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28 Settembre 2005

Eventi

Machado and Silvetti Associates

Premio internazionale architetture di pietra 2005
40a Marmomacc, Verona

Machado and Silvetti Associates (foto: © Richard Howard)

Machado and Silvetti Associates
Biblioteche Pubbliche di Boston, Honan-Allston Branch
Allston, Massachussets, USA, 1998-2001

La nuova sezione di Allston della Biblioteca Civica di Boston è una delle ventisette del sistema bibliotecario della città.
La zona verso il fronte stradale contiene tutte le componenti attive del programma informativo, comprese le scaffalature. La parte posteriore contiene tutti gli spazi di incontro e di attività sociale che hanno luogo fuori orario. La zona mediana è molto trasparente e alterna giardini e sale di lettura in padiglioni di vetro. Creando alcuni piccoli spazi a giardino piuttosto che un unico grande cortile, ogni sala di lettura è in grado di avere un giardino su due lati con caratteristiche diverse.
Il rivestimento policromo delle facciate della Honan-Allston Branch Library presenta una struttura tripartita che in parte rispecchia l’impostazione richardsoniana delle piccole biblioteche decentrate, in parte introduce, con il suo portato di ambiguità e contraddizioni, la moderna tecnologia del rivestimento lapideo realizzato mediante parete ventilata.
Due tipi di ardesia sono stati scelti per questa tripartizione: la “Heathermoor” del Vermont, di colore grigio-nero venata, per il basamento e per il rivestimento mediano, e la Norwegian “Black Lace”, di colori variabili dall’ocra, al ruggine, al rosso mattone, al grigio-verde, per il rivestimento superiore.
Per il basamento dei muri perimetrali della parte principale della biblioteca sono stati utilizzati “sculpings” di ardesia del Vermont, conci così chiamati per il processo di frantumazione lungo la venatura.
La stessa ardesia venata grigio-nera, ridotta in piccole lastre a spacco regolare, è stata anche usata per rivestire una parte della parete corrispondente alla sala di lettura. Le lastre, usate in due diverse dimensioni, sono montate secondo il tradizionale sistema a “shingles”, più comunemente usato per le costruzioni in legno, ossia posate in modo che la lastra superiore sormonti la parte alta di quella inferiore.
Un effetto particolare è stato assegnato all’Ardesia Norvegese sia per la vivace policromia sia per le grandi dimensioni delle lastre. La parete dalla caratteristica forma a farfalla si stende come un patchwork di tasselli regolari, ognuno di diverso colore e venatura, sulla facciata principale dell’edificio, lasciando fuoriuscire in evidenza come un filo di cucitura il sistema di ancoraggio.

Materiali lapidei utilizzati:
Ardesia Norvegese “Black Lace”, Ardesia del Vermont “Heathermoor”, “Natural Cleft Bluestone”
Fornitura della pietra:
Vermont Structural Slate Company, Fair Haven, Vermont, USA
Installazione della pietra:
Target Masonry, Bridgewater, Massachusetts, USA


Sezione di Allston della Biblioteca Civica di Boston (foto: © Michael Moran)
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(Vai a Machado and Silvetti Associates)

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28 Settembre 2005

Eventi

Premio internazionale architetture di pietra 2005

Premio internazionale architetture di pietra 2005
Promosso da Veronafiere nell’ambito delle manifestazioni scientifico-culturali della 40a Marmomacc, il Premio Internazionale Architetture di Pietra è alla sua nona edizione. Istituito nel 1987, rappresenta oggi uno dei più prestigiosi riconoscimenti per quelle opere che, per significato architettonico e qualità tecnico-espressive nell’uso dei materiali lapidei, costituiscono gli esempi più rilevanti nel panorama internazionale. Il Premio Internazionale Architetture di Pietra costituisce inoltre l’avvenimento qualitativamente più alto del dialogo che, attraverso Veronafiere, si sta sviluppando da anni tra architetti e sistema imprenditoriale marmo-lapideo.
Anche per questa edizione sono state chiamate a formare la giuria personalità di grande prestigio a livello internazionale:
Alfonso Acocella, Facoltà di Architettura, Università di Ferrara, Italia;
Vittorio Magnago Lampugnani, ETH di Zurigo, Svizzera;
Werner Oechslin, ETH di Zurigo, Svizzera;
Vincenzo Pavan, co-director USA Institute Italy, Verona, Italia;
Antonio Pizza, Escuela Tècnica Superior de Arquitectura de Barcelona, Spagna.

Nella riunione, tenutasi a Verona lunedì 18 aprile 2005 la giuria ha scelto di premiare, quali migliori realizzazioni degli ultimi anni a livello internazionale per l’uso dei materiali lapidei, le seguenti opere architettoniche:

Machado and Silvetti Associates
Biblioteche Pubbliche di Boston, Honan-Allston Branch
Allston, Massachussets, USA, 1998-2001

Motivazione: L’"Allston Branch" della famosa Boston Public Library riprende il concetto di "distribuire" la cultura – oltre alla sua solita collocazione centrale – nelle parti periferiche della grande città. Tale biblioteca riprende quindi il tema di ciò che è "pubblico". Il compito degli architetti era perciò di corrispondere architettonicamente a tale situazione, definibile "periferica-pubblica". È questo che Machado and Silvetti hanno perfettamente intuito. Al carattere pubblico corrisponde sia la forma "altra" (volumetria, inclinazione all’inverso dei tetti) sia la materializzazione: la pietra indica chiaramente il carattere pubblico. Lo annuncia simbolicamente a chi si avvicina e – una volta di fronte all’edificio – al visitatore che è chiamato ad entrare senza dover "trasgredire" alcun ostacolo. Machado and Silvetti hanno così saputo combinare in modo coerente il carattere pubblico della biblioteca con quello reso simbolicamente attraverso l’apparenza dell’edificio e la sua materializzazione lapidea.

