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8 Ottobre 2012

PostScriptum

Grafton Architects.
Architettura come nuova geografia

English version


Grafton Architects, modello dell’ampliamento dell’Università Bocconi a Milano, 2008.

Per comprendere appieno l’opera dei Grafton Architects, e in particolare il padiglione che hanno realizzato all’ultima edizione della fiera Marmomacc, è necessario riflettere sul rapporto tra costruzione e ambiente, tra creazione dell’uomo e paesaggio, in sintesi tra architettura e natura.
Sono gli stessi architetti dublinesi a sottolineare la ricorrenza nella loro opera di un’idea di costruzione concepita come porzione di un paesaggio naturale, di architettura come nuova geografia. Con loro anche Paulo Mendes Da Rocha, architetto brasiliano con cui hanno stabilito un ideale richiamo all’ultima edizione della Biennale, ha affermato che la geografia è la prima architettura, che il paesaggio è una costruzione primordiale.
La riflessione che si impone può essere condotta attraverso la mediazione critica di Bruno Zevi e Giovanni Michelucci, nel tentativo di allacciare un filo con la storia – e con la natura – che porti a comprendere l’opera contemporanea.


Modello interpretativo della scala della Biblioteca Medicea Laurenziana a Firenze (IUAV, 1964, docente Bruno Zevi, studenti Delponte, Farfoglia, Maddaloni, Monaco, Zagagnoni).

La natura
Nel 1964, in occasione del quattrocentesimo anniversario della morte di Michelangelo, Bruno Zevi dedica all’artista studi sistematici che vogliono indagare l’attualità dell’opera del maestro.
In questi anni allo IUAV, Zevi tiene corsi monografici incentrati sugli edifici michelangioleschi; il risultato della didattica e dell’attività di ricerca, che procedono parallele, è rappresentato da una cospicua serie di modelli e visioni fotografiche creative, sospese tra espressionismo, surrealismo e arte informale; tali opere restituiscono un’interpretazione inedita e problematica dell’architettura dell’artista, che scaturisce da un approccio analitico e critico ancora oggi spregiudicato e moderno1.
Tra queste opere, un modello interpretativo della scala in pietra della Biblioteca Laurenziana di Firenze attiva un confronto immediato con il padiglione dei Grafton Architects realizzato al Marmomacc 2012, presentando una composizione di blocchi rettificati, che distilla le forme storicizzate di Michelangelo per trattenere la sostanza atemporale della composizione, di una pietra che invade lo spazio come fosse una montagna, di una catasta di monoliti che si fa struttura ascensionale, allo stesso tempo architettonica e naturale.


Grafton Architects, The Burren, padiglione Piabamarmi al Marmomacc 2012, render di progetto.

Naturale – non naturalistica – poiché, come ha affermato Michelucci ancora una volta nel 1964, naturalismo è «chiedere alla natura suggerimenti di una forma architettonica», e la riflessione da condurre sui Grafton Architects non è incentrata su tale tema.
Nel naturalismo Michelucci vede il pericolo di una spettacolarizzazione della natura, di uno sbilanciamento, di uno squilibrio, di una misura umana imposta a quella naturale, o, viceversa, di un uomo che esalta la natura annientandovisi dentro.
«La natura invece – dice l’architetto – non è spettacolo ma ha in sé un mistero che deriva dalla sua struttura particolare, per cui la configurazione di una pietra, certe stratificazioni che si vedono, certi alberi che nascono in un certo modo» variano di continuo. E ancora Michelucci afferma: «ricordo di aver visto in non so quale costruzione di Michelangelo un piccolo particolare nel riquadro delle finestre, un piccolo elemento chiaroscurale, una piccola conchiglia, ecco, in quel chiaroscuro semplicissimo c’era tutta la natura, c’era il mare, c’era l’universo intero»2.


Michelangelo Buonarroti e Bartolomeo Ammannati, scala del ricetto della Biblioteca Laurenziana a Firenze, 1534-59.

È possibile concludere che in quella costruzione c’era l’arcano, il mistero dell’incontro equilibrato tra uomo e natura nel segno della creazione architettonica: ecco è su ciò che la riflessione da condurre deve essere incentrata e, soprattutto, sulla capacità di saper cogliere e fissare l’arcano nell’atto architettonico, di saper scegliere e stilizzare i dispositivi e le tessiture naturali per farle diventare costruzione umana, come è accaduto evidentemente nella scala della Laurenziana o in molte opere di Michelucci stesso – prima tra tutte la chiesa di San Giovanni Battista sull’autostrada con i suoi pilastri ramificati – e come accade, oggi, nell’architettura rocciosa e compatta, eppure agevole e accogliente, dei Grafton Architects.
Gli architetti irlandesi esprimono infatti ad ogni creazione la capacità di costruire questa architettura naturale, a tratti dura come dura può apparire una conformazione geologica, a tratti ciclopica ma mai sovrumana, sempre commisurata all’individuo.


Grafton Architects, Dipartimento delle Finanze a Dublino, 2007.

Ciò è evidente nella scalea espositiva del padiglione che ripropone il Burren – il cretto pietrificato del Clare irlandese – , o nella plasticità ipogea dell’Università Bocconi o nei monoliti erosi degli edifici universitari e istituzionali di Limerick e Dublino, o, infine, nello sviluppo verticale della scogliera nel campus universitario di Lima in corso di realizzazione3.
Così, l’architettura naturale, mai naturalistica, dei Grafton Architects registra la topografia, ne seleziona e ne coglie il suggerimento, ne sviluppa i tratti con atto quasi demiurgico, modellando appunto una “nuova geografia”; essa ci è vicina per la sua semplice nudità, per la sua forza tellurica che ci riconnette a una dimensione pregnante e originaria.


Grafton Architects, The Burren, padiglione Pibamarmi all’edizione Marmomacc 2012.

