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7 Gennaio 2005

Recensioni

La recensione di Italcementi

La pietra in architettura. Non un semplice trattato

“Agosto 1999. Le immagini di rovine immote dell’assolata acropoli di Velia, a pochi chilometri da Poseidonia, ci circondano scorrendo davanti allo sguardo siamo sulle tracce delle origini dello “stile laterizio”, e Velia si sta dimostrando, in questa prospettiva di lavoro, uno scrigno ricco di sorprese”: è con queste parole che Alfonso Acocella, autore e ideatore della pubblicazione, descrive uno dei momenti chiave legati alla nascita e alla preparazione di questo impegnativo progetto editoriale.
Superata la tradizione dei manuali di progettazione e dei trattati di architettura, dei repertori e delle monografie, quest’opera vuole essere qualcosa di diverso: un libro a cavallo dei vari generi, risultato di fusioni, di associazioni, di elementi nuovi e “materiali di spoglio”. Obiettivo del lavoro di ricerca non è stata la ridefinizione del linguaggio della pietra attraverso il suo impiego nel corso dei secoli, quanto, piuttosto, l’individuazione di un luogo convergente di riflessione, orientato soprattutto alla riabilitazione di uno dei modi di costruzione più antichi e rappresentativi dell’architettura.
Scorrendo l’indice del testo e sfogliando le pagine, ricche di fotografie e disegni, si può notare come i suoi contenuti, pur organizzati in un corpus unitario, si presentano al lettore disaggregabili e riconducibili a tre ambiti tematici principali: i Fondamenti, (la cultura di progetto intesa come sedimentazione di idee basilari dell’architettura di pietra) i Modi e le Prassi esecutive, (lo stile tecnologico nei suoi tratti essenziali e canonici) le Opere Contemporanee (un’attualizzazione dello stile litico nel presente).
I destinatari sono tutti coloro che, progettisti, studiosi, committenti, tecnici, docenti, sono interessati ad approfondire le tematiche connesse all’uso della pietra in architettura. In lavorazione anche una versione in lingua inglese per diffondere i contenuti del volume presso un pubblico internazionale.
(Alfonso Acocella, L’architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi, Alinea Editrice, Firenze, 2004)

(Tratto da Italcementi)

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4 Gennaio 2005

PostScriptum

Alfonso Acocella Post Scriptum

Scrittura e immagini

Con la stesura de “L’architettura di pietra” è come si fosse materializzata la possibilità – divenuta ben presto una necessità interiore – di ricostruire un viaggio iniziato trent’anni fa; il viaggio nel cuore della disciplina sulle orme dell’architettura di pietra e del suo statuto ineguagliato. La lettura, la fruizione diretta delle opere, la produzione di foto hanno sempre scandito le tappe di tale viaggio. Ma ci siamo accorti solo redigendo questo libro di quante volte abbiamo ripetuto quel gesto semplice (apparentemente passivo, per certi versi "distrattivo") di guardare l’architettura attraverso l’obiettivo di una reflex per scattare una foto e portare a casa con sè un frammento, più o meno significativo, del mondo che osservavamo.
E se raramente abbiamo avuto la sensazione di trovarci nell’istante decisivo in cui – secondo la celebre definizione di Henri Cartier Bresson – "l’occhio, la mente e il cuore vengono messi sulla stessa linea di mira", oggi solo prendiamo coscienza del valore delle immagini selezionate e acquisite alla nostra memoria, lungamente, con spirito di semplice documentazione. Ci siamo resi conto alla fine del nostro lavoro che esiste un filo sottile e diretto che unisce la scrittura alle idee, la mano – che traccia i segni sulle pagine bianche – all’occhio e allo sguardo gettato sulle cose del mondo. Se la scrittura, da un lato, è guidata ed alimentata dalla mente, dall’altro – come ci ricorda Roland Barthes – si ricollega all’occho che partecipa all’azione dello scrivere in modo complesso ben al di là del controllo e dell’indirizzo della mano stessa. L’atto della scrittura, nel suo avanzare, ha bisogno della visualizzazione delle idee, della successione – spesso veloce e sequenziale – di figure da richiamare alla mente, da rammemorare. Ecco allora venire in superficie, e disvelarsi in forma chiara il rapporto con le immagini numerose, variegate, "concatenate" de L’architettura di pietra trovate a volte per caso, altre cercate ostinatamente nell’archivio della memoria e riproposte all’attenzione del lettore nella struttura narrativa del libro. D’altronde l’opera a stampa non è solo "parola stampata" ma anche "foto stampata", "disegno stampato".
Ci siamo interrogati, ad un certo punto del nostro lavoro, sui modi attraverso cui abbiamo alimentato la scrittura de L’architettura di pietra sfruttando le immagini interiori, fatte venire in superficie dall’archivio della memoria per indagarne il loro significato, facendole scorrere lentamente sotto i nostri occhi, a costruire possibili associazioni e tessiture all’interno del nostro racconto. Contemporanemente abbiamo ripercorso la nostra vita, i tanti viaggi effettuati sotto la luce fredda e breve degli inverni o quella calda dei mesi estivi. Sia pur per frazioni di secondi, ogni itinerario è riaffiorato alla mente, ogni tappa è riemersa, ogni dettaglio è sembrato degno di offrire un piccolo tassello alla costruzione del racconto visivo dell’opera. Abbiamo rivisto quello che avevamo già visto ma anche scoperto cose nuove, nessi costruttivi, dettagli fissati sulla pellicola che ci erano sfuggiti nel momento della ripresa, quasi un risarcimento dei nostri ricordi, della nostra fallace memoria. L’architettura di pietra , quindi, come racconto di molteplici e concatenate immagini che delineano una sorta di stenografia visiva del tema, strutturato come in una sequenza filmica; un libro che si offre anche come album da sfogliare, con lentezza, per il piacere della visione.
Un libro sul guardare. L’occhio può, così, scorrere con azione contemplativa e forza interrogativa nelle pieghe dello spazio e del tempo, sul paesaggio di pietra, sulle opere, sui dettagli che ne imbasticono il palinsesto narrativo. Selezionare porzioni di realtà, ricercando e seguendo anche il racconto dei ruderi; non pietre banali sull’abisso dell’oblio, ma reperti vivi indagati quali accumulo di lavoro umano, di sapienze costruttive, di idee architettoniche; parti di un discorso architettonico mutilato dal tempo ma custodi di valori, di insegnamenti concreti. Nè deterministico è mai apparrso il rapporto fra parole ed immagini. Nella costruzione dell’opera a stampa, a volte sono state cercate le parole adatte a descrivere le immagini "recuperarate", per commentarle, per sostenerle; altre volte le parole e i concetti che le articolavano hanno atteso le immagini per avere una testimonianza, una presenza e una risonanza visiva. Ogni opera è il tentativo di comprensione della realtà delle cose che lo alimenta e, allo stesso tempo, nuovo racconto. Nel nostro caso immagini e parole – inscindibilmente legate fra loro – quali mezzi della costruzione narrativa dell’opera a stampa.

