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Riflessioni a margine del Convegno "Pietra e Creatività"


Disegno di Antonello Silverini (da Nòva, Sole 24 ore)

Materialità | Immaterialità
Nella società attuale, sostenuta da un’economia complessa ed interagente su scala planetaria, si afferma sempre più la visione di sviluppo alimentata dal mix di innovazione – frutto del “fare tecnico” operante dall’interno delle organizzazioni di produzione – ricerca e creatività prodotte, queste ultime, dalle èlite intellettuali e professionali. Tale situazione è conseguenza diretta del nuovo ciclo di sviluppo che ha fatto crescere d’importanza la condizione immateriale nei processi economici e nelle stesse esperienze di vita degli individui.
La cosiddetta economia della conoscenza s’impone con forza crescente nella quasi totalità dei settori dove il capitale umano e le competenze si pongono come essenziali e strategici per la creazione della ricchezza più di quanto, fino ad oggi, hanno rappresentato rispetto al capitale finanziario e a quello fisico di produzione.
Se da un lato le stratificazioni storiche del territorio – che chiamiamo oggi paesaggi culturali, città e borghi, beni artistici – insieme a tutti i prodotti di qualità dei luoghi costituiscono “nuova” ricchezza (“giacimento” come qualcuno afferma, in quanto risorse uniche, identitarie e non delocalizzabili) sul fronte squisitamente produttivo dell’industria è solo il dinamismo, l’innovazione, lo sviluppo di prodotti ad alto valore aggiunto a rappresentare campo di competizione e di affermazione rispetto ai mercati internazionali.
In un’economia profondamente cambiata il regime proprietario del capitale fisico e delle stesse materie prime ha subito un ridimensionamento d’importanza.
È il capitale intellettuale (fatto di competenze, di intelligenze, di cultura, di relazioni) a rappresentare il motore principale dei processi economici. Nell’era della new economy le risorse più ambite e ricercate sono le idee, il talento, i concetti, le narrazioni (quel mondo fatto di racconti, immagini, di visioni ed esperienze di vita pre-figurate) che assurgono al ruolo di entità intangibili dei “prodotti”; attributi simbolici posti a rappresentare il valore aggiunto, irrinunciabile, per ogni processo di affermazione sui mercati di beni, servizi, luoghi.
Stiamo assistendo ad una trasformazione epocale – sicuramente di lungo periodo – del rapporto fra “produzione materiale” e “produzione immateriale” che la molteplicità dei media è capace oramai di amplificare, riverberare e diffondere in forma istantanea, veloce e pervasiva nel mondo intero.
Conclusasi l’era dell’industrialismo di stampo fordista radicato ai territori nazionali, alla solidità dei muri di fabbrica in difesa dei grandi apparati tecnologici di produzione, alla condizione proprietaria di macchine e materie prime, oggigiorno le aziende e le organizzazioni del lavoro sono dipendenti in maniera crescente dall’accesso al circuito dell’immaterialità fatto di conoscenze, di flussi di informazioni, di racconti.
Far affermare beni e servizi attraverso immagini e idee – “fissate” indelebilmente nel corpo dei prodotti dell’economia contemporanea – sta diventando condizione arricchente irrinunciabile.
L’accesso ai prodotti è sempre più di natura cerebrale. I messaggi evocativi o affabulativi “vestono” le forme e le prestazioni dei prodotti intervenendo sugli stati emotivi degli individui.
S’intuisce facilmente allora come interessarsi al circuito generativo e diffusivo delle idee, attrarre intelligenze e figure di talento assume oggigiorno pari importanza del possesso (o della disponibilità) della materia e dei beni strumentali. Soprattutto negli ultimi anni il valore delle idee ha assunto, all’interno delle organizzazioni produttive, un ruolo e una centralità inediti.
L’innovazione, la ricerca, la comunicazione – “stati” ed attività senza peso e corporeità – rappresentano le più appetibili risorse dell’economia mondiale tali da surclassare, spesso, il “fare tecnico”.
Non pochi analisti e visionari sostengono che la creatività, le idee e le narrazioni legate ai diversi linguaggi (architettura, design, arti, letteratura ma anche poesia, videoart, pubblicità, teatro, cinematografia…) sono oramai diventate le più strategiche risorse dell’era dell’economia globale. Addirittura gli stessi flussi di dati, informazioni, notizie – benchè meno “proiettive” rispetto a idee, creatività e saperi – svolgono il ruolo di beni economici in quanto infrastruttura primaria lungo la quale (e, spesso, a partire dalla quale) si afferma ogni prodotto e, quindi, ogni forma di produzione e ricchezza.
“La nuova era – afferma Jeremy Rifkin – è più immateriale e cerebrale; è un mondo di forme platoniche, di idee, immagini, archetipi, concetti e finzioni. Se l’individuo, nell’epoca industriale, si preoccupava di possedere la materia per manipolarla, il rappresentante tipico della prima generazione dell’era dell’accesso è assai più interessato alla manipolazione delle menti. Nell’epoca dell’accesso e delle reti, in cui le idee sono il fondamento dei commerci, essere onnisciente è ciò che rende l’uomo simile a Dio; ed essere in grado di espandere la propria presenza mentale, di essere universalmente connesso, in modo da poter dare forma alla stessa coscienza umana, è quello che muove l’attività economica in ogni settore.
L’uomo si nutre di idee e di pensiero come di pane e di vino. Se l’era industriale ha nutrito il nostro essere corporeo, l’era dell’accesso alimenta il nostro essere mentale, emotivo e spirituale. Mentre l’era che sta volgendo a termine si caratterizzava per il controllo dello scambio di beni, la nuova era si caratterizza per il controllo dello scambio dei concetti.
Nel ventunesimo secolo, le imprese saranno sempre più coinvolte nello scambio di idee e, a loro volta, gli individui saranno sempre più propensi ad acquistare l’accesso a tali idee e all’involucro materiale in cui saranno contenute. La capacità di controllare e vendere pensiero diventerà la forma più sofisticata di abilità commerciale.”1

Alfonso Acocella

1Jeremy Rifkin, “La mente domina la materia” p. 75 in L’era dell’accesso, Milano, Mondadori, 2001 (tit. or. The Age of Access, 2000), pp.405. Sull’argomento si veda anche Dominique Foray, L’economia della conoscenza, Bologna, Il Mulino, 2006, pp. 148.

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22 Luglio 2006

Eventi Toscana

Pietra e creatività


Scarica l’invito al convegno
Vai al sito del Consorzio del Travertino di Rapolano
Vai al sito dell’Antica Querciolaia

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L’entroterra toscano e l’occasione di Rapolano


Il paesaggio delle Crete

Incipit
“E innanzitutto dirò che se l’entroterra è rimasto per me inaccessibile. – e se anche, lo so bene, l’ho sempre saputo, non esiste – non per questo è del tutto insituabile, basta solo rinunciare alle leggi di continuità della geografia comune e al principio del terzo escluso.
In altre parole, la vetta ha un’ombra, in cui si nasconde, ma quest’ombra non ricopre tutta l’estensione della terra. Sono sensibile, questo non sorprenderà nessuno, alle guide turistiche, almeno a quelle stampate in corpi minuscoli, in paragrafi fitti, in cui quasi ogni luogo indicato può proporre un enigma. È quando leggo, nella mirabile guida della Toscana del Touring Club Italiano (p. 439 della seconda edizione, del 1952): “a S e a E la malinconica distesa delle colline cretacee, che cominciano di qui.””1