La natura del Burren
«Una settimana di grandi nebbie è trascorsa e mi ha lasciato uno strano senso d’esilio e di desolazione. Quasi ogni giorno percorro l’isola in tutto il suo contorno, ancorché nulla possa discernere se non una massa di rocce nude, una striscia di lido e l’arruffio tumultuoso delle onde. Le lastre di calcare si son fatte nere per l’acqua che vi piove su e dovunque io mi volga è la stessa grigia ossessione che striscia e si diffonde di tra i piccoli campi di roccia, è lo stesso lagno del vento che stride e fischia sul lento pietrame delle pareti rocciose.
[…] S’è schiarito e il sole risplendendo di lucente tepore fa scintillare tutta l’isola come una finissima gemma riempiendo mare e cielo di una radiosità azzurra. Sono uscito per andarmi a sdraiare sulle scogliere, […] alla mia destra la baia di Galway, quasi troppo azzurra per poterla fissare, l’Atlantico alla mia sinistra e le verticali rupi marine sotto i miei piedi. Sopra la mia testa innumerevoli gabbiani si danno la caccia in un candido tripudio d’ali»
4.
La forza mutevole e imprevedibile del Burren, del paesaggio roccioso del Clare irlandese, emerge chiara nel racconto di John Millington Synge dalle isole Aran. Tra le scogliere di Moher e la baia di Galway, si estende questo vasto tavolato carsico calcareo che riemerge appunto nell’oceano, in corrispondenza dell’arcipelago, ed è segnato da fessure lineari come un grande cretto solidificato.


Uno scorcio del Burren, tavolato calcareo del Clare irlandese.

Spoglio e deserto in apparenza, il Burren è in realtà ospitale nei confronti di un mondo animato che prolifera stagionalmente, grazie a piccoli stagni alimentati dalle piogge e custoditi dalla roccia. Come detto, questa suggestiva metafora ambientale è stata utilizzata dai Grafton Architects per il padiglione Pibamarmi al Marmomacc 2012.
Dal paesaggio all’exhibition design, The Burren diventa così il sinonimo di una pietra che si porge al visitatore nuda e primordiale, con la forma stilizzata di un pavimento tridimensionale, di una scogliera-scalinata espositiva destinata a crescere in verticale per dar spazio al suo interno, a vuoti inattesi, quasi ipogei.


Grafton Architects, The Burren, padiglione Pibamarmi all’edizione Marmomacc 2012.

Questa volta, la nuova geografia architettonica disegnata dai Grafton Architects, lo spezzone di paesaggio modellato all’interno di un contesto interamente costruito dall’uomo, attinge alle forme aspre dell’ambiente nordico, delle rocce nere e salate delle Aran che si stagliano discoste nell’Atlantico, tangibili e vicine ma appena visibili e sempre intatte nella loro solitudine; di questi siti enigmatici i Grafton distillano le dorsali cupe ammantate di nebbie e bagliori, restituendo al visitatore una composizione di grigi plumbei difformi, di monoliti che accolgono specchi d’acqua e candidi pezzi di design marmoreo incastonati nelle fessurazioni.

di Davide Turrini

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Grafton Architects
Pibamarmi

Note
Note:
1 Le interpretazioni di Zevi e degli studenti dello IUAV relative alle architetture michelangiolesche sono documentate in Bruno Zevi, Michelangiolo architetto, Milano, ETAS, 1964, pp. 66, (ristampa de L’architettura. Cronache e storia, n. 99, 1964);
2 Giovanni Michelucci, “La città degli uomini. Colloquio con Pietro Bellasi”, Studi cattolici, n. 43, 1964, p. 18;
3 Sull’opera dei Grafton Architects si rimanda a Ettore Vadini (a cura di), 4×4. Sedici opere di architettura contemporanea, Pescara, Sala, 2011, pp. 54-77; in particolare sull’edificio della Bocconi a Milano si veda Francesco Cellini, “Sull’ampliamento dell’Università Bocconi”, pp. 76-79, in Vincenzo Pavan (a cura di), Litico etico estetico, Milano, Motta, 2009, pp. 157;
4 John Millington Synge, Le isole Aran, Palermo, Sellerio, 1980, (tit. or. The Aran Islands, I ed. 1907), pp. 43-45.

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8 Ottobre 2012

English

Grafton Architects.
Architecture as new geography

Versione italiana


Grafton Architects, model of the enlarging of Bocconi University in Milan, 2008.

Focusing on the relationship between buildings and environment, human creation and landscape, that is to say between architecture and nature, is a necessary starting point in order to fully appreciate Grafton Architects’ work and in particular their pavilion at this edition of Marmomacc. These Irish architects themselves underline the recurrence in their work of the building thought as a portion of landscape, of the idea of architecture as new geography. Of the same opinion is Mendes Da Rocha, Brazilian architect they ideally connected with at the last Biennale: he once claimed that geography is the first form of architecture and landscape is the primeval construction.
These considerations can be helped by Bruno Zevi’s and Giovanni Michelucci’s critical approaches, attempting to create a link to history and nature, and to better understand our contemporaneity.


Interpretative model of the staircase in Biblioteca Medicea Laurenziana, Florence (IUAV, 1964, professor Bruno Zevi, students Delponte, Farfoglia, Maddaloni, Monaco, Zagagnoni).

Nature
In 1964, celebrating the 400th anniversary of Michelangelo’s death, Bruno Zevi dedicated several essays to this artist in order to investigate the modernity of his works of art.
In those years at Venice IUAV, Zevi lectured about Michelangelo’s buildings: the result of this educational and research activity consisted in numerous models and creative photographical visions, mixing Expressionism, Surrealism and Informal Art; these works render a previously unseen problematic interpretation of Michelangelo’s architecture, emerging from an analytical critical approach that we can consider even today modern and daring.1
Among these works, an interpretative model of the stone staircase of Biblioteca Laurenziana in Florence stimulates a direct comparison with Grafton Architects’ pavilion, it being a composition of rectified blocks that distils the historical forms by Michelangelo keeping the timeless substance of a stone invading the space as a mountain, of a pile of monoliths becoming an upward structure, in both architectural and natural sense.


