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Concrezioni calcaree formate da flusso di acqua termale.
Il fatto che in molte cave scaturisca dalla pietra l’acqua sulfurea di colore bianco-azzurrino, rafforza la sensazione che la pietra altro non sia che il liquido rappreso, il sedimento solido di quel fiume di latte fetido che la terra produce in abbondanza. Solo quando, separato dal banco e tagliato in blocchi, il travertino perde il contatto con la sua matrice, esso indurisce e sbianca.
Paolo Portoghesi, “Qual è il merito del travertino romano?”1
La genesi della materia
La materia fluida si sedimenta, per poi solidificarsi in pietra; un’interpretazione, quella di Paolo Portoghesi, capace di leggere la natura intrinseca del travertino, presenza litica che, oltre a caratterizzare il paesaggio romano, appartiene storicamente alle terre senesi che proprio nella origine carbonatica di tale litotipo, e nel suo legame con la fluidità dell’acqua, riconoscono la propria vocazione termale. Durante il processo di litogenesi successivo alla sedimentazione dei carbonati di calcio presenti nelle acque si formano inclusioni gassose diffuse, che creano la porosità irregolare del materiale, unico e mutevole in ogni suo frammento.
L’inscindibile legame tra travertino e ambiente termale e, più in generale, tra pietra e acqua, riflesso nel mondo dell’architettura e del design del benessere, è il tema di questo breve saggio.
L’acqua, elemento generatore di vita, simbolo per l’uomo di sopravvivenza ma anche di sacralità, mistero e bellezza, segna le origini del territorio toscano in un rapporto antico e concreto che delinea le forme stesse del paesaggio e i caratteri della materia della quale esso è composto. I sali termali, dalle riconosciute proprietà benefiche, prima di solidificarsi in pietra sono indispensabili per tutte quelle pratiche curative ed estetiche cui gli stili di vita contemporanei stanno ponendo sempre maggiore attenzione.
L’attenzione rivolta alla cura del corpo, accentuata in questo avvio di millennio, è la conseguenza di un’evoluzione culturale avvenuta nel corso degli ultimi due secoli di storia. Gli attuali luoghi dedicati al benessere, sia nell’ambiente pubblico che in quello privato, sono il risultato della graduale trasformazione dei costumi della civiltà contemporanea che, fin dall’Ottocento, ha elaborato uno specifico sviluppo tipologico e tecnologico dei servizi e degli ambienti dedicati all’igiene e alla cura dell’individuo.
Stratigrafie di travertino nel Parco Termale dell’Acqua Borra a Castelnuovo Berardenga.
All’interno di questa dinamica ha un ruolo di primo piano la cultura termale che, seppur conosciuta fin dall’antica Roma, rimane prerogativa di pochi fino alla fine del Settecento, quando comincia ad essere gradualmente riscoperta da parte della società borghese nei cui centri abitati aumenta la presenza di luoghi pubblici dedicati alle pratiche idroterapiche. Tali stabilimenti, antecedenti dei bagni pubblici, contribuiscono alla diffusione di una nuova attenzione nei confronti della cura del corpo oltre che di una moda del viaggio terapeutico, portando in un secondo tempo all’introduzione nell’abitazione di uno specifico luogo dedicato all’igiene e poi ancora alla cura estetica dell’individuo: la stanza da bagno.
Oggi la necessità di fuga dai ritmi di vita sempre più intensi ed il relativo sviluppo di spazi riservati alle ritualità di un benessere fisico e mentale integrale, sono espressione diffusa della cultura globale. In tali “ambienti di rigenerazione” l’uomo cerca nuove armonie iconico-sensoriali e l’architettura e il design ritornano ad essere forme espressive ideali per la ricerca di questi equilibri. La crescente importanza attribuita dalla società odierna ad un nuovo edonismo e al culto del corpo si relaziona con la consapevolezza dell’imprescindibile necessità di uno sviluppo sostenibile del mondo globalizzato legato a nuovi modelli che esaltano il valore del patrimonio territoriale, sia ambientale che socio-culturale.2
Grazie a tale relazione, sviluppatasi in particolare negli ultimi anni, la contemporaneità sta riscoprendo il valore della naturalità della materia litica e dei luoghi in cui essa nasce, relazionandola anche agli spazi dedicati al benessere, che si trasformano in veri e propri templi naturali silenziosi dove, tra le pietre, sgorga acqua benefica. Questi ultimi diventando i nuovi “giacimenti di beni materiali ed immateriali” per le economie locali, che si indirizzano verso inedite forme di politiche territoriali e di imprenditoria turistica coniugata spesso a pratiche etiche di utilizzo sostenibile delle risorse ambientali.3
Cascata di acque terapeutiche nelle terme San Giovanni a Rapolano Terme.