L’entroterra toscano
Abbiamo da tempo atteso l’occasione che ci consentisse di intraprendere un viaggio nell’entroterra italiano in quelle geografie territoriali di cui ci ha parlato Yves Bonnefoy soffermandosi soprattutto sui paesaggi dell’Italia centrale fra Toscana, Umbria e Marche, non fosse altro per avvicinarci a quella mitica, ma anche reale, Italia diversa e distante anni luce dai “paesaggi ibridi” delle conurbazioni contemporanee in cui molti di noi oramai consumano gran parte della propria vita senza immaginazione ed emozioni.
Forse per questa aspirazione inconscia l’ultimo anno l’abbiamo trascorso circondati da guide, mappe, carte, libri utili a tracciare, a vagheggiare un viaggio verso le “Pietre di Toscana” inscritte in una geografia delocalizzata, di “bordo” rispetto alle aree fortemente segnate e congestionate dal fenomeno della urbanizzazione e dalle reti delle infrastrutture.
Ora il viaggio ideale verso l’entroterra della Toscana, l’unica regione italiana veramente famosa nel mondo, si apre all’esperienza della frequentazione del territorio a partire da Rapolano luogo di argille, di acqua e di pietra.
Il paese di Rapolano sorge nella Terra delle Crete, spartiacque collinare tra la Val di Chiana e la Valle dell’Ombrone, caratterizzata dalla presenza di sorgenti d’acqua ad elevate temperature. È in virtù di questa risorsa naturale che il paese gode di una duplice ricchezza: da un lato la presenza del travertino, i cui depositi più estesi si formano proprio allo sbocco delle sorgenti; dall’altro la risorsa termale legata alle proprietà terapeutiche delle acque che affiorano in più punti del territorio. Si tratta di acque termominerali, di tipo bicarbonatico-alcalino-terroso, costituite da fluidi abbastanza omogenei dal punto di vista chimico, all’origine con temperature variabili (8-40° C).


Il centro storico di Rapolano Terme

“Fra le più antiche notizie e riferimenti storici a questi bagni – leggiamo in Terme d’Italia, Guide de L’Espresso del 2003 – viene citata una pergamena risalente all’XI secolo, conservata nell’archivio della cattedrale di Arezzo, mentre nell’Archivio di Stato di Siena sono presenti varie delibere del 1300, mediante le quali la Repubblica interveniva con opere e provvedimenti diretti a una migliore utilizzazione delle acque. L’area su cui insistono gli impianti attuali è stata sfruttata a fini termali dall’età etrusca: a quest’epoca risale il toponimo Arunte, che si riferisce ad una sorgente le cui acque sgorgavano a poca distanza da quelle che alimentano lo stabilimento moderno. Sempre a poca distanza dalla sorgente, il ritrovamento di una vasca rettangolare testimonia la continuità d’uso anche in età romana, mentre documenti riportano gli interventi del comune di Siena a difesa della preziosa risorsa durante l’età medioevale, nei secoli in cui il termalismo rapolanese conobbe il suo massimo splendore”
È tuttavia nel corso dell’Ottocento che queste terme raggiungono il maggior prestigio, ospitando numerosi personaggi illustri. Oggi sono in funzione due stabilimenti termali: l’Antica Querciolaia e le Terme San Giovanni. Entrambi, si avvalgono delle proprietà benefiche di queste acque che, per l’alta percentuale di zolfo, calcio e altri microcostituenti, sono un efficace mezzo di cura e di benessere.
Lo stabilimento termale dell’Antica Querciolaia è in funzione dal 1864 quando, a seguito di lavori di scavo, venne rinvenuta la copiosa sorgente che ancora alimenta l’impianto. Il nucleo architettonico originario, in forma di ferro di cavallo, viene costruito nella seconda metà dell’Ottocento con una impostazione planimetrica centrata intorno alla sorgente (il geysen).
Le acque affiorano dal sottosuolo ad una temperatura di 39-40° C; si tratta di acque sulfuree-bicarbonatico-calciche con consistenti quantità di calcio, magnesio, sodio e potassio; tale concentrazione di sali conferisce notevoli proprietà salutari.
Nel suo insieme il complesso termale dell’Antica Querciolaia dispone di un ampio parco piscine, di un centro benessere (con trattamenti che mixano acque, fanghi e piante officinali), un Giardino d’inverno e una sala per Convegni con ampia terrazza che affaccia sul parco composto da piante secolari.
L’altro rinomato complesso termale è quello delle Terme San Giovanni in posizione più defilata rispetto al centro urbano di Rapolano ma di grande suggestività paesaggistica, affermatosi negli ultimi anni come apprezzata meta del termalismo toscano.
Alla villa-albergo è collegato un grande parco piscine fortemente caratterizzato dall’uso del travertino con acqua a temperature naturali differenziate (39, 34 e 32° C) e un insieme di strutture di servizio quali il centro benessere e il centro fitness. Il mantenimento della temperatura costante è assicurato dal considerevole ricambio dell’acqua che avviene tramite potenti getti d’acqua funzionali anche a benefici idromassaggi naturali.
Le piscine all’aperto sono inserite in ampi spazi destinati al solarium e al verde. Una terrazza panoramica, servita da bar ristorante, consente di avere una visione paesaggistica d’insieme che abbraccia larga parte del parco piscine inquadrandolo rispetto allo sfondo costituito dalle sinuose colline senesi.

L’occasione di Rapolano
L’incontro nel suggestivo spazio all’aperto – quale si mostra allo sguardo del visitatore il Parco dell’acqua ai bordi di un’antica cava dove insistono le terme dell’Antica Querciolaia – con Enzo Giganti, Presidente del Consorzio del Travertino di Rapolano, e con Patrizia Baldaccini, sindaco del Comune di Rapolano Terme, è proprizio al tema dell’approfondimento dei caratteri e delle vocazionalità del territorio interno senese e delle sue risorse: paesaggio, pietra, termalismo, prodotti tipici del luogo, qualità dello stile di vita.
Nasce da queso incontro l’occasione di organizzare una piccola mostra, testimonianza dell’attività storica e contemporanea dell’escavazione e della lavorazione del travertino (da allestirsi en plain air nello spazio vasto del Parco dell’acqua) e di un Convegno ospitato nei locali dell’Antica Querciolaia, in concomitanza con la manifestazione del Settembre Rapolanese 2006.


Parco dell’Acqua frontistante le terme dell’Antica Querciolaia
(foto Alfonso Acocella)

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Dopo i colloqui iniziali, convergenti verso un approfondimento delle vocazionalità del luogo, non rimaneva che decidere il carattere del Convegno e il profilo dei relatori da invitare.
Ecco allora che si delinea l’ipotesi di organizzare un evento culturale in un certo qual modo informale, a più voci, capace di slargare l’orizzonte problematico e catturare l’interesse dei potenziali ascoltaori e del panel stesso dei relatori ufficiali chiamati per dar vita ad una sorta di workshop di idee.
“Incontri culturali di Rapolano” sottotitoliamo l’evento che ci auguriamo possa diventare un appuntamento da ripetersi nei prossimi anni dove far convergere spiriti liberi interessati all’approfondimento di contenuti e di visioni del nostro presente in un mondo che va velocemente cambiando.
Un confronto aperto fra quanti operano all’interno dei processi culturali, progettuali, produttivi indirizzati alla conservazione e trasformazione, allo stesso tempo, di tutte quelle risorse materiali e immateriali in disponibilità dell’Italia non delocalizzabili o riproducibili (e come tali valori peculiari del Paese).
Il concept proposto per questo primo convegno, che subito ha registrato un certo consenso per il carattere di attualità che riveste nel dibattito recente, è quello che coniuga la condizione di materialità con quella dell’immaterialità – “Pietre e Creatività”, questo è il tema proposto – dove al primo termine si assegna il senso ampio di Pietre dell’identità: paesaggi culturali, città, borghi, architetture, artefatti alla scala del design (urbano e domestico), dell’arte plastica.
Tema di Convegno in qualche modo orientato, ma notevolmente aperto (“creativo”, appunto) quanto a possibilità di interpetazione e di svolgimento da parte dei relatori. I numerosi invitati a parlare stanno a testimoniare il progetto aperto dell’iniziativa e, allo stesso tempo, il tentativo di attrarre a Rapolano menti creative per metterle a confronto e legarle, possibilmente, anche in un percorso futuro di collaborazione. Personaggi noti, ma anche giovani ricercatori, figure impegnate in discipline spesso distanti (ma solo apparentemente) tra loro.
Anticipiamo, sia pur sottovoce, che, in occasione dell’evento di Rapolano Terme quanto mai appropriato, vorremmo lanciare l’idea della costituzione di un Network di Creativi da collegare in rete attraverso la piattaforma relazionale e partecipata del blog_architettturadipietra che svolgerà anche il ruolo di agenda, di cronaca istantanea del viaggio verso l’entroterra di Rapolano e le Pietre di Toscana più in generale.2

