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25 Gennaio 2012

Opere di Architettura

Uffici nell’ex mensa Alfa Romeo al Portello
Cino Zucchi Architetti
Milano, 2007*

Frammenti della “Milano di Pietra”
Se, come è riconosciuto, il Nuovo Portello di Cino Zucchi trae la propria forza dalla particolare qualità urbana degli spazi che il suo autore è riuscito a ideare, un ruolo centrale nella strategia del progetto è da attribuire a un compatto e scultoreo edificio, che fa da fulcro dell’intero complesso: la sede degli uffici IPER, sorta sul sedime della ex mensa dell’Alfa Romeo. Questa costruzione
dal carattere ermetico, nonostante le ampie e articolate aperture che disegnano le sue facciate, si pone infatti in modo perentorio come generatrice degli spazi su cui si imposta il sistema residenziale a torri e corti. All’origine di una forma così autorevole sta un gesto, anch’esso perentorio, di Gino Valle, tracciato molti anni prima nel masterplan di recupero delle aree industriali dismesse intorno alla storica fabbrica d’auto. Nell’ampio trapezio di terreni recuperati, Valle aveva tracciato una diagonale tra i due opposti quadranti: un’asse pedonale che avrebbe collegato la “porta” della Fiera di Mario Bellini con Viale Traiano e Piazzale Accursio raccordando, come virtuale spina dorsale, tutte le parti del nuovo sistema insediativo. Curiosamente questo tracciato “trapassava” in diagonale l’edificio della ex mensa dell’Alfa Romeo, unica costruzione degli anni trenta superstite del vecchio complesso industriale. Lavorando su questa idea originaria Cino Zucchi è intervenuto sull’impianto del quadrante nord-orientale tagliando sulla diagonale di Valle il volume rettangolare della ex mensa, ottenendo un parallelepipedo trapezoidale dalla forma spigolosa e incisiva. Un edificio quindi assai diverso dal preesistente, del quale è stata alfine conservata solo la facciata su Viale Traiano.
Il nuovo volume, grazie alla particolare acutezza dell’angolo generato dal taglio diagonale e alla flessione della facciata d’ingresso rispetto al corpo longitudinale, assume una forma dinamica che guida con particolare autorevolezza ed efficacia sia la distribuzione irregolare – ma non arbitraria – delle torri residenziali a nord ovest sia l’andamento a pettine delle corti a sud. Lo stesso asse pedonale si dilata e articola in “piazzette” laterali che ampliano la fruizione pubblica dello spazio al suolo e permette il godimento di un frammento nuovo di paesaggio urbano, arricchito dal disegno sapiente delle facciate e dall’uso raffinato dei materiali.

E’ anche grazie all’impiego di queste qualità che il volume degli uffici IPER si impone con una propria autonomia e personalità rispetto ai più elevati edifici residenziali circostanti, dall’alto dei quali è possibile coglierne compiutamente l’essenza scultorea di originale oggetto urbano. L’aspetto che maggiormente colpisce e rende l’edificio diverso dagli altri è l’essenzialità formale e la nettezza tagliente delle superfici delle tre nuove facciate (ma potremmo anche aggiungere il tetto inclinato come quarta facciata) che inglobano le aperture in un disegno complesso e dinamico, erede della lezione post bellica di alcuni grandi architetti milanesi: Ponti, Caccia Dominioni, Asnago e Vender. Si tratta di una differenziazione basata su un lessico costruttivo, fondato anch’esso sulla tradizione del razionalismo italiano, che stabilisce una separazione tra telaio strutturale a grandi campate – sulle tracce dell’edificio preesistente – e involucro murario. Il primo, operante come “impalcatura” nascosta e separata, si mostra solo negli spazi interni, mentre le facciate si comportano come “piani liberi” verticali in cui la scrittura delle aperture è dettata dalla necessità e dalla convenienza degli spazi interni. Questa procedura consente in facciata di dilatare, restringere e variare la dimensione delle aperture componendole in un disegno dinamico. L’apparente disordine compositivo che ne deriva viene in realtà riassorbito e ricomposto in modo unitario dalla prevalente complanarità dei serramenti con la superficie muraria. L’effetto “a intarsio”, a cui questa procedura conduce, acquista nell’edificio di Zucchi un significato nuovo grazie al sofisticato guscio lapideo che lo riveste. La scelta della Pietra del Cardoso, un’arenaria grigio scura tendente al turchino solcata da tenui venature di tono più chiaro, si rivela decisiva per il carattere dell’edificio e si fonde in un monocromo con i serramenti, realizzati con imbotti in alluminio e vetro in parte retroverniciato in un tono blu-grigio. Il pattern del rivestimento, formato da corsi sottili e uniformi di lastre, conferisce al corpo dell’edificio una sostanza pietrosa compatta e stratificata che ne accentua il carattere monolitico, quasi di gigantesco e sfaccettato blocco lapideo.
Un moderno e astratto corpo scultoreo, dalle superfici leggermente cangianti sotto la luce naturale impreziosito da alcuni sottili, quasi impercettibili, dislivelli e rientranze in corrispondenza di alcune vetrate. La lavorazione della pietra, trattata a leggera levigatura, crea un effetto metallico che esalta la nettezza tagliente degli spigoli e accentua la bidimensionalità della scrittura litica. Lontano dai riflettori che annunciano e accompagnano la “città che cresce” con autoreferenziali mega oggetti di vetro e acciaio, finalmente “oversize” come reclama la nuova modernità, un’architettura di pietra certamente sofisticata ma “a misura” propone un percorso alternativo, un esempio virtuoso di come il nuovo sia ancora in grado di elaborare una propria identità non convenzionale e possa intrattenere, senza retorica, un intelligente legame con la fortunata stagione architettonica della “Milano di Pietra”.

