novembre 2024
L M M G V S D
« Dic    
 123
45678910
11121314151617
18192021222324
252627282930  

Ultimi articoli

Ultimi commenti

Rubriche

Pubblico dei lettori

 

rss

 

Notizie

8 Novembre 2013

News

Stone Design un percorso di formazione

Sei anni di vita per un insegnamento indirizzato a sviluppare un tema didattico originale, possono essere pochi quanto una misura già considerevole. Non sono molti se si pensa di aver incontrato un numero sufficiente di discenti che conosca quindi interpreti, valorizzi e metta in pratica con professionalità una particolare disciplina, a sua volta divulgandola. Sono invece un tempo sufficiente per soffermarsi a riflettere sul lavoro svolto osservandone i risultati, nel momento in cui il percorso didattico è stato dedicato al rapporto tra una materia singolare come la pietra e il progetto.
In tal percorso “progetto” non è solo disegno e proposta di un “artefatto” ma è anche il programma di un iter di conoscenza, nella consapevolezza che siano entrambi da alimentarsi con continuità.
Il Laboratorio di Product design I, tenuto da Raffaello Galiotto e Vincenzo Pavan presso il Corso di laurea in Design del prodotto industriale nell’A.A. 2012-2013, con la collaborazione di Davide Turrini e della scrivente, ha focalizzato la propria attenzione formativa sul progetto di artefatti in pietra. Un tema non consueto nella didattica, complesso, aperto alle sfide della tecnologia contemporanea e dell’ambiente.
L’ingresso del Design Litico per la prima volta in una disciplina d’insegnamento universitario, eredita una cultura di conoscenza e linguaggio che già fortemente negli anni precedenti ha connotato un parallelo insegnamento all’interno del Corso di laurea in Architettura ferrarese. Per cinque anni consecutivi (dall’A.A. 2007-08), già Alfonso Acocella, Vincenzo Pavan e Davide Turrini, avevano affermato il Laboratorio di Costruzioni in pietra, con la collaborazione costante di Marmomacc-Verona Fiere. Un corso opzionale caratterizzante le discipline del quinto anno di Architettura, ove il messaggio di
riabilitazione e riattualizzazione dello “Stile litico” nel progetto contemporaneo ha trovato attenzione e interesse da parte di numerosi studenti susseguitisi negli anni.
Nel tempo si è affrontata la conoscenza e progettazione di spazi e ambienti abitati dall’uomo, attraverso il filtro del materiale pietra: paesaggi, città, edifici, spazi espositivi, strutture… Si approda oggi alla scala del design, affrontando la progettazione di oggetti d’uso, artefatti per interni ed esterni, elementi modulari, rivestimenti.
L’itinerario proposto quest’anno si innesta in un percorso pluriennale di esplorazione del tema litico, avviato non solo con l’inserimento nelle politiche formative dell’Università, ma anche attraverso la rete internet ove, dal 2004, è attivo il canale comunicativo Architetturadipietra.it, ideato e coordinato da Alfonso Acocella e che ha dato vita, oltre all’originale Blog, al progetto “Lithospedia – Interior design”, un repertorio e catalogo digitale che raccoglie collezioni di prodotti Stone Design un percorso di formazione realizzati in pietra sia storici che contemporanei, schedandoli e inserendoli in racconti di più ampio respiro.
Negli anni il “sapere” di Architetturadipietra è andato a integrarsi e costituire il nucleo fondativo delle attività del Laboratorio MD Material Design, struttura di ricerca e didattica del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara al quale i docenti di Product Design I afferiscono.

L’esperienza didattica qui sintetizzata amplia tale ricerca e tenta di individuare ambiti progettuali d’innovazione. Nel processo d’ideazione e formazione del prodotto di design, ci si è interrogati sul ruolo e significato affidato al materiale e alle tecniche di produzione. La pietra, la soluzione configurativa, il volume nello spazio, non sono elementi indipendenti bensì, fondendosi e valorizzandosi reciprocamente, divengono portatori della consistenza stessa dell’artefatto. È sembrato importante porre gli allievi, sin dal primo istante, di fronte alla scelta del litotipo, della materia specifica con cui lavorare, per esprimere, infine, il progetto attraverso i caratteri peculiari della materia che lo sostanzia.
Il Corso, svoltosi in forma di atelier condiviso, ha sviluppato un’attività intensa e concentrata nel tempo, con modalità simili agli ambienti professionali di lavoro e al contempo ricercando una solida costruzione teorica; attraverso la presenza dei progettisti e la collaborazione con le aziende, è stato interfacciato il tessuto produttivo coinvolgendolo nel progetto.
La formazione si è svolta in forma corale, corroborata dalla connessione tra didattica e ricerca quale strumento per garantire la collaborazione fra competenze e saperi, il coordinamento fra diversi settori di conoscenza e competenza. Un processo importante nell’ottica di consolidare una scuola giovane, il Corso di laurea in Design ferrarese, che cerca di costruirsi a partire dalla identità della propria comunità scientifica, con continuità didattica rispetto allo sviluppo di certe tematiche, compenetrando le indispensabili competenze tecnicooperative con la capacità critica e la trasmissione di idee e visioni.
Il momento progettuale di Product Design I si conclude con l’allestimento di una mostra dei risultati didattici, ideata per costituire un bilancio sull’anno di corso e una suggestione di partenza per impegnarsi a proseguire su questa strada.

di Veronica Dal Buono

commenti ( 0 )

5 Novembre 2013

Opere di Architettura

Apple stores in Barcellona e Bologna


Ingresso dello store di Barcellona.