Grafton Architects, The Burren, Pibamarmi pavilion at 2012 Marmomacc, project render.

This concept is natural, and not naturalistic, because – as stated by Michelucci in a dialogue with Pietro Bellasi in 1984 – naturalism is “asking Nature some hints of architectural form”, and this is not the case.
In naturalism Michelucci saw a danger of turning Nature into a show, of overbalancing the human will imposed to the natural world or, vice versa, of men excessively exalting Nature and annihilating themselves into it.
“Nature, instead,” Michelucci stated, “isn’t a show, it hides in itself a mystery coming from its peculiar structure, and because of it the configuration of stones, layers and trees are constantly changing.” He also said: “I remember having seen, I don’t know in which Michelangelo’s work, a little detail in the space of the windows, a little seashell, a chiaroscuro element, a mass – well, in that simple chiaroscuro I saw the entire nature, the entire sea, the entire universe.”2


Michelangelo Buonarroti and Bartolomeo Ammannati, staircase in Biblioteca Laurenziana, Florence, 1534-59.

We can conclude that, in that detail, there was the mystery of the balanced connection between men and Nature in the sign of the architectural creation: it’s this point we must concentrate on, in particular on the possibility of fixing that mystery in the architectural act, of choosing and stylizing natural elements and textures into human construction, as happened in the Laurentian staircase or in several Michelucci’s works – as the church of San Giovanni Battista on the motorway, with its branch-like pillars – or happening today in the rocky and compact, yet welcoming, works by Grafton Architects. These Irish Architects express in fact the capacity of building a natural form of architecture, hard as a geological conformation, giant but never superhuman, always commeasured to the human scale.


Grafton Architects, Economics Department in Dublin, 2007.

This is evident in the exhibit staircase shown today, called the Burren to recall the stone pavement of the Irish Clare, in the cave-like plasticity of Bocconi University, or in the eroded monoliths of the educational buildings in Limerick and Dublin, or even in the vertical development, similar to a cliff, of the Lima university campus.3
In this way, the natural – not naturalistic – architecture by Grafton studio registers the topography, searches for suggestion in it, develops its characteristics in a demiurgic act, modelling a “new geography”; it seems very close to us because of its nudity, its telluric force, its reconnection to a fertile original dimension.


Grafton Architects, The Burren, Pibamarmi pavilion at the 2012 edition of Marmomacc.

The nature of the Burren
“A week of sweeping fogs has passed over and given me a strange sense of exile and desolation. I walk round the island nearly every day, yet I can see nothing anywhere but a mass of wet rock, a strip of surf, and then a tumult of waves.
The salty limestone has grown black with the water that is dripping on it, and wherever I turn there is the same grey obsession twining and wreathing itself among the narrow fields, and the same wail from the wind that shrieks and whistles in the loose rubble of the walls. (…)
It has cleared, and the sun is shining with a luminous warmth that makes the whole island glisten with the splendour of a gem, and fills the sea and sky with a radiance of blue light.
I have come out to lie on the rocks where I have the black edge of the north island in front of me, Galway Bay, too blue almost to look at, on my right, the Atlantic on my left, a perpendicular cliff under my ankles, and over me innumerable gulls that chase each other in a white cirrus of wings.”4.
The changeable and unpredictable strength of the Burren, of the rocky landscape of the Irish Clare, is clearly depicted in John Millington Synges’s journal about the Aran Islands. Near them, bounded by the cliffs of Moher and Galway Bay, we can find the Burren, a vast limestone karst pavement emerging from the Ocean, petrified and criss-crossed by cracks.


A view of the Burren, limestone pavement in the Irish Clare.

Apparently bare and desert, the Burren is actually very favourable to the living world that grows there every season thanks to little ponds created by the rain and protected by the rocks. As mentioned before, Grafton Architects used this evocative environmental metaphor for the Pibamarmi pavilion at 2012 Marmomacc.
From natural landscape to exhibition design setting, The Burren becomes in this way a synonym of the stone presenting itself to the visitors naked and primeval, in the stylized form of a three-dimensional floor, of an exhibition cliff that extends vertically giving space to its unexpected, cave-like interior rooms.


Grafton Architects, The Burren, Pibamarmi pavilion at the 2012 edition of Marmomacc.

This time, the new geography conceived by Grafton Architects, this portion of landscape modelled within a context completely created by men, takes inspiration from the harsh forms of the Nordic landscape, from the salty black rocks of the Aran Islands in the Atlantic, tangible and close but always intact in their loneliness; Grafton Architects distil the dark curves covered by mists and haloes of these enigmatic places, giving back to the visitors a composition of different shades of leaden greys, of monoliths including little water pools and white design elements in marble enchased in its gaps.

by Davide Turrini

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Pibamarmi

Notes
1 Zevi and his IUAV students’ interpretations about Michelangelo’s architecture are documented in Bruno Zevi, Michelangiolo architetto, Milano, ETAS, 1964, pp. 66, (re-iusse of L’architettura. Cronache e storia, n. 99, 1964);
2 Giovanni Michelucci, “La città degli uomini. Colloquio con Pietro Bellasi”, Studi cattolici, n. 43, 1964, p. 18;
3 Abou Grafton Architects see also Ettore Vadini (edited by), 4×4. Sedici opere di architettura contemporanea, Pescara, Sala, 2011, pp. 54-77; for the Bocconi’s building in Milano see also Francesco Cellini, “Sull’ampliamento dell’Università Bocconi”, pp. 76-79, in Vincenzo Pavan (edited by), Litico etico estetico, Milano, Motta, 2009, pp. 157;
4 John Millington Synge, Le isole Aran, Palermo, Sellerio, 1980, (tit. or. The Aran Islands, I ed. 1907), pp. 43-45.

