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11 Dicembre 2012

News

Video intervista a Cinzia Anguissola sul progetto realizzato per Pi.Mar. sul tema di Marmomacc Meets Design 2012: “The colours of green: sustainable stone”.


©K+

Fonte: Umbrella
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6 Dicembre 2012

Opere di Architettura

Villa Ambra, Poggio a Caiano
progetto originario di Giuliano da Sangallo


Ville medicee, i loci amoeni del Rinascimento: fotografia della Lunetta della Villa di Poggio a Caiano -Giusto Utens-1599 Museo di “Firenze com’era” (foto: Giovanni De Sandre)

Godi, Fiorenza, poiché se’ sì grande
che per mare e per terra batti l’ali,
e per lo ‘nferno tuo nome si spande!

Scrive così Dante Alighieri tempo prima dell’avvento di quella famiglia che fece di Firenze e delle terre vicine un crogiolo di intellettuali e artisti. La famiglia de Medici, appunto, la quale non solo resse le sorti del territorio fiorentino dalla prima metà del ‘400 fino al ‘700 influenzando anche la politica nazionale, ma pure contribuì in maniera eccezionale allo sviluppo di tutte le arti.
Cosimo il Vecchio, pater patriae, di fatto primo signore di Firenze e primo uomo di stato della famiglia dei Medici, fu primo promotore della rinascita artistica. Sarebbe riduttivo tuttavia limitarsi alla sola esperienza cittadina, seppur straordinaria. Se si allarga lo sguardo, infatti, e lo si fa soffermare sulle dolci colline attorno la città, si noterà il fiorire di esempi architettonici considerevoli per tutta la provincia, da Careggi a Mezzomonte, da Fiesole a Cafaggiolo. Si scoprono così quelle ville medicee, piccoli angoli di delizia della potente famiglia, adibite a luogo di diletto e cultura per tutta la corte. Nell’ipotetico viaggio cronologico, come fece Giusto Utens attraverso le lunette dipinte e custodite nel Museo di Firenze com’era, si incontreranno la villa di Careggi, la prima, ristrutturata all’inizio del Quattrocento, dove già si affacciava l’idea della villa di campagna come locus amoenus, studiata da Leon Battista Alberti nel Res Aedificatoria. Seguono ancora la villa del Trebbio, nella val di Sieve, voluta da Giovanni Bicci e ristrutturata da Michelozzo, ancora esempio della residenza fortificata, e Cafaggiolo. Dirà sempre Cosimo de Medici: Cafaggiolo vede meglio di Fiesole, perché ciò che vede è mio guardando a una delle più antiche ville medicee, quella fiesolana appunto. In questo caso l’architetto mediceo, che aveva ristrutturato le altre abitazioni, poté esprimersi liberamente, creando un edificio che, per il suo assetto fortemente geometrico, aperto verso la valle, la delicatezza dell’intonaco bianco e la pietra serena che incornicia le finestre, si avvicina al prototipo della villa rinascimentale che sarà raggiunto da un altro artista prediletto della famiglia, Giuliano da Sangallo.


Villa Ambra a Poggio a Caiano nuovo esempio di residenza rinascimentale (foto: Giovanni De Sandre)

Nell’ultima propaggine del Montalbano, tra Firenze e Pistoia, su un piccolo poggio circondato dal verde, si trova Ambra, la villa Medicea di Poggio a Caiano. Prototipo della residenza agreste fiorentina, voluta da Lorenzo de Medici e progettata da Giuliano da Sangallo, essa è la rappresentazione architettonica della volontà umanista di modellare armoniosamente il territorio. Costruita a partire dal 1480, sviluppa quegli elementi che si andranno a ritrovare nelle successive residenze fiorentine, ossia lo studio dei rapporti tra interno ed esterno, ed il recupero degli elementi classici, come il frontone ionico ed il portico. Nonostante la residenza abbia subito numerose modifiche, l’integrità dell’idea iniziale è rispettata. E ciò vale anche per il recente progetto di recupero, concentrato sulle grandi scalinate, che abbracciano il visitatore e lo conducono al piano nobile, anch’esso ripavimentato, e dal parapetto cesellato. La citazione è dichiarata, con riferimento all’utilizzo della pietra forte fiorentina, la preferita dal Sangallo, impiegata sia per le pedate della scalinata, già rivista nell’Ottocento, sia per gli interventi a corollario. L’intera fornitura è di Il Casone.
La lavorazione a filo sega dei gradini si contrappone alla levigatezza della pavimentazione a lastre proposta per il terrazzo del piano superiore, come a simboleggiare metaforicamente il passaggio dal terreno all’aulico, verso un’ascesa intellettuale intrapresa dal visitatore che si ritrovi a scoprire le bellezze artistiche ed architettoniche dell’edificio. La matericità lapidea quale mezzo espressivo non viene abbandonata, tuttavia, e si ritrova nelle colonne del parapetto, bombate e scalpellate, incastonate nella cimasa modanata e nello zoccolo, attenta riproposizione del parapetto quattrocentesco. L’antico e l’attuale si legano armoniosamente attraverso le scoline attentamente progettate al piano nobile, così come i diversi pezzi speciali innestati armoniosamente nella pavimentazione. L’equilibrio originario viene così non solo rispettato ma enfatizzato, con ricercata delicatezza.