Alberto Campo Baeza
Uffici per la Delegazione Provinciale del Servizio Nazionale per la Salute
Almería, Andalucía, Spagna, 1998-2003

Motivazione: L’opera, metafora del blocco stereometrico di pietra, declina in modo rigoroso ed assoluto il tema del rivestimento sottile. Continuità, complanarità, omogeneità e monografismo litico ne rappresentano i valori materici protagonisti, in ultima istanza la cifra linguistica dell’architettura stessa.

Pedro Pacheco e Marie Clèment
Cimitero, chiesa e museo da Luz
Aldeia da Luz, Mourão, Portogallo, 1998-2003

Motivazione: Progetto che mira alla creazione di un microambiente di nuova fondazione in cui il museo assume un ruolo nodale, evidenziandosi quale nesso costitutivo in relazione con la chiesa e il recinto cimiteriale preesistenti, riproposti in un diverso contesto ambientale. L’edificio museale è quindi da interpretare soprattutto come elemento di creazione paesaggistica; il materiale scistoso, adoperato nel rivestimento e nell’erezione di alcune murature, si confonde abilmente con i profili del terreno, in uno studiato contributo con il candore delle ricostruzioni e le forti variazioni luministiche, catturate e filtrate verso l’interno da "camini di luce", visibili da lontano.

Antón García-Abril/Ensamble Studio
Scuola di Alti Studi Musicali della Galizia
Santiago de Compostela, Spagna, 1999-2003

Motivazione: L’opera riunisce e salda in un unico gesto due aspetti oppositivi: l’essenzialità e la precisione assoluta della forma con l’irregolarità grossolana della materia litica allo stato delle prime fasi di estrazione. Il potente effetto di massa è frutto della razionalità costruttiva ottenuta attraverso la giustapposizione di lastre corpose sormontate come blocchi uniti nell’atto della loro prima messa in ordine sul piazzale di cava. Alla compattezza del volume esterno corrisponde una raffinata disposizione degli spazi e dei volumi interni, disegnati da una sapiente captazione della luce naturale.

Claudio Silvestrin
Giorgio Armani Stores
Parigi, Milano, Düsseldorf, Firenze, Mosca, Napoli, Boston, Chicago, Costa Mesa, Tokio, Atlanta, Atene, Vienna, Zurigo, Jeddah, Beijing, Dubai, Busan, Barcellona, Roma, Londra, Sao Paulo, Hong Kong, Seoul e Shangai

Motivazione: Nel mondo globalizzato della moda e del commercio, i negozi Giorgio Armani disegnati da Claudio Silvestrin si distinguono per la sintonia tra l’immagine dei contenuti e quella dello stile del contenitore. La riconoscibilità del marchio non è ottenuta, come spesso avviene, attraverso il gesto eretico ripetuto con proterva indifferenza, bensì grazie alla duttile ripetizione di architetture silenziose e eleganti i cui spazi risultano unificati dal raffinato rivestimento in pietra naturale chiara.

Nella medesima occasione, la Giuria ha ritenuto di assegnare il premio "ad memoriam", dedicato ad un autore scomparso il cui contributo all’architettura di pietra sia stato particolarmente rilevante, a Franco Albini (1905-1977) per l’opera:

Museo del Tesoro di San Lorenzo
Genova, Italia, 1952-1956

Motivazione: Opera molto nota all’epoca della sua realizzazione (1952-1956), la cripta del Tesoro della chiesa di San Lorenzo può essere oggi riscoperta alla luce della nuova sensibilità verso gli aspetti costruttivi e percettivi del materiale lapideo che la compone. Questo lavoro, tra i più felici di Franco Albini, inserisce nel registro formale della modernità l’apporto prezioso e sapiente di maestranze espressione di una antica cultura costruttiva non ancora scomparsa.

Come nelle precedenti edizioni la forma del premio è costituita dalla pubblicazione di un prestigioso volume contenente un’ampia documentazione delle opere premiate, a cui fanno da cornice saggi critici e storici di eminenti personalità del mondo dell’architettura.
Durante la 40a Marmomacc, il Premio Internazionale Architetture di Pietra sarà al centro degli eventi culturali programmati per "Marmo Arte Cultura" e verrà articolato in due eventi:

1. Cerimonia ufficiale di premiazione
La consegna dei riconoscimenti avrà luogo sabato 1 ottobre 2005 alle ore 10.30 presso la Sala Rossini, Centrocongressi Arena, Veronafiere, in una cerimonia durante la quale saranno consegnati i diplomi agli autori, i quali illustreranno le opere premiate ad un vasto pubblico di architetti, ingegneri, mondo universitario, operatori del settore marmifero.
Sono previsti gli interventi di:
Jorge Silvetti, Machado and Silvetti Associates, Boston, USA;
Alberto Campo Baeza, Madrid, Spagna;
Pedro Pacheco, Lisbona, Portogallo;
Antón García-Abril, Madrid, Spagna;
Claudio Silvestrin, Londra, United Kingdom.

