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Intervista a Enzo Giganti


ENZO GIGANTI Presidente Consorzio del Travertino di Rapolano Amministratore delegato Travertino Sant’Andrea

Davide Turrini: Enzo Giganti, oltre a dirigere, insieme al fratello Enrico, l’azienda di famiglia che da tre generazioni estrae e lavora il travertino toscano, è presidente del Consorzio del Travertino di Rapolano Terme.
Quali sono i caratteri distintivi del vostro bacino estrattivo e con quali finalità nasce il Consorzio che raggruppa la maggioranza dei produttori di lapidei presenti nell’area?
Enzo Giganti: nel comprensorio di Rapolano, situato nella provincia senese, esistono 15 aziende, di piccole e medie dimensioni, che lavorano e commercializzano travertino per un fatturato complessivo di circa 50 milioni di euro. Il numero di lavoratori direttamente impegnati nella filiera produttiva della pietra è di circa 300 unità, a cui si aggiunge un’ulteriore consistente gruppo di impiegati nell’indotto.
L’assetto produttivo delle aziende è diversificato: alcuni operatori eseguono cicli di lavorazione completi, dall’estrazione in cava fino al prodotto finito da destinare al mercato edilizio; altri dopo l’escavazione si fermano alla realizzazione di semilavorati; altri ancora si muovono su settori di mercato più specifico, occupandosi di trasformazione della materia litica per ottenere prodotti finalizzati esclusivamente all’arredamento o al design.
Fino ad alcuni anni fa il comprensorio ha vissuto una stagione particolarmente positiva per la crescita esponenziale del mercato americano che, a partire dai primi anni Novanta del secolo scorso per oltre un decennio, ha richiesto, senza soluzione di continuità, grandi quantità di travertino per programmi edilizi di vasta portata.
Da circa tre anni è in corso un’inversione di tendenza legata a fattori strutturali che per certi aspetti hanno messo in crisi il nostro prodotto. La concorrenza di paesi emergenti nella produzione di lapidei è sempre più pressante: la Turchia ad esempio, sul mercato americano, è in grado oggi di esportare il triplo del quantitativo di travertino proveniente dall’Italia. A ridimensionare la vitalità dei mercati extraeuropei si aggiunge anche il cambio sfavorevole tra euro e dollaro.
Questo trend negativo ci impone degli interrogativi impellenti, dobbiamo analizzare approfonditamente le nostre strutture produttive ed il nostro modo di proporci al mercato per trovare in tempi rapidi soluzioni efficaci ed incisive. Credo che in questo senso l’associazionismo di settore possa rappresentare un punto di forza.
Il Consorzio del Travertino di Rapolano Terme è nato nel 2001 proprio con l’intento di trovare strategie comuni per risolvere i problemi delle imprese locali. In una prima fase ci si è occupati delle problematiche più urgenti che fino ad alcuni anni fa riguardavano la regolamentazione dell’attività estrattiva; oggi la discussione tra gli associati deve focalizzarsi soprattutto sulla crisi dei nostri mercati di riferimento e sulla promozione del prodotto.
In questi anni alcune cose significative sono state fatte, penso ad esempio al disciplinare per il marchio di origine della nostra pietra, ma la capacità operativa del Consorzio deve crescere, la strada da percorrere è ancora lunga. Nell’immediato futuro ad esempio ci occuperemo di portare a termine uno studio del nostro processo produttivo per individuare le migliori strategie di riutilizzo e valorizzazione di tutti i sottoprodotti della filiera di lavorazione.
Non possiamo più procedere singolarmente ma, insieme, dobbiamo ridefinire l’identità del nostro materiale e delle nostre lavorazioni, rilanciando su ampia scala e in modo univoco un’immagine che negli anni ha perso di incisività, forse a causa di una eccessiva frammentazione della compagine dei produttori locali.

Cava di travertino a Rapolano Terme
Cava di travertino a Rapolano Terme (foto Arrigo Coppitz)

D.T.: qual è la situazione delle cave? I giacimenti di Rapolano offrono ancora un buon approvvigionamento di materiale lapideo?
E.G.: questo è un tema che mi sta molto a cuore. Oggi tutte le aziende che hanno sede nel comprensorio, oltre a scavare il travertino locale, si approvvigionano di materiali anche in altri bacini estrattivi: nell’area di Tivoli, o in quella viterbese, o in altre cave toscane. Bisogna comunque sottolineare che, allo stato attuale, i nostri giacimenti offrono una grande quantità di pietra da poter lavorare.
Per tutti gli anni Ottanta del secolo scorso l’attività estrattiva qui a Rapolano si è quasi completamente fermata, soprattutto perchè il travertino ancora presente in cava aveva colorazioni particolari e caratteristiche di venatura poco apprezzate dai mercati di quegli anni.
All’inizio degli anni Novanta, con l’apertura del mercato americano, è aumentata la richiesta di prodotti che comunicassero una forte immagine di naturalità, di travertini dalla spiccata variatio cromatica e materica: ecco allora che l’escavazione locale è ripresa con ritmi abbastanza sostenuti.
Proprio le originali caratteristiche di colorazione e venatura ancora presenti nella nostra pietra possono rappresentare la carta vincente per l’affermazione futura del travertino di Rapolano.

L'assottigliamento della materia. Segagione con telaio multilama
L’assottigliamento della materia. Segagione con telaio multilama (foto Arrigo Coppitz)