Spazi e architetture termali
Nella prassi contemporanea l’ambiente termale subisce una metamorfosi e si trasforma sempre più di frequente in un luogo del benessere articolato e complesso, così come la stanza da bagno privata si arricchisce di inedite connotazioni spaziali, materiche e funzionali, con l’introduzione di elementi di design che sono il frutto di un sapiente lavoro artigianale supportato dalle potenzialità produttive dei mezzi tecnologici più innovativi. In tali fenomeni di mutazione si assiste a soluzioni progettuali e tecnologiche nuove, grazie alle quali il materiale lapideo riscopre la sua naturale identità e ritorna al centro dell’attenzione dei progettisti.
Se le città accolgono sempre più numerosi luoghi dedicati allo “star bene” in cui trovare una pausa momentanea nell’incessante susseguirsi della routine urbana, località più piccole, diffuse sul territorio, dove il rapporto con l’ambiente naturale rimane realtà tangibile, offrono oggi veri e propri templi del wellness moderni e accessibili a sempre più ampie fasce sociali.
L’imprescindibile binomio tra paesaggio naturale e terme porta nella maggior parte dei casi all’utilizzo della pietra locale, come è possibile constatare in uno degli esempi più importanti che l’architettura termale contemporanea ci offre: le terme di Vals in Svizzera progettate, tra il 1993 e il 1996, dall’architetto Peter Zumthor. Tremila metri cubi di gneiss di Vals, disposti in lastre sovrapposte, formano un volume monolitico compatto e omogeneo nel quale pareti, pavimentazioni, vasche e vani scala si sviluppano come superficie litica continua, interrotta solo dalle aperture verso l’orizzonte alpino dei Grigioni. Lo stesso Zumthor sostiene che queste terme «esprimono la silenziosa, primaria esperienza del bagnarsi, del rilassarsi nell’acqua, del contatto del corpo con la pietra e con l’acqua a diverse temperature in differenti situazioni».4 Rivisitazione in chiave tutta contemporanea dell’architettura tradizionale in pietra locale delle valli elvetiche, queste terme possono essere considerate come uno dei modelli più rappresentativi del possibile dialogo fra paesaggio e architettura, fra pietra e acqua. Anche nella penisola italiana il legame tra architettura termale e pietre naturali locali è estremamente evidente e, soprattutto nell’Italia centrale, tale dialogo è diffusamente suggellato dalla presenza del travertino.
In Toscana, l’evidenza dei siti termali costruiti con questo materiale parte da nord, ai piedi dell’Appennino pistoiese, con gli stabilimenti di Montecatini Terme, meta storica di un turismo terapeutico attivo sin dal XVIII secolo. Gli edifici delle terme Leopoldine e del Tettuccio, costruiti negli anni settanta del Settecento su progetto di Gaspare Maria Paoletti e ristrutturati nel 1926 da Ugo Giovannozzi, sono interamente realizzati con un dorato travertino locale che dà vita alle rigorose forme neoclassiche di colonne, esedre, vasche, fontane e quinte murarie animate da cornici e modanature. A Montecatini, accanto alla celebrazione della levigata fluidità di questa materia accarezzata dall’acqua, si assiste all’esaltazione del suo valore solido, monumentale e della sua preziosità decorativa, con una riproposizione delle figure plastiche tradizionali delle antiche terme romane.
Scendendo verso sud si giunge al “cuore termale” della Toscana rappresentato dai numerosi siti grossetani e, principalmente, senesi: a Bagni di Petriolo, Saturnia, Bagni San Filippo, Chianciano, Bagno Vignoni, San Casciano dei Bagni ma soprattutto a Rapolano Terme il travertino è una presenza materica totalizzante che fuoriesce dalla terra in colate solidificate, vasche e gradoni naturali incastonati nel paesaggio e ancora modellati dal fluire continuo dell’elemento liquido. Dalla natura all’architettura: il materiale travertinoso con le sue porosità e le sue irregolari striature che animano le caratteristiche colorazioni bianche, ocracee e argentee, dà vita a spazi e stabilimenti che sono oggi suggestivi centri benessere capaci di garantire alti standard di qualità ricettiva.
