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22 Maggio 2012

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VALORIZZAZIONE E ALIENAZIONE DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE PUBBLICO: una opportunità per la trasformazione urbana


Clicca sull’immagine per scaricare l’invito e il programma

Tra gli impegni governativi delineati nel Decreto “Salva Italia”, sicuramente rilevante è la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico nella prospettiva della sua alienazione; tale iniziativa, oltre che un obiettivo per contribuire a risanare i conti pubblici, può essere l’opportunità per innescare processi di trasformazione di quei tessuti urbani che, dopo anni di “consumo del territorio” e di mancata manutenzione edilizia, hanno ormai esaurito la loro funzione dal momento che ben altre sono le esigenze che la società, profondamente modificata in questi anni, richiede che vengano soddisfatte.
Fra queste ultime, di non secondaria importanza, le tematiche dello sviluppo sostenibile che, attraverso sperimentazioni sempre più avanzate, come ad esempio le smart city, si incominciano a connotare in termini di assoluta concretezza.

Tali operazioni, già complesse se affrontate separatamente, vedono oggettivamente aumentare i livelli di criticità nel momento in cui, per innescare le necessarie sinergie a garanzia del loro successo, vengono condotte contestualmente.
E’ necessario pertanto “mettere a sistema” esperienze e competenze per garantire, anche attraverso la ricerca di processi nei quali l’incontro fra interesse pubblico e privato siano equamente bilanciati, il conseguimento di risultati nei quali “l’interesse pubblico sia rivolto ad operazioni altamente funzionali agli obiettivi di riqualificazione urbana”.

In questa logica:
la SITdA (Società Italiana della Tecnologia dell’Architettura) che riunisce docenti di 18 sedi universitarie e cultori della materia con finalità di collegare università, imprenditoria privata, pubbliche amministrazioni e professioni con l’obiettivo, tra gli altri, di assistere le istituzioni nel controllo e nella valutazione della qualità edilizia e di promuovere l’innovazione di processo e di prodotto attraverso la ricerca e la formazione;
con il contributo dell’ ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) che rappresenta a livello nazionale gli imprenditori privati di ogni dimensione e forma giuridica, operanti nei settori delle opere pubbliche, dell’edilizia abitativa, commerciale, direzionale ed industriale;
e della AFM Edilizia (Associazione Formazione Manageriale) fondata dall’ANCE che è al servizio del sistema delle costruzioni dal 1985: progetta, promuove e gestisce interventi di formazione, di ricerca e di consulenza per gli imprenditori, i dirigenti ed i quadri delle imprese di costruzioni e per tutti gli operatori del settore;
sono reciprocamente impegnate a coniugare gli specifici strumenti di cui dispongono al fine di attivare un primo confronto, ricercare le necessarie sinergie e per individuare possibili percorsi operativi.
A tal fine invitano al Convegno sul tema della

“Valorizzazione ed alienazione del patrimonio immobiliare pubblico: una opportunità per la trasformazione urbana“

Roma, Aula Magna della Facoltà di Architettura, sede di Valle Giulia
martedì 29 maggio 2012 ore 9.00

Programma
ore 9.00 welcome coffee e registrazione dei partecipanti
presentazione del semestrale TECHNE’ monografico sul tema del Convegno
ore 10.00 Saluti del Magnifico Rettore Luigi Frati
Saluti del Preside della Facoltà di Architettura Renato Masiani
Saluti del Direttore del Dipartimento DATA Antonio Paris
ore 10.30 Introduzione ai lavori Roberto Palumbo Presidente SITdA
ore 10.45 Ernesto Antonini (SITdA) – Università di Bologna
ore 11.15 Ambrogio Prezioso (Presidente AFM/ANCE)
ore 11.45 -12.45 Interventi
ore 12.45 Maria Teresa Lucarelli (SITdA) – Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
ore 13.00 Marco Vivio Presidente commissione formazione ANCE
ore 13.30 Light lunch
ore 14.30 Tavola Rotonda: modera Aldo Norsa (SITdA) Università IUAV di Venezia
partecipano:
Giampiero Bambagioni (Tecnoborsa)
Alberto Fecchio (eFM) –
Gianni Guerrieri (Direttore Centrale Osservatorio mercato immobiliare e servizi estimativi – Agenzia del Territorio)
Francesco Karrer (Presidente del Consiglio Superiore LL.PP)
Alberto Levi (Rdm)
Carlo Odorisio (CRESME)
Angelo Peppetti (Ufficio Crediti ABI)
Giuseppe Rinaldi (Amministratore Delegato ANCI ComuniCare)
Giuseppe Roma (CENSIS)
Silvano Susi (imprenditore)
ore 16.45 (a cura della SITdA) – Conclusione della tavola Rotonda con la costituzione di un gruppo di lavoro congiunto SITdA-ANCE che svolga il ruolo di “Osservatorio” sullo stato di avanzamento delle iniziative di riqualificazione urbana e di valorizzazione/alienazione del patrimonio immobiliare pubblico,
– Sottoscrizione “Accordo ” sulla formazione (ANCE-AFM-SITdA)
ore 17.00 Conclusioni: Paolo Buzzetti Presidente ANCE

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18 Maggio 2012

Opere di Architettura

Lapis Niger
XII Biennale architettura di Venezia
Attilio Stocchi


L’installazione, dall’esterno, in Biennale.

Proprio a Venezia nel 1552 due pescatori rimasero quasi due ore immersi nel mare Adriatico, chiusi in una campana di tre metri di diametro, davanti agli occhi del Doge, dei senatori e della folla stupita. La campana subacquea, adeguatamente ingegnerizzata e perfezionata nel tempo sino a divenire l’habitat subacqueo, costituisce ancora oggi l’approdo sicuro ed asciutto per il sommozzatore di profondità, una sorta di speciale luogo di riparo e di quiete negli abissi, entro una bolla d’aria attorniata dalla vita dei mari o degli oceani. Per pura associazione visiva, entrare, obbligatoriamente dal basso, nell’installazione di Attilio Stocchi alla dodicesima Biennale di Architettura del 2010, è come per il sommozzatore guadagnare il riparo della campana subacquea nella profondità degli abissi, e lì farsi raggiungere dai suoni dell’oceano, e percepire i movimenti delle maree.
In Italia 2050, terza sezione del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia curato da Luca Molinari, quattordici architetti hanno tradotto in installazioni altrettanti testi e temi scaturiti da un’iniziativa della rivista Wired, quali visioni sul futuro prossimo. All’interno di uno spazio esteso in cui è stata lasciata libertà di movimento, quattordici scale conducono all’anno 2050, ad un’ampia piattaforma sopraelevata ospitante le altrettante installazioni. Qui il progetto di Stocchi è fra gli unici a confrontarsi direttamente con il tema disciplinare fondamentale dello spazio architettonico.
La dodicesima Biennale di Architettura di Venezia è diretta da Kazuyo Sejima e porta il titolo People meet in architecture. Come riportano i testi istituzionali dell’evento “Il titolo suggerisce che l’architettura ha il compito di creare degli spazi reali che agevolano la comunicazione tra gli individui, in un’epoca in cui le tecnologie più avanzate sostituiscono il dialogo diretto tra le persone. Per superare la condizione di isolamento e restituire un nuovo senso alle comunità, l’architetto piuttosto che concentrarsi su grandi utopie, dovrà cercare di realizzare visioni funzionali al presente.”
Il lavoro di Attilio Stocchi per l’occasione, intitolato Attesa, indaga anche questo tema; un suggestivo contributo testuale di Achille Stocchi e la relazione di progetto dell’architetto lo svelano in via definitiva:

“Le particelle si incontrano nella materia vuota.
La vita (suoni e luce) si incontrano – solo – nel vuoto (nella solitudine?) di uno spazio.
Questi per me, sono i riflessi dal futuro.

Entrare soli in uno spazio. Che implode e sembra assorbire tutto:
quasi camera anecoica, spugna – che tutto imbeve – .
Buco nero? Forse meglio: lo spazio pieno come una nebbia, che esiste, e si può compenetrare.
Subito qui l’architettura fa incontrare: ma solo se stessi.
Vuoto, dove la vita – la possibilità di movimento – sono questi coni:
l’istantanea del loro posizionamento, qui in questo momento.
Si odono delle voci e si è colpiti da frecce di luce e da immagini di altri mondi.
Questi cunei non spengono solamente – le voci, il desiderio di uscire – :
una piccola fessura/apertura li trasforma
in grandi orecchie, pronte ad accogliere le voci dallo spazio intorno,
e in grandi occhi pronti a dialogare con le altre vite che qui circondano.
Vuoto come luogo di incontro e interazione.
I suoni e le voci collidono all’interno del visitatore che li registra.
Non tanto, non solo visione di altri oggetti,
ma probabilità/desiderio di interagire con l’intorno: questo è l’oggetto della mia riflessione.
Questa è la fisica, lo spazio fisico di questo vuoto.
Riflessioni dal cosmo,
che è quella calma – geometria d’ordine – che cerchiamo dentro di noi.