D.T.: vediamo ora più da vicino l’azienda Travertino Sant’Andrea.
Recentemente, grazie alla collaborazione con alcuni importanti progettisti, avete presentato una nuova linea di elementi monolitici destinati al design urbano e del paesaggio.
Quali strategie hanno portato alla realizzazione di questi innovativi prodotti lapidei?
E.G.: l’esigenza di ideare tali elementi nasce da un’attenta analisi del nostro processo produttivo nel quale un’alta quantità di materiale scavato non può essere utilizzato per le lavorazioni tradizionali a causa di colorazioni scure, inclusioni, venature, accentuate porosità o altre disomogeneità cromatiche e strutturali. In pratica, in un processo convenzionale, oltre il 60% della pietra estratta viene scartata, accumulata in depositi o frantumata per la realizzazione di inerti.
Con gli elementi delle linee Arredo Dipietra e Micene abbiamo cercato di ottimizzare l’impiego dei materiali estratti in cava e di valorizzare al massimo le qualità materiche del nostro travertino.
Ecco allora che l’innovazione riguarda due aspetti fondamentali: innanzitutto investe a monte il processo produttivo; in secondo luogo muta profondamente la concezione del prodotto, sposando il design contemporaneo con l’attento studio degli aspetti tecnici legati al taglio a controllo numerico della pietra massiva.
Così le panchine, i dissuasori e gli altri elementi d’arredo in travertino, o i muri litici di contenimento montati a secco, rappresentano una valida alternativa rispetto ai prodotti concorrenziali in metallo e in cemento, sia in termini di qualità estetica che per ciò che riguarda i tempi di posa in opera e i costi di manutenzione.
Credo che l’industria dei lapidei oggi possa trovare nuovi spazi di competitività abbandonando una certa affezione per i prodotti standard in spessori sottili e scandagliando le innumerevoli potenzialità di utilizzo della pietra massiva.

(Vai al sito del Consorzio del Travertino di Rapolano)

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7 Ottobre 2005

Eventi

Teoria e Pratica del costruire: saperi, strumenti, modelli

Teoria e Pratica del costruire: saperi, strumenti, modelli
Esperienze didattiche e di ricerca a confronto
Theory and Practice of construction: knowledge, means, models
Didactic and research experiences

SEMINARIO INTERNAZIONALE / INTERNATIONAL SEMINAR
RAVENNA 27 – 29 ottobre 2005
CENTRO CONGRESSI
Largo Firenze 1

Organizzato da:
DAPT – Dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale – Università di Bologna

Nel progressivo processo di settorializzazione della conoscenza che, a partire dai presupposti teorici avanzati dal progetto culturale illuminista, caratterizza la nascita e lo sviluppo del sapere costruttivo moderno, sono conservate le ragioni che hanno condotto verso una sempre più marcata specializzazione dei corpi disciplinari, inducendo al contempo una graduale separazione tra teoria e prassi, tra le forme della speculazione scientifica e i modi che attengono al linguaggio delle pratiche applicative. Il modello didattico su cui si è consolidato l’insegnamento nelle scuole di architettura ed ingegneria italiane ha generalmente privilegiato il primo aspetto, lasciando in subordine il secondo, considerato spesso non pertinente al tipo di preparazione e qualificazione professionale di un ingegnere o di un architetto. Al di là dalle ragioni che hanno orientato tale scelta, la questione che viene oggi sollevata da più parti – anche in virtù delle recenti modifiche introdotte negli ordinamenti didattici universitari – riguarda l’opportunità di attivare percorsi formativi e di ricerca nei quali venga rivalutata una forma di conoscenza che riaffermi l’importanza assunta dalla comprensione del dato fisico dell’opera di architettura, indagata sia sotto il profilo dell’analisi storico-critica e tecnologica, sia attraverso un sapere di tipo pratico, ovvero un sapere che si realizza nella dimensione operativa del fare. In questo senso, particolare interesse rivestono gli indirizzi di ricerca rivolti alla messa in luce del portato conoscitivo conservato nei principi e nelle regole che hanno guidato l’evoluzione storica dei modi di costruire. Un orizzonte culturale che induce ad istituire possibili correlazioni con l’approccio didattico basato sul modello del Learning by Doing, dove lo spazio fisico del Laboratorio di costruzione assume un ruolo fondamentale sia come strumento pedagogico, sia come veicolo di promozione della ricerca applicata e dello sviluppo qualitativo del lavoro delle maestranze, soprattutto nei settori degli interventi sul costruito storico e della applicazione delle tecniche della tradizione costruttiva.
Il seminario si propone come un momento di confronto aperto ad accogliere i contributi offerti dalle diverse esperienze svolte in questi anni all’interno di istituzioni didattiche e di ricerca in campo internazionale e riconducibili in particolare ai seguenti ambiti tematici:

DIDATTICA E RICERCA APPLICATA / DIDACTICS AND APPLIED RESEARCH
Strumenti di codificazione e trasmissione del sapere sulla costruzione / Instruments for the codification and transmission of knowledge on construction
STORIA E SCIENZA DEL COSTRUIRE / HISTORY AND SCIENCE OF CONSTRUCTION
Nuove frontiere storiografiche / New historiographic frontiers
STORIA, TECNICA, PROGETTO / HISTORY, TECHNIQUES, DESIGN
Principi e regole per gli interventi sul costruito storico / Principles and rules for the restoration of the historical heritage
MODI DI COSTRUIRE / BUILDING MANNERS
Tradizioni costruttive ed innovazione tecnica / Building traditions and technological innovation

PROGRAMMA / PROGRAMME

Giovedì 27 ottobre / Thursday October 27th

14.00 Apertura iscrizioni / Registration

15.00 Saluti / Opening greetings
Pier Ugo Calzolari, Magnifico Rettore della Università Alma Mater Studiorum Bologna
Guido Masetti, Preside della Facoltà di Ingegneria, Università di Bologna
Francesco Giangrandi, Presidente della Provincia di Ravenna
Vidmer Mercatali, Sindaco del Comune di Ravenna
Lanfranco Gualtieri, Presidente della Fondazione Flaminia
Piero Secondini, Direttore del DAPT, Facoltà di Ingegneria, Università di Bologna

15.30 Relazione di apertura / Inaugural lecture
Riccardo Gulli, Università di Bologna

1° sessione / 1st session
DIDATTICA E RICERCA APPLICATA / DIDACTICS AND APPLIED RESEARCH

Strumenti di codificazione e trasmissione del sapere sulla costruzione / Instruments for the codification and transmission of knowledge on construction

15.50 Relazione di sessione / Session lecture
Mauro Bertagnin, Università di Udine

16.15 Relazioni / Comunications
Joel Sakarovitch, Universitè Paris V ; Ecóle d’Architecture Paris Malaquais
Philippe Potiè, École d’Architecture de Grenoble
Enrique Rabasa Díaz, E.T.S. de Arquitectura de Madrid