di Alfonso Acocella

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3 Gennaio 2005

Recensioni

La recensione di Parametro

L’architettura di pietra
Antichi e nuovi magisteri costruttivi

Alfonso Acocella
Lucense Alinea, 2004

di Paola Rossi

L’autore si conferma attento conoscitore, instancabile ricercatore, capace di condurre il lettore in un percorso graduale di approfondimento del vasto ambito del rapporto pietra- architettura. Non solo della pietra in quanto materiale vario della natura, ma della poetica del suo impiego come materiale per l’architettura dalle molteplici potenzialità, a partire dalle antiche sperimentazioni egizie, attraverso la tradizione degli archetipi, sino alla rivisitazione della recente cultura di progetto delle opere di architettura contemporanea.
Opera equilibrata, composta da scritti, citazioni, immagini, disegni tecnici e schemi preziosi, valutati e inseriti con coerenza e misura, ai quali sono stati affidati i difficili ma riusciti intenti di concorrere alla rivalutazione del sapere progettuale e costruttivo della tecnologia lapidea, per molto tempo trascurata a causa del prepotente insorgere delle nuove tecnologie basate su materiali artificiali, e di “mantenere in vita la memoria di generi diversi”, svincolandosi concettualmente dalla contemporanea modalità di approccio ai temi della disciplina. “La progettazione di una nuova architettura del libro di architettura”, come frutto di una attenta e metodica opera di riflessione, come tentativo di sintesi globale e attualizzazione dei concetti sostanziali della disciplina indagata. Operazioni culturali, queste, sulle quali l’autore concentra da anni il suo lavoro, ma che avverte come sempre più impraticabili poichè annebbiate da azioni editoriali tese alla “periferia dei temi della disciplina”. L’architettura di pietra indaga e svela l’essenza della materia nella sua complessità attraverso l’utilizzo di più registri indagativi: storico-culturale, tecnico, architettonico, progettuale. Ed è proprio per questa pluralità di intenti e sfaccettature che il testo non può essere definito un manuale, un trattato, un libro di critica o di storia dell’architettura, ma tutte e nessuna di queste, ovvero un testo di mutazione di transizione per una “nuova architettura” del libro. Un volume nuovo nell’articolazione dei contenuti, nei rapporti tra i diversi livelli di informazione, nella natura e nel carattere dei dispositivi comunicativi dell’opera affidati a Massimo Pucci. Proprio a quest’ultimo si deve l’essenziale regia grafica, elegante linea conduttrice, che facilmente si adatta alle necessità del viaggio esplorativo teso alla ricerca di un spazio di riflessione necessario alla rivalutazione di un materiale da costruzione fondamento dell’architettura. Spazio di riflessione nel quale il pensiero trova tempo, agio e possibilità di fluire in più direzioni: seguendo il filo conduttore proposto dall’indice del testo attraverso i capitoli principali oppure approfondendo ambiti scindibili dall’unitarietà dei contenuti del volume, come i fondamenti basilari dell’architettura di pietra, i modi e le prassi esecutive della tecnica del costruire, le opere contemporanee, quali esempi emblematici per la comprensione dello stile costruttivo litico, ed altri possibili campi d’interesse, ispirati dai tanti “riferimenti al circostante” prespresenti nel testo.