2. Mostra delle opere premiate
Dal 15 al 19 settembre e dal 29 settembre al 2 ottobre 2005 sarà organizzata una mostra dei lavori premiati presso la Cittadella di Marmo Arte Cultura, Palaexpo II piano, Veronafiere. Le opere, illustrate da disegni e foto, saranno esposte in un allestimento unitario insieme ad una campionatura dei materiali lapidei utilizzati.

Architetturadipietra, nei prossimi giorni, dedicherà a ciascuna opera un approfondimento

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27 Settembre 2005

Eventi Pietre dell'identità

Stone Architecture


Palazzo Trinci a Foligno sede dell’esposizione (foto Danilo Marchesi)
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Stone Architecture a Foligno fino al 2 ottobre
Stone Architecture è l’esposizione di quattro differenti percorsi progettuali condotti dallo studio Marazzi Architetti di Parma, particolarmente significativi della ricerca più aggiornata sulle tipologie d’applicazione lapidea nell’ambito degli interventi a struttura e rivestimento.
La sede è quella prestigiosa di Palazzo Trinci a Foligno, a poca distanza da Perugia. Essa è compresa fra le locations museali poste in rete da “Attraversamenti”: evento biennale d’architettura contemporanea tenuto a battesimo quest’anno ed incentrato nella rassegna titolata “Lungo le nuove direzioni dell’architettura contemporanea” sull’attività selezionata di studi d’architettura emergenti in campo nazionale -26 studi da 16 regioni, meritoriamente segnalatisi per gli sforzi d’indagine progettuale e di ricerca innovativa.
Alla conclusione dei quattro giorni di biennale il 18 settembre scorso, in Palazzo Trinci la permanenza di Stone Architecture è estesa fino a domenica 2 ottobre. L’allestimento pure curato dallo Studio Marazzi specialmente eleva su piedistallo i modelli generali di progetto e quelli di studio degli involucri, anche offrendo al pubblico il contatto diretto con i campioni materici, frutto dello sviluppo prodotto dalle aziende fornitrici su indicazione dei progettisti.
Nella titolazione di ognuna delle esperienze progettuali proposte è individuata la specifica scelta lapidea connessa alle strategie compositive di volta in volta adottate: tufo, basaltina, bowenite e granito sono aggiornati in finitura e tecnologia di pannelli leggeri a struttura alveolare rispettivamente per il progetto vincitore del concorso per il nuovo Stadio Comunale di Siena, per il progetto della nuova sede della Provincia di Arezzo, per le torri mimetiche sulla costa cinese del Fujian e, sempre in Cina, per il complesso di residenze temporanee di Fuzhou.

(Vai a Attraversamenti)

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27 Settembre 2005

Eventi Pietre dell'identità

La pietra armata


L’Aula liturgica di Padre Pio. Visione dal sagrato
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CONVEGNO: LA RINASCITA DELLA PIETRA STRUTTURALE
Attualità della tradizione sterotomica e nuove frontiere della pietra armata

Sabato 1 Ottobre 2005 alle ore 15.00
Sala Salieri, Centrocongressi Europa – Palaexpo

Interventi:
Alfonso Acocella, Claudio D’Amato, Maurizio Milan, Amerigo Restucci, Joël Sakarovich, Richard Simonnet, Marc Vinches

MOSTRA: LA PIETRA ARMATA
Concezione e costruzione della chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, opera di Renzo Piano

29 Settembre-2 Ottobre 2005 Veronafiere
Cittadella di Marmo Arte Cultura, Palaexpo II piano

Mostra a cura di: Domenico Potenza
In collaborazione con: Favero & Milan Ingegneria, LPA progettisti associati
Promossa da: Marmomacc, Regione Puglia, Provincia di Foggia, Comune di Apricena, Comune di San Giovanni Rotondo
In collaborazione con: Provincia dei Frati Minori Cappuccini di Foggia, CCIAA della Provincia di Foggia, Confindustria Puglia, Associazione Industriali di Capitanata
Con il contributo di: Franco Dell’Erba, Apricena, Marmotek srl, Foggia

Il completamento e l’inaugurazione della nuova Aula Liturgica di Padre Pio a San Giovanni Rotondo ha aperto uno dei dibattiti più interessanti sulla costruzione di nuove architetture in pietra strutturale (sia in Italia che all’estero) e, considerato che l’intera opera progettata da Renzo Piano, uno dei più grandi architetti italiani nel mondo, è interamente realizzata in marmo e pietra di Apricena, l’intento è quello di produrre una mostra sugli aspetti tecnico costruttivi della nuova Basilica ed in particolare sui dettagli che maggiormente interessano la lavorazione di marmi e pietre.
La mostra presenta foto, disegni, modelli, video e quant’altro necessario alla comprensione degli aspetti costruttivi ed architettonici dell’opera.
Della mostra è stato realizzato un catalogo specializzato che, in maniera particolare, esplicita tutte le peculiarità delle tecnologie di lavorazione della pietra e dell’intimo rapporto che lega questa materia alla qualità complessiva dell’architettura.

