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19 Gennaio 2015

News

A’ Design Award & Competition

A’ Design Award & Competition è il principale concorso mondiale di design, con giuria, a cadenza annuale e portata internazionale. I riconoscimenti di A’ Design sono organizzati in un’ampia gamma di campi creativi così da mettere in risalto i designer di eccellenza che svolgono il loro lavoro da tutti i paesi in tutte le discipline. Le partecipazioni al concorso sono esaminate da colleghi della disciplina e giudicati in modo anonimo da un influente collegio giudicante di esperti docenti della disciplina, eminenti rappresentanti della stampa e professionisti affermati. A’ Design Award & Competition promette fama, prestigio, pubblicità e un riconoscimento internazionale a tutti i Vincitori di A’ Design Award attraverso il Premio A’ Design che viene assegnato per celebrare i design premiati.
Ogni anno, progetti che si concentrano su innovazione, tecnologia, design e creatività sono premiati con il Premio A’ Design. Le iscrizioni sono accettate fino al 28 di Febbraio e i risultati vengono annunciate ogni anno il 15 di Aprile. Designer, in tutto il mondo, sono chiamati a partecipare ai riconoscimenti presentando i loro migliori lavori, progetti e prodotti. Le iscrizioni sono accettate purché siano state ideate negli ultimi 10 anni.

Vedi i vincitori delle passate edizioni
Vai alla pagina “Richiesta di Partecipazione a A’ Design Award & Competition”

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15 Gennaio 2015

Opere di Architettura

Alejandro de la Sota, Gobierno Civil Tarragona, Spagna, 1957-1964

Tettoniche murarie
Il palazzo che ospita la sede del Gobierno Civil rivela subito il suo duplice ruolo di monumento civile e di polo urbano, posto alla fine della lunga prospettiva della Rambla Nova. L’edificio occupa un lotto di forma trapezoidale definito da due delle arterie principali, Avenida de Andorra e il prolungamento della Rambla Nova, che si irradiano dalla Plaza Imperial Tarraco.
Da questa forma trae origine l’impianto del piano terra e del primo, che costituiscono il basamento per il soprastante volume delle residenze. I piani riservati alla parte istituzionale assecondano infatti l’inclinazione delle due strade e si allargano consentendo di inserire l’ampio atrio di ingresso, la sala consiliare, gli uffici governativi e il corpo scale. Separate al secondo piano dal profondo taglio della loggia e dal salone dei ricevimenti, si trovano i tre piani delle residenze e l’attico, sempre destinato a residenza.
Nella concezione dell’edificio Alejandro de la Sota mostra la sua personale visione del Moderno.
Tenendo presente l’insegnamento dei maestri, soprattutto Mies Van der Rohe, e riprendendo la lezione del razionalismo di Terragni, riesce ad infondere un luminoso calore umano, tipicamente mediterraneo, all’architettura e a risolvere i margini irrisolti del Moderno.


Schizzi esplicativi del processo concettuale seguito nel progetto

L’elemento che caratterizza l’edificio è l’impiego della griglia geometrica come strumento sia per ordinare gli ambienti sia per modularne lo spazio interno e comporre i prospetti. Questo sistema è perfettamente leggibile nella concezione tettonica: diversamente da quanto stabilito dal razionalismo ortodosso, che voleva la separazione tra struttura e le pareti interne ed esterne, il telaio in cemento armato entra a far parte del corpo murario, come già aveva fatto Terragni nella Casa del Fascio di Como. Apparentemente tale scelta può sembrare il sintomo di un razionalismo imperfetto, mentre in realtà la sovrapposizione dei due sistemi costruttivi rivela un approccio critico e originale ai dogmi del Moderno, e consente a de la Sota di accentuare la stereometria della massa e, chiudendone la figura, la monumentalità dell’edificio. Il telaio e la tecnologia ad esso sottesa, come nell’architettura razionalista italiana, si legano ad una tettonica muraria che racchiude una diversa concezione spaziale dell’architettura: al posto dello spazio fluido del plan libre, una successione di spazi ben identificati e gerarchicamente concatenati.
Nell’edificio del Gobierno Civil il telaio, oltre garantire la stabilità dell’edificio, serve a comporne le facciate, disegnando la sua massa volumetrica scavata dove occorre per definire le funzioni interne. Il profondo taglio che separa gli uffici dalle residenze viene sottolineato e figurativamente concluso proprio dalla struttura che qui prende la forma di esili pilastri cruciformi che salendo dal piano terra attraversano il volume inferiore.


Foto di cantiere: costruzione e fase iniziale del rivestimento in pietra

Allo stesso modo i pilastri del telaio servono ad organizzare spazialmente la grande hall di ingresso per poi celarsi nelle pareti interne. Tutto l’edificio è qui giocato sulla sottile e ben calibrata ambiguità tra la percezione del telaio come sistema costruttivo moderno e la tradizionale configurazione muraria che contribuisce a determinare: la griglia geometrica della struttura appare infatti solamente dove serve a mantenere chiusa la figura, mentre dove non serve viene accuratamente celata nell’apparecchiatura muraria.
Il telaio diventa quindi in un colto strumento che consente a de la Sota di articolare linguisticamente l’architettura.
Il bando del concorso indetto nel 1956 richiedeva la realizzazione di un edificio pubblico che “rispondesse alle necessità moderne e allo stesso tempo si armonizzasse con le millenarie pietre della Tarragona Romana”.
Alejandro de la Sota andò oltre a questo, progettando e costruendo un vero e proprio monumento civico, tema che era stato pressoché dimenticato, se non negato esplicitamente, dal Movimento Moderno.
Egli evita di cadere nella trappola dell’accademismo, nella ripetizione cioè degli schemi e del linguaggio storicisti, che fino a quel momento il regime franchista aveva imposto per i progetti ufficiali, e allo stesso tempo evita i rigidi e dogmatici schemi compositivi dell’International Style che imponevano la profusione di materiali moderni. De la Sota invece parte dallo studio del palazzo tradizionale, composto da basamento, facciata e coronamento impostati secondo principi rigidamente simmetrici. Questi elementi e principi vengono sottoposti ad un’opera di astrazione figurativa che li inverte trasformandoli: il basamento si svuota e scompare il coronamento, mentre la simmetria è rotta ma ricomposta nell’equilibrio delle logge in facciata.