Alcuni elaborati di dettaglio costruttivo.

In attesa c’è la speranza che qualcosa accada.
Ma in attesa c’è anche il tentare (l’esperimento, la fatica del progetto)
e c’è, soprattutto, la tensione e il tendine, che poi è questo tentativo di tirare i fili, i legamenti della luce.
In Attesa c’è poi il lavoro “Attese” di Fontana, squarci di luce.
In Attesa c’è anche un dialogo con il luogo, la Tesa delle Vergini: dove, come in altri parti dell’Arsenale si tendevano le vele o si tiravano le corde (corderie).
Sempre tensione.”

I coni molteplici alle pareti dell’installazione di Stocchi paiono altrettanti tentativi di carpire l’attenzione della vita che scorre e passa d’intorno, per attrarla a sé, come corni inglesi montaliani in attesa che il vento soffi e li faccia suonare.
Proprio per via dei coni, visivamente l’interno dell’installazione di Stocchi pure ricorda, amplificate, le superfici acustiche delle sale di registrazione. Le due cose, insieme, ritornano nel cinema, ove il giudice di Tre colori: film rosso, dopo una vita trascorsa a giudicare il bene ed il male negli altri, si isola confinandosi nella propria casa ad ascoltare di nascosto le conversazioni dei vicini. Le vite degli altri ha poi portato alla notorietà le vicende del funzionario della Stasi, Wiesler, il cui tempo trascorre al chiuso, in solitario, nell’ascolto della vita privata di due artisti. In entrambi i casi sarà in effetti la vita esterna a farsi breccia nelle vite solitarie dei protagonisti, e nelle mura in cui sono rinchiusi, fino a redimerli, trasformando il voyeurismo in uno sguardo d’amore sul mondo.
Per mere ragioni di carattere pratico l’installazione è realizzata in legno verniciato e prende il nome di Attesa. In origine era interamente lapidea e titolata Lapis Niger.
Quella del lapis niger a Roma è un’area di forma pressoché quadrata entro il foro, realizzata con marmo in colore scuro di cava greca, divisa dal restante pavimento in travertino con una serie di lastre di marmo bianco, poste in verticale a delineare una sorta di balaustra. Al di sotto della specifica area definita dal particolare marmo pavimentale, resti sempre lapidei e scultorei hanno fatto parlare di un pulpito, di una tomba e di un tempio. Fra queste spoglie è ritrovata la stele lapidea recante una tra le più antiche iscrizioni in lingua latina, del VI sec. a.C., con caratteri ancora simili a quelli greci ed andamento bustrofedico. I lapis niger sono pure pietre dedicate al culto della dea Cibele, prima greca e poi romana, dea della fecondità della terra, madre degli dei e degli uomini.
All’interno dell’unico spazio della Biennale in cui la piattaforma eleva le quattordici visioni del futuro prossimo, l’installazione di Stocchi è punto privilegiato, in questo caso per un approfondimento sui temi dell’architettura e dell’incontro, così come il lapis niger all’interno del foro.
Come nel lapis niger esiste una realtà al di sopra ed una al di sotto della superficie.
Così come l’iscrizione bustrofedica per la scrittura, l’architettura offre infine una chiave di lettura ai comportamenti umani ed al trascorrere del tempo, affinché lo spazio architettonico continui a costituire fecondo punto d’incontro fra gli uomini, e fra gli uomini e la propria spiritualità.


Uno schizzo studia l’interazione fra la variabilità dei percorsi esterni e l’installazione.

[photogallery]lapis_niger_album[/photogallery]

di Alberto Ferraresi

Vai alla definizione di campana subacquea e habitat subacqueo
Vai al sito di Attilio Stocchi
Vai al sito di Italia 2050
Vai alla pagina di People meet architecture
Vai al sito di lapis niger

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16 Maggio 2012

XfafX

DESIGN SOSTENIBILE 2012
Prodotto Comunicazione Ricerca

17 maggio 2012 ore 15,30
Palazzo Tassoni Estense
Salone d’Onore
Via della Ghiara 36, Ferrara

Programma

15,30 Accoglienza partecipanti

15,45 Introduzione
Giuseppe Mincolelli
Giancarlo Tintori
Francesco Orlando

16,00 Tavola rotonda
Alessandro Ciabatti, Direttore marketing di Elica
Giuseppe Mincolelli, Architetto e designer, Dipartimento di Architettura di Ferrara
Clara Mantica, Bestup
Erica Marson, Giornalista, Ottagono
Francesco Orlando, Managing partner di Fair Play Consulting
Maurizio Rossi, Socio di H-farm
Beatrice Spirandelli, Architetto
Romolo Stanco, Architetto e designer
Giancarlo Tintori, Architetto e designer

Iscriviti alla tavola rotonda
(fino ad esaurimento posti)
Vai all’evento

PROMOTORI
Università degli Studi di Ferrara
Facoltà di Architettura di Ferrara

SOSTENITORI GENERALI XFAFX
AHEC American Hardwood Export Council
Casalgrande Padana
Il Casone
Lithos Design
Pibamarmi
Giuseppe Rivadossi
Viabizzuno

PATROCINI E COLLABORAZIONI
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Regione Emilia Romagna / Provincia di Ferrara
Comune di Ferrara
ADI / SITdA / CNA
Ordini Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori
Province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena,
Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo, Verona

PARTNER
Fassa Bortolo
Libria
Nardi
Sannini

Canali istituzionali
www.xfafx.it
www.unife.it/facolta/architettura
www.materialdesign.it

Contatti
ufficiostampafaf@unife.it

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15 Maggio 2012

XfafX

Edra Design Factory
Tavola rotonda

16 maggio 2012 ore 17,00
Palazzo Tassoni Estense
Salone d’Onore
Via della Ghiara 36, Ferrara

Programma

16,45 Registrazione invitati

17,00 Introduzione
Alfonso Acocella
Responsabile scientifico XfafX

17,15 Presentazione e moderazione
Elisa Poli
Facoltà di Architettura di Ferrara

17,30 Tavola rotonda

Valerio Mazzei
Presidente Edra

Massimo Morozzi
Direttore creativo Edra

Francesco Binfarè
Designer

Mercoledì 16 maggio, alle ore 17, collegandosi al sito istituzionale unifetv/xfafx si potrà seguire in live streaming la tavola rotonda.

Iscriviti alla tavola rotonda
(fino ad esaurimento posti)

Vai alla profilo Edra

Scarica l’invito

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11 Maggio 2012

Design litico

Gustavo Pulitzer Finali.
Interni litici di mare e di terra


Gustavo Pulitzer Finali, motonave Victoria, sala da fumo di I classe, 1931.
Camino in travertino e pareti in pergamena*.

Gustavo Pulitzer Finali nasce a Trieste nel 1887 da una facoltosa famiglia mercantile di origine ebraica; compie i primi studi nell’eterogeneo ambiente culturale triestino per iscriversi poi, nel 1908, alla facoltà di ingegneria del Politecnico di Monaco di Baviera.
Theodor Fischer, appartenente al gruppo dei fondatori del Deutscher Werkbund, sarà suo relatore di laurea. La formazione aperta e cosmopolita del giovane architetto si conclude con un viaggio compiuto a piedi e in bicicletta in Emilia, Umbria e Toscana, descrivendo, disegnando e fotografando le città e le architetture del romanico e del rinascimento italiano. Tra il 1914 e il 1918 Pulitzer viaggia ulteriormente in Grecia, Inghilterra e nelle Americhe, dove perfeziona una preparazione professionale di matrice mitteleuropea e di respiro internazionale.
All’inizio della sua carriera egli firma progetti di ville e appartamenti, partecipando anche a diverse esposizioni nazionali e internazionali con oggetti e mobili da lui disegnati e prodotti. Nel 1920, con l’architetto Ceas, fonda a Trieste lo studio Stuard, specializzato nell’arte decorativa per l’arredamento. Il gruppo di lavoro, che si amplierà e consoliderà negli anni accogliendo anche la moglie dell’architetto Ducia Kitter in qualità di consulente per i rivestimenti e le tappezzerie, diventa in breve tempo un riferimento tecnico e stilistico nel settore dell’allestimento navale moderno.