Immagine di dettaglio dei nuovi interventi (foto: Giovanni De Sandre)

[photogallery]villa_poggio_album[/photogallery]

di Federica Poini

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4 Dicembre 2012

News

Video intervista a Lorenzo Palmeri sul progetto realizzato per Stone Italiana sul tema di Marmomacc Meets Design 2012: “The colours of green: sustainable stone”.


©K+

Fonte: Umbrella
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30 Novembre 2012

Progetti

Un progetto di urban design in pietra per L’Aquila


Il centro di Bugnara (AQ) con la localizzazione schematica degli interventi proposti dagli studenti del corso di Costruzioni in Pietra di Ferrara

Dall’anno accademico 2007-2008 il corso integrato di Costruzioni in Pietra fa parte dell’offerta formativa curricolare della laurea a ciclo unico in architettura dell’Università di Ferrara. Le attività didattiche, organizzate dalla Facoltà di Architettura ferrarese in collaborazione con Marmomacc – Veronafiere, sono finalizzate a trasferire agli studenti del quinto anno una consapevolezza critica sull’impiego dei materiali lapidei all’interno del progetto contemporaneo d’architettura, d’allestimento d’interni e di design di prodotto.
I temi portanti affrontati dal corso di Costruzioni in Pietra sono: l’identificazione e l’interpretazione critica dei codici e dei linguaggi con cui la pietra si presenta nell’architettura storica e in quella contemporanea; la conoscenza delle categorie petrografiche, geologiche e merceologiche dei materiali litici e la loro rispondenza alle necessità d’impiego nell’architettura e nel design; l’analisi della connessione tra progettazione architettonica e tecniche costruttive legate alle nuove frontiere di trasformazione e trattamento della pietra.


Il centro di Bugnara (AQ) e il sistema degli spazi pubblici e dei percorsi proposti dagli studenti del corso di Costruzioni in Pietra di Ferrara. A destra immagini delle pietre del luogo.

Nell’anno accademico 2011-2012 il corso è stato tenuto dai professori Alfonso Acocella, Vincenzo Pavan, Davide Turrini e Carmela Vaccaro e ha affrontato il tema monografico “Pietra: recuperare, ricostruire, integrare”, sviluppando i contenuti della costruzione litica nella riqualificazione di ambienti storici urbani e paesaggistici in condizioni di abbandono e degrado.
Le attività didattiche hanno analizzato sia le problematiche connesse al recupero e alla rifunzionalizzazione di edifici storici costruiti in pietra, sia la progettazione di spazi urbani siti in città o borghi di antica origine, nel quadro di numerose connessioni disciplinari: dallo studio delle tecniche costruttive tradizionali, alla conoscenza dei materiali lapidei dei diversi bacini produttivi e delle relative caratteristiche fisico-meccaniche; dal ripristino urbano e architettonico, al design di nuovi manufatti sostituivi di elementi semidistrutti o andati completamente perduti.


Progetto di urban design litico per Bugnara (AQ). Facoltà di Architettura di Ferrara. Corso di Costruzioni in Pietra. A.A. 2011-12. Studenti: Helbig-Pereira; docenti: Pavan-Turrini

La progettazione degli studenti si è concentrata in particolare su due aree di intervento: il villaggio rurale di Gorgusello (VR), dove è stato affrontato il tema della riqualificazione/ricostruzione di un gruppo di antiche case-torri in pietra; il centro storico di Bugnara nei dintorni de L’Aquila, dove un progetto di urban design litico ha ricucito i vuoti lasciati dal sisma del 2009.
I paragrafi che seguono danno conto di una selezioni dei lavori degli studenti relativi al borgo aquilano, realizzati a partire da un workshop intitolato “Bugnara. Le pietre della ricostruzioni tra amnesia e memoria storica”.


Progetto di urban design litico per Bugnara (AQ). Facoltà di Architettura di Ferrara. Corso di Costruzioni in Pietra. A.A. 2011-12. Studenti: Helbig-Pereira; docenti: Pavan-Turrini

Cortili verdi per riunire la comunità Dopo il terremoto del 2009 il tessuto edificato di Bugnara (AQ) rimane punteggiato di vuoti che non saranno saturati da nuove edificazioni. A partire da un’attenta analisi dell’utenza dei luoghi (principalmente anziani residenti stabilmente e famiglie di giovani che abitano stagionalmente), il progetto ricuce tali spazi in un percorso verde, assegnando ad ognuno di essi una funzione specifica per la vita comunitaria all’aperto. Le pietre calcaree e le brecce della tradizione costruttiva locale sono impiegate per progettare sedute, fontane, pavimentazioni e scalinate; il design degli spazi urbani risolve nel dettaglio le soluzioni tecnologiche necessarie per i frequenti cambi di quota e di pendenza che caratterizzano la topografia dell’abitato.
Autrici: Stephanie Helbig, Ana Pereira
Tutor: Vincenzo Pavan, Davide Turrini


