta da una donna, Kazuyo Sejima, dello studio giapponese SANAA, riportiamo le prime impressioni dopo le assegnazioni dei premi e i commenti della critica.

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11 Ottobre 2010

Post-it

Trafori marmorei. Design di Patricia Urquiola per Bubri

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11 Ottobre 2010

News

UNA GIORNATA AL MARMOMACC:
La grande architettura incontra la materia


Trafori marmorei. Design di Patricia Urquiola per Bubri

Il 29 settembre si è aperta a Verona la grande Mostra internazionale del marmo e della tecnologia, giunta alla sua quarantacinquesima edizione. Fino al 2 ottobre negli spazi di Verona Fiera i materiali più pregiati tra marmi e pietre si sono incontrati con le tecniche e il design più d’avanguardia, rappresentato da progettisti – architetti e designers – di grande rilievo internazionale.
All’interno della manifestazione infatti, la presenza dei marmi impreziositi dalle eccezionali lavorazioni, è stata arricchita dall’opera progettuale di nomi quali Manuel Aires Mateus, Riccardo Blumer, Patricia Urquiola, Thomas Sandell, Philippe Nigro e molti altri ancora, che hanno collaborato in armonia con alcune grandi aziende produttrici per la realizzazione dei padiglioni espositivi. Un binomio sinergico – quello azienda-design – ormai consolidato dalle precedenti edizioni della fiera e a cui dà voce la sezione “Marmomacc Meets Design”, ma che quest’anno si è aperto alla scala urbana e regionale, con la partecipazione dell’Accademia di Architettura di Mendrisio che, insieme a Riccardo Blumer, ha studiato un progetto di arredo urbano in botticino per la città di Varese, coinvolgendo direttamente il Consorzio Marmisti Bresciani.
E ancora, Patricia Urquiola per Budri, che ha conseguito il riconoscimento “Donna del Marmo”, o Thomas Sandell per Marsotto, Luca Scacchetti per Finstone, hanno sancito e rilanciato la sfida che le aziende possano in qualche maniera essere il vero motore propulsore dell’innovazione e fare da volano per soluzioni di sempre maggiore qualità tecnica e artistica.
È in questo contesto di idee e di professionalità condivise che si inserisce il “Forum del Marmo”, il luogo di Marmomacc deputato a discutere e approfondire contenuti teorici, opere e realizzazioni architettoniche insieme ad esperienze didattiche volte a sviluppare riflessioni sul mondo della pietra e sulle sue applicazioni. Un’articolata serie di attività scientifiche e culturali all’interno di un ampio padiglione dedicato al design e all’architettura, luogo d’incontro di diversi saperi e discipline, occasione di dibattito tra il mondo universitario e quello delle aziende, della produzione e della professione. Giovedì 30 settembre si sono avvicendati al Forum numerosi esponenti delle più diverse realtà del mondo del design e della ricerca sui materiali, con il coordinamento di Davide Turrini.


Ingresso al Forum del Marmo 2010

Nella mattinata Alfonso Acocella ha presentato il volume “Travertino di Siena”, da lui curato con il contributo di studiosi ed esponenti del mondo della ricerca. L’architetto Paolo Di Nardo ed Enzo Giganti, assieme a Vincenzo Pavan (responsabile delle iniziative culturali della rassegna), hanno dunque messo in luce da un lato l’importanza di un materiale “ceruleo e poroso”, dalle mille sfumature cromatiche e tattili, che tanta parte ha avuto nell’identificazione del paesaggio e della città storica costruita (pensiamo a Siena, a Roma), dall’altro la necessità di rilanciarlo in comunione con le aziende e i progettisti, al fine di mettere in evidenza il valore di una precisa identità territoriale lontana dalla progressiva omogeneizzazione indotta dalla cultura contemporanea.
Il volume, primo della collana del Laboratorio di ricerca MD_MaterialDesign ed edito da Alinea, si pone in un taglio narrativo e trasversale rispetto all’argomento, coniugando tematiche artistiche, paesaggistiche, insediative e produttive, con aspetti disciplinari apparentemente distanti, come quello geologico, ma che invece fanno parte di un metodo più completo e scientifico.