Facciata principale e laterale sinistra

L’articolazione dell’edificio è raggiunta attraverso un processo di addizione e sottrazione della materia mentre la ricchezza della decorazione è ottenuta sia con il ritmo di una composizione bilanciata dei pieni e dei vuoti, sia attraverso l’impiego del materiale litico.
Proprio la scelta del rivestimento lapideo, in quegli anni di anonime curtain walls, fa risaltare l’edificio, quasi che de la Sota volesse riallacciare un discorso con la storia senza dimenticare il presente. Nella relazione di progetto de la Sota scrive che “il rispetto per l’antico si deve tradurre nella sua conservazione quando la sua qualità lo consente; ma non si deve intendere come un obbligo nel ripeterlo”. In questa allusione alle “millenarie pietre romane di Tarragona” è fondamentale la scelta di rivestire interamente l’edificio con la Piedra de Borriol.
Questa, cavata nella regione di Castellón fin dall’epoca romana, è uno dei materiali da costruzione più utilizzati e conosciuti nella realizzazione tanto dei monumenti quanto degli altri edifici cittadini dell’intera regione di Valencia.
Il rivestimento è composto da lastre di un’unica dimensione 40×60 cm e spessore 2 cm. e da lastre di Piedra de San Vicenç, sempre delle stesse dimensioni, che, disposte su di una fila svolgono il ruolo di marcapiano. Tutte le lastre sono ancorate al muro retrostante attraverso quattro zanche in acciaio e presentano un’imbottitura di malta di calce che serve a garantire l’aderenza delle lastre al muro retrostante.


Veduta dell’atrio d’ingresso

In questo modo il rivestimento viene trattato come una omogenea placcatura che da un lato rinforza la tettonica muraria dell’edificio e quindi il carattere scultoreo della massa, dall’altro enfatizza l’astratta monumentalità del volume segnato da quella stessa griglia geometrica che modula l’intero progetto.
La Piedra de Borriol è una grainstone che si presenta in due varietà principali, la Borriol Ocra e la Borriol Rossa, la prima caratterizzata da un’alta capillarità che le conferisce una minor resistenza agli agenti atmosferici, soprattutto se in elementi di grandi dimensioni, a differenza della seconda che è più resistente all’azione disgregatrice degli agenti atmosferici. La differenza tra le due varietà è dovuta alla differente percentuale dei principali elementi costitutivi, la calcite e la dolomite, che rende più porosa la variante Ocra e più compatta quella Rossa. La Piedra de San Vicenç è invece un calcare locale di colore grigio chiaro abbastanza uniforme, impiegabile sia per gli interni che per gli esterni.
La scelta di impiegare ancoraggi nascosti con imbottitura di malta, caratteristica di quando si vuole mantenere il carattere astratto e figurativo dell’architettura, ha comportato il degrado degli elementi metallici di ancoraggio. Questo ha creato il degrado fisico delle lastre di spessore e stremamente sottile e problemi per la loro stabilità, tali che durante il restauro, eseguito nel 1987 dallo stesso de la Sota insieme all’Arch. Josep Llinás Carmona, si è reso necessario il rinnovo di una parte cospicua del rivestimento lapideo: le lastre sono state rimosse, pulite e, dopo aver sostituito quelle danneggiate, rimontate con l’inserimento di nuovi ancoraggi in acciaio inossidabile.

di Angelo Bertolazzi


Pianta piano terra, primo, secondo, quinto e sesto
Prospetti principale, posteriore, laterale destro, laterale sinistro
Facciata principale e laterale sinistra
Clicca per allargare

SCHEDA TECNICA
Titolo dell’opera: Gobierno Civil
Indirizzo: Plaça Imperial Tarraco, Tarragona, Spagna
Data di progettazione: 1954-1957
Data di realizzazione: 1956-1961
Data di restauro: 1987
Committente: Ministerio de la Gobernación
Proprietà: Ministerio de la Gobernación
Progettazione: Alejandro de la Sota
Progettazione Restauro: Alejandro de la Sota, Josep Llinás Carmona
Impresa di Restauro: Fomento de Obras Constructiones
Materiale lapideo utilizzato: Piedra de Borriol, Piedra de Saint Vicenç

Scarica il pdf completo

*La presente opera architettonica è tratta dal volume Litico Etico Estetico (a cura di Vincenzo Pavan), Faenza, Faenza Industrie Grafiche, 2009, pp. 157 editato in occasione di Marmomacc 2009.
Si ringrazia Verona Fiere e Marmomacc per l’autorizzazione alla rieditazione in rete.