di Vincenzo Pavan

L’edificio che ospita gli uffici e la showroom della IPER riprende le dimensioni planimetriche e le altezze di quello esistente della ex mensa Alfa Romeo, la cui struttura versava in condizioni di inagibilità.
Di esso viene conservato e restaurato il fronte su Via Traiano, che diventa il nuovo ingresso dalla strada. La sagoma volumetrica originaria è ricostruita e “sezionata” verso sud dal nuovo percorso pubblico diagonale che collega Via Traiano alla Fiera. In corrispondenza dell’angolo acuto così formato, l’andamento altimetrico della gronda che riprende la quota della facciata conservata su Via Traiano si inflette verso il basso a segnalare l’ingresso del parco dalle due nuove strade. Un’estroflessione del volume sul lato nord- ovest ospita la show-room e un ingresso indipendente in relazione alla nuova piccola piazza di progetto. La tipologia strutturale a grandi campate, che riprende la dimensione trasversale dell’edificio preesistente, è scavata ai due piani superiori da un cavedio vetrato che crea un patio-giardino interno sul quale affacciano i nuovi uffici.
Un lucernario corrispondente alla dimensione del patio illumina il vasto spazio centrale a doppia altezza che ospita gli uffici a piano terra. L’organizzazione interna è connotata da una grande flessibilità, potendo alternare spazi ad open space a spazi corridoio-stanza; un soffitto di alluminio che contiene le controspinte delle pareti mobili e un pavimento soprelevato assicurano la totale reversibilità nella suddivisione degli ambienti. Su via Traiano, un grande portale in alluminio teso tra i due avancorpi della facciata esistente copre i cancelli notturni, che di giorno funzionano come grandi “inviti” verso la nuova bussola di ingresso.

Un atrio a pianta quadrata ospita una scala principale posta trasversalmente e illuminata dall’alto; altre tre scale di sicurezza assicurano una circolazione verticale efficiente. Il volume unitario dell’edificio, inflesso verso il parco e i nuovi percorsi pubblici, è contraddistinto da un rivestimento in Pietra del Cardoso e da una serie di vaste aperture che illuminano gli ambienti interni di varia dimensione. I conci in pietra, fissati alla struttura retrostante con un fissaggio semi-meccanico, sono contraddistinti dalla loro dimensione allungata (137cm x 10 cm di altezza) e dalla loro disposizione sfalsata, che genera una forte andamento orizzontale della tessitura della facciata.
All’interno del rivestimento continuo in pietra, le aperture sono contraddistinte da un disegno scandito dai riquadri del vetro trasparente e retroverniciato in colore blu-grigio e montato a silicone strutturale senza divisori a vista, con un imbotte in lamiera di alluminio che ne disegna il bordo. La disposizione “libera” delle aperture, la loro diversa dimensione, l’alternanza della loro posizione rispetto al piano della facciata – talvolta a filo della stessa, talvolta arretrata dello spessore del muro – genera una superficie reattiva alle diverse condizioni di luce nel corso del giorno, una sorta di quinta monocroma ma percorsa da continue variazioni. L’edificio vuole coniugare la forte memoria industriale dell’area con una concezione del luogo di lavoro piu? attenta ai valori microambientali, ponendo in continua relazione gli ambienti interni e il nuovo paesaggio urbano generato dall’intervento.

Una pietra sottile per una massa compatta
La Pietra del Cardoso è una pietra dal colore grigio scuro tendente al turchino. è una roccia dal metamorfismo non molto profondo di arenaria formatasi per disfacimento di rocce a composizione granitica: per la sua composizione mineralogica e per le sue modalità di genesi ha un grado di compattezza e tenacità notevoli.
Presenta ottime caratteristiche fisico-meccaniche di resistenza al logoramento, allo scorrimento e alla tensione, nonchè ottima resistenza all’azione degradante degli agenti atmosferici. Si estrae da tempi antichissimi in alta Versilia, nelle Alpi Apuane, nella località da cui ne deriva il nome. Le cave erano originariamente di piccole dimensioni; con il passare degli anni la richiesta è aumentata, facendo crescere di conseguenza anche le aziende legate alla sua produzione che garantisce la sopravvivenza dell’attività estrattiva, duramente colpita dopo l’alluvione del 1996. Il materiale impiegato in questo edificio proviene dalle cave Loppieto e Piastrone di Cardoso di Stazzema (LU). La tecnologia utilizzata per l’estrazione non differisce molto da quella delle tradizionali cave di marmo. Originariamente il taglio veniva effettuato con un filo elicoidale intriso di acqua e sabbia; inoltre erano provocate, con l’ausilio di polvere nera, delle esplosioni atte a staccare interi blocchi di pietra dalla montagna; oggi, invece, si impiegano prevalentemente apposite tagliatrici munite di filo diamantato.

Il rivestimento in Pietra del Cardoso delle tre nuove facciate dell’edificio di Zucchi è costituito da una partitura orizzontale di elementi di cm. 10×137 con spessore di cm. 3, posati a malta con doppia spalmatura sia della superficie della lastra che del tamponamento mediante l’ausilio di spatola americana. I fissaggi in acciaio inox sono assicurati alla facciata mediante fissaggio chimico nel caso di muratura in laterizio o meccanico nel caso di supporto in calcestruzzo armato. La finitura superficiale della pietra è levigata fine; i primi due corsi sono caratterizzati da una superficie bocciardata per sottolineare il basamento dell’edificio.