Acocella, Di Nardo, Pavan e Giganti durante della presentazione del volume “Travertino di Siena”

Proprio la necessità di un approccio interdisciplinare e l’interrogativo sulla figura dell’architetto e del designer hanno mosso la riflessione di Riccardo Blumer, intervenuto al Forum nella sessione pomeridiana presentando l’interessante lavoro di ricerca ed esperienza costruttiva compiuto dal suo team di studenti di Mendrisio; l’importanza di confrontarsi con la realizzazione in prima persona, di sperimentare i tempi e i metodi dell’architettura (“l’architetto deve saper fare il formaggio”, asserisce Blumer, intendendo provocatoriamente che deve misurarsi con un prodotto – l’architettura – che ha i suoi tempi di nascita, realizzazione, vita, e che forse mai può dirsi veramente conclusa) è la filosofia che anima i progetti dell’Accademia, dove gli studenti si cimentano con modelli e realizzazioni anche in scala 1:1.


Un momento dell’intervento di Riccardo Blumer

La presenza di Manuel Aires Mateus si è manifestata al Marmomacc sia come progettista per l’allestimento fieristico di Pibamarmi, con la realizzazione dello stand, quasi un ‘tempio in pietra per gli dei di pietra’, un recinto sacro dove trovano posto gli oggetti legati alla cura del corpo, sia nell’intervento al Forum del Marmo. Qui l’architetto portoghese ha illustrato il suo recentissimo progetto “Laguna Furnas” nelle Azzorre, progetto che comprende elementi di arredo urbano in pietra vulcanica tipica del luogo, e che sintetizza magistralmente la sua formazione culturale, sviluppatasi con maestri del calibro di Siza, Souto de Moura, Tavora. L’attenzione al valore plastico della costruzione e alla sua spazialità interna, insieme al profondo rispetto del luogo ove essa si inserisce, caratterizzano l’intervento di Aires Mateus cui il materiale/pietra conferisce la piena attualizzazione formale.


Manuel Aires Mateus illustra il suo progetto nelle Azzorre

A conclusione dell’intensa giornata di lavori, Theo Zaffagnini ha presentato il volume “Alberto Campo Baeza – Pietra, Luce, Tempo”, a cura di Davide Turrini per la collana Lithos di Librìa e dedicato al padiglione “La Idea Construida” firmato nel 2009 dall’architetto per il brand Pibamarmi.


Davide Turrini e Vincenzo Pavan durante la presentazione di “Alberto Campo Baeza – Pietra, Luce, Tempo”

Ampie superfici tettoniche in pietra, solidi stereotomici e ancora una volta l’elemento tempo, dunque, come parametro per una profonda comprensione dell’architettura: una quarta dimensione che dà la giusta prospettiva per inquadrare di volta in volta le opere e il pensiero che vi si cela; per citare lo stesso architetto spagnolo, l’architettura infatti “è idea costruita. (…) Le forme si distruggono col tempo; le idee invece permangono e sono eterne”.

Eugenia Valacchi

Leggi anche Presentazione del volume TRAVERTINO DI SIENA

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10 Ottobre 2010

News

Progettare la sostenibilità

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8 Ottobre 2010

News

BEST COMMUNICATOR AWARD 2010

Mercoledì 29 settembre alle ore 18.00 presso lo spazio Agorà della Fiera di Marmomacc si è svolta, con la partecipazione del presidente della fiera Ettore Riello, la cerimonia di premiazione della quarta edizione del Best Communicator Award.
La Giuria, dopo attenta visita a tutti gli stand, ha conferito cinque premi con le seguenti motivazioni.

BUDRI – PATRICIA URQUIOLA
La Giuria premia il felice incontro fra una poetica progettuale e una straordinaria capacità di lavoro.
L’allestimento si risolve in una ricerca intorno all’idea della decorazione contemporanea, che diventa sostanza stessa del progetto.
Le lavorazioni evidenziano la possibilità di ottenere moduli leggeri, con cui comporre quinte di aerea trasparenza, così come stratificare la materia in arabeschi traforati.
Da sottolineare il sistematico utilizzo dei ritagli di lavorazione.