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12 Gennaio 2015

Design litico

Opus, il rivestimento che rinnova l’antica arte dell’intarsio


Lithos Design, Opus, design di Raffaello Galiotto

Con questa collezione di elementi per il rivestimento pavimentale Lithos Design sposta l’attenzione produttiva da un approccio scultoreo ad uno più pittorico. Alla ricerca di tridimensionalità che ha finora caratterizzato l’evoluzione del brand si aggiunge ora il design del colore, inteso come minuziosa scelta delle materie prime, conoscenza dei cromatismi, sfumature, venature e loro resa alla luce, mixaggio di ombre e chiaroscuri oltre che studio delle geometrie.
I disegni, le nuance e l’approccio produttivo di questa collezione di pavimenti e rivestimenti aggiornano l’idea classica dell’intarsio in marmo e del suo utilizzo in campo decorativo, spingendo l’innovazione in ambiti nella contemporaneità inesplorati. La linea presenta differenti cromie, in una serie di ensemble pronti all’uso che non rinunciano al pregio dell’intarsio antico ma allo stesso tempo parlano con un lessico nuovo, legato al prodotto di design industriale.
Una sequenza di moduli 60 per 60 cm che possono estendersi, secondo gusti ed esigenze del progettista, in pareti e pavimenti. Successioni seriali dalla forte impronta materica dove fioriscono forme geometriche continue e discontinue, scomposizioni grafiche dalla modularità impercettibile una volta posati, giochi di delicate cromie o forti contrasti di colore, effetti ovattati o stili quasi optical, tutti realizzati attraverso una produzione che, pur essendo industriale, obbedisce alle antiche tecniche del commesso, alla maniera dell’artista che intagliava e sceglieva le pietre per colore, sfumature e venature.
Opus ha vinto la prima edizione del prestigioso concorso internazionale Choice of the Year Award by Elle Decoration Russia per la categoria pavimenti.


Tangram, design di Raffaello Galiotto

[photogallery]lithosopus_album[/photogallery]

Una giuria di professionisti, tra cui i caporedattori delle edizioni di Elle Decor Russia, Francia e Italia, ha inserito Opus di Lithos Design in una short list di prestigiosissime firme del design, con Poliform/Varenna, Fendi Casa, Kartell/Laufen, chiedendo ai propri lettori di votare i prodotti per categoria.
Presentata in anteprima mondiale al Salone del Mobile di Milano 2014, la collezione introduce sul mercato l’intarsio in marmi policromi in versione industrial design, rivestimenti e pavimenti pronti all’uso con 25 tipologie di marmi, 5 pattern, 12 palette di colori, con scarti del materiale litico tendenti allo zero e tempi di cantiere brevissimi.

Vai a Lithosdesign

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8 Gennaio 2015

Opere di Architettura

Una casa in pietra a Serro de Rio Bonito

Il tema della casa per il week-end presenta delle caratteristiche che tendono a definirne la tipologia: struttura ridotta all’essenziale, uso di materiali locali, rapporto con la natura del luogo. La casa realizzata da Carla Juaçaba nella zona montuosa di Rio Bonito ad est di Rio de Janeiro ha colto il difficile equilibrio tra il genius-loci e il difficile tema dell’abitazione minima. La presenza di una natura lussureggiante quale protagonista del luogo è stato il fattore che ha condizionato maggiormente il progetto nella scelta dei materiali e delle forme.
La casa di Rio Bonito, come le altre opere della giovane progettista brasiliana, si concentra su di una questione intrinseca della disciplina: il rapporto dialettico tra la poetica della tettonica e il suo potenziale espressivo.
Lo spazio interno, costituito da un soggiorno con cucina separato dalla stanza da letto dai servizi, sembra immerso nella circostante con cui intrattiene un rapporto diretto separato da lastre di vetro che sembrano scomparire. Rispetto alla teca cristallina di Villa Farnsworth, questa casa rifugio si sottrae alla pesante influenza del modernismo ed elabora una forma e una costruzione più vicine alla natura provvisoria ed effimera del contesto brasiliano.

Il progetto è strutturato attorno al contrasto tra tradizione e modernità, tra leggerezza e gravità, tra vuoto e materia.
La parte costruita è ridotta al minimo: il volume interno è serrato da due possenti muri di pietra locale di 1,10 m e realizzati secondo le tecniche costruttive tradizionali. La loro rusticità che sembra avvicinarli a costruzioni preesistenti è sottolineata dalla scala che conduce alla copertura, ottenuta per sottrazione della materia litica. I due muri svolgono una molteplicità di funzioni, a dispetto della loro semplicità: essi sono protezione e riparo dello spazio interno, sono il sostegno delle strutture orizzontali e il supporto della casa che in questo modo riduce il suo contatto con il suolo. La loro presenza consente, a differenza del precedente miesiano, di avere uno spazio interno protetto e direzionato e non isotropo e nudo verso l’esterno.
Alla materialità rustica della pietra viene accostata senza intermediazioni la modernità della struttura orizzontale, costituita delle quattro travi in acciaio che sostengono i pavimenti lignei e le ampie vetrate. Questo contrasto viene enfatizzato dalla scelta di far leggere le differenti parti della costruzione e la loro gerarchia, nella quale i muri diventano i veri protagonisti della tettonica dell’edificio. Essi sono infatti messi in risalto dalla diversità cromatica del rosso minio delle parti metalliche e dalla presenza di aperture sulla copertura che lasciano entrare una luce radente che fa vibrare ed esalta le irregolari superfici litiche.


di Angelo Bertolazzi

[photogallery]riobonito_album[/photogallery]

Scheda tecnica
Progettista: Carla Juaçaba
Localizzazione: Serra do Rio Bonito, Rio de Janeiro (Brasil)
Pietra: Pietra Locale
Anno: 2013
Fotografie: © Nelson Kon
Link:
http://www.archdaily.com/457077/rio-bonito-house-carla-juacaba/
http://www.designboom.com/architecture/carla-juacaba-rio-bonito-house-brazil/
http://www.carlajuacaba.com.br/
http://www2.nelsonkon.com.br/

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23 Dicembre 2014

Pietre d`Italia

I dispositivi costruttivi del travertino: Muri


Muro tradizionale in conci squadrati di travertino rapolanese.