Gustavo Pulitzer Finali, transatlantico Conte di Savoia, scalone centrale di I classe, 1932.
Rivestimenti in travertino e pavimenti in linoleum ad intarsio*.

Nel 1925 Pulitzer riceve i primi incarichi dagli armatori Cosulich per la realizzazione di alcuni ambienti delle navi Saturnia e Vulcania; nel 1930 ottiene l’affidamento dell’intero allestimento della motonave Victoria che si configura come la prima unità moderna della marina civile italiana, capostipite di una serie di navi passeggeri che saranno costruite durante gli anni ’30 e che presenteranno caratteristiche strutturali e allestitive profondamente diverse rispetto alle imbarcazioni dei primi vent’anni del Novecento.
La Victoria, progettata come battello veloce di lusso per le linee del mediterraneo orientale, ha una linea filante e aerodinamica; al contrario delle unità precedenti, dove il colore chiaro delle soprastrutture contrastava con lo scafo nero, la nave è interamente dipinta di bianco per suscitare una sensazione di leggerezza e “nuova” eleganza. L’arredamento, prezioso nei materiali, è sobrio e funzionale nelle configurazioni; è caratterizzato da soluzioni congruenti con le strutture e i volumi interni della nave e abbandona in maniera programmatica le forme e i modi dell’allestimento scenografico posticcio. Ogni decorativismo di boiseries, soffitti cassettonati e finte trabeazioni è rimpiazzato da una nuova estetica delle superfici complanari, degli angoli stondati, delle fonti luminose diffuse, delle strutture spesso esibite nella loro nuda essenzialità. Gli impianti sono moderni, integrati in sistemi di rivestimento avanzati, e per la prima volta includono gli apparati di condizionamento dell’aria.
Le fratture insite nell’esuberante e calligrafico eclettismo stilistico della produzione cantieristica degli anni ’20 sono superate in favore di un disegno “continuo” e lineare, che riunifica in moduli geometrici razionali e slanciati una palette materica ricca e innovativa: legni esotici, ottoni, cuoi e pergamene si sposano con vetrate di Pietro Chiesa, ceramiche di Giò Ponti e sculture in bronzo di Libero Andreotti; rivestimenti sottili in onici e travertini sono accostati a stesure pavimentali in linoleum e a raffinati dettagli di rame e metallo cromato.


Gustavo Pulitzer Finali, transatlantico Conte di Savoia, sala da pranzo di I classe, 1932.
Sezione costruttiva del rivestimento in travertino*.
Clicca sull’immagine per ingrandirla

Tra il 1931 e il 1932, con le commesse per gli allestimenti del transatlantico Conte di Savoia e delle unità Neptunia e Oceania, lo studio Stuard conferma un’ormai solida leadership nella progettazione di interni navali che si manterrà inalterata fino a tutti gli anni ’60. Anche in questi casi l’arredamento è concepito come opera unitaria che si integra in maniera organica con le possibilità costruttive, spaziali e tecniche dell’architettura dei bastimenti. Sempre più, nella poetica costruttiva di Gustavo Pulitzer Finali, gli interni non devono essere «architetture che si sovrappongano a quelle della nave, non finti palazzi, non strutture posticce. L’architettura deve cercare la sua armonia nella genialità del rivestimento, senza alterare gli spazi che le sono offerti dalle strutture della nave stessa. Innumerevoli squisiti effetti si possono ricavare in tutti i particolari, studiando le risorse più appropriate, e talvolta più intime e segrete, che ogni materiale offre all’espressione decorativa»i.


Gustavo Pulitzer Finali, Nuova Borsa di Trieste, sala delle contrattazioni, 1930.
Rivestimenti in travertino e pavimento in marmi del Carso*.

Oltre ad essere uno straordinario laboratorio di innovazione tecnica e formale per la vita di bordo, la nave è per Pulitzer un importante incubatore di sperimentazioni da applicare poi all’architettura di terra. Infatti, sempre a partire dagli anni ’30 del Novecento, l’architetto acquisisce anche incarichi per allestimenti interni di uffici, spazi commerciali e strutture alberghiere di categoria elevata; tra le principali realizzazioni si ricordano la Borsa di Trieste (1930); l’Albergo Duchi d’Aosta al Sestrieres (1932); il Groosvenor Hotel a Londra (1934); gli Uffici per le società di navigazione italiane a Londra (1934); il Palazzo della Società delle Nazioni a Ginevra (1936); quattro alberghi a Chicago, Boston, New Orleans e Palm Beach (1944-47); gli uffici e lo showroom Ideal Standard a Milano (1953-58).


Gustavo Pulitzer Finali, Uffici delle società di navigazione Italia-Cosulich-Lloyd Triestino in Regent Street a Londra, 1934. Rivestimenti in onice del Carso, pavimenti in marmo, tavolo in travertino*.

Anche nell’architettura dotata di fondamenta il cuore della ricerca progettuale di Pulitzer è lo spazio interno, che egli plasma nelle forme di un razionalismo variamente declinato: dai magniloquenti accenti “romani” dei travertini nella Borsa triestina, all’astrazione e agli echi miesiani dei piani in onice negli Uffici per le società di navigazione a Londra.
Tra mare e terra, nell’arco di una lunga e riconosciuta carriera professionale, l’architetto amplia e approfondisce una ricerca del tutto originale, incentrata sulla valorizzazione delle qualità tecniche ed espressive dei materiali, e sulla concezione organica di spazi, arredi e oggetti, tra alto artigianato e industrial design.
Tale ricerca rappresenta uno dei capisaldi della storia contemporanea dell’arredamento italiano, per l’indubbio valore di innovazione tecnologica e linguistica come anche per la sistematica incidenza in termini di organizzazione della produzione. Accanto alle doti creative, Pulitzer esprime infatti una straordinaria capacità di coordinamento e armonizzazione del lavoro di decine di unità di progettazione e di squadre di maestranze che si formano a Trieste, nei suoi cantieri, tra gli anni ’30 e gli anni ’60, e che si distingueranno per lungo tempo per la grande sensibilità nei confronti dei materiali e per l’elevata raffinatezza esecutiva.

di Davide Turrini

Note
1 Gustavo Pulitzer Finali, in Il Piccolo, 25 giugno 1931, cit. in Donato Riccesi, Gustavo Pulitzer Finali. Il disegno della nave. Allestimenti interni 1925-1967, Venezia, Marsilio, 1985, p. 72;
* La foto della Sala da fumo della nave Victoria è tratta dal libro Mobili tipici moderni, a cura di Giancarlo Palanti, Milano, Domus, 1933, p. 13; le altre immagini sono contenute nel volume Gustavo Pulitzer Finali, Navi e case. Architetture interne 1930-1935, Milano, Hoepli, 1935.

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10 Maggio 2012

XfafX

Matteo Thun
Lectio magistralis

Fra i vari format comunicativi del progetto istituzionale XfafX vi era quello della diffusione in Rete in live streaming delle Lectio magistralis svolte, all’interno di Palazzo Tassoni Estense, dagli illustri ospiti invitati a partecipare al Festival “To design today”.
Grazie all’apporto dell’Ateneo ferrarese e al sostegno del Dipartimento di Architettura – sempre più indirizzati verso l’innovazione istituzionale, la valorizzazione dei progetti culturali e di ricerca, i processi di internazionalizzazione – siamo ora pronti ad annunciare il raggiungimento dell’obiettivo che ci eravamo prefissati.
Oggi, giovedi 10 maggio, alle ore 17 collegandosi al sito istituzionale unifetv/xfafx si potrà seguire in live streaming la Lectio Magistralis “Wood Works” di Matteo Thun, presentata da Marcello Balzani e Veronica Dal Buono del Dipartimento di Architettura.
Seguirà, sempre in live streaming, la Tavola rotonda “Will wood be the architectural material for 21st century?”, con la presenza di Matteo Thun – fra i più raffinati interpreti della sostenibilità ambientale legata alle trasformazioni del paesaggio antropizzato e all’uso dei materiali naturali nell’architettura e nel design -, di David Venables, Direttore europeo dell’American Hardwood Export Council, e di Nicola Leonardi, Direttore della rivista The Plan.

