Notizie
10 Gennaio 2013
Citazioni
Homo faber
“Le pietre presero a perdere la durezza,
a mitigare la rigidezza e, malleabili, ad acquisir forma.
Poi quando si allungarono ed ebbero in sorte più mite natura,
si poté scorgere una tal quale apparenza di figura umana,
certo non evidente, ma come il marmo appena sbozzato,
simile in tutto a statue incompiute.
[…] Perciò siamo stirpe pietrosa, provata alle fatiche
e offriamo testimonianza da quale origine siamo nati”.
Publio Ovidio Nasone, Le metamorfosi, I, v. 403-405/414-415.
Uomo e pietra sono uniti in un singolare destino
da un legame primigenio, eroico e tragico ad un tempo.
Da oltre duemila anni la roccia dura e pesante è trasformata in artefatto,
grazie ad un mestiere nobile, intenso e febbrile; troppo spesso i protagonisti
di tale lavoro scompaiono dietro ai tratti sublimi dell’architettura o dell’opera d’arte.
Per una volta guardiamo alla poesia e al dramma dei cavatori e degli scalpellini,
alla loro pelle indurita, alla fatica impressa sui loro volti impolverati,
ai loro muscoli contratti e alle loro mani forti e precise.
Nei profondi silenzi e nelle alte grida, nel balenare degli sguardi attenti,
nei rari sorrisi di queste maestranze, troveremo un patrimonio antico e inestimabile
fatto di passione, intelligenza, forza e sensibilità.
Ideazione
VISTO architectural workshop
progetto grafico e video
Studiovisuale
con la collaborazione di
Veronafiere
aziende partner
Budri
Essemarmi
Il Casone
Lithos Design
Pibamarmi
Serafini Luce
8 Gennaio 2013
News
Video intervista a Lucy Salamanca sul progetto realizzato per Odorizzi Porfidi sul tema di Marmomacc Meets Design 2012: “The colours of green: sustainable stone”
2 Gennaio 2013
Design litico
Cambiovaso
Matali Crasset, Vaso Caso, 2008, produzione Up Group. (ph. Matteo Baldini)
«Il vaso ha un valore archetipico e simbolico, è un contenitore aperto che si presta a svariati impieghi; per Cambiovaso i designer si confrontano con questo oggetto declinandolo in varie modalità ed utilizzando il marmo, di cui vengono indagate le potenzialità espressive in un confronto creativo con le tecnologie artigianali e industriali».
Nella sintetica ed efficace motivazione dell’art direction di Gumdesign è riassunto il valore di Cambiovaso, laboratorio di ricerca e sperimentazione del prodotto litico nato nel 2008 e sviluppato grazie all’impegno di Up Group, storica azienda del design in pietra con sede a Massa. L’iniziativa, che ha coinvolto in più edizioni 30 designer di rilievo internazionale, ha portato alla realizzazione di altrettanti vasi realizzati in edizione limitata di 25+25 pezzi.
Adolfo Natalini, Vaso in Vaso (Vaso Raso/Maso – R&M), 2009, produzione Up Group (ph. Matteo Baldini)
Giulio Iacchetti, Vaso Vasi Trevasi, 2008, produzione Up Group. (ph. Matteo Baldini)
Gli oggetti declinano molteplici caratteri formali, funzionali e costruttivi: dalle semplici configurazioni tornite di De Lucchi, Natalini, o Matteo Thun, alle strutture scatolari e porose di Branzi, o Mario Piazza; dalle forme tridimensionali e scultoree di Babled, ai vasi-vassoio di Luisa Bocchietto, o Laudani-Romanelli, alle composizioni modulari di Scacchetti; dalle ibridazioni materiche in marmo e resina di Langranja, alle modellazioni digitali 3D di Arik Levy.