[photogallery]zucchi_iper_album[/photogallery]


Titolo dell’opera:
Uffici nell’ex mensa Alfa Romeo al Portello
Indirizzo:
Nuovo Portello, Via Traiano, Milano
Data di progettazione:
2002
Data di realizzazione:
2006-2007
Committente:
Auredia srl – Dott. Ennio Brion
Coordinamento:
Pirelli & C. Real Estate Project Management S.p.A.
Architetti:
Cino Zucchi Architetti con Zucchi & Partners
Project team: Progetto preliminare: Cino Zucchi Architetti Cino Zucchi, Pietro Bagnoli con Leonardo Berretti, Elisa Leoni Progetto definitivo: Cino Zucchi Architetti Cino Zucchi, Pietro Bagnoli, Cristina Balet Sala, Leonardo Berretti, Silvia Cremaschi, Elisa Leoni, Maria Rita Solimando Romano, Helena Sterpin con Reem Almannai, Francesco Cazzola, Filippo Carcano, Maria Chiara D’Amico, Thilo De Gregorio, Sang Soo Han, Manuela Parolo Progetto esecutivo e direzione artistica: Zucchi & Partners Nicola Bianchi, Andrea Vigano?, Cino Zucchi con Leonardo Berretti, Chiara Frassi e Ivan Bernardini, Irene Bino, Claudia Brivio, Michele Corno, Linda Pirovano, Gabriella Trotta, Nu?khet Anadal, Chiara Toscani Interior design: Tatiana Milone
Direzione lavori:
Ing. Vittore Ceretti
Impresa di costruzione:
Marcora costruzioni S.p.A.
Strutture:
Sajni e Zambetti s.r.l.
Materiale lapideo utilizzato:
Pietra del Cardoso
Fornitura e installazione della pietra:
Ettore Bosisio S.r.l., Milano

* Il saggio è tratto dal volume Litico Etico Estetico

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24 Gennaio 2012

News

ORIOL BOHIGAS
Architettura, Città, Politica

ORIOL BOHIGAS
ARCHITETTURA, CITTÀ, POLITICA

lunedì 30 gennaio 2012
Facoltà di Architettura di Palermo Aula Magna
Viale delle Scienze Edificio 14 Palermo

9.30 SALUTI
Angelo Milone
Università degli Studi di Palermo – Preside della Facoltà di Architettura
Marcella Aprile
Università degli Studi di Palermo – Direttore del Dipartimento di Architettura

10.00 IL DOTTORATO DI RICERCA E LA METODOLOGIA DEL RESTAURO DEL MODERNO APPLICATA A DUE OPERE DELLO STUDIO M.B.M. ARQUITECTES
Cesare Ajroldi
Università degli Studi di Palermo – Facoltà di Architettura
Coordinatore del Dottorato in Progettazione Architettonica

10.30 LA PENETRAZIONE DEL REALISMO NELL’ARCHITETTURA BARCELLONESE DEL DOPOGUERRA: IL RUOLO DA PROTAGONISTA DI ORIOL BOHIGAS
Antonio Pizza
Universitat Politècnica de Catalunya – Escola Tècnica Superior d’Arquitectura de Barcelona

11.30 ARCHITETTURA, CITTÀ, POLITICA
Oriol Bohigas
M.B.M. Arquitectes – Barcelona

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23 Gennaio 2012

News

Un capolavoro per Lugano aspettando il Lac

Nel percorso di avvicinamento all’apertura della sua sede istituzionale nel 2013, il LAC diventa già protagonista della vita culturale della Città di Lugano attraverso una serie di iniziative originali e prestigiose.

Dopo l’esposizione del disegno di Leonardo da Vinci dal titolo l’Angelo Incarnato, giovedì 26 gennaio verrà inaugurato il secondo appuntamento: per tre mesi, fino al 29 aprile 2012, un violino Stradivari autentico verrà esposto nella hall del Palazzo dei Congressi di Lugano.

Lo Stradivari, collocato in una bacheca realizzata da Pedrera SA, sarà affiancato dal Mock-up in scala 1:1 della sala concertistica del futuro LAC. Nella riproduzione sono stati utilizzati gli stessi materiali impiegati per la sala stessa come il legno di pero scelto per la sua assenza di nodi.

Giovedì 26 gennaio
Presso la Hall del Palazzo dei Congressi di Lugano

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21 Gennaio 2012

News

Marmomacc 2011
Intervista a Marco Piva

Vai a Marmomacc

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20 Gennaio 2012

News

Arte Fiera Off.
A Budrio le opere di Giacomo Cossio

Sono sculture, installazioni, ritratti in cui la dimensione materica, espressa in elementi assemblati, accostati e composti, genera opere dalla potente forza espressiva: i lavori di Giacomo Cossio saranno a Budrio, presso le Torri dell’Acqua, in una mostra curata da Martina Cavallarin, organizzata dal Comune di Budrio e dalla Fondazione Giorgio Cocchi con il supporto dell’azienda IL CASONE.

Come scrive la curatrice “I suoi lavori sono organismi in trasformazione preceduti e manipolati da un processo frenetico che fagocita la sua storia individuale, il suo lessico familiare, per restituirla spogliata da nostalgie e recriminazioni, ma recuperata nella sedimentazione di oggetti d’uso quotidiano arrotolati e imbrigliati in un bolo vitale e cromaticamente straniante: colori primari, accesi, acidi”.
Opere in cui la tridimensionalità si fa portavoce di un tentativo, esasperato ma anche obiettivo, di rappresentare le cose, di cogliere la realtà, intesa come oggetti che riprendono forma sollecitati dalla memoria personale e collettiva. La mostra fa parte del circuito ARTE FIERA OFF, gli eventi organizzati a Bologna e in Emilia-Romagna in concomitanza con Arte Fiera Art First.

