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12 Settembre 2012

Opere Murarie

Tipi di muri irregolari*

English version


Apparecchiatura muraria irregolare (ph. A.Acocella)

Muri in pietre grezze
Il pietrame utilizzato normalmente in questo tipo di murature viene fornito dalle cave in pezzi irregolari (“scapoli di cava”) più o meno grossi, oppure si presenta sotto forma di frammenti informi (“pietra grezza”) quale attività di raccolta ai piedi delle pareti rocciose. In entrambi i casi, prima del collocamento in opera, il materiale viene lavorato grossolanamente onde poterlo assoggettare a qualche forma d’impiego.
La costruzione avviene, normalmente per fasce orizzontali, procedendo dalla realizzazione del paramento esterno per poi completare il nucleo interno. Malgrado l’informalità e l’eterogeneità dimensionale degli elementi lapidei impiegati, questi tipi di muri non sono privi di regole, anzi queste sono presenti e fortemente condizionanti, richiedendo di essere scrupolosamente rispettate.
Per l’esecuzione dei muri è sempre buona regola:
– impiegare pietre proporzionate alla forza delle braccia del muratore (con peso massimo di 25-30 Kg) e dimensioni maggiori non superiori ai 35-40 cm;
– disporre la faccia più piana dei massi litici in orizzontale per realizzare il vincolo più proprio nei confronti dell’azione dei carichi;
– evitare di mettere in opera pietre con facce inclinate verso l’esterno;
– ridurre al minimo i vuoti fra i vari elementi litici riempendoli accuratamente schegge e scaglie;
– sfalsare, nella crescita dell’elevato muraio, i giunti verticali;
– predisporre, ad intervalli costanti, spianature orizzontali di pietre squadrate posate di punta al fine di ammorsare la muratura e distribuire uniformemente i carichi;
– disporre agli angoli e agli incroci dei muri (come pure ai lati dei vani che formano porte e finestre) delle pietre più grosse e regolari, oppure ricorrere a delle “listature” effettuate a mezzo di mattoni laterizi.
La costruzione di muri di pietrame grezzo va affidata sempre a maestranze esperte che hanno consuetudine a questa particolarissima famiglia tipologica di muri; l’abilità maggiore consiste nel saper scegliere con una certa velocità e padronanza tecnica le pietre giuste per formare i “corsi” contrassegnati da assestamenti e collegamenti appropriati.
Un accorgimento di cantiere, utile al fine di essere facilitati lungo le fasi dell’esecuzione, è quello che prevede una selezione delle pietre a disposizione in una serie preordinata di cumuli rispettivamente “omogenei” per tipologia e dimensioni. Una suddivisione in cinque mucchi, col materiale ripulito dalla terra e dalle incrostazione, consente di destinarne due alle pietre più regolari e piatte (rispettivamente, il primo con pietre lunghe, il secondo con pietre corte), due a quelle più irregolari (ciottoli grossi e piccoli) e il quinto alle schegge. Con tale selezione ed organizzazione del materiale a disposizione si perviene ad una più logica e velocizzata assistenza alla costruzione dell’opera muraria.
Molto importante risulta il ruolo della malta all’interno di questa particolare famiglia di murature. Oltre a saldare ed a riempire i vuoti ha altresì la funzione statica di distribuire in modo uniforme i carichi sulle superfici resistenti; assai meno efficace risulterebbe l’ossatura muraria se le pietre venissero a contatto fra di loro; conseguentemente è molto importante che la malta avvolga completamente le pietre, evitando che queste si tocchino reciprocamente.
Per le murature di pietrame informe è fondamentale che la malta sia di ottima qualità essendo affidata a tale impasto aggregante la solidità e la staticità del muro stesso; tanto più i materiali litici, i “letti” e le “commessure” sono irregolari tanto migliore deve risultare la malta impiegata (ottenibile con leganti di calce aerea o di tipo pozzolanico e, a partire dalla fine dell’Ottocento con leganti a base di cemento Portland).


Apparecchiatura muraria irregolare (ph. A.Acocella)

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L’irregolarità delle pietre grezze è condizione, come già accennato, di più considerevoli commessure; ogni pietra è posata, sopra un’abbondante (ma mai eccessiva) quantità di malta, dal muratore con battitura a mezzo di martello e l’aiuto di schegge che la tengono ben ferma nel posto e nella posizione assegnata. Comunemente si collocano in opera, per un tratto significativo, le pietre più grosse al fine di individuare i due fronti del muro (esterno ed interno), poi si procede a stendere la malta nella parte centrale (il nucleo interno) per disporre, successivamente, altre pietre di dimensioni più ridotte e schegge in modo da ottenere una geometria muraria gerarchizzata, perfettamente piena, con collegamenti e assestamenti dati in continuità fra i vari elementi componenti la muratura.
Per ciò che attiene ai sistemi di finitura dei giunti di malta – oltre alle modalità più canoniche e consuetudinarie – in alcuni casi (soprattutto in presenza di materiale lapideo molto informe che non si intende sottoporre a lavorazioni finalizzate a conferire loro qualche forma di regolarizzazione) si ricorre al procedimento del “rasapietra” dove i massi risultano avvolti lungo le fasce perimetrali da ricoprimenti di malta che fanno appena affiorare le pietre nel paramento a vista.

Muri di ciottoli
Pur essendo molto critica sotto il profilo statico ed impegnativa nella sua realizzazione, la muratura ordinaria di ciottoli è risultata, nell’epoca premoderna, molto diffusa nel nostro Paese; basti pensare all’edilizia storica delle città dell’Italia Padana o dei territori pedemontani.
I ciottoli rinvenibili lungo i corsi d’acqua, da cui vengono trascinati, smussati e arrotondati, assumono comunemente forma vagamente sferica od ovoidale, con superfici lisce ed arrotondate, solo raramente dotate di facce piane. Questa particolarissima configurazione morfologica “sfuggente” ed “instabile”, rende chiaramente più critico il loro impiego sia per le difficoltà a consentire una efficace presa rispetto alle malte che per il maggior impegno necessario nella predisposizione dei legamenti, degli ammorsamenti.
Una modalità esecutiva indirizzata a rendere i ciottoli, in qualche modo, adatti alla logica della costruzione muraria è quella di “spezzarli” al fine di ottenere almeno una faccia ruvida (maggiormente idonea alla presa con la malta di legamento); tale accorgimento, chiaramente, risulta praticabile quando i materiali lapidei raccolti si presentano in dimensioni abbastanza significative.
In presenza di grossi ciottoli oblunghi la costruzione muraria può procedere attraverso la rottura in mezzeria dei massi litoidi i quali, poi, sono messi in opera in modo tale che la sezione di spacco rimanga a vista sulla fronte del muro mentre l’asse longitudinale è orientato in direzione della profondità della sezione muraria. I mezzi ciottoli risultano comunemente collocati a filari orizzontali con letti “abbondanti” di malta, innervati da una “ossatura” integrativa di scaglie e frammenti di pietrame. Ogni ciottolo, ai fini di un buona resistenza meccanica, deve – possibilmente – gravare su almeno due elementi appartenenti al filare inferiore.
Nei casi in cui non si hanno grandi ciottoli ma si dispone di piccoli sassi dalla forma ovoidale schiacciata si può optare – nella scelta del criterio di posa – a favore di una soluzione con filari in opus spicatum i cui elementi sono posati in modo tale che gli assi longitudinali risultino paralleli fra loro e orientati tutti a 45°; i diversi filari contigui, che vanno a costituire la fronte del muro, risultano, reciprocamente, ruotati di 90° in modo da ottenere una tessitura a spinapesce. All’interno di quest’alternanza di giacitura i ciottoli oblunghi si posizionano, in genere, con i vertici (le “teste”) nell’intervallo di quelli dei ricorsi contigui.
Alla difficoltà di pervenire, sotto il profilo della resistenza meccanica e del funzionamento statico, ad un’efficace e solida apparecchiatura in questa particolarissima tipologia muraria si rimedia, frequentemente, mediante la realizzazione di “spianamenti” orizzontali (in genere ogni 1-1,2 m) e “catene” angolari e con pietre più regolari o mattoni di laterizio. La tessitura delle catene angolari (o “cantonali”) viene, in genere, realizzata mediante l’impiego di conci perfettamente squadrati su tutte le facce, posti alternativamente di testa e di fascia lungo la linea di intersezione verticale.
Lo spessore di questi muri, chiaramente, per esigenze di stabilità, non può che essere significativo (in genere intorno ai 60 cm); la sezione tipo evidenzia la natura “bifronte” del muro di ciottoli, sostanzialmente composta da due paramenti che vanno a formare le fronti esterne della struttura di elevazione (più o meno “legate” fra loro) entro cui si predispone un nucleo interno formato da pietre più piccole e da malta posta a riempire i vuoti fra i ciottoli più grandi. L’utilizzo di malta di ottima qualità (idraulica, cementizia o pozzolanica) è condizione fondamentale per assicurare una stabilità, nel tempo, della costruzione dei muri di ciottoli.


