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14 Febbraio 2012

News

Workshop Terre Fragili

La diffusione della percezione del disastro negli ultimi decenni ha alimentato l’insicurezza collettiva favorendo lo sviluppo di retoriche tecniciste che utilizzano l’ingegneria come soluzione lineare ai problemi. Al di sopra di una certa soglia di velocità e di occupazione dell’informazione un disastro assume una tale rilevanza sociale e culturale che costringe i saperi tecnici e le economie a riorganizzarsi esclusivamente all’interno della sua logica. Il collasso è sospensione del tempo che impone un ripensamento sulla durata delle trasformazioni e sul ruolo delle architetture.
Terre Fragili #2 è un workshop internazionale di architettura strutturato per accentuare il carattere site-specific del progetto.
Il workshop vuole sperimentare nuove pratiche del progetto nei territori investiti da disastri. I temi del workshop indagano sulle aree colpite dall’alluvione di Messina del 1 ottobre 2009 per riorganizzare i frammenti dell’incidente in un nuovo ordine. Le attività sul campo coinvolgono interlocutori diversi dalle associazioni alle istituzioni, dai comitati civici alle imprese che operano sul territorio.
Gli incontri che anticipano l’apertura del workshop sono orientati al confronto con esperti per costruire una lettura critica e un approfondimento sulle questioni individuate. Il workshop ha come finalità quella di costruire una gamma di scenari di trasformazioni possibili a partire dall’evento traumatico fino al tempo lungo (obiettivo 2050). Il lavoro d’investigazione sul campo mira a verificare in tempo reale, attraverso piccoli allestimenti, nuove possibilità di ripensare il futuro delle città e dei territori alla luce delle trasformazioni in corso.

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14 Febbraio 2012

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Gridshell in legno – sperimentazione e ricerca

Le gridshell structures, come evidente dal loro stesso nome, sono gusci strutturali a graticcio in cui la superficie a doppia curvatura è realizzata attraverso una griglia di aste e nodi. Si tratta di strutture resistenti per forma la cui capostipite è certamente la Multihalle di Mannheim progettata da Frei Otto e finita di costruire nel 1975.

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14 Febbraio 2012

Post-it

Videointervista Max Dudler

Andrea Rinaldi intervista Max Dudler presso Palazzo Tassoni Estense in occasione della Lectio Magistralis XfafX svoltasi il 22 settembre 2011.

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14 Febbraio 2012

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Max Dudler: il potere del vuoto

È ricominciata la stagione delle grandi conferenze per il ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara con una lectio magistralis di Max Dudler confermando, come sottolinea il professor Daniele Pini chiamato a presentare l’ospite, la centralità in ambito ferrarese del tema architettonico perseguito non solo sul piano didattico ma anche come vero e proprio patrimonio sociale. Indice ne sono le Lauree Honoris Causa a protagonisti della scena internazionale come Peter Zumthor e Santiago Calatrava.

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14 Febbraio 2012

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Magica materia ceramica. Old House di Kengo Kuma.

“Ceramica è il risultato della mescola tra la terra, la propria terra intesa fisicamente, e la vita degli esseri umani”. Tale affermazione – intensa significazione nell’estrema sintesi che contraddistingue il suo stesso autore -, è pronunciata da Kengo Kuma in occasione dell’inaugurazione della Old House di Casalgrande Padana, sua seconda realizzazione architettonica in terra emiliana ove il grès porcellanato è ancora una volta protagonista.
Il maestro giapponese ci rammenta come il materiale ceramico venga dal “basso”, dal terreno fisico, evidenziandone il senso di appartenenza alla terra, vivo in ciascuna civiltà che faccia uso tradizionalmente di tale materiale; dal suolo la materia è colta informe per essere trasformata in materiale artificiale grazie all’attività dell’uomo, rappresentandone simbolicamente il frutto dell’intelligenza e dell’impegno produttivo prolungato nel tempo.