Nei complessi termali rapolanesi, di recente rinnovati, il travertino fodera senza soluzione di continuità gli ambienti e le vasche interne dove si praticano le terapie; anche gli edifici sono rivestiti con la pietra locale e, costruiti secondo i principi del minimo impatto ambientale, sono circondati da piscine calde all’aperto che invitano i fruitori alla contemplazione del dolce paesaggio collinare circostante.
In questi luoghi il travertino si offre all’uomo nella percezione visiva, tattile, uditiva della sua massività spugnosa, delle sue tinte e delle sue grane superficiali arricchite dall’interazione con i colori, le temperature, i suoni e gli odori dell’acqua, che ha compartecipato alla sua genesi; nell’atmosfera termale, dove ha trovato la sua origine, la pietra senese dimostra la sua adattabilità ad una contemporaneità applicativa unica e preziosa che prosegue negli spazi di un interior design del tutto originale e di elevatissima qualità produttiva.
Cascata di acque terapeutiche nelle terme Antica Querciolaia a Rapolano Terme.
La sala da bagno contemporanea
L’architettura fornisce continue e rinnovate conferme dello stretto legame che sussiste fra la pietra e l’acqua e delle molteplici suggestioni che esso produce; numerose e affascinanti opere, rintracciabili anche al di fuori delle tipologie strettamente dedicate alla cura del corpo, dimostrano che i grandi maestri del Contemporaneo hanno spesso interpretato questa misteriosa e seducente relazione, connessa alle origini geologiche del mondo, come punto di forza dei loro progetti: il Padiglione di Barcellona, disegnato da Mies van der Rohe nel 1929, l’ampliamento della Gipsoteca Canoviana di Possagno, progettato da Carlo Scarpa tra il 1955 e il 1957, il Salk Institute a La Jolla del 1959-65 e il Kimbell Museum a Forth Worth del 1966-72 di Louis I. Kahn, la Fondazione Beyeler di Basilea, firmata da Renzo Piano nel 1991, con i loro specchi d’acqua contenuti in bacini di pietra, sono solo alcuni dei tanti importanti esempi del felice incontro pietra-acqua che potremmo citare in proposito.5
Quasi sempre in tali opere, il confine tra il concetto di “elemento architettonico” e quello di “oggetto di design” appare labile, se non addirittura indistinguibile. La pietra viene plasmata in pezzi di dimensioni e morfologie diverse, che qualificano con la loro presenza gli spazi, dando vita a vasche, fontane, sedute, setti parietali, campi pavimentali, bordi rilevati.
Il nostro avvicinamento al design induce, comunque, attraverso un salto di scala, a spostare l’attenzione dallo spazio pubblico dell’architettura termale a quello privato della stanza da bagno, un ambiente a funzione specializzata introdotto all’interno dell’abitazione solo a partire dall’inizio del Novecento, quando si è cominciato a precisarne e razionalizzarne la conformazione ed a standardizzarne gli elementi.
Vasca in travertino senese disegnata da Studio Padrini.
Rispetto ai materiali più convenzionali ed economici l’impiego della pietra nei bagni privati è da sempre sinonimo di ricchezza e prestigio: la materia litica ha rivestito le superfici verticali e orizzontali delle sale da bagno di importanti residenze patrizie a partire dalla civiltà romana imperiale ed è stata anche impiegata per la realizzazione di elementi destinati alla pulizia e cura del corpo unici e originali in epoca contemporanea. Fra fine Ottocento e inizio Novecento Adolf Loos e Josef Hoffmann progettano per i propri facoltosi committenti stanze da bagno arricchite da preziose lastre di marmo, trasformando questi ambienti in spazi raffinati e lussuosi di uso esclusivo dei proprietari. Nel 1903, lo psichiatra viennese Theodor Beer affida a Loos l’incarico di ristrutturare la sua villa sul lago di Ginevra, La Maladaire. Nell’ampliamento e nel rifacimento interno dell’edificio, chiamato successivamente Villa Karma, l’architetto opta per la realizzazione di una stanza da bagno in marmo nero e intonaco bianco, concependola come uno degli ambienti più monumentali dell’abitazione, un vero e proprio tempio del piacere individuale e della cura del corpo. Il grande vano rettangolare si sviluppa in lunghezza con la giustapposizione di due spazi, posizionati a differenti livelli, distinti da un sistema tetrastilo di colonne doriche. Le pareti sono rivestite da lastre di marmo nero accentuatamente venato, che si modellano in specchiature contornate da cornici a rilievo. Superiormente, il marmo lascia spazio alla superficie neutra dell’intonaco bianco che si modella in una volta a botte. L’ambiente sembra scavato in un blocco di marmo, dal quale Loos ricava la scatola muraria, le colonne, i lavabi dalle linee curve, le vasche quadrangolari.