La Apple approda in due città, Bologna e Barcellona, rappresentative, seppur in diversa scala, di realtà cosmopolite e di forte dinamismo all’interno del contesto europeo. A queste città stratificate e complesse sia a livello storico sia architettonico, sedi di antiche Università e punti fondamentali per i flussi di interscambio culturale e commerciale, Apple approccia con armonia e attenzione, inserendo le proprie sedi nel cuore della città antica, reinterpretando materiali e architetture caratteristici del luogo.
Lo store barcellonese si trova all’incrocio fra Plaza Catalunya e il Paseo de Gracia, nell’antica casa Estruch, ultima sede della Banca Banesto. La realtà architettonica del centro storico catalano vede la commistione di diversi generi e stili che creano quell’atmosfera multiforme e creativa tipica del capoluogo della Catalogna. La progettazione architettonica dello store comprende appieno la sensazione trasmessa dalla città, assorbendo diverse suggestioni architettoniche e armonizzandole con abilità. L’attacco a terra dello stabile ripropone un colonnato sui lati che si affacciano alle vie principali, abbellito da lesene doriche a base quadrata in grandi conci, su basamento, il tutto proposto in crema fiorito oro, lavorato a massello sagomato. Le lesene si alternano alle alte vetrate, da cui traspaiono le scelte architettoniche interne, conformi allo stile internazionale del brand. Due grandi colonne, con fusto rastremato e capitello dorico, segnalano l’ingresso all’edifico, mentre sull’architrave levigato poggia un parapetto che richiama le architetture barocche, caratterizzato da colonne bombate e scalpellate, incastonate nella cimasa modanata e nello zoccolo. Sul lato prospiciente plaza Catalunya il nuovo pronao tamponato, con le due nicchie ospitanti divinità femminili, esalta la metafora simbolica secondo cui l’edificio assurge a nuovo tempio della tecnologia moderna. La forte matericità della pietra, scalpellata in maniera attenta, sia nei dettagli dei collarini sia dei capitelli, conferisce a tutta la struttura un aspetto solenne, e allo stesso tempo, grazie alla delicata colorazione e alle linee morbide che definiscono i tori e le scozie delle modanature, veste il calore tipico di questa metropoli luminosa e accogliente.


Dettaglio delle modanature dei capitelli dell’intervento in Spagna.

Tra gli italiani, quello bolognese è il primo Apple Store a più piani ed in centro storico. A pochi passi dalle due torri, situato in uno fra i primi grandi magazzini della città emiliana, Palazzo Barilli, dei primi del ‘900, lo store di 500 mq si articola funzionalmente su due livelli: l’esposizione al piano terra e l’area dei servizi alla clientela al piano primo. Il progetto ha comportato la riqualificazione dell’intero edificio, a partire dalla facciata su via Rizzoli, uniformata con archi ribassati, lesene a tutt’altezza e parapetti in ferro lavorato, mentre le ampie vetrate creano l’illusione di continuità tra esterno ed interno. Dall’ingresso principale è immediatamente comprensibile il dislocarsi dello spazio espositivo e del sistema distributivo verticale, mentre la posizione d’angolo del secondo ingresso enfatizza la percezione di spazio continuo esterno-interno, invitando ad entrare. La pietra serena tipica, cavata direttamente dall’Appennino Tosco-Emiliano, è voluta da Steve Jobs per la pavimentazione di tutti i punti vendita Apple nel mondo, ed è fornita da Il Casone di Firenzuola; la decisione fu maturata nel 2002 quando, a Firenze, Jobs rimase colpito dalla pietra grigia dei marciapiedi. In Palazzo Barilli, posata in lastre levigate di 76×76 cm, ben si coniuga con i materiali dell’edificio storico ed è cromaticamente in armonia con gli altri elementi caratterizzanti lo spazio: dall’acciaio in lastre utilizzato per il rivestimento delle pareti interne, al cristallo della scala, al legno chiaro usato per gli arredi – tavoli, mensole – ai pannelli bianchi alternati alle fasce in acciaio in cui sono inseriti i faretti d’illuminazione. Il logo Apple è collocato sull’elemento a bandiera in ferro battuto, con richiamo alla pregevole balaustra in motivi deco cingente il piano primo.


L’interno dello store bolognese si proietta nel centro città.