I concetti di mutazione e variazione, insiti negli obiettivi di Cambiovaso, investono anche le denominazioni dei prodotti, definite attraverso giochi linguistici che modificano una o più lettere all’interno della parola data, per trovarne altre di significato diverso. Così il termine “vaso” cambia, e da esso nascono nomi inediti che rispecchiano nuovi stimoli creativi e nuove identità oggettuali: caso, naso, paso, raso, viso, varo, vago, vano, vasa…
Gumdesign, Vaso Vano, 2008, produzione Up Group. (ph. Matteo Baldini)
Cambiovaso rappresenta un’iniziativa importante nelle sperimentazioni del design litico contemporaneo, per i risultati ottenuti e per gli auspicabili sviluppi futuri; il progetto è configurabile infatti come un cantiere sperimentale aperto, suscettibile di rigenerazioni e implementazioni che continuino ad esplorare ulteriori mutazioni funzionali, rituali e sensoriali del contenitore archetipico.
Michele De Lucchi con Alberto Nason, Vaso Varo, 2008, produzione Up Group. (ph. Matteo Baldini)
I DESIGNER DI CAMBIOVASO
Dodo Arslan
Enrico Azzimonti
Emmanuel Babled
Luisa Bocchietto
Andrea Branzi
Matali Crasset
Michele De Lucchi con Alberto Nason
El Ultimo Grito
Odoardo Fioravanti
Roberto Giacomucci
Martì Guixè
Gumdesign
Giulio Iacchetti
Setsu e Shinobu Ito
JVLT/JoeVelluto
Lagranja
Marta Laudani e Marco Romanelli
Arik Levy
Enzo Mari
Norberto Medardi
Adolfo Natalini
Lorenzo Palmeri
David Palterer
Mario Piazza
Matteo Ragni
Guglielmo Renzi
Luca Scacchetti
Matteo Thun con Antonio Rodriguez
Paolo Ulian
5.5 Designers
ART DIRECTION
Gumdesign
PRODUZIONE E MATERIALI
Up Group
Marta Laudani e Marco Romanelli, Vaso Raso, 2008, produzione Up Group.
Luca Scacchetti, Vaso Vasi Plurivaso, 2008, produzione Up Group. (ph. Matteo Baldini)
La produzione di Cambiovaso è stata presentata al pubblico in tre diversi momenti espositivi: il primo ideato per “Editoria & Giardini” a Verbania (2008); il secondo al Desing Café della Triennale di Milano curato da Silvana Annichiarico (2009); il terzo a Verona in occasione della XXIV edizione di Abitare il Tempo (2009). Cambiovaso è un’iniziativa segnalata e pubblicata nell’ADI Design Index 2009.
Aggiornata la Lithospedia Interior Design con le schede di Cambiovaso
Vai a:
Cambiovaso
Up Group
22 Dicembre 2012
Design litico
Il cerchio è chiuso
Le installazioni per l’exhibit design con tema a indirizzo architettonico sono in genere mirate a offrire nuovi possibili percorsi di ricerca su materiali, tecniche di lavorazione e forme. La strategia comunicativa prevalente è di due tipi: la realizzazione di un frammento, come parte di un tutto, o di una micro architettura, come costruzione completa anche se di dimensioni molto ridotte.
In entrambi i casi però lo scarto con la realtà dimensionale e spaziale dell’architettura reale rende difficile il superamento di una pur efficace azione dimostrativa.
L’opera di Raffaello Galiotto e Alessandro Serafini in collaborazione con Lithos Design dal titolo Stone Gate – The circle is complete, allestita alla 47° Marmomacc, non si riconosce in nessuno dei due indirizzi. Non si tratta infatti di un frammento seriale applicabile modularmente a un edificio, anche se la sua matrice è un megaconcio di pietra che si ripete fino a generare una geometria compiuta, e neppure una costruzione che dà luogo a una forma spazialmente fruibile, anche se il principio generatore appartiene certamente alla disciplina architettonica. Infine, per uscire dal campo disciplinare, non è neppure un prodotto di design perché privo di fruibilità pratica.
È invece certamente una sfida all’ordine costruttivo che per realizzarsi ha intersecato tutti gli aspetti che nega, li ha interpretati e uniti fino a ottenere un oggetto simbolico di potente forza comunicativa. Lo stesso processo di semplificazione e essenzializzazione, dal tubo originario all’anello, dalla forma compiuta alla matrice, così frequente nella grande architettura del passato (spesso per concreti e “prosaici” motivi di sostenibilità), ha aiutato a pervenire alla forma finale.