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8 Febbraio 2012

Opere Murarie

I bugnati a punta di diamante*

English version


Dettaglio della Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli (foto A. Acocella)

Lungo la seconda metà del XIV secolo, sull’influenza esercitata dai già famosi palazzi fiorentini, affiorano nelle principali città italiane residenze di rango con facciate bugnate di cui alcune impreziosite anche da motivi a bozze inusuali. E’ il caso dei modellati geometrici a punta di diamante: celeberrimi i casi di Bologna (Palazzo Sanuti, poi Bevilacqua) e Ferrara (Palazzo dei diamanti). Il primato di questo bugnato sembra, comunque, doversi assegnare ad una città importante e molto distante dai centri padani qual’è Napoli con il piano basamentale di Palazzo Sicola (oggi completamente scomparso) e soprattutto con il Palazzo Sanseverino (1455-1470), realizzato da Novello di Sanlucano che, anticipatamente rispetto ad ogni altro centro, mettono in bella mostra pietre aguzze in forma di piramidi schiacciate. Le anticipazioni rinascimentali partenopee a loro volta, in qualche modo, registrano l’influenza diretta del “bugnato regale” presente nel basamento scarpato delle torri di Castel Nuovo.
Le bugne in piperno dal colore bruno della residenza dei Sanseverino risorgono a nuova vita, dopo la distruzione della fabbrica stessa, nella nuova facciata della chiesa del Gesù Nuovo (1584) insistente sull’omonima piazza. La chiesa e le stesse bugne saranno soggetto fotografico ravvicinato e oggetto di un’annotazione a schizzo da parte di Le Corbusier nei suoi famosi Carnets del Voyage d’Orient che documentano l’itinerario di visita e di studio all’interno dei siti delle civiltà del Mediterraneo; il maestro svizzero trascrive le dimensioni delle bozze: 60 x 60 cm alla base, 30 cm altezza del vertice. Le foto, fortemente “selettive” del tema del bugnato, sono restituite prospetticamente di scorcio; colpisce, in particolare, la tecnica di “ripresa dinamica”, effettuata in posizione radente dal basso verso l’alto, con la disposizione in diagonale delle teorie delle bugne a diamante, a testimonianza dell’interesse più volte espresso nei suoi taccuini per l’effetto e il forte valore plastico dell’architettura italiana.


Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli. Schizzo di Le Corbusier dal Carnet del “Voyage d’Orient”

Se il primato nell’utilizzo rinascimentale del paramento bugnato a diamante va assegnato a Napoli è a Ferrara che sorge l’esempio più compiuto e raffinato di palazzo “nobilitato” da facciate interamente rivestite di diamanti lapidei. Nella capitale degli Estensi, dove s’impone il quasi assoluto predominio dei rossi laterizi, l’universo di pietra s’insinua attraverso le vie d’acqua che fanno affluire verso la città i calcari veronesi, quelli d’Istria come pure i marmi più preziosi.
Splendida facciata monumentale bugnata a profilo aguzzo è quella del Palazzo dei diamanti, fra gli edifici di maggior risalto se non addirittura il più eccelso della città, realizzato a partire dal 1493 da Biagio Rossetti per Sigismondo d’Este. Il riferimento esplicito al bugnato da parte di un cronista modenese, in visita a Ferrara nel 1496, ne conferma la paternità ideativa di Biagio Rossetti che, a questa data, coordina i lavori della fabbrica coadiuvato da Gabriele Frisoni da Mantova; il visitatore già ne ammira la facciata a scarpa con pietra lavorata a punta di diamante.