Progetto di urban design litico per Bugnara (AQ). Facoltà di Architettura di Ferrara. Corso di Costruzioni in Pietra. A.A. 2011-12. Studenti: Gassie-Suzanne; docenti: Pavan-Turrini

Camere di pietra a cielo aperto Alcune rovine di case private, abbandonate nel centro storico di Bugnara dopo il sisma, vengono reinterpretate come spazi pubblici, segnalati da porte colorate e accessibili come stazioni di un percorso emozionale, ricco e differenziato nel verde. Pavimentazioni e sedute di pietra, vasche d’acqua e una selezione di piante rustiche locali, danno vita a un giardino di luci e ombre, ad un parco giochi, ad un orto e ad un piccolo bosco per la lettura e la meditazione.
Autori: Charlotte Gassie, Benoit Suzanne
Tutor: Vincenzo Pavan, Davide Turrini


Progetto di urban design litico per Bugnara (AQ). Facoltà di Architettura di Ferrara. Corso di Costruzioni in Pietra. A.A. 2011-12. Studenti: Gassie-Suzanne; docenti: Pavan-Turrini

Una “biblioteca” aromatica quasi ipogea Un antico spazio domestico, scavato con perizia archeologica, ospita un piccolo giardino per il gioco dei bambini e un orto didattico a disposizione della collettività. La pietra recuperata con lo scavo è reimpiegata in murature, pavimentazioni e sedute. Le piante della macchia abruzzese sono coltivate e disponibili alla “consultazione” olfattiva e gustativa sui grandi scaffali di semplici impalcature metalliche: borragine, cicoria, origano, maggiorana, finocchio e cardo selvatico rafforzano con i loro aromi la reminiscenza del paesaggio e delle tradizioni gastronomiche del luogo.
Autrici: Daniela Amorim, Rita Santos
Tutor: Vincenzo Pavan, Davide Turrini


Progetto di urban design litico per Bugnara (AQ). Facoltà di Architettura di Ferrara. Corso di Costruzioni in Pietra. A.A. 2011-12. Studenti: Amorim-Santos; docenti: Pavan-Turrini

La struttura del corso integrato di Costruzioni in Pietra, della durata di 100 ore (8 CFU), è incentrata sull’atelier di progettazione affiancato da attività formali – quali lezioni frontali dei docenti e lecture dei visiting teachers – ed informali, connesse a visite guidate e confronti con operatori specializzati in aziende del settore lapideo. Il canale comunicativo delle attività formative è il website architetturapietra2.sviluppo.lunet.it

di Davide Turrini

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27 Novembre 2012

News

Video intervista a Lorenzo Damiani sul progetto realizzato per Calvasina e Pusterla&Ronchetti sul tema di Marmomacc Meets Design 2012:
“The colours of green: sustainable stone”


©K+

Fonte: Umbrella
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22 Novembre 2012

Design litico

STONE GATE, la chiusura del cerchio

Un grande cerchio di conci massivi posati a secco: è STONE GATE, il cerchio di pietra.
L’archetipica figura architettonica dell’arco, eredità della tradizione costruttiva romana, composta da conci posti in modo radiale e autoportanti, è stata per la prima volta strutturalmente doppiata per formare un cerchio perfetto.
L’opera STONE GATE, progettata dal designer Raffaello Galiotto e realizzata da Lithos Design, è un progetto architettonico-ingegneristico all’avanguardia: conci in pietra di 5 quintali l’uno posati a secco, legati tra loro in una struttura autoportante solo grazie alla forza di compressione.
Il progetto ha rappresentato una sfida in equilibrio tra massa, peso e gravità, che sottende un articolato e complesso design e importanti studi ingegneristici per garantire la statica e la sicurezza della struttura: l’anello in pietra naturale è alto 3,80 metri e profondo 1,20 metri.
È progettato con un sistema di venti conci base lapidei modulari posati a secco, uniti in una struttura che diviene autoportante grazie allo stato di compressione impresso attraverso la post-tensione delle cerchiature in acciaio affogate in essa. Ogni concio pesa 500 chilogrammi per un totale di più di ventisette tonnellate e un volume di sei metricubi e mezzo.

Di fondamentale importanza per la resa del progetto è stata la collaborazione con l’azienda toscana Staminal Stone che ha fornito il materiale per la realizzazione dell’opera. Un connubio importante fra due aziende che si sono individuate in un comune sentire, mosse dallo slancio creativo alla valorizzazione delle capacità espressive latenti della materia litica. Il materiale scelto per STONE GATE è il Bardiglio nuvolato, un litotipo compatto di colore grigio scuro con sottili venature bianco-grigio. Il colore di questo marmo è particolarmente apprezzato per applicazioni in ambito artistico, architettonico e per l’arredo urbano.

La “firma” di Lithos Design è evidente anche osservando la superficie esterna dell’opera: i conci di Bardiglio nuvolato sono infatti finemente lavorati con una texture ornamentale tridimensionale appositamente progettata per garantire una resa estetica perfetta e dal forte impatto scenico.

STONE GATE è un’istallazione che dal pubblico, inoltre, può essere “vissuta”, partecipata. Il visitatore può sperimentarla, ascoltando la propria voce amplificata all’interno del suo diametro. Il grande anello si offre al fruitore come un “cerchio magnetico” alimentando l’istinto ancestrale dell’uomo a misurarsi con le opere di grandi dimensioni, “fuoriscala”, provando l’ebrezza del sentirsi “oltre il limite”.