Le fasi costruttive del grande cerchio di pietra
La chiusura del cerchio di pietra, un apparente non sense statico che nella sua rappresentazione decontestualizzata sfida la gravità, è stato subito riconosciuto dai visitatori come oggetto simbolico dotato di una straordinaria e misteriosa empatia spiegabile forse con la sua evidente “innaturalità”. L’artificio, quasi invisibile, di assegnare ai cavi in tensione il trattenimento dell’enorme accumulo di forze altrimenti assorbite da una massa muraria assente, ha trasformato l’installazione dimostrativa in un coinvolgente strumento di esperienza percettiva, visiva e tattile.
Un oggetto semplice ma allo stesso tempo complesso come questo può nascere solo dall’osmosi di saperi che si trasmettono in due sensi, dal progetto all’esecuzione per tornare di nuovo al progetto fino a concludersi in una forma logica e chiara, com’è giusto che avvenga in una sperimentazione veramente creativa.
L’installazione Stone Gate in rapporto alla figura umana
L’incontro di un team progettuale di eccellenza, un designer e un ingegnere, con una azienda anch’essa eccellente, capace di cogliere e reggere la sfida, di padroneggiare un materiale antico ma sempre da reinventare, ha prodotto attraverso questa esperienza un inedito dispositivo comunicativo.
22 Dicembre 2012
English
The circle is complete
Installations for design exhibitions destined for architectural applications are generally aimed at illustrating possible novel uses for research relating to materials, working techniques and formats. The most common presentational strategy is to use one of two methods: the creation of a fragment as part of a larger full-scale work, or of a micro-architectural exhibit, in the form of a complete construction, even if its dimensions are much-reduced.
In both these cases, however, the gap with the dimensional and spatial reality of real architecture makes it difficult to see beyond the concept of a small-dimensional installation, however effective it might be.
The work of Raffaello Galiotto and Alessandro Serafini in collaboration with Lithos Design under the heading Stone Gate – The circle is complete, set up for the 47th Marmomacc, fits into neither of these two categories. Indeed, in this case we are looking at neither a serial fragment applicable in a modular fashion to a complete building, even if its matrix is a stone mega-ashlar that is repeated in order to generate a complete geometrical pattern, nor a construction that produces a spatially utilisable final format, even if the principle of its creation undoubtedly belongs to the discipline of architecture. Furthermore, leaving aside the question of discipline, it is not a pure design item either, since it has no real practical application.
However, it certainly represents a challenge to the order of building, since in its creation it has cut across all the aspects that it denies, has interpreted them and pulled them together to finally produce a symbolic object which has an impressive ability to communicate. That same process of simplification and reduction to essence, from the original tube to the ring, from an accomplished shape to its matrix, that we find so frequently in the classical architecture of the past (often for practical and “prosaic” reasons of sustainability), has helped to bring about the final format.
The building phases
The closing of the stone circle, an apparent static “nonsense” which in its decontextualised state defies gravity, has immediately been recognised by visitors as a symbolic object endowed with an extraordinary and mysterious empathy that can perhaps be attributed to its obvious “unnaturalness”. The almost invisible artifice of making the stretched cables hold the stresses of the enormous accumulation of forces that would otherwise be borne by a wall mass that is absent here, has transformed the demonstration exhibit into an absorbing instrument of perceptive, visual and tactile experience.
The installation Stone Gate in relation to human figure
A simple object that is also as complex as this one can only be created by the osmosis of expertise that is communicated in two directions, from concept to completion then back to concept again until its realisation in a logical and clear format, as should be the case for any truly creative experiment. The synergy between an excellent project team, a designer and an engineer, with a company that is also excellent, with the ability to take on and deal with the challenge, and to master a material that is ancient but always worthy of reinvention, has produced through this experiment a truly novel form of communication.
Vincenzo Pavan – a researcher of the expressive properties of construction materials and the curator of the 100% Gravity exhibition – comments on the STONE GATE project created for the exhibition. This is a reflection that moves beyond the theme of the relationship between design exhibit and real architecture, to trace the evolution of a conceptual idea through to its realisation in the form of an object of enthralling symbolic value.