Alfonso Acocella
Coordinatore scientifico XfafX

Vai a live streaming Lectio magistralis Matteo Thun
Vai a concept evento reale / evento virtuale
 

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3 Maggio 2012

XfafX

Matteo Thun Lectio magistralis / Tavola rotonda

“Will wood be the architectural material for the 21st century?”
una domanda di Matteo Thun a Italo Calvino

10 maggio 2012 ore 17,00
registrazione (fino a esaurimento posti): relazioniesternefaf@unife.it

Programma

16,45 Registrazione invitati

17,00 Introduzione
Marcello Balzani
Dipartimento di Architettura di Ferrara

17,15 Presentazione critica
Veronica Dal Buono
Dipartimento di Architettura di Ferrara

17,30 Lectio Magistralis
Wood Works
Matteo Thun

18,15 Tavola rotonda

“Will wood be the architectural material for the 21st century?”

Matteo Thun
Architetto e designer

David Venables
Direttore europeo AHEC American Hardwood Export Council

Nicola Leonardi, moderatore
Direttore della rivista The Plan

19,00 Rinfresco

La lectio magistralis sarà in italiano. La tavola rotonda sarà tenuta in inglese con traduzione simultanea in italiano

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30 Aprile 2012

Opere di Architettura

Villa a Lugano, Svizzera Architettura,
arch. Marco Sangiorgio
Interiors, arch. Angelo Pozzoli


Le direttrici della nuova residenza indicano le montagne sullo sfondo.

L’avvento dei cementi armati ha scalzato in Svizzera la tradizione secolare dei muri in forte spessore eseguiti in pietra, materia prima abbondante e disponibile in questo territorio pressoché completamente montuoso a nord delle Alpi italiane. Conseguentemente le modalità espressive dei conglomerati, alla ricerca di un minimalismo talvolta esasperato, hanno in buona parte azzittito la ricca gamma di soluzioni tecniche ed estetiche offerte ad esempio dall’assemblaggio dei conci lapidei, e dalle concatenazioni fra essi possibili nel sormontarsi dei corsi orizzontali.
Nelle zone montuose, come pure in generale in tutte quelle a vario titolo caratterizzate da una presenza paesaggistica significativa, le architetture spesso si dividono secondo due strategie: alcune cercano la mimesi sino a perdersi nel paesaggio, altre al contrario s’inseriscono senza nascondimenti, e nella loro evidenza volumetrica si caricano della mission di aiutare a leggere e comprendere il paesaggio. Tra gli aforismi di Luigi Snozzi è infatti anche: Il progetto, più ancora che uno strumento di trasformazione, è uno strumento di conoscenza.
Due progetti dolomitici degli scorsi anni ’90, ad una scala dimensionale differente, di fatto maggiore, pongono premesse importanti a questo progetto residenziale.
Il primo dei due è assai noto: si tratta dei bagni termali a Vals di Peter Zumthor, degli anni 1994-1996, in cui l’estesa applicazione di facciata in pietra è sormontata da un coronamento cementizio. Dichiara apertamente lo stesso Zumthor riguardo l’intento non mimetico del proprio progetto: La nuova costruzione è un grande volume in pietra, coperto di erba, incastrato nella montagna con cui forma un tutt’uno; un oggetto solitario che si oppone all’integrazione con le strutture esistenti, per lasciare emergere ciò che, in relazione al tema, appariva più importante: esprimere un intenso rapporto con l’energia primigenia e la geologia del paesaggio montuoso, con la sua imponente topografia.
Di pochi anni successiva, la casa delle guide alpine in Valmasino di Gianmatteo e Roberto Romegialli, completata fra 1997 e 1999, ancora si distingue per personalità nella ricerca di equilibri con l’intorno. Scrivono i progettisti in proposito nella relazione di progetto: (…) un segno preciso, estraneo a mimesi storicistico-vernacolari, capace di dichiararsi e delineare (…) due ambiti di appartenenza, un “prima” e un “dopo”, vallo ideale di demarcazione tra diverse condizioni naturali e insediative.


L’inquadratura del paesaggio sul lago.

In questo progetto residenziale, dalle dimensioni assai più contenute rispetto ai due precedenti, le componenti in legno naturale punteggianti gli affacci mancano del tutto; subentrano i metalli per le finestre e gli oscuramenti. Eppure quest’abitazione dalle fattezze squadrate, con vista sul lago di Lugano, a firma dell’architetto Marco Sangiorgio, riabilita la pietra all’esterno dei volumi, celando così con materiale naturale una struttura comunque cementizia, a cui si demanda la sola funzione strutturale che le è propria, dispensandola da quella estetico-formale.
La pelle lapidea esterna è scelta come a fronteggiare le montagne circostanti con il medesimo materiale di cui sono costituite. La finitura scabra accentua l’idea di ripristinata naturalità perseguita dal progettista. Più ancora di questo, i due precedenti maggiori insegnano come l’adozione dell’opera muraria rustica esprima forte radicamento al luogo in senso materiale e culturale, con riferimento al sapere costruttivo tradizionale. Si tratta in altre parole di una strategia di progetto per ridurre le distanze fra la nuova architettura e la comunità.
All’intorno l’abitazione si dota di una quantità di spazi aperti attrezzati, ora coperti, ora scoperti e più privati, ora invece scoperti comuni. Sempre in esterno le lastre lapidee sono pure applicate sul piano di calpestio, a riproporre sulle terrazze la geometria di doghe lignee, ma posate secondo un disegno assai controllato ed ortogonale rispetto a quanto avviene al chiuso. Si impiega la Decking Stone di Il Casone in spessore 4 cm, dimensione caratteristica 14,8×219,8 cm e finitura bottonata. Sui calpestii interni il progettista Angelo Pozzoli decide di posare lastre lapidee a casellario in spessore di 2 cm e finitura broccata.
Parallelamente a questo tentativo di proporsi con continuità in doghe all’interno ed all’esterno, alcuni conci di Pietra Forte Fiorentina cingono al coperto una piscina privata, pure risalendo le pareti dell’ambiente che la comprende, in lastre dalla forma squadrata, questa volta rese continue dal giunto cementizio tradizionale in luogo della fuga aperta. Completa la declinazione delle arenarie nel progetto, la realizzazione di alcuni regolari elementi d’arredo su disegno, per l’ampio spazio esterno riservato al giardino.


La finitura tradizionale a spacco dei conci sugli affacci.

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di Alberto Ferraresi

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25 Aprile 2012

English

Light and Matter
The marbles

Versione italiana


The Noir Belge marble (also known as Belgium Black)

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here are few marbles that radiate as much of an aura of rare elegance, mystery and seduction as the “NOIR BELGE“ or “BELGIAN BLACK“. It has long been thought of as extinct and the last of its quarries closed. It has been copied many times and it’s name has often been abused for trading purposes. Despite this, its unique gloss has still proven beyond imitation and its numerous references all over the world since the Antiquity speak for themseves.
The only existing quarry of this exclusive marble belongs to the Merbes-Sprimont company, originally founded in 1779, today a subsidiary of Solubema company.

Genesis
This marble is a sedimentary rock which can be found in several outcrops of ancient terranes in Southern Belgium.
Virtually vein- and fossil-free, owing to its peculiar sedimentation conditions and to the absence of tectonic deformation, this marble is characterised by unique qualities, which made it be used and appreciated since ancient times. With a pure chemical composition (calcium carbonate: 98.5%), the Belgian Black derives its color from a strong and ancient impregnation of fine-grained organic matter. These two characteristics give the rock the capacity to obtain a mirror-like polish and its unmistakable color. The sedimentary environment in which the originary limestone formed, i.e. still and oxygen-free lagoon waters, are found in several sites dating between upper Devonian (Frasnian) and lower Carboniferous (Visean). To the latter period belong the black Namur and Dinant marbles, as well as those exploited in the Meuse valley and those from Theux and Basecles, in the vicinities of Liège and, finally, the marbles coming from the Hainaut quarries; on the other hand, the marbles quarried at Tournai are of a poorer quality, characterised by a dark grey groundmass and an irregular polish.
The reserves lying in the Orneau valley, northern affluent of the Sambre, are even older, as they date back to Frasnian (375 to 360 My b.p.). The most famous of such superior quality outcrops is the Mazy (Golzinne) black marble, the only one still being exploited today.

Exploitation
The first Belgian Black quarries were initially of the open pit type, but the steeply dipping attitude of the marble layers forced the exploitation to quickly move underground, in a period when Belgium was a leader in coal-mining engineering techniques. This unique knowledge was applied to the exploitation of the black marble by adopting the “chambers and pillars” technique, an excavation method still used to the present day. A 67 m deep shaft was first excavated during the First World War to reach the marble layers; from the first and older chambers, an impressive tunnels network developed, also providing, since a decade, an access for vehicles. The extreme working conditions thus limit the Belgian black marble production. The amount quarried each year is small and is reserved to works of great architectural and artistic importance. The characteristic of fine-grain allows a rich sculptural use of this marble which, enhanced by a proper mastery of techniques, provides a sumptuous range of different appearances, from a satin-smooth honed finish to an incomparable shiny black mirror polished finish.
The Belgium Black is an example of a very fine and rare European industrial and architectural craft, aged well over a millennium.