Alfonso Acocella

Note
1Yves Bonnefoy, L’entroterra, Roma, Donzelli Editore, 2004 (tit. or. L’Arrière-Pays, 1972).
2L’esplorazione del tema legato alle relazioni fra acqua e pietra potrebbe rappresentare l’obiettivo per il Settembre rapolanese del 2007; questo soprattutto se i “creativi in transito” sapranno suscitare interesse intorno alla Cultura quale fattore non sovrastrutturale ma propulsivo di processi e, quindi, di progetto ed economia per il luogo.

Rapolano Terme
Provincia di Siena (Siena 25 km, Firenze 90 km). Altitudine m. 334. Tra la Val di Chiana e la Valle dell’Ombrone. Autostrada A1 Autosole, uscita casello di Monte San Savino per chi arriva da Nord, uscita casello di Valdichiana per chi arriva da Sud. Raggiungibile da Siena con la statale n. 326. Stazione ferroviaria di Rapolano Terme. Linea Siena-Chiusi, Autolinee Roma-Siena, fermata di Rapolano Terme.

Consorzio del Travertino di Rapolano
www.travertinorapolano.com

Antica Querciolaia
Via Trieste, 22
53040 Rapolano Terme
Tel 0577724091
Fax 0577725470
www.termeaq.it

Terme San Giovanni
Via Terme di San Giovanni, 52
53040 Rapolano Terme
Tel 0577724030
Fax 0577724053
www.termesangiovanni.it

Oltre Rapolano
Il territorio della Toscana meridionale, ricco di bellezze naturali, di tesori artistici ed architettonici, di luoghi incantevoli, consente facilmente – senza grandi spostamenti – di effettuare piacevoli escursioni.
Nelle immediate vicinanze è visitabile la famosa abbazia di Monte Uliveto Maggiore ad Asciano; in meno di mezz’ora di automobile è possibile raggiungere Siena, Arezzo, Cortona, Montalcino, Pienza.
Siena e Pienza – alla data del Convegno – oltre a rappresentare meta per la visita dei loro capolavori architettonici ed artistici offre due mostre legate alle celebrazioni del Papa Pio II. A Pienza (Palazzo Piccolomini, Duomo, Battistero) “La Rifondazione umanistica dell’architettura e del Paesaggio”; a Siena (Complesso museale di Santa Maria della Scala, Palazzo Squarcialupi) “La ‘Rinascita’ della scultura: ricerca e restauri”.
Infoline Opera Spa Siena: 0577223421

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Pietre di Toscana
Atlante contemporaneo delle liticità toscane


Cave di marmo delle Alpi Apuane (foto Alfonso Acocella)

Il presente post edita estratti del progetto Pietre di Toscana promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e dalla Regione Toscana Assessorato Cultura.

Incipit
“Diamo per scontato che la scelta dell’oggetto di uno studio non è innocente, che presuppone già un’interpretazione preventiva, e che è ispirata dal nostro interesse attuale. Riconosciamo che l’oggetto non è un puro dato, bensì un frammento di universo che si delimita in base alle nostre intenzioni. Ammettiamo anche che il linguaggio con il quale segnaliamo un dato è già lo stesso linguaggio nel quale lo interpreteremo ulteriormente. Ciò non toglie, tuttavia, che, a partire da un desiderio di sapere e di incontro, la nostra attenzione si orienti in due direzioni distinte: una riguarda la realtà da cogliere, l’essere o oggetto da conoscere, i limiti del campo di indagine, la definizione più o meno esplicita di ciò che ci interessa esplorare: l’altra riguarda la natura della nostra replica: i nostri apporti, i nostri strumenti, i nostri fini – il linguaggio che utilizzeremo, i mezzi di cui ci serviremo, i procedimenti a cui faremo ricorso. Certo, siamo noi l’unica fonte di questa doppia scelta: è per questo che scegliamo così frequentemente i mezzi di esplorazione in funzione dell’oggetto da esplorare e, reciprocamente, gli oggetti in funzione dei metodi. Ma non c’è nulla di più necessario dell’assicurare il maggior grado possibile d’indipendenza reciproca tra oggetti e mezzi. Se è auspicabile che lo stile della ricerca sia compatibile con il suo oggetto, non è meno augurabile che lo scarto e la differenza fra noi stessi e ciò che aspiriamo a conoscere meglio, tra il nostro “discorso” e il nostro oggetto, siano marcati con la massima cura.” 1

In viaggio
Abbiamo preso coscienza di aver fatto numerosi viaggi indirizzando lo sguardo e la riflessione verso le materie, le superfici, i modi configurativi, i corpi plastici degli artefatti dell’uomo. Alcuni di questi viaggi sono conclusi – e solo apparentemente lontani e dimenticati – altri risultano in corso, altri aspettano un futuro propizio per materializzarsi. Fra questi vi è quello – appena vagheggiato – indirizzato verso le Pietre di Toscana.
Perchè – potremmo chiederci – il modello del viaggio per avvicinare la Toscana di pietra?
Intanto, perchè vale sempre la pena di partire.
Ogni viaggio è sempre una scommessa interiore, con le personali inclinazioni, le curiosità intellettuali indirizzate ad avvicinare a conoscere le cose del mondo, a ri-scoprirle, a di-svelarle a se stessi e agli altri. Poi – potremmo aggiungere – perchè il viaggio è inevitabilmente progetto in quanto comporta l’individuazione di una meta, l’esplorazione di un orizzonte.
Se il viaggio è l’azione, la persona che lo progetta e lo esegue ne rappresenta la parte attiva, il protagonista. Tale viaggiatore – il nostro attore ideale – ne traccia, insieme all’itinerario, le relative tappe, le soste, il ritmo e le modalità di movimento insieme all’armamentario intellettuale e strumentale utile ad assicurare con efficacia lo svolgimento del viaggio stesso.