Il grande cerchio induce ad aprire d’impulso le braccia come a comporre una sorta di “Uomo Vitruviano”, confrontando le proporzioni del corpo umano, già perfette per natura, con quelle del grande cerchio di pietra, simbolo archetipico di massima armonia formale.
STONE GATE è un’iniziativa tutta italiana, dal concept, alla progettazione, fino ad ogni fase della produzione.
Con questo progetto inedito, presentato presso il 47° Marmomacc, Lithos Design, forte della profonda conoscenza del materiale litico e del rispetto del suo utilizzo, ricerca, sperimenta e indirizza verso nuovi orizzonti l’uso del materiale lapideo marmo, aumentando con continuità il proprio know how, vero segreto del proprio successo.

Crediti Stone Gate
Azienda: Lithos Design
Designer: Raffaello Galiotto
Ingegnerizzazione: Alessandro Serafini
Partner: Staminal Stone

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20 Novembre 2012

News

Intervista a Diébédo Francis Kéré e cronaca lectio magistralis

Diébédo Francis Kéré
4 giugno 2012, Palazzo Tassoni Estense, Ferrara

Nell’ambito degli eventi celebrativi del ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara, il 4 Giugno i prestigiosi ambienti di Palazzo Tassoni hanno ospitato la lezione dell’architetto africano Diébédo Francis Kéré. Un occasione per avvicinarsi all’opera di un professionista che rappresenta il più mirabile esempio di self made man, dal villaggio tribale in cui è nato nel Burkina Faso 45 anni fa allo studio berlinese, da cui oggi opera in tutto il mondo.
L’ispiratore del Ventennale XFAFX, prof. arch. Acocella, ha introdotto sentitamente l’opera di Kéré situandola nell’ambito di percorso comunicativo e didattico che, attraverso gli eventi proposti – mostre, conferenze, lezioni magistrali… – da un anno intende avvicinare studenti e professionisti all’opera di protagonisti della ricerca architettonica di altissimo profilo internazionale. L’opera di Kéré si colloca come un approccio personale, declinato con umiltà attraverso il profondo legame con la terra natìa, con le tradizioni costruttive locali, con i materiali naturali (argilla e laterizio cotto in particolare) e attraverso la condivisione “empatica” del processo costruttivo con la comunità. Un “fare architettura” all’insegna della semplicità, dunque, assecondando un approccio “contro corrente” rispetto alle tendenze autoreferenziali e glamorous di tante opere contemporanee.
Nicola Navone, in rappresentanza dell’Accademia di Architettura di Mendrisio promotrice del prestigioso premio internazionale BSI Architectural Award di cui Kéré è risultato il vincitore della seconda edizione (2010), ha illustrato i principi ispiratori dell’iniziativa – nata nel 2007 grazie alla volontà di un ente bancario ticinese indirizzato a celebrare il proprio cinquantennio di attività – che si è proposta di divulgare a livello internazionale l’opera di architetti under 50 che “avessero dato, con la loro opera, un contributo significativo all’equilibrio ambientale”.
I partecipanti al premio biennale vengono selezionati da advisors tra professionisti non appartenenti alla “passerella” colorata e seducente delle archistars” ma attivamente impegnati nel promuovere una concreta sostenibilità non solo ambientale ma anche economica e sociale degli interventi. Il vincitore è selezionato da una autorevole giuria internazionale, presieduta da Mario Botta. I risultati delle competizioni sono pubblicati su prestigiosi volumi e oggetto di esposizioni: l’opera di Kéré è illustrata efficacemente nella mostra allestita, in occasione della conferenza, al piano terreno di Palazzo Tassoni Estense (* l’indicazione bibliografica delle pubblicazioni inerenti i premi BSI Architectural Award è indicata di seguito).

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19 Novembre 2012

News

Video intervista a Gabriele Pardi e Laura Fiaschi sui progetti della mostra “Confini Spontanei Naturalmente Reversibili” realizzati con le aziende De Castelli, Dim’ora, Friul Mosaic, Giovannetti Collezioni, Il Casone, Martinelli Luce, Nero Sicilia, Sacerdote Marmi

Fonte: Umbrella
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15 Novembre 2012

News

Cucire la pietra con la pietra: il sistema Ticorapsimo
Seconda parte


Le due pareti di Onna (AQ) dalle quali sono stati ricavati i pannelli per le prove di compressione diagonale.