PIBA – MANUEL AIRES MATEUS
La giuria premia l’eleganza architettonica di un allestimento che, nello scegliere il rigore della monomatericità, non rinuncia ad una variegata articolazione dello spazio.
Attraverso un’evocazione mitologica, il progetto parla in realtà un linguaggio moderno e contemporaneo, affidato alla presenza evocativa di oggetti d’uso, che diventano metafisici reagenti emozionali.

M ARSOTTO – THOMAS SANDELL
La giuria premia l’assoluta essenzialità di un allestimento affidato ad un’icona elementare ed un unico modulo ripetuto.
L’archetipo della casa, reso quasi sacrale dalla purezza di un gesto minimale, è declinato dal ritmo regolare di lastre disposte come scandole appoggiate su di una scabra struttura lignea.

MBD SAID – PAOLO ARMENISE E SILVIA NERBI
La giuria premia una soluzione di paradigmatica chiarezza applicata ad una situazione di particolare complessità.
Di fronte ad una variegata gamma di prodotti tecnici, l’allestimento privilegia la regola imposta da una parete a grande altezza, in cui ricondurre l’eterogeneità ad un ordine razionale. Una sorta di bacheca in fuori scala, che diventa elemento tridimensionale e di comunicazione.

FURNARI – MARCO PIVA
La giuria premia un progetto che, nel privilegiare lo spazio interno, definisce un volume omogeneo e compiuto. Lastre di uno stesso materiale ma con differenti finiture risolvono il perimetro delle pareti, mentre oggetti isolati come piccole sculture d’uso scandiscono il piccolo volume interno.

Giuria:
Livio Salvadori, Presidente di giuria – Redattore di Casabella e membro della Commissione Materiali e Componenti ADI
Mauro Albano – Brand Manager di Marmomacc
Enrico Morteo – Storico e critico del design, curatore della Collezione Storica del Compasso d’Oro
Mia Pizzi – Managing editor di Abitare, membro Osservatorio ADI
Irene Maria Scalise – Giornalista di Repubblica

Allestire la Pietra
Nel solco della valorizzazione di una qualità espositiva tesa ad accrescere consapevolezza e capacità comunicativa nel settore litico, per il quarto anno consecutivo Marmomacc indice il Best Communicator Award.
Allo scadere del primo triennio, il 2010 vedrà all’opera una rinnovata e altrettanto autorevole giuria.
Dopo aver visionato e valutato tutti gli stand che parteciperanno alla mostra veronese, ogni membro autonomamente segnalerà le realtà maggiormente meritevoli di attenzione per la cura e l’intuizione nell’evidenziare e trasmettere attraverso l’exhibit design potenzialità e prospettive dei materiali litici.
Attività del resto, quella del premio, ormai ineludibile nell’ambito dell’attenzione che Marmomacc dedica all’intero spettro strategico legato al mondo del marmo e della pietra.
In questo preciso ambito nascono altre nuove decisioni, che caratterizzeranno l’edizione 2010.
Intanto, la scelta di non assegnare il premio per più di due volte consecutive alla stessa ditta, in modo da garantire uno sguardo e una panoramica sempre più organici, aggiornati e approfonditi.
Poi, la nuova formulazione per categorie del Best Communicator Award, che consentirà di affrontare specifici aspetti dell’attività espositiva come la coerenza con le peculiarità del materiale, la sostenibilità, la fruibilità, l’innovazione legate sia agli aspetti tecnologici sia all’impatto economico ed espressivo.
Il prestigio del premio è verificato dalla vasta visibilità e attenzione mediatica di cui fin dalla prima edizione gode.
Se Marmomacc stesso dedica infatti ai vincitori una specifica campagna di attenzione, l’ADI ha accolto nella sua sezione Exhibit Design del prestigioso Index attualmente in uscita anche il progetto espositivo de Il Casone, realizzato da Claudio Silvestrin, tra i vincitori del Best Communicator Award 2008.

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7 Ottobre 2010

Post-it

Brucia Babilonia

BRUCIA BABILONIA
I linguaggi, le culture, la comunicazione sono i temi di questa edizione di Private Flat.
Babilonia esce dal mito per farsi metafora contemporanea delle differenze e delle contraddizioni che convivono nel mondo di oggi.