Corpi Piante Macchine, tentativi di realtà,
opere di Giacomo Cossio

Le Torri dell’Acqua,
Via Benni 1
Budrio (Bologna)
www.letorridellacqua.it

mostra realizzata con
il contributo di Casone

28 gennaio > 20 febbraio 2012
Ingresso: libero
Apertura: sabato e domenica dalle 16 alle 18:30 e su appuntamento
Inaugurazione: sabato 28 gennaio h 18.00

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17 Gennaio 2012

News

co/Auletta.
Le tue idee abitano qui

CO/A è la nuova iniziativa coordinata da RENA, su incarico della Fondazione MIdA, dall’Osservatorio sul Doposisma e del Comune di Auletta.

Il progetto nasce dalla volontà del Comune di valorizzare il Parco a ruderi sorto dalla riqualificazione del centro storico -distrutto dal terremoto del 1980 – con la definizione di un modello gestionale più integrato con il territorio e con maggiori opportunità di commercializzazione. RENA è stata chiamata a coordinare il progetto, con la missione di stimolare la generazione di idee per la rinascita della città di Auletta e di diffondere l’informazione presso un vasto pubblico, che si faccia a sua volta promotore della nuova Auletta e del Parco a Ruderi.

Con la consulenza tecnica del gruppo SNARK, RENA ha lavorato alla definizione e diffusione di un bando di idee innovativo, che ha lo scopo di istruire una procedura concorsuale aperta per selezionare progetti, modelli di gestione ed indicatori di processo per lo sviluppo di Auletta, a partire dagli spazi del centro storico fino alle forme di comunicazione e di messa a sistema dell’offerta locale e territoriale, in un’ottica di sostenibilità a 360.

Il processo di trasformazione urbana di Auletta prevede tre fasi:
un (1) concorso di idee i cui risultati confluiranno in un (2) workshop, al termine del quale saranno stabiliti i vincitori. Questi risultati saranno la base di una (3) fase di affinamento per la redazione di un capitolato di appalto per l’assegnazione dei lavori.

Il bando dettagliato è consultabile nella sezione dedicata.

La scadenza del concorso è STATA PROPROGATA al 16 febbraio 2012 alle ore 23.59, limite ultimo per la presentazione delle proposte.

Vai al sito co/Auletta

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16 Gennaio 2012

News

Carlo truppi
In difesa del paesaggio


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12 Gennaio 2012

News

REHUB
Le idee prendono spazio*


Clikka per ingrandire

DOVE E QUANDO
Trieste, da martedì 6 marzo 2012 a sabato 10 marzo 2012

ORGANIZZATORI
The HUB Trieste. Un gruppo di giovani progettisti e imprenditori che sta lavorando per portare a Trieste una realtà internazionale che ha come obiettivo quello di creare una nuova cultura di impresa, fornendo servizi e strumenti ai giovani innovatori sociali, creativi e professionisti. Il progetto collegherà Trieste alla rete mondiale The Hub, network di persone e di spazi fisici dove gli imprenditori contemporanei possono trovare uno spazio di lavoro, costruire piattaforme di relazioni e connessioni con professionisti ed investitori, organizzare eventi e workshop, con l’obiettivo di rendere reali anche i progetti più ambiziosi.

RESPONSABILI SCIENTIFICI
Marco Barbariol (Studio-a29, www.studio-a29.com)
Claudio Farina (Faltwerksalon – Salone gemma, www.faltwerksalon.it)

IN COLLABORAZIONE CON
ADI FVG Associazione per il Disegno Industriale
IED Istituto Europeo di Design – Venezia
ISIA Istituto Superiore per le Industrie Artistiche – Firenze ISIA
Istituto Superiore per le Industrie Artistiche
Roma NABA Nuova Accademia di Belle Arti – Milano
SPD Scuola Politecnica di Design – Milano
UNIFE Università degli Studi di Ferrara – Facoltà di Architettura
UNITS Università degli Studi di Trieste – Facoltà di Architettura

SPEAKER KICK OFF
Carmelo Di Bartolo (www.designinnovation.net) Martì Guixè (www.guixe.com) Stefano Mirti (www.interactiondesign-lab.com) Paola Navone (www.paolanavone.it)* Moderatrice:
Susanna Legrenzi

TUTOR
Michele Aquila (www.micheleaquilastudio.it)
Elena Carlini (www.syr.fi.it)
Giulio Paladini (www.metroarea.it)
Rossoscuro Design (www.rossoscurodesign.com)
Federico Venier (www.archiko.it)
Mark Zudini (www.schenkelpluszudini.com)

A CHI E’ RIVOLTO
Il workshop è rivolto agli studenti delle facoltà di architettura e delle scuole universitarie di design e discipline artistiche o della comunicazione e ai laureati delle stesse scuole ed università da meno di un anno.

DOVE
500 metri quadri, quattro grandi volte di mattoni e l’accesso al quartiere più dinamico e vivo della città di Trieste. E’ Casa Mayer, in Piazza Cavana/via Madonna del Mare, un palazzo strappato al degrado e ora location del workshop e prossima sede di Hub Trieste.
Una location con alle spalle un incredibile passato e pronta oggi ad ospitare una realtà orientata ad un futuro ricco di idee e progetti a cui i partecipanti di questo workshop saranno i primi chiamati per dar loro forma.