Dettaglio angolare del Palazzo dei Diamanti a Ferrara (foto A. Acocella)

I lavori di preparazione delle bozze del rivestimento e la loro messa in opera continuano, dal 1503, sotto la direzione di Girolamo Pasini e Cristoforo da Milano; solo nel 1567 l’esecuzione delle due grandi superfici murarie bugnate può ritenersi sostanzialmente conclusa. La composizione non è “verticalizzante”, così come nei modelli fiorentini, bensì si struttura su un ritmo orizzontale, tipico della tradizione dei palazzi rinascimentali dell’Italia settentrionale.
Eccezionale appare il partito parietale con bugne a punta di diamante che ostenta i caratteri di un’inedita eleganza offerta dalla modellazione geometrica della materia lapidea dislocata spazialmente all’interno dell’alzato su strada del palazzo. Le due fronti, che materializzano una muraglia continua di raffinata fattura chiaroscurale, appena stemperata ed articolata attraverso l’uso di paraste angolari decorate a motivi di candelabre e di cornici orizzontali, sono realizzate attraverso il regolare dispositivo additivo di migliaia di bugne aguzze e prominenti in calcare veronese bianco con qualche sporadica bozza rossastra. Immaginiamo la difficoltà a procurarsi e a trasportare da lontano tanta pietra; ma la legge del materiale più raro e più nobile, capace di imporsi rispetto al laterizio più comune ed economico, non è poi avvenimento così infrequente nella storia delle costruzioni.
Un’analisi attenta del bugnato, condotta in occasione di recenti rilievi, ha messo in risalto alcune peculiarità inedite. Si è riscontrato, in particolare, un graduale spostamento dell’asse delle piramidi; nella fascia bugnata del basamento i vertici sono sensibilmente rivolti verso il basso; nella zona centrale gli assi sono rigorosamente normali al piano murario della facciata; nel registro sommitale dei prospetti bugnati s’inclinano di nuovo, ma verso l’alto. Il sospetto che possa trattarsi di un caso fortuito o di un’imperfezione tecnica è dissipato da un’altra osservazione: man mano che ci si avvicina alle paraste angolari, le diagonali congiungenti i vertici delle piramidi seguono un andamento curvilineo regolare, mentre esso si attenua gradualmente nelle zone discoste dallo spigolo. E’ mai opinabile che il Rossetti e il Frisoni non ne fossero consapevoli? Queste impalpabili correzioni ottiche sono essenziali nell’effetto estetico complessivo, poiché negano ogni staticità figurativa al muro bozzato, lo rendono vibrante, lo esaltano.
L’alzato delle facciate risulta gerarchicamente quadripartito nella sua stratificazione compositiva dal basso verso l’alto, mentre è ritmato verticalmente dalle candelabre scolpite da Gabriele Frisoni con figure in delicato modellato (inscritte nella tradizione dei leggiadri pilastri angolari che serrano frequentemente le pareti in rosso laterizio delle fabbriche ferraresi) poste come lesene decorative e, allo stesso tempo, con ruolo “funzionale” in quanto arrestano le bugne a diamante prima della linea di spigolo al fine di eliminare i problemi di intersezione angolare. La scarpata di base, continua ed ininterrotta, conclusa da una cornice aggettante in forma di toro, si presenta come la trasposizione della tipica soluzione basamentale dell’edilizia ferrarese in cotto; segue in perfetto appiombo, il registro murario uniforme del piano terra segnato in basso da aperture appena ritagliate e, in alto, dalla cornice ad ovuli con la fascia architravata; su quest’ultima, che funge da marcapiano e bancale di appoggio, s’inseriscono le finestre del piano nobile sormontate da un timpano triangolato; intorno alle aperture si espande ulteriormente il rivestimento fino a trovare una “fascia neutra” di filtro che separa il bugnato dal cornicione.


Dettagli della facciata del Palazzo dei Diamanti a Ferrara (foto A. Acocella)