Gli strumenti di registrazione della realtà per la produzione di ricordi.
(foto Alfonso Acocella)

Viaggiare nello spazio e nel tempo
Le dimensioni del viaggio, come sappiamo, sono sempre molteplici. Se ci guardiamo intorno, se ci muoviamo nell’ambiente – soprattutto in quello di pietra che vorremmo indagare – non possiamo dubitare dell’esistenza del passato giunto fino a noi attraverso corpi e forme evidenti, spesso eloquenti e monumentali, assorbite, incapsulate, nel grande palinsesto contemporaneo.
Il viaggio nello spazio fisico è sempre anche viaggio nel tempo, mai esperienza di solo presente, o solo “in nome” del presente. “Di solito immaginiamo che il trascorrere del tempo sia lineare. Immaginate una fila di persone che camminano una dietro l’altra. È evidente chi è davanti e chi è dietro a qualcun’altro. Questo è come il tempo lineare.
Ma supponiamo che la fila di persone stia camminando in un circolo. Chi ne fa parte sa chiaramente chi ha davanti e chi ha dietro. L’idea generale di un davanti e un dietro non ha più senso se si pensa a tutto il cerchio, ognuno è davanti e dietro a tutti. Viaggiare nel tempo equivale a chiudere questa linea in un circolo”2.
Di qui l’assunzione – all’interno del viaggio che vorremmo intraprendere fra le Pietre di Toscana – di una concezione del tempo di tipo “circolare” (opposto a quello “lineare”) capace di mostrare interesse, di valorizzare le testimonianze di ogni tempo, anche di quello molto distante da noi. Il nostro progetto di viaggio – sospeso fra impegno di ricerca, attesa, scoperta ed incontro – è alimentato da un’aspettativa di avvicinamento alla tradizione ma, allo stesso tempo, vuole emanciparsi da una visione nostalgica, ferma ai valori del passato, pur aulici e riconosciuti internazionalmente come quelli della Toscana, certamente riaffermandoli, ma anche implementandoli con dati nuovi, con opere, visioni, modi fruitivi e comunicativi tipici dell’età contemporanea.
Il riconoscimento dei luoghi storici di pietra aspira all’attualizzazione, alla volontà di trascinarli verso un nuovo progetto, in una inedita valorizzazione. Ecco allora che gli itinerari e le azioni che si intende promuovere sul territorio (con i loro tragitti e i loro luoghi inscritti nella geografia litica della Toscana) delineano, attraverso dei fili invisibili e nodi di riferimento, una rete multipolare frutto di un’intersezione e sovrapposizione fra passato e presente.


Terme San Giovanni A Rapolano Terme, Siena (foto Archivio Terme)

Il rischio dell’assunzione ampia e contestuale dell’armatura fisica, culturale, temporale è quello di imbastire un itinerario disorganico, se non addirittura di perdere il filo di coerenza del percorso e della direzione verso il mondo delle Pietre di Toscana. Ma la possibilità di confrontarsi con i modi del tutto inediti che – in questo avvio di millennio – regolano i rapporti dell’uomo con le immagini, la materia, lo spazio e il tempo ci appare come un obiettivo irrinunciabile da perseguire. D’altronde mai come nella società attuale si sovrappongono, complessificandosi e ibridandosi, stratificazioni molteplici di luoghi, di idee, identità, mentalità, temporalità, opportunità.
Ricercare un’interrelazione tra cultura contemporanea e tradizioni storiche della regione toscana, costituisce l’obiettivo implicito del nostro viaggio.
Da questi presupposti scaturisce la volontà di un coinvolgimento ampio dei tanti soggetti attivi sul territorio: le istituzioni pubbliche, le fondazioni e le associazioni culturali, i centri di ricerca, l’imprenditorialità e la produzione, i creativi, gli operatori del marketing territoriale, al fine di una messa in luce non scontata che punta ad una più approfondita conoscenza e ad una valorizzazione delle risorse geologiche ed ambientali, dei luoghi del lavoro, dei beni architettonici della Toscana di pietra.

Dal Blog_architetturaipietra al Portale Pietre d’Italia
Quale strumento di comunicazione delle acquisizioni di informazioni, di dati e delle prime azioni sul territorio legate al progetto Pietre di Toscana si intende adottare strategicamente la rete di internet e, all’interno delle sue potenzialità, il dispositivo di nuova generazione qual è il weblog nelle sue potenzialità relazionali. Tale format si presta – con le sue caratteristiche di comunicazione istantanea, interattiva, economica e condivisibile all’interno della sua logica di rete – ad offrire condizioni favorevoli di pubblicazione di contenuti inerenti le più diverse sfere di interesse, alternando taglio, modalità e genere di narrazione; adottando potenzialmente anche una comunicazione veloce e contestuale per immagini, così tipica della contemporaneità.

Obiettivo prioritario del progetto al nastro di partenza riguarda l’evoluzione del blog_architetturadipietra.it in portale Pietre d’Italia con la volontà, al suo interno, di avvicinare, scoprire, documentare e alla fine riverberare all’esterno i caratteri salienti della Toscana di pietra.


Pietre d’Italia (elaborazione Davide Turrini)

Rivisitazione della Toscana storica attraverso una strategia culturale contemporanea che punti a sviluppare relazioni di rete e ri-attraversare mediante flussi di dati, di informazioni, il territorio della regione sollecitando, il livello delle conoscenze, dei saperi, delle opportunità di valorizzazione delle risorse litiche in senso lato.
L’azione di osservatorio e di documentazione – da compiersi attraverso la raccolta di dati (ricerca di base) ed indagini sul campo (frutto di viaggi, esplorazioni, reportage incontri) – ha come finalità la “proiezione” della geografia storica legata alle pietre e ai marmi della regione toscana in quella contemporanea; una sorta di monitoraggio territoriale di opere, manufatti, siti, ma anche attento ai centri di formazione e di produzione, ai poli di ricerca, agli istituti e strutture di formazione, alle aziende e laboratori artigiani legati al mondo della trasformazione delle pietre.
Si punta, in sostanza, alla costruzione di un sistema informatizzato organizzato attraverso parole chiave in base alle quali sia facile orientarsi, potendo rintracciare e recuperare informazioni, dati, conoscenze ed anche sollecitare contatti, incontri, scambi.
Un vero e proprio Atlante contemporaneo digitale della Toscana di pietra che si configuri – allo stesso tempo – come banca dati, mappa territoriale, spazio pubblico di condivisione di idee in cui vi sia la possibilità di racconto, di partecipazione, di confronto: un potente polo accumulativo che mette in rete le informazioni significative raccolte, promuovendo relazioni fra discipline, saperi, figure e professionalità operanti sul territorio della regione.
Tale spazio – in forma di avanzato website comunitario – non dovrebbe limitarsi ad assumere il carattere di un contenitore che organizza e distribuisce agli utenti i dati raccolti, ma porsi l’obiettivo di diventare uno spazio di partecipazione, di comunicazione, di aggiornamento, di formazione, di confronto, di creatività.
Sperimentare le potenzialità connesse alle nuove modalità di fare cultura significa, per il nostro progetto, tentare di intercettare e promuovere processi di rete, valorizzare in forma non scontata le risorse intellettuali e materiali, aggregabili a partire dal tema delle pietre di Toscana.

Azioni sul territorio fra eventi e cantieri del fare
Il viaggio conoscitivo lungo gli itinerari delle Pietre di Toscana è indirizzato all’individuazione e al coinvolgimento di figure attive, di protagonisti, di luoghi, di spazi, di potenzialità progettuali latenti sul territorio assumibili come caposaldi all’interno di un programma di produzione di eventi e manifestazioni.
L’azione di riconoscimento e riabilitazione dei saperi storici legati alle Pietre di Toscana vuole ricercare e promuovere un aggiornamento contemporaneo da intendersi quale campo dinamico, aperto alla sperimentazione e alle ibridazioni disciplinari, alle sollecitazioni provenienti anche dall’esterno della regione che vanno rintracciate, captate e ricondotte – attraverso manifestazioni, attività, esperienze – al territorio toscano.
L’idea di fondo è di promuovere una serie diversificata di eventi (per scala, per tipologia, per luoghi di svolgimento) al fine di garantire all’interno della geografia territoriale un flusso di iniziative incentrate sui contenuti e sul richiamo d’immagine di artisti, architetti, designer di fama capaci di produrre corto circuiti intellettuali e richiamo di pubblico interessato al progetto culturale delle Pietre di Toscana.