Una placcatura in materiali litici pregiati caratterizza anche il bagno che Josef Hoffmann progetta per Palazzo Stoclet, costruito a Bruxelles fra il 1905 e il 1911. La stanza da bagno diventa uno scrigno prezioso; uno spazio intimo di trentaquattro metri quadrati dedicato al benessere del committente. L’ambiente è un volume stereometricamente definito, trasfigurato grazie al rivestimento lapideo in un padiglione di “stoffa pietrificata” poggiato su un bacino d’acqua. La stanza è delimitata da grandi pannelli rettangolari di marmo statuario bianco venato di grigio, con piccoli inserti quadrati di mosaico policromo, decorazioni in malachite e bordature rettilinee in marmo nero. Metafore di teli appesi e giustapposti, le lastre sono sormontate da una seconda fascia dalle valenze tessili, una tappezzeria a righe verticali in rilievo che riveste la parte superiore delle pareti. La funzione della stanza induce Hoffmann ad accrescerne le implicazioni simboliche per le quali, oltre all’accurata scelta dei materiali, si avvale di uno studiato gioco di rapporti fra pareti e pavimento. Quest’ultimo viene rivestito di marmo belga blu scuro, quasi a voler smaterializzare la superficie in specchio acquatico dal quale far sorgere la stanza, un nuovo ulteriore sacello appartato e prezioso per i riti della cura del corpo. Non si comprende la profondità dell’acqua, ma pareti ed elementi di arredo vi appaiono immersi; il loro limite inferiore viene quasi “tagliato”, come mostra la bordatura dei pannelli, assente in corrispondenza della pavimentazione.
Lavabo in travertino senese disegnato da Studio Padrini.
Nel bagno di Palazzo Stoclet vasca e lavabi sono i protagonisti della stanza; al centro sorge la vasca, maestosa protagonista, che domina l’ambiente. Se in villa Karma le due vasche erano quasi nascoste da un diaframma divisorio, qui l’imponente massa solida di marmo bianco invade lo spazio abbandonando la tradizionale collocazione longitudinale, contigua alla parete, per disporsi perpendicolarmente verso il centro della stanza. Essa è un parallelepipedo tagliato inferiormente dalla superficie del pavimento; internamente il vuoto destinato ad accogliere l’acqua per il bagno ha una forma sinuosa e smussata che appare come il frutto di un lavorio di levigatura prodotto dall’elemento liquido stesso. Il monolito si riflette sulla superficie pavimentale lucida e scura, rivolgendosi frontalmente verso la sorgente di luce delle finestre che si aprono verso il giardino della casa.
A partire da questi esempi di riferimento fortemente elitari e lussuosi, per tutto il corso del Novecento, le abitazioni della ricca borghesia accolgono ampi locali rivestiti di pietre pregiate e arredati con lavabi e vasche scavate in blocchi litici.
Se progettisti come i francesi Pierre Chareau, negli anni Venti, e Emile-Jacques Ruhlmann, negli anni Trenta, disegnano bagni da sogno dove l’utilizzo della pietra diviene pura ostentazione della ricchezza e della ricerca del piacere da parte dei committenti, a partire dagli anni Quaranta, l’utilizzo della materia litica nel design per il bagno comincia ad assumere connotazioni diverse, che vedono una graduale riappropriazione dei valori di naturalità e tradizione.
Tra il 1939 e il 1942 Adalberto Libera progetta per lo scrittore Curzio Malaparte un’affascinante e originale abitazione su un promontorio dell’Isola di Capri. Scrive Malaparte: «mi apparve chiaro fin dal primo momento che non solo la linea della casa, la sua architettura, ma i materiali con cui l’avrei costruita, avrebbero dovuto essere intonati con quella natura selvaggia e delicata. Non mattoni, non cemento, ma pietra, soltanto pietra, e di quella del luogo, di cui è fatta la roccia, il monte».6 Anche la progettazione degli interni si basa essenzialmente sull’utilizzo della pietra che, nella stanza da bagno, oltre a rappresentare un riferimento all’identità materica del luogo è interpretabile come simbolo di classicità e mezzo per la riproposizione in chiave domestica di un ambiente termale romano. La stanza ha pareti rivestite per tre quarti con ampi pannelli in marmo dalle venature poste verticalmente secondo un disegno che Malaparte studia insieme al pittore caprese Raffaello Castello. In corrispondenza di uno dei lati maggiori, una struttura muraria crea una nicchia sormontata da una volta ad arco ribassato; sotto di essa la pavimentazione viene scavata in forma di vasca, anch’essa rivestita dello stesso materiale e contornata superiormente da un pronunciato bordo marmoreo bianco.