18 Dicembre 2012
Interviste
Intervista a Matteo Thun
Veronica Dal Buono intervista Matteo Thun in occasione della Lectio Magistralis XfafX tenuta a Palazzo Tassoni Estense il 10 maggio 2012.
Le riflessioni muovono da tema della lectio “Wood Works”, concentrandosi sulle qualità, caratteristiche, prospettive per il materiale legno.
A seguire della lectio Matteo Thun si è fermato a conversare con Nicola Leonardi, direttore della rivista The Plan, e David Venables, direttore europeo di Ahec American Hardwood Export Council, animando la discussione sul palcoscenico di Palazzo Tassoni Estense.
Scorrono, proiettate sul grande schermo fondale dei relatori, le parole che riportiamo a seguire ove l’albero, il legno e l’abitare sono il soggetto principale della citazione.
Siccome sopraggiungeva la notte, cominciai con cuore grave a considerare quale sarebbe stata la mia sorte se in quel paese vi fossero state bestie fameliche, visto che di solito è di notte ch’esse escono a predare. L’unico rimedio che mi si presentò alla mente allora fu di salire su di un albero, una specie di abete, folto e fronzuto ma spinoso, che cresceva lì vicino […].
Daniel Defoe, Le avventure di Robinson Crusoe (1719), Torino, Einaudi, 1998
E stringendoti un albero al seno te lo sentivi quasi palpitare fra le mani, credendolo un uomo o donna[…]
Giacomo Leopardi, Zibaldone (1820), Milano, Mondadori, 1993
Di tutti i materiali è il più vicino all’uomo. All’uomo piace la compagnia del legno, gli piace sentirlo sotto le mani, gradevole al tatto e alla vista. Il legno è universalmente bello per l’Uomo… […].
Frank Lloyd Wright, Il significato dei materiali (1928), in Per la causa dell’architettura, Gangemi, Roma 1989
Qualcuno usa un bel legno giapponese per il soffitto, le colonnine e gli infissi, e copre di piastrelle le pareti. Soluzione relativamente accettabile finché tutto è nuovo, ma, via via che il legno acquista l’elegante patina della stagionatura, il liscio biancore delle piastrelle stride sempre di più.[…]
Junichiro Tanizaki, Libro d’ombra (1933), in Opere, Milano, Bompiani, 2002
Sotto qualsiasi forma, il legno elimina il taglio degli angoli troppo vivi, il freddo chimico del metallo; quando il bambino lo maneggia e lo batte, il legno non vibra né stride, ha un suono sordo e netto insieme; è una sostanza familiare e poetica, che lascia il bambino in una continuità di contatto con l’albero, il tavolo, l’impiantito. Il legno non taglia, né si guasta; non si rompe, si consuma, può durare a lungo, vivere col bambino, modificare a poco a poco i rapporti fra l’oggetto e la mano […]
Roland Barthes, Miti d’oggi (1957), Torino, Einaudi, 1974
Nei boschi, preferiva faggi e querce: perché sul pino le impalcate vicinissime, non forti e tutte fitte di aghi, non lasciano spazio né appiglio; e il castagno, tra foglia spinosa, ricci, scorza, rami alti, par fatto apposta per tener lontani[…]
Italo Calvino, Il barone rampante (1952), Milano, Mondadori, 1991
Il tempio di legno tocca la sua perfezione quanto più è spoglio e disadorno lo spazio in cui ti accoglie, perché bastano la materia in cui è costruito e la facilità con cui lo si può disfare e rifare uguale a prima a dimostrare che tutti i pezzi dell’universo possono cadere a uno a uno ma che c’è qualcosa che resta[…]
Italo Calvino, Il tempio di legno, in Collezione di sabbia, Milano, Mondadori, 1990
Mi piace ricordare il giudizio di Mazzariol dove si parla di una Venezia pre-monumentale, una Venezia non ancora bianca delle pietre del Sansovino e del Palladio. La Venezia del Carpaccio che io vedo nelle luci dell’interno, nel legno, come in certi interni olandesi che ricordano le navi e sono vicine al mare. Questa Venezia di legno era anche più legata al delta padano, ai ponti che attraversano i canali e di cui il ponte dell’Accademia, sia pure ottocentesco, offre un’idea migliore del ponte di Rialto[…]
Aldo Rossi, Autobiografia scientifica, Pratiche Editrice, 1990
Ci sono materiali che ti tolgono energia. Il legno non ha bisogno dell’energia della tua pelle. Non importa se fa caldo o freddo: in un edificio in legno, la temperatura che avverti è sempre vicina a quella che vorresti. Se fa molto caldo, è sempre inferiore di 2 o 3 gradi, e viceversa. Il legno non ha bisogno di te: sta lì e basta.