“Pietra e Creatività”. Il Convegno del 2.9.2006 di Rapolano Terme.

In una società sempre meno stabile e stanziale, qual è quella contemporanea, caratteristica degli eventi è quella di proporsi in forma dinamica, di “spettacolo” coinvolgente cercando di attirare il pubblico insediato sul territorio e – al contempo – intercettare la mobilità, i flussi di persone in movimento all’interno della regione.
Progettare e organizzare eventi, richiamare ed accogliere pubblico dal territorio e – in parallelo – darne cronaca, narrazione e riverberazione comunicativa, rappresentano azioni intenzionalmente poste alla base del progetto Pietre di Toscana.
L’individuazione di un target di fruitori di riferimento a cui indirizzare e rivolgere gli eventi appare fondamentale per la riuscita delle singole manifestazioni culturali.
Altrettanto fondamentale è la mappatura degli spazi idonei e delle risorse umane presenti sul territorio toscano per l’organizzazione e la promozione degli eventi stessi. Luoghi per produrre e divulgare cultura contemporanea legata al mondo della pietra; spazi pubblici e privati interdisciplinari in cui far crescere creatività, confronto, incontro.
Seminari e cantieri del fare finalizzati all’approfondimento ed aggiornamento delle modalità di trasformazione della materia litica, di messa opera, di applicazione, di progettazione contemporanea rappresentano un diverso orizzonte operativo del progetto Pietre di Toscana.
L’esplorazione dei modi di impiego della pietra (ri-abilitazione delle modalità antiche di massa e di monolitismo; ma anche indagine di campi applicativi nuovi legati ai caratteri di trasparenza, di leggerezza, di sottigliezza, di fluidità, di mix tecnologico) intende diffondere sapere tecnico aggiornato, conoscenze funzionali al progetto contemporaneo.

Itinerari di pietra
L’idea progettuale degli Itinerari di pietra è finalizzata a riguardare le aree della regione secondo una logica di percorsi territoriali tematici integrati facendo emergere e fruire i capisaldi storici e contemporanei, artistici o di cultura materiale, del paesaggio di pietra: il mondo delle cave insieme a quello della produzione industriale ed artigianale, i siti archeologici e le testimonianze del passato, le opere moderne e contemporanee, i centri di ricerca, di sperimentazione, di sperimentazione, di formazione ecc.
Un ruolo attivo di sostegno e di collaborazione alla strutturazione contenutistica, organizzativa e di fruizione di tali itinerari sarà ricercata rispetto alle realtà istituzionali e culturali dei territori legati ai quattro poli estrattivi principali della Toscana (il comprensorio marmifero apuo-versiliese, quello del travertino di Rapolano a sud di Siena, il comprensorio della pietra serena nel cuore dell’Appennino tosco-romagnolo, l bacino dell’alabastro di Volterra); realtà produttive tutte inscritte in contesti geografici di grande interesse, ricchi di testimonianze, di beni culturali, architettonici ed ambientali.


Cave di pietra serena a Firenzuola (foto Alfonso Acocella)

Intersecando le linee ricongiungenti assetti paesaggistici, centri urbani minori, opere d’arte e d’architettura con quelle che collegano cave, aziende di trasformazione, laboratori del fare, atelier artistici e, poi ancora, con quelle legate alla valorizzazione delle potenzialità dei luoghi (artigianato, prodotti eno-gastronomici, scentri termali ecc.) si intende tracciare itinerari di attraversamento non scontati ricchi di opportunità e di varietà quanto ad oggetti di fruizione, di conoscenza, di godibiltà esperienziale.
Un modo per fruire e vivere più coscientemente ed intensamente il territorio della Regione. Gli Itinerari di pietra si ricollegano – attraverso l’idea del movimento, dei loro percorsi, le tappe, le soste proposte – direttamente alla dimensione del viaggio che abbiamo evocato in avvio del progetto Pietre di Toscana.

Mostre, istallazioni
Al fine di non chiudere il progetto Pietre di Toscana all’interno della territorialità fisica regionale, intercettando le possibilità di aggancio alle reti di relazioni sia di livello nazionale che internazionale (alle quali lo stesso mondo della produzione lapidea sostanzialmente si rapporta, esportando materie, semilavorati, componenti a sistema, tecnologie produttive) è strumentale un programma di mostre tematiche, alternate nel tempo ad esposizioni monografiche incentrate sull’opera di architetti, designer, artisti stranieri.
L’inaugurazione delle manifestazioni espositive faciliterebbe il coinvolgimento diretto dei personaggi a cui le stesse mostre sono dedicate attraverso l’organizzazione di conferenze, la partecipazione a workshop, cantieri d’arte che fungerebbero da atto di richiamo per il pubblico e per gli organi di stampa e della comunicazione.
Per tali manifestazioni è ipotizzabile un diretto sostegno delle aziende di produzione anche con esposizione di prototipi al vero.

Verso la pietra con i sensi
Attività transdisciplinari di sperimentazione nella produzione di progetti culturali più vicini all’idea di “intensificazione emozionale” saranno ricercate attraverso la valorizzazione del rapporto corporale, del mettere e del mettersi in gioco fisicamente attraverso i sensi.
Lungo una parallela direzione di lavoro creativo saranno esplorate, inoltre, le nuove esperienze connesse alle ricostruzioni in atmosfere simulate e spazi virtuali.
L’universo litico è, così, assunto come sfondo degli eventi (sfondo a volte reale, materico, tridimensionale; altre volte solo allusivo utilizzando la forza evocativa del cyberspazio culturale) mentre i sensi ne rappresentano la parte attiva nella produzione e nella modalità di ricezione dell’evento stesso.
La ricerca di luoghi e spazi di pietra particolarmente suggestivi (delle vere e proprie “location” da set cinematografico) – o la creazione di inedite e scenografiche simulazioni all’interno della nuova frontiera della realtà virtuale – diventa ambito prioritario di applicazione e di sperimentazione comunicativa per questi progetti indirizzati a suscitare sensazioni oltre che ritenzione cerebrale.
Gli ambiti di esplorazione culturale riguardano Letture di pietra (la parola e l’ascolto), Suoni e luci in cava (la musica e l’ascolto), La pietra e l’acqua (il corpo nudo e la materia), Passeggiate di pietra (il cammino e lo sguardo), I colori delle pietre (netart).


Cava Barghetti a Seravezza. Evento in cava: “La bimba che aspetta” organizzato da Evocava
(foto Alfonso Acocella)