Il travertino può costituire materia prima per ogni famiglia nota di elementi costruttivi: può essere infatti impilato in massi a contenere le spinte orizzontali del terreno, polverizzato a costituire graniglia per intonaci, tagliato in blocchi a sostenere forti compressioni, oppure in lastre a protezione epidermica di qualsivoglia contenuto costruito.
Tecnicamente si rende disponibile a questo compito con le distintive sue caratteristiche di resistenza e durata, da sempre.
È facile per il travertino il rimando al mondo romano, così come è facile da qui il richiamo alle pagine tecniche dei manuali di Vitruvio. Il senso di durata è allora forse il tema più presente dietro le parole vitruviane del secondo libro del De Architectura: «Queste pietre hanno caratteristiche svariatissime e opposte. Alcune sono molli, come presso Roma le Rubre, le Pallensi, le Fidenti, le Albane; le altre mediane come le Tiburtine (travertini), le Amiternine, le Sorattine e simili; alcune dure come le silicee. (…) I travertini invece e le pietre consimili resistono bene al carico e alle ingiurie atmosferiche…». Che l’interesse di Vitruvio sia qualitativo e non a quantificare le resistenze caratteristiche con fare scientifico, lo si percepisce poco dopo – nel medesimo libro al paragrafo VIII, 8 – dove si raccomanda nelle stime per la valutazione di opere in muratura lapidea, in considerazione del tempo di vita della pietra a risentire degli agenti atmosferici, l’applicazione di coefficienti di detrazione al valore economico totale in funzione degli anni di vita del muro. La prima distinzione fra pietre molli, medie e dure è dunque eseguita in funzione delle loro caratteristiche di durata.


Muro tradizionale in conci squadrati di travertino rapolanese.

A sua volta per Vitruvio, il collegamento logico fra pietra e muro risulta immediato, naturale, senza necessità di spiegazioni ulteriori. Il motivo è forse quello della maggiore vicinanza di Vitruvio rispetto a noi, al tempo d’origine della stessa parola “muro”, imparentata nella sua radice a quanto indichi opere di rafforzamento e consolidamento delle fortificazioni; o forse il motivo consta più semplicemente nell’accostamento visivo diretto al mondo naturale, al materiale delle prime costruzioni per l’uomo in pareti di roccia e mobilio di frasche.
Dal punto di vista di una sua possibile definizione, il muro singolarmente si rivela come una sorta di “numero primo” matematico: per spiegarlo non si riesce quasi mai a semplificarne il concetto per scomposizione, ma si deve invece in ogni occasione raccontarlo avvalendosi di argomenti a loro volta affacciati su altre realtà. Tipicamente infatti lo si descrive come una struttura di forma prismatica con le due dimensioni parallele e verticali prevalenti rispetto a quella dello spessore.


Blocchi di travertino in una cava di Rapolano Terme.

Sia la presenza della struttura, sia quella della forma prismatica sottendono la componente umana. Entra dunque in campo la volontarietà o l’intenzionalità, capace d’intervenire criticamente ad operare scelte sul tipo di struttura e sul tipo di forma. Il primo dei due mondi afferisce all’ambito delle scelte tecnico costruttive, mentre il secondo all’ambito delle scelte estetico espressive; ma pure, esse s’intrecciano, fissando rapporti di forza ogni volta differenti, tanto da rendere talvolta sottile o nascosto il confine fra i due.
Ripartendo sempre dal significato delle parole, parete, muro ed opera muraria individuano allora tre entità ben distinte. Se la prima presenta accezioni legate alla sfera abitativa e particolarmente degli spazi interni, così da valere anche come sola superficie di un divisorio, la seconda, lo si è visto, si riferisce in prima battuta alle strutturazioni solide del mondo della guerra. L’ultima delle tre espressioni però, conferisce in aggiunta all’oggetto cui si rivolge un sicuro spessore in senso etico ed estetico: essa infatti intende di per sé una struttura ben riconoscibile nella sua superficie e nello stesso tempo costruttivamente efficace, in virtù dei medesimi elementi – i conci – affioranti in affaccio. Come il diverso spessore del filo e la specifica scelta dell’intreccio caratterizzano il tessuto, così le peculiarità del concio lapideo e l’individuazione della concatenazione fra elementi delineano l’opera muraria. Nasce pertanto un connubio, per così dire, fra tessitura e stereotomia: esso rivive ogni qualvolta la scorza esterna e la struttura muraria portante non siano separate, ma anzi mostrate sinceramente in affaccio nel vivo della loro reciproca dipendenza.


Muri di contenimento in elementi ciclopici di travertino senese: sezioni tipo e vista d’insieme.

Gli esempi applicativi a seguire scelgono e rappresentano alcune materializzazioni di questo connubio, in cui il travertino entra con la ricchezza delle sue possibilità di colore, di vena e di finitura superficiale. Il percorso parallelo allo sfogliare delle pagine può esser letto in progressivo assottigliamento di spessore dei conci, ovvero in costante allentamento dell’impenetrabilità delle frontiere murarie. Il muro infatti, dapprima propaggine naturale dell’anfratto roccioso, poi barriera massiccia di fortificazione, quindi opera più pacificamente urbana ed abitativa, ha da sempre individuato nello spazio a qualche titolo l’entro e l’oltre. Le scelte dunque di tessitura e di stereotomia del confine murario sempre palesano, o così dovrebbero fare, il rapporto emozionale cercato fra i due ambiti.

di Alberto Ferraresi

Il presente saggio è tratto dal volume Travertino di Siena a cura di Alfonso Acocella e Davide Turrini