17.00 coffee break

17.30 Relazioni / Comunications
Amparo Graciani García, Università di Siviglia
Valeria Tatano, IUAV Venezia
Marco Trisciuoglio, Politecnico di Torino
Paolo Jossa, Università di Napoli Federico II

18.30 TAVOLA ROTONDA / PANEL OF DISCUSSION
Coordina/ Moderating: Claudio D’Amato, Politecnico di Bari

Gianni Braghieri, Università di Bologna, Facoltà di Architettura "Aldo Rossi" di Cesena

Gianfranco Carrara, Università Roma La Sapienza, Facoltà di Ingegneria
Alberto Corlaita, Università di Bologna, Facoltà di Ingegneria
Andrea Gambi, Direttore Centrale ACMAR – Ravenna
Mario De Grassi, Università Politecnica delle Marche, Facoltà di Ingegneria
Antonio Monestiroli, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura Civile
Myriam Olivier, Direttrice de les Grands Ateliers, Villlefontaine

Venerdì 28 ottobre / Friday October 28th

2° sessione /2nd session
STORIA E SCIENZA DEL COSTRUIRE / HISTORY AND SCIENCE OF CONSTRUCTION

Nuove frontiere storiografiche / New historiographic frontiers

09.00 Relazione di sessione / Session lecture
Sergio Poretti, Università Roma Tor Vergata

09.30 Relazioni / Comunications
Antonio Becchi, Max Planck Institute for History of Science Berlin, Università di Genova
Santiago Huerta, E.T.S. de Arquitectura de Madrid
Alfredo Buccaro, Università di Napoli
Annarosa Cerruti Fusco, Università Roma La Sapienza

10.30 coffee break

11.00 Relazioni / Comunications
Miron Mislin, Berlin
Cristiana Chiorino, Politecnico di Torino
Jesús Anaya Diaz, E.T.S. de Arquitectura de Madrid
Patricia Radelet De Grave, Universitè de Louvain

12.00 TAVOLA ROTONDA / PANEL OF DISCUSSION
Coordina/ Moderating: Giuliano Gresleri – Università di Bologna

Rinaldo Capomolla, Università Roma Tor Vergata, Facoltà di Ingegneria
Claudia Conforti, Università Roma Tor Vergata – Facoltà di Ingegneria
Massimo Corradi, Università di Genova, Facoltà di Architettura
Federico Foce, Università di Genova, Facoltà di Architettura
Gema López Manzanares, Universidad de Alcalá de Henares
Hermann Schlimme, Bibliotheca Hertziana. Max Planck Institute for Art History, Berlin

13.30 Pranzo / Lunch

3° sessione / 3rd session
STORIA, TECNICA, PROGETTO / HISTORY, TECHNIQUES, DESIGN

Principi e regole per gli interventi sul costruito storico / Principles and rules for the restoration of the historical heritage

15.15 Relazione di sessione / Session lecture
Luigi Ramazzotti, Università di Roma Tor Vergata

15.45 Relazioni / Comunications
Pasquale Culotta, Università di Palermo
Giancarlo Mainini, Università di Napoli Federico II
M. Pittaluga, Università di Cagliari
Maria Grazia Corsini, Università Roma La Sapienza

16.45 coffee break

17.15 Relazioni / Comunications
Josè Luis González Moreno Navarro, UPC de
Barcelona, Escuela de Arquitectura
Stefano Musso, Università di Genova
Emanuele Gozzi, Università di Bologna
Sergio Lagomarsino, Università di Genova

18.15 TAVOLA ROTONDA / PANEL OF DISCUSSION
Coordina/ Moderating: Giampiero Cuppini – Università di Bologna

Carla Bartolomucci, CNR-ICVBC Istituto per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni Culturali, Roma

Salvatore D’Agostino, Università di Napoli Federico II, Facoltà di Ingegneria
Carlo Monti, Università di Bologna, Facoltà di Ingegneria
Giorgio Praderio, Università di Bologna, Facoltà di Ingegneria
Alessandro Stazi, Università Politecnica delle Marche, Facoltà di Ingegneria
Rosa Maria Vitrano, Università di Palermo, Facoltà di Architettura

Ore 20.30 Cena sociale / Social dinner

Sabato 29 ottobre / Saturday October 29th

4° sessione / 4th session
MODI DI COSTRUIRE / BUILDING MANNERS

Tradizioni costruttive ed innovazione tecnica / Building traditions and technological innovation

09.00 Relazione di sessione / Session lecture
Adolfo Cesare Dell’Acqua, Università di Bologna

09.30 Relazioni / Comunications
Francesco Rispoli, Università di Napoli Federico II
Attilio Petruccioli, Politecnico di Bari
Alfonso Acocella, Università di Ferrara
Riccardo Nelva, Politecnico di Torino

10.30 coffee break

11.00 Relazioni / Comunications
Corrado Fianchino, Università di Catania
Carlos Cacciavillani, Università di Chieti-Pescara
Placido Munafò, Università Politecnica delle Marche
Paolo Verducci, Università di Perugia

12.00 TAVOLA ROTONDA / PANEL OF DISCUSSION
Coordina/ Moderating: Luigi Zordan – Università Dell’Aquila

Anna Barozzi, Università di Bologna, Facoltà di Ingegneria
Enrico Dassori, Università di Genova, Facoltà di Ingegneria
Pierpaolo Diotallevi, Università di Bologna, Facoltà di Ingegneria
Romualdo Montagna, Università Politecnica delle Marche, Facoltà di Ingegneria
Renato Morganti, Università di Cassino, Facoltà di Ingegneria
Guido Moretti, Università di Bologna, Facoltà di Ingegneria
Vittorio Nascè, Politecnico di Torino, Facoltà di Ingegneria
Antonello Sanna, Università di Cagliari, Facoltà di Ingegneria

13.30 Pranzo / Lunch

16.00 Visita guidata a Ravenna / Ravenna tour

Promosso da
DAPT – Dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale
Facoltà di Ingegneria di Bologna

Con la collaborazione di
Fondazione Flaminia Ravenna
Provincia di Ravenna
Associazione Edoardo Benvenuto
SEHC – Sociedad Española de Historia de la Construcción
Centro Studi LabTeco – DAPT