Peter Zumthor, Conversazione con Patrick Lynch, The Architects’ Journal, 2009 (traduzione P. Pavesi)
Veronica Dal Buono intervista Matteo Thun in occasione della Lectio Magistralis XfafX tenuta a Palazzo Tassoni Estense il 10 maggio 2012.
Le riflessioni muovono da tema della lectio “Wood Works”, concentrandosi sulle qualità, caratteristiche, prospettive per il materiale legno.
A seguire della lectio Matteo Thun si è fermato a conversare con Nicola Leonardi, direttore della rivista The Plan, e David Venables, direttore europeo di Ahec American Hardwood Export Council, animando la discussione sul palcoscenico di Palazzo Tassoni Estense.
PROMOTORI XFAFX
Università degli Studi di Ferrara
Facoltà di Architettura di Ferrara
SOSTENITORI GENERALI XFAFX
AHEC American Hardwood Export Council
Casalgrande Padana
Il Casone
Lithos Design
Pibamarmi
Giuseppe Rivadossi
Viabizzuno
PATROCINI E COLLABORAZIONI XFAFX
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Regione Emilia Romagna / Provincia di Ferrara
Comune di Ferrara
ADI / SITdA / CNA
Ordini Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori
Province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena,
Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo, Verona
PARTNER XFAFX
Fassa Bortolo
Libria
Nardi
Sannini
14 Dicembre 2012
Opere di Architettura
DOMUS, La Casa del Hombre, Museo interattivo sull’Uomo
La Coruña, Spagna
Affacciata sulla baia di Orzán, l’area è posta in un contesto sicuramente eccezionale, sia dal punto di vista topografico e climatico sia da quello culturale e urbano. Se la funzione primaria della Domus è quella di illustrare ai visitatori il funzionamento del corpo umano attraverso i sistemi interattivi, la sua distribuzione spaziale deriva tuttavia dal tentativo di rispondere architettonicamente alle condizioni ambientali.
Sin dall’antichità questa città è sempre stata un luogo chiave delle rotte mercantili: il faro eretto dai romani sulla punta della penisola resta tutt’oggi un segnale forte di riferimento nel paesaggio. Un tempo quest’area era una cava di pietra ed è forse la sua natura accidentata ad averla preservata nel tempo dalle costruzioni.
Per Isozaki il nuovo edificio invocava una suggestiva singolarità e un’immagine semplice che s’imprimesse da lontano nell’osservatore in modo forte e chiaro.
L’appoggio della grande parete di ardesia di Galizia sulla vecchia cava
La costruzione sorge sulla cima di uno sperone roccioso a picco sul mare. Ai suoi piedi corre una passeggiata che cinge la penisola tra le baie di Orzán e di San Amaro. L’ingresso principale è a 17 metri di altezza dalla passeggiata e le terrazze di sosta fiancheggiano l’entrata.
L’altro accesso al museo è stato ricavato scavando nella roccia. Una serie di rampe salgono seguendo la conformazione del terreno e raccordano i tre livelli in cui si snoda il percorso museale.
La costa galiziana è famosa per la violenza dei venti e delle onde che vi si abbattono: era necessaria una costruzione massiccia. Pensando a questo è stata creata una parete curva di 94 metri con una struttura costituita da una serie di elementi prefabbricati (di 2,6×16 m.) in calcestruzzo rivestiti da lastre rettangolari di ardesia verde (di 50×58 cm. e spessore di 3 cm.). Non erano richieste aperture particolarmente ampie, essendo il volume occupato per lo più dagli spazi espositivi. Le pareti interne sono in cemento a faccia a vista. Per le pavimentazioni e le balconate si è scelta l’ardesia.