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19 Dicembre 2014

Videointerviste

MURO SOLIDO / MURO EFFIMERO
Eduardo Souto de Moura per Pibamarmi

Per l’edizione Marmomacc 2014 Pibamarmi si è avvalsa della preziosa collaborazione di Eduardo Souto de Moura, architetto portoghese di rilevanza internazionale insignito di prestigiosi riconoscimenti come la Medaglia d’Oro Heinrich Tessenow e il Pritzker Architecture Prize.
Nel contesto fieristico veronese l’architetto ha concepito per il brand lapideo di Chiampo uno stand costituto da muri di pietra e spazi nascosti, individuati da strutture ricoperte di tessuto. Secondo l’intento del progettista l’installazione ha attivato una riflessione sulla dualità muro solido / muro effimero, rimandando tra l’altro al portato teorico e progettuale di Aldo Rossi e Robert Venturi.
Nell’intervista contenuta in questa news, sullo sfondo del cantiere di montaggio dello stand, Souto de Moura compie alcune riflessioni inedite sull’attualità della pietra, sul valore dell’archetipo murario e sulla storia dell’architettura come strumento di lavoro per la progettazione contemporanea.

Vai a Pibamarmi

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16 Dicembre 2014

Design litico

Golden Mile, un po’ di Italia nel centro di Mosca.

La nuova Spa moscovita occupa l’area basamentale del Park Palace, complesso residenziale di prestigio a poca distanza dalla Piazza Rossa, e si sviluppa su un’area di 4.500 metri quadrati: dove prima era un parcheggio, oggi si trovano due Private Spa, una piscina con area riservata idromassaggi, un’ampia zona wellness, una palestra, due aree bambini, lounge bar & restaurant, hairstylist, servizi medici.

Molti elementi del progetto fanno riferimento all’Italia: dell’operazione progettuale general contractor è la società italiana Wellness Today by Happy Sauna che ha affidato la progettazione degli interni agli architetti Marco Vismara e Andrea Viganò dello Studio D73, specializzato nel progetto di aree benessere.
“L’unica richiesta avanzata dal cliente”, spiega l’Architetto Viganò, “era quella di dar vita ad che si facesse portatore del gusto italiano e quindi fosse portatore di caratteri di unicità. Realizzare un ambiente con materiali pregiati che riuscisse a comunicare all’estero l’eccellenza del Made in Italy, è stato questo l’obiettivo del lavoro progettuale”.

Fra le aziende selezionate a rappresentare l’eccellenza del Made in Italy troviamo Lithos Design che ha contribuito attraverso due texture di rivestimenti in pietra naturale della collezione La Pietre Incise, Lembo e Seta (design Raffaello Galiotto). Lembo riveste l’intera parete di fondo della piscina, dove fa da sfondo al grande logo Golden Mile, mentre Seta decora le aree idromassaggio. Più di un fattore ha motivato la scelta di questi due modelli di Lithos Design. “Ognuna delle aree in cui è articolato il progetto” – spiega ancora Viganò – “è stata oggetto di studi approfonditi per individuare gli elementi più adatti a ognuna – dagli arredi alla pavimentazione, dalle luci all’acustica -, distinguendo nettamente l’area acqua da quella asciutta”.

[photogallery]goldenmile_album[/photogallery]

I modelli Lembo e Seta sono stati ritenuti ideali per creare l’atmosfera di relax che è fondamentale nelle zone in cui sono stati applicati, sia per le caratteristiche del disegno che per i litotipi utilizzati. Non solo le loro linee morbide richiamano la sensazione di benessere dell’acqua: la pietra è anche uno dei migliori materiali per isolamento e fonoassorbenza e quindi perfetta per raggiungere una eccellente qualità acustica interna. La pietra naturale inoltre contribuisce alla sicurezza e alla salubrità dell’ambiente poiché non è infiammabile, non si carica elettrostaticamente e non favorisce lo sviluppo di micro-organismi batterici e muffe.
Il progetto Golden Mile ha vinto il terzo premio nella categoria Best Public Space all’Eurasian Prize 2014 all’Ekaterinburg International Design and Architecture Festival e il premio Aqua Prestige ad Aqua Salon, l’International Wellness & Spa Exhibition di Mosca, come miglior piscina pubblica.

Golden Mile, Mosca
http://goldenmileclub.ru/

Credits:
General Contractor: Wellness Today – Happy Sauna Group
Design: Studio D73 – Arch. Marco Vismara, Arch. Andrea Viganò

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Lithos design. Incidere la superfice lapidea, naturale e non solo
Le nuove collezioni Lithos Design: rivestimento, spazio, parete.
Tecnologie digitali e talento creativo

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12 Dicembre 2014

Design litico

#MARBLESELFIE sbarca a Pietrasanta

“Marmomacc & the City”, dopo aver conquistato Piazza delle Erbe a Verona, Marbleselfie è sbarcata in Piazza Crispi a Pietrasanta.
Ispirato alle cabine per fototessera che si trovano nelle stazioni, l’installazione è completamente realizzata in marmo Arabescato Corchia e ha le ragguardevoli dimensioni di 2 metri per 1,80. Il pubblico ha l’opportunità di accomodarsi all’interno e scattarsi un selfie unico grazie a un gioco di specchi che genera una moltiplicazione infinita della propria immagine.
Marbleselfie rimarrà nella città capoluogo della Versilia per tutto il periodo delle festività.