[photogallery]applestore_album[/photogallery]

di Federica Corticelli e Federica Poini

Vai al sito di Apple
Vai al sito di Plaza Catalunya
Vai al sito di Paseo de Gracia
Vai al sito di casa Estruch
Vai al sito che parla delle due torri
Vai al sito di Palazzo Barilli
Vai al sito che parla di pietra serena
Vai al sito che parla di Steve Jobs
Vai al sito di Il Casone

commenti ( 0 )

31 Ottobre 2013

Osservatorio Litico

Un secolo di design litico in Italia.
Ricostruire il contesto del progetto contemporaneo


Alberto Clementi, calamai in marmo, 1943

Il passaggio dal XIX al XX secolo è epocale, non solo per i mutamenti politici, economici e sociali che fa registrare, ma anche per le trasformazioni che investono la civiltà tecnologica e produttiva. Ciò è particolarmente evidente nel settore manifatturiero italiano, per certi versi ritardatario rispetto alle dinamiche di avvento dell’industrialesimo già vissute da altri paesi europei come la Gran Bretagna e la Germania nella seconda metà dell’Ottocento.
In tale scenario anche il comparto di trasformazione dei materiali lapidei, sviluppato principalmente nelle aree estrattive venete e toscane, vive profonde modificazioni: l’impiego delle tecnologie meccaniche e degli strumenti ad aria compressa supporta sempre più le lavorazioni manuali; inoltre l’utilizzo degli utensili al diamante consente di perfezionare e velocizzare le operazioni di taglio e fresatura. Tutto ciò ha ricadute importanti sulle dinamiche del lavoro e sull’organizzazione della produzione; d’altra parte, dall’inizio del Novecento, il contributo delle cattedre di plastica decorativa e di scultura nei regi istituti e nelle accademie di belle arti di molte città italiane, è notevole nel formare non più soltanto scultori, ma anche maestranze tecniche specializzate ed esperti artigiani che possano innalzare il livello qualitativo della produzione corrente.
Così, progressivamente e con grande frequenza, i laboratori lapidei artigiani si ampliano, aggiornandosi dal punto di vista tecnologico, e la pratica del modellare la pietra secondo disegni riconducibili a repertori tipologici ripetibili, più o meno sistematizzati, acquisisce connotazioni di carattere industriali; essa si diffonde in applicazioni di esterni e d’interni, nella realizzazione di elementi architettonici, di particolari decorativi, di fontane, vasche, scale e balaustre, targhe, insegne e mostre commerciali, oggetti d’uso qualificati dal punto di vista formale, lampade, piedistalli e basamenti.


Enzo Mari, vaso della serie Paros, produzione Danese, 1964

Tra la fine degli anni ’20 e gli anni ’50, pietre e marmi trovano un impiego ampio e consistente in tutto il Paese, nell’architettura d’interni e nella produzione di arredi, complementi e oggetti d’uso. Emblematica in proposito è l’opera di importanti progettisti come Giovanni Muzio, Franco Albini e Carlo Mollino. Il rapporto tra la cultura nazionale artistica e artigianale e la produzione industriale diventa sempre più stretto: a manifestare un chiaro intento programmatico in tal senso sono gli scritti di Giò Ponti sulle pagine di Domus o nel volume La casa all’italiana pubblicato nel 1933 e, come dimostrano gli allestimenti navali e commerciali di Gustavo Pulitzer Finali realizzati a partire dal 1925, i livelli di qualità tecnica e formale raggiunti in alcune applicazioni specialistiche dei marmi sono notevolissimi.
La metà degli anni ’60 rappresenta il momento di avvio di un importante dibattito teorico-critico sulle possibilità di rinnovamento del design litico che porta rilevanti ricadute in termini produttivi e commerciali per tutti gli anni ’70 e gli anni ’80, fino alle realizzazioni contrassegnate da veri e propri marchi del design in pietra come Skipper, Up & Up, Casigliani, Ultima Edizione e Primapietra. Centrale per questo fenomeno è l’esperienza culturale e operativa di Officina, che nasce a Pietrasanta, ma si sviluppa in una prospettiva di contatti internazionali in cui si intrecciano le storie personali di Erminio Cidonio – a capo della sede apuo-versiliese della multinazionale dei lapidei Henraux per tutti gli anni ’60 – con quella di artisti, designer, galleristi e critici militanti come Pier Carlo Santini.
Nel contesto che si delinea a partire dalle sperimentazioni di Officina prendono avvio singoli percorsi progettuali, più o meno fertili, ma in ogni caso di importantissimo valore, come quelli di Angelo Mangiarotti, Mario Bellini, dei Castiglioni e di Tobia Scarpa, che portano a consistenti risultati in termini di innovazione formale e tecnologica del prodotto in pietra e che ancora oggi rappresentano un riferimento metodologico e operativo per le ricerche presenti e future sul design dell’oggetto litico.
La sedimentazione delle fervide sperimentazioni sviluppate per tutti gli anni ’80 nelle esperienze del design minimalista dei ’90, consegna infine all’attualità dei materiali lapidei una molteplicità di approcci progettuali e di declinazioni produttive: se infatti, per il design litico, il passaggio dalle arti decorative all’industria all’inizio del Novecento non significa un superamento totale di una realtà in favore dell’altra, ma un continuo processo di andata e ritorno tra dinamiche ideative e produttive sempre compresenti, così anche in apertura del nuovo millennio marmi e pietre assumono configurazioni formali e costruttive che si muovono costantemente tra arte, artigianato e piccola industria; tra produzione manuale, assistita, parzialmente o totalmente automatizzata; tra “artigianato anonimo”, totale controllo autoriale del progetto o creatività di equipe.