Veduta del muro a spezzata in granito
La porzione retrostante dell’edificio è rivolta ai quartieri abitativi e dunque doveva misurarsi con la scala umana. È stata concepita come un muro sagomato a spigoli irregolari, ispirato alle pareti a soffietto giapponese, in granito con nucleo portante parzialmente in cemento armato. La copertura, che lascia filtrare fasci di luce naturale dal lucernario longitudinale, poggia su capriate di metallo che raccordano la facciata al muro retrostante.
Il percorso espositivo conduce ad una sala attrezzata con diversi sistemi di proiezione e servizi per conferenze e altre attività. Gli uffici sono situati al piano superiore.
Il ristorante è posto al di sotto della sala espositiva. Grande evidenza ha la vista da questa zona, grazie ad una terrazza racchiusa da una vasta e continua vetrata che riprende le linee delle logge tradizionali di La Coruña.
L’edificio è caratterizzato dalla pietra galiziana, il cui uso non implica necessariamente una sensazione di pesantezza dal momento che l’intero sforzo compositivo è rivolto a creare un’immagine di levità.
Grande Lucernaio sulle sale espositive superiori
di Gisela Podreka
Località
Calle Angel Rebollo, La Coruña, Spagna
Committente
Municipalità de La Coruña
Data di progettazione
1993-1994
Data di realizzazione
1994-1995
Progettazione
Arata Isozaki
César Portela
Collaboratori
Arata Isozaki & Associates, Arata Isozaki y
Asociados España, Toshiaki Tange, Masato
Hori, Naoki Ogawa, Igor Peraza, Amparo
Casares, Federico Garrido, José Luis
Gahona, Paulino Sanchez, José A. Suarez
Progetto museale
Ramon A.Nuñez Centella
Consulenze
Julio Martinez Calzon (strutture)
Alberto Martinez, José A.Losada, Marcelino
Muiños (tecnici)
Euroconsult (controllo di qualità)
Impresa di costruzione
Cubiertas y Mzov S.A.
Materiali lapidei utilizzati
Ardesia verde di Meira, Galizia (facciata curva, pavimenti interni)
Granito grigio Mondaliz di Galizia (facciata a spezzata)
Granito rosa Pirrino di Galizia (scalinata)
Ditte fornitrici pietra
Canteras Ipisa Iberoitaliana de Pizarras,
Barco de Valdeorras, Orense (ardesia)
Gradesa, Palio – Fene, La Coruña (granito)
Construcciones Garcia Justo S.L., Toural,
Potevedra (granito)
Installazione pietra
Intero, Bergardo, La Coruña (ardesia)
Gradesa, Palio – Fene, La Coruña (granito)
Construcciones Garcia Justo S.L., Toural,
Potevedra (granito)
Rieditazione tratta da Luoghi e culture della pietra, a cura di Vincenzo Pavan
Scarica la scheda completa
14 Dicembre 2012
English
DOMUS, La Casa del Hombre Interactive Museum abaut Humans
The site overlooking the Orzán inlet can be considered exceptional in topographical and climatological, as well in cultural and urban contexts. While the prime function of Domus is to enable visitors to enrich their knowledge of the human body’s mechanism through interactive systems, its spacial composition is a result of architectural solutions in the interpretation of the aforementioned contexts.
From remote times this city has been a key point in maritime routes and during the Roman era a lighthouse was erected at the tip of the peninsula which remains an important landscape reference point.
The site was once a stone quarry and it is perhaps its very rugged nature which has forestalled any building activity.
According to Isozaki the new building called for an evocative singularity and required a simple form which would provide a clear and strong impression when seen from afar.
The foundation for the large wall of Galizia slate on the old quarry
The building is situated on top of a cliff which falls to the sea. In front of it is a promenade which rounds the peninsula between the Orzán and the San Amaro inlet. The main entrance is on a level 17 metres above this promenade and the rest-area terraces flank the entrance.