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Barsi Marmi
Michbold

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10 Dicembre 2014

Opere di Architettura

Una casa di pietra a Monferrier

Nella regione della Languedoc-Roussillon l’uso della pietra è una tradizione antica, come testimoniano i numerosi monumenti romani di Nimes, il Pont du Gard, e le chiese romaniche della zona di Carcassonne e Montpellier.
Riprendere questa tradizione in chiave contemporanea è stato l’obbiettivo dello studio NJA quando è stato chiesto loro di progettare una residenza sulle colline di Montferrier-sur-Lez, vicino a Monpellier. L’area di progetto si trova in una pineta posta su di un declivio aperto sul paesaggio. La possibilità di aprire la casa sul paesaggio ha determinato le scelte formali e distributive: la casa infatti è composta da tre volumi che ospitano la zona giorno e le due zone notte, ciascuna dotata di propri servizi. I volumi sono poggiati leggermente a sbalzo sul declivio a partire da un muro di contenimento, consentendo loro di aprirsi verso la valle sottostante diventando dei cannocchiali visivi. I tre volumi ondulati sono collegati tra di loro da un corpo trasversale e da terrazze ottenute sfruttando la differenza di quota.
L’apertura verso il paesaggio è stata tuttavia compiuta con discrezione: invece di grandi vetrate, con i conseguenti problemi climatici, sono stati realizzati dei volumi opachi di grande spessore murario aperti alle estremità e con le vetrate protette da brise-soleil regolabili.

La necessità di controllare gli aspetti energetici e la volontà di integrare il progetto nel paesaggio collinare hanno determinato la scelta della pietra di Gard. In questo caso il materiale litico non è stato usato in blocchi massivi, ma secondo un generoso rivestimento che copre la regolare geometria dei volumi. Le lastre, dallo spessore di 5 cm, sono disposte secondo una tessitura che ricorda le murature isodome, dove solo la nettezza degli spigoli e dei tagli delle aperture ci ricordano che si tratta di un rivestimento. La pietra è stata usata sia per le pareti verticali che per realizzare le fasce che disegnano i profili delle coperture. In questo modo, facendo scomparire la linea di gronda, i volumi raggiungono un’astrazione che con decisione marca il confine tra tradizione e contemporaneità.
Questo progetto sembra evidenziare una tendenza degli ultimi anni che vede l’uso della pietra nell’edilizia residenziale, soprattutto per le case unifamiliare di una certa dimensione e poste in stretta relazione con il paesaggio. Al mito della macchina che si impone sul paesaggio dominandolo, si preferisce un’architettura mimetica nelle quale forme e materiali cercano di ridurre il contrasto con la natura circostante.


di Angelo Bertolazzi

[photogallery]montferrier_album[/photogallery]

Scheda tecnica
Progettista/i: Elodie Nourrigat & Jacques Brion Architects
Localizzazione: Montferrier-sur-Lez (Francia)
Pietra: Gard Stone
Anno: 2013
Fotografie: © Photoarchitecture
Link:
http://www.archdaily.com/561406/individual-house-elodie-nourrigat-and-jacques-brion-architects/
http://www.domusweb.it/it/architettura/2014/02/03/nbj_individual_house.html
http://www.nbj-archi.com/
http://photoarchitecture.com/

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3 Dicembre 2014

Pietre d`Italia

Travertino di Siena
L’area di San Casciano e Tivoli Guidonia


Carta geologica dell’area di San Casciano dei Bagni (Carta Geologica d’Italia, foglio 129 – Santa Fiora). Clicca per ingrandire

Nell’area 19 si trova la traccia di azioni orogenetiche e tettoniche protrattesi per lungo tempo che hanno portato allo sviluppo di eventi magmatici in contemporanea con l’impostazione di grandi fratture in coincidenza delle quali l’attività idrotermale si è mantenuta vivace per lungo tempo, ed ha consentito la locale deposizione, nell’Olocene, di depositi calcerei travertinosi che possono presentare talora anche notevole potenza. Anche in questa area, quindi, i travertini possono essere collegati direttamente all’attività vulcanica che ha provocato la genesi del monte Amiata o possono esserne associati ad attività di tipo tettoniche che hanno permesso la circolazione di masse acquose all’interno di ambienti vulcanici provocandone la mineralizzazione.

Travertino Scabas


Aspetto del Travertino Scabas.

Descrizione macroscopica.
Si tratta di un litotipo sedimentario di colore beige con chiazze di tonalità gialla più o meno intensa, localmente rosato. Il materiale ha un aspetto particolarmente eterogeneo, con tracce di bioclasti dalle dimensioni variabili da sub millimetriche a centimetriche e, anche se in maniera vaga, la roccia presenta una parvenza di laminazione. I pori che la caratterizzano hanno dimensioni massime subcentimetriche e tendono ad essere concentrati lungo alcuni degli strati costituenti il materiale. Localmente sono ricristallizzati.
La roccia si presenta sana, priva di tracce di alterazione. Essa reagisce in presenza di acido cloridrico, lasciando ipotizzare una composizione calcitica, e si riga con una lama metallica lasciando presupporre una durezza dei suoi costituenti pari a 3÷4 della scala di Mohs.
Descrizione microscopica
Litotipo sedimentario di origine chimico – concrezionale, calcarea, abbondantemente clastico e ad aspetto particolarmente differenziato in temi calcitici biostrutturali differenti poiché in alcune parti della roccia si notano chiazze micritiche localmente informi mentre in altre essi sono strutturati con aspetto a cespuglio e circondati da sparite prevalentemente fibroso-aciculare passante localmente a calcite mosaicale la quale in coincidenza dei pori diventa isopaca fino a palizzata. Abbondanti gli ooidi a sviluppo radiale e gli oncoidi e granuli aggregati costituiti da peloidi e ooidi.


Struttura del travertino Scabas ingrandita allostereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata.