Ettore Sottsass, divano Agra, produzione Up & Up per Memphis, 1982

Quella del design litico italiano è insomma una storia sfaccettata, problematica e di lungo periodo, che non è mai stata ricostruita in modo sistematico; essa attraversa la modernità e arriva fino all’oggi caratterizzandosi per la straordinaria ricchezza di opere e di autori, nonché per la molteplicità di aspetti peculiari, per certi versi contraddittori, rispetto ai quali un bilancio complessivo deve ancora essere scritto. Chi scrive in queste pagine, operando da tempo all’Università di Ferrara con progetti di ricerca specifici, intende ricostruire un quadro critico di tale storia, che possa contestualizzare le recenti esperienze di innovazione del prodotto lapideo, condotte a partire dalle più aggiornate tecnologie di lavorazione e motivate dalle più attuali istanze culturali e di mercato.

Davide Turrini

commenti ( 0 )

28 Ottobre 2013

Pietre Artificiali

Il mattone moderno


Cortile interno e visione dell’ambulacro della Chiesa del santuario di S. Antonio a Cremona (1936-1939) di Giovanni Muzio. (Foto: A. Acocella)

A partire dai primi decenni del II secolo d. C. il laterizio sostanzia la ricerca di un modellato autonomo di superficie, giungendo presto ad alimentare le due fondamentali tendenze all’uso del materiale che definirei, da una parte, della muralità severa, legata ai valori stereotomici della costruzione in mattoni e, dall’altra, della muralità decorata, che esalta le connessioni, le texture, i dispositivi tridimensionali della materia.
Nei secoli successivi al dissolversi dell’impero romano si assiste all’introduzione della muratura completamente in laterizio priva di riempimento interno in calcestruzzo, alla riformulazione dimensionale del mattone stesso (che assume progressivamente le dimensioni ergonomiche e modulari a noi tutti familiari in forma di parallelepipedo), alla variazione e all’approfondimento progettuale di temi della parete in laterizio anche con lavori particolarissimi sull’idea di muro (si pensi, ad esempio, al barocco, all’ondulazione muraria e al valore di novità che questa ricerca assume) che amplia progressivamente la “famiglia delle forme” dello Stile in laterizio.


Cortile interno e visione dell’ambulacro della Chiesa del santuario di S. Antonio a Cremona (1936-1939) di Giovanni Muzio. (Foto: A. Acocella)

Con l’Ottocento i partiti parietali, le sottolineature plastiche, le accentuazioni in contrasto cromatico portano il materiale stesso ad assumere una connotazione d’uso di tipo virtuosistico ed eclettico. Lungo questo secolo, in cui di perviene anche ad una produzione industriale di massa dei mattoni, non è più la costruzione che interessa, non l’idea severa dell’architettura murale che abbiamo visto in origine con i Romani, quanto piuttosto l’accentuazione e il gioco di superficie del materiale laterizio.
L’architettura moderna del Novecento in mattoni a vista si mostra, invece, poco debitrice nei confronti di queste esperienze ottocentesche e maggiormente vicina all’architettura romana, ai suoi archetipi, alle modalità severe di far muro.
I grandi architetti sembrano attingere direttamente al periodo formativo della costruzione in laterizio con un’evidente ripresa di interesse per quelli che sono i monumenti, i resti della classicità e i loro insegnamenti; a questi studi si accompagna spesso la riproposizione di un ordine murario sobrio, spoglio, all’interno delle opere di architettura.


Progetto della stazione ferroviaria di Trieste (1936-1939) di Angiolo Mazzoni.

Forse non casualmente è Mies, grande interprete moderno della classicità, a filtrare per primo in chiave innovativa l’idea del muro omogeneo. Una composizione muraria – quella dei suoi numerosi progetti in mattoni degli anni Trenta – che non chiude lo spazio, evitando ogni conclusione spaziale. Il muro in laterizio si “apre” verso l’esterno, il paesaggio. Questo processo di linearizzazione, di essenzializzazione del linguaggio murario sarà perseguito anche da altri protagonisti del Moderno.
A partire da Gunnar Asplund, Sigurd Lewerentz, Edwin Lutyens e, poi, con Frank L. Wrigth, Alvar Aalto, Rudolf Schwarz, Louis Kahn si lavorerà in tale direzione; i canoni ritornano ad essere quelli della semplificazione formale con l’accettazione di una visione classica, solenne, e la rivalutazione del muro come elemento costruttivo.
In Italia tutta una serie di protagonisti mantiene viva lungo gli anni Venti e Trenta del Novecento, e poi nel dopoguerra, un’idea forte di permanenza dell’architettura in laterizio fondata sugli archetipi di base: muro, arco, colonna, pilastro, declinati costruttivamente più che in termini di pura superficie.
Angiolo Mazzoni, per fare un esempio, con progetti quali quelli dell’ala mazzoniana della Stazione Termini di Roma e della stazione di Trieste della fine degli anni Trenta, sembra anticipare di cinquant’anni le proposte più contemporanee: figure murarie prive di decorazioni, grandi archi e strutture voltate, la ripresa della scala monumentale quale retaggio diretto della tradizione romana.
Giovanni Muzio – al pari di Mazzoni – lavora sul tema dell’aggiornamento linguistico del laterizio nel solco della tradizione classica; le sue opere – basti qui citare la serie di “architettura francescane” o il Palazzo della Triennale di Milano – esprimono una visione murale molto forte, con una spazialità giocata sulla massa laterizia a grande spessore.


Biglietteria della stazione ferroviaria di Roma Termini (1936-1943) di Angiolo Mazzoni.