CONTENUTI
Il metodo adottato è la co-progettazione. I partecipanti progetteranno, assieme ai diversi attori coinvolti nell’esperienza, gli interni della nuova sede di Hub Trieste, partendo da zero e sviluppando un percorso progettuale all’interno del cantiere.
5 giornate scandite da un ritmo serrato che prevede momenti di condivisione e momenti di lavoro in gruppo,
Designer, architetti, aziende ed imprenditori del settore, insieme a docenti delle migliori scuole di design in Italia, avranno il compito di stimolare i partecipanti con l’esposizione di idee e soluzioni contemporanee nelle diverse discipline della progettazione di interni.
Nella prima giornata (kick off day) si terrà una tavola rotonda che metterà a confronto giovani designer, progettisti e professionisti del settore. In un incontro pubblico in forma di dialogo saranno affrontati ed esposti temi legati alle tendenze ed ai nuovi scenari del design contemporaneo e alla complicata questione di realizzare uno spazio di co-working adottando soluzioni furbe, insolite e sostenibili.
Si ragionerà, inoltre, sulle possibili implicazioni che l’operazione Hub comporta in un contesto potenzialmente strategico come quello di Trieste (spessodefinita come “la più piccola metropoli d’Europa”).
I partecipanti avranno l’opportunità di testare le varie idee in forma di prototipi direttamente all’interno del cantiere aperto. Alla fine del laboratorio tutti i gruppi partecipanti esporranno le soluzioni elaborate durante una mostra istantanea che si terrà nella serata conclusiva alla presenza di importanti imprenditori locali, aziende ed enti pubblici che supportano il workshop e il progetto di HUB Trieste.

OBIETTIVI
L’ elaborazione in forma partecipata di un progetto di interior design per la realizzazione della sede di Hub Trieste. La realizzazione di un concept di interni capace di amplificare le singole peculiarità di materiali, tecniche e metodologie costruttive.
Le idee proposte dovranno possedere la forza di interpretazione dello spazio in relazione all’obiettivo di uso finale: realizzare uno spazio co-working capace di essere il punto di partenza di futuri progetti innovativi, sempre più dinamici e multidisciplinari.
Di particolare rilievo nella valutazione delle soluzioni progettuali sarà l’attenzione riposta a tecniche e soluzioni efficaci che comportino una minore dispersione di energia ed un maggior risparmio di risorse economiche.
Ridurre i consumi significa pensare strategicamente al futuro, una visione che vogliamo integrare in ogni aspetto di HUB Trieste e che sarà di ispirazione per i giovani designer.
Le soluzioni più efficaci presenti nel progetto vincitore saranno prese in considerazione nella stesura del progetto definitivo.

[photogallery]rehub_album[/photogallery]

CALENDARIO E SEDI
Martedì 6 marzo
09:00 – 13:00: Kick Off
13:00 – 14:00: Pausa Pranzo
14:00 – 14:30: Introduzione workshop/Hub focused
14:30 – 15:30: Presentazione Tutor
15:30 – 18:30: Suddivisione gruppi, avvio workshop
18:30 – 19:30: Networking con le aziende
19:30 – 21:00: Pausa Cena
21:00 – 24:00: Ripresa workshop

Mercoledì 7 marzo
09:00 – 13:00: Revisioni e workshop
13:00 – 14:00: Pausa Pranzo
14:00 – 18:30: Revisioni e workshop
18:30 – 19:30: Networking con le aziende
19:30 – 21:00: Pausa Cena
21:00 – 24:00: Ripresa workshop

Giovedì 8 marzo
09:00 – 13:00: Revisioni e workshop
13:00 – 14:00: Pausa Pranzo
14:00 – 18:30: Revisione e chiusura progetti
18:30 – 19:30: Networking con le aziende
19:30 – 21:00: Pausa Cena
21:00 – 24:00: Ripresa workshop, chiusura progetti

Venerdì 9 marzo
09:00 – 13:00: Chiusura progetti, preparazione materiale per la mostra
13:00 – 14:00: Pausa Pranzo
14:00 – 16:30: Consegna dei file per la stampa
16:30 – 18:30: Realizzazione modello/i di studio per la mostra
18:30 – 19:30: Networking con le aziende
19:30 – 21:00: Pausa Cena
21:00 – 24:00: Realizzazione modello/i di studio per la mostra

Sabato 10 marzo
10:00 – 13:00: Allestimento mostra
13:00 – 14:00: Pausa Pranzo
14:00 – 18:30: Liberi
18:30 – 24:00: Inaugurazione mostra, premiazioni

La sede del workshop sarà lo spazio stesso che si andrà a progettare, uno spazio che al momento si presenta come un cantiere aperto.

LINGUE UFFICIALI
Italiano, inglese

MODALITA’ DI ISCRIZIONE E DI SELEZIONE
In allegato a questo bando la Scheda di Iscrizione a Rehub, scaricabile anche dal nostro sito, che dovrà essere inviata per e-mail entro il 13 febbraio 2012 all’indirizzo info@thehubtrieste.com, inserendo nell’oggetto “Richiesta di partecipazione workshop Rehub”.
Alla scheda, complilata in tutti gli spazi richiesti, dovrà inoltre esser allegato un portfolio in formato .pdf di massimo 10 pagine A4 non superiore ai 10 mega con una rassegna dei principali lavori.
Sarà cura degli organizzatori inviare una e-mail di conferma dell’avvenuta ricezione della domanda; la giuria procederà alla selezione dei partecipanti esaminando il materiale inviato. Verrà sicessivamente comunicato l’esito della selezione che determinerà l’effettiva iscrizione al workshop.
Verranno selezionate le 42 migliori richieste. I partecipanti saranno poi suddivisi in gruppi misti da 7 persone.