Azioni sul territorio: fra formazione e comunicazione
All’interno del Paese esiste oggi un vuoto fra il mondo della produzione delle pietre naturali (quel mondo affascinante ma disperso e frammentato fatto di cave, di consorzi ed associazioni di categoria, di aziende e laboratori artigiani dove ancora si incontrano gli ornatisti e gli scalpellini a fianco delle grandi macchine automatiche a controllo numerico) e le categorie dei potenziali utilizzatori: architetti, ingegneri, progettisti d’interni, restauratori, paesaggisti che operano a vario titolo sul territorio, trasformandolo.
Si è prodotto in Italia una disattenzione più generale sui temi connessi ai vari ambiti applicativi della pietra. Si tratta di un vuoto di natura strutturale legato all’inaridimento (dentro e fuori la scuola) della politica formativa relativa alle pratiche di progetto e di esecuzione dei magisteri di pietra. L’origine è da rintracciare, soprattutto, nell’attività prodotta dall’azione promozionale legata ai nuovi materiali artificiale di produzione industriale in avvio del Novecento.
All’interno della politica formativa nazionale – nelle scuole di Ingegneria, di Architettura, come pure nelle strutture professionalizzanti e in quelle edili – sono stati progressivamente erosi i saperi e gli insegnamenti indirizzati alla trasmissione della cultura tecnica tradizionale.
Il mondo dei materiali storici assiste lungamente inerme a tale evoluzione della politica formativa accettando supinamente nel tempo di svolgere ruoli marginali all’interno dei cantieri edilizi, sia sotto il profilo degli impieghi strutturali che architettonici od ornamentali.
Progressivamente allontanatosi dai riferimenti del quadro edilizio nazionale il settore produttivo italiano della pietra si orienta verso i mercati internazionali contrassegnati da una congiuntura economica favorevole. Le esperienze applicative maturate all’estero, gli stessi processi d’innovazione produttiva introdotti nelle aziende diventano fattori scarsamente comunicati all’interno della cultura tecnica del Paese.
A fronte di tali processi espansivi si nota, negli anni, l’inadeguata attenzione per la formazione, la ricerca, il trasferimento e la promozione all’interno del Paese.
Il “gap” formativo e comunicativo che si coglie oggi è figlio della inespressa politica del settore produttivo della pietra degli ultimi tre decenni, pur a fronte di una forte evoluzione tecnologia e delle accresciute potenzialità di trasformazione e di impiego del materiale litico nell’architettura contemporanea.
All’interno di questo quadro critico è ipotizzabile un programma di formazione all’interno del territorio Toscano attraverso il coinvolgimento delle aziende di produzione del settore lapideo, gli ordini professionali, le associazioni dei costruttori edili e quante altre istituzioni risultino aggregabili agli interessi del progetto formativo.
L’offerta può essere orientata – quanto a caratteristiche contenutistiche, a modalità ed impegno temporale – secondo una articolazione di conferenze e convegni, seminari, corsi professionalizzanti, master.

Soggetti promotori del progetto territoriale Pietre di Toscana
Il progetto Pietre di Toscana intende caratterizzarsi per la scelta di interagire fortemente con il territorio e le politiche culturali e produttive che in esso si stanno attuando (o sono potenzialmente sviluppabili) in una logica di sinergia e collaborazione tra la Regione, gli enti locali, le istituzioni culturali, i centri di ricerca, di servizio, di formazione.
Il quadro istituzionale e i soggetti promotori di politiche e attività culturali sono da mettere a confronto con i poli di estrazione delle pietre toscane attraverso i referenti che li rappresentano (aziende di trasformazione, associazioni e consorzi di promozione, manifestazioni fieristiche di settore), poichè il settore produttivo è detentore di risorse, di rapporti internazionali, di conoscenza tecnica da comunicare ai quadri professionali e ai settori della cultura più in generale.
L’elezione di una territorialità regionale ampia all’interno del progetto Pietre di Toscana è finalizzata – inoltre – all’individuazione e alla messa in rete di luoghi, di strutture, di figure, di competenze che si vorrebbe far dialogare fra loro al fine di produrre scambi, corto circuiti e relazioni di livello interprovinciale e regionale (ma anche nazionale ed internazionale).
La candidatura, su sollecitazione della Lucense, della Provincia di Lucca quale realtà territoriale promotrice del progetto Pietre di Toscana si lega ad una serie di fattori favorevoli e congiunturali che da anni hanno dato vita – attraverso esperienze culturali, formative e di ricerca – ad una piattaforma fertile di iniziative ulteriormente potenziabili.
La collocazione baricentrica della Provincia di Lucca nel quadro geografico della Toscana e dei principali comparti estrattivi dei materiali lapidei pone in evidenza un ulteriore fattore positivo e strategico di convergenza territoriale.
Le istituzioni e le strutture coinvolte a vario titolo nel progetto Pietre di Toscana si diversificano notevolmente per ruolo, competenze, attività, rappresentatività istituzionale, mettendo a disposizione. nel loro insieme, variegate ed articolate competenze transdisciplinari. Condizione – quella della transdisciplinarietà – irrinunciabile per ogni progetto culturale contemporaneo veramente innovativo.

Soggetto attuatore:
LUCENSE ScpA
Enti pubblici promotori:
Provincia di Lucca
Provincia di Massa Carrara
Provincia di Firenze
Comune di Pietrasanta
Comune di Seravezza
Comune di Stazzema
Comune di Minucciano
Comune di Vagli di Sotto
Comune di Capannori
Comune di Borgo a Mozzano
Comune di Villa Basilica
Comune di Rapolano Terme
Comune di Firenzuola
Istituzioni pubbliche universitarie
Scuola Superiore S. Anna PI
Istituzioni e Associazioni Culturali:
Fondazione C. L. Raggianti LU
Asart LU
Arkad LU
Evocava LU
Museo Bozzetti Pietrasanta LU
Palazzo Ducale Lucca LU
Palazzo Mediceo Seravezza LU
Opera Bianca MS
Arte all’Arte SI
Palazzo Papesse SI
Magazzini del Sale SI
Museo Della Pure Forme PI
Altri Enti:
Consorzio COSMAVE

Il progetto Pietre di Toscana è ideato e coordinato da Alfonso Acocella in collaborazione con la struttura della Lucense di Lucca nelle figure di Enrico Fontana e Piera De Luca e la redazione del blog_architetturadipietra.it nelle persone di Davide Turrini, Veronica Dal Buono, Alberto Ferraresi, Fabrizio Galli.

Alfonso Acocella

Note
1Jean Starobinski, “Il testo e l’interprete” (1974), in Le ragioni del testo, Milano, Bruno Mondadori, 2003, pp. 175.
2Lotus Navigator n. 6, 2002.

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14 Luglio 2006

Toscana

Le isole del tesoro

CAMPUS TERRITORIALE PER LA CULTURA CONTEMPORANEA IN TOSCANA
Bando di concorso

Le isole del tesoro è un progetto promosso da:
Regione Toscana – TRA ART / Porto Franco

ideato e prodotto da:
iMage

con i Comuni di:
Capoliveri (LI), Lastra a Signa (FI), Peccioli (PI), Poggio a Caiano (PO), Prato, Rio nell’Elba (LI), San Gimignano (SI), San Giovanni Valdarno (AR)
con:
Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci (Prato), Associazione Arte Continua (San Gimignano), galleria SESV (Firenze), Casa Masaccio Arte Contemporanea (San Giovanni Valdarno), Fondazione Peccioli Per (Peccioli), Casa Venturi (Loro Ciuffenna), Arci Lastra a Signa, Associazione Città Aperta ONLUS (Firenze), ARCH’IT rivista digitale di architettura
a cura di:
Paola Bortolotti e Marco Brizzi
coordinato da:
Franco Filippini
relazioni sul territorio:
Serena Bastianelli
condotto da:
5+1AA, gruppo A12, IaN+, Id-lab, ma0, Marco Navarra (NOWA), Carlini e Valle

Finalità
Forti del proprio patrimonio storico e territoriale, 8 Comuni della Toscana si rimettono in gioco, decidono di esplorare le voci dell’architettura contemporanea, accolgono studenti e architetti, si aprono a nuove occasioni di confronto. Le isole del tesoro è un’iniziativa basata sull’attivazione di una serie integrata di gruppi di progettazione. Il suo obiettivo è costituire nel territorio toscano una squadra eterogenea per sensibilità, metodi di intervento e appartenenza geografica. Diversità, queste, sulle quali i laboratori contano per intercettare la varietà dei temi e delle culture che il territorio propone. Il tesoro è la storia dei luoghi assieme alle tradizioni degli abitanti, il tesoro sta nella bellezza e nelle peculiarità del paesaggio, il tesoro sono le idee e le visioni nuove e condivise che i giovani partecipanti ai laboratori, con gli architetti che li guideranno, sapranno elaborare e diffondere.