Altri maestri dell’architettura italiana quali Aldo Andreani, Quadrio Pirani, Giovanni Michelucci, Saverio Muratori, Giuseppe Nicolosi ecc. dovrebbero essere citati per rendere conto di quel variegato filone di architetti che ha tenuto viva la gloriosa tradizione all’uso del materiale laterizio, fino alla sua forte rivalutazione avvenuta nell’ultimo quindicennio da parte di numerosi protagonisti dell’architettura di fine Novecento.

di Alfonso Acocella

commenti ( 0 )

25 Ottobre 2013

News

Marmomacc & the City, una mostra di architettura e sculture in pietra

Ultimi giorni per visitare Marmomacc & the City, una mostra diffusa all’esterno del quartiere fieristico, in cui ammirare sculture ed installazioni in pietra nelle Piazze e nei cortili più significativi di Verona.

Fino alla fine di ottobre il cuore di Verona diventerà un museo a cielo aperto, dove le dodici aziende che hanno aderito al progetto espongono opere in pietra, avvicinando la cultura litica al grande pubblico ed innescando una più moderna rilettura dell’antico e nobile materiale.

L’evento dedicato al settore litico ed alle opere in pietra, anche quest’anno si avvale della collaborazione del Comune di Verona e del coordinamento dell’Ordine degli Architetti di Verona , è riservato alle aziende che partecipano al Salone.

Le aziende che partecipano:
Barsi Marmi | Cave Marmi Ac | Franchi Umberto Marmi | Grassi Pietre | Imercrea | La Quadrifoglio Marmi e Graniti | Lavagnoli Marmi | Lithos Design | Margraf | Marini Marmi | Marmobon | Piba Marmi | Testi Fratelli

Visita la gallery completa su Marmomacc

commenti ( 0 )

22 Ottobre 2013

Pietre Artificiali

Teltos

L’azienda ROMAXX si evolve diventando un nuovo riferimento nel settore della produzione di agglomerati in quarzo.
Nata nel 2007 come commerciale, l’azienda vicentina ha sviluppato negli anni una profonda conoscenza del mercato e delle sue esigenze che le hanno permesso di ampliare il proprio raggio d’azione e diventare produttore di agglomerati in quarzo di alta qualità.
Romaxx si distingue per la continua ricerca e la capacità di sperimentazione di texture, colori e forme, per la rigorosa selezione delle materie prime, per la possibilità di realizzare nuance personalizzate e per la di possibilità di lavorare anche su bassi quantitativi.
L’organizzazione dell’azienda e la poliedricità applicativa dell’agglomerato di quarzo permettono all’azienda di rivolgersi e soddisfare diverse tipologie di clienti come architetti, progettisti, marmisti, rivendite specializzate, contractors e buyers attraverso i suoi marchi, Teltos e Polarstone.

[photogallery]teltos_album[/photogallery]

Teltos Elements per l’interior design
Teltos Elements è il giovane brand di Romaxx che raggruppa tutti i prodotti a stampo in agglomerato di quarzo. Vasche, lavabi e strutture monoblocco proposti in diverse misure e colori e realizzati attraverso un processo innovativo che abbina alta tecnologia e profonda conoscenza delle caratteristiche dell’agglomerato in quarzo.
Una linea di prodotti dalle linee pulite e dall’utilizzo versatile che apre le porte a qualsiasi concept creativo dal gusto contemporaneo. La purezza formale e l’attenzione al dettaglio di questi elementi, infatti, si presta alle innumerevoli proposte e interpretazioni di architetti e progettisti.
La composizione in quarzo di Teltos Elements garantisce una forte resa estetica oltre che importanti caratteristiche tecnico-pratiche come la resistenza a graffi, abrasioni, urti, l’inalterabilità nel tempo e l’estrema facilità di manutenzione. Quest’ultima peculiarità è esaltata nei lavelli di Romaxx che per garantire una facile e perfetta pulizia sono progettati con curvature e specifiche pendenze.
Tutte le superfici in quarzo di Romaxx contengono granulati di quarzo naturale mescolate a resine e colori di prima qualità. I prodotti sono certificati NSF e CE.

Polar Stone, il marmo d’artificio
Polarstone è il marchio che contraddistingue la gamma dei colour vein marble di Romaxx, lastre di agglomerato di quarzo di alta qualità che presentano variazioni venate che imitano le nuance e i colori dei marmi naturali.
Con Polarstone è possibile scegliere tra diversi tipi di prodotti a catalogo. La resa ottica ed estetica è incredibilmente simile a quella che si avrebbe con l’utilizzo di materiale lapideo naturale pur mantenendo le brillanti performance dell’agglomerato in quarzo che garantisce resistenza, riproducibilità e grande facilità di pulizia.
Polarstone presenta una grande versatilità di utilizzo sia in ambito residenziale che del contract (ideale per piani di lavoro, lavabi, elementi di arredo etc): progettato in assenza di soluzioni di continuità e porosità interpretando uno stile di nuance piene e brillanti molto apprezzate nel mondo dell’interior design.