Bagno in travertino senese disegnato dallo Studio Gargano Fagioli.
Risale agli anni Settanta, invece, il bagno in marmo progettato da Carlo Scarpa per Casa Ottolenghi, costruita a Bardolino sul lago di Garda. La stanza si configura come una cellula semicilindrica che funge da cerniera fra il soggiorno e la camera da letto padronale; il bagno diventa così snodo centrale dell’abitazione e riprende, in versione cava, il modulo ripetuto dalle nove colonne in rocchi di pietra e calcestruzzo che caratterizzano lo sviluppo dell’edificio.
Ma se Scarpa sceglie di inserire nelle colonne alcuni rocchi di pietra locale, il biancone di Prun, per l’ambiente del bagno opta per un rivestimento in marmo bianco arabescato e accostato a superfici in stucco rosato lucido, opera di Eugenio De Luigi. L’ambiente si trasforma ancora una volta in un prezioso riferimento alla tradizione dell’architettura termale, in un luogo intimo e raccolto per la cura del corpo e per la meditazione, realizzato con le più raffinate tecniche artigianali di allestimento degli spazi e delle superfici.
Tutte le opere sin qui citate, nonostante le diverse interpretazioni compositive e formali, sono accomunate dall’impiego della pietra, scelta evidentemente come presenza materiale intimamente connaturata allo scaturire dell’elemento liquido. La materia lapidea assume poi, in ogni caso, un ruolo di medium valoriale connesso ai concetti di naturalità e di tradizione artigianale del costruire.
Questa espressività della pietra è al centro dell’attenzione del design contemporaneo, in una filiera di sviluppo basata sulla concezione e sulla produzione di elementi per il bagno semplici ed essenziali, dalle geometrie rigorose scavate in pezzi lapidei massivi, capaci di conferire una inedita qualificazione agli ambienti per la cura del corpo. Anche i travertini senesi sono protagonisti di questo fenomeno proprio perché, in tale contesto, l’unicità delle loro caratteristiche cromatiche e materiche naturali, fatte di sfumature e porosità sempre diverse, diviene una peculiarità arricchente, un valore aggiunto che li rende insuperabili nel dar vita a oggetti originali e di volta in volta irripetibili.
Nelle forme fluide e smussate del design litico per il bagno contemporaneo il travertino ritrova, e rinsalda, l’antico legame con l’acqua, e l’uomo riconquista un contatto diretto con gli elementi primigeni delle sue origini.
di Sara Benzi
Note:
1 Paolo Portoghesi, “Qual è il merito del travertino romano?” p.7, in Il Travertino romano di Tivoli, Roma, ANIS, 1984, pp.119.
2 Per un approfondimento sul tema si veda Donatella Furia, Nicola Mattoscio, “Il capitale ambientale come valore strategico dello sviluppo locale” pp.33-49, in Antonio Marano (a cura di), Design e ambiente – La valorizzazione del territori tra storia umana e natura, Milano, POLI-design, 2004, pp.215.
3 Si veda anche Stefania Camplone, “Il turismo ispirato alla sostenibilità ambientale” pp.51-67, in Antonio Marano (a cura di), Design e ambiente – La valorizzazione del territori tra storia umana e natura, Milano,
POLI-design, 2004, pp.215.
4 Peter Zumthor, 1995, cit. in Emilio Faroldi, Francesca Cipullo, Maria Pilar Vettori, Terme e Architettura – progetti tecnologie strategie per una moderna cultura termale, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2007, p.87.
5 Per il ruolo assunto dall’acqua nell’architettura di Carlo Scarpa si veda Renata Giovanardi, Carlo Scarpa e l’acqua, Venezia, Cicero, 2006, pp.199.
6 Curzio Malaparte, “Ritratto di pietra” (relazione autografa), 1940, cit. in Marida Talamona, Casa Malaparte, Milano, Clup, 1990, p.32 e sgg.
* Il post riedita il saggio pubblicato in Alfonso Acocella, Davide Turrini (a cura di), Travertino di Siena, Firenze, Alinea, 2010, pp. 303.
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