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6 Ottobre 2010

Opere di Architettura

Il recupero del Sepolcreto della cittadella vescovile nella città di Sora


Un’immagine storica della cittadella vescovile. In particolare a destra dopo la torre aragonese restano visibili il magazzino e il volume con la Cappella del Purgatorio.

Il progetto riguarda il recupero di un ambiente seminterrato posto al di sotto della Cappella del Purgatorio nel complesso monumentale della Cattedrale di S. Maria Assunta di Sora.
Posta in prossimità del monte San Casto, la cittadella vescovile che comprende oltre alla Cattedrale anche il Vescovado e il Seminario, con un’estensione di circa 4000 mq, subisce nei suoi circa 900 anni di storia vicissitudini legate alle vicende della città ed un lungo e complesso processo di trasformazione che finisce per alterare, anche in modo radicale per alcune parti, i caratteri originari dell’impianto architettonico e la sua immagine complessiva.
In questo lungo processo trasformativo, alla fine della prima metà del ‘600 gli spazi della chiesa vengono ridefiniti sulla base del nuovo codice architettonico: la navata centrale viene riproporzionata e ridefinita con l’inserimento di un controsoffitto a cassettoni, appesantita dalla rincocciatura dei pilastri e degli archi ogivali e mutata nel suo invaso luminoso mediante l’apertura di finestra laterali.
Agli inizi del ‘700 il processo prosegue riguardando il suo impianto morfologico ed i suoi spazi esterni. Si aggiunge un avancorpo esterno sul fronte principale per la realizzazione del “Coro d’Inverno” e del Battistero e si costruisce la cappella del Purgatorio in posizione opposta alla torre aragonese. Ulteriori accrescimenti volumetrici, come la più tardiva costruzione di un magazzino interposto tra la torre e la cappella, trasfigurano completamente il fianco laterale della cattedrale. Il muro, esemplare per tecnica costruttiva, in “opus quadratum” a metà tra il tipo romano arcaico e quello greco, con blocchi in pietra porosa disposti in alternanza di diatoni e ortostati , per una lunghezza complessiva di 36 m resta quasi completamente intercluso.


L’ingresso esterno al sepolcreto

Anche la storia dei restauri di tutto il complesso della cittadella, dopo l’ultimo incendio avvenuto nel 1913, risulta altrettanto lunga a partire dal 1916 fino al 1960. E’ ad un’ultima fase dei lavori di restauro e ad una sistemazione degli spazi esterni con la previsione, dopo la demolizione del magazzino, di un vero e proprio itinerario archeologico, dalla torre aragonese al cortile vescovile, che può essere ricondotto l’intervento di recupero dell’ambiente sottostante la Cappella del Purgatorio, destinata in origine alle sepolture comuni.
La Cappella del Purgatorio che ha un impianto quadrato di forma regolare all’esterno, ha nella sua sezione muraria elementi di singolarità che individuano uno spazio interno quadrilatero, non eccentrico, costruito sul forte equilibrio degli elementi architettonici dell’alzato e sulla geometria circolare della soluzione voltata. Ad esso si affianca un vano murario stretto che segna il passaggio verso l’esterno e che appare completamente celato. Tutto l’invaso di luce è regolato dalla grande finestra laterale e dall’effetto superficiale dell’elemento di sacrificio che come una pelle sottile calza il ritmo degli angoli acuti e ottusi delle pareti. La dimensione spaziale e luminosa della cappella settecentesca è interrotta con efficace “brutalità” dall’irrompere visibile della tettonica della parete di contiguità con la chiesa, mostrando la natura originaria dell’antico edificio.
Nella parte inferiore parzialmente interrata, liberata dalle superfetazioni e destinata ad accogliere la Cappella Sepolcrale Vescovile, l’ambiente muta completamente nella sua geometria spaziale e qualità architettonica. Tornato ad essere eccentrico rispetto alla sezione planimetrica lo spazio interno è generato da due volte a botte a giacitura parallela che, impostate sugli spessi muri perimetrali, annullano la loro spinta sul grande arco centrale, che per fattura e dimensioni rievoca la superficie muraria della parete scoperta dell’ambiente superiore, segnando un elemento di continuità dell’immagine costruttiva.