Con il patrocinio di
Università Alma Mater di Bologna
Comune di Ravenna
AIAR – Associazione Architetti Ingegneri Ravenna
ARTEC – Associazione Architettura Tecnica
Istituto Scuola Provinciale Edili – CTP Ravenna
Camera di Commercio Ravenna

Sponsors
ACMAR – Ravenna
COMACO ITALIANA Srl – Forlì
COLABETON – Spa – Gubbio
COLACEM Spa – Gubbio

(Vai al sito DAPT)

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6 Ottobre 2005

Eventi

ROADBOOK BOB 361 architects

ROADBOOK BOB 361 architects
Sabato 8 Ottobre ore 11.00
, presso Sala Conferenze General Membrane di Ceggia, inaugura la prima mostra italiana dedicata alle opere degli architetti BOB 361, giovane trio composto da Ivo Vanhamme, Goedele Desmet e Jean-Michel Culas.
Tale mostra è inserita nel programma di eventi curato dall’architetto Paolo Vocialta, Direttore della Galleria di Architettura – PROGETTOCONTEMPORANEO, spazio fisico e virtuale (la "galleria" è visitabile anche virtualmente on line) dedicato alle tematiche relative all’architettura contemporanea e promosso da General Membrane.

Lo studio di architettura BOB.361, fondato nel 1991, ha sedi a Bruxelles e Parigi e fin dal 1993 affronta più volte il tema della residenza sociale a basso costo, distinguendosi per le particolari soluzioni architettoniche adottate. In particolare, il progetto per quattro abitazioni a Lebbeke, progettate e costruite fra il 1995 e il 1998, ha contribuito fin da subito ad evidenziare la qualità del lavoro del gruppo (1° premio Belgian Architectural Award 1999 e menzione speciale Premio Luigi Cosenza 2000).
Fra il 1999 e il 2004, BOB.361 realizzano interventi residenziali a Londerzeel, Leuven e Begijnendijk particolarmente interessanti per i principi compositivi, gli schemi distributivi, l’uso raffinato del materiale laterizio.
Del 2003 la realizzazione di "Colonie", un compatto edificio di appartamenti per un isolato urbano di Parigi; come di particolare interesse il progetto di recupero di un vecchio mulino a Begijnendijk, trasformato in sede di una società immobiliare belga, dove l’edificio si appoggia alla grande struttura troncoconica originaria.
L’intervento più noto ("Un tema forte in Belgio", L’Arca n. 203, 2005 – "Extension d’un laboratoire de recherche", AMC Le Moniteur Architecture n. 146, 2004) eseguito dai tre architetti belgi consiste nell’ampliamento dei laboratori e degli uffici della Società di Ricerche Idrologiche di Borgerhout in Belgio.
"Indagare il lavoro di BOB.361 significa anche approfondire la conoscenza del paesaggio in cui operano i tre giovani architetti ovvero le Fiandre e la Vallonia che solo dal 1830 costituiscono il Belgio", suggerisce Paolo Vocialta.


Bob361 architects
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Intervengono:
Francesco Valerani
Paolo Vocialta
BOB 361 architetti- Goedele Desmet, Ivo Vanhamme, Jean-Michel Culas

Apertura Mostra:
dal 8 Ottobre al 17 Dicembre 2005
Lunedì-Sabato 9.00-12.00, 14.00-18.00
festivi esclusi

Sede Espositiva:
Galleria di Architettura di General Membrane
PROGETTOCONTEMPORANEO
via Venezia 28 (statale SS14 Triestina)
Ceggia VENEZIA Italia

Per informazioni:
info@progettocontemporaneo.it
tel. + 39 0421 322000
referente: Nacini Danilo

Link:
Progettocontemporaneo
General Membrane
BOB.361

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5 Ottobre 2005

Eventi Toscana

Vinci…il Teatro si fa nuovo

Sabato 15 ottobre, alle ore 10.00, presso i locali del Teatro dell’Arciconfraternita della Misericordia di Vinci (Via Pierino da Vinci), si svolgerà un convegno dal titolo: “La promozione del Sistema Cultura e Territorio nel progetto di recupero del Teatro di Vinci. Convegno di presentazione del concorso internazionale d’idee”.
Durante il convegno, oltre a lanciare ufficialmente il bando di concorso per il restauro del Teatro, alcuni fra i più importanti esponenti del settore illustreranno il connubio fra arte e mecenatismo cultuale, tra restauro, fund raising e possibilità di sviluppo per piccoli e grandi teatri che, dopo un letargo più o meno lungo, tornano al risveglio grazie alle voci delle persone che vedono ancora in questo luogo-non-luogo, in questo spazio vivo, un punto di partenza per progetti e idee, per cultura e territorio, appunto.
In particolare, si legherà la figura di Leonardo da Vinci all’interesse turistico-culturale che avrà il piccolo teatro della sua città natale, una volta ultimato il restauro. La risonanza internazionale che ne conseguirà dovrebbe infatti fungere da ulteriore attrattore per un potenziale flusso turistico, già abbondante nella piccola cittadina toscana.
Sono previsti interventi di:Silvano Guerrini, Presidente Associazione per il restauro del teatro di Vinci; Claudio Bianconi, Governatore della Misericordia di Vinci; Dario Parrini, Sindaco di Vinci; Mariella Zoppi, Assessore alla Cultura della Regione Toscana.
Tra i relatori figurano, oltre ai rappresentanti istituzionali: Alessandro Tortelli, direttore scientifico del Centro Studi Turistici di Firenze; Paolo Brogioni, Sindaco di Colle Val d’Elsa, che illustrerà il case history del Teatro dei Varii; Carlo Arboreo Mella, responsabile relazioni esterne del Maggio Fiorentino; Ledo Prato, Segretario Generale della Fondazione CittàItalia; il professor Alfonso Acocella, ordinario di Tecnologia dell’architettura presso la Facoltà di Architettura di Ferrara; Fiammetta Faini Guazzelli, rappresentante della delegazione fiorentina del Fondo per l’Ambiente Italiano; Paolo Regini, Presidente del Credito Cooperativo di Cambiano.
La speranza riguarda la possibilità per il restaurato Teatro della Misericordia di Vinci di divenire un autentico “Teatro del Territorio”, sede di progetti, centro culturale, incarnazione di sensibilità e umori di cittadini e artisti, che a Vinci si trovino a vivere ed operare. Perchè, spesso, dentro la purezza della poetica di un artista, conta, più di quanto si possa immaginare, per vie a volte oscure e sotterranee, il luogo dove un progetto nasce, il contesto in cui si sviluppa, il pubblico che lo accoglie e lo fa risuonare.