Rispetto ai modelli fiorentini archeologizzanti, il paramento a bozze aguzze di Biagio Rossetti si mostra in modo più leggiadro – una sorta di grande mosaico parietale – attraverso la giustapposizione di un’infinità di tessere litiche dalla base quadrata disposte con molta regolarità l’una accanto all’altra, sfalsate nei filari contigui di mezzo modulo in modo che i vertici delle piramidi risultino allineati secondo linee diagonali portatrici di un singolare dinamismo e di sottolineati effetti luministici.1
Altri edifici importanti adottano, a cavallo del XV e XVI sec., i temi della facciata bugnata con bozze a punta di diamante: il palazzo detto lo Steripinto a Sciacca, la casa Ciambra (o Giudecca) a Trapani, il palazzo Raimondi a Cremona, il palazzo Sanuti (poi Bevilacqua).
In avvio del Cinquecento il tema del bugnato è già canone dotato di un consolidato statuto all’interno della fiorente trattatistica rinascimentale, sublimato in un vero e proprio stile architettonico. Nelle opere d’architettura si mostra spesso “composto” ed “ordinato” all’interno di un rigore compositivo di sapore classicista come nelle fabbriche di Raffaello, Peruzzi, Sangallo il Giovane; ma già poco più tardi, a distanza di una sola generazione, viene impiegato in modo scenografico ed illusivo – come nel caso di Giulio Romano a Mantova – codificandone una vera e propria maniera: l’opera rustica. Nei secoli successivi salvo poche eccezioni significative (come i Palazzi Pesaro e Rezzonico a Venezia di Longhena) il tema del bugnato viene ricondotto a impieghi meno spettacolari.
In epoca moderna il disegno dei bugnati lapidei sarà trasferito anche a tutta quell’edilizia più ordinaria risolta – in esterno – ad intonaco, dove “finte bugne” saranno chiamate a nobilitare costruzioni matericamente più povere. L’origine della simulazione del bugnato lapideo si può, comunque, rintracciare già nel pieno Cinquecento in una città povera di pietra – qual’è la Mantova rinascimentale dei Gongaza – dove il genio di Giulio Romano sarà chiamato a trasferire il tema dei muri bozzati dall’accezione autenticamente pietrificata a un piano eminentemente decorativo, mimetico, illusivo.

Davide Turrini

Note:
* Il saggio è tratto dal volume di Alfonso Acocella, L’architettura di pietra, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624.
1 Sul Palazzo dei diamanti di Ferrara si veda: Bruno Zevi, Sapere vedere l’urbanistica. Ferrara di Biagio Rossetti, Torino, Einaudi, 1971 (ed. or. 1960), pp. 365. Per una analisi dettagliata del rivestimento a bugnato si vedano Carla Di Francesco (a cura di), Palazzo dei diamanti. Contributi per il restauro, Ferrara, Spazio Libri, 1991, pp. 168; Chiara Bentivoglio, “Luci e ombre nel rivestimento esterno del Palazzo dei Diamanti”, Marmo n.10, 2000, pp. 8-15.

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8 Febbraio 2012

English

Diamond-pointed rustication*

Versione italiana


Church of Gesù Nuovo, Naples. Partial view of the diamond-pointed rustication (photo A. Acocella)

During the second half of the 14th century, the influence of the by now famous Florentine palazzi began to be felt in other Italian cities, where wealthy residences with rusticated façades were built, some boasting unusual and original rusticated motifs. Examples of the latter include the geometrical, diamond-pointed rustication of Bologna’s famous Palazzo Sanuti (later Bevilaqua) and Ferrara’s Palazzo dei Diamanti. However, the number one city for this type of rustication is, in fact, Naples: fine examples include the basement storey of Palazzo Sicola (no longer standing) and, in particular, Palazzo Sanseverino (1455-1470), built by Novello di Sanlucano: these Neapolitan buildings led the way in the employment of diamond-pointed (flat-topped pyramid) rustication. Naples’ avant-garde Renaissance creations, in turn, were to a certain degree directly influenced by the “royal rustication” characterising the basement escarp of the Castel Nuovo towers.
The brown-coloured, rusticated piperno ashlars used in the Sanseverino family’s residence were “recycled” after the destruction of the building, and employed in the construction of the new façade of New Christ Church (Gesù Nuovo) in 1584, situated in the square of the same name. The church and the rusticated ashlars were to be photographed and sketched, to be included in Le Corbusier’s famous Carnets d’un Voyage d’Orient) documenting his visits to, and studies of, the sites of ancient Mediterranean civilisations. The Swiss architect notes the size of the ashlars: 60 x 60 cm. at the base; 30 cm. the height of the vertex. The photos, of selected details of the rustication, provide a foreshortened perspective; the dynamic photographic approach is particularly striking, with shots taken from a grazing angle looking upwards, with the network of diamond-pointed ashlars seen from a diagonal perspective, further proof of Le Corbusier’s professed interest in the effect and significant plastic value of Italian architecture.