History
The use of these black marbles goes back to Ancient Times. A number of Latin funerary inscriptions carefully engraved on slabs of this material were discovered near the Roman citadel of Namur. An invaluable piece of evidence of Carolingian times is the famous epitaph of Hadrian I, donated by Emperor Charlemagne himself . This unique example of perfect epigraphy is set above the portal of Saint Peter’s Basilica in Rome, and recent analyses have proved its Belgian origin beyond any doubt. The entire Middle Ages are dominated by intense use of these materials, especially in the area of funerary art but also for baptismal fonts and columns. These items were widely distributed along the key trading routes of the Scheldt and Meuse rivers, allowing them to reach the sea and beyond, and they are to be found all over western Europe, from Scandinavia to Portugal including England.
The Renaissance and Baroque aroused renewed interest in black marbles, from then on used in association with red marbles (also quarried from Frasnian formations in Belgium) or light crystalline marbles and alabasters originating from the whole Mediterranean area. Many and varied applications of black marble, both civil and religious, can be seen to an increasing extent, especially in the churches of the Counter-Reformation, on the altars and on the chancel and chapel barriers, on increasingly magnificent flagstones. Black marbles were used in such places to mark structures and decorations with their powerful lines. At about the same time the “hard stones” craft developed in Italy, especially in Florence and Naples. During the Medici period, the famous Pietre dure, masterpieces of inlaid work, were usually designed on dark backgrounds. The preferred backing stone was referred to as Paragone di Fiandra, which was nothing else but Belgium Black marble. Depending on the political alliances of the Medici, the precious works of art created by skilled Florentine workshops, such as the Opificio delle Pietre Dure, were given as gifts to the major courts of Europe thus contributing to increase the prestige of this unique marble. Due also to an extensive use in Great Britain, our marble even became known as British Black Jasper and is referred to as such by many XVI century scholars. Dating from the same period, the use of black marble for decorative objects, called curios, would develop to include numerous objects such as fireplaces, inkwells, writing cases, book ends, paperweights, etc., frequently associated with gilted bronze, which ornamented every home till the early XXth.
Lastly, as witnessed by many modern creations, artists, architects and designers appreciate this material for its incomparable aesthetic characteristics. Indeed its polymorphic and historical features make it essential as much for Renaissance, Baroque, Classical or Minimalist architecture.

Francis Tourneur
Geologist. General secretary of the association “Stone et Marble de Wallonie”. Lecturer in several universities and schools of architecture, he is also a member of the Royal Commission of Monuments, sites and research for the Walloon region (Belgium). Corresponding member of the International Scientific Committee “stone”of ICOMOS, Francis Tourneur is also author of books and articles on lithic materials and their use.

Merbes Sprimont
Merbes-Sprimont, our Belgium subsidiary, originally established in 1779, quarries the exclusive “Noir Belge“ or unique absolute black marble, the famous “Rouge Griotte“, “Gris des Ardennes“ and “Rouge royal“. Since the Medicis in Florence, the architectural and historical references of these marbles are to be found all over Europe’s most famous royal castles and churches (like Westminster Abbey in UK, Versailles,Vaux le Vicomte or Opera Garnier in France).

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The Vigaria marbles
Vigaria marbles derive their names from the land property of the “Herdade de Vigaria” , where they are extracted.
In the traditional dichotomy between portuguese white marbles (so called Estremoz type) and the pink ones (Rosa Portugal type), VIGARIA represents a third deposit with its own identity and a rich range of specific colors, types and characteristics such as Vigaria Peach, Vigaria Polar, Vigaria Venatino, etc.. The object of the present project, transparency, is one of its original and exclusive specificities. The “Herdade de Vigaria” is an exclusive property of the Solubema company.

Genesis
These marbles belong to a thick carbonatic sequence, starting with dolomitic limestones at the base and topped by schists of volcanoclastic origin. These ancient metamorphic rocks (dating from late Precambrian to early Cambrian: 650 to 500 M.y. b.p.) crop out in a complex, kilometric-scale anticlinal fold, with a NW-SE trending axis, known as the “Estremoz Anticlinorium”. The accumulation of such a quantity of carbonates and their geometry suggest that the original limestone formed a proto-coral reef, subsequently recrystallised during the Hercynian orogenesis.
The site named “Herdade de Vigaria” is located on the southwestern flank of the Estremoz Anticlinorium. The geological conditions specific to this area induced the formation of a very pure marble, with an extremely fine grain and an uncomparable polish, making it a unique resource in the whole region. The marble colour progressively changes from white, at the base of the sedimentary sequence, to pink towards the top and close to the cover schists. The Vigaria deposit is characterised by a noticeable mineralogical purity (being composed of 98,6% of calcium carbonate) and is considered as the best crystalline marble from Portugal. Its reserves reach the considerable estimation of 650 million tons, i.e. over a thousand years of exploitation at the present rate.

Exploitation
The flat topography caused quarrying to develop mainly in open pits; the first 20 meters from the surface are made of weathered rocks which have to be removed to reach the underlying productive levels. For this reason, the yield of the quarry in terms of workable blocks doesn’t exceed 5% of the total volume.
The study of the layers geometry and a careful adaptation of the extraction methods allows the production of high quality and uniformly colored marble blocks. Finally, a careful stock management ensures the availability and supplies continuity of a proper quality marble, even in the highest standard architectural projects, demanding large quantites of homogeneously colored marble. As environmental impact studies demonstrate, extraction in the Vigaria area by Solubema does not endanger any protected animal or plant species.

History
In ancient times, the crystalline marble quarries from Alentejo have seen their development limited by their distance to the main urban centers. Access being difficult since early XXth century, it’s mainly on a regional scale that architecture used these materials.
Quarries of these areas have nevertheless been known since Antiquity and the earliest evidence of the use of Vigaria marbles dates from the Roman period of Portugal (from II century B.C.). The Roman temple of the nearby city of Evora is a brilliant example, as it displays rich flowery corinthian capitols of this marble topping granite columns.
Bas-relief and column remains have similarly been found on our quarry site itself in the late 1970’s , and were offered to the local museum. As such, Vigaria can be considered as a “cava romana” quarry.
As displayed by the numerous local castles, during the medieval period marble was mostly used for its excellent technical characteristics as a simple building rock. Nor did the Moorish occupation leave significant architectural heritage locally, except for a few inscribed tombstones.
Romanesque and Gothic religious architecture used our marble locally, but the main historical reference shifts to the Baroque period, when King Philip II of Spain built the Escurial Palace near Madrid, which was considered to be the world’s eigth’s wonder in the late XVII. Since then, Baroque architecture used extensively the marbles of Vila Viçosa area for the edification of façades and altars in religious buildings. The Lisbon earthquake of 1755 did unfortunately erase most of the earlier buildings in the city, whose reconstruction mostly used the local Sintra limestone.
The crystalline marble of Vila Viçosa region were quoted in the Universal Exhibition in Paris in 1855 and 1878 and praised for their qualities. But the real development would wait until the early XXth century, when the first railway line would join Vila Viçosa to Lisbon, allowing an easy transport of the marble blocks to the ports. Export quickly began to Spain, Belgium, France, Italy and even USA. In 1928 the Sociedad Luso-Belga de Marmore, also known as Solubema, is founded thanks to the investments and technologies of the famous Belgian company Merbes-Sprimont. The land of the “Herdade de Vigaria” is totally acquired from the beginning of the firm. The history of the Vigaria marble merge therefore with Solubema’s. Its quarrying area being the largest privately owned in Portugal, the Company would employ at its beginning over 1.000 workers in Vigaria and near-by quarries.
On the 24 April 1974, the very same day og the Portuguese revolution , the ETMA Company (Empresa Trasformadora do Marmore do Alentejo) was founded as the subsidiary processing plant of Solubema. In 1977, Solubema’s experienced team would open several marble quarries in Brasil. The end of the XXth century witnessed the reorganization of both Companies and a gradual enlargement of the activity.
Solubema and its subsidiaries employ nowadays in Western Europe over 280 people , who specialize in the extraction, processing and commercialization of marbles and limestones. The Company belongs to the French Marbrek Group, like the CMF Company (Carrières et Marbreries de France). The group of companies is one of today’s significant European producers in this field.