Per informazioni:
Associazione Culturale Le Terre di Leonardo
email info@leterredileonardo.org tel. 0571 501366
Ufficio Turistico Intercomunale di Vinci
email terredelrinascimento@comune.vinci.fi.it
tel. 0571 568012

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Ricami di pietra. L’opera muraria a secco del Salento


Muro lungo il litorale marino di Gagliano del Capo (Lecce) (foto di A.Acocella)
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Affidiamo, con piacere, la descrizione di tali permanenze litiche del paesaggio salentino alla scrittura accorata e partecipata di Luigi Ponzi, fissata nel volume Monumenti della civiltà Contadina del Capo di Leuca della Congedo editore:

Argini e muri di chiusura dei campi
“Le prime costruzioni rurali che da tempi remoti furono erette su questa terra di sassi, credo siano stati i muri a secco.
Pietra su pietra, costruzioni in funzione del materiale rinvenuto sul posto.
Dura fatica assoggettare la terra in questo estremo Capo.
Bonificarla, vuol dire rompere la roccia affiorante per liberare la terra rossa, rimuovere questa perchè il sole la fecondi. Una volta bonificata, liberata dai sassi, si ammucchiarono questi, senz’ordine, lungo i margini del campo.
Sorsero così i primi argini di pietre voluti dalla necessità e diventati limiti del campo medesimo.
Poi il mucchio informe di pietra prese un aspetto definito, prese forma e dimensioni, si sollevò dal terreno, si snellì, assunse delle particolari caratteristiche e funzioni specifiche a seconda dello scopo al quale venne destinato.
Per questo si sviluppo un’arte tutta particolare che da padre in figlio venne tramandata attraverso i secoli e che sarebbe veramente meritorio poter conoscere da che parte ebbe origine (…) Si recinse il campo e il muro assunse la funzione di chiusura per innumerevoli pezzi di terra, grandi e piccoli, smisurati e piccolissimi campi chiusi: “cisure” o “chisure”.”

Muri plebei
“Poi i muri plebei, tirati su dallo stesso contadino, che più accorto e più capace aveva rubato un pò di quell’arte allo specialista, quando, ragazzo trasportava a spalla la pietra adatta alla parte esterna della costruzione o quella minuta per il riempimento del muro. Muri plebei dunque e, per questo, rappresentanti più numerosi di queste costruzioni erette per la necessità di liberare il campo dal petrame, senza intenzione o pretesa di far opera d’arte.
Il tempo e gli elementi hanno sciupato e diroccato in parte le più antiche di queste opere rurali, la vegetazione spontanea impossessata di esse, l’asparagina (smilax aspera) arrampicatasi fin sulla pietra più alta, ha innalzato le sue infiorescenze dal profumo dolce e penetrante, e fatto pendere da lassù i suoi frutti a grappoli di fuoco.”

Muri patrizi con “scarpe” e “cappello”
“Muri vecchi che recingono tenute poderi appartenuti a casati di gran nome, sono muri gentilizi, sono muri nati dalla mano dei migliori artefici del luogo senza risparmio nè di materiale nè di tempo, rappresentano quello che di più perfetto ci sia rimasto in questo genere di costruzioni, eretti con maestria da artisti, dalle pietre tute uguali, sfaccettate alla stessa maniera, disposte in fila le une alle altre, in righe sovrapposte diritte ed eguali, collocate con un senso architettonico tutto particolare, che lasciano vedere uno stile.
Sono quei muri che non mancano di quei particolari accorgimenti dettati dall’arte e dalle consuetudini.
Poggiano su fondamenta adeguate all’altezza (“scarpa”) e terminano in alto con i “cappelli”, pietre più grosse, scelte alla bisogna, ben squadrate, situate in sommità del muro, in una riga orizzontale a completamento dell’opera.
In basso, a livello terra, sono attraversati da feritoie, “chiaviche”, distanti fra loro lunghezze variabili, che permettono il passaggio dell’acqua piovana, perchè questa nel suo flusso non arrechi danno al muro.
Ancora ad altezza variabile, nel muro medesimo sono stagliati in un certo numero dei piccoli nicchi quadrati detti “finesce”, che stanno ad indicare il diritto di proprietà dell’intero muro, che diversamente si intenderebbe per metà fra i due proprietari confinanti.
Sono questi i muri patrizi, hanno “scarpe” e “cappelli”.”

Trincee lungo il litorale marino
“Ancora pietrame, sbarramenti di pietre con altra funzione.
Non più limite, non chiusura, ma difesa delle culture contro gli elementi atmosferici, specie lungo il litorale marino, queste caratteristiche costruzioni presentano un’architettura tutta particolare che risponde perfettamente allo scopo dell’opera.
Sono brandelli di muro, “zinzuli de parite”, merletti di pietra, e difendono, come sentinelle avanzate, una nana pianta di fico, un tronco di ficodindia, un solo ceppo di vite, dalla salsedine marina, dallo scirocco umido e ventoso, dalla furia del mare.
Sono pietre su pietre, sembrano messe le une sulle altre per gioco da ragazzi, che al primo soffio di vento debbono venir giù tutte quante.
Da secoli sfidano lo scirocco impetuoso ricco di salsedine, che spinge i flutti del mare ad infrangersi sulle scogliere, che conobbero la nave di Enea. Ma queste trincee dalle mille feritoie sono ancora ritte al loro posto in righe uguali ed armoniche, lungo il declinare della scogliera, distribuite come ordini di armati pronti a fronteggiare il nemico. Trattengono la salsedine caustica, fermando la furia del vento, che arrecherebbero danno alla pianta, ma lasciano passare il flusso dell’aria, la brezzolina temperata che viene dal mare, che tanto giova all’anticipata maturazione dei frutti.”