Church of Gesù Nuovo, Naples. Sketch by Le Corbusier taken from his “Carnet d’une Voyage d’Orient”

While Naples can be considered the leader in the Renaissance employment of diamond-pointed rusticated facing, Ferrara possesses the best, most refined example of a building “ennobled” by façades completely clad in diamond-pointed rusticated ashlars. In the Estense family’s hometown, dominated by the use of red brick, the world of stone architecture insinuates its way into the urban fabric via the waterways that bring limestone and the most valuable of Italian marbles in from Verona and Istria.
The Palazzi dei Diamanti, perhaps the town’s finest building, boasts a splendid monumental façade of diamond-pointed ashlar: the building was commissioned by Sigismondo d’Este, and begun by Biagio Rossetti in1493. The specific reference to rustication made by a Modena chronicler visiting Ferrara in 1496, confirms that it was Rossetti’s creation (at that time he was managing construction work, aided by Gabriele Frisoni of Mantua); the visitor was already able to admire the escarped, diamond-pointed façade that year.


Corner detail of Palazzo dei Diamanti in Ferrara (photo A. Acocella)

The dressing and laying of the cladding ashlars continued, from 1503 onwards, under the management of Girolamo Pasini and Cristoforo of Milan, and work on the two main rusticated façades was not really completed until 1567. The resulting composition was not of a vertical nature as in the Florentine models, but based on a horizontal rhythm more characteristic of the Renaissance buildings of northern Italy.
The diamond-pointed rustication is designed to give the masonry a uniquely elegant appearance: a refined chiaroscuro effect created by the shape of the ashlars, only slightly attenuated by the corner parastatas decorated with candelabra motifs and horizontal cornices. The two façades consist of the careful arrangement of thousands of pointed ashlars of white Verona limestone and the occasional reddish ashlar. One can easily imagine the considerable difficulty the builders must have had in finding and transporting so much stone from afar at that time; however, the desire for the rarest and noblest stone, rather than for the more readily available and far less expensive brick, has been a constant factor in the history of construction.
A close examination of the ashlar-work during recent studies has identified certain unique details. For example, there is a gradual shift in the axis of the pyramids (diamonds): in the rusticated basement section, the vertices are noticeably angled downwards; in the central section, they are perpendicular to the surface plane of the façade; then in the upper section of the façade, they are once more inclined, this time in an upwards direction. The suggestion that this may be a chance event or a technical imperfection is, however, denied by the fact that at you get closer to the corner parastatas, the diagonals between the vertices of the pyramids follow a regular, curvilinear pattern, whereas this becomes less evident as you move away from the corner. It appears highly unlikely that Rossetti and Frisoni were unaware of this phenomenon. These almost imperceptible optical effects contribute significantly to the overall appearance of the façades, as they prevent the rusticated wall from appearing figuratively static, rendering it more intriguing and vibrant from an aesthetic point of view.
The façade wall is sub-divided into four compositional horizontal layers, while its vertical aspect is characterised by the presence of candelabras sculpted by Gabriele Frisoni, with delicately modelled figures (in keeping with the traditional, exquisite corner piers that often flank the red-brick walls of buildings in Ferrara) employed both as decorative lesenes, and as the boundaries of the diamond-pointed ashlars of the corner line (thus solving the problem of angular intersection). The continuous escarp, which ends in a protruding, bull-shaped cornice, represents the transposition of the traditional terracotta basement design used in Ferrara’s buildings; this is followed by the perfectly vertical ground-floor wall featuring openings in the lower half, and ovolo mouldings with architraved fasciae in the upper section. The latter, which acts as a string course and supporting element, features the upper-floor windows surmounted by a triangular tympanum; the cladding extends around the windows until it meets a “neutral fascia” separating the ashlar work from the cornice.