(Continua su Marmomacc)

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26 Settembre 2005

Eventi Pietre dell'identità

L’Arte della Stereotomia

Escalier Ridolfi. Scala elicoidale a pianta circolare
Escalier Ridolfi. Scala elicoidale a pianta circolare
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Mostra
Veronafiere, Cittadella di Marmo Arte Cultura, Palaexpo II piano
15-19 settembre/29 settembre-2 ottobre 2005-09-16

Mostra a cura di: Claudio D’Amato e Giuseppe Fallacara
Coordinamento a Rodez: Richard Simonnet
Modelli in pietra: Compagnons du Devoir, Paris, Rodez, Nimes, France
Modelli infografici tridimensionali: Giuseppe Fallacara con la collaborazione di Marco Stigliano
Tavole: Dottorato di Ricerca in “Progettazione architettonica per i paesi del Mediterraneo”, Politecnico di Bari
Video: Michele Carbone
Progetto Escalier Ridolfi: Claudio D’Amato e Giuseppe Fallacara
Calcolo strutturale: Marc Vinches
Esecuzione: Luc Tamborero
Realizzazione: Impresa Leopizzi 1750, Parabita, Lecce
Fornitura della Pietra Leccese: Fratelli Mele, Cursi, Lecce
Promossa da: Marmomacc, Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari, Organisation Ouvriere Compagnons du Devoir du Tour de France, École des Mines d’Ales

I Compagnons du Devoir e le meraviglie della costruzione in pietra
Questa mostra, la prima in Italia dedicata ai Compagnons du Devoir, nasce da una intensa collaborazione tra la Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari e l’Association Ouvriere Compagnons du Devoir du Tour de France. Oggetto della ricerca tra le due istituzioni è lo scambio culturale e la riflessione sulla costruzione in pietra, sul suo valore e significato nella contemporaneità. Un confronto che unisce all’antico sapere dei tagliapietra lo studio e l’applicazione sulle recenti tecnologie di taglio e lavorazione dei materiali litici con l’ausilio di programmi informatizzati e macchine a controllo numerico.

Cos’è il Compagnonnage
Sorta in Francia più di otto secoli fa, la comunità di operai che ha preso il nome di Compagnos du Devoir è la più rigorosa e coerente istituzione di trasmissione del sapere e della esperienza pratica delle competenze professionali in Europa, comprendente oltre venticinque discipline. Nell’arte del costruire in pietra la formazione, Compagnonnage, avviene con un tirocinio intensivo e comunitario, il cosiddetto Tour de France,
che consiste nel viaggiare per molti anni transitando da città, imprese edili e cantieri, unendo la pratica diurna con lo studio serale.
“Essere Compagnon significa considerare il lavoro non come un fine a sè, ma come un mezzo per aprirsi e crescere. L’essenziale di questa filosofia consiste in pochi semplici precetti: trasmettere il proprio saper fare, essere volontario, retto e fedele ai propri impegni, essere capace di rimettersi in discussione, avere un marcato gusto per la libertà d’azione e di pensiero”.
I Compagnons du Devoir sono un’associazione riconosciuta di pubblica utilità; ovvero sono riconosciuti capaci di impegnarsi per una causa d’interesse generale: quella dell’evoluzione dei giovani e dei mestieri. Particolarmente importante è la loro esperienza nella applicazione della “stereotomia”, ossia l’insieme di conoscenze delle tecniche tradizionali del taglio delle pietre e del loro impiego nella costruzione di complesse strutture architettoniche massive codificate da Philibert de l’Orme nel suo famoso trattato del 1561.
La mostra intende dare uno spaccato della attività formativa del Compagnonnage presentando i risultati della ricerca sperimentale applicata condotta da questa singolare e unica scuola di formazione nell’arte del costruire in pietra. Si tratta di una selezione di chef d’ouvre, i modelli lapidei prodotti dai giovani tailleurs de pierre, dimostrativi delle capacità intellettuali e manuali acquisite nel corso della loro formazione.

L’Escalier Ridolfi
Questo progetto, condotto dalla Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari in collaborazione con l’Istituto Superiore di Ricerca e Formazione ai Mestieri della Pietra di Rodez (struttura dipendente dall’Associazione dei Compagnons di Devoir), dal Centre de Materiaux dell’École des Mines d’Ales e dall’Impresa Leopizzi 1750, prosegue e sviluppa una ricerca sul tema della “pietra armata” iniziato alcuni anni or sono dal prof. Claudio D’Amato nel Dottorato di ricerca in “Progettazione architettonica per i paesi del mediterraneo”.
Dedicata al grande maestro dell’architettura italiana del Novecento, Mario Ridolfi, la scala elicolidale presentata in questa mostra è una piccola sfida lanciata al formalismo architettonico contemporaneo per sottolineare la presenza di una sotterranea ma vitale modernità “altra”.
La scala a pianta circolare del tipo Caracol de Mallorca realizza una “volta” elicoidale spingente formata da una sequenza di gradini reiterati polarmente.
L’ipotesi statica consiste, in assenza sia delle murature d’ambito (per il contenimento delle forze orizzontali), che del solaio di arrivo (per l’eliminazione di spostamenti dei conci), nell’inserimento di armature interne alla massa lapidea (trazione dei cavi e compressione della “volta”) al fine di assicurare l’equilibrio globale dell’opera.
La scala è stata realizzata manualmente in pietra leccese dai Compagnons du Devoir, ogni gradino ha richiesto un giorno e mezzo di lavorazione.
È stato realizzato anche – ai fini di una comparazione di lavorazioni e di costi – un gradino in marmo di Carrara (il cui grado di durezza è molto superiore a quello della pietra leccese) con macchine a controllo numerico, che ha richiesto venticinque ore di lavorazione.