(Continua su Parametro.it)

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The Spa in Vals (1994 – 1996). Peter Zumthor

Vals, an isolated village situated at 1,200 m. above sea-level in a valley among the Grigioni mountains, boasts the presence of therapeutic spring water. The architect Peter Zumthor was asked to design a new spa complex in the proximity of an existing hotel, which was instantly acclaimed a masterpiece of contemporary architectural design. The architect himself describes the project as follows:
“The new building is a large stone construction with a grass roof, wedged into the mountain with which it forms a single body. It is a solitary structure rather different from the other, pre-existing buildings; the reason for this is that it was designed to underline another, more important feature: its intense relationship with the primitive energy and geological character of the surrounding mountains. In developing this idea, we liked to think that the building could give the impression of being older than the adjacent building, that is, a timeless presence in this landscape. Mountains, stone, water, building in stone, with stone, inside the mountain, building outside the mountain, being inside the mountain: the attempt to make architectural sense of this chain of words was what guided the project and, step by step, gave shape to it.”1
Dominated by the horizontal dimension, the building consists of a large stone volume leant against the mountain slope, “hollowed out” inside in a sublime manner by means of a spatial continuum featuring differently shaped cavities in which the architect has only worked with light and shadow, with the mirror qualities of the pools or the densely opaque of the steamy air, with the different sounds that water makes when coming into contact with stone, and with the intimate feeling experienced by naked bodies during the ritual bathing.
As if carried into the hard interior of the mountain, the sequence of “geometric caves” is composed of large vertical blocks of stone around which the spring water runs or is collected; massive, compact pillars arranged in a calculated spatial order which, although perceptible, is never completely evident. While the building, which from the outside appears as a solid monolith, on the inside reveals its “hollowed out” nature, the pillars themselves are also hollow and accessible in a series of fascinating, somewhat isolated points.
Starting from the narrow shaded entrance corridors, the spatiality of the Vals Spa gradually grows in a crescendo of size, luminosity and perspective, producing a series of strong sensorial effects, as one wanders from pools of water at different temperatures to wall openings looking out over the Alpine landscape, through closed or communicating spaces with evocative names referring to the diverse “atmospheres” in the Spa (such as “the sounding stone”, “the fire bath”, “the massage block”, “the sweating stone” and so on).
The idea of the hollowed-out, subterranean character of the building led Zumthor to create a series of precise cuts in the ceiling, where the concrete slabs have been laid alongside each other without touching: “scalpel-like” incisions in the body of the building. These slits let in bright beams of natural light, which change according to the seasons and the weather; at certain times of the day, artificial light plays a supplementary, technical role. Fluxes of light that descend from above, graze the walls and further emphasise the material qualities of the stone, or filtered through coloured crystals, increase the magic aura of the Spa.
The internal and external surfaces of the parallelepiped’s walls are characterised by the uniform stratification of the local stone – a siliceous, schistose quartzite quarried one thousand metres higher up the valley, and cut into thin slabs or long ashlars of various sizes (31, 47 or 63 millimetres thick, and from 80 cm. to 2.5 m. long). These measurements are designed to complement one another and enable the stones to be arranged in such a way as to come up flush with the window and door frames and the stairwells, without having to modify the thickness of the masonry courses for the entire length of the walls.
The walls themselves are not made entirely from stone; the thin slabs, superimposed one upon the other, form a layer of stone cladding, from 12 to 15 cm. thick, laid on top of a base of reinforced concrete. What has been called the “Vals mixed wall” is a solid combination of a concrete nucleus and stone facing; the arrangement of the latter, laid with thin joints between one stone and the next – created using a special synthetic mortar – acts as a caisson for the reinforced concrete to which, in the end, it is permanently bonded.
The building was constructed by building sections (consisting of several masonry courses) of about 80 cm. in height each time, so as to avoid the stones coming apart when the concrete was poured into the interstice behind the masonry facing. The individual stones, separated by almost imperceptible joints, appear as very thin, carefully staggered listels, giving the facing an unusual contemporary design, almost as if it were a grey-green fabric of a vibrant lightness.
Beneath its apparent simplicity, the entire building conceals a carefully conceived wall design by means of which Zumthor wished to reinforce the monolithic homogeneity of the structure dominated by the principle of stratification.
The stone descends from the walls in a basically continuous manner, onto the pavement, where the stone slabs get wider and create an opus quadratum pavement design, often varied and part of an overall “spiral winding” composition, following the spatial cells of the spa pools, or of a rectilinear axial nature, indicating the main ways out of the building to the open-air pool.
Here, as with the interior, the horizontal rhythm of the wall’s stratification proceeds in a continuous fashion along the steps’ risers which descend below the water level to the bottom of the pool. Architectural details such as the “overflow” continue – along a horizontal plane – the fascinating story of the stone from Vals; their “heterogeneous” impermeable joints and the stainless-steel channels, fit in well with the vibrant stone material, so that the observer is not distracted by them, and perceives just the stone itself.
This idea of continuity and homogeneity, which is peculiar to Zumthor’s architectural style, may be considered perhaps the most meaningful, “generative” feature (together with the contribution made by light and space) of the aura of Vals Spa.
The Swiss architect who designed the Vals complex has the following to say about architecture in general: “Architecture is called upon to create a whole from innumerable individual components having different functions, and of diverse shapes, materials and sizes. For corners and joints – those points where surfaces intersect and diverse materials meet – we need to design meaningful constructions and shapes. These special shapes are used to establish the delicate intermediate measurements within the main proportions of a building. The details define the formal rhythm, the proportional refinement of the scale of a building.
Details have the task of expressing that which the basic design requires in that particular point of the object: union or disjunction, tension or lightness, friction, solidity, fragility (…). Details, when they are successful, are no mere decoration. They do not distract or entertain, but induce the observer to understand the whole, to whose essence they necessarily belong”.2