Facade details of Palazzo dei Diamanti in Ferrara (photo A. Acocella)

Compared to the Florentine models in their archaeological phase, the sharp rusticated facing designed by Biagio Rossetti is more graceful – forming a kind of large wall mosaic through the juxtaposition of a myriad of squared stone tesserae arranged in a regular pattern, side by side, with each course staggered so that each stone lies at the mid-point of the ones immediately above and below: the result is that the vertices of the pyramids are diagonally aligned, thus creating a dynamic chiaroscuro effect. 1
Other important buildings constructed during the period between the end of the 15th century and the beginning of the 16th century adopted diamond-pointed rusticated façades: the so-called Steripinto building in Sciacca, Ciambra /or Giudecca) House in Trapani, Palazzo Raimondi in Cremona, and Palazzo Sanuti (later Bevilacqua).
At the beginning of the 16th century, rusticated ashlar had already achieved a certain pre-eminence among Renaissance façades with its transformation into a genuine architectural style. It often took on a composed, orderly form within a classical design, as can be seen in the buildings by Raffaello, Peruzzi and Sangallo the Younger; however, just one generation later, it was utilised in a more decorative, illusive manner, establishing a true style known as rustication (as in the work of Giulio Romano in Mantua). During the centuries that followed – with just the occasional important exception (Longhena’s Palazo Pesaro and Palazzo Rezzonico in Venice, for example) – rusticated ashlar was used in a much less spectacular fashion.
In more modern times, rusticated ashlar designs have been employed in ordinary constructions, where plastered façades have been adorned with “false rustication”. This technique of imitating rustication emerged in the mid-16th century, and can be seen in the Gongaza family’s Renaissance Mantua (a town lacking in stone at that time), where Giulio Romano’s skill was called upon to employ the rusticated masonry effect for purely decorative, illusory purposes.

Davide Turrini

Notes
* The re-edited essay has been taken out from the volume by Alfonso Acocella, Stone architecture. Ancient and modern constructive skills, Milano, Skira-Lucense, 2006, pp. 624.
1 For further details of the Palazzo dei Diamanti in Ferrara, see: Bruno Zevi, Sapere vedere l’urbanistica. Ferrara di Biagio Rossetti (Turin: Einaudi, 1971) (first published 1960). For a detailed analysis of rusticated cladding, see Carla Di Francesco (ed.), Palazzo dei Diamanti. Contributi per il restauro (Ferrara: Spazio Libri, 1991); Chiara Bentivoglio, “Luci e ombre nel rivestimento esterno del Palazzo dei Diamanti”, Marmo n.10, 2000, pp. 8-15.

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6 Febbraio 2012

News

Il Master Architettura | Storia | Progetto

Il Master Architettura | Storia | Progetto è stato fondato e diretto dal 2003 da Mario Manieri Elia, fino alla sua scomparsa nel luglio 2011, coll’obiettivo di raccogliere ed offrire

i frutti di una elaborazione culturale che condensa un assortimento di ricerche e di esperienze diverse – ma tutte di grande rilevanza scientifica e professionale -, attinenti all’Architettura, intesa nel suo fondamentale valore antropologico culturale e nei suoi ambiti multidisciplinari critici e operativi. La presente edizione, forte del suo insegnamento, intende proseguire nella stessa direzione.

Il Master assume come centrale e fondamentale per tutte le attività di ricerca e di progetto, il nodo scientifico e metodologico in cui si incrociano la Storia e il Progetto, nella convinzione dell’importanza, nella vita professionale, di una profonda consapevolezza a livello concettuale, per sfuggire agli equivoci e alle secche di una cultura abituata alle semplificazioni selettive più che alle meditate sintesi critiche. E ciò, con l’evidente obiettivo – che si è rivelato largamente conseguibile – di abilitare i Corsisti, sia sul piano intellettuale che su quello tecnico, a muoversi e produrre, responsabilmente e anche innovativamente, in un mondo come il nostro, la cui anima e senso risiedono nella complessità e, per citare Heidegger, nell’eventualità.