COMPOSOZIONE DELLA GIURIA E PROCLAMAZIONE FINALE
La giuria sarà composta dai fondatori di The Hub Trieste, dai responsabili scientifici e da un pool di futuri co-workers. La giuria proclamerà i risultati del workshop sabato 10 marzo consegnando un attestato a tutti i partecipanti. La giuria concorderà con i diretti interessati e a suo insindacabile giudizio le eventuali modalità di coinvolgimento degli autori delle idee selezionate nella successiva fase di realizzazione del progetto.Al gruppo vincitore verà così data l’occasione di entrare a far parte del gruppo di progettazione di Hub Trieste.

COSTI, VITTO E ALLOGGIO
Il workshop “Rehub – Le idee prendono spazio” è totalmente gratuito Saranno a carico di partecipanti le spese di vitto e alloggio. L’organizzazione ha attivato diverse convenzioni con le strutture ricettive vicine al workshop per rendere i 5 giorni importanti solo per la mente…non per le tasche!
Tutte le opzioni verranno comunicate al momento della preiscrizione.

* This is a work in progress poster

Vai a The Hub Trieste

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5 Gennaio 2012

Citazioni

Artigianato e industria del marmo secondo Enzo Mari


Enzo Mari, The big stone game, Carrara, 1968. Campo giochi per bambini composto da otto lastre di travertino e pavimentato con lastre di ardesia.

Le affermazioni di Enzo Mari riportate di seguito, e contenute in un saggio di Pier Carlo Santini del 1969, offrono spunti di riflessione aperti e problematici sull’impiego del marmo nella produzione artistica, artigianale e industriale.

«Il marmo nella scultura del passato è stato in primo luogo la materia funzionale allora disponibile. La posizione di privilegio è venuta meno giacché si sono trovati materiali più funzionali, adatti cioè per lo scopo che ci si prefiggeva.
Un contatto col marmo può esserci solo utilizzando questo materiale in maniera, torno a dire, funzionale. Per quanto riguarda la scultura (intendendo il manufatto da collezionista) non ha più alcun senso. Per quanto riguarda l’impiego del marmo in una dimensione edilizio-urbanistica (di proposito non uso i termini architettonica e monumentale) esso può essere attuato in tutte quelle situazioni ove siano presenti i seguenti punti:
a) possibilità di lavorazione industrializzata (In un momento di estrema confusione culturale come il nostro, occorre essere molto attenti nei riguardi di interventi per così dire artistico-artigianali giacché questi si prestano ad ambigue mistificazioni di linguaggio. Trattandosi poi di lavorazioni costosissime, se fatte come si deve, finiscono con l’essere apprezzate solo da chi spende il denaro per esibire uno status di prestigio e di potere).
b) suo impiego solo quando è funzionalmente necessario (a prezzi competitivi con materiali che diano lo stesso risultato). E cioè nelle soluzioni ove a quelle caratteristiche formali di colore, varietà materica e altre componenti intrinseche del materiale naturale che il nostro tipo di condizionamento culturale ci fa preferire, si uniscano quelle della durata e della conservazione (ad es. pavimenti, rivestimenti di facciata ecc.).


Enzo Mari, The big stone game. Ogni lastra presenta due piccoli fori in differenti posizioni.

Nei casi in cui le caratteristiche strutturali ed economiche lo consentono, è preferibile usare il marmo non solo come puro fattore ornamentale, ma direttamente come elemento strutturale primario dell’insieme, come ho fatto nel “The big stone game”. Anche se il campo di giochi poteva essere realizzato in altri materiali sono stato sollecitato dall’occasione ad utilizzare il marmo in modo funzionale; difatti gli otto grandi pannelli di travertino a parità di resistenza di altri materiali e a prezzi competitivi, essendo realizzati in materiale massiccio hanno durata maggiore e ognuno di essi, date le proprietà naturali del marmo, è diverso dagli altri e quindi riconoscibile (componente utile al fine dei giochi).


Enzo Mari, oggetto in marmo per Danese, 1963.

Per quanto riguarda altre mie esperienze posso ricordare che gli oggetti da me disegnati fin dagli anni ’60-’64 nascevano da ricerche che hanno dimostrato che l’utilizzazione delle nuove macchine utensili non limita la libertà e la ricchezza formale ritenute anacronisticamente patrimonio esclusivo dell’artigianato (dell’eseguito a mano)».

Enzo Mari cit. in Pier Carlo Santini, “Il materiale pietra”, pp. 282-283, in Momenti del marmo. Scritti per i duecento anni dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, Roma, Bulzoni, 1969, pp. 284.
Su “The big stone game” si veda anche Renato Pedio, Enzo Mari designer, Bari, Dedalo, 1980, in particolare le figg. 100-102 con relative didascalie.

di Davide Turrini

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2 Gennaio 2012

Elementi di Pietra

Dall’elemento di facciata all’arredo urbano
La pietra serena compone il volto della città


Particolare di finestra al piano terreno di Palazzo Bartolommei, Firenze (foto: Sara Benzi)

Nel passaggio da città medievale a città rinascimentale per eccellenza, Firenze elegge la pietra fiesolana a materia di prim’ordine anche per la creazione del proprio spazio urbano, riconoscendola come materia capace di modellarsi negli elementi architettonici e di design nuovamente definiti a partire da quel repertorio classico che proprio attraverso di essi subirà un sostanziale sconvolgimento nell’arco di circa un secolo e mezzo.
Se i conci lapidei che vanno a lastricare strade e piazze della città1, oltre a crearne un volto nuovo, aprono la strada a quella cultura del decoro e dell’igiene urbana che conquisterà il centro dell’attenzione pubblica nel corso dell’Ottocento, sedute, fontane, balaustre, ma ancor più portali e finestre diventano gradualmente l’oggetto di quella sperimentazione volta alla rottura dei canoni tradizionali che caratterizzerà la fine del Rinascimento e lo sviluppo del Manierismo cinquecentesco. Una serie di elementi, questi, che se nel Quattrocento si presentano con quella linearità e austerità rispondente alla lezione brunelleschiana, dall’inizio del secolo successivo mostrano una singolare evoluzione che si sviluppa essenzialmente grazie alla modellazione dei conci lapidei che ne costituiscono la struttura.