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Liquid Stone

LIQUID STONE
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LIQUID STONE
La modellazione in digitale della pietra e i nuovi linguaggi fluidi dell’architettura

Mostra
Veronafiere, Cittadella di Marmo Arte Cultura, Palaexpo II piano
15-19 settembre / 29 settembre-2 ottobre 2005
cura di: Vincenzo Pavan e Pongratz Perbellini Architects

Design di: Pongratz Perbellini Architects (Christian Pongratz, Maria Rita Perbellini)
Collaborazione: Paulo Ernesto Flores
Video: Video Futura
Con la collaborazione di: Testi Fratelli, Sant’Ambrogio di Valpolicella e Scuola del Marmo di Sant’Ambrogio di Valpolicella, Istituto CFP “Paolo Brenzoni”
Realizzazione dei mock-up: Team Scuola del Marmo: Sergio Tommasi (Coordinatore progetto), Dario Marconi (Esecuzione e assemblaggio), Paolo Pellino (Programmazione), Allievi del corso “Stone Technical Operator”, Regione Veneto, Fondo Sociale Europeo
Promossa da: Marmomacc
Con il contributo di: Associazione degli Industriali di Verona

La modellazione in digitale della pietra
La progettazione architettonica sta vivendo un’inedita fase grazie ai nuovi processi di design digitale in 3D. Un gruppo di architetti della cosiddetta corrente “formalista” (dei quali si ricordano
gli americani Greg Lynn, RUR Architecture, Winka Dubbeldam, Kolatan e McDonald, e gli europei Foreign Office) sta sperimentando e realizzando opere caratterizzate dai recenti linguaggi ispirati alla fluidità delle forme applicata a materiali diversi. Lo studio Pongratz Perbellini, grazie alla collaborazione con Fratelli Testi, ha iniziato una propria specifica ricerca sui materiali lapidei, i quali, lavorati con l’ausilio di macchine a controllo numerico, possono essere modellati in modo inusuale. Questo ha reso possibile la realizzazione sia del mock-up del progetto “La Grotta”, esposto nella 39a Marmomacc, sia di “Hyper-Wave”, una parete verticale di rivestimento in pietra.
La Scuola del Marmo di Sant’Ambrogio di Valpolicella ha inserito nel corso “Stone Technical Operator” della Regione Veneto FSE un programma di sperimentazione collegato alle ricerche di Pongratz Perbellini Architects sulle superfici fluide con l’obiettivo di realizzare un’esperienza di modellazione di superfici lapidee applicando programmi informatizzati 3D.
Grazie alla collaborazione e all’assistenza di Fratelli Testi una equipe di allievi e docenti del corso FSE ha realizzato quattro frammenti di parete con tipi di marmi diversi: Rosso Verona, Bianco di Carrara CD, Moleanos e Pietra Serena. I quattro mock-up, elaborati su textures differenziate, sono stati lavorati con macchine a controllo numerico e completati con finitura manuale.
Questa sperimentazione può trovare applicazione in rivestimenti lapidei di superfici interne ed esterne con la possibilità di utilizzare lastre di dimensioni diverse (nei mock-up in mostra la modellazione è stata effettuata su lastre di cm. 290x110x3, poi tagliate in formato più piccolo).
La mostra presenta il progetto e la realizzazione dei quattro mock-up e un video-clip che visualizza la struttura delle textures e la fluidità plastica delle superfici nella rappresentazione tridimensionale.
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21 Settembre 2005

Eventi

Kengo Kuma. Selected work 1994 – 2004


La mostra negli spazi del Palazzo del Governo (foto di Beppe Maisto)
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29 giugno-30 settembre 2005
Mostra itinerante a cura di Luigi Alini
Palazzo del Governo
Via Roma, 32 – Siracusa

Kengo Kuma. Selected work 1994 – 2004
La mostra frutto dalla collaborazione tra la Provincia Regionale di Siracusa e la Facoltà di Architettura della stessa città, è la prima monografica itinerante allestita in Italia sull’opera del maestro Kengo Kuma.
La mostra privilegia come ambito di indagine le relazioni tra ideazione e costruzione, materia e forma, aspetti che nell’opera di Kuma sono intimamente connessi.

Le opere in mostra sono:
Museum of Hiroshige Ando, Batou, Nasu-gun, Tochigi, 2000
Takayanagi Community Center, Takayanagi, Kariwa-gun, Niigata, 2000
Nasu History Museum, Nasu, Tochigi, 2000
Great Bamboo Wall, Bejiing, China, 2002
Plastic House, Meguro, Tokyo, 2002
Adobe Museum for Wooden Buddha, Toyoura, Yamaguchi 2002