I temi dei 7 laboratori:
Capoliveri (LI) – Rio nell’Elba (LI)
Il sistema minerario dell’Isola d’Elba costituisce una risorsa territoriale strategica per le sorti dell’isola. Le isole del tesoro è chiamata a indagare le possibili prospettive di valorizzazione delle miniere.
Lastra a Signa (FI)
La nuova fermata della linea ferroviaria Firenze-Empoli, il centro storico e gli importanti progetti in corso, il parco fluviale. Le isole del tesoro ne studierà le connessioni, ipotizzando una ricucitura attraverso un progetto di suolo.
Peccioli (PI)
Nella frazione di Legoli, sede di una discarica gestita in maniera esemplare, Le isole del tesoro sarà impegnata nello studio di un ideale percorso di collegamento tra gli affreschi di Benozzo Gozzoli e i Lavatoi.
Poggio a Caiano (PO)
Il Comune di Poggio a Caiano ospita significativi episodi architettonici ma soffre della mancanza di un centro. Necessita, inoltre, di un punto di aggregazione giovanile.
Prato
La città di Prato sta affrontando una singolare crescita demografica, dovuta alla forte immigrazione. Nasce la necessità di realizzare nuove scuole. Le isole del tesoro offrirà ipotesi di intervento per l’edilizia scolastica.
San Gimignano (SI)
Il complesso di San Domenico costituisce un’importante presenza nello spazio urbano. Prima convento, poi carcere per oltre un secolo. Attualmente inutilizzato. Le isole del tesoro svilupperà visioni per la realizzazione di un teatro all’aperto e di nuovi spazi pubblici.
San Giovanni Valdarno (AR)
Una città attraversata dal fiume, l’Arno, il cui ruolo storicamente importante si è in parte perso. Il Comune di San Giovanni Valdarno intende ripensare il rapporto tra la città e il fiume con il progetto strategico di un parco fluviale.

Destinatari del bando
Ciascun laboratorio è aperto alla partecipazione di circa 10 laureandi e neolaureati in architettura con propensione al lavoro interdisciplinare e di gruppo, e al confronto tra progetto e arte contemporanea.

Dettagli e caratteristiche dello svolgimento dei laboratori
I laboratori, ciascuno della durata di una settimana, si svolgeranno tra la fine di settembre e l’inizio di novembre 2006. Ogni partecipante potrà prendere parte ad un solo laboratorio. La partecipazione ai laboratori è gratuita. L’alloggio è offerto dagli enti promotori, mentre il vitto è a carico dei partecipanti. È auspicabile la disponibilità da parte dei partecipanti di personal computer e di tutte le attrezzature (fotocamere digitali, videocamere ecc.) ritenute utili allo svolgimento dell’attività progettuale. I laboratori si svolgeranno presso i Comuni aderenti al progetto. Ogni laboratorio si avvarrà della competenza specifica di esperti del territorio e sarà condotto da uno dei seguenti architetti: 5+1AA, gruppo A12, IaN+, Id-lab, ma0, Marco Navarra (NOWA), Carlini e Valle. A fine anno la galleria SESV di Firenze ospiterà il convegno sugli esiti dei laboratori e la mostra dei progetti realizzati accompagnata da una pubblicazione.
La richiesta di partecipazione implica l’accettazione di quanto contenuto nel bando e il consenso alla libera riproduzione e diffusione dei materiali prodotti.

Scadenze e modalità di partecipazione
I candidati dovranno inviare richiesta di partecipazione esclusivamente per posta elettronica entro e non oltre le ore 18.00 di giovedì 31 agosto 2006 all’indirizzo iscrizioni@leisoledeltesoro.it. L’organizzazione invierà una email di conferma dell’avvenuta ricezione della domanda.
La domanda dovrà essere corredata della seguente documentazione, da inviare in formato PDF (massimo 3 Mb complessivi) in allegato alla email:
· curriculum del candidato completo di indirizzo, recapito telefonico, indirizzo email;
· portfolio dei progetti realizzati in campo architettonico e urbano, eventuali pubblicazioni e mostre, così come link a siti dove reperire ulteriori informazioni sul candidato;
· eventuale indicazione di preferenza del laboratorio; l’organizzazione dell’iniziativa assegnerà i candidati ai singoli laboratori, a suo insindacabile giudizio.

Informazioni
info@leisoledeltesoro.it
www.leisoledeltesoro.it
tel: +39 055 666 316
fax: +39 055 6241 253

L’iniziativa è realizzata in collaborazione con Il Giornale dell’Architettura

Visita Le Isole del Tesosro

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Evocava 2006

Un percorso a piedi di 300 metri, con partenza da Palazzo Mediceo di Seravezza, per arrivare alla Cava Barghetti che da due anni è suggestivo teatro naturale.
L’occasione è data dal ciclo di spettacoli realizzati dall’associazione Evocava,laboratorio di arte contemporanea noto per il recupero e la decennale attività della cava Borella a Vagli, nell’ambito del “Cantiere D’Arte Seravezza”, organizzato dal Comune di Seravezza con il sostegno della rete regionale per l’arte contemporanea.
Il progetto di recupero, attualmente in corso, di Cava Barghetti si sviluppa parallelamente ad uno spettacolo originale costruito, come consuetudine per Evocava, per quel luogo e sviluppato attraverso un viaggio che vede il coinvolgimento di varie arti quali teatro, musica, ed arti figurative.
L’evento con allestimenti che sviluppano il rapporto tra arte, natura e tecnica individua la cava come simbolo di questo dialogo e, in quanto scultura contenitore, destinata alla duplice azione di suggeritrice e di auto trasformazione rispetto agli eventi.
Cava Barghetti si trova nella posizione di generatrice di produzioni originali di arte contemporanea e testimone del passato in quanto sala all’aperto del Museo del marmo del Palazzo Mediceo.
Con gli ultimi lavori effettuati alla cava, lavori che hanno portato alla luce nuove superfici e nuovi spazi, vogliamo considerare questa stagione come omaggio alla cava ritrovata, quasi si trattasse di uno scavo archeologico ci sentiamo di considerare i “reperti” venuti alla luce quali interpreti principali ed è di questo nuovo paesaggio che gli artisti saranno chiamati a vestirsi: leggere la cava come uno spartito musicale od un manoscritto inedito.

Con “CAVEAU”, la nuova produzione Evocava per il 2006, le coreografie di Sara Nesti e le musiche di Nicolao Valiensi scoprono nella cava un mondo sospeso di ricordi, di suoni, di movimenti che raccontano storie. Il marmo fonte di vita e di fatica, la durezza della materia da cui scaturiscono veloci e leggeri i suoni e i movimenti.
Dalla precedente produzione, Evocava 2005, viene riproposto “La bimba che aspetta” di Elisabetta Salvatori, uno spaccato della società versiliese all’inizio del secolo scorso, particolarmente mirato ad un appassionante quanto piacevole ingresso nel mondo dell’arte e del marmo, dal cavatore all’artigiano e l’artista.



Nicolao Valiensi
Diplomato al conservatorio L. Boccherini di Lucca partecipa sin dal primo anno (1986) a tutte le edizioni del festival “Barga Jazz” lavorando con i più importanti nomi del Jazz italiano ( Bruno Tommaso, Gianluigi Trovesi, Enrico Rava, Giorgio Gaslini) e internazionali (Lee Konitz).
Vincitore di una delle tre borse di studio del ministero degli affari esteri nel 1993 prosegue lo studio del trombone presso la scuola superiore di musica di Colonia (Germania) diplomandosi con il prof. Jiggs Whigham. Dal 1993 vive in Germania dove lavora in diverse formazioni, compone musica per il teatro e la televisione (ztf), suona in diversi gruppi jazz europei. Dal 1999 è docente di trombone, eufonio, basso tuba presso la scuola di musica di Dusseldorf; docente di musica d’insieme, dirige una delle bande della scuola.
Nel 2003 fonda una sua banda (Banda Metafisica) per la quale compone una serie di brani che raccolgono elementi della tradizione bandistica italiana e il jazz.
La sua attuale ricerca si sviluppa in un continuo passaggio tra musica colta contemporanea, jazz e delle tradizioni quali la musica bandistica.
Ha già lavorato con Evocava realizzando la musica di “Medusa” nel 1998 e “Sale” nel 2003.