Pavimentazioni in pietra serena di Piazza Santa Maria Novella e di Piazza Pitti (foto: Sara Benzi)

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La finestra come elemento di innovazione
Le grandi lastre di pietra che si susseguono, affiancandosi, a coprire quella polvere terrosa che ha caratterizzato per secoli la superficie stradale della città, e le sedute lapidee, lineari e formate da possenti lastre monolitiche poggianti su elementi di sostegno dello stesso materiale non sembrano aver subito, dal Rinascimento a oggi, una sostanziale evoluzione. Sono piuttosto gli elementi che disegnano le quinte urbane a offrire lo spazio a quella trasformazione materica ma ancor più formale che, gradualmente, accompagna l’elemento architettonico al di fuori del rigore del Rinascimento quattrocentesco per avvicinarsi, attraverso il Cinquecento, al Seicento barocco.
Oltre agli interessanti esempi di portali e mensoloni che sorreggono balconi o parti aggettanti delle facciate, è interessante porre l’attenzione sul fatto che la permanenza medievale al piano terra del palazzo fiorentino che vede l’apertura di scarse e piccole finestre poste ad una quota tale da impedire ogni contatto, fisico e visivo, con l’esterno2 lascia il passo, a partire dagli anni Venti e Trenta del Cinquecento, a nuovi affacci del livello stradale che richiamano le più ampie dimensioni delle aperture dei piani nobili. In tale evoluzione, senza dubbio legittimata da un cambiamento politico che accompagna la città alla pace del periodo granducale, la finestra conquista un proprio valore autonomo circondandosi di tutti gli elementi plastici più importanti della facciata.


Finestre ai piani terra di Palazzo Pandolfini e di Palazzo Medici Riccardi, Firenze (foto: Sara Benzi)

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In Palazzo Pandolfini, in via San Gallo, forse progettato da Raffaello intorno al 1513, è possibile riconoscere uno dei primi esempi di edificio residenziale dove il piano terreno si apre con grandi finestre in pietra serena simili, seppur più piccole, a quelle del piano nobile. L’influsso dell’architettura romana si riconosce nell’abbandono della finestra centinata rinascimentale che lascia spazio a una cornice architravata sovrastata da timpani3; al primo piano queste sono dotate anche di balaustra oltre ad essere affiancate da semicolonne. La pietra serena, affiancata dalla pietra bigia e contrastata dall’intonaco color ocra, si riconosce nel disegno dell’intera facciata: gli spigoli dell’edificio sono evidenziati da un bugnato simile a quello che circonda il portone di ingresso, il piano terra e quello nobile sono divisi da una cornice marcapiano ornata a bassorilievo che assume anche il ruolo di appoggio delle finestre. Superiormente un fregio, senza soluzione di continuità, corre all’altezza degli architravi delle finestre e un maestoso cornicione al di sotto della copertura offre lo spazio per un’incisione a caratteri cubitali dell’iscrizione: Iannoctius Pandolfinius. Eps. Troianus Leonis X et Clementis VII Pont. Max. Beneficiis Auctus a Fundamentis Erexit An. Sal. M.D.XX..
La pietra si modella in elementi plastici autonomi.

Risale presumibilmente al 1517 la proposta di Michelangelo Buonarroti di chiudere la loggia d’angolo di Palazzo Medici Riccardi con quelle finestre in pietra forte che verranno dette da Giorgio Vasari “inginocchiate”. L’aggetto della grata di ferro che obbliga timpano superiore e davanzale ad una notevole sporgenza induce l’architetto ad inserire due coppie di mensole per sorreggerne il peso. Sono i due elementi inferiori a richiamare il termine di “inginocchiata”, a causa della scelta di Michelangelo di allungarle oltre il necessario conferendo loro la forma di gamba seduta o, appunto, inginocchiata.
La rivoluzionaria opera michelangiolesca apre la strada a una serie di sperimentazioni che coloreranno l’architettura del Cinquecento fiorentino di un’interessante variazione formale. Nel corso di circa trent’anni la finestra inginocchiata diventa di uso comune e viene costruita spesse volte proprio in pietra serena4.


Finestra al piano terreno di Palazzo Pitti, Firenze (foto: Sara Benzi)

La serie emergente di tale tipologia di finestra è avviata, ancora una volta con la pietra forte, da Bartolomeo Ammannati attorno al 1560 con l’introduzione di due possenti finestre inginocchiate nei fornici laterali all’ingresso principale di Palazzo Pitti. Il riferimento è la finestra michelangiolesca, il cui ritmo formale viene arricchito da Ammannati da un’accentuazione plastica derivante da un nuovo movimento del davanzale, la cui parte centrale diventa aggettante rispetto agli elementi laterali. Le due mensole che lo sorreggono fuoriescono dall’asse delle lesene superiori per avvicinarsi a quello centrale.
Negli anni successivi, la finestra inginocchiata in pietra serena sarà protagonista anche delle facciate di altri palazzi fiorentini. Maggiore o minore ricchezza plastica dell’elemento architettonico risulta spesso la risposta alla necessità di rapportarsi con la superficie parietale circostante.
Vediamo così gli architetti protagonisti del Cinquecento fiorentino, Bernardo Buontalenti e Bartolomeo Ammannati, alternasi nello studiare ricche aperture lapidee. Palazzo Grifoni (oggi Budini-Gattai in piazza S.S. Annunziata), dove Ammannati lavora tra il 1563 e il 1573, mostra un’insolita superficie in laterizio dialogare con elementi in arenaria che inquadrano aperture che rompono qualsiasi canone classico. Ce lo dimostrano i timpani spezzati da cartigli, i davanzali nuovamente caratterizzati dalle parti centrali in aggetto e i mensoloni scolpiti quasi in forma di cuscini.