Teltos Light and Fluid
Colori, dimensioni, curve, personalizzazione: le nuove frontiere dell’agglomerato in quarzo.
Romaxx presenta Teltos Light & Fluid, un’affascinate collezione di agglomerati in quarzo colorati, curvabili e ultraleggeri. Una gamma di prodotti ad alta tecnologia dove il design contemporaneo è ulteriormente sottolineato dalla possibilità di scegliere fra palette di colori inediti e di tendenza.
Con Teltos Light & Fluid ogni progetto prende forma: gli agglomerati in quarzo di Romaxx, infatti, offrono diverse soluzioni dimensionali e non pongono limiti ai colori. Il reparto di ricerca e sviluppo Romaxx, specializzato nella sperimentazione di nuance uniche, è in grado di realizzare colorazioni esclusive e personalizzabili per rispondere alle esigenze tecniche, formali e di durabilità delle superfici usate nel campo dell’interior design.
Teltos Light & Fluid è un elemento strutturale e decorativo poliedrico e dalla versatilità formale realizzato direttamente da Romaxx. L’azienda vicentina, infatti, ha sviluppato le proprie basi produttive in Cina attraverso severe selezioni di operatori e tecnologie e l’apporto del savoir faire e gusto italiani. Questa scelta strategica ha permesso una forte competitività sui mercati internazionali grazie ad un’organizzazione produttiva estremamente snella e flessibile in termini di quantità in grado di garantire un alto standard qualitativo.

di Veronica Dal Buono

vai a Romaxx

commenti ( 0 )

21 Ottobre 2013

Design litico

Il design in pietra di Carlo Martino

Aggiornata la Lithospedia Interior Design


Lavabo Piega di Carlo Martino per I Conci, 2008.

Carlo Martino è autore di un solido percorso progettuale di design per l’ambiente bagno; le sue realizzazioni declinano numerose tipologie di elementi tecnici e accessori nell’alveo di un ricerca originale, contrassegnata da un’attenzione insistita per le ragioni funzionali del prodotto e da un notevole rigore formale. Dopo aver firmato sistemi e collezioni per importanti realtà produttive del settore ceramico, il designer è approdato da alcuni anni al mondo materico dei lapidei, proponendo sanitari che esplorano le potenzialità della pietra con ricchezza di approcci.
Il lavabo Piega per I Conci si ispira alla metafora del ripiegamento individuata da Gilles Deleuze; l’elemento valorizza le qualità scultoree del materiale in una complessità morfologica dove “le pieghe” assolvono la funzione di accogliere e incanalare l’acqua, creando al contempo una superficie concava sfaccettata, generata da quattro piani di diversa giacitura che giocano con la luce incidente.


Lavabo Otto e rivestimento Anelli di Carlo Martino per I Conci, 2008.

Il proseguimento del lavoro per I Conci mette in luce le qualità cromatiche della pietra. L’approccio scultoreo cede il passo ad un metodo compositivo quasi grafico, basato sull’aggregazione di figure geometriche che ancora una volta per Carlo Martino dettano soluzioni funzionali e qualificano l’oggetto, o lo spazio, con la loro spiccata valenza formale. La matrice circolare è infatti alla base della progettazione del lavabo Otto e del rivestimento Anelli. Due cerchi di diametri differenti sono accostati, e in parte si fondono, per dar vita alla vasca di contenimento dell’acqua e ad un piano di supporto per il montaggio della rubinetteria. Il tema geometrico è poi trasferito alla texture che connota il rivestimento, dominato da un motivo ad intarsio bicromatico.


Lavabo Piega di Carlo Martino per I Conci, 2008.

L’esplorazione dei caratteri materici ed espressivi della pietra è ribadita da Martino in Colleverde, un paesaggio da tavola in travertino e pietra serena (o peperino), concepito per l’autoproduzione. Dopo l’articolazione morfologica degli elementi per l’ambiente bagno de I Conci, il designer compie un percorso di ritorno a configurazioni estremamente elementari che, rinunciando quasi all’elaborazione formale, mirano a cogliere l’essenza della materia litica.
Si tratta infatti di solidi che evocano in maniera schematica costruzioni con tetti a capanna e che si possono comporre su di un vassoio “linea di terra”, per formare uno skyline in miniatura, modificabile a proprio piacimento. Per Carlo Martino Colleverde è un artefatto dal valore simbolico, da intendere come un omaggio al luogo che lo ospita da anni, ma ancor più è un oggetto aperto che accosta il fruitore ai caratteri intrinseci e naturali della pietra; nel gioco di pieni e vuoti, di luci ed ombre, di facce e volumi da dislocare liberamente alla ricerca di un senso e di una funzione, Colleverde si fa strumento per conoscere le variazioni cromatiche, ponderali e tessiturali dei litotipi, che possono essere osservati, soppesati ed apprezzati con il tatto nelle diverse finiture superficiali.


Colleverde, paesaggio da tavolo in travertino, pietra serena o peperino, 2010.