The other entrance to the museum was made cutting a trench through the rock.
A series of ramps ascend in accordance with the topography uniting the three levels and marking the exhibition route.
The Galician coast is known for strong winds and the ferocity of its waves: a solid building was necessary. In response to this, a curved wall 94 metres in length was created, supported by a series of pre-fabricated slabs (2,6×16 m.) covered with rectangular plaques of greencoloured slate (50×58 cm., 3 cm. thick).
There was no need for large openings since most of the interior space is devoted to the Exhibition Hall. The interior wall’s concrete surface has been left to view. The flooring and the railings have been rendered in slate.
View of the granite zig-zag wall.
The rear of the building directly facing the residential area and therefore corresponding to human scale was conceived as an irregular-shaped wall inspired by the japanese folding screen, made of granite and moderately strengthened with reinforced concrete. Between these front and rear walls, which are joined by metal trusses, rests the roof with a lenghtwise skylight that allows a strip of natural light through.
The exhibition route leads to an auditorium equipped with diverse projection systems and facilities for conferences and other activities. The offices are located on the floor above. A restaurant is placed on the floor below the Exhibition Hall. Considerable importance has the view from this area due to a terrace closed off by large, continuous glass panelling structured along the lines of the traditional galleries of La Coruña.
This building features the stone of Galicia.
The use of stone does not necessarily imply the sensation of heaviness, however, since the composition achieves to provide a sensation of lightness.
Large skylight over the upper exhibition halls.
by Gisela Podreka
Address
Calle Angel Rebollo, La Coruña, Spain
Client
City of La Coruña
Design period
1993-1994
Construction period
1994-1995
Architects
Arata Isozaki
César Portela
Project team
Arata Isozaki & Associates, Arata Isozaki y
Asociados España, Toshiaki Tange, Masato
Hori, Naoki Ogawa, Igor Peraza, Amparo
Casares, Federico Garrido, José Luis
Gahona, Paulino Sanchez, José A. Suarez
Museum project
Ramon A.Nuñez Centella
Consultants
Julio Martinez Calzon (structure)
Alberto Martinez, José A. Losada,
Marcelino Muiños (technicians)
Euroconsult (quality control)
General contractor
Cubiertas y Mzov S.A.
Stone materials employed
Green Meira slate from Galicia (curved wall, interior floors)
Grey Mondaliz granite from Galicia (zig-zag wall)
Rose Pirrino granite from Galicia (staircase)
Stone suppliers
Canteras Ipisa Iberoitaliana de Pizarras,
Barco de Valdeorras, Orense (slate)
Gradesa, Palio – Fene, La Coruña (granite)
Construcciones Garcia Justo S.L., Toural,
Potevedra (granite)
Stone installers
Intero, Bergardo, La Coruna (slate)
Gradesa, Palio – Fene, La Coruna (granite)
Construcciones Garcia Justo S.L., Toural,
Potevedra (granite)
Taken from Stone sites and cultures, by Vincenzo Pavan
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13 Dicembre 2012
News
GIULIO ULISSE ARATA
1923-1934 Architetture per Bologna
Bologna
Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni
via Manzoni, 2
15 dicembre 2012 – 6 gennaio 2013
Inaugurazione, 14 dicembre ore 17,30
Giulio Ulisse Arata (1881/1962), architetto piacentino, realizza a Bologna alcune opere particolarmente significative, in un periodo storico in cui la nostra città è oggetto di grandi fermenti non solo edilizi ma anche politici e culturali.
Tra i temi portanti analizzati nell’esposizione vi sono il particolare rapporto con la committenza rappresentata dal podestà Leandro Arpinati e il ruolo determinante della collaborazione con alcuni degli interpreti più rappresentativi della cultura artistica del momento.
Questa mostra consente non solo il dipanarsi di quel filo rosso che lega la vita e le opere degli attori principali di quell’epoca a coloro che da allora in poi si sono affacciati alla professione, ma attraverso le opere di Arata, contribuisce ad approfondire la conoscenza di vicende storiche e umane che fanno parte del nostro patrimonio identitario.