Muri in forma di recinto
“Ancora pietre, sono muri che, fungendo da riparo e chiudendo pochi metri quadrati di suolo, formano “lu ncurtaturu” o “lu curtale” ove veniva custodito il bestiame: il vitello, l’agnellone, due pecore, una capra. Piccolo allevamento della famiglia contadina, che, quasi sempre, era una delle attività predominanti verso il capo di Leuca, Gagliano, Castrignano, Salignano, Patù, in quanto la terra offriva poco spazio coltivabile fra sasso e sasso.
Sono dei piccoli fortini quasi sempre di forma rettangolare, con muri alti fino a quattro metri, che verso gli angoli si elevano a forma di una prora di nave. Qualche volta nel muro perimetrale trovasi incluso il trullo, che era il ricovero del contadino, mentre nell’interno del “curtale” vi sono dei piccoli ricoveri per le bestie, un abbeveratoio, la pila e la greppia.”

Trulli
“I trulli sono delle costruzioni monocellulari col tetto a falsa cupola, costruite con pietre a secco, elementi antropogeografici, caratterisitici in questo ambiente di pietrame.
Questo tipo di costruzione, da circa un secolo, ha interessato i maggiorenti della cultura, sollevando incertezze e contraddizioni circa le sue origini. Mi limiterò a dire che sono delle costruzioni a falsa cupola, formata da anelli concentrici di pietre, orizzontalmente disposti gli uni sugli altri in modo tale, che a grado a grado ciascuno sporga di poco sul sottostante, dalla parte interna del cerchio, facendosi a mano a mano sempre più stretti fino alla sommità, così da chiudere lo spazio in alto con una grossa pietra piatta detta “chianca”.
L’origine di queste costruzioni è certo antichissima, probabilmente megalitica, dato che restano a testimonianza di questa ipotesi le “specche” che hanno relazione di somiglianza nella struttura e nella forma. Queste costruzioni, anche in questo estremo Salento, presentano delle varietà formali. La forma tronco-conica è presente specie nell’estremo capo di Leuca, mentre più a nord, verso Presicce, Salve, Matino e fino a Gallipoli e Otranto, predomina la forma a gradoni. ”

Liàme
“Non solo i trulli testimoniano un’architettura contadina nelle nostre campagne, quale dimora, sia temporanea che permanente, ma costruzioni posteriori sempre antiche e pur conseguenza di una necessità più stabile e più comoda sul campo sono le liàme.
Liàme significa casa di campagna con volte a botte.
Queste “casedde” sono di forma rettangolare, con i quatto muri perimetrali in pietre a secco mentre la volta a botte è in blocchi di pietra tufacea (“pizzi de carparu”) detti appunto “petre lamia”.
Queste costruzioni permettono una terrazza più spaziosa di quella del trullo, per i diversi usi, come essiccare fichi o esporre al sole baccelli di leguminose per renderli più secchi… per cui la liàma significa anche terrazza.
La scaletta che porta alla terrazza della liàma è ricavata esternamente sul lato più lungo di uno dei muri perimetrali.(…)
Da Tricase a Castro, da Presicce a S. Cesarea, da Gallipoli a Otranto e fino a Leuca, sotto un cielo di azzurro inconfondibile …questi abituri tutti danno uno scenario da favola.” (1)

Luigi Ponzi

(1)Le citazioni riportate si trovano, rispettivamente, alle pagine 23, 24, 24,25, 17, 29, 35 di Luigi Ponzi, Monumenti della civiltà contadina del Capo di Leuca, Galatina, Congedo Editore, 1991, pp. 104.
Più in genrale, sull’architettura in pietra a secco pugliese si vedano: Edward Allen, Pietre di Puglia. Dolmen, trulli e insediamenti rupestri, Bari, Mario Adda Editore, 1984, pp. 222; Angelo Ambrosi et al. (a cura di), Architettura in pietra a secco. Atti del I Seminario Internazionale, Fasano (BR), Schena Editore, 1990, pp. 578.

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1 Ottobre 2005

Eventi Pietre dell'identità

Franco Albini

Premio internazionale architetture di pietra 2005
40a Marmomacc, Verona

Franco Albini (foto: © Archivio Albini)

Premio “ad memoriam”
Franco Albini (1905-1977)
Museo del Tesoro di San Lorenzo
Genova, Italia, 1952-1956

Nel 1952 la curia vescovile di Genova incarica Franco Albini di progettare l’esposizione del “Tesoro” della Cattedrale di San Lorenzo, una collezione di pezzi di alto valore storico-artistico-devozionale dal periodo medievale al XVIII secolo.
Il luogo viene individuato sotto un piccolo cortile in fianco all’abside del Duomo.
L’idea di base si impone fin dalla prima soluzione: una serie di spazi ipogei circolari di diverso diametro collegati da cunicoli rettilinei e due accessi posti agli estremi dell’asse di collegamento, uno con scala elicoidale per il pubblico dal cortile dell’Arcivescovado, l’altro per il clero dalla sacrestia. In sezione gli spazi circolari si rivelano come dei Tholoi con cupola ribassata, una memoria dichiarata di quelli Micenei del “Tesoro degli Atridi”. La ricerca quindi di una associazione tipologico-mitica ideale per creare un ambiente ricco di pathos in cui collocare i preziosi oggetti della collezione.
Successive elaborazioni mantengono il sistema delle tre camere circolari ma elimina l’assialità della composizione e introduce uno spazio di raccordo tra i Tholoi il quale forma una figura esagonale che genera una triassialità compositiva.
Tutta la superficie muraria del museo viene rivestita in Pietra di Promontorio. Di colore da grigio-verde a nero, è un calcare relativamente compatto, che prende il nome dalla collina su cui sorge La Lanterna, simbolo della città.
L’applicazione nel Tesoro di San Lorenzo è opera artigianale interamente realizzata da scalpellini liguri. I muri perimetrali, compresi i Tholoi, sono costruiti in mattoni su cui è stato applicato il rivestimento lapideo formato da spesse lastre di pezzatura varia (da cm. 18×30 a cm. 36×50, con spessore di circa cm. 10), lavorate a mano, a scalpello piatto, secondo una tipica usanza ligure che conferisce alle pareti una superficie vibrante.
L’effetto d’insieme è di una particolare forza avvolgente. In una sorta di raffinato contrasto-accordo con il “peso” della muratura lapidea è la leggerezza dei travetti in cemento armato prefabbricati fuori opera che reggono la copertura del museo-cripta.