Alfonso Acocella

1 Peter Zumthor, “Le terme di Vals. Pietra e acqua”, Casabella no. 648, 1997, p.56.
2 Peter Zumthor, Pensare architettura, Baden, Lars Müller Publishers, 1999, p.16.

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28 Dicembre 2004

Recensioni

La recensione di Floornature

Ci sono libri che non possono mancare nella libreria di un architetto, come “L’architettura di pietra” di Alfonso Acocella, edito da Alinea in collaborazione con l’associazione Lucense.
Il volume, corposo sia per formato che per contenuti, è frutto di un lungo lavoro mirato a delineare una “nuova architettura” del libro. Non assomiglia ad un trattato, nè tanto meno ad un manuale o ad un libro di storia: L’architettura di pietra è una pubblicazione a cavallo tra questi generi, con una grafica ed una trattazione di testi, foto e disegni nuova. Come anticipa il sottotitolo “antichi e nuovi magisteri costruttivi”, il libro indaga sulle tecnologie del costruire in pietra a partire dagli “inizi”.
Le origini dell’architettura lapidea vengono riscontrate nel periodo egizio, quando per la prima volta si comincia a cavare la pietra con finalità architettoniche ben definite e soprattutto arrivando ad edificare complessi monumentali dalla bellezza insuperata.
Gli altri capitoli presentano l’applicazione dei materiali lapidei nei diversi elementi costruttivi (muri, colonne, architravi, archi, superfici, coperture, suolo, materia), analizzandone genealogia, struttura e prassi esecutive con foto, disegni tecnici e schemi di posa, in maniera esauriente e puntuale.
Ogni capitolo si conclude con una carrellata di progetti, contemporanei e di grandi maestri dell’architettura, che mostrano soluzioni progettuali singolari, particolarmente ricercate ed arricchite con descrizioni sul processo di costruzione e disegni inediti.
Le parole degli autori ben esemplificano lo spirito del volume:
‘Riteniamo che pensare e comunicare architettura – al pari di progettare architettura – significhi associare, connettere fra loro elementi di diversa origine, carattere, importanza; creare gerarchie ed intessere strutture concettuali per portare alla coscienza una memoria fatta di immagini che possa essere consultata, esplorata ogni volta con calma anche da prospettive diverse.’
Per ora solo in italiano ma, visto il respiro internazionale dei progetti selezionati e il diffuso interesse per le tematiche affrontate, è già in cantiere l’edizione in inglese.