Nuno Costa
o Costa has collaborated with various architectural firms on the Lisbon World Expo in 1998 and worked on the expansion of Madeira and Lisbon airports.
Since 2003, he is responsible for the Architectural division of Etma Company, the marble processing plant subsidiary of Solubema.

Solubema
Solubema is the largest marble quarrying company of Portugal and one of the European top five. Pioneering the marble mining since 1928, we extract from our own land the exclusive “Marbles of Vigaria“, of unique gloss and alabaster-like trasparency. With a monthly production of 1.500 cubic meters, a ready-to-deliver policy of high quality blocks and a unique range of background colours from icy white to ivory cream, from peach to bright pink, Solubema has the capacity and organization to supply the most demanding architectural projects at very short delay.

Etma
Etma, established in 1974, is the processing plant of Solubema, located on the quarrying site itself.
Provided with an up-to-date powerful and constantly evolving transformation capacity, this factory process all kinds of Portuguese limestones and marbles in standard dimension, cut to size or artistic jobs.

Completed architectural projects

CATHEDRALE NOTRE DAME DE LA TREILLE
The ambitious project of building a Basilica dedicated to the cult of the “Vierge de la Treille”, or “Virgin with the Arbor”, goes back to 1854 in the northern French city of Lille, which hosted her miraculous statue since the Middle Ages. The selected gothic style looked for reference to the French cathedrals of Reims, Amiens and Chartres. The initial project was pharaonic: 132 meters in length and a culminating height of 115 meters for the towers. However, wars and economic problems would stop the construction for most of the following century.
In the years 1990, thanks to a public subscription, works on the main façade were completed. Designed by architect Pierre-Louis Carlier, the building is the result of the conjunction of talents and technical innovations, made possible through participation by the engineer Peter Rice (Sydney Opera House, Pompidou Centre in Paris).
The central part of the church features an arch 30 meters high, hang with 110 slabs of Vigaria marble from Portugal 28 mm thick, supported by a network of steel cables under tension. Inside, this transparent marble veil creates a surprising warm amber light, inlaid with a polychromous circular stained glass on the theme of the Resurrection.
Completed in 1999, the Cathedral of Notre Dame de la Treille is registered as a national monument since 2009.

MEDIATHEQUE DU VAL D’EUROPE
The hanging marble façade of the Val d’Europe Library in Serris (Seine et Marne) has been completed in 2006. It has been realized in a contemporary style with a high level of technology and engineering. “It is a mineral screen hanging slightly apart from the main structure wall, producing a soft light and protecting both the books and readers from direct sunshine. The vibration of light between the marble tiles provides a tremulous effect very similar to autumn foliage hit by the sun.” explain the designers, architects Paul Chemetov and Borja Huidobro. The cladding numbers 1.460 marble elements of 1,21m x 0,39m (average) for 25 mm thickness. The overall weight of this screen structure is 42 tons.

MARBREK
Marbrek, established in 1979, is a French company specialized in artistic and complex cut-to-size projects worldwide, with numerous and prestigious references.
It is also known for its broad range of French limestones and marbles, controlled through its subsidiaries Carrières et Marbreries de France (CMF) and Marpic-France. Marbrek is also the head company of the Solubema/Etma/ Merbes-Sprimont Group.

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In partnership with

Serafini Marmo Luce
At “Serafini Marmo Luce” they create delicate marble lamps by using technology, robots and software, in order to let the light shine through the carved stone matter. Each marble lamp is a unique and unrepeatable piece of work, where the substance is submitted to the rigorous shapes of the design and the radiating light adds the value of unequalled charm.

Designer
Raffaello Galiotto studied at the Accademia di Belle Arti in Venice.
At first he worked for companies in the furniture industry, becoming highly experienced in the design of large plastic objects, for high scale production.
He expanded his horizons by applying his knowledge to various other sectors, from outdoor and indoor furniture, to kitchens, to items for pets, to stone products and by so doing encountered and learnt about materials and technologies used for different types of production.
In the stone sector, in particular, and with the close collaboration of firms, Galiotto has created innovative products with new types of surfaces, gaining national and international awards. He collaborates with prestigious Italian universities and holds lectures and conferences with delegations of international architects.
In recent years, he has organised important events about stone design and in collaboration with the CMC (Consorzio Marmisti Chiampo) he has planned and curated two major events: “Palladio e il design litico” and “I Marmi del Doge”, which were exhibited at Marmomacc Verona, and presently in several European cities.
In 2011 Galiotto had a personal show in Beijing, having been invited from Stonetech fair to present his design projects and to hold some lectures on stone design.

LUCE E MATERIA
Credits

promoter
Francis Kezirian
editor and designer
Raffaello Galiotto
3D, rendering, graphic
Studio Raffaello Galiotto
Eleonora Vaccaretti
Federica Negro
Giorgio Parise
marble and craft
SOLUBEMA Portugal
ETMA Portugal
DE MERBES SPRIMONT Belgium
MARBREK France
press
Busa e Associati relazioni pubbliche
partner
Serafini Marmo Luce
set up
Tecnostruttura di Andrea Battivello
thanks to
Marmomacc 2011, Verona

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24 Aprile 2012

News

Luce e materia
I marmi

English version


Namur, antica chiesa dela Nostra Signora, 1750.

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Il Noir Belge o Nero del Belgio
Sono rari i marmi che irradiano un’aura di misteriosa eleganza come il Nero del Belgio. Si credeva estinto e la sua ultima cava chiusa. Copiato numerose volte, si è spesso abusato del suo nome a fini commerciali. Il suo colore profondo e la sua lucentezza lo hanno reso unico ed incomparabile come dimostrano le sue numerose referenze architetturali ed artistiche nel mondo intero. L’unica cava esistente di questo marmo esclusivo appartiene all’aziende Merbes-Sprimont, fondata nel 1779 e oggi filiale della ditta Solubema.

Genesi
Roccia di origine sedimentaria, questo marmo unico s’incontra in diversi affioramenti di antichi terreni nel sud del Belgio. Praticamente privo di fossili e di venature per le sue condizioni originali di genesi sedimentaria e tettonica, questo marmo possiede delle qualità uniche: grana finissima e regolare, colore uniforme e profondo, lucido a specchio. Queste caratteristiche hanno portato al suo continuo utilizzo nell’architettura sin dall’Antichità.
Di composizione chimica purissima (carbonato di calcio al 98,5%), il Nero del Belgio trae il suo colore da un’intima ed antica impregnazione di idrocarburi fossili. Queste due caratteristiche determinano la capacità della roccia di ottenere un lucido a specchio ed il suo colore inconfondibile.
Le condizioni di deposito di questo calcare in un calmo ambiente lagunare, privo di ossigeno, si incontrano in diverse aree nel periodo tra il Devoniano superiore (Frasniano) ed il Carbonifero inferiore (Viseano). Di questi ultimi fanno parte i marmi neri di Namur e Dinant, quelli estratti lungo la valle della Meuse e quelli di Theux e Basecles nei pressi di Liege e dell’Hainaut mentre quelli di Tournai, di qualità inferiore, presentano invece un fondo grigio dal lucido irregolare. I giacimenti nei pressi della Valle dell’Orneau, affluente settentrionale del fiume Sambre, sono ancora più antichi, risalgono infatti al Frasniano (-375 a -360 Ma). Il più noto di questi depositi di qualità superiore è il Marmo Nero di Mazy (Golzinne), l’unico ad essere ancora in attività.

Lavorazione
Se le cave di marmo Nero del Belgio erano inizialmente a cielo aperto, le forti pendenze dei banchi marmiferi obbligarono rapidamente le cave a diventare miniere, in un periodo in cui il Belgio vantava un’eccellente tradizione d’ingegneria mineraria legata allo sviluppo della produzione del carbone.
Quest’eccezionale conoscenza fu applicata alla lavorazione dei banchi marmiferi con l’utilizzo del metodo delle camere e pilastri, valido tutt’oggi. Un pozzo verticale profondo 67 metri fu scavato dopo la Prima Guerra Mondiale per far incrociare i banchi marmiferi. Dalle prime camere antiche si sviluppò nel XX Secolo una fittissima rete di gallerie, che, dall’inizio del 2000, permette l’accesso in superficie anche ai mezzi.
Le condizioni estreme di questa lavorazione limitano, di conseguenza, la produzione del marmo Nero del Belgio.
La quantità estratta ogni anno è limitata e riservata ad opere architettoniche ed artistiche di gran pregio.
La caratteristica di grana fine del materiale ne permette un ricco utilizzo nel campo della scultura che la maestranza delle competenze di finitura permette di arricchire con un’ampia gamma di aspetti diversi della superficie da una finitura satinata liscia ad un’incomparabile lucido specchiante.
Il Nero del Belgio è un raffinato e raro esempio di una tradizione industriale e architetturale europea plurimillenaria.