Il basalto è una roccia derivata dalla solidificazione della lava vulcanica con un punto di fusione di circa 1400°C, è stato usato fin dall’antichità per la sua durezza per lastricare le strade e, come riempimento, nelle costruzioni (Militky J. et al., 2002-2007). Le rocce con determinate composizioni chimiche hanno alcune caratteristiche fisiche che le rendono adatte all’estrusione di filamenti continui di vari diametri (9÷24 µm). Attualmente le fibre di basalto, prodotte a livello industriale nei paesi asiatici e dell’Europa dell’Est, vengono principalmente utilizzate nel settore automobilistico e delle attrezzature sportive (Zhu L. et al., 2010). Le fibre di basalto, sottoforma di fibra continua, di tessuto o di rete, sono usate anche infatti come rinforzo per la produzione di fibrorinforzati laminati o pultrusi (barre) o come rinforzo da impregnare in situ con matrici di vario tipo per la creazione di compositi strutturali nelle opere civili. Le fibre “sciolte” (chopped) di basalto, costituiscono un ottimo rinforzo per evitare la fessurazione nei getti di conglomerato cementizio. In forma di tessuto impregnato con matrice di tipo epossidico, sono utilizzate come rinforzo per strutture in calcestruzzo, in alternativa alle più comuni fibre di vetro, carbonio o aramidiche (Sim, J. et al., 2005). Impieghi più recenti le hanno testate in laboratorio in forma di tessuto bidirezionale impregnato con matrice cementizia, per il confinamento di colonne in muratura (Fahmy M.F.M. et al., 2010). Infine, sotto forma di lana, possono costituire pannelli e tappetini con ottime caratteristiche di isolamento termo-acustico. Per produrre la fibra di basalto è necessario portare la roccia alla temperatura di fusione (circa 1400 °C) in una fornace; il fuso è quindi estruso per produrre filamenti continui. Le fibre così ottenute, che risultano avere caratteristiche meccaniche comprese tra quelle delle fibre di vetro e quelle delle fibre di carbonio (Wu Z. et al., 2010), possono essere sottoposte a lavorazioni di “tessitura” che consentono di realizzare anche corde, per le quali esiste una procedura di caratterizzazione e che mostrano buone prestazioni in termini di resistenza (Quagliarini E. et al., 2012) . Il basalto è un materiale durevole: risultati di test di laboratorio riportati in letteratura (Van de Velde, K. et al., 2003; Wei, B. et al., 2010) mostrano come l’esposizione ad ambienti aggressivi (acidi e basici), danneggi maggiormente le fibre di vetro che non quelle di basalto. L’esposizione alle alte temperature non penalizza le prestazioni in termini di resistenza delle fibre di basalto quanto quelle di vetro e di carbonio (Sim, J. et al., 2005). Compositi che utilizzano le fibre di basalto come rinforzo (continuo o discreto) immerso in matrici di tipo organico o inorganico, sono stati infatti testati nello sviluppo di sistemi passivi di protezione al fuoco (Landucci G. et al, 2009).

Provini di muratura “ a sacco” dopo la prova a compressione: i “non consolidati” (a) presentano le cortine esterne vistosamente deformate e distaccate dal nucleo centrale al contrario di quelli consolidati con TICORAPSIMO “RO” (b) e “RR” (c)

L’efficacia della tecnica proposta è stata testata in laboratorio con prove di compressione e taglio su provini di muratura multi-paramento con doppia cortina esterna in mattoni e nucleo interno incoerente (muratura comunemente detta “a sacco”). Utilizzando materiali quanto più possibile vicini a quelli delle costruzioni storiche (mattoni di modesta resistenza e malta di calce aerea) sono stati così realizzati 12 provini di muratura “a sacco”, metà dei quali sono stati sottoposti a prove di compressione verticale mentre l’altra metà a prove di taglio.
I risultati di questa campagna testimoniano l’efficacia della tecnica nel collegare trasversalmente i paramenti della muratura, conferendole monoliticità, e consentendo di sfruttare al massimo le risorse dei materiali. In particolare la capacità di scongiurare l’attivazione di fenomeni di instabilità a carico delle cortine esterne e “spostare” il collasso sul raggiungimento della resistenza ultima dei materiali, risulta molto significativo se si pensa di applicare la tecnica su murature reali, con luci libere di inflessione ben più elevate di quelle dei provini testati, con guadagni prevedibili in termini di carico ultimo molto consistenti.
Per verificare questa ipotesi sono stati testati ulteriori provini di muratura a sacco (Quagliarini E. et al., 2011), con dimensioni maggiori di quelli della prima sessione di prove, nei limiti dei dispositivi di prova disponibili. I 6 provini realizzati sono stati sottoposti a prova di compressione dopo essere stati suddivisi in tre gruppi : integri, danneggiati e rinforzati.
Anche in questo caso i provini integri e quelli danneggiati hanno raggiunto la rottura per il sopraggiungere dell’instabilità di una delle cortine esterne (chiaramente per i “danneggiati” è stato sufficiente un carico minore che per gli “integri”), cosa che non si è verificata invece in quelli consolidati, che hanno collassato e seguito delle rotture diffuse che hanno afflitto i materiali costituenti la muratura. In questa seconda sessione di prove, oltre ad incrementare di circa il 40% la tensione massima di rottura il rinforzo determina anche una sostanziale riduzione delle deformazioni trasversali, e risulta in grado di riportare i “danneggiati” a prestazioni paragonabili a quelle dei provini “integri”. In questa seconda sessione di prove è stato preso in considerazione anche l’utilizzo di resina epossidica tixotropica per ricoprire le corde di rinforzo, possibilità che appare praticabile ogni volta che il paramento non si riveli di particolare pregio e vengano meno quindi le istanze tipiche del restauro.