Muro di ciottoli (ph. A.Acocella)

Muri in pietre “sbozzate”o “stratificate”
Tipologie molto diffuse all’interno della famiglia dei muri irregolari sono quelle che si ottengono grazie all’impiego di pietre in qualche modo “regolarizzate” da condizioni naturali di sedimentazione geologica o anche “pareggiate” attraverso lavorazioni effettuate sul materiale selezionato.
Intervenendo sugli scapoli di cava (o sui grandi ciottoli di fiume) tramite una sbozzatura, al fine di ricondurre la materia lapidea ad una configurazione vagamente parallelepipeda, è possibile dar vita a murature solide e regolari.
Il muratore priva delle maggiori irregolarità i massi a disposizione mediante l’ausilio del martello in modo da ottenere almeno due facce sostanzialmente piane: la prima per l’appoggio sulla malta e l’altra per contribuire alla formazione del paramento a vista del muro; le restanti facce possono presentare maggiori irregolarità in quanto integrabili mediante la malta di allettamento che svolge (verso l’interno della muratura) il ruolo di “cuscinetto” compensatore. Il pietrame, dopo l’operazione della “sgrossatura”, viene diligentemente pulito e lavato.
Con tali elementi litici da muro è molto più facile (rispetto ai massi informi o ai ciottoli) pervenire alla realizzazione di filari di pietra e giunti di malta maggiormente uniformi e regolari senza rinunciare ad una restituzione economica dell’opera muraria estremamente variata, caratterizzata da un assetto prevalentemente stratigrafico e orizzontalista delle assise. A fronte di una posa in opera facilitata ne risultano, in questi casi, apparecchi a corsi continui, spesso di differenti altezze.
La posa in opera del pietrame regolarizzato viene effettuata con ricorsi piani estesi a tutta la sezione muraria, “calzando” le pietre con il martello e cercando di assestarle, aiutandosi con la minima quantità di scaglie e con la giusta quantità di malta in modo che non rimanga alcun interstizio vuoto fra i vari elementi).
Le elevate caratteristiche meccaniche di queste tipologie murarie, unanimemente apprezzate all’interno della letteratura e della manualistica tecnica, sono dovute indubbiamente alla regolarità della tessitura degli elementi litici e alla presenza di “conci” di rilevante dimensione (diatoni) posizionati perpendicolarmente all’asse longitudinale del muro al fine di realizzare dei “legamenti” trasversali.
Decidendo di lasciare il muro di pietra a vista occorre una particolare cura, oltre che nella formazione e nella rifinitura dei giunti (che risultaranno il più possibile sottili e ben “stilati”), nella selezione e nella disposizione dei blocchi che alimentano il “dire architettonico” del muro attraverso la geometria dell’apparecchiatura stessa. Qui, ovviamente, la natura specifica delle pietre gioca un ruolo fondamentale.


Muro ad elementi stratificati (ph. A.Acocella)

La stratificazione e l’orizzontalismo, caratteri peculiari di questa famiglia di muri di pietra, possono essere parzialmente “negati” adottando una posa a “corsi interrotti”. In questo particolare tipo di apparecchiatura blocchi di pietra più grandi (o anche delle stesse dimensioni degli altri ma disposti verticalmente) interrompono la continuità del ritmo a fasce parallele orizzontali con un diverso effetto architettonico; la muratura risulta, in questi casi, maggiormente articolata e bilanciata nelle due direzioni che organizzano figurativamente il paramento lasciato a vista.
Nel caso di utilizzo di pietrame proveniente da rocce fortemente stratificate (come nel caso di alcuni calcari, gneiss, ardesie ecc.) caratterizzato da “lastre” piane di sottile spessore il muro assume, normalmente, un aspetto più marcatamente a fasce. Il disegno del paramento si presenta, in questi casi, variegato e segnato attraverso una geometria fortemente orizzontalista quasi che l’opera artificiale di costruzione sia posta ad imitare gli strati naturali dei banchi rocciosi d’origine.
Un allineamento e una sottolineatura dei giunti orizzontali in forma di incisione, ottenuta mediante un arretramento della malta rispetto al filo esterno del paramento di pietra, può amplificare ulteriormente l’effetto di stratificazione. E’ l’espediente che Frank Lloyd Wright impiega più volte in combinazione con il calcare del Wisconsin messo in opera in sottili e insistiti strati rettilinei; tale procedimento alla muratura stratigrafica affascinò a tal punto il maestro americano da spingerlo addirittura a forzare la natura di materiali lapidei scarsamente suddivisibili in strati. E’ il caso famoso della Casa sulla cascata dove utilizzò l’arenaria (pietra con una limitata propensione alla stratificazione) posandola in opera in modo tale da risultare simile al calcare del Wisconsin sud occidentale.
Risulta importante che le pietre – se di natura stratigrafica – vengano messe in opera assecondando il loro “letto” naturale (ovvero conservando una giacitura parallela al loro piano di stratificazione); il non rispetto di questa condizione può portare alla “sfoliazione” o addirittura alla rottura del materiale litico.
Gli elementi di pietra impiegati in queste tipologie di muri sono disposti – per tutto lo spessore della struttura di elevazione – secondo strati orizzontali adottando la classica orditura “a punta e a lista” in modo che si crei sempre un legamento, di tanto in tanto, tra i corsi che si susseguono. Le pietre di legamento che attraversano l’intero spessore del muro si posizionano a distanze predefinite lungo lo sviluppo longitudinale della parete muraria (in genere a 1,50 m l’una dall’altra); la ripetizione di queste spianature con pietre di punta devono essere rispettate, chiaramente, anche nella crescita verticale della muratura (in genere ogni 3-4 ricorsi).
Anche per le murature con elementi sbozzati o stratificati (al pari di quelle in pietre informi o in ciottoli) nei vani delle aperture, negli angoli, negli incroci, vanno collocati gli elementi lapidei più grossi che dovranno essere selezionati e lavorati con massima cura in forma squadrata su tutte le facce e posti in opera sfalsati in modo da ottenere il miglior collegamento delle sezioni murarie che s’intersecano in tali punti singolari della costruzione. Nel caso specifico dei materiali litoidi stratificati la disponibilità, all’interno del copioso e variegato materiale di cava, di pietre grandi ed oblunghe consente, in genere, di realizzare senza problemi efficaci ammorsature d’angolo unitamente ai necessari legamenti trasversali effettuati nello spessore del muro; al loro posto possono sempre essere previste anche catene angolari in mattoni di laterizio.

Muri misti o “listati”
Le origini dell’opera muraria mista vanno collocate all’interno dell’evoluzione che si produce nella tecnica costruttiva romana a partire dalla prima età imperiale quando l’enorme impulso dato alla produzione dell’argilla cotta ne promuove un largo uso in edilizia non solo all’interno dell’opus testaceum ma anche in soluzioni miste (pietra e laterizi) dove la compresenza dei due materiali ne valorizza le rispettive caratteristiche e qualità. Tali murature prevedono dispositivi con fasce orizzontali di laterizi poste ad individuare “cinture” di ripianamento all’interno di ossature murarie litiche in opera incerta, reticolata, “vittata”, o anche di ciottoli.
L’esigenza di procedere nella costruzione per piani orizzontali, capaci di assicurare una buona ripartizione dei carichi, trova nei regolari, flessibili ed economici prodotti in argilla cotta validi elementi di integrazione soprattutto in relazione all’uso di materiale lapideo informe.


Muro listato in pietra e laterizio (ph. A.Acocella)

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Comunemente gli elementi laterizi sono messi in opera attraverso fasce longitudinali continue, insistenti su tutta la profondità della muratura, sotto forma di veri e propri ricorsi orizzontali, interposti ad intervalli regolari nella struttura di elevazione della muratura stessa. L’obiettivo, chiaramente, è di conferire maggiore stabilità e resistenza alla muratura grezza. Tale dispositivo costruttivo è particolarmente efficace quando si vuol dare vita ad una struttura muraria resistente e si ha la sola disponibilità di pietre irregolari non stratificabili o, addirittura, di ciottoli.
In queste tipologie murarie, il ricorrere all’uso del mattone trova spiegazione nella necessità di “riquadrare” e di regolarizzare geometricamente il piano di posa del pietrame. Le fasce orizzontali, di muratura ottenute mediante l’uso degli elementi di laterizio, vengono comunemente identificate con il nome di cinture per il loro ruolo di fasciamento, di “cerchiatura” continua, esercitato rispetto all’impaginato murario (possono essere: doppie, triple, quadruple a seconda del numero dei filari di cui risultano composte).
I ricorsi di mattoni, disposti perfettamente in orizzontale, svolgono il ruolo di collegamento e di ripartizione uniforme dei carichi; si intuisce, conseguentemente, la necessità di ricorsi multipli con elementi laterizi convenientemente concatenati fra loro; la predisposizione di un unico corso di mattoni non assicurerebbe condizioni adeguate di ripartizione dei carichi.
Sotto il profilo figurativo le cinture di mattoni, con la loro morfologia e reiterazione geometrica regolare, concorrono a suddividere le facciate in senso orizzontale individuando delle “linee” ben evidenti che smorzano l’uniformità data dalla continuità del materiale lapideo.
Normalmente, nei muri listati con pietre grezze, si cerca di far corrispondere le cinture ai solai, all’imposta degli archi, agli architravi delle finestre. La distanza d’interasse fra le varie cinture che si predispongono nello sviluppo verticale non supera i 150-160 cm e non è mai inferiore ai 70-80 cm.
È importante evidenziare come in queste murature miste il collegamento fra i due diversi tipi di materiali, dovrà essere effettuato, oltre che in senso orizzontale, anche verticalmente. A tal fine si formano dei “cantonali”, delle “riseghe”, con “ammorsature” rispetto alla restante struttura in pietrame ponendo una particolare attenzione alla formazione delle spalle dei vani, degli spigoli e degli incroci delle murature stesse. Il dispositivo di concatenamento viene eseguito in modo tale da formare un “addentellato”, proporzionato alle dimensioni delle pietre utilizzate, funzionale a rendere il più possibile interconnesso l’ordito dei mattoni con quello delle pietre.
Negli spigoli e negli incroci delle murature queste ammorsature si effettuano disponendo “blocchi” di almeno tre mattoni posati in chiave, una volta lungo l’asse longitudinale di una parete ed una volta lungo quello dell’altra.