Il materiale presentato punta a restituire delle opere la loro “genesi”, “gestazione” e “nascita”, fino a far emergere quello che è dietro l’architettura e che la rende possibile, il “non visto”, la fatica quotidiana del fare, il “lavoro paziente” che Kuma compie sulla materia per farla divenire costruzione, materia formata.
L’allestimento della mostra, progettato dallo stesso Kuma, è costituito da sei box, che fungono sia da strutture espositive sia da “contenitori” per il trasferimento della mostra nelle altre sedi. I box, tutti diversi tra loro, sono realizzati con gli stessi materiali impiegati nella costruzione delle opere esposte. Questa scelta è tesa a rendere ancor più evidente, anche dal punto di vista tattile, il “principio generativo” delle opere esposte. Le architetture sono presentate in relazione ad alcuni “temi radice”, che costituiscono delle “invarianti” nell’opera di Kengo Kuma: natura/artificio; luce/ombra, semplice/complesso, opaco/trasparente, provvisorio/permanente, massivo/leggero, superficie/profondità, univoco/molteplice, trama/ordito, continuo/discontinuo, ripetizione/variazione, alto/basso. Ricorrendo ad una sorta di “sistema retorico”, Kuma annulla ogni contraddizione: la costruzione si fa narrazione e l’unità è generata dalla ripetizione della parte. Un modo di operare assimilabile proprio alla natura retorica del linguaggio, inteso come luogo della “molteplicità interrogativa”, luogo delle differenze a confronto.
I Box sono composti di parti fisse e parti mobili: aprendo cassetti, facendo scorrere e ribaltando piani è possibile “svelare” ciò che essi contengono: grafici di progetto, plastici di studio, schizzi, foto delle fasi costruttive. Quest’interazione determina continui mutamenti dello stesso oggetto, che cambia in ragione delle modalità con cui noi ci rapportiamo ad esso: un meccanismo che rinvia, ancora una volta, alla natura ambigua delle opere di Kengo Kuma, un’ambiguità che assume connotazione e sfumature sempre diverse, perchè quella perseguita da Kengo Kuma è una realtà multiforme, molteplice, sfuggente, dalle mille sfumature. Cosicchè, la corrispondenza biunivoca tra l’oggetto ed il soggetto esposto, tra i box espositivi e le opere esposte sollecita il fruitore a “scoprire” una realtà più vasta, ad andare oltre quello che appare in superficie, ad agire sui significati che entrano nella “costruzione delle forme”. In questo senso, cogliere la profondità del lavoro di Kuma significa assumere un punto di vista interno all’immagine, spostare lo sguardo dall’immagine alla sua “impronta”, fino a far emergere un’interpretazione più ampia dei significati attribuibili al “fare”, alla tecnica, alla materia e al modo in cui Kuma la utilizza, ‘la piega’: il principio generativo attraverso il quale ci fa cogliere la natura arcaica dell’architettura, l’esistenza di strutture di significato stabili. Perchè, come testimoniano anche la denominazione delle opere, Plastic House, Adobe Museum, Stone Museum, Great Bambolo Wall più che indicare un’opera rinviano ad un principio generativo, ad una ricerca figurativa esercitata sulle possibilità espressive della materia, che nel lavoro di Kengo Kuma rende evidente la dialettica tra il “già stato” e il “non ancora”.
Dopo la sua permanenza a Siracusa, la mostra sarà trasferita in altre città: Napoli, Roma, Ascoli, Firenze, Genova, Milano, Bolzano; ecc., l’ultima tappa sarà l’Arkitekturmuseet Skeppsholmen di Stoccolma.
Luigi Alini, curatore della mostra, architetto e ricercatore presso la Facoltà di Architettura di Siracusa è l’autore della monografia Kengo Kuma. Opere e progetti, pubblicata da Mondadori Electa nella collana “Documenti di Architettura”.
Il volume, attraverso una selezione di 21 opere realizzate da Kengo Kuma nel decennio 1994-2004, ripercorre dell’opera di Kuma il passaggio da una posizione permeata dall’idea di “caos” ad una in cui l’architettura si ‘dissolve’ come oggetto e diventa parte integrante del sistema ambientale. Il “progetto radice” di quest’evoluzione è individuato nel Kiro-san Observatory ad Ehime, progetto col quale Kuma avvia una rielaborazione del passato non come esperienza retrospettiva ma come attività speculativa. Lo spostamento di prospettiva si compie a partire dagli anni ’90: la sua ricerca punta alla “de-territorializzazione concettuale” e le opere assumono una diversa connotazione, oltre ad essere una risposta formale ad una necessità funzionale rinviano alla ricerca di una “intima percezione delle cose”.

Biografia:
Kengo Kuma (Kanagawa, 1954) si laurea alla Graduate School of Engineering dell’università di Tokyo nel 1979 e nel biennio 1985-86 continua gli studi a New York, alla Columbia University e all’Asian Cultural Council. L’anno seguente fonda lo Spatial Design Studio e nel 1990 il Kengo Kuma & Associates; negli anni 1998-99 è professore alla Faculty of Environmental Information presso la Keio University. Tra i suoi edifici ricordiamo: l’osservatorio Kiro (Ehime, 1994), la villa Water/Glass (Shizuoka, 1995), il Noh Stage in the Forest (Miyagi, 1996), l’Awaji Service Area (Hyogo, 1998), il centro culturale Hayama (Kanagawa, 1999), il museo Hiroshige Ando a Batou (Tochigi, 2000), il museo della pietra a Nasu (Tochigi, 2000), il museo storico di Nasu (Tochigi, 2000), il ristorante Sea/ Filter a Onoda (Yamaguchi, 2001), le terme di Ginzan (Obanazawa, Yamagata, 2001), la Plastic House (Tokyo, 2002), il ristorante Soba a Togakushi (Nagano, 2003), l’università dell’agricoltura di Tokyo (2004). Kuma ha partecipato a varie mostre in Giappone e in tutto il mondo (Triennale, Milano, 1996; Riba Gallery One, Londra, 1996; Biennale, Venezia, 1995 e 2000, Archi Lab, Orlèans, 2000).