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4 Ottobre 2012

News

Il paesaggio e le sue variazioni:
la questione di un’ecologia estetica


Richard Long, Sahara Line, 1988

La pietra e il cammino: il grado zero del paesaggio.
Il carattere biologico dell’evoluzione tecnica teorizzato da André Leroi-Gourhan, spiega il ruolo fondamentale del gesto, della postura eretta, del camminare, nel percorso evolutivo dell’uomo. Secondo questa ipotesi le tracce dell’industria preistorica della pietra, che si sono succedute a cominciare dalla pebble-culture, mostrano come le trasformazioni fisiche dell’ambiente dovute all’azione umana, siano all’origine delle trasformazioni fisiologiche del corpo e come queste abbiano permesso l’evoluzione dell’intelligenza.

Nel 1967 Richard Long realizza “A Line made by Walking”, una linea dritta sul suolo, ‘scolpita’ nel terreno semplicemente calpestando l’erba con i suoi passi. Da allora l’artista percorre il mondo facendo del camminare e del proprio corpo, un mezzo di espressione simbolico. I suoi interventi s’integrano nel paesaggio in modo discreto, quasi mimetico, reiterando l’incontro primordiale tra cultura e natura così’ descritto da Simmel : “Gli uomini che per primi tracciarono un cammino tra due luoghi, portarono a termine una delle più grandi imprese dell’umanità”.1

Se i frammenti delle prime industrie litiche, prodotti dall’azione di un’intelligenza in divenire, mostrano le tracce delle prime trasformazioni dell’ambiente, il camminare concettuale di Richard Long ritualizza ed immortala una gestualità ancestrale dello stesso tipo, e raggiunge il “ grado zero del paesaggio ” : “ Per Richard Long il paesaggio è il testimone visibile del suo invisibile passaggio”.2
Questo intervento si propone di evidenziare l’ipotesi di un “ grado zero del paesaggio ”, costruita sulla giustapposizione dei lavori dello storico e antropologo André Leroi-Gourhan (Parigi, 1911 – Parigi, 1966) e dell’artista Richard Long (Bristol 1945), che hanno condiviso gli stessi oggetti di ricerca : l’uomo, il suo ambiente, la pietra, il camminare.

Alessandro Vicari


Henri Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola. Tecnica e linguaggio. La memoria e i ritmi – Einaudi – 1977

Università Paris Ouest Nanterre La Défense, con il patrocinio dell’École Nationale Supérieure d’Architecture di Versailles (Laboratoiro LéaV).
Colloquio internationale, INHA (Institut National d’Histoire de l’Art), Parigi
“Il paesaggio e le sue variazioni : la questione di un’ecologia estetica”.
Sotto la direzione di Manola Antonioli (École Nationale Supérieure d’Art de Dijon – École Nationale Supérieure d’Architecture de Versailles) e di Alain Milon (Université Paris Ouest Nanterre La Défense).

17 et 18 octobre 2012
INHA, Paris
Salle Vasari
2, rue Vivienne, Paris

Scarica il programma

Note
1 SIMMEL, G., La tragédie de la culture, 1988, p.162
2 TIBERGHIEN,G.,A., Nature, Art Paysage, Arles, Acte Sud/ENSP/Centre du Paysage, 2001. p.105

Bibliografia
BERQUE, A., Ecoumène. Introduction à l’étude des milieux humains, Paris, Belin, 2000. p.244
BERQUE, A., Les raisons du paysage, de la Chine antique aux environnements de synthèse, Paris, Hazan, 1995. p.190
CARERI, F., Walkscape. El andar como practica estética. Walking as an aesthetic practice, Barcelona, Editorial Gustavo Gil, 2002. p.205
LEROI-GOURHAN, A., Le geste et la parole, Paris, Albin Michel, Sciences d’aujourd’hui,1964
MARTIN, J.-H., “Un chemin est un parcours commun. Interview via fax de Richard Long par Jean-Hubert Martin à propos de la présence humaine dans le paysage”, in PERDRIOLLE, H., MARTIN, J.-H., Richard Long – Jivya Soma Mashe. Un incontro, Milano, Mazzotta, PAC, 2004. p.128
SIMMEL, G., La tragédie de la culture, 1988, p.255
TIBERGHIEN,G.,A., Nature, Art Paysage, Arles, Acte Sud/ENSP/Centre du Paysage, 2001. p.225

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1 Ottobre 2012

News

STONESCAPE di Kengo Kuma & Associates
Alle origini dell’opera


STONESCAPE, vista d’insieme dell’installazione. (Foto Enrico Geminiani)

Dall’idea sottile e immateriale, concepita e poi tracciata in segni leggeri e fluidi sulla carta dalla mano del maestro giapponese Kengo Kuma, il percorso di progetto si articola in laboriose fasi operative di produzione sino alla materializzazione fisica della forma architettonica.
Ha preso vita così Stonescape, l’istallazione per Agape, Il Casone e Mapei presentata in questi giorni a Bologna Water Design 2012.
La maestria produttiva, la cultura tecnica di esecuzione e la predisposizione all’innovazione del team di aziende coinvolte nel progetto, ove ancora il processo artigianale si integra a quello industriale, hanno consentito il percorso realizzativo di questa singolare opera.
Con il racconto dinamico per immagini che qui presentiamo, si illustra quel processo di costruzione che ha visto gli spazi dell’ex Ospedale dei Bastardini, tesoro “dormiente” nel cuore di Bologna, trasformarsi in breve tempo in una inaspettata scenografia.