Abbondanti anche i bioclasti micritizzati presenti come modelli esterni di frammenti di steli, foglie, di molluschi e bivalvi. Il deposito, aspetto unico tra tutti i materiali analizzati, presenta abbondante materiale clastico tra cui quarzo monocristallino prevalentemente sub angoloso, selce millimetrica sub arrotondata presente anche come nucleo di ooidi, rara muscovite e microgranulazioni limonitiche. Localmente la roccia mostra struttura stromatolitica con sottili lineazioni micritiche la cui causa di precipitazione è batterica.
L’andamento di queste strutture algali è generalmente sinuoso ed intercalato a lamine composte da calcite sparitica localmente passante a palizzata, e in coincidenza delle quali si ha la presenza di pori di origine fenestrale. Le sinuosità stromatolitiche localmente avvolgono e racchiudono aree ad ooidi, intraclasti, abbondante quarzo terrigeno e frammenti di selce, ad indicare un continuo apporto in acqua corrente.
Localmente si notano anche croste date da concentrazioni di opachi ematitici e limonitici.
I pori, circa il 35% della sezione, sono di natura fenestrale e di impronta, oltreché di riparo. Possono raggiungere dimensioni anche centimetriche con sviluppo prevalentemente allungato, mentre quelli di impronta hanno solitamente dimensioni micrometriche e sono sub arrotondati.
In entrambi i casi mostrano rivestimento superficiale dato da calcite spatica isopaca passante a palizzata che può localmente presentare un andamento fortemente asimmetrico (dripstone) permettendo di riconoscere la polarità del materiale. Il materiale è di natura detritica.
Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO

Area di Tivoli Guidonia


Carta geologica dell’area di Tivoli Guidonia (Carta Geologica d’Italia, foglio 150 – Roma). Clicca per ingrandire

Ubicata a qualche decina di chilometri ad est di Roma, l’area estrattiva di Tivoli Guidonia 20 si sviluppa in una zona pianeggiante di circa 30 km2. La sua posizione è limitrofa al vulcano laziale e contemporaneamente al massiccio carbonatico della zona lucretile – tiburtino – cornicolano.
Tale collocazione fa sì che le acque di questa zona abbiano tutte le condizioni ottimali per ritrovarsi mineralizzate grazie alla presenza delle attività vulcaniche che consentono la sedimentazione di travertini idrotermali. La formazione di questi depositi, che raggiungono spessori massimi di 80/90 metri, è stata favorita da una condizione geologica di basso strutturale delimitato da una serie di faglie che hanno svincolato tutta l’area di deposizione.

Travertino Romano Classico


Aspetto del Travertino Romano Classico.

Descrizione macroscopica
Litotipo sedimentario di colore di insieme beige con laminazioni a sviluppo sub parallelo, talora ondulato e di spessore variabile da millimetriche a centimetriche e di colore beige più o meno scuro. La roccia è porosa ed i pori presentano uno sviluppo spazialmente vincolato alla laminazione del materiale della quale essi sono generalmente sub paralleli come posizione e come allungamento.
Non mancano però pori anche centimetrici ad andamento perpendicolare rispetto quello delle lamine. La roccia è sana. Reagisce in presenza di acido cloridrico e si riga con una lama metallica.
Descrizione microscopica
Litotipo sedimentario di origine chimico – concrezionale, a composizione calcarea con aspetto eterogeneo.
La roccia è caratterizzata da una evidente laminazione imputabile al differente sviluppo di biostrutture calcitiche. Localmente infatti essa è dovuta a laminazioni di micrite addensata con dimensioni massime di 1 mm alternate ad esili lamine sparitiche con dimensioni minori di 200 micron. Tali laminazioni possono presentare anche un andamento lobato e non continuativo, dato sempre da lamine micritiche (spessori massimi di 30 micron) alternate a sparite (spessori massimi 60 micron) che spesso racchiude porosità beanti.


Struttura del Travertino Romano Classico ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata.

In altre parti della sezione, la micrite è presente in piccole strutture molto addensate di origine batterica che passano localmente a biostrutture di tipo arbustivo. Si notano inoltre peloidi amorfi con dimensioni massime di 2 mm.
La sparite che caratterizza il materiale, circa il 40% rispetto alla calcite totale, è di differenti tipologie: a mosaico tra le strutture micritiche, di tipo isopaco in coincidenza dei pori.
Per quanto riguarda questi ultimi, essi sono quasi sempre rivestiti da calcite cristallina ed hanno differenti origini, a partire da quelli fenestrali, di forma allungata e schiacciata che possono essere anche subcentimetrici, disposti lungo i piani sparitici, o in subordine pori da riparo e da impronta, sempre di dimensioni minori, anche sub arrotondati e in taluni casi completamente ricristallizzati. Molto rare le tracce di impronte micritizzate di bioclasti. Il materiale è di origine autoctona.
Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (biolitite)
Caratteristiche fisico-meccaniche 21

Travertino Navona Alabastrino


Aspetto del Travertino Navona Alabastrino.

Descrizione macroscopica
Litotipo sedimentario di colore di insieme giallo avorio cromaticamente omogeneo anche se strutturalmente eterogeneo per l’alternanza di aree assai compatte e poco porose – pur se laminate – ad aree porose. Tali porosità sono generalmente micrometriche e sub arrotondate, con concentrazione preferenziale lungo
alcune delle lamine costituenti. La roccia è sana, non alterata, reagisce in presenza di acido cloridrico, e si riga con una lama metallica.
Descrizione microscopica
Litotipo sedimentario di origine chimico concrezionale, calcareo, di aspetto particolarmente omogeneo in quanto costituito da un mosaico microcristallino sparitico con dimensioni comprese tra 10 e 60 micron, intorbiditi nella parte centrale del cristallo da inclusi micritici sub microscopici di origine batterica e con un bordo di calcite limpida. Il materiale è caratterizzato da una laminazione poco evidente costituita da straterelli con spessori alternati pari a circa 1 e 0,5 mm, in cui la ritmicità è legata al locale aumento della concentrazione di micrite all’interno dei cristalli sparitici (circa l’80% rispetto la calcite presente).