(Continua su Floornature)

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28 Dicembre 2004

Recensioni

La recensione di Archinfo

L’architettura di pietra: antichi e nuovi magisteri costruttivi

Alfonso Acocella
Lucense Alinea
2004

Tra i più antichi materiali per costruire, la pietra ha accompagnato la storia dell’uomo. “L’Architettura di pietra”, imponente volume per dimensioni e contenuti, intende proporsi, nelle parole dello stesso autore come un “luogo archeologico” che fonde insieme i diversi generi del trattato, del manuale, del libro di critica e di storia, del repertorio di esempi. Un obiettivo complesso e ambizioso, che ci sembra mirabilmente raggiunto dall’autore.
Dalle piramidi a gradoni dell’antico Egitto alle Terme di Peter Zumthor a Vals, la storia e la tecnologia del costruire con i materiali lapidei si dipana seguendo il filo degli elementi che la compongono: muri, colonne, architravi, archi, superfici, coperture, suolo, materia. L’apparato iconografico è di sorprendente qualità: numerosi gli esempi di architetture di tutti i tempi e ampia la scelta delle architetture contemporanee, splendidamente fotografate; chiari e approfonditi i dettagli tecnici e i disegni.[…]
L’autore riesce ad affascinare il lettore – che sia progettista, cultore della materia, neofita o studente – nell'”orizzonte vasto dell’architettura in pietra”, guidandolo in un percorso non solo di storia e di tecnologia, ma di riflessione sull’architettura e sul costruito.
Non da ultimo, va segnalato l’impianto grafico del volume, che si distingue per accuratezza, chiarezza e rigore.

di Archimagazine

(Tratto da Archinfo)

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28 Dicembre 2004

Recensioni

La recensione di Archimagazine

Premessa all’opera
Nelle regioni dell’Europa mediterranea è ancora evidente la permanenza di una tradizione legata ad una concezione costruttiva di tipo litico. Su questa permanenza di tecnica è incentrato lo svolgimento della pubblicazione originata da una ricerca effettuata in cinque anni di lavoro fra l’indagine e lo studio degli archetipi costruttivi e la messa a fuoco delle numerose proposte di attualizzazione, se non addirittura di sperimentazione innovativa, che hanno investito con rinnovato interesse un ambito significativo della cultura progettuale contemporanea.


Museo di Gibellina di Francesco Venezia (Foto di A. Acocella)

Contenuti, approccio metodologico, destinatari della pubblicazione
La pubblicazione – mediante la redazione di analitici ed esaustivi testi esplicativi di natura teorica e tecnologica, la predisposizione di disegni tecnici ad hoc, unitamente ad immagini fotografiche originali a colori dell’Autore (per un totale di oltre 1800 illustrazioni) – si configura come libro di cultura architettonica e, contemporaneamente, come una miniera di informazioni, suggestioni, indicazioni trasferibili nell’operatività professionale.
L’obiettivo principale è di approfondire e sistematizzare attraverso un volume unitario – in conseguenza dell’inesistenza di un vero manuale tecnico ed architettonico sulla tecnologia lapidea nella recente produzione editoriale nazionale ed internazionale – le grandi potenzialità della pietra (dove per pietra si intende l’insieme di tutte le famiglie commerciali dei litoidi: marmi, graniti, travertini, pietre in senso stretto) enfatizzandone i variegati ed inesauribili valori culturali costruttivi, espressivi, cromatici, ambientali, di durata, ecc.
In sintesi i caratteri editoriali della pubblicazione offrono, in modo del tutto originale, un taglio concettuale di fusione della tradizione tecnico-manualistica di definizione illuministica con l’approccio critico tipico della letteratura moderna.
Il volume è costruito, dialetticamente, sulla contrapposizione-continuità dei motivi di origine (gli archetipi) rispetto ai temi del presente (gli aggiornamenti e le innovazioni) dell’impiego della pietra all’interno dell’odierno panorama dell’architettura sia nazionale che internazionale.
I nove capitoli del libro (Inizi, Muri, Colonne, Architravi, Archi, Superfici, Coperture, Suolo, Materia) sviluppano, in modo chiaro ed esauriente, il senso progettuale degli elementi costruttivi fondamentali dell’architettura.
Il volume è rivolto, senza distinzioni, a tutte le figure del mondo della progettazione (architetti, ingegneri, geometri), a quelle delle scuole di architettura e di ingegneria (docenti, studenti, neolaureati), della cultura in generale, della storia dell’arte, del settore archeologico.
(Continua su Archimagazine)

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28 Dicembre 2004

PostScriptum

Alfonso Acocella Post Scriptum

Per una "nuova architettura" del libro (Tratto dal testo)
È sempre una grande perdita per ogni opera non trasmettere la memoria delle occasioni che l’hanno generata insieme ai momenti creativi che ne hanno delineato in abbozzo la sua struttura. Abbiamo imparato che il concepimento di un’idea ha, congiuntamente, sempre una componente di contemplazione e una di visione; chi concepisce un’idea vede, sia pur per un attimo, la luce, il disegno delle cose là dove appare ai più solo confusa massa. Saremmo soddisfatti del nostro libro se solo riuscisse ad emanare un bagliore nella "luccicante oscurità" del nostro presente.
Eccoci, allora, a rammemorare da questa insolita prospettiva il kairos (l’attimo propizio dell’annuncio all’azione), le domande interiori quale campo di preparazione all’ideazione de L’architettura di pietra e gli atti del "dopo-idea" legati alla realizzazione dell’opera stessa.