Modalità di rottura tipica delle murature multi-paramento con nucleo incoerente: una delle due cortine viene interessata da fenomeni di instabilità che provoca il collasso del pannello.

L’applicazione di TICORAPSIMO fornisce monoliticità al pannello murario: si modifica la modalità di rottura, scongiurando rotture per instabilità delle cortine esterne, consentendo di sfruttare al meglio i materiali costituenti la muratura.

La modellazione di murature multi-paramento, caratterizzate da interazioni complesse difficili da tenere in considerazione, è sempre risultata una materia ostica e ad oggi, in letteratura si dispone solo di limitati studi scientifici in materia (Binda et al., 2006). Tuttavia, utilizzando un software commerciale agli elementi finiti, è stato messo a punto un modello numerico per tentare di riprodurre i risultati degli esperimenti condotti che tenesse in considerazione tutti i materiali costituenti la muratura (mattoni, malta, riempimento) operando così una “micro-modellazione”. Inoltre, per cogliere al meglio gli effetti deformativi di instabilità dovuti al carico applicato alla muratura multi-paramento, è stato necessario fare in modo che l’analisi contemplasse anche i grandi spostamenti, e che operasse anche in campo “non lineare”. Con il modello così realizzato sono state simulate le esperienze di laboratorio relative ai test di compressione ed i risultati sono stati confrontati con quelli sperimentali ottenendo un’ottima vicinanza tra loro, consentendo così l’analisi di altri aspetti che non potevano essere colti dalle sole prove sperimentali. Tra questi il più significativo è stato il poter accertare che, a tensioni prossime al collasso del pannello murario, le corde di rinforzo vengono sollecitate da una forza che risulta pari ad un terzo di quella massima sostenibile, garantendo così che in esercizio queste si mantengano sempre lontane dal punto di rottura, evitando collassi improvvisi ed imprevedibili.


I pannelli di muratura in pietra (rinforzati e non) sottoposti a prova di compressione diagonale.

Al fine di verificare l’efficacia della tecnica anche su un’altra tipologia di apparecchio murario e di verificare anche la facilità di cantierizzazione del sistema, sono state condotte anche delle prove in situ sulle murature di L’Aquila, nella località di Onna, tristemente nota per essere stata una delle più colpite dal sisma del 2009. La muratura aquilana si presenta composta di ciottoli e pietre, irregolari sia per forma che per dimensione, disposte in maniera disordinata, carenti di collegamenti nello spessore (diatoni) e legate con malta di scarse caratteristiche. Tra quelle non crollate dopo l’evento sismico, sono state scelte due pareti per effettuare i test. Da ognuna di queste sono stati isolati due pannelli di forma pressoché quadrata da sottoporre a prova di compressione diagonale, per valutare il contributo del sistema di rinforzo. Dopo una preventiva rimozione degli strati di finitura per portare a vista le tessitura muraria, sono stati eseguiti i fori passanti localizzati in posizioni strategiche, in modo da “abbracciare” le pietre di maggiori dimensioni. Successivamente si è proceduto con l’inserimento della corda in fibra di basalto: ogni “trama” della maglia è continua dall’inizio alla fine del suo percorso. Anche in questo caso si ha la possibilità di mantenere l’aspetto originale della muratura, ricoprendo con uno strato di intonaco le corde di rinforzo o occultandole nei giunti di malta, disponendo opportunamente i fori. I risultati delle prove di compressione diagonale, oltre a determinare un incremento della massima tensione di rottura di circa il 30% hanno mostrato come il rinforzo contribuisca a ridurre la fessurazione esercitando un effetto di confinamento sulla muratura, evitando l’espulsione di pietre e fenomeni di disgregazione del muro.


Confronto tra pannello rinforzato con TICORAPSIMO® e pannello non rinforzato sottoposti a prova di compressione diagonale confinata secondo le condizioni in situ.

[photogallery]cucire_album2[/photogallery]

di Enrico Quagliarini1, Stefano Lenci1, Francesco Monni2, Alessandro Battaglia3

NOTE
1 Dicea – Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Architettura, Università Politecnica delle Marche, Via Brecce Bianche, 60030, Ancona.
2 A.h.R.T.E. s.r.l. – Architectural heritage Restoration through Tailored Engineering s.r.l., c/o Dicea – Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Architettura, Università Politecnica delle Marche, Via Brecce Bianche, 60030, Ancona.
3Restauri Innovativi Tecnologici s.r.l., Via Serra n.22, 40012, Calderara di Reno (BO)