Materiale lapideo utilizzato:
Pietra di Promontorio, Liguria, Italia


Museo del Tesoro di San Lorenzo a Genova (foto: © Archivio Albini)
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30 Settembre 2005

Eventi

Claudio Silvestrin

Premio internazionale architetture di pietra 2005
40a Marmomacc, Verona

Claudio Silvestrin (foto: © Claudio Silvestrin Architects Limited)

Claudio Silvestrin
Giorgio Armani Store
Londra, Regno Unito, 2002-2003

Con i suoi mille metri quadri di superficie di vendita il negozio di Londra è il più grande degli oltre venti Armani Stores progettati da Claudio Silvestrin nelle capitali dei principali paesi del mondo per la famosa maison italiana della moda.
Elementi unificanti di questi diversi interventi sono il comune linguaggio, minimale ed essenziale, dell’architettura e la scelta di un solo materiale con il quale sono realizzate le superfici dei negozi, dai muri ai pavimenti alle scale, tutte in pietra di Saint-Maximin, un calcare puro e uniforme che disegna profili e spessori in modo netto e morbido allo stesso tempo.
Il negozio di Londra si articola su tre livelli in un edificio del primo Novecento che si affaccia su Sloane Street. Ricavato dall’accorpamento di due spazi separati e frammentati dalla interposizione di una piccola particella appartenente ad altra proprietà, grazie ad un progetto raffinato e sapiente lo store si presenta ora come un armonioso organismo architettonico unitario, incorporato in un edificio d’epoca, che collega il piano terra, con le sue vetrine sul marciapiede, al piano interrato e al primo piano. Tutti questi livelli, tra loro comunicanti attraverso ampi squarci verticali, vivono una loro vita autonoma ed introversa rispetto all’edificio esistente con il quale non entrano in rapporto.
Tutti gli spazi sono modellati da un involucro lapideo formato da lastre di Pietra di Saint-Maximin, un calcare di colore grigio-crema chiaro che si estrae nella Francia settentrionale presso Creil, tra il paese di Saint-Maximin e la riva sinistra dell’Oise. Impiegato in architettura fin dal secolo XIV, è oggi utilizzato in numerose opere di prestigio inclusi alcuni interventi di restauro di opere monumentali a Parigi.
Anche pavimenti e scale sono del medesimo materiale lapideo con un effetto d’insieme che esalta l’assenza di decorazione e di monumentalità e conferisce all’architettura un’aura di atemporalità e atopicità che corrisponde alla filosofia di Armani.

Materiale lapideo utilizzato:
Franche Fine di Saint-Maximin, Liais di Saint-Maximin
Fornitura e installazione pietra:
Carrieres de La Plaine de Caen, Saint Pierre Aigle, Francia


Giorgio Armani Store, Londra (foto: © Claudio Silvestrin Architects Limited)
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30 Settembre 2005

Eventi

Antón García-Abril

Premio internazionale architetture di pietra 2005
40a Marmomacc, Verona

Antón García-Abril (foto: © Ensamble Studio)

Antón García-Abril/Ensamble Studio
Scuola di Alti Studi Musicali della Galizia
Santiago de Compostela, Spagna, 1999-2003

Il Centro de Altos Estudios Musicales a Santiago si trova all’interno della Finca Vista Alegre, una delle più grandi aree verdi nei dintorni del centro storico, destinata a parco universitario.
Il concorso prevedeva l’inserimento di un nuovo edificio comprendente alcune aule per l’educazione musicale, in fianco a un padiglione già esistente, il Centro de Estudios Avanzados, costruito dall’architetto galiziano Cèsar Portela.
L’espressione dell’opera deriva dalla contrapposizione e dalla dualità, elementi che definiscono lo spazio nelle proporzioni, nel timbro e nei materiali fino a raggiungere la complessità. La distorsione, che si sovrappone all’armonia, evoca la purezza di entrambe le condizioni spaziali, provocando un’inquietudine in termini sia di materia sia di spazio.
L’edificio è connotato da un unico materiale, lavorato in modo differenziato negli esterni e negli interni. Si tratta del Granito di Mondariz, cavato nella Galizia e noto commercialmente con il nome di Gris Mondariz: una roccia granitica a base chiara caratterizzata dalla presenza di megacristalli di colore grigio con una lieve tonalità rosacea.
Gli esterni sono completamente rivestiti di Granito di Mondariz nel formato di grandi e spesse lastre che, appoggiate alla struttura a telaio in acciaio, formano pareti lapidee autoportanti. Le lastre di granito, di spessore cm. 30-35 circa, altezza cm. 175 e di larghezza variabile (circa cm. 300), sono state ottenute ” a spacco” con un sistema che lascia a vista le tracce della separazione per perforazione. Per facilitare il loro distacco dal blocco le lastre sono state rotte “al contro”, cercandone il piano di stereotomia.
Per contrasto con gli esterni, sulle pareti del grande spazio interno centrale è stato applicato un rivestimento di Granito di Mondariz tagliato a lastre sottili, con superficie a filo di sega, e montato con un disegno a griglia regolare.
Anche i pavimenti sono a lastre dello stesso materiale trattati con fiammatura.