Terme a Vals di Peter Zumthor (foto A.Acocella)

Agosto 1999. Le immagini di rovine immote dell’assolata acropoli di Velia, a pochi chilometri di Poseidonia, ci circondano scorrendo davanti allo sguardo che guida le inquadrature della vecchia reflex meccanica, prolungamento oramai naturale del corpo e della visione interiore sulle cose del mondo; siamo, sotto il cielo turchino del Mediterraneo, sulle tracce delle origini dello "stile laterizio", e Velia si sta dimostrando, in questa prospettiva di lavoro, uno scrigno ricco di sorprese.
Il trillo del cellulare rompe il silenzio e la magia del luogo. La voce inaspettata e amichevole di Enrico Fontana, a nome della LUCENSE di Lucca, reca un invito, un’opportunità. È l’annuncio della messa a disposizione di risorse e conoscenze adeguate all’impresa, alla ri-progettazione di un viaggio già delineato, tracciato sulla carta e nella memoria: l’esplorazione dell’orizzonte vasto dell’architettura di pietra.
La decisione è subito presa.
La lenta preparazione all’impresa coinvolge, dagli inizi, la riflessione sulla natura dei dispositivi indagativi e comunicativi dell’opera. Si ricercano le soluzioni più appropriate.
È stato sottolineato più volte come, da almeno un secolo, s’è interrotta la tradizione dei trattati di architettura. Ogni profonda e sistematica opera di riflessione, ogni tentativo di sintesi generale e di attualizzazione dei fondamenti teorici della disciplina, è risultato sempre più impraticabile e, conseguentemente, bandito dall’agenda degli architetti.
Insieme al trattato, la stessa produzione di manuali di progettazione (siano essi tipologici o tecnologici) è apparsa offuscata nei modelli elaborati e messi a disposizione dei progettisti negli ultimi decenni.
Nè lo stato di salute degli altri generi della letteratura contemporanea di settore – monografie di architetti, repertori di architetture, libri di critica e di storia – si presenta nel complesso incoraggiante; si assiste qui all’azione svolta alla "periferia" dei temi della disciplina da parte di scritti di architettura che guardano, generalmente, in modo elusivo o agiografico, il mondo delle trasformazioni e il valore del reale contemporaneo al punto da essere valutati – dai più – invisibili, se non inesistenti.
A fronte di questo stato di incertezze, se non di crisi, dove ancorare le nostre attese? Potrebbe aver senso – ci siamo chiesti ad un certo punto del processo mentale che prepara il terreno ad ogni idea – tentare di ricomporre quanto vi è di più peculiare, e strettamente vitale, nei vari generi letterari della nostra disciplina tentando la progettazione di una "nuova architettura" del libro di architettura? Nuova nella individuazione e nella strutturazione dei contenuti, nuova nello sguardo portato sul tema attraverso i diversi apparati iconografici, nuova nell’articolazione e gerarchizzazione dei livelli di informazione, nuova – infine – nella progettazione grafica e nella comunicazione del tema.
Nè trattato, nè manuale, nè libro di critica o di storia, nè repertorio di exempla, ma libro a cavallo dei vari generi. Un’opera a stampa quale risultato di fusioni, di associazioni, di elementi nuovi integrati da "materiali di spoglio".
Ci piace presentare il nostro libro come "luogo archeologico" che ha tentato di mantenere in vita la memoria di generi diversi. Se ci applicassimo nell’analisi e nello smontaggio dell’opera vi troveremmo dispositivi comunicativi, frammenti di idee e di pensieri, segni "sradicati", con una certa violenza, da contesti che abbiamo imparato a conoscere, ad apprezzare, ad amare e che, forse, proprio per questo, abbiamo voluto far rinascere istintivamente nel nostro lavoro con l’auspicio di gettare nuova luce sul mistero delle cose del mondo e sulla stessa vita del libro di architettura.
L’obiettivo sotteso a L’architettura di pietra non è quello della ri-definizione di un linguaggio universale dello "stile litico" ricalcato sulle impronte secolari del linguaggio classico – che pure abbiamo guardato ed indagato con partecipazione – o sulle declinazioni formali attualizzate delle opere contemporanee, bensì la ricerca di un luogo convergente ed unitario di riflessione utile alla riconsiderazione e all’azione di riabilitazione di uno dei modi di costruzione più antichi e rappresentativi dell’architettura.
I contenuti del volume, pur indirizzati mediante processi associativi verso la delineazione di un corpus unitario, si presentano all’attenzione del lettore disaggregabili ed enucleabili attraverso tre principali ambiti tematici: i fondamenti (o, se si vuole, la cultura di progetto, quale sedimentazione di idee e di concetti basilari dell’architettura di pietra), i modi e le prassi esecutive che delineano nel loro complesso lo stile tecnologico nei suoi tratti essenziali e canonici, infine le opere contemporanee – singolari, precise, autoriali – che con la loro azione di attualizzazione dello "stile litico" arricchiscono, spostano, modificano l’equilibrio raggiunto dalla cultura di progetto nell’ultimo presente.
A questa tripartizione del tema di studio corrisponde, simmetricamente, una specifica articolazione di visualizzazione degli elementi comunicativi (testi, foto, disegni) nell’innovativo progetto grafico del libro, caratterizzata da una differenziata composizione ed impaginazione.
Siamo così ritornati al medium, al dispositivo narrativo che sin dall’avvio della ricerca abbiamo ricercato (e alla fine trovato grazie al talento creativo di Massimo Pucci) per valorizzare i diversi contenuti de L’architettura di pietra. Riteniamo che "pensare" e "comunicare architettura" – al pari di "progettare architettura" – significhi associare, connettere fra loro elementi di diversa origine, carattere, importanza; creare gerarchie ed intessere strutture concettuali per portare alla coscienza una memoria fatta di immagini che possa essere "consultata", "esplorata" ogni volta con calma anche da prospettive diverse.
Settembre 2004. L’opera a stampa è pronta, confezionata; mancano solo queste brevi note per la "bandella" della sovraccoperta, con funzione di "avvicinamento", di "ingresso" al volume che, a breve, incontrerà i suoi lettori. Ci chiediamo – in questo momento finale e fuggente – se abbiamo scritto per loro o anche per loro.
Non siamo pronti alla risposta. Un Post scriptum potrebbe rappresentare una sorta di mappa per ripercorrere a ritroso il nostro viaggio e, anche, per rispondere a questa domanda sopraggiunta in chiusura del nostro lavoro.