Muro listato in pietra e laterizio (ph. A.Acocella)

L’uso contestuale di pietre e mattoni può essere scelto non solo per “migliorare” costruttivamente le murature in pietrame irregolare bensì anche per valori squisitamente architettoniche. Estremamente interessante è l’uso dell’opera listata protesa al raggiungimento di particolari esiti figurativi dove i mattoni si attestano – in diversificata cromia e ritmo dimensionale – su assise di conci regolari di pietra.
E’ il caso, ad esempio, dei comuni blocchi di tufo (così diffusi in molte aree territoriali del centro e del meridione d’Italia) il cui costo non elevato li rende particolarmente idonei ad essere utilizzati secondo una logica di integrazione che affida al materiale “artificiale” – ovvero il mattone – un significato “arricchente”, unicamente decorativo. La pietra fa da sfondo, dando vita ad un’opera muraria “ fasciata”, a bande orizzontali, segnata dai laterizi che corrono – a ricorsi singoli o multipli (allineati, rientrati, sporgenti) – rispetto ai blocchi litoidi.
A differenza dell’integrazione fra mattoni laterizi e pietre informi, in questa seconda ipotesi il numero e l’alternanza dei ricorsi in elementi laterizi, la loro predisposizione nelle costolature, lungo le linee verticali di intersezione risultano più liberi in quanto il dispositivo murario in pietra ad elementi squadrati già di per sé ha prerogative costruttive di piena autonomia statica e di portanza.

Alfonso Acocella

Note
* Il saggio è tratto dal volume di Alfonso Acocella, L’architettura di pietra, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624.

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12 Settembre 2012

English

Types of irregular walls*

Versione italiana


Irregular masonry wall (ph. A.Acocella)

Rough stone walls
The stone normally employed to build this kind of wall is furnished by the quarry in the form of irregular pieces of a certain size, or consists of shapeless fragments gathered from the foot of the rock-face. In either case, before it is laid the stone is roughly dressed in order to be able to use it in some way.
The construction of the wall usually proceeds in a horizontal direction, with the laying of horizontal “courses” of stone to form the outer face of the wall first, followed by the inside section (thus completing the wall). Despite the informality and heterogeneous dimensions of the stones used, such walls are not built in a random fashion: on the contrary, they are governed by certain rules which have to be strictly observed, and which strongly influence the finished structure.
In order to build a good, solid wall, it is a good idea to:
use stones that the mason can handle comfortably (in other words, stones no heavier than 25 – 30 kg.), and no larger than 35 – 40 cm;
lay the flattest face of each stone horizontally in order to guarantee the best possible resistance to loads;
avoid laying stones with their faces sloping outwards;
reduce the gaps between stones to a minimum, filling them with splinters and wedges of stone where possible;
stagger the vertical joints of the stones as the wall rises;
ensure the horizontal levelling of the wall at regular intervals using squared stones laid edge on, so as to bind the wall and distribute load in a more uniform manner;
lay larger, regular stones at the corners and intersections of walls (and at the sides of window and door openings), or use “strips” of bricks for this purpose.
Rough stone walls should always be laid by expert masons or bricklayers familiar with this kind of construction; the most difficult part of the job is that of quickly choosing the right stones to use to form the irregular “courses” so as to guarantee the strongest wall possible.
One trick of the trade is to sort the stones beforehand into piles of a similar size and shape. Five piles of stones, scraped clean of any earth or incrustations, should be made: two consisting of the more regular, flatter stones (one pile with longer stones, the other with shorter ones); two made up of irregular stones (larger and smaller cobblestones); and the last, made up of splinters and wedges of stone. This method of organising the material beforehand considerably speeds up the building of the wall, and ensures a more rational arrangement of the stones in the wall.
Mortar plays a very important role in the building of this kind of wall: as well as binding the stones together and filling the gaps between them, it also fulfils the function of distributing load in a more uniform manner; in fact, the structure of the wall would be much less resistant were the stones to be laid in direct contact with each other (as in the dry-stone wall), and thus it is very important to ensure that the mortar completely envelops the stones so that they do not touch each other directly.
In irregular stone walls, the mortar must be of the best quality, given that it is largely responsible for the solidity and stability of the wall itself: the more irregular the stones, the courses and the joints between the stones, the better the quality of the mortar needs to be (air-hardened lime or pozzuolana mortars, and from the end of the 19th century onwards, Portland-cement mortars).


Irregular masonry wall (ph. A.Acocella)

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As we have already said, the irregularity of the rough stones calls for larger joints; the builder lays each stone on top of an abundant (but not excessive) layer of mortar, and then gently taps it into place with a hammer and with the aid of wedges where necessary (designed to hold the stone firm in the correct position). The larger stones are usually laid first, in order to establish the position of the two faces (exterior and interior) of the wall: then a layer of mortar is laid in the middle of the wall (the inside section) upon which other smaller stones and splinters are then laid, to give a solid wall of a hierarchical, geometrical design characterised by the constant connection and interweaving of the wall elements.
As regards the finishing of the mortar joints, as well as the more standardised, traditional methods, in certain cases (above all in the presence of very irregular stones that are not going to be dressed to some degree), builders use the technique whereby the joints are pointed using a considerable quantity of mortar so that only the tips of the stones are left exposed.


Cobblestone wall (ph. A.Acocella)

“Rough-hewn” or “stratified” stone walls
This commonly-found type of irregular wall is made of stones that have been treated in some way in order to transform them from their natural geological state into a more standardised format, or have been “trimmed” by the dressing of selected materials. The stone in question generally consists of quarried boulders (or large pebbles from rivers and streams), which are then roughly-hewn to give them a vaguely parallelepiped shape, before being utilised to make solid, regular walls.
The mason strips the available masses of their more significant irregularities using his hammer, so as to obtain at least two substantially flat faces: the first such face is to be laid on the bed of mortar, while the second is to contribute to the outer facing of the wall. The remaining faces may be more irregular as they get concealed within the wall itself, and compensated by the addition of a mortar “cushion”. After the stone has been roughly hewn, it is carefully cleaned and washed. With such stones, it is much easier to create fairly uniform courses of stonework and joints that it would be with shapeless stones or cobblestones, while preserving the economic and varied character of the walled construction itself (which tends to follow the stratigraphical features of the rock, developing in a horizontal direction). The easier laying of this type of wall is also accompanied by continuous courses, often of different heights.
The laying of rough-hewn stone gives masonry courses running the full length of the wall; this involves the tamping down of the stones with a hammer, the occasional insertion of wedges or splinters where necessary to ensure their stability, and the right quantity of mortar so that no gaps remain between the stones.
The high mechanical qualities of this kind of wall, praised in all construction manuals and technical studies, are undoubtedly due to the regularity of the pattern of stones and to the presence of large ashlars positioned perpendicular to the longitudinal axis of the wall, designed to create transversal “connections”.
The creation of the facing of the wall requires special care in establishing and pointing the joints (which should be as narrow and as well “designed” as possible), and in choosing and arranging the blocks that increase the “architectural essence” of the wall through the geometry of the structure itself. Here, of course, a fundamental role is played by the specific nature of the stone.
The stratification and horizontal character of this category of masonry wall may be negated by the laying of “interrupted courses”. In this case, larger blocks of stone (or even blocks the same size as the others but laid vertically) interrupt the rhythm of parallel horizontal courses, producing a different architectural effect; the resulting wall design is more complex and well-balanced (in the two directions that characterise the overall facing).
When highly stratified rock is used (such as certain limestone, gneiss, slate, etc.), characterised by thin, flat slabs, the wall takes on a more marked banded appearance. In such cases, the facing design is generally varied and characterised by a strongly horizontal geometry, almost as if the artificial walled construction were an imitation of the natural rock strata.
The alignment and highlighting of the horizontal joints (slightly indented as a result of the mortar not coming up to the edges of the stones) can further emphasise the stratified effect. This was a technique employed by Frank Lloyd Wright when using thin, rectilinear courses of Wisconsin limestone: in fact, the American architect was so fascinated by the stratigraphical effect that he decided to attempt it with materials that could hardly be divided into layers, as in the famous case of the house he designed by the waterfall, where he chose to utilise sandstone (which has a limited propensity for stratification), laying it so that it would resemble the limestone of south-west Wisconsin.
It is important that stratigraphical stones be laid according to their natural “bed” (that is, in a direction parallel to their plane of stratification); failure to do so could result in the flaking or breaking off of parts of the stone.
The stones used in this kind of wall are laid in horizontal layers, according to the traditional “edge on, side on” arrangement, which ensure that there is the occasional linkage between one course and the next. The linking stones that take up the entire thickness of the wall are positioned at set intervals (usually every 1.5 metres along the horizontal axis of one course), and this system of binding the courses is repeated, as the wall rises vertically, every 3 or 4 courses.
Walls built of roughly-hewn or stratified stones (just like those in shapeless stones or cobblestones) also feature larger, squared ashlars at the openings (windows and doors), as well as at any corners or junctions in the masonry: these stones have to be carefully dressed on all sides, and laid in a staggered manner so as to guarantee the best possible bond. In the specific case of stratified materials, the great variety of available quarry stone generally includes a number of large, oblong stones which can be used for these purposes: they may be laid as cornerstones and as cross-stones (stones laid the entire depth of the wall), to create the necessary bonding. Should such stones not be readily available, bricks may always be used to form the necessary corner bonding.