(Visita il sito di Kengo Kuma and Associates)

La mostra è patrocinata da:
Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali;
Ministero degli Affari Esteri;
Japan Foundation;
Regione Sicilia;
Comune di Siracusa;
Ordine degli Architetti di Siracusa

Informazioni mostra Clelia Corsico, V settore Provincia Regionale di Siracusa, tel 0931 709248
info@provsr.it

Informazioni monografia Ufficio Stampa Electa
tel 02 21563 456-441
brognoli@mondadori.it
www.electaweb.it

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19 Settembre 2005

Recensioni

La recensione di Aión

Tempo lineare e tempo circolare nella cultura della pietra
La pietra è materia della natura, che ci circonda e ci avvolge, caratterizzando il mondo in cui viviamo, motivandolo, formandolo, e fin dalle origini è stata interlocutore primario nella storia evolutiva dell’uomo. Il rapportarsi dell’uomo alla pietra si è manifestato, fin dall’inizio, in maniera sempre più cosciente fino a farla divenire materiale dell’architettura: la permanenza nel tempo, la continuità col suolo e i suoi caratteri peculiari l’hanno resa "simbolo" dell’idea stessa di monumentalità. Col tempo e col fiorire delle tecnologie il ruolo primario della pietra è andato declinando a vantaggio di quell’atteggiamento, che ha caratterizzato e caratterizza la nostra epoca, di continua ricerca e sperimentazione. Il futuro è il nuovo, l’invenzione, la sperimentazione, la proiezione in un avanti continuo. Alfonso Acocella si pone in questo contesto con un’opera grandiosa, nata da un lavoro di cinque anni di ricerca, per far riscoprire la cultura della pietra, e lo fa non creando semplicemente un manuale tecnologico, ma andando alla ricerca delle ragioni dell’essere di questa cultura.
Nel contrapporre il concetto di tempo circolare a quello di tempo lineare evidenzia come il presente sia frutto del passato che si reinventa, quindi non un ex novo, ma un continuum. Isolando a simbolo gli archetipi della cultura litica, i suoi nuclei fondativi, mostra come essi permangano e si ripetano nel tempo, contrastando la tirannia del presente a vantaggio di una conoscenza senza confini. L’ambito in cui si muove è quello del Mediterraneo, culla della civiltà moderna, che tanto deve alla pietra ed ai suoi usi, e viaggiando attraverso le isole temporali della sua storia lega, quasi con un filo di Arianna, le esperienze del passato al presente.

Particolari della copertura lititca del Monastero di Quart

Così, partendo dalle scale in pietra dell’antico Egitto, ponti per l’immortalità, percorriamo una strada in cui muri, colonne, architravi, archi, superfici, coperture e suolo stesso diventano identità delle quali impariamo a conoscere ragion d’essere, storia, logica, funzionamento, tipologie; e non ci stupiamo se l’essere delle colonne antiche diviene sostanza di progetti come l’ampliamento del teatro dell’opera di Roma di Quaroni o del Leibnizkolonnaden a Berlino di Kollhoff, o il ritmico ripetersi delle campate degli archi di acquedotti romani diviene attualità nell’Aula liturgica "Padre Pio" di Renzo Piano. Così facendo un materiale tipicamente tradizionale, la pietra, è restituito alla contemporaneità e posto all’interno di linguaggi che si rinnovano attraverso la progettazione e la tecnologia. A chiudere il cerchio è la sezione dedicata alla pietra come materia: è il ritorno all’essenza di essa, ai suoi colori, alle sua varietà, alla sua vera vita: natura cui l’uomo ha attinto e modellato per farne storia.
L’opera, voluta da Lucense nell’ambito della sua attività volta allo sviluppo economico della provincia di Lucca, va al di là dei confini geografici e politici con lo scopo di raccogliere conoscenza e di trasferirla a coloro che, a vario titolo, sono in rapporto con l’applicazione della pietra in architettura. E se è vero che la tradizione dei trattati di architettura è stata interrotta da almeno un secolo e le produzione dei manuali di progettazione è stata offuscata dai modelli che i progettisti stessi hanno messo a disposizione, quest’opera in questo orizzonte emerge per il suo diverso e nuovo ruolo: libro a cavallo di vari generi, nato per fusione, per associazioni di elementi nuovi e di elementi già noti, retto da una strutturazione di contenuti, apparato iconografico e sguardo nuovo sul tema che lo rende unico e prezioso.

Barbara Burgaretta

(Aión n. 8, 2005)

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16 Settembre 2005

Recensioni

La recensione di “L’architettura cronaca e storia”

L'architettura cronaca e storia

Pietre di ieri e di oggi
In un momento durante il quale l’analisi storiografica dell’architettura espande il proprio raggio d’interesse verso le tecniche costruttive, Alfonso Acocella porta a compimento il progetto di raccogliere in un unico volume la storia e le tecniche edilizie delle architetture realizzate con la materia del costruire primordiale: la pietra.”Nè trattato, nè manuale, nè libro di critica o di storia, nè repertorio di exempla, ma libro a cavallo dei vari generi”: così l’autore dichiara preventivamente l’intento del suo esteso contributo, raggiunto grazie a un’abile gestione della mole di informazioni e di immagini che articolano il contenuto del volume.
L’impianto del libro è articolato attraverso sequenze di elementi omologhi, declinati in maniera differente per dar vita alle schede, ai capitoli e alle varie sezioni; la trattazione non è mai oggettivata completamente, cosicchè traspare dal testo la sensazione di intraprendere con l’autore un viaggio diacronico, e mai scontato, attraverso le solide architetture di pietra. L’indice è il frutto di un immaginario dispositivo di smontaggio dei manufatti attraverso il quale si identificano e si isolano in capitoli separati i principali elementi costruttivi delle architetture di pietra: muri, colonne, architravi, archi, superfici, e coperture. Ciascuna di queste sezioni è trattata in maniera indipendente grazie a un sistema descrittivo ciclico che vede la descrizione, per ciascun elemento costruttivo, della sua storia, delle sue tecniche e delle più rilevanti applicazioni moderne e contemporanee. Il lettore in questo modo può intraprendere una lettura completa di tutto il volume oppure estrapolare puntualmente singoli argomenti, approfondendo unici frammenti del trattato. Quasi a voler alludere a un apparecchio murario in opera irregolare i brani presenti nel testo si incastrano in maniera sistematica fornendo uno strumento di ricerca multidisciplinare. L’aver trasposto la concezione di una massa muraria allo schema descrittivo dell’opera scritta è implicitamente suggerito dall’incipit del volume: “per una nuova architettura del libro”. Anche l’elegante veste grafica, curata da Massimo Pucci, ordina l’apparato iconografico simulando un’orditura muraria.
La costante oscillazione fra tradizione e contemporaneità nell’uso della pietra rimanda a un progetto che non si esaurisce nella tradizione di un testo scritto, ma che proietta la sua presenza nel presente, dando vita a un blog-forum sul web. Il sito http://architetturapietra2.sviluppo.lunet.it è concepito per essere il bacino nel quale far convergere i contributi sull’argomento, ottenendo la costante integrazione e aggiornamento degli interventi presenti nel volume.