Alfonso Acocella

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20 Dicembre 2004

Recensioni

La recensione di Edilportale

Un unico "corpus" letterario in cui sono riconnessi molteplici temi legati all’architettura fatta con la pietra, ieri ed oggi. È questo l’obiettivo del libro dal titolo "L’architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi" di Alfonso Acocella, docente esperto e appassionato dei materiali della tradizione costruttiva italiana. Nell’attuale letteratura architettonica la difficoltà, accresciutasi nell’ultimo secolo, di realizzare un’opera compendiativa – come avvenuto nella trattatistica del passato – insieme al diminuire della manualistica e di opere su tematiche di tipo generale, ha portato ad una produzione teorica che indaga i temi fondamentali dell’architettura in modo però sempre più periferico, così che la visuale offerta al lettore, concentrata sui molti temi specifici, non spazi troppo sul suo insieme e non porti a progettare forse più con quest’ampia consapevolezza.[…]
Di qui il tentativo di Acocella di proporre una nuova struttura del libro di architettura, basata sulla novità dei temi e del loro legame, articolandoli attorno agli elementi iconografici alla base dell’architettura litica. Lo scopo non è tanto sottolineare, in una visione unitaria, l’universalità della tradizione classica e le declinazioni della ricerca attuale nell’architettura in pietra, bensì “ricercare un luogo convergente ed unitario di riflessione utile alla riconsiderazione e all’azione di riabilitazione di uno dei modi di costruzione più antichi e rappresentativi dell’architettura”.
Rivolto a tutte le figure del mondo della progettazione, di quello accademico legato all’architettura e della cultura in generale, "L’architettura di pietra" si pone quale risposta alle carenze della letteratura italiana contemporanea sull’argomento. Questo sia da un punto di vista tecnico – indagando fin dai principi i modi del costruire in pietra e, quindi, rivolgendosi ai professionisti che vogliono utilizzarla in architettura nel modo più rispettoso e aderente al suo linguaggio – sia quale supporto da un punto di vista compositivo, per chi vorrà individuare nelle numerose esperienze trattate un percorso organico di conoscenza delle inesauribili potenzialità architettoniche di un materiale che si è lasciato "scoprire" nel tempo solo da chi si sia saputo rapportare ad esso con pazienza ed umiltà, traendone opere di sempre nuova valenza architettonica.
L’opera di Acocella indaga i fondamenti culturali, le prassi esecutive e le opere contemporanee del progettare in pietra relativamente agli archetipi fondamentali da sempre utilizzati in architettura: muri, colonne, architravi, archi, superfici, coperture, suolo e materia. Archetipi che diventano altrettanti capitoli del libro e lo strutturano con originalità.
L’opera, di così ampio respiro, intesse continuamente legami tra l’indagine attenta della tradizione storica e gli aspetti tipologico, materico-tecnologico, compositivo, evolutivo e poetico dell’architettura in pietra in generale, fino a rintracciare tutti gli archetipi dell’universo litico nell’originalità di una selezione di progetti significativi del panorama architettonico contemporaneo.
La ricerca muove dal fondamentale concetto di un’evoluzione temporale "circolare" e non "lineare" del costruire con i materiali lapidei, approccio che si rivela molto utile ai fini di un’acquisizione "sinergica" di tutte le informazioni, esteriori ed interiori.
Nell’ambito delle varie tematiche è privilegiato, poi, il valore dato dalla cultura italiana, più di altre, alla valorizzazione del legame del costruire in pietra con l’arte edificatoria universale, il cui ancora attuale primato nell’offerta produttiva e di servizi alla progettazione e manutenzione dell’architettura lapidea è retaggio di un’antica tradizione.