Stratified wall (ph. A.Acocella)

Cobblestone walls
Although rather vulnerable from the point of view of stability, and despite being difficult to build, cobblestone walls proved immensely popular in Italy in pre-modern times; the older buildings in the towns of the Po Plain, for example, or those to be found in pre-Alpine Italy, are often built from cobblestone. This kind of stone, shaped and smoothed by northern Italy’s myriad rivers and streams, with its vaguely ovoid or spherical shape, rarely possesses flat faces, however, and its “unstable”, indefinite morphological character makes it more difficult to use: the reason for this is that its smooth, shiny surfaces make it that much more difficult for the mortar to get a grip, and they also make it more difficult to arrange the stone so as to create the necessary binding. One way of getting around this obstacle is to break the cobblestones so as to obtain at least one rough face (on which the mortar can get a better grip); however, this can clearly only be done when large-sized cobblestones are readily available.
When using this technique, the large, oblong cobblestones are broken in half, and then laid with the broken faces facing outwards, and the length of the half-stones running the entire depth of the wall: they are laid in horizontal courses on a substantial bed of mortar, and are held in place by inserting various splinters and wedges of stone into the surrounding mortar. In order to ensure the maximum possible stability of the wall, each cobblestone should be laid over the edges of at least two other stones in the course below. Should no large cobblestones be available, then the mason may choose to lay smaller, flattened ovoid stones in an opus spicatum arrangement, that is, with the longitudinal axes of the stones on any given course arranged parallel to each other and inclined at an angle of 45°, while the stones in the adjacent courses are laid in the opposite direction, again with their longitudinal axes at 45° to the upright (thus creating a herringbone pattern). Within this design, the ends of the inclined stones are generally positioned between the ends of those in the adjacent courses: moreover, in order to reinforce this kind of wall, horizontal courses are laid at given intervals (usually about every 1 – 1.2 m.), and corner bonding is created using regular stones or bricks. This corner bonding generally involves the use of perfectly squared ashlars laid in a staggered bond (first head on, then side on, etc.) running the entire length of the vertical intersection.
The thickness of such walls is clearly limited by their inherent weakness in static terms, and does not normally exceed 60 cm.. The typical section of such walls reveals their “two-faced” nature; that is, they are generally composed of two sides making up the external faces of the wall (with binding stones running the entire depth of the wall), with smaller stones in between and with mortar filling the gaps between the larger stones. One fundamental prerequisite for a stable, cobblestone wall that is going to last is the use of good-quality mortar (hydraulic lime, cement or pozzolana mortar).


Mixed or “banded” stone wall (ph. A.Acocella)

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Mixed or “banded” stone walls
The construction of mixed walls goes back to the early period of the Roman Empire, when the expansion in terracotta manufacture led to its widespread use in the construction industry, not only in opus testaceum, but also in the construction of walls using a mix of stone and brick, designed to benefit from the diverse characteristics of the two materials. The latter involved the laying of horizontal “bands” of brick designed to level out the otherwise irregular character of the substantially stone structure (generally made of rough stones or cobblestones arranged in a reticulated pattern). The fact that walls needed to be built in horizontal courses in order to guarantee the correct distribution of load, meant that bricks fulfilled an important levelling function when the walls were built mainly from irregular-shaped stones of one kind or another: hence the adoption of continuous courses of bonded brickwork, laid at regular intervals between the masonry and running the full depth of the wall. The aim was clearly that of guaranteeing the wall greater stability and resistance. This technique is particularly effective when a strong wall is needed, but only irregular, non-stratifiable stones or cobblestones are available. Bricks are employed to give a more regular, squared shape to the wall as it gradually rises upwards, as the brick courses form an even bed for the next layers of stone and mortar.
These horizontal strips of brickwork to be found in mixed walls – commonly known as bands – consist of double, triple or quadruple bonded courses of brickwork laid perfectly horizontal: a single course of bricks, in fact, would not be a sufficient guarantee of the even distribution of load.
From the figurative point of view, these bands of bricks, with their geometrically repetitive pattern, help to sub-divide the facing of the wall horizontally, constituting clearly evident lines that enliven the otherwise stern uniformity of continuous stonework.
In the case of rough stone walls, such brick bands are generally positioned so as to correspond to the level of floors, to the imposts of arches, and to the architraves of windows. The distance between the centres of the various bands is never more than 150-160 cm., and never less than 70-80 cm.


Mixed or “banded” stone wall (ph. A.Acocella)

It should be pointed out that in these mixed walls, the bonding between the two different materials has to be both horizontal and vertical: to this end, angles and offsets are formed, scarfed to fit in and bond with the rest of the stone structure, with special care taken over the corners and junctions in the wall itself, and the jambs of apertures. Bonding is created in such a way that a toothing is formed, based on the size of the stones employed, designed to facilitate the interconnection between the brickwork and the masonry courses.
In the corners and junctures of the wall, bonding is achieved using a series of “blocks” of three bricks or more laid in a “key” formation (what you see along one face of the wall is first a “block” of headers, followed by a “block” of stretchers, then another “block” of headers, and so on – while around the corner in question this arrangement is inverted).
The use of stone and brick may not only be designed to improve the strength and stability of the wall, but may also be based on purely architectural grounds. The use of an extensive band of bricks, of a different size and colour from the ashlars and stones forming the background, can produce a particularly interesting figurative effect. This is the case, for example, when ashlars of local tufa (a stone commonly found in many parts of central and southern Italy) are used: this inexpensive stone lends itself particularly well to being “embellished” by the addition of decorative bands of brickwork. The stone itself thus constitutes the background to bands of brick courses (aligned with, set back or protruding from, the stone).
Unlike the brick and irregular stone combination, the employment of such brickwork bands against a background of more regularly squared stones (such as the tufa ashlars) is constrained to a far less degree by the static requirements of the wall, as such ashlars make for a more stable wall in general, and therefore the brickwork courses can be arranged in a much freer manner.

Alfonso Acocella

Note
* The re-edited essay has been taken out from the volume by Alfonso Acocella, Stone architecture. Ancient and modern constructive skills, Milano, Skira-Lucense, 2006, pp. 624.