STONESCAPE, vista d’insieme dell’installazione. (Foto Enrico Geminiani)

Ciò che rende Stonescape istallazione immaginifica, è la particolare materializzazione delle sue strutture litiche a contatto con l’acqua, fatte rifluire, come per magia, alla base di uno spazio interno chiuso dalla geometria regolare, stereotomica.
Con i paramenti murari del palazzo storico, le ampie volte e aperture proprie della tradizione costruttiva italiana, le linee concave e convesse di Stonescape che disegnano al suolo il percorso espositivo stabiliscono una originale relazione spaziale, un inedito rapporto dimensionale, avvolgente e suggestivo per gli effetti di luce tra lo specchio acqueo e la Pietra Forte Fiorentina.
L’attenzione rivolta alle fasi produttive dei componenti litici, la calibratissima esecuzione dei dettagli costruttivi ove le grandi lastre curvilinee sono posate con cura su una forma tecnica invisibile assecondante il disegno prefigurato dall’architetto, hanno configuato con naturale e rara eleganza lo spazio di questa magica oasi artificiale “acqueolitica”.
La scena centrale, come scolpita nella pietra, è perfetta scenografia espositiva per gli elementi d’arredo bagno – grandi vasche e lavabi, omaggio all’opera di Angelo Mangiarotti recentemente scomparso – che, come sculture domestiche, affiorano dallo specchio acqueo.

Veronica Dal Buono

Material Design Lab ha curato per STONESCAPE il progetto di comunicazione visiva e svolge l’attività di Ufficio Stampa promuovendo con i media cartacei e digitali i contenuti testuali, iconografici e multimediali, legati al progetto.
Videoediting, grafica e musica di “Stonescape. Alle origini dell’opera” è a cura di Lab MD.

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Un progetto per

Sponsor Tecnici Open Project, Frassinagodiciotto, Davide Groppi

Ufficio Stampa STONESCAPE
Lab MD | Facoltà di Architettura di Ferrara
Giulia Pellegrini materialdesign@unife.it

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25 Settembre 2012

News

100% GRAVITY
Strutture litiche massive, una nuova frontiera del design architettonico


Romano Adolini per Micci

II corpo massivo in pietra rimanda alle origini dell’architettura, al principio di gravita che regge la costruzione, alle proprietà protettive che regolano lo scambio termico, alla durabilità e alle qualità estetiche del materiale. La sua presenza nelle opere contemporanee rivela, con modalità sempre meno allusive a tali origini, un ambito di applicazione ancora poco esplorato e in apparente controtendenza con le forme della modernità, che sembrano invece ancora alimentarsi dei valori di leggerezza, traslucenza e sottigliezza.


Enzo Calabrese e Maddalena Martimucci per Laboratorio Morseletto

L’applicazione massiva dei materiali litici riapre un ambito di ricerca ricco di potenzialità che va indagato e sperimentato sotto molti aspetti. Il corpo murario di pietra, le tecniche di apparecchiatura degli elementi architettonici, i loro spessori e le diverse lavorazioni, la qualità dei materiali e dei trattamenti delle superfici, definiscono i linguaggi costruttivi adottati e conferiscono una precisa identità all’opera.


Claudio D’Amato e Giuseppe Fallacara per Impresa Leopizzi 1750 e PI.Mar.

Rispetto alla codificazione tradizionale dei sistemi costruttivi in pietra, che applicati ai linguaggi compositivi contemporanei danno pur sempre una diversa sostanza all’architettura d’oggi, l’avvento di nuove tecniche digitali di progettazione e lavorazione dei materiali litici consente di accedere a ricerche formali prima inesplorate.


Giuseppe Fallacara per S.N.B.R

100% Gravity propone a designer e aziende del settore marmifero di progettare e realizzare frammenti architettonici in pietra utilizzando sistemi costruttivi a secco che sfruttano la gravita come principio compositivo. In questo evento convergeranno metodologie e tecniche costruttive di diverso indirizzo.


Raffaello Galiotto per Lithos Design

Dalla costruzione stereotomica basata sulla elaborazione di modelli classici, alla modellazione di conci lapidei per ottenere inusitati effetti plastici, fino alle schermature smaterializzate che sfruttano lastre di spessori sottili per ottenere diaframmi litici autoportanti. Questi “frammenti architettonici” potranno offrire l’occasione di un interessante confronto tra differenti concezioni e metodi d’uso applicati a diversi materiali litici e al contempo suggerire possibili percorsi verso un nuovo modo di utilizzare la pietra in architettura.


Raffaello Galiotto per Staminal Stone

a cura di Vincenzo Pavan

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Pongratz Perbellini Architects per Kienesberger

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24 Settembre 2012

News

L’installazione STONESCAPE a Bologna Water Design

dal 25 al 29 settembre 2012, dalle 10 alle 22
sabato 29 dalle 10 alle 18
Ex Ospedale Bastardini
Via D’Azeglio 41, Bologna

La sinergia tra l’architetto giapponese Kengo Kuma e un team di aziende leader dà vita ad un evento esclusivo che debutta nell’ambito di Bologna Water Design 2012, “fuorisalone” del Cersaie 2012.
Dal 25 al 29 settembre, presso i rinnovati spazi del complesso monumentale Ex Ospedale Bastardini, si accenderanno i riflettori su STONESCAPE – immaginifica installazione per Il Casone, Agape e Mapei – in forma di paesaggio litico ove elementi naturali e artificiali coesistono in uno scenario di suggestiva composizione.
Attraverso un pensiero progettuale e un approccio sensuale che interpretano l’avvolgente cornice di Pietra Forte Fiorentina con la stessa ricercatezza degli elementi per l’ambiente bagno emergenti dall’acqua, Il Casone – leader nel settore dell’estrazione e lavorazione della Pietra Forte Fiorentina –, Agape – da 40 anni punto di riferimento per il progetto della stanza da bagno nel mercato alto di gamma –, e Mapei – maggior produttore mondiale di adesivi e prodotti sigillanti per l’architettura –, hanno scelto la poetica ed essenziale creatività del maestro Kengo Kuma per confermare le competenze tecnologiche d’avanguardia, per sperimentare la propria capacità all’innovazione.

L’acqua modella lo spazio in linee curve e convesse, disegna forme liquide che trasformano le superfici da opache in lucide e invita il visitatore a sfiorarle. Lo specchio acqueo, centrale alla scena e scolpito nella Pietra Forte Fiorentina, è quadro magico e avvolgente di sculture domestiche morbide ed eleganti: grandi vasche e lavabi, questi ultimi omaggio all’opera di Angelo Mangiarotti recentemente scomparso.