CARLO MARTINO
Architetto e designer, è professore associato di Disegno Industriale presso l’Università di Roma La Sapienza. Da tempo svolge attività di consulenza per il design strategico di alcune aziende design oriented nel settore bagno, tra le quali Catalano e GSI.
Nel 2004 fonda la Studiomartino.5, società di servizi e di progettazione attiva nell’ambito dell’architettura d’interni, del product design, del graphic e dell’exhibition design.
Nel 2003 e nel 2005 Carlo Martino ha ottenuto due selezioni ADI Design Index, rispettivamente con i progetti dei sanitari ZERO + e dello Stand Catalano alla fiera Cersaie. Nel 2008 il prodotto Minnesota Wood, che ha firmato per Gedy, ha ottenuto l’IF Product Design Award.

di Davide Turrini

Vai a: Studiomartino.5

commenti ( 1 )

16 Ottobre 2013

Design litico

ALBERTO CAMPO BAEZA
Le ragioni della pietra
Disegni e modelli in mostra

English version


Alberto Campo Baeza, Casa VT a Zahara

L’idea della pietra come essenza di un’architettura radicale e contemporanea è sottesa a molte opere di Alberto Campo Baeza. Attraverso disegni, modelli e fotografie, la mostra Alberto Campo Baeza. Le ragioni della pietra presenta questo tema, declinato in undici diverse realizzazioni che spaziano dall’architettura, al progetto degli spazi urbani, all’allestimento temporaneo.
Per il maestro spagnolo l’architettura è “idea costruita”; egli afferma che le componenti fondanti del suo operare sono la gravità, con cui costruire lo spazio, e la luce, destinata a rivelare il tempo. La ragione, come processo organico di conoscenza, coscienza e discernimento, è poi la principale facoltà che deve guidare l’atto progettuale dell’architetto. La mostra intende appunto presentare al pubblico “le ragioni” (riflessioni, scelte, motivazioni) per cui la pietra è presente nell’opera di Campo Baeza.


Alberto Campo Baeza, schizzo per Casa VT a Zahara

Mutuando i termini “stereotomico” e “tettonico” dal lessico semperiano, con le accezioni attentamente analizzate da Kenneth Frampton nella raccolta di saggi Studies in Tectonic Culture (1995), Alberto Campo Baeza esprime l’inerzia stereotomica della gravità attraverso solidi e setti murari lapidei, compatti e continui; a rafforzare per contrasto queste costruzioni salde ed opache è la levitazione tettonica di superfici sottili, caratterizzate da gradi diversi di permeabilità visiva e a volte mobili e cangianti. Per realizzare tali piani leggeri ed eterei, posti in opera come semplici entità bidimensionali o messi in sequenza a formare triedri e volumi chiusi, l’architetto utilizza la trasparenza del vetro o la pietra stessa, tagliata in spessori sottili e montata su esili strutture metalliche.
La mostra, curata da Davide Turrini, si sviluppa a partire dalla Piazza del Duomo di Almeria – cioè da quel piano orizzontale in cui per Campo Baeza stereotomico e tettonico si incontrano, ancora una volta nel segno della materia litica – per concludersi con il padiglione La pietra di Sisifo, dove la presenza della pietra ribadisce il concetto di gravità in un sottile gioco di sospensioni e immagini sdoppiate.


Uno scorcio dell’allestimento con i disegni e i modelli delle opere di Alberto Campo Baeza

Le opere in mostra
Piazza del Duomo di Almeria
Biblioteca di Orihuela
Sede della Caja de Ahorros a Granada
Centro BIT a Inca
Ampliamento degli Uffici del Servizio Sanitario ad Almeria
Piazza Entre Catedrales a Cadice
Padiglione La idea construida per Pibamarmi
Uffici Benetton a Samara
Uffici della Giunta Regionale a Zamora
Casa VT a Zahara
Padiglione La Pietra di Sisifo per Pibamarmi

[photogallery]acb_mm_album[/photogallery]


Lo Spazio Pibamarmi ad Arzignano che ospita la mostra fino al 30 dicembre 2013

ALBERTO CAMPO BAEZA.
Le ragioni della pietra

24 settembre – 30 dicembre 2013
Spazio Pibamarmi
Via Chiampo 78
36071 Arzignano (VI)
Cura della mostra
Davide Turrini
Allestimento
VISTO aw
Grafica e immagine coordinata
Giulia Pellegrini
Traduzioni
Paolo Armelli
Segreteria
Alessandra Bravo
Per info e prenotazioni
a.bravo@pibamarmi.it

Vai a:
Alberto Campo Baeza
Pibamarmi

commenti ( 0 )

16 Ottobre 2013

English

ALBERTO CAMPO BAEZA
The motives of stone
Exhibition of sketches and drawings

Versione italiana


Alberto Campo Baeza, VT House in Zahara

Most works by Alberto Campo Baeza are based on the idea of stone as a radical and contemporary architectural essence. Thanks to drawings, models and photographs, Alberto Campo Baeza. The motives of stone exhibition presents this theme and its various employments in the domains of architecture, urban projecting, and temporary pavilion setting.
For the Spanish master, architecture is “idea construida” (built idea); he states the fundamental patterns of his method are gravity, through which he builds space, and light, which reveals the dimension of time.
Reason, meant as an articulated process of knowledge, consciousness and understanding, is then the main guidance of the architect’s projecting action. The exhibition wants to show the visitors the “motives”, the reflections, the reasons why stone is present in Campo Baeza’s work.