Gli sforzi della nostra società verso la "conoscenza" – sia per produrre innovazione, sia per valorizzare le conoscenze già acquisite, trasferendole temporalmente, spazialmente e funzionalmente – si ritrovano, inoltre, nella volontà del libro di mediare le conoscenze scientifiche del mondo accademico e le conoscenze applicate di quello della produzione. Artefici dell’opera, oltre al prof. Acocella, autore e promotore della pubblicazione, frutto di un attento progetto di ricerca durato cinque anni, sono infatti la casa editrice Lucense ed il Consorzio COSMAVE, testimoni e promotori dello sviluppo dell’economia marmifera apuo-versiliese.
Ponendosi come obiettivo il rilancio della cultura costruttiva lapidea, adombrata negli ultimi decenni dall'”invadenza delle tecnologie riguardanti i materiali artificiali”, "L’architettura di pietra" approfondisce e struttura le grandi potenzialità del costruire in pietra, cogliendo, pur in tale complessità, l’essenza della materia nei suoi molteplici ruoli in architettura, tradizionalmente appurati o ancora potenziali. Tutto ciò attraverso un ricco contributo di testi organici e di documentazione grafica e fotografica (quest’ultima quasi del tutto tratta dall’archivio personale dell’autore).
L’orizzonte geografico del libro è il bacino mediterraneo, in cui l’autore riconosce una ricorrenza di archetipi dell’architettura litica, riattualizzandoli a dispetto di una presunta evoluzione cronologica lineare di tale architettura e prescindendo, per una ben precisa scelta di lettura che diventa altresì premessa all’opera, dal considerare l’architettura del Movimento Moderno – con il suo "bianco ideologico" – quale spartiacque per l’utilizzo della pietra in architettura. Tale movimento, che in architettura rappresenta un momento fondamentale del percorso di ricerca moderno, è stato – secondo l’autore – più che un momento di svolta definitiva, piuttosto un momento di riflessione profonda concentrato nel tempo e quindi fortemente incisivo, così come accade per tutte le "avanguardie".
Il moderno, che si è spesso consegnato più caducamente – soprattutto dal punto di vista tecnologico – al presente, tranne proprio per quelle architetture che hanno utilizzato laterizio, pietra e marmo, a dispetto dei materiali artificiali, più vulnerabili e spesso già oggetto di consistente degrado, ha avuto maestri come Loos e Mies van der Rohe che, con il loro uso di marmi vistosamente colorati e policromi in un’architettura al contrario essenzializzata, hanno elevato la "materia" ad architettura, in un’esperienza ristretta ma decisiva.
Anche l’importante utilizzo lapideo nell’architettura italiana tra le due guerre è essenziale per la "decantazione" della tradizione, fino a farne evaporare gli indugi accademici e farne emergere l’essenza stilistica e tecnologica, così come avvenuto nell’esperienza di Terragni, Libera o Moretti.
Infine, arrivando al presente, l’estrema semplificazione stilistica dell’attuale architettura e dei suoi materiali risulta quasi una rinuncia a qualsiasi narratività architettonica, in una sorta di silenzio, privando di contesto e distinzione gli spazi e la materia e, pur senza un’assenza compositiva, ponendo qualche perplessità da un punto di vista del lessico architettonico.
Il taglio particolare e la ricca ricerca del libro di Acocella hanno il desiderio di accompagnare in un percorso di scoperta – intrapreso innanzitutto dall’autore – che conduca ad un’architettura lapidea più consapevole della necessità di una continuità con la tradizione in vista di una vera innovazione.

di Simonetta Salinari
(Continua su Edilportale)

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