Al know-how delle tre aziende coinvolte si aggiungono altri importanti apporti progettuali: il sistema di illuminazione messo a punto da Davide Groppi, la consulenza alle strutture di Open Project e il project management e l’allestimento degli spazi esterni di Frassinagodiciotto.

L’inaugurazione di STONESCAPE si svolgerà il 25 settembre alla presenza dell’architetto Kengo Kuma e con l’intervento di Philippe Daverio, ospite d’eccezione dell’iniziativa Bologna Water Design 2012.

Veronica Dal Buono
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Kengo Kuma (Kanagawa, 1954), fonda lo studio Kengo Kuma & Associates a Tokyo nel 1990. È autore di alcune tra le opere di architettura più importanti e celebrate della contemporaneità, tra cui si annoverano la “Water/Glass House” di Shizuoka, il “Toyoma Center for Performance Artes” di Miyagi, lo “Stone Museum” di Tochigi, il “Nezu Museum” di Tokyo.
In Italia, in particolare, ha realizzato Stone Card Castle Pavilion con Il Casone per Marmomacc 2007 (Verona); la mostra monografica Kengo Kuma Two Carps: Water/Land-Village/Urban-Phenomenology per il Premio internazionale Biennale di architettura Barbara Capocchin 2007 (Padova), la Manifattura Domani a Rovereto (Trento) e il land-mark territoriale Casalgrande Ceramic Cloud a Casalgrande (2011, Reggio Emilia). Ha recentemente vinto il concorso per la realizzazione della Stazione di Susa e il suo polo intermodale.

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Sponsor Tecnici Open Project, Frassinagodiciotto, Davide Groppi

Ufficio Stampa STONESCAPE
Lab MD | Facoltà di Architettura di Ferrara
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21 Settembre 2012

News

THE BURREN
Grafton Architects for Pibamarmi


The Burren, padiglione di Grafton Architects per Pibamarmi al Marmomacc 2012

In Irlanda, tra le scogliere di Moher e la baia di Galway, si estende il Burren, un vasto tavolato carsico calcareo che riemerge nell’oceano in corrispondenza delle isole Aran.
Segnato da fessure lineari come un grande cretto solidificato e spoglio in apparenza, il Burren è in realtà ospitale nei confronti di un mondo vivente che prolifera stagionalmente, grazie a piccoli stagni alimentati dalle piogge e custoditi dalla roccia.
Questa suggestiva metafora ambientale e naturalistica è utilizzata dallo studio irlandese Grafton Architects per il nuovo padiglione Pibamarmi al Marmomacc 2012.
Dal paesaggio all’exhibition design The Burren diventa così il sinonimo di una pietra che si porge al visitatore nuda e primordiale, con la forma stilizzata di un pavimento tridimensionale, di un’inedita scogliera/scalinata espositiva.

Lo studio Grafton Architects, premiato con il Leone d’Argento alla Biennale di Architettura di Venezia attualmente in corso, firma il nuovo padiglione Pibamarmi alla 47a Marmomacc (Fiera di Verona, pad. 6, stand B8, 26-29 settembre 2012).

Il 26 settembre 2012, Shelley McNamara e Yvonne Farrell – fondatrici dello studio – saranno presenti al Marmomacc nel padiglione Pibamarmi e terranno una conferenza alle ore 16.00, nello spazio INSIDE del padiglione 7B.

di Davide Turrini

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Grafton Architects
Pibamarmi

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18 Settembre 2012

Opere di Architettura

Raffaele Cavadini
Nuove infrastrutture comunali
Iragna, Canton Ticino, Svizzera

English version

Il progetto nasce da una riflessione sul bisogno umano di fare riferimento alla centralità come dimensione simbolica, in senso esistenziale prima ancora che come aspirazione collettiva realizzata nello sviluppo secolare di centri urbani carichi di storia e identità. In opposizione alle aggregazioni di parti scollate che compongono le nostre periferie – centri commerciali, centri industriali, centri d’uffici – Cavadini aspira alla rifondazione di centri con un significato più profondo per l’uomo.
Il concorso pubblico del ‘91 prevedeva ad Iragna la progettazione del nuovo municipio, di una palestra da utilizzare come sala polivalente e di un rifugio per la protezione civile (questi ultimi non ancora realizzati), da inserire nel giardino della scuola che ospitava gli uffici comunali.
Il nuovo Municipio, di impianto allungato, istituisce una serie di relazioni con le costruzioni vicine e crea verso sud una nuova piazzetta lastricata in granito locale, dove i dislivelli sono sapientemente studiati: l’edificio, tutto giocato su elementi linguistici ripresi dal moderno, poggia classicamente su una zoccolatura di cemento a vista da cui si diparte la scalinata d’accesso. La pietra a spacco è impiegata quasi a secco, con un sistema cioè che permette di abbattere i costi rispettando le tradizioni costruttive locali.


Fronte nord dalla strada.

L’incarico successivo conferito nel ‘92 a Cavadini dal Comune è stato la ristrutturazione di una cappella degli anni ‘50 all’interno del cimitero come camera mortuaria. Giudicatala inadatta, Cavadini propone il ridisegno dell’accesso cimiteriale e della cinta muraria dal cui inviluppo a spirale fa emergere la nuova cappella, posta su un’area adiacente.
L’attacco fra il muro di cinta e il piccolo edificio è risolto con una rottura nella materia. L’esterno della camera mortuaria è rivestito in pietra a spacco (instaurando un rapporto con la matericità del campanile romanico ) e si affaccia con l’apertura maggiore su un giardinetto cintato che ha come scenario le montagne; l’interno è in cemento a vista e illuminato da fenditure zenitali.
Dalla lettura del progettista sul nucleo storico del paese i tre spazi pubblici costitutivi, collegati dall’asse di attraversamento storico, risultavano non sufficientemente definite. La progettazione ha coinvolto allora nell’ultima fase (1995) anche la terza piazza, a nord verso l’entrata da Biasca, ripensata come hortus conclusus: una zoccolatura dalla geometria netta in cui trovano posto quattro steli di granito alte cinque metri, scanalate secondo i metodi locali di estrazione. Un piccolo edificio abbandonato, destinato alla demolizione, viene invece mantenuto come testimonianza di edilizia minore e ricucito dalle sistemazioni a terra all’isola originaria.