Struttura del Travertino Navona Alabastrino ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata.

In coincidenza delle laminazioni più sottili si notano cristalli con dimensioni leggermente maggiori con un più basso tenore di inclusi e con una maggior concentrazione di pori che tendono ad essere isoorientati alle lamine.
Localmente la ritmicità laminare si interrompe e pur rimanendo la costanza strutturale dei costituenti il materiale, si nota una distribuzione molto più disomogenea dei cristalli. I pori sono caratterizzati da forme e dimensioni differenti, in quanto si possono presentare con dimensioni massime circa sub centimetri che; di forma sia sub arrotondata che allungata e appiattita, sono prevalentemente privi di ricristallizzazione spatica superficiale. La loro origine è legata a porosità intercristalline, molto più raramente da impronta in quanto sono rare le tracce micritizzate di frammenti di piante incrostate da calcite. Le porosità fenestrali sono probabilmente collegate alla fuga di sostanze gassose. In coincidenza delle aree laminate la porosità è di circa il 5% che può salire al 15-20% nelle aree di roccia non laminate. Il materiale è di origine autoctona.
Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (biosparite)

Travertino Noce Romano


Aspetto del Travertino Noce Romano.

Descrizione macroscopica
Litotipo sedimentario di colore beige bruno con alternanza di lamine e strati da millimetrici a pluricentimetrici.
Il suo colore è variabile da bruno beige a bruno scuro e presenta granulometria eterogenea, anche plurimillimetrica. Diffusamente poroso, si può notare come i pori siano dimensionalmente differenziati: quelli più grossolani sono prevalentemente concentrati lungo le lamine scure, mentre quelli più sottili sono
prevalentemente diffusi nelle aree più chiare. La roccia ha un aspetto sano, è priva di tracce di alterazione, reagisce in presenza di acido cloridrico, e si riga con una lama metallica.
Descrizione microscopica
Litotipo sedimentario di origine chimico – evaporitica a composizione calcarea concrezionale con aspetto eterogeneo e indistinto. Localmente infatti, è caratterizzato da micrite particolarmente disomogenea come concentrazione, in chiazze più o meno addensate e in strutture filiformi di origine batterica con andamento sia lineare sia convoluto. Abbondante la sparite (circa il 60%), che circonda o anche penetra all’interno delle differenti strutture micritiche.


Struttura del Travertino Noce Romano ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata.

In coincidenza di rare strutture mammellonari si nota una struttura fibrosa tipica dell’aragonite.
Il materiale ha un rilevante contenuto in bioclasti micritizzati e presenti anche come porosità di impronta spesso ricementati da sparite per cui sono difficilmente riconoscibili, anche se è verosimile supporre la originaria presenza di frammenti di steli di varie essenze che in studi recenti sono stati classificati del tipo angiosperme (Cercis siliquastrum, Buxus sempervirens, Laurus nobilis, Planera ungeri) [22], ma anche alghe e cianobatteri, e tra gli organismi frammenti di molluschi con la struttura calcitica originaria dei gusci.
Abbondanti anche le porosità presenti che, maggiormente concentrate in alcuni livelli del materiale, possono raggiungere anche dimensioni di 6-7 mm ed una presenza pari al 30 ÷40%. La loro genesi ha origini differenti potendo essere intergranulari, con dimensioni micrometriche, da riparo, oppure di origine fenestrale nel qual caso raggiungono le dimensioni maggiori. Non si presentano necessariamente isoorientati, hanno forme solitamente irregolari ed allungate. Quando sono di impronta dati da sezioni di steli di piante, sono arrotondati. I pori sono comunque quasi sempre in fase di ricristallizzazione parziale o totale ad opera di microsparite limpida ed equidimensionale e di sparite isopaca localmente tendente a sparite a palizzata. I pori micrometrici e sub millimetrici risultano essere totalmente calcitizzati. Il materiale è di origine autoctona.
Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (biosparite)

di Anna Maria Ferrari

Il presente saggio è tratto dal volume Travertino di Siena a cura di Alfonso Acocella e Davide Turrini

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Note
19 AA.VV, Carta geologica d’Italia. Foglio 129 – S. Fiora; AA.VV, Note illustrative della Carta geologica d’Italia. Foglio 129 – Santa Fiora, 1967.
20 AA.VV, Carta geologica d’Italia. Foglio 150 – Roma.
21 I dati tecnici disponibili in letteratura relativi al Travertino romano classico sono incompleti, pertanto non si è ritenuto di riportarli in una tabella analitica ma sono stati riassunti di seguito: resistenza a flessione sotto carico concentrato (UNI EN 12372:2001) valore medio Rtf = 14,0 MPa; resistenza
al gelo con sollecitazione a flessione dopo 48 cicli di gelo disgelo (UNI EN 12371:2003), valore medio Rtf = 7,5 MPa; resistenza allo scivolamento tramite apparecchiatura a pendolo sulle superfici (finitura non specificata) (UNI EN 14231:2004), valore medio provino asciutto SRV = 64, provino bagnato SRV = 34, resistenza all’abrasione (UNI EN 14157:2005), valore medio = 22,0 mm. Si veda anche L. Manfra, U. Masi, B. Turi, “La composizione isotopica dei travertini del Lazio”, Geologica romana, n. 15, 1976, pp. 127-174.

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