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10 Settembre 2012

News

MARMOMACC STONE ACADEMY

47a Marmomacc – Verona 26/29 settembre 2012

Le origini della “Stone Academy” si possono rintracciare nel 1999 con i primi corsi di aggiornamento organizzati da Verona Fiere per architetti americani in cooperazione con le rispettive associazioni AIA, RIBA, RAIC, è però nel 2005 con la costruzione del primo corso a livello internazionale in progettazione contemporanea con la pietra promosso da Marmomacc ed attivato dal Politecnico di Milano sede di Mantova che ha inizio il percorso di alta formazione di livello Universitario e post laurea.
Nell’arco di sette anni il numero delle università che, stimolate da Marmomacc, hanno attivato nuovi corsi e ricerche sono andate via via aumentando, presentando un’interessante eterogeneità di specializzazioni differenti. Si definisce nel 2011 la necessità di rappresentare sotto un unico nome, Stone Academy, quanto si svolgeva sotto la definizione “ didattica e formazione” per costituire e rappresentare a pieno l’ampia rete di università, docenti, ricercatori studiosi ed interessati all’Architettura con l’uso della Pietra. Nel marzo 2012 la Stone Academy si coordina nel primo workshop congiunto tra le università aderenti, svoltosi in provincia dell’Aquila a Bugnara ed in coordinamento con le pubbliche amministrazioni, al quale hanno aderito 9 sedi e corsi universitari 13 docenti e 65 studenti.
Per la prima volta un gruppo così nutrito di strutture universitarie si è raccolto attorno ad un tavolo di lavoro per determinare le linee guida di un settore dell’architettura che, nato come area di nicchia, ad oggi é evidentemente divenuto di largo interesse ed attualità. In occasione della prima riunione annuale del 2012, i docenti rappresentanti delle rispettive sedi universitarie, in accordo col Coordinatore, hanno concordato che per non perdere il patrimonio fin qui costruito, fosse necessaria la definizione di un nuovo obbiettivo di crescita. È così che, entro la fine del 2012, si stilerà un elenco di regole, diritti, doveri ed obblighi dei partecipanti, arrivando così a formulare uno statuto congiunto che ponga la Stone Academy come punto di riferimento per quanti credano nella cooperazione tra mondo produttivo e mondo universitario. Gli obbiettivi e le finalità che contraddistinguono questa struttura di cooperazione sono quelli di collegare università, professioni, istituzioni; attuare politiche di ricerca di alto profilo; sedimentare ed insegnare una cultura internazionale della pietra in architettura; divulgare la ricerca e l’innovazione con l’uso della pietra; promuovere un approccio multi disciplinare all’architettura con la pietra.
Ma per far sì che la pietra venga nuovamente considerata materiale principe per l’edilizia la Stone Academy, con il contributo di tutti i partner universitari, si metterà a disposizione per contribuire ai processi normativi che vedano interessati i materiali lapidei; assistere le istituzioni nel controllo e nella valutazione della qualità dei prodotti litici da usare in edilizia ed in architettura; cooperare con il sistema educativo nazionale ed internazionale nella formazione a tutti i livelli fin a partire dalle scuole superiori (licei artistici ed istituti tecnici per geometri, scuole specialistiche settoriali); fungere da riferimento culturale; valorizzare l’eccellenza del progetto di architettura. Il numero delle Università che aderiscono o hanno chiesto di aderire alla nostra rete è andato aumentando, sia in ambito nazionale che internazionale.
A partire da marzo dello scorso anno, quando il prof. Caviasca ha cominciato a curare ufficialmente la S.A., si è verificato un notevole l’incremento nella partecipazione alla nostra attività, portando il numero di facoltà o sedi universitarie aderenti da 8 a 12 e annoverando tra i partner anche il Politecnico di Madrid.
In questi anni Marmomacc ha svolto un ruolo attivo e determinante nello stimolare e divulgare quanto le Università stanno facendo in didattica, ricerca e sperimentazioni dell’architettura con l’uso della pietra, sempre più presente sul panorama nazionale ed internazionale. Ad oggi il supporto di Marmomacc diviene ancora più importante per il mondo universitario e produttivo per andare a determinante e consolidare i risultati fin qui ottenuti, in un panorama internazionale sempre più deteriorato da logiche di mercato che tendono a dimenticare il valore culturale della ricerca e della formazione.

Ad oggi aderiscono:
Politecnico di Milano – Polo regionale di Mantova,
Università di Architettura di Ferrara
Università di Ingegneria di Trento,
Università di Architettura di Pescara,
Università di Architettura del Politecnico di Bari,
Texas Tech University, Università di Ingegneria
della Prima Università di Roma,
Politecnico di Madrid – Università di ingegneria,
Università di Ingegneria di Udine,
Università di Ingegneria dell’Aquila,
Politecnico di Milano – Scuola di Architettura e Società, Master “Progettazione contemporanea con la pietra” – Politecnico di Milano

a cura di Massimiliano Caviasca, coordinatore Stone Academy

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4 Settembre 2012

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COMUNICARE ESPONENDO
Best Communicator Award 2012

47a Marmomacc – Verona 26/29 settembre 2012

La Giuria internazionale del Premio Best Communicator Award 2012 selezionerà nel corso della prossima edizione di Marmomacc gli stand più innovativi che saranno premiati mercoledì 26 settembre durante una manifestazione dedicata.
Una particolare campagna di attenzione sarà rivolta ai vincitori attraverso la stampa, il web e i social network.
Il premio Best Communicator Award nasce per sottolineare l’importanza dell’exhibit design nel riconoscimento delle potenzialità costruttive, decorative e comunicative del marmo e della pietra. Giunto alla sesta edizione consecutiva, il premio è rivolto a tutte le aziende espositrici siano esse collocate all’interno o all’esterno dei padiglioni.
La pietra è un elemento particolarmente stimolante per l’exhibit design, perché permette di costruire un elegante scambio tra materie diverse, superfici, colori e finiture, forme e funzioni sia degli oggetti sia dello spazio e l’ allestimento consente di mostrare ai visitatori le potenzialità di utilizzo dei materiali e le relative lavorazioni.
Lo stand fieristico, anche se effimero, si è rivelato un mezzo di comunicazione importante perché travalicando la mera presenza dell’azienda, ne mette in evidenzia la ricerca e le qualità produttive. Questi valori in “dialogo” tra l’ambito architettonico e il marketing aziendale, si esternano nel progetto dello spazio e dell’ambiente creato, nella sensibile giustapposizione tra prodotti in esposizione e componenti dell’allestimento, oppure nella coerenza tra gli stessi. Gli spazi espositivi stanno assumendo una crescente importanza nel panorama fieristico, e possono essere considerati una delle evoluzioni più attuali della capacità di comunicare al pubblico, a partire dal progetto, messaggi, valori, qualità, ma anche sorpresa, emozione e atmosfera. Come ogni esperienza che diventi gratificante anche sul piano estetico, attira l’attenzione degli operatori ed esprime la propria sintonia con le più avanzate richieste del mercato.

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1 Settembre 2012

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Supernova
La Piazza planetaria

Il Comune di Calitri e la casa editrice Libria indicono il concorso di Architettura per la progettazione di una piazza del centro storico di Calitri.

ART. 1 – OGGETTO DEL CONCORSO
Oggetto del concorso è la progettazione di una piazza del centro storico di Calitri. Il sito individuato dal Concorso non ha alcuna denominazione, in quanto trattasi di uno slargo (in Calitrano chia’nett’) formatosi dall’interesezione tra Via Fontana e Via V. Quaranta. La piazza è denotata da alcune caratteristiche formali che si riscontrano in tutto il centro storico: asimmetrie, dissonanze, cambi di quota, affacci pluridirezionali; non ha una forma geometrica elementare, bensì ne ha una complessa derivata da intersezioni varie e da uno sviluppo su più livelli. Il tutto è meglio descritto nelle foto e planimetrie allegate.

ART. 2 – FINALITA’ DEL CONCORSO
Il fine del concorso è rendere maggiormente e diversamente fruibile la piazza ai cittadini e ai visitatori del centro storico, mediante l’impiego di realtà virtuali e multimediali, che la connettano ad altri spazi di tutto il mondo, così come indica il titolo del concorso: supernova, la piazza planetaria.

ART. 3 – PARTECIPAZIONE AL CONCORSO.
Il concorso è aperto ad architetti, studenti di architettura, di ingegneria-architettura in forma individuale o in gruppo.

ART. 4 – DOCUMENTAZIONE DEL CONCORSO
La documentazione per partecipare al concorso è reperibile sul sito: www.comune.calitri.av.it

ART. 5
Ogni partecipante dovrà produrre due elaborati grafici di dimensioni A3 in formato PDF, accompagnati da una relazione di max 3000 battute e un calcolo sommario della spesa.
I concorrenti dovranno presentare gli elaborati in forma palese (firmati).

ART. 6
Gli elaborati in formato elettronico dovranno esser inviati al seguente indirizzo: www.calitrisupernova.it entro e non oltre il 30/11/2012.

ART. 7 – LA GIURIA
Gli elaborati saranno esaminati in rete dalla giuria composta da un rappresentante dell’Amm.ne comunale, dall’arch. Giacinto Cerviere, dal prof. arch. Alfonso Acocella, dall’arch. Luca Galofaro, dall’arch. Michelangelo Pugliese. La giuria a suo insindacabile giudizio eleggerà il progetto vincitore.

ART. 8 – I PREMI
Al vincitore sarà assegnato un premio di €.1.000,00 e un soggiorno per 2 persone per un week-end presso Sveva Design House a Calitri.

ART. 9
Tutti i progetti partecipanti al concorso saranno esposti in una mostra che si terrà a Calitri. Il progetto vincitore verrà preso in considerazione dall’Amministrazione Comunale perché possa verificarne la sua realizzazione anche mediante delle proposte concordate di modifica.