Materiale lapideo utilizzato:
Granito di Mondariz, Galizia, Spagna
Fornitura e installazione della pietra:
Granichan S.L., Salvaterra do Miño, Pontevedra, Spagna


Scuola di Alti Studi Musicali della Galizia (foto: © Ensamble Studio)
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29 Settembre 2005

Eventi

Pedro Pacheco e Marie Clèment

Premio internazionale architetture di pietra 2005
40a Marmomacc, Verona

Pedro Pacheco e Marie Clèment (Foto: © Paulo Nuno Silva)

Pedro Pacheco e Marie Clèment
Cimitero, chiesa e museo da Luz
Aldeia da Luz, Mourão, Portogallo, 1998-2003

A seguito della costruzione della Diga di Alqueva nel sud del Portogallo, il paese di Aldeia da Luz fu sommerso. I suoi abitanti così come l’insediamento urbanistico dovettero essere trasferiti in un altro luogo.
Lo spostamento del paese da Luz è un atto di sostituzione, un duplice e simultaneo atto di fondazione e distruzione.
La fondazione del luogo, costituita dalla chiesa di Nossa Senhora da Luz, il cimitero trasposto e il museo dedicato ai territori da Luz, cercano di assorbire in una nuova situazione topografica e geografica le analogie con il luogo dell’antica chiesa di Nossa Senhora da Luz: la chiesa e il cimitero come forti elementi identificativi, preesistenze uniche, e il museo come elemento strutturante del nuovo sito, dotato della carica rappresentativa della sostituzione.
Il museo contiene nel suo disegno e nel suo materiale (lo scisto), la memoria della fondazione della valle del Castello da Lousa, rovina romana, segno di uno dei primi insediamenti umani in questo territorio. È uno spazio contenitore che permette di immagazzinare, classificare e comunicare questa informazione, risultato di tutto il processo di sostituzione che, oltre il registro fisico, stabilisce una complicità intenzionale fra la situazione dei due paesi.
La pietra utilizzata per il museo proviene da una cava a tre chilometri dall’opera, nella città di Mourão, regione dell’Alentejo, nel sud del Portogallo. Lo Scisto Grigio di Mourão fa parte del filone di scisti di Monsaraz.
Le pareti di pietra del museo sono complementari alle pareti strutturali di cemento, ambedue funzionano insieme creando un sistema collaborante con uno spessore totale di circa cm. 50, che permette di garantire all’edificio una buona inerzia termica. Le pareti lapidee sono autoportanti costruite per corsi orizzontali di Scisto Grigio di spessore variabile tra gli 8 e i 9 centimetri.
Per costruire una parete con una tessitura uniforme, è stato creato un modello-abaco costituito dall’associazione in verticale dei moduli, con un ritmo alternato, composto di guide di Scisto con spessore di A = cm. 7,2 e B = 5 cm, larghezza variabile tra i 6 e i 9 centimetri e lunghezza varia.
Le pareti lapidee (opera di finitura) si legano alle pareti in cemento (opera al grezzo) mediante un secondo betonaggio (cemento fine) praticato per colatura nello spazio interposto sia sul lato interno sia su quello esterno.

Materiali lapidei utilizzati:
Calcare Grigio scistoso di Luz, Mourão, Portogallo, Calcare Blu scistoso di Pássaros, Luz, Mourão, Portogallo, Calcare Grigio scistoso di Mourão, Portogallo, e Marmo Bianco di Estremoz, Portogallo
Fornitura pietra:
Soxisto – Sociedade de Exploração dos Xistos de Mourão, Mourão, Portogallo
Granimarques – Sociedade Unipessoal Lda, Mourão, Portogallo
Installazione pietra:
Peixoto & Antunes Lda, Ermesinde, Portogallo
Humberto Sousa, maestro della pietra


Cimitero, chiesa e museo da Luz (foto: © Paulo Nuno Silva)
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29 Settembre 2005

Eventi

Alberto Campo Baeza

Premio internazionale architetture di pietra 2005
40a Marmomacc, Verona

Alberto Campo Baeza (foto: © Fernando Alda)

Alberto Campo Baeza
Uffici per la Delegazione Provinciale del Servizio Nazionale per la Salute
Almería, Andalucía, Spagna, 1998-2003

L’intervento consiste in un palazzo per uffici di ampliamento dell’attuale sede provinciale andalusa del Servizio Sanitario Nazionale, sulla circonvallazione di Almería. Il nuovo edificio è concepito come un parallelepipedo ortogonale regolare, sviluppato per sette piani.
Al piano terra un vestibolo comune collega il nuovo edificio al fabbricato preesistente. Formato da uno spazio a doppia altezza, l’atrio d’ingresso è una scatola di vetro inserita tra due edifici che illumina l’accesso da tutti i lati liberi compreso il tetto.
Nei vari piani la ripartizione distributiva-funzionale si ripete con gli uffici rivolti a sud e i servizi a nord divisi da un corridoio, con uno schema che consente notevole flessibilità. Gli unici vani particolari sono quelli dell’atrio d’entrata e della sala per conferenze, al piano terreno, e l’ufficio del direttore, ricavato all’ultimo piano.
La nuova addizione è architettonicamente risolta come un blocco compatto dalla stereotomia pura, uniformemente rivestito con lastre di pietra disposte a griglia con formato uniforme sui suoi quattro fronti. Si tratta della Pietra Lumachella (“Amarillo Fósil”), un calcare fossile estratto nella regione di Murcia, di colore paglierino chiaro, alquanto resistente in ambienti marini, tagliato a filo di sega e posato in corsi regolari. La facciata principale, esposta a sud, contiene l’idea forte del progetto. Sulla sua superficie si aprono delle finestre a sviluppo orizzontale che vengono chiuse da imposte formate da lastre lapidee semoventi complanari al piano di facciata. Un meccanismo di apertura e chiusura che consente di dosare l’entrata della luce a seconda delle esigenze interne.
Il movimento delle controfinestre lapidee modifica la configurazione dell’architettura la quale, quando tutti i pannelli sono chiusi, assume l’aspetto di una netta e impenetrabile scatola di pietra.
Il prospetto nord, pressochè muto, è forato da minuscole fessure, ottenute distanziando le lastre, utilizzate per l’illuminazione e la ventilazione naturali di servizi, scale, ascensori e archivi.

Materiale lapideo utilizzato:
Pietra Lumachella, “Amarillo Fósil”, Hellín, Albacete, Spagna
Fornitura e installazione della pietra:
Pereamar S.L., Pinoso, Alicante, Spagna


Il fronte dell’edificio di Alberto Campo Baeza ad Almería (foto: © Fernando Alda)
fg98
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