Finestra al piano terreno di Palazzo Budini-Gattai, Firenze (foto: Sara Benzi)

La semplicità superficiale della facciata di Palazzo Giugni (1565-1577), in via Alfani, a differenza del possente bugnato di Palazzo Pitti e della forte caratterizzazione, almeno per Firenze, della superficie muraria di Palazzo Grifoni, invita l’Ammannati a progettare aperture più semplici, seppure ormai disegnate sull’orma della finestra inginocchiata. La modellazione dell’elemento lapideo formante la finestra in rapporto al muro laterale è ancora più evidente pensando che, negli stessi anni, Ammannati progetta ricche finestre decorate a motivi zoomorfi per palazzo Ramirez Montalvo, in Borgo degli Albizi, dove la superficie lascia spazio a un ricchissimo sgraffito monocromo.
È altresì interessante notare come l’innovazione cinquecentesca sviluppata attraverso la modellazione plastica della pietra vada ad esaurirsi attraverso i decenni che introducono al XVII secolo. Esemplificative risultano le grandi finestre inginocchiate progettate nel 1570 da Bernardo Buontalenti per la casa di Bianca Cappello in via Maggio, sorprendentemente riproposte dall’architetto Gherardo Silvani nel corso del secolo successivo in Palazzo Bartolommei, collocato nell’attuale via Cavour.

Fontane in arenaria grigia


Fontana in pietra serena del cortile di Palazzo Nonfinito, Firenze (foto: Sara Benzi)

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Nel corso del Cinquecento, a Firenze, la pietra serena si modella anche nelle nicchie di contenimento e nelle parti basamentali di eleganti fontane che spesso ospitano possenti sculture in marmo. I virtuosismi manieristi del Cinquecento aprono la strada agli esempi neoclassici dei secoli successivi.
La fontana ospitata al centro della parete di fondo del cortile di Palazzo Nonfinito, progettato da Bernardo Buontalenti negli anni Novanta del Cinquecento su committenza Strozzi, proviene da Palazzo Salviati-Cepparello e risale probabilmente al 1572. La figura marmorea del Perseo, scolpita da Giovanbattista Lorenzi per Iacopo Salviati, poggia su un piedistallo lapideo al di sopra di una grande vasca in marmo posizionata al vertice di una breve scalinata. Il gruppo scultoreo si inserisce all’interno di un’elegante nicchia in pietra serena arricchita con motivi geometrici incisi e delimitata da una cornice in forma di arco a tutto sesto ornata con scanalature e volute.
La fontana addossata alla parete intesa come insieme scenografico composto da elementi architettonici e scultorei in pietra si arricchisce, talvolta, di particolari grotteschi che dialogano in sorprendenti accostamenti con elementi derivati dalla tradizione classica. È possibile osservarlo nella fontana del cortile di Palazzo Orlandini del Beccuto, quasi un arco di trionfo che racchiude una nicchia lavorata con concrezioni calcaree ospitante una vasca e un mascherone centrale, oltre che in quella della Venere e dei Tritoni del giardino di Palazzo Grifoni o in quella del Gigante nel giardino di Palazzo Giugni.


Fontana in pietra serena del lungarno Benvenuto Cellini, Firenze (foto: Sara Benzi)

Nel corso dei secoli successivi l’arte neoclassica vince sui giochi manieristi, i conci lapidei assumono forme più lineari pur derivando ancora dagli esempi precedenti. Vediamo quindi il palazzo progettato nel 1878 dall’architetto Giacomo Roster per il lotto trapezoidale formato dalla confluenza di via della Fornace con lungarno Benvenuto Cellini, ospitare un arco a tutto sesto delimitante una nicchia completamente foderata con lastre in pietra serena levigate. Una statua marmorea di Bacco si staglia davanti al fondale, poggiandosi su un alto piedistallo ancora in arenaria grigia dal quale aggetta una testa di leone che versa acqua all’interno della vasca sottostante.

Ma questa epoca, più tarda, la affronteremo attraverso altri itinerari, dove la pietra riacquisirà dapprima una semplicità di lavorazione precorritrice dell’architettura novecentesca per poi offrirsi, nel corso di un breve periodo, alla libera modellazione organica dell’elemento plastico Art Nouveau.

di Sara Benzi

Note
1 Non ultimi quelli che delimitavano i grandi rettangoli in laterizio che caratterizzavano l’ormai lontana piazza della Signoria, come è possibile osservare nelle innumerevoli raffigurazioni del rogo che ha visto ardere il corpo di Girolamo Savonarola il 23 maggio 1498.
2 Ne vediamo due esempi in Palazzo Strozzi e Palazzo Rucellai.
3 Cfr. Giovanni Klaus Koenig, “Finestre fiorentine della seconda metà del Cinquecento”, in Quaderno dell’Istituto di Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti, Libreria editrice fiorentina, n. 2/3, 1963, pp. 17-71.
4 Per un approfondimento sul tema si veda anche: Giuseppe Marchini, “Le finestre ‘inginocchiate’”, in Antichità viva, n.1, 1976, pp. 24-31.

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