Storia
L’utilizzo di questi marmi neri risale all’Antichità come dimostrato da diversi ritrovamenti di lastre con incisioni latine nei pressi della cittadella belga di Namur. Una testimonianza importante dell’utilizzo di questi marmi neri nel periodo Carolingio è preservata nell’epitaffio di Adriano I, offerto dall’Imperatore Carlo Magno in persona e tuttora visibile sulla porta della Basilica di San Pietro a Roma e che recenti studi hanno confermato essere di origine belga.
Il Medioevo è ricco di esempi architettonici nell’uso dei marmi neri, specialmente nell’arte funeraria ma anche nei fonti battesimali e nelle colonne. Questi manufatti, prodotti localmente, venivano trasportati lungo il fiume Scheldt e Meuse per raggiungere i porti marittimi dai quali venivano poi distribuiti nelle maggiori corti europee dalla Scandinavia al Portogallo.
Il Rinascimento ed il Barocco svilupparono nuove applicazioni architetturali di grande impatto estetico per i marmi neri associati ad altri colorati, estratti in Belgio (Rouge Royal e Rouge Griotte in particolare) ma anche con materiali lapidei esotici, provenienti dall’area mediterranea (marmi cristallini ed alabastri). Le realizzazioni in marmo nero, sia civili che religiose, sono numerose, in particolare nelle chiese della Controriforma dove il nero veniva usato per rinforzare, con il suo fascino austero, l’architettura degli altari scolpiti e ricchi di policromie.
In Italia, l’arte dei manufatti in pietre dure, sviluppata alla corte dei Medici a Firenze, utilizzò abbondantemente il marmo Nero del Belgio per gli sfondi dei commessi. Il materiale fu allora battezzato Paragone di Fiandra o Diaspro delle Fiandre. Secondo le alleanze politiche dei Medici, le preziose opere d’arte realizzate nelle botteghe fiorentine dagli artigiani specializzati, come l’Opificio delle Pietre Dure, venivano offerte come regali nelle maggiori corti d’Europa e contribuirono ad aumentare il prestigio di questo marmo unico. Legato all’uso intensivo che ne fecero nel Regno Unito, il nostro marmo fu anche spesso citato dagli studiosi del XVI secolo come Nero d’Inghilterra o Paragone d’Inghilterra.
Nello stesso periodo iniziò ad essere utilizzato nell’oggettistica, per la creazione di vasi, camini e più tardi anche orologi, spesso associato ai bronzi dorati.
Tutt’oggi, come testimoniano numerose creazioni moderne, artisti, architetti e designer contemporanei apprezzano questo storico materiale essenziale sia all’architettura rinascimentale che barocca o minimalista, per il suo polimorfismo e le sue incomparabili caratteristiche estetiche.

Francis Tourneur
Geologo e segretario generale dell’associazione “Pierre et Marbre de Wallonie”. Docente in varie università e scuole di architettura, è anche un membro della Commissione Reale dei Monumenti, Siti e Ricerca per la regione wallona. Socio corrispondente del Comitato Scientifico Internazionale “Pietra” dell’ ICOMOS, è anche autore di libri e articoli sui materiali litici e il loro impiego.

Merbes Sprimont
Merbes-Sprimont, fondata nel 1779 in Belgio, è l’unica produttrice al mondo del prestigioso marmo “Noir Belge“ o Nero del Belgio. Reso famoso dalle botteghe Medicee di Firenze e di Napoli per essere usato come sfondo nei comessi di pietre dure rinascimentali. Altrettanto rinomati marmi come il “Rouge Griotte“, il “Gris des Ardennes“ e il “Rouge Royal“ che ornano i più famosi castelli e chiese europee, sono di esclusiva produzione della Merbes Sprimont che ha fornito Versailles, Vaux le Vicomte, Le Louvre, l’Opera Garnier, etc…


Tempio romano, Evora, Portogallo (II secolo d.C.)

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I marmi di Vigaria
Il Marmo di Vigaria prende il proprio nome dalla “Herdade de Vigaria”, in Alentejo (Portogallo), il nome della località dove viene estratto. La “Herdade de Vigaria” è proprietà esclusiva della società Solubema.
Nella tradizionale dicotomia che distingue i marmi chiari del Portogallo (tipo Estremoz) da quelli di sfondo rosa (tipo Rosa Portogallo), il VIGARIA corrisponde ad un terzo bacino con una propria identità ed una gamma di specifiche colorazioni e caratteristiche che raggruppa non meno di una ventina di tipologie differenti come il Vigaria Peach, il Vigaria Polar, il Vigaria Venatino, etc… La trasparenza, tema di questa mostra, è anche una delle sue esclusive ed originali specificità.

Genesi
Questi marmi appartengono ad una potente formazione carbonatica, dolomitica alla base e ricoperta di scisti vulcanoclastici. Queste antiche rocce metamorfiche (Precambriano superiore – Cambriano inferiore, cioè -650/550 milioni di anni) affiorano in una complessa piega anticlinale plurichilometrica di asse NW-SE, conosciuta come Anticlinorium di Estremoz. L’accumulo di un tale volume di materia carbonatica e la sua geometria suggeriscono che i calcari originali formarono una barriera di “proto-coralli”, ulteriormente cristallizzata durante i movimenti tettonici ercinici. La “Herdade de Vigaria” s’incontra sul fianco sud-ovest dell’Anticlinorium di Estremoz, vicino alla sua chiusura cartografica sud orientale. In questa zona, una successione di fenomeni geologici particolari ha portato alla formazione di un marmo molto puro, dal cristallo finissimo e dal lucido innegabile. Bianchi alla base, i marmi si colorano progressivamente di rosa con la vicinanza agli scisti di copertura.
Caratterizzato da una grande purezza mineralogica (carbonato di calcio al 98,6%), il giacimento di Vigaria è considerato il miglior marmo del Portogallo. Dispone di una riserva considerevole, stimata a 650 milioni di tonnellate, ossia, mantenendo il ritmo estrattivo odierno, corrisponde a oltre mille anni di attività.

Lavorazione
La topografia pianeggiante ha portato allo sviluppo delle cave in fossa. La prima ventina di metri è costituita da rocce superficiali alterate che devono essere rimosse prima di raggiungere i livelli produttivi sottostanti. Per questo motivo, la resa della cava, in blocchi utili, non supera il 5% del volume movimentato. Lo studio della geometria dei banchi ed un’attento adeguamento dei metodi e dei mezzi di lavorazione permettono di seguire le varie falde di colore ed ottenere dei blocchi di marmo di colore uniforme ed omogeneo. La rigorosa gestione della materia prima consente, inoltre, di assicurare la disponibilità e la continuità del marmo necessario, anche nei progetti architettonici più impegnativi che notoriamente richiedono costanza di colore e grandi quantità.
L’attività della Solubema è svolta a regola d’arte e nello spirito dello sviluppo sostenibile. Come dimostrano gli studi di impatto ambientale effettuati, non mette in pericolo alcuna specie animale o vegetale.
Storia
Le cave di questo territorio sono di origine antica. Le prime testimonianze databili dell’utilizzo del marmo di Vigaria risalgono al periodo dell’occupazione romana del Portogallo (II secolo A.C.). Il tempio romano di Diana della vicina città di Evora, con i suoi capitelli corinzi floreali scolpiti in marmo di Vigaria ne è l’esempio più eclatante,
Negli Anni ’70, la proprietà della “Herdade de Vigaria”, sul sito stesso delle cave, ha portato alla luce dei reperti archeologici di età romana: capitelli, colonne e bassorilievi. Grazie a questi ritrovamenti possiamo ritenere che Vigaria sia stata una “cava romana”.
Come testimoniano i castelli locali, nell’età medievale il marmo fu utilizzato come semplice pietra di costruzione per le sue eccellenti caratteristiche tecniche. Dell’occupazione moresca, invece, non ci è rimasto nient’altro che qualche stele funeraria incisa. Anche nelle architetture religiose, romane e gotiche, questi marmi furono utilizzati saltuariamente; è però il barocco che ne riprenderà in forza l’uso per la realizzazione di facciate e altari di chiese. Filippo II di Spagna le impiegherà per la costruzione del suo Palazzo dell’Escurial vicino a Madrid che, alla fine del XVI, verrà considerato l’ottava meraviglia del mondo. A causa del terremoto che rase al suolo Lisbona nel 1755, le testimonianze di questi marmi nella capitale sono assai poche. La ricostruzione successiva della città vedrà un maggiore impiego delle pietre calcaree della vicina zona di Sintra.
I marmi cristallini portoghesi sono citati nelle mostre universali di Parigi del 1855 e del 1878. La loro esportazione non sembra avvenire che dopo l’inizio del XX secolo grazie al completamento della linea ferroviaria nel 1905, che collegherà la zona di Vigaria con Lisbona, permettendo in questo modo l’accesso ai porti e l’imbarco marittimo dei blocchi di marmo verso la Spagna, il Belgio, la Francia e l’Italia.
Nel 1928, grazie ai capitali e alle tecnologie della famosa azienda belga Merbes-Sprimont, venne fondata, la Società Luso-belga de Marmore, più conosciuta come Solubema.
La concessione per l’estrazione nella “Herdade de Vigaria” venne acquistata dall’azienda sin dalla sua origine. Per questo motivo la storia del marmo di Vigaria corrisponde con quella della società che, a quel tempo, nelle cave di Vigaria e dei dintorni, contava l’impiego di più di mille operai.
L’azienda Empresa Trasformadora dos Marmore do Alentejo (o ETMA), fabbrica di trasformazione, filiale della Solubema, verrà poi inaugurata il 25 aprile del 1974, lo stesso giorno dell’inizio della Rivoluzione Portoghese.
Negli anni ’90 verrà effettuata un’importante ristrutturazione di entrambe le aziende.
La Solubema e le sue diverse filiali impiegano oggi oltre 280 collaboratori specializzati nell’estrazione, la lavorazione e la commercializzazione dei marmi e delle pietre calcaree. L’azienda che é parte del gruppo francese della Marbrek è attualmente uno dei maggiori produttori europei del settore delle rocce ornamentali.