Sara Nesti
Inizia la sua formazione di danza contemporanea presso il Centro Imago Lab di Firenze dove studia tecniche Graham, Cunningham, Improvvisazione e Coreografia con Emanuela Salvini, Simona Bucci, Susan Sandler, Richard Haisma.
Si diploma in Tecnica e Coreografia della Danza contemporanea presso la London Contemporary Dance School di Londra, dove studia con maestri di fama internazionale fra I quali Roland Emblen, Juliet Fischer, Patricia Rianne, Kate Price, Mary Evelyn, Karen Greenhough, Sue Mac Lennan, Kerry Nicholls.
Segue I corsi professionali presso il GDA ed il Jerwwod Space di Londra.
Nel 2002 vince la borsa di studio per il corso di perfezionamento in coreografia Professione Coreografo, organizzato a Roma presso il Centro Danza di Mimma Testa.
Studia tuttora con Simona Bucci, Charlotte Zebrey e Virgilio Sieni.
Come danzatrice ha lavorato con compagnie in Italia ed all’estero, quali Imago Lab, Damadanse, Montage Theatre, Guildhall School of Music and Drama, Giardino Chiuso, Caososmos, Koroi,Il Ballarino, The Brads,ed ha lavorato con coreografi quali Simona Bucci, Sarah Fehie, Sue Mac. Lennan, Paolo Mereu.
Come coreografa ha presentato I suoi lavori in Inghilterra al The Place Theatre (Londra), al Bloomsbury Theatre (Londra), Chisenhale Dance Space (Londra), Jerwood Space (Londra), Bow Arts Centre (Londra), Buddhist Arts Centre (Cambridge), Fringe Festival (New York) ed in Italia in teatri quali, Teatro Puccini (Firenze), Teatro Bellini (Napoli), Mezzo Teatro (Napoli), Teatro Nuovo (Roma), Centro di Arte Contemporanea L. Pecci (Prato) e molti altri.
Nel 2000 ha vinto il secondo Premio al concorso coreografico Percorsi Salernitani con la coreografia Plus-Minus.
Partecipa alla rassegna Il Coreografo Elettronico, col video Plus-MinusII, in coproduzione con Aquila Film, di Napoli.
Da diversi anni e’ impegnata nell’insegnamento della Danza Contemporanea, tenendo seminari e classi in Italia ed all’estero.
Fonda e dirige, insieme alla regista Monica Bucciantini, Kolam Theatre, spazio per la ricerca teatrale.
Nel 2001 inizia una collaborazione col danzatore Fortunato Angelini, della Compagnia Movimento Danza di Napoli, col quale fonda il gruppo sperimentale Ran-network. Il gruppo sta al momento lavorando in collaborazione col Comune di Prato, col cui contributo ha creato la produzione Space-Birds, Cuckoo e Oscuro Furioso.

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The church of St. John the Baptist (San Giovanni Battista) in Florence

Giovanni Michelucci (1960 – 1964)

“When I did the Motorway church, I got workers from various regions together, took them to the site where the stone was, and told them ‘this is the stone I want you to use – build me a wall one metre high’: and they tried to do just that, but one of them just couldn’t manage it, because he didn’t know the stone and was incapable of interpreting it. So he tried to smooth it; but what he did not know was that stone could be crushed by a hammer, giving the most incredibly-shaped smaller pieces. It was the wall itself, alive, that emerged”1.
In the poetic words of Michelucci, the use of the material plays a decisive role, and the stone so often used by this architect from Pistoia, becomes of vital importance to the identification of architecture with a given place and society. The stone material immediately reveals its roots, and the encounter between the naturalness of rough stone and the creativity of Man points to a strong link between architecture and both the individual and the community as a whole.
The Florentine church, built to commemorate the workers who died building the motorway, saw Michelucci choosing local Tuscan stone, the building material of this central Italian region in which the sanctuary stands as a symbol of a country unified by its road network but often split in historical and vocational terms. The golden stone of San Giuliano di Pisa was employed to build the walls, the violet marble from Rosa del Campo to lay the floor in the large hall, and the white and cipollino marbles from the Apuan Alps to construct the altars.
The church appears as a large, tent-like structure for collective rites, a concrete drape covered with sheets of copper. The roof is a complex construction whose oblique thrust is transmitted to the ground by tree-like pilasters and load-bearing walls in reinforced stone. Thanks to an experimental method designed to increase the tensile strength of the walls, the sub-horizontal courses of the structure – made from limestone ashlars from Pisa are alternated with simple beds or larger reinforced concrete curbs. The external masonry facing is deliberately irregular, with generous mortar pointing and rough surfaces to the stone, which has been carefully “speckled” by the Tuscan and Emilian masons’ chisels.
The extraordinarily evocative, almost mystical nature of the liturgical areas, is once again characterised by the strength and presence of the materials employed. The roughness of the interior stone facing is countered by the rather different texture of the cement used on the ceilings and the pilasters. The rough chromatic neutrality of the reinforced concrete is enriched by the reddish-violet hues flecked with white of the perfectly smooth flooring composed of lead-jointed, concentric marble rings.

Davide Turrini

1Mario Lupano, “Colloquio con Giovanni Michelucci”, Domus n. 720, 1990, pp.21-32.

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Chiesa di San Giovanni Battista a Firenze (1960-1964) di Giovanni Michelucci*


Chiesa di S. Giovanni Battista a Campi Bisenzio di Giovanni michelucci (1960-1964) (foto: Alfonso Acocella)


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“Quando feci la chiesa dell’Autostrada, chiamai vari operai di varie regioni, li portai sul posto dov’era la pietra e dissi “questa è la pietra che dovete lavorare, fatemi un muro alto un metro”. E loro provarono. Qualcuno non riusciva. Nel senso che non conosceva il materiale e non sapeva interpretarlo. Allora si preoccupava di levigare la pietra. Non sapeva che quella pietra si poteva schiantare con un martello e da quello schianto venivano fuori le forme meravigliose. Era il muro vivo che veniva fuori”1.
Nella poetica di Michelucci l’uso del materiale ha un ruolo determinante e la pietra, così diffusamente impiegata dall’architetto pistoiese, diviene indispensabile per suggellare il radicamento dell’architettura al luogo e alla società. Il materiale lapideo comunica con immediatezza il senso di appartenenza topologica e nell’incontro tra la naturalità della pietra grezza e il lavoro dell’uomo l’architettura trova un forte legame con il singolo e con la comunità.
Per la chiesa di Firenze, destinata a commemorare i lavoratori caduti nella costruzione dell’autostrada, Michelucci sceglie le pietre toscane. Sono i materiali di quella regione centrale in cui il santuario sorge per saldare idealmente, nel segno della memoria, gli estremi di un paese unito dalle strade ma spesso diviso per storia e vocazioni diverse. Il pietrame dorato di San Giuliano di Pisa è utilizzato per le murature, il marmo Viola di Rosa del Campo per il pavimento della grande aula, e i marmi Bianco e Cipollino delle Apuane sono impiegati per l’esecuzione degli altari.
L’immagine della chiesa è quella della grande tenda per i riti collettivi, di un telo drappeggiato realizzato