La componente superficiale della pietra costruisce la dimensione prospettica dello spazio interno

Il progetto di recupero evoca a sé proprio questa diversa proporzionalità dello spazio interno e ne fa la premessa generativa della rotazione dell’asse della cappella sepolcrale, ridefinito secondo una giacitura parallela a quello della cattedrale, con la creazione ex novo di una quinta fondale dietro cui collocare l’unico elemento funzionale inserito che la collega con lo spazio superiore.
Lo spazio si rimodula su un’idea di sé fortemente scenografica che senza toccare il contenitore ne muti significativamente il contenuto. Tutto viene quindi dato secondo una regola geometrica nuova ed autonoma, dettata dalla dimensione d’ingombro dei sepolcri, 80×240 cm, collocati sulle porzioni laterali della cappella; ciò che sfugge alla nuova regola è trattato come elemento di margine, eccezione, necessaria compensazione tra la logica propria dello spazio originario e logica indotta dal progetto.
Le diverse logiche si relazionano in termini oppositivi nella spazialità interna, la regola dell’ortogonalità del nuovo contrasta e sottolinea la diversa linearità di quello originario le cui qualità sono espresse da un sistema resistente fortemente singolare. Al registro del contrasto sono affidate quindi, le scelte formali del progetto, che al contrario ricerca in quello dell’analogia le sue scelte tecnico-materiche; il materiale lapideo, lastre di travertino di falda, è assunto come componente unico e polivalente.


L’evidenza dei distacchi nella soluzione proposta per i sepolcri

Mediante un uso accorto e ricercato della pietra il progetto definisce due diverse dimensioni percettive dell’interno. Quella prospettica è affidata alla componente superficiale della pietra che definisce percorsi, quinte e fondali e che, sottolineandone tagli e linee di sovrapposizione, sconnette ogni elemento di continuità di volume e d’invaso.
Quella volumetrica è invece costruita attraverso l’inserimento dei quattro blocchi lapidei delle tombe, per le quali alla componente massiva è affidata la ricerca di un controllato rapporto con gli elementi resistenti originari rivendicando insieme ad essi, con un valore simbolico aggiunto, la condizione originaria e fondativa con la terra.
Questa doppia dimensione esperienziale del progetto di recupero viene riconfermato dal lighting design giocato sui diversi registri tonali della luce naturale e artificiale. La prima filtrata in modo misurato attraverso la porta d’ingresso, definisce nell’alternanza chiaroscurale, i rapporti di forza tra gli elementi volumetrici; la seconda integrata nelle linee di sconnessione delle diverse componenti lapidee superficiali segna sia la loro distanza dalle antiche pareti, sia il loro distacco da terra, suggerendo un’idea di leggerezza.


Il collegamento interno tra la cappella settecentesca e il sepolcreto

Una diversa scelta tecnico-materica viene fatta per il collegamento verticale inserito dietro la quinta del piccolo altare. Questo elemento funzionale, pur se dimensionalmente ridotto, è posto nella condizione unica di confliggere con le componenti fisiche dello spazio originario e si impone quindi, come contro regola. All’acciaio corten è affidata la capacità di tradurre questa intenzionalità progettuale in una dissonanza cromatica e plastica, in cui, sottile e duttile, ridisegna i punti di contatto, come le leggere sottrazioni, riproponendo sulle sue superfici il dinamismo volumetrico dell’elemento tecnico-funzionale.

di Alessandra Tosone


La componente volumetrica dei blocchi lapidei definisce un rapporto controllato con gli elementi resistenti originari

CREDITI
Progetto

Renato Morganti MCM
(Mario Morganti-Gianfranco Cautilli- Renato Morganti)
con Laura Scrimieri
Direzione lavori
Mario Morganti (MCM) con Laura Scrimieri
Consulenti
ing. Marco Moscarella (lighting design)
Materiali
travertino – acciaio cor-ten
Committente
Parrocchia di S. Maria Assunta – Cattedrale di Sora
Impresa
Casinelli Giuliano srl – Arpino(Fr)

CRONOLOGIA
Progetto
2005-2006
Costruzione
2007

Dati dimensionali
Superficie: 68 mq
Volume: 300 mc

Foto
Renato Morganti e Franco Valente

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