BIBLIOGRAFIA
Binda L. et al., A contribution for the understanding of load-transfer mechanisms in multi-leaf masonry walls: Testing and modeling, Engineering Structures 28, 2006.
Fahmy M.F.M., Wu Z., Evaluating and proposing models of circular concrete columns confined with different FRP composites, Composites: Part B 41, 2010.
Landucci G. et al, Design and testing of innovative materials for passive fire protection, Fire Safety Journal 44, 2009.
Militky J. et al., Influence of thermal treatment on tensile failure of basalt fibers, Engineering Fracture Mechanics 69, 2002.
Militký J. et al., Mechanical Properties of Basalt Filaments, Fibres & Textiles in Eastern Europe, Vol. 15, No. 5 – 6, 2007.
Quagliarini E. et al., Strengthening three-leaf masonry panel with basalt fibre ropes: first experimental data, Proceedings of 5th International Conference Science and Technology for the Safeguard of Cultural Heritage in the Mediterranean Basin, Istanbul, Turkey, Novembre 2011
Quagliarini E. et al., Tensile characterization of basalt fiber rods and ropes: A first contribution. Construction and Building Materials 34, 2012.
Sim J. et al., Characteristics of basalt fiber as a strengthening material for concrete structures, Composites: Part B 36, 2005.
Van de Velde K. et al., Basalt Fibres as Reinforcement for Composites, Proceedings of 10th International Conference on Composites/Nano Engineering, University of New Orleans, New Orleans, LA, USA, 20–26 July 2003
Wei B. et al., Environmental resistance and mechanical performance of basalt and glass fibers, Materials Science and Engineering A 527, 2010.
Wu Z. et al., Tensile fatigue behaviour of FRP and hybrid FRP sheets, Composites: Part B 41, 2010.
Zhu L. et al., Constitutive equations of basalt filament tows under quasi-static and high strain rate tension, Materials Science and Engineering A 527, 2010.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14 gennaio 2008
Circolare del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici n°617 del 2 febbraio 2009
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 febbraio 2011: Linee guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14 gennaio 2008

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12 Novembre 2012

News

Cucire la pietra con la pietra: il sistema Ticorapsimo
Prima parte


Dalla fusione della pietra basaltica si ottengono fibre continue con ottime proprietà meccaniche che possono essere intessute per ricavare corde. La fibra di basalto può vantare un’alta resistenza alle temperature elevate ed agli attacchi chimici.

In caso di sisma gli edifici storici in muratura non manifestano un chiaro comportamento strutturale globale, molto più realistica è una analisi per “macroelementi” ossia porzioni di muratura che per forma e dimensioni reagiscono autonomamente al terremoto, riconoscibili e catalogabili sulla base delle esperienze del passato. Questo approccio, proposto da vari autori (Giuffrè, 1991; Doglioni et al., 1994), risulta ormai consolidato anche all’interno del quadro normativo che regola gli interventi sulle costruzioni esistenti in muratura in genere (Norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14 gennaio 2008; Circolare del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici n°617 del 2 febbraio 2009) e anche sugli edifici di interesse storico ed architettonico (Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 febbraio 2011: Linee guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14 gennaio 2008). La risposta al sisma dell’edificio storico in muratura è quindi quella offerta dai suoi macroelementi: il loro moto durante l’azione sismica definisce i cosiddetti “cinematismi di collasso attivabili” dei quali è possibile verificare la sicurezza rispetto all’azione sismica attesa e, quindi, progettare e dimensionare opportuni presidi per scongiurarne l’attivazione. Un’ipotesi imprescindibile che sta alla base della teoria della discretizzazione dell’edificio in macroelementi è quella di poter considerare queste parti di edificio come monolitiche e, quindi, che la muratura che li compone sia di “buona qualità”. Il livello di “qualità” dell’opera muraria storica si può ricondurre a quanto questa riporti nella sua fattura le prescrizioni della cosiddetta “regola dell’arte”, ossia: la presenza di diatoni (cioè di elementi passanti da parte a parte della parete), di filari orizzontali, di giunti verticali sfalsati, l’utilizzo di elementi squadrati, di dimensioni adeguate ricavate da materiali resistenti, legati con malta di buona qualità. Quando mancano queste caratteristiche nell’apparecchio murario (es. murature in ciottoli e pietre erratiche ed irregolari disposte in maniera disordinata con malta di scarse caratteristiche o murature multiparamento – “a sacco” – con doppia cortina esterna e nucleo interno incoerente) prima ancora di procedere con un’analisi strutturale si rende necessario intervenire per conferire ai pannelli murari portanti la monoliticità mancante. Da questo assunto nasce l’idea di mettere a punto una tecnica di consolidamento in grado di rendere monolitica una muratura costruita con modalità lontane da quelle della “regola dell’arte” in linea con i principi che regolano gli interventi sul costruito storico, vale a dire: tendenza al minimo intervento, ricerca della compatibilità, reversibilità dell’intervento, rispetto dell’autenticità, conservazione della materia, controllo dell’impatto visivo e riconoscibilità degli interventi. Criteri non sempre rispettati se si interviene con le tecniche di consolidamento tradizionali (intonaco armato, perfori armati, iniezioni di legante, ecc.) e solo parzialmente con quelle più innovative (fasciature con compositi fibrorinforzati).


Ticorapsimo. Le due diverse disposizioni del rinforzo applicate nei provini testati in laboratorio: localizzato solo nei giunti di malta orizzontali “RO” (a) o sia nei giunti orizzontali che verticali, disposizione denominata “a reticolo”, “RR” (b).