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29 Agosto 2012

News

Premio Tesi di Laurea
”PAESAGGIO, ARCHITETTURA E DESIGN LITICI”
seconda edizione 2012

Il Premio “PAESAGGIO, ARCHITETTURA E DESIGN LITICI”, organizzato da Marmomacc e dall’Ordine degli Architetti P.P.C. di Verona, ha concluso la prima fase dei lavori con la scelta delle migliori Tesi di Laurea.
Complessivamente sono state registrate cinquanta iscrizioni.
La Giuria, formata da Luisa Bocchietto, Presidente dell’ADI Associazione per il Design Industriale;
João Nunes, PROAP – Estudos e Projectos de Arquitectura Paisagista; Francesco Venezia, Professore IUAV; Vincenzo Pavan, Rappresentante di Marmomacc, Verona; Arnaldo Toffali, Presidente Ordine Architetti P.P.C. Verona, dopo aver esaminato le Tesi di Laurea pervenute, in assenza di Tesi sul Design, ha deciso di inglobare la cifra destinata a questo settore nel montepremi spettante alla categoria Paesaggio-Architettura.
Pertanto, dopo attenta valutazione degli elaborati ha deciso di assegnare il Primo Premio a una Tesi di Laurea per un valore di € 3.000 e quattro Menzioni Speciali di € 1.000 ciascuna.

1° Premio

Titolo Tesi: L’EX COLONIA OLIVETTI A MARINELLA DI SARZANA: un luogo per la musica tra Liguria e Toscana
Laureato: Gabriele Grassi
Università: Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Architettura, A. A. 2010-2011
Relatore: Prof. Arch. Fabrizio Rossi Prodi – Correlatore: Dott. Arch. Francesca Privitera
Motivazione della Giuria:
La tesi si distingue per un corretto uso della pietra nella definizione del rapporto con l’edificio preesistente e per la qualità dell’architettura, che interpreta in modo efficace l’idea del blocco puro. La scelta lapidea, il marmo Calacatta – utilizzato sia nelle superfici esterne sia negli interni – è efficacemente restituita da una sapiente e suggestiva rappresentazione. Ciò si evidenzia particolarmente in uno spazio significativo che evoca, nel progetto, le qualità spaziali della cava d’origine del materiale usato.

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Menzioni Speciali

Titolo Tesi: PAESAGGI ARCHEOLOGICI: un percorso museografico attraverso le necropoli Villanoviane di Verrucchio
Laureati: Enrico Pistocchi e Jessica Zonzini
Università: Università di Bologna, Sede di Cesena, Facoltà di Architettura, A. A. 2010-2011
Relatore: Prof. Arch. Sandro Pittini
Correlatori: Dott. Arch. Ernesto Antonini, Dott. Arch. Natascia Tassinari
Motivazione della Giuria:
La Tesi si qualifica per il controllo della dimensione e della scala di progetto in relazione al contesto paesaggistico. L’allestimento museografico proposto si articola in modo coerente, integrandosi con la morfologia del territorio e con il costruito del borgo esistente. Il progetto sviluppa con equilibrio e misura la compresenza della pietra naturale locale nelle superfici piane, e del conglomerato cementizio, stratificato e trattato con diverse granulometrie lapidee nelle spesse murature, cui conferisce una forte matericità litica.

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Titolo Tesi: CAVA ATTIVA. Metodo, strumenti e ipotesi per un progetto di architettura
Laureati: Filippo Cavalli, Antonio Sportillo e Giulio Viglioli
Università: Università degli Studi di Parma, Facoltà di Architettura, A. A. 2010-2011
Relatore: Prof. Arch. Chiara Visentin – Correlatore: Prof. Arch. Marcello Marchesini
Motivazione della Giuria:
Attraverso un interessante percorso di avvicinamento alla realtà territoriale, il progetto interviene in una cava di tufo dismessa in territorio leccese integrandola con un edificio inteso come corpo monolitico scavato.
L’integrazione di cemento e tufo, ottenuta sia per mescolanza dei due materiali sia per il trattamento delle pareti tufacee, tende a affermare il protagonismo percettivo del materiale litico. Emerge infine dagli elaborati una capacità di tradurre la rappresentazione del progetto in oggetto di qualità in se stesso.

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Titolo Tesi: RIQUALIFICAZIONE DELL’AREA DI PIAZZA CASTELLO A BADOLATO
Laureata: Giulia Soriero
Università: Università degli Studi Roma Tre, Facoltà di Architettura, A. A. 2010-2011
Relatore: Prof. Arch. Luigi Franciosini
Correlatori: Dott. Arch. Francesca Romana Stabile, Arch. Cristina Casadei
Motivazione della Giuria:
Mirante a interpretare le preesistenti rovine del castello, il progetto di un centro culturale collocato nel sedime della fortificazione scomparsa risulta apprezzabile per chiarezza e qualità dell’organismo architettonico proposto. L’impiego della pietra locale, sia in forma di rivestimento sia nel’uso massivo, costituisce una efficace restituzione dell’idea di massività litica con cui il borgo si identifica.

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Titolo Tesi: RIQUALIFICAZIONE URBANA DI UN ASSE DELLA MOBILITA’ SOSTENIBILE DI CHICLANA DE LA FRONTERA, CADICE
Laureate: Giorgia Tesser, Serena Ruffato e Noemi Vettore
Università: Università IUAV di Venezia, Facoltà di Architettura, A. A. 2009-2010
Relatore: Prof. Arch. Alberto Ferlenga
Correlatori: Dott. Arch. Pedro Gorgolas Martin, Dott. Arch. José Carlos Mariñas, Dott. Arch. José Maria Morillo
Motivazione della Giuria:
La tesi si propone la riqualificazione di un centro balneare della costa atlantica spagnola sconvolta da un incontrollato sviluppo edilizio dotandola di una strada pedonale urbana di 2,5 Km. e di strutture collettive. Tema unificante è la definizione degli spazi pubblici e dei percorsi urbani identificati dalla pavimentazione in granito lungo di cui il percorso è lastricato. Fulcro della operazione di riurbanizzazione è la biblioteca, anch’essa rivestita con grandi pannelli dello stesso materiale litico giocato in modo coerente e con disegno essenziale ed efficace.

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Segnalazioni

Titolo Tesi: PROGETTO DI RESIDENZA COMPLESSA AL CAIRO: “WIKALA” del Cairo tra il XV e il XIX secolo
Laureati: Antonella Focarazzo, Floriana Fortunato, Daniela Lemma, Sabina Rosa Tea Pelle, Aldo Pinto, Francesco Propato
Università: Politecnico di Bari, Facoltà di Architettura
Relatore: Prof. Arch. Loredana Ficarelli – Correlatore: Prof. Arch. Vitangelo Ardito

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Titolo Tesi: DEAD CITIES Città morte della Siria del Nord, progetto del Parco Archeologico e del riadeguamento dei servizi turistici
Laureati: Gabriele Berardi, Corrado Dell’Olio, Nicola Lamanna, Leonardo Lamanuzzi, Giorgia Panebianco, Giuseppe Scarpa
Università: Politecnico di Bari, Facoltà di Architettura
Relatore: Dott. Arch. Attilio Petruccioli
Correlatori: Dott. Arch. Giacomo Martines, Dott. Arch. Calogero Montalbano, Dott. Arch. Annalinda Neglia

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Titolo Tesi: RESTAURO DEL BORGO LA VILLA (LONGANUM) PRESSO SECINARO (L’AQUILA)
Laureato: Vittorio Panicaldi
Università: Università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti e Pescara, Facoltà di Architettura
Relatore: Prof. Arch. Claudio Varagnoli
Correlatori: Prof. Arch. Lucia Serafini, Prof. Arch. Raffaele Giannantonio

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Titolo Tesi: CAVE NEL PAESAGGIO / PAESAGGI DI CAVE. Il sistema di aree estrattive lungo la media valle dell’Adige
Laureata: Claudia Selber
Università: Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura e Società
Relatore: Dott. Arch. Antonio Emilio Alvise Longo

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La seconda fase del Premio Tesi è così organizzata:

CERIMONIA DI CONSEGNA DEI PREMI
I premi e le menzioni saranno consegnati in una cerimonia, organizzata all’interno degli eventi culturali di Marmomacc, il 28 settembre 2012 a Veronafiere presso “Inside Marmomacc” nel Padiglione 7B.
Il programma prevede una Lectio Magistralis a cui farà seguito la consegna del Premio Tesi di Laurea.
I vincitori esporranno in un breve intervento il proprio lavoro.

MOSTRA DELLE TESI PREMIATE
I progetti premiati, menzionati, segnalati, saranno esposti a Marmomacc, nel Padiglione 7B, dal 26 al 29 settembre 2012 all’interno dello spazio “Inside Marmomacc” insieme ad altre mostre culturali.

PUBBLICAZIONE TESI
Le Tesi esposte in mostra saranno raccolte e pubblicate in un fascicolo.