Alberto Campo Baeza, sketch for VT House in Zahara

Borrowing the words “steretomic” and “tectonic” from Gottfried Semper’s terminology, as they were used by Kenneth Frampton in his Studies in Tectonic Culture essays (1995), Alberto Campo Baeza expresses the stereotomic inertia of gravity through firm, compact and continuous stone walls; in opposition to these solid and opaque constructions, he elevates tectonically subtle and moveable surfaces, characterized by different grades of visual permeability. In order to create delicate plans, built as two-dimensional entities forming sequences of enclosed volumes, the architects employs the transparency of glass or of stone itself, cut to subtle, metal-like width.
The exhibition, curated by Davide Turrini, begins with Cathedral Square in Almeria – the horizontal plan where the stereotomic and tectonic elements meet one another, once again within the stone material –, and ends with The stone of Sysifus pavilion, where the presence of stone stresses again the concept of gravity in a refined series of suspensions and duplicated images.


A view of the exhibition with drawings and models by Alberto Campo Baeza

Exhibited works
– Almeria Cathedral Square;
– Orihuela Library;
– Headquarters of Caja de Ahorros in Granada;
– BIT Center in Inca;
– Enlargement of the Delegation for Public Health Offices in Almeria;
– Entre Catedrales Square in Cadiz;
– La Idea Construida Pavilion for Pibamarmi;
– Benetton Offices in Samara;
– Offices for Junta Castilla y León in Zamora;
– VT House in Zahara;
– The stone of Sysifus Pavilion for Pibamarmi.

[photogallery]acb_mm_album[/photogallery]


The exhibition is hosted at Spazio Pibamarmi till 30 December 2013.

ALBERTO CAMPO BAEZA.
The motives of stone

24 September – 30 December 2013
Spazio Pibamarmi
Via Chiampo 78
36071 Arzignano (VI)
Curator
Davide Turrini
Setting
VISTO aw
Graphic identity
Giulia Pellegrini
Translations
Paolo Armelli
Administration
Alessandra Bravo
Info and bookings
a.bravo@pibamarmi.it

Go to:
Alberto Campo Baeza
Pibamarmi

commenti ( 0 )

10 Ottobre 2013

Design litico

Opus Motus.
Occhio all’illusione litica.

È indissolubilmente umano e senza tempo interrogarsi sulla natura del colore, rinnovarne con gli occhi della mente il ricordo e l’esperienza percettiva, spingersi a sperimentarne combinazioni e modi. Per descrivere il cromatismo è consuetudine ricorrere alla materia che lo costituisce, sovente, così, si perviene a evocare la pietra la cui essenza è naturalmente policromatica.
L’installazione “Opus Motus”, presentata da Lithos Design a Macef e Marmomacc 2013, invita lo spettatore, in modo dinamico e giocoso, a una duplice sperimentazione della realtà del colore.

“Opus Motus”, già nel titolo, evoca un incantesimo. La mostra è costituita da sei opere in pietra – strumenti illusionistici – capaci di spostare l’idea di colore dall’oggettività razionale e tangibile della superficie, alla soggettività percettiva, originata da stupore e meraviglia.
Sono grandi cerchi intarsiati in marmo, attualizzazione dell’antica tecnica dell’opus sectile e delle opere intarsiate in marmi policromi: cerchi piani, di ridotto spessore, che esibiscono in superficie elementi formali intagliati. Nella staticità del piano prevale la composizione e il colore ha il ruolo di evidenziare e chiarire l’assemblaggio delle parti, rendendo manifesto il disegno geometrico.

Come vivaci ed esuberanti medaglioni, non temono di svelare la metafora tessile che anche al presente può essere espressa attraverso la composizione di elementi lapidei, con motivi geometrici i più vari e articolati.
Ogni cerchio è un nucleo figurativo a sé ma, nell’insieme, suggeriscono di un’abilità “cosmetica” contemporanea che coniuga tecnologia e risorse materiche, richiamando e aggiornando abilità costruttive del passato.
Fin qui le certezze.
I cerchi infatti sono anche un invito. Come amuleti, attirano lo spettatore, vogliono essere manipolati. Un semplice dispositivo a spinta ne consente la trasformazione e, attraverso il movimento, il colore cambia “maschera”.
La rotazione impressa ai cerchi diviene più veloce a seconda dello slancio che può imprimersi alle grandi trottole litiche. Più veloce il movimento, più illusoria, magnetica, la visione che ne consegue.

Nel movimento l’esperienza visiva si estende agli altri sensi evocando una quarta, inafferrabile, dimensione.
Nel vortice, la percezione visiva si rinnova a ogni giro di ruota, rispondendo alla continua mobilità del punto di vista, alla molteplice relatività della messa a fuoco. L’osservare i cerchi ora inebria e confonde; si perde il senso e l’orientamento della rotazione.
I colori, prima distinti, si armonizzano tendendo alla fusione; le tessiture circolari, poligonali, di cui l’occhio prima afferrava la composizione, sfumano in un continuum indiviso.
Spiegare il colore e il suo “annullamento” dinamico diviene ineffabile quanto fermare con gli occhi il movimento del cerchio stesso. Il vortice genera un’illusione di levità e trasparenza, per un corpo in realtà pesante quanto il materiale che lo compone.

[photogallery]opus_motus_album[/photogallery]

I cerchi, dopo un po’, rallentano, arrendendosi alla gravità e il gioco delle forme delineate sulle superfici, la loro composizione e cromia, tornano a risaltare sotto l’effetto della luce. Un altro prodigio che la pietra rende possibile.

Veronica Dal Buono

Guardali in Azione
Rose
Slot
Pinwheel
Lollipop
Cogs
Brickbreak

commenti ( 0 )

stampa

torna su