Luciano Cardellicchio

“L’architettura cronaca e storia”, n. 594, 2005

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14 Settembre 2005

Citazioni Pietre dell'identità

Omaggio al Salento. Incipit


La costa rocciosa salentina. (foto di A.Acocella)
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“Nuovo del tutto – citando Francesco Rodolico dal suo pregevole libro Le pietre delle città d’Italia – il paesaggio pugliese, a chi lo guardi avendo ancora negli occhi la regione subappenninica marchigiana ed abruzzese, ovvero l’Appennino Sannitico e Lucano.
Qualora mancassero gli elementi umani, che recano dovunque il chiarissimo segno della nostra storia, si dubiterebbe di trovarsi ancora su terra italiana, e non piuttosto di là del Mediterraneo. Dalle Murge alla Penisola Salentina, tutto concorre a tale impressione: l’uniforme dominio dei motivi orizzontali, nella sequenza di piani ed altopiani appena ondulati; l’assoluto prevalere dei calcari, tra le rocce che ne costituiscono il suolo, di frequente aspro e petroso; la quasi totale scomparsa della rete idrografica superficiale, dalla destra dell’Ofanto alla sinistra del Bradano. […] A portata di mano dovunque la pietra di Puglia, e poche regioni d’Italia, al pari di questa, ne hanno visto sì largo impiego, tanto nelle singolari fabbriche rustiche, quanto nell’edilizia e nell’architettura delle città.” (1)
Infissa nel Mediterraneo, occupandone una posizione centrale, la penisola salentina – estrema propaggine, in forma di “tallone”, dello stivale italiano posto a dividere il mare Adriatico dallo Ionio e dal golfo di Taranto – risente appieno, forse ancor più dei restanti territori pugliesi, dell’ambiente mediterraneo: nel clima, nella flora, nell’assetto topologico e orografico generale.
Una struttura geologica particolarmente ricca di banchi rocciosi affioranti fa sì che nel Salento sia proprio la presenza diffusa e onnipresente della pietra a tenere insieme ogni cosa, a rendere così caratteristico ed unica questa lingua di terra protesa e allungata nel cuore del Mediterraneo.
Sotto il cielo caldo e luminoso del Salento la pietra appare innanzitutto in grandi masse rocciose lungo i litorali costieri al cospetto di un mare turchino.
Verso l’interno l’altopiano salentino, invece, si presenta come una grande “spugna di pietra”, poichè non ha laghi o fiumi, non trattiene l’acqua in superficie, ma la assorbe tutta nel sottosuolo.
L’andamento pianeggiante del suolo è scavato, ogni tanto, da profonde “gravine” di tufo (sedimentazione geologica molto friabile di frammenti vulcanici e di conchiglie marine) che nel tempo hanno subito una notevole erosione.
La pietra riemerge, poi, dovunque dal terreno in forma di massi tarlati e consunti dal tempo utilizzati per la formazione ininterrotta di muri a secco (che avvolgono i campi con grandi e contorte piante di ulivo) posti a disegnare, attraverso una grande maglia a scala territoriale, il paesaggio della campagna.
Muri a secco di maggiore spessore ed articolazione costruttiva danno corpo, invece, a quei particolarissimi ricoveri monocellulari, simili a piccole tholos, rappresentati dai trulli di variata dimensione e forma volumetrica.
I progenitori dei costruttori dei muri a secco e dei trulli furono certamente i Messapi che eressero mura megalitiche a difesa delle loro città e “specchie” quali strutture sepolcrali per i loro defunti. Sono questi i “muri antenati” “spesso nella più perfetta struttura isodoma a blocchi squadrati, posati a secco, orizzontalmente gli uni sugli altri) che lasciano ancora intravedere di aver posseduto un taglio netto e preciso.
Da millenni, con una tecnica appropriata al materiale impiegato che ancora non si è spenta (l’arte del paritaru), si costruiscono nella penisola salentina muri a secco di diversa natura architettonica e ruolo funzionale:
– muri bassi e muri alti;
– muri semplici e muri doppi;
– muri con pietre piccole e grandi;
– muri con pietre grezze, sfaccettate o con elementi squadrati;
– muri plebei e muri gentilizi.

Alfonso Acocella

(1) Francesco Rodolico, “L’antiappenino pugliese”, p. 341, in Le pietre delle città d’Italia, Firenze, Le Monnier, 1965 (1° 1946), pp. 501.

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