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2 Agosto 2012

News

Un progetto di urban design in pietra per L’Aquila

Corso integrato di COSTRUZIONI IN PIETRA
a.a. 2011-2012
FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DI FERRARA
In collaborazione con Marmomacc – Veronafiere

Dall’anno accademico 2007-2008 il corso integrato di Costruzioni in Pietra fa parte dell’offerta formativa curricolare della laurea a ciclo unico in architettura dell’Università di Ferrara. Le attività didattiche, organizzate dalla Facoltà di Architettura ferrarese in collaborazione con Marmomacc – Veronafiere, sono finalizzate a trasferire agli studenti del quinto anno una consapevolezza critica sull’impiego dei materiali lapidei all’interno del progetto contemporaneo d’architettura, d’allestimento d’interni e di design di prodotto.
I temi portanti affrontati dal corso di Costruzioni in Pietra sono: l’identificazione e l’interpretazione critica dei codici e dei linguaggi con cui la pietra si presenta nell’architettura storica e in quella contemporanea; la conoscenza delle categorie petrografiche, geologiche e merceologiche dei materiali litici e la loro rispondenza alle necessità d’impiego nell’architettura e nel design; l’analisi della connessione tra progettazione architettonica e tecniche costruttive legate alle nuove frontiere di trasformazione e trattamento della pietra.
Nell’anno accademico 2011-2012 il corso è stato tenuto dai professori Alfonso Acocella, Vincenzo Pavan, Davide Turrini e Carmela Vaccaro e ha affrontato il tema monografico “Pietra: recuperare, ricostruire, integrare”, sviluppando i contenuti della costruzione litica nella riqualificazione di ambienti storici urbani e paesaggistici in condizioni di abbandono e degrado.
Le attività didattiche hanno analizzato sia le problematiche connesse al recupero e alla rifunzionalizzazione di edifici storici costruiti in pietra, sia la progettazione di spazi urbani siti in città o borghi di antica origine, nel quadro di numerose connessioni disciplinari: dallo studio delle tecniche costruttive tradizionali, alla conoscenza dei materiali lapidei dei diversi bacini produttivi e delle relative caratteristiche fisico-meccaniche; dal restauro urbano e architettonico, al progetto di nuovi manufatti sostituivi di edifici semidistrutti o andati perduti a causa dell’abbandono e dell’incuria.

La progettazione degli studenti si è concentrata in particolare su due aree di intervento: il villaggio rurale di Gorgusello (VR), dove è stato affrontato il tema della riqualificazione/ricostruzione di un gruppo di antiche case-torri in pietra; il centro storico di Bugnara nei dintorni de L’Aquila, dove un progetto di urban design litico ha ricucito i vuoti lasciati dal sisma del 2009.
Le pagine che seguono danno conto di una selezioni dei lavori degli studenti relativi al borgo aquilano, realizzati a partire da un workshop intitolato “Bugnara. Le pietre della ricostruzioni tra amnesia e memoria storica” organizzato da Stone Academy, la struttura di collegamento di Marmomacc delle facoltà impegnate in progetti litici.

La struttura del corso, della durata di 100 ore (8 CFU), è incentrata sull’atelier di progettazione affiancato da attività formali – quali lezioni frontali dei docenti e lecture dei visiting teachers – ed informali, connesse a visite guidate e confronti con operatori specializzati in aziende del settore lapideo. Il canale comunicativo delle attività formative è il website architetturapietra2.sviluppo.lunet.it

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Progetto 1
Cortili verdi per riunire la comunità

Dopo il terremoto del 2009 il tessuto edificato di Bugnara rimane punteggiato di vuoti che non saranno saturati da nuove edificazioni. Il progetto ricuce tali spazi in un percorso verde, assegnando ad ognuno di essi una funzione specifica per la vita comunitaria all’aperto. Le pietre calcaree e le brecce della tradizione costruttiva locale sono impiegate per progettare sedute, fontane, pavimentazioni e scalinate; il design degli spazi urbani risolve nel dettaglio le soluzioni tecnologiche necessarie per i frequenti cambi di quota e di pendenza che caratterizzano la topografia dell’abitato.

Autrici: Stephanie Helbig, Ana Pereira
Tutor: Vincenzo Pavan, Davide Turrini

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Progetto 2
Camere di pietra a cielo aperto

Alcune rovine di case private, abbandonate nel centro storico di Bugnara dopo il sisma, vengono reinterpretate come spazi pubblici, segnalati da porte colorate e accessibili come stazioni di un percorso emozionale, ricco e differenziato nel verde. Pavimentazioni e sedute di pietra, vasche d’acqua e una selezione di piante rustiche locali, danno vita a un giardino di luci e ombre, ad un parco giochi, ad un orto e ad un piccolo bosco per la lettura e la meditazione.

Autori: Charlotte Gassie, Benoit Suzanne
Tutor: Vincenzo Pavan, Davide Turrini

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Progetto 3
Una “biblioteca” aromatica quasi ipogea

Un antico spazio domestico, scavato con perizia archeologica, ospita un piccolo giardino per il gioco dei bambini e un orto didattico a disposizione della collettività. La pietra recuperata con lo scavo è reimpiegata in murature, pavimentazioni e sedute. Le piante della macchia abruzzese sono coltivate e disponibili alla “consultazione” olfattiva e gustativa sui grandi scaffali di semplici impalcature metalliche: borragine, cicoria, origano, maggiorana, finocchio e cardo selvatico rafforzano con i loro aromi la reminiscenza del paesaggio e delle tradizioni gastronomiche del luogo.

Autrici: Daniela Amorim, Rita Santos
Tutor: Vincenzo Pavan, Davide Turrini

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27 Luglio 2012

News

faf, ancora prima in Italia


Salone d’onore di Palazzo Tassoni Estense. Sede faf

La Facoltà di Architettura di Ferrara, per l’anno A.A. 2010-2011, è nuovamente al primo posto fra le ventidue facoltà italiane di Architettura secondo gli indici di qualità della classifica CENSIS pubblicata nei giorni scorsi su La Repubblica e nella Grande Guida Università 2012-2013.
Si tratta di un importante riconoscimento e di una ulteriore conferma per la Facoltà di Architettura ferrarese – che colleziona il primo posto in classifica, per la decima volta negli ultimi undici anni – soprattutto nel momento attuale in cui tutti gli Atenei stanno effettuando complesse operazioni di riequilibrio economico e di accorpamento di strutture, come richiesto dalla legge Gelmini, sotto le impegnative e dibattute parole d’ordine di merito, qualità, eccellenza, internazionalizzazione.
Gli indici di qualità della valutazione CENSIS attengono a parametri oggettivi, misurabili, legati prevalentemente a produttività (capacità degli studenti nel portare a termine il ciclo di studi nei tempi prestabiliti), didattica (livello dell’offerta formativa nel rapporto studenti, docenti, strutture), ricerca scientifica (realizzazione di progetti rilevanti), relazioni internazionali (scambi di studenti e di docenti, unitamente allo svolgimento di progetti culturali, nel contesto internazionale).
Rispetto a questi parametri la Facoltà di Architettura è stata giudicata prima con un punteggio di 102,0 (conservando il rating AAA), seguita – al secondo e al terzo posto – dalla Facoltà di Architettura di Sassari (99,8) e dallo IUAV di Venezia (99,0).
Alla reputazione acquisita dalla Facoltà di Architettura ferrarese nei confronti dei criteri di valutazione adoperati nella classifica del CENSIS, si somma il risultato di un virtuoso raccordo tra la formazione universitaria e il mondo del lavoro realizzato attraverso attività di tirocinio e di inserimento dei laureati nel mondo professionale.
La Facoltà di architettura di Ferrara offre due Corsi di laurea.
Corso di laurea magistrale in Architettura. Laurea Magistrale a ciclo unico (5 anni). Il Corso mira a formare la figura professionale dell’Architetto secondo le vigenti direttive Europee e consente il conseguimento del titolo di Laurea Magistrale a completamento dell’intero ciclo.
Gli obiettivi formativi del Corso sono quelli previsti dalla Classe LM-4 con particolare riferimento al campo della progettazione architettonica e urbanistica alle diverse scale di applicazione, ed al restauro architettonico. Il Corso di Laurea in Architettura è stato il “motore” che ha consentito alla Facoltà ferrarese nei suoi vent’anni di vita di distinguersi nel panorama nazionale e internazionale, intrattenendo rapporti con oltre 40 Università di paesi europei e circa 30 di paesi extraeuropei. In prosecuzione di tale Corso di Studi è stato attivato un Dottorato di ricerca in Tecnologia dell’Architettura con una pluralità di diversificazioni disciplinari (1- Innovazione di prodotto: materiali, componenti e tecnologie innovative per l’architettura e il disegno industriale; 2- Innovazione di processo: modelli di industrializzazione del processo costruttivo; 3- Tecnologie innovative per i progetti di riqualificazione edilizia; 4- Metodologie della progettazione architettonica in rapporto alla costruzione; 5- Materiali e tecniche costruttive tradizionali ed innovative con finalità conservative).
Corso di laurea in Design del prodotto industriale. Laurea triennale Classe L-4. Il Corso, di più recente istituzione, è indirizzato a formare professionisti in grado di interpretare le esigenze espresse e latenti nella società e di tradurle in oggetti concreti, formalmente significanti, utili e funzionali, realizzabili con procedimenti industriali e sostenibili per il nostro ambiente. Nelle diverse fasi del Corso sono organizzate attività tese a comprendere l’uso degli oggetti, la natura dei materiali e dei processi produttivi, il ruolo del disegno, della modellazione tridimensionale nel percorso che dalla fase di ideazione porta alla messa a punto del prodotto finito.