Veduta da est dell’ampliamento della cinta cimiteriale con la nuova cappella emergente.

La scelta di materiali locali risponde in questo progetto ad un preciso desiderio espresso dalla comunità: la pietra, in equilibrio dinamico con il cemento a vista che funge da elemento ordinatore, consente il dialogo a distanza fra i tre interventi, ricostituendo il sistema significante di luoghi centrali che primarisultavano slegati e indefiniti.


Planimetria generale di Iragna con i tre interventi.
Sezioni trasversali del Municipio.


Località
Iragna, Canton Ticino, Svizzera
Committente
Comune di Iragna
Data di progettazione
1990-1991 (concorso municipio)
1992 (camera mortuaria)
1995 (piazza Posta Vecchia)
Data di realizzazione
1993-1995
Progettazione
Raffaele Cavadini
Collaboratori
Fabio Trisconi, Silvana Marzari
Consulenze
Giorgio Masotti, Paolo Regolati, Valter Perlini
Imprese di costruzione
Ferrari, Lodrino
Valimcost 2, Biasca
Materiali lapidei utilizzati
Granito di Iragna
Ditte fornitrici pietra
Maurino SA, Iragna (piazza Municipio)
Cave Graniti Ticinesi SA, Iragna (rivestimento municipio)
Bulgheroni SA, Iragna (interni municipio)
Piretta SA, Iragna (steli piazza Posta Vecchia)
Gottardi SA, Iragna (camera mortuaria)


Scala del Municipio.

[photogallery]cavadini_album[/photogallery]

Cenni biografici
Nato a Mendrisio nel 1954. Studia alPolitecnico di Zurigo e si laurea a Venezia, dove nel 1980 assistito da Vittorio Gregotti consegue il dottorato in architettura. Dall’85 apre a Locarno il proprio studio professionale, realizzando negli anni una serie cospicua di case d’abitazione. Con un progetto su Porta Genova a Milano firmato con Luigi Snozzi partecipa su invito a “Le città immaginate” della Triennale dell’86. Nell’87 viene invitato a Firenze ad “Architetti under 35”, tema “La città e il fiume”, con un progetto sull’area delle Piagge. Dopo l’assistentato universitario (Ginevra, Zurigo) ha esperienze come visiting professor anche negli USA e viene invitato a numerosi convegni in Svizzera e all’estero. Nel ‘95 dirige il seminario internazionale di Monte Carasso e l’anno seguente quello a Brig-Glis. Dal ‘90 è membro della commissione cantonale dei monumenti storici.
I suoi progetti partecipano a molti
concorsi e vincono molti primi premi: alla competizione per il municipio di Magliaso (‘89), a quella per le infrastrutture comunali ad Iragna (‘91) e per la nuova sede della banca Raiffeisen ad Intragna (‘94), fino al concorso del ‘92 per l’elaborazione del masterplan dell’Expo 2000 di Hannover (vinto con arch.Arnaboldi), di cui Cavadini segue la realizzazione fino al ‘95.
Nel ‘95 partecipa alla mostra dei giovani architetti svizzeri a Zurigo e l’anno seguente a quella degli architetti ticinesi a Trento. Ha realizzato interventi museali (Olivone e convento del Bigorio), di strutture di culto e restauri (convento dei frati Capuccini a Faido, chiesa di S.Maria Assunta a
Chiggiogna). E’ in corso di esecuzione il suo progetto per il mercato coperto di Giubiasco.
Con gli interventi per il Comune di Iragna ha vinto il premio “Die Besten ‘96” della televisione DRS come migliore architettura svizzera.

Christian Norberg-Schulz

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18 Settembre 2012

English

Raffaele Cavadini
New Municipal Infrastructures
Iragna, Ticino Canton, Switzerland

Versione italiana

The project arises from a reflection on the human need to refer to centrality as symbolic dimension, that is to an existential need more than to a public aspiration, that has led, throughout the centuries, to the development of town centres full of history and identity. In opposition to non-connected aggregations, that characterise the districts in the outskirts of our towns – constituted mainly by commercial, industrial and office centres – Cavadini aims at recreating centres, that have a deeper human meaning.
The public competition in 1991 promoted the design of a new town hall, a gymplace – to be used for different purposesand a civil defence shelter (the latter works have not yet been carried out), to be inserted in the gardens of the school, that once housed the municipal offices.
The new town hall, with its elongated form, establishes a series of relations with the neighbouring buildings and creates, on the southern side, a new paved square in granite, extracted from local quarries, with carefully balanced drops. The building, characterised by very modern linguistic elements, rests on a visible concrete base, that is the starting point for the main staircase. Dry split stones are used for the building in order to reduce costs and respect local building traditions.


North façade from the road.

The project, that followed, entrusted in 1992 to Cavadini by the municipal administration consisted in the restoration of the chapel, dating back to the fifties, inside the cemetery, which was to be used as mortuary. Since Cavadini considered it inappropriate for this purpose, he proposed to re-design the entrance to the cemetery and the walls, in order to be able to develop the neighbouring chapel from the spiral centre of this structure.
The junctions between the walls and the small building are achieved by radically changing the material employed.
The external walls of the mortuary are tiled with split stone (in order to establish a connection with the Romanesque bell-tower). The openings of the mortuary overlook a small fenced garden, that looks towards the mountains. The interior is in rough concrete and light enters the building through zenith openings.
According to the interpretation of the designer of the historical centre the three main public spaces, connected to the main historical axis, were not sufficiently defined. In the third part of the project (1995) he re-designed also the third square, in the north entering the town from Biasca. The square was conceived as an “hortus conclusus”; a base with a clear geometry where four granite stelae, each 5 metres high, are grooved following local extraction methods.