La novità della struttura del Master – che contempla un primo modulo svolto a Roma riguardante i fondamenti teorici e metodologici, seguito da un modulo di indirizzo tematico frequentato a Roma o all’estero – accresce la pluralità e la ricchezza formativa, fornendo un arco di insegnamenti umanistici e tecnici di deliberata ampiezza, tali da dotare i corsisti del più ampio patrimonio strumentale e culturale per far fronte, con competenza e responsabilità a un vasto spettro di occasioni di studio e di lavoro, anche a livello internazionale. E ciò grazie a un’offerta didattica affidata all’eccellenza di un esteso ventaglio di docenze, scelte in ambito nazionale e internazionale, cui è affidato il numero limitato dei corsisti, favoriti da un intenso, proficuo e continuo scambio intellettuale

Il bilancio decisamente positivo del Master Architettura | Storia | Progetto, giunto al nono anno, come quello del Corso di Perfezionamento in Storia della progettazione architettonica, giunto al dodicesimo anno, e infine anche del Corso di Perfezionamento in Cultura del progetto in ambito archeologico, nella sua quinta edizione, può evincersi dalle numerose pubblicazioni edite e diffuse; ma soprattutto risulta confermato in modo confortante dall’interessante quadro di impegni di lavoro già ottenuti, sia in Italia che all’estero (New York, Londra, Porto, Madrid, Barcellona, Valladolid, Rotterdam), dai corsisti che hanno frequentato le edizioni precedenti.

Le attuali dinamiche professionali dell’architettura implicano, infatti, e in modo sempre più evidente, dimensioni internazionali, richiedendo ai giovani laureati competenze spendibili in un sempre più ampio contesto per affrontare, al più alto livello, la sfida della contemporaneità. Ciò comporta capacità d’integrazione e di rapporto con le più diverse realtà tecniche e culturali a scala globale e, nello stesso tempo, una consapevolezza delle qualità specifiche della propria formazione locale, italiana e, in particolare, romana.

La collaborazione tra la Facoltà di Architettura di Roma Tre e le Università di Valladolid, di Waterloo, di Granada ha dato modo di concepire un programma di alta qualità, sia per l’articolazione multidisciplinare dei contenuti scientifici che per la ricchezza dell’offerta didattica, con l’attiva co-partecipazione di docenti e studenti sia italiani che stranieri che si incontrano anche a Roma, confrontando esperienze diverse. La durata oraria del percorso didattico è adeguata all’obiettivo e appare altresì commisurata agli standard internazionali, quali quelli adottati anche dalle sedi consorziate. Inoltre, i programmi sono studiati in maniera da lasciare spazio ai corsisti per l’avvio di una prima attività professionale e per la ricerca di un’occupazione di alta qualificazione.

In sintesi, il Master da la possibilità:
di conoscere direttamente personalità dell’architettura, della cultura e della professione italiane e internazionali;
di interagire con colleghi di discipline affini e correlate al progetto architettonico;
di condividere esperienze di lavoro e di studio con gli studenti stranieri (provenienti dalle università consorziate) e italiani (provenienti da diverse università italiane);
di frequentare, ad alto livello, diverse realtà post-universitarie e professionali straniere;
di svolgere esercizi progettuali che diventino pubblici, siano esposti, mettano in contatto gli studenti col mondo, diventino titoli per il proprio curriculum e passaporti per futuri contatti.
Il Master offre riflessioni e cultura, ma offre anche relazioni, conoscenze, prospettive: il Master Architettura Storia Progetto, così come concepito allarga l’orizzonte delle possibilità individuali.

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3 Febbraio 2012

News

Marmomacc 2011
Intervista a Patricia Urquiola

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30 Gennaio 2012

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Marmomacc 2011
Intervista a Angelo Micheli e Laura Cunico

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