Le strutture architettoniche della Facoltà di Architettura di Ferrara hanno risposto efficacemente agli eventi sismici recenti che hanno investito i territori dell’Emilia Romagna senza subire danni. Le attività dei Corsi di laurea in Architettura e in Design del prodotto industriale per l’AA. 2012-2013 pertanto si svolgeranno come da consuetudine, dopo le prove ammissione, a partire da settembre 2012 con l’avvio del primo semestre.

Alfonso Acocella, Responsabile Relazioni esterne e comunicazione faf

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24 Luglio 2012

Design litico

STONE GATE,
la chiusura del cerchio

Alla ricerca del cerchio perfetto.
L’antica figura architettonica dell’arco composta da elementi posati a secco, eredità dell’Impero Romano, viene per la prima volta doppiata per formare un cerchio.

STONE GATE è il nuovo, importante progetto architettonico-ingegneristico all’avanguardia in cui Lithos Design e il designer Raffaello Galiotto si misurano con il concetto di gravità proponendo un’opera architettonica in pietra naturale che lavora con le leggi essenziali della fisica.
La tecnologia di Lithos Design si confronta con l’elemento naturale sfidando le sue leggi e la sua costituzione primordiale per sperimentare nuovi aspetti architettonici della pietra.
Ci si muove attraverso un suggestivo grande anello in pietra naturale (h 3,80 m, profondità 1,20 m) attraversabile e calpestabile, progettato sulla base del suo peso. Lo stupore iniziale e l’emozione di attraversare l’anello cedono rapidamente il passo alla curiosità scientifica e alle potenzialità tecnologiche espresse da quest’opera.
Una sfida in equilibrio tra massa, peso e gravità e che sottende un articolato e complesso design: STONE GATE, infatti, è progettato con un sistema di 20 conci base lapidei modulari posati a secco, che attraverso un sofisticato calcolo di composizione sulle aderenze dei piani di appoggio creano una struttura autoportante, assicurata da cavi in acciaio affogati nella struttura.
La firma estetica e tecnologica di Lithos Design sarà evidente anche nella superficie esterna dell’opera che sarà interamente rivestita di una texture decorativa tridimensionale appositamente progettata per garantire una resa estetica perfetta dal punto di vista formale di forte impatto scenico.
Non è la prima volta che Lithos Design, nonostante il suo core business sia e rimanga il design litico applicato a soluzioni di rivestimento, si misura con progetti in pietra massiva. Già con Materia Litica del 2011 l’azienda aveva approcciato il tema di un nuovo modo di concepire l’utilizzo architettonico della pietra aprendo un dibattito sulle potenzialità di questo elemento nel campo dell’innovazione costruttiva e dell’efficienza energetica. La pietra, infatti, è l’espressione più pura del peso dei corpi: ha un’ottima resa strutturale, è stabile meccanicamente e possiede una forte inerzia termica.
Con questi progetti inediti Lithos Design, forte della profonda conoscenza del materiale litico e del rispetto del suo utilizzo ricerca, sperimenta e avanza in nuovi mondi e modi del marmo e, in linea con lo spirito e la filosofia aziendale, alza di continuo l’asticella del proprio know how, vero segreto del proprio successo. Va sottolineato come STONE GATE sia un’iniziativa tutta italiana, dal concept alla progettazione fino ad ogni fase della produzione. L’Azienda ha condotto approfonditi studi dedicati all’idea e alla sua realizzazione e si è avvalsa, inoltre, anche di importanti collaborazioni ingegneristiche per garantire la statica e la sicurezza della struttura.

Marmomacc – Mostra 100% Gravity
Verona – 26 | 29 settembre 2012

Concept & Design Raffaello Galiotto
Ingegnerizzazione Alessandro Serafini

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19 Luglio 2012

Opere di Architettura

Hans Kollhoff
Sede amministrativa della Banca regionale centrale di Sassonia e Turingia *

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Dove sorgeva un tempo la famosa Fiera di Lipsia va creata ora una nuova significativa area urbana. Le fiere hanno qualcosa di provvisorio e scenografico, sono un punto di riferimento permanen- te per una programmazione in continuo mutamento: ogni esposizione deve affermare tutta la sua energia in un periodo di tempo brevissimo, e poi ricade in una specie di torpore. Ma una città non è caratterizzata da una serie di eventi intervallati, bensì dalla continuità del quotidiano. Parla di sè attraverso i suoi edifici, in uno sviluppo secolare. Ciò sembra ovvio, eppure oggi si crede ancora di poter estrarre dal cilindro interi settori di città.
Nell’ex area della Fiera ci sono strutture che hanno già un’impronta urbana, premessa ad uno sviluppo futuro che non dissipi risorse in nome della filosofia della ricostruzione integrale: esistono il sistema viario e strutture fieristiche molto interessanti (come l’ex padiglione sovietico o quello di Wilhelm Kreis del 1913) cui il progettista può fare riferimento. Nel nostro caso, addirittura, l’edificio esisteva già, un padiglione fieristico al rustico. Si trattava quindi di creare un edificio urbano che trasformasse in una funzione “quotidiana” il carattere effimero delle strutture fieristiche.


Veduta generale dal fronte d’ingresso sulle pareti rivestite in granito verde fiammato

Eliminati gli aggetti del vecchio edificio ne è risultato un cubo di 52x42x22 m.. Il granito verde Savana fiammato della facciata è stato lavorato per dare la sensazione di un volume monolitico e, come in un edificio antico, di un materiale durevole che possa assumere la patina del tempo. Da vicino, con la luce del sole, si scopre il raffinato rilievo che racchiude il volume compatto in una griglia visiva. La tessitura lascia solo intravvedere la struttura, conferendo all’edificio un’eleganza che si svela a poco a poco. Si tratta semplicemente di lastre di pietra stratificate, non modulate da fughe aperte. Il granito è stato montato in opera, con controllo numerico, su telai di alluminio: l’alta tecnologia si oppone ad ogni clichè mantenendo il suo segreto. Finestre e porte, in grande rilievo per la forte altezza di piano e per il materiale, sono dello stesso bronzo scuro patinato usato anche nei serramenti e sono state progettate, come le placche della suoneria e le diverse armature, per dare un’immagine posata e maestosa.


Dettaglio del rivestimento di facciata in granito fiammato grigio-verde.

Si entra nell’ingresso principale e ci si ritrova tra pareti in mogano a cassettoni, con giunti crociati, per giungere poi alla zona ascensori, pure in mogano, immersa in una luce calda. Gli ascensori sono rivestiti in marmo Perlino bianco molato fine, come i pilastri dell’ingresso e le facciate del cortile coperto. C’è una sequenza nell’illuminazione degli spazi: la zona d’ingresso in piena luce naturale, quella degli ascensori con luce soffusa, l’atrio invaso da luce chiara.
Tra le facciate del piano superiore e il pavimento a terrazzo dell’atrio, tutti bianco crema, lo spazio al pianoterra è definito dalle pareti di fondo di marmo verde Issoire lucidato. Delimitato da una cornice di marmo nero Impala levigato troviamo un’opera di Joseph Kossuth. Si tratta di lettere d’alluminio incastonate nel pavimento che riproducono un passo del Laocoonte di Lessing e che stanno sopra una serie di date e nomi di particolare signficato per la storia della città. Dal salone uno scalone rivestito di mogano conduce alla galleria del primo piano con le stanze del Presidente, la biblioteca e la sala conferenze. I piani restanti sono funzionali e sobri: nell’interrato la caffetteria si affaccia con vetrate su un appar- tato cortile marmoreo con statue, una vasca e degli alberi.


Veduta dal basso del grande lucernario che copre l’atrio interno.

Scheda tecnica
Località
Prager Strasse 200, Lipsia, Germania
Committente
Landeszentralbank in den Freistaaten Sachsen und Thu?ringen
Data di progettazione
1994-1996
Data di realizzazione
1995-1996
Progettazione
Hans Kollhoff
Direzione progetto e lavori
Christoph Tyrra
Consulenze
Gehlen, Du?sseldorf (calcoli statici) Gladem, Paderborn (impiantistica)
Imprese di costruzione
Arge LZB Leipzig Hauptverwaltung P.Holzmann AG Hoctief AG Gartner, Gundelfingen (facciata)
Materiali lapidei utilizzati
Granito verde Savana, Brasile, fiammato (facciata) Marmo bianco Perlino, Italia, levigato fine (hall)
Marmo verde Issoire, Italia, lucidato (hall) Granito nero Impala, Italia, levigato (pavimentazioni interne ed esterne)
Ditte fornitrici pietra
Campolonghi, Forte dei marmi (granito verde Savana)
Savema, Forte dei marmi (marmo bianco Perlino)
MGI (marmo verde Issoire e granito nero Impala)
Installazione pietra
Gartner, Gundelfingen (facciata e hall secondo-quarto piano) Imberg, Bochum (hall piano terra-I piano)

* Tratto da Luoghi e culture della pietra, (a cura di) Vincenzo Pavan, Gruppo Editoriale Faenza Editrice, Faenza, Ravenna, 1997

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