View from the east of the addition to the cemetery wall with the new chapel.

A small deserted building, that was to be demolished, is instead preserved as memorial of minor construction tradition and was restored using original material.
The choice of using local materials reflects, in this project, a desire expressed by the community. Stone, that is dynamically balanced with the rough concrete, is an element of order, that establishes a dialogue with all three buildings since it reconstitutes the concept of centrality of spaces, that appeared to have no connection and definition.


Iragna site plan with the three constructions.
Town Hall cross sections.


Address
Iragna, Canton Ticino, Switzerland
Client
Municipal administration of Iragna
Design period
1990 – 1991 (Town hall competition)
1992 (mortuary)
1995 (Posta Vecchia square)
Construction period
1993 – 1995
Architect
Raffaele Cavadini
Design team
Fabio Trisconi, Silvana Marzari
Consultants
Giorgio Masotti, Paolo Regolati, Valter Perlini
General contractors
Ferrari, Lodrino
Valimcost 2, Biasca
Stone materials employed
Iragna granite
Stone suppliers
Maurino Sa, Iragna (Municipal square)
Cave Graniti Ticinesi SA, Iragna (Town hall cladding)
Bulgheroni SA, Iragna (Town hall interiors)
Piretta SA, Iragna (Stelae in Posta Vecchia square)
Gottardi SA, Iragna (Mortuary)


Town Hall stairs.

[photogallery]cavadini_album[/photogallery]

Biographical Outline
Born in Mendrisio in 1954, he studied at the Polytechnic in Zurich and graduated in Venice. In 1980, with the help of Vittorio Gregotti, he was able to follow a research doctorate in architecture. In 1985 he opened his own professional study at Locarno and designed over the years a large number of residences. He participated with the project for Porta Genova in Milan, together with Luigi Snozzi, to the competition “Le città immaginate” during the Triennial held in 1986. In 1987 he was invited to Florence to participate to “Architetti under 35” based on the theme “La città e il fiume” (The Town and the River), during which he presented a project for the area of Le Piagge. After working as assistant professor (Geneva, Zurich), he taught as visiting professor also in the United States and was invited to several conferences in Switzerland and abroad. In 1995 he directed the international seminar of Monte Carasso and the following year the one of Brig-Glis. He has been a member of the cantonal committee for historical buildings since 1990.
His projects were presented to several competitions and won numerous awards. In particular it is worth remembering: the competition for the town hall of Magliaso (1989), the one for the municipal infrastructures in Iragna (1991), the one for the new headquarters of the Raiffeisen bank in Intragna (1994). Finally in 1992 he presented a project for the masterplan of the Expo 2000 of Hannover (that was won with architect Arnaboldi), which Cavadini has been following since 1995.
In 1995 he participated to the exhibition on young Swiss architects in Zurich and the following year to that on architects from Ticino held in Trento. He has designed and built several museum structures (Olivone and convent of Bigorio), several religious buildings and has participated to several restoration works (the convent of the capuchin friars in Faido, the Church of Santa Maria Assunta in Chiggiogna). He is now following a project for the covered market of Giubiasco.
For the projects presented for the municipal administration of Iragna, he won the prize “Die Besten 1996” awarded by DRS television, that classed his work as the best example of Swiss architecture.

Christian Norberg-Schulz

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15 Settembre 2012

Citazioni

Memphis, la plastica che sembra marmo e il marmo che sembra plastica


Ettore Sottsass, divano Agra in marmo e cotone cinzato, Memphis, 1982 (produzione Up & Up).

«Oltre al laminato plastico decorato e non, il catalogo Memphis dei materiali “asettici” comprende molti altri materiali industriali come vetri stampati, lamiere zincate, lamiere goffrate, celluloidi, finiture fire-flake, vernici industriali, tubi al neon, lampadine colorate, ecc., che nel contesto Memphis perdono qualsiasi sapore high-tech, perché non sono mai citati come simboli tecnologici ma come texture, patterns, colore, densità, trasparenza, scintillio, cioè per le loro qualità sensoriali più immediate e dirette. Muovendosi in questo contesto liberatorio, raramente riflessivo, che affida i suoi messaggi più alla fisicità che all’intelletto, i designer Memphis sono riusciti ad aggiustare il tiro anche nei confronti di materiali più colti, tradizionali e già consumati come il marmo, usato dentro forme irriverenti che non corrispondono all’uso colto del materiale o decontestualizzato dall’accoppiamento con alluminio, vetroresina o vernici fire-flake.


Michele De Lucchi, tavolo Sebastopole in marmo e pietra serena, Memphis, 1982 (produzione Up & Up).

Molti materiali sono stati sbilanciati, stiracchiati e deformati al punto da diventare irriconoscibili, tanto deformati che un giorno un giornalista inglese, accarezzando uno scaffale in radica naturale lucidata (accostata nello stesso mobile, il Beverly di Sottsass, a un laminato serpente giallo e verde) ha sospirato tra la perplessità generale: “fantastico, sembra plastica”. In realtà il problema non è quello di far sembrare una cosa quello che non è e neppure di farla sembrare quello che è, che sia marmo e sembri plastica, che sia plastica che sembra legno o plastica che sembra plastica poco importa. Per i designer Memphis il problema della verità, autenticità e viceversa, quello del fake, non esistono. Quello che conta è il disegno, l’immagine, la figura finale, la carica figurativa, la comunicazione: come tanti allievi di Buddha i designer Memphis sembrano tutti convinti che la realtà come “assoluto” non esiste….».

Barbara Radice, Memphis. Ricerche, esperienze, risultati, fallimenti e successi del Nuovo Design, Milano, Electa, 1984, p. 67.

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