Nuno Costa
Architetto laureato presso l’Università di Lisbona.
Ha collaborato con vari studi di architettura durante la World Expo di Lisbona nel 1998.
Ha lavorato nella sezione Project Management per l’espansione degli aeroporti di Madeira e di Lisbona.
Dal 2003 è responsabile della divisione di Architettura della Etma, fabbrica di trasformazione di marmo, filiale di Solubema.

Solubema
La Solubema è la maggiore cavatrice di marmo cristallino del Portogallo. Dal 1928 estraiamo dalla nostra cava di proprietà gli esclusivi “Marmi di Vigaria“ dalla trasparenza alabastrina e dall’incomparabile lucido solare. Con una produzione mensile di 1.500 m3, una singolare gamma di colori dal bianco celeste all’avorio, dal pesca al rosa salmonato e un magazzino di blocchi selezionati e classificati per colori e venature immediatamente disponibili, la Solubema ha la capacità e l’organizazzione per fornire in tempi stretti le opere architetturali più impegnative.

Etma
Etma, fondata nel 1974 sul sito stesso delle cave, è la fabbrica della Solubema. Equipaggiata con una potente e sempre riattualizzata capacità di trasformazione, lavora tutti i tipi di pietre e marmi portoghesi in lastre, mattonelle standard e anche lavorati complessi su casellario.

Progetti architettonici realizzati

CATHEDRALE NOTRE DAME DE LA TREILLE
Place Gilleson, 59800 Lille, France.
Nel 1854 nasce nella città di Lille, nel Nord della Francia, l’ambizioso progetto di edificare una basilica dedicata al culto della “Vierge de la Treille” o “Vergine al pergolato”, la cui miracolosa statua è conosciuta fin dal Medioevo. Lo stile scelto è il gotico del XIII, con referenze alle famose cattedrali francesi di Reims, Amiens e Chartres. Il progetto iniziale è faraonico: 132 metri di lunghezza e torri culminanti a 115 metri di altezza. Le guerre e le difficoltà economiche bloccano la costruzione per buona parte del secolo successivo.
Negli Anni 90, grazie ad una colletta pubblica, i lavori della facciata principale vengono completati. Ideata dall’architetto Pierre-Louis Carlier, è il frutto della congiunzione di talenti e di innovazioni tecniche, rese possibili grazie alla partecipazione dell’ingeniere Peter Rice (Opera di Sydney, Centro Pompidou di Parigi).
La parte centrale della chiesa é composta di un’arco alto 30 metri e rivestito da 110 lastre di Marmo di Vigaria dallo spessore di 28 mm, supportate da una rete di cavi metallici in tensione. All’interno, questo velo di marmo trasparente rivela una sorprendente e calda luce ambrata intarsiata da una vetrata multicolore sul tema della Risurrezione.
Completata nel 1999, la Cattedrale di Notre Dame de la Treille è registrata nell’indice dei monumenti storici dal 2009.

MEDIATHEQUE DU VAL D’EUROPE
Place d’Ariane, 77700 Serris, France
Realizzata in stile contemporaneo, con un alto livello di tecnologia ed ingegneria, la facciata di marmo della Mediateca di Val d’Europa a Serris (Seine et Marne) è stata completata nel 2006. “Lo schermo minerale è sospeso in avanti rispetto alla struttura portante, crea un ambiente accogliente e protegge sia i lettori che i libri dalla luce diretta. La vibrazione luminosa tra le lastre di marmo da origine ad un farfallio come quello di un fogliame autunnale illuminato dal sole.” spiega l’architetto Paul Chemetov. La facciata è composta da 1.460 lastre di 1,21m x 0,39 m per 25mm di spessore. Il peso complessivo dello schermo di marmo è di 42 tonnellate.

MARBREK
I progetti della Cattedrale e della Mediateca sono stati forniti dalla Marbrek S.A., che nasce nel 1979 in Francia come azienda specializzata nell’organizzazione e la fornitura di materiale lapideo per progetti architetturali complessi nel mondo intero. É oggi conosciuta anche per la sua gamma di pietre e marmi esclusivi francesi, controllati attraverso le sue filiali della Carrières et Marbreries de France (CMF) e della Marpic-France. La Marbrek è anche l’azienda a capo del gruppo Solubema/Etma/ Merbes-Sprimont.

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In collaborazione con

Serafini Marmo Luce
Serafini Marmo Luce produce lampade in marmo con delicatezza e sensibilità, utilizzando la tecnologia, robot e software, per plasmare la materia litica, scavandola e lasciando trasparire la luce, apprezzando le misteriose venature e variazioni della natura. Ogni lampada in marmo è un’opera unica, irripetibile, in cui la materia è domata dalle rigorose forme del design e la luce, sprigionandosi, emana un fascino profondo e un valore concreto, palpabile e visibile.

Il designer
Raffaello Galiotto Studia all’Accademia di Belle Arti in Venezia. Inizia lavorando per aziende del settore dell’arredo, acquisendo una lunga esperienza nella progettazione di prodotti in materiale plastico di grandi dimensioni e di alta tiratura. Sviluppa la sua esperienza applicandola a diversi settori di attività, dall’arredo da esterno e interno, alle cucine, al pet, ai prodotti lapidei, affrontando e venendo a conoscenza di materiali e tecnologie di produzione diversi.
Nel settore lapideo, in particolare, dà vita a prodotti innovativi con inediti interventi di superficie, ricevendo riconoscimenti e premi nazionali ed internazionali. Collabora con prestigiose università italiane tenendo lectures e conferenze con delegazioni di architetti di ambito internazionale. Negli anni recenti ha progettato importanti eventi di design litico e in collaborazione con il CMC (Consorzio Marmisti Chiampo) ha curato e progettato due importanti eventi: “Palladio e il Design Litico” e “I Marmi del Doge” esposti a Marmomacc Verona e ora in varie città europee. Nel 2011 ha esposto in una mostra personale a Pechino invitato dalla fiera Stonetech per esporre i propri porgetti di design in marmo e tenere alcune conferenze sul design litico.

LUCE E MATERIA
Crediti

promotore
Francis Kezirian
curatore e designer
Raffaello Galiotto
3D, rendering, graphic
Studio Raffaello Galiotto
Eleonora Vaccaretti
Federica Negro
Giorgio Parise
materiali e realizzazioni opere
SOLUBEMA Portugal
ETMA Portugal
DE MERBES SPRIMONT Belgium
MARBREK France
ufficio stampa press
Busa e Associati relazioni pubbliche
partner
Serafini Marmo Luce
realizzazione allestimenti
Tecnostruttura di Andrea Battivello
grazie a
Marmomacc 2011, Verona

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