Dalla constatazione che una delle vulnerabilità più pericolose per una muratura è la mancanza di monoliticità, nasce l’idea di conferire questa importante caratteristica attraverso un sapiente gioco di trama e ordito in cui elementi flessibili (trama) in pietra – basalto – tengono assieme i vari conci (ordito). Il sistema TICORAPSIMO nasce infatti da un’invenzione dei proff. S. Lenci ed E. Quagliarini (Domanda di brevetto italiano per invenzione industriale “METODO PER RINFORZARE OPERE EDILI ED OPERE RINFORZATE COSÌ OTTENUTE” depositata in data 07 giugno 2011 al n. BO2011A000327) del Dipartimento DICEA dell’Università Politecnica delle Marche e dal successivo percorso di trasferimento tecnologico intrapreso con il Geom. A. Battaglia di Restauri Innovativi Tecnologici S.r.l. (titolare della domanda), con la collaborazione dell’Ing. F. Monni. La tecnica proposta e testata attraverso test in laboratorio, in situ e successive analisi numeriche, ha l’obiettivo di consolidare i pannelli murari confinandoli e al tempo stesso collegandone le facce attraverso cuciture continue flessibili. In pratica, un elemento continuo e flessibile cinge la muratura sui due lati dopo averne attraversato lo spessore in più punti, proprio come se venisse “cucita” dal “filo” di rinforzo. Nel dettaglio, le fasi della lavorazione possono venir riassunte come di seguito descritto:
– fori passanti di diametro contenuto vengono praticati sulla muratura da consolidare. La dislocazione viene stabilita dopo un attento esame della tessitura muraria;
– il rinforzo continuo e flessibile (corda in fibra di basalto), viene fatto passare sulle due facce e nello spessore del pannello murario come se andasse a “cucirlo”. L’applicazione viene eseguita con una minima pre-tensione, quella esercitata a mano dall’operatore;
– l’operazione può essere ripetuta anche in più direzioni, sfruttando sempre gli stessi fori, con il risultato di aver confinato la muratura con una maglia di elementi continui connessi tra loro.
Se necessario il rinforzo può essere occultato alla vista, localizzandolo all’interno dei giunti di malta, nel rispetto del mantenimento dell’aspetto originario. Il metodo proposto, può essere utilizzato anche sull’edificio inteso come complesso, ad esempio per ripristinare la continuità di una muratura in presenza di lesioni, per potenziare il collegamento tra parti di muratura fra loro non ben ammorsate o per migliorare le connessioni strutturali tra murature e solai e coperture. Inoltre, per la sua velocità e versatilità può essere utilizzato anche per una eventuale messa in sicurezza in casi di emergenza, come presidio di urgenza per scongiurare crolli locali o l’evolversi di meccanismi di collasso di porzioni murarie.
I principali vantaggi rispetto alle tecniche oggi utilizzabili possono essere sinteticamente così riassunti:
– integra ma non sostituisce o trasforma la materia originaria, in maniera reversibile poiché può essere messo in opera anche “a secco”. In questo caso non contempla l’uso di sostanze tossiche o dannose per la salute, non necessita di particolari accorgimenti per lo smaltimento dei residui delle lavorazioni o all’atto della dismissione per fine servizio. Risulta così all’avanguardia sia dal punto di vista della sostenibilità ambientale che della sicurezza dei lavoratori;
– è compatibile con il supporto in muratura: la pietra che cuce la pietra;
rispettoso del minimo intervento, può essere localizzato anche nei giunti di malta. Impiegabile quindi su murature delle quali si voglia salvaguardare l’aspetto “faccia a vista”;
– è economico: anche se applicato su murature irregolari, prevede fasi di lavorazione e tempi di applicazione ridotti rispetto a tecniche alternative;
– è durevole e con elevata resistenza al fuoco, al contrario delle fasciature con FRP in cui la resina rappresenta il punto debole nei confronti delle alte temperature.


TICORAPSIMO può essere utilizzato anche per ripristinare la continuità della muratura in presenza di lesioni o carenza di ammorsamento e per migliorare le connessioni strutturali tra murature e solai e coperture.

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di Enrico Quagliarini1, Stefano Lenci1, Francesco Monni2, Alessandro Battaglia3

NOTE
1 Dicea – Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Architettura, Università Politecnica delle Marche, Via Brecce Bianche, 60030, Ancona.
2 A.h.R.T.E. s.r.l. – Architectural heritage Restoration through Tailored Engineering s.r.l., c/o Dicea – Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Architettura, Università Politecnica delle Marche, Via Brecce Bianche, 60030, Ancona.
3 Restauri Innovativi Tecnologici s.r.l., Via Serra n.22, 40012, Calderara di Reno (BO)

BIBLIOGRAFIA
Domanda di brevetto italiano per invenzione industriale intitolata “METODO PER RINFORZARE OPERE EDILI ED OPERE RINFORZATE COSÌ OTTENUTE” depositata in data 07 giugno 2011 al n. BO2011A000327 a nome: RES.IN.TEC. ITALIA S.r.l., Via Statale, 88, 44040 Cento (FE), designando, quali inventori i Proff.: LENCI Stefano, QUAGLIARINI Enrico.
Doglioni F. et al., Le chiese e il terremoto (a cura di), ed. LINT, Trieste, 1994.
Giuffrè A., Letture sulla meccanica delle murature Storiche, Roma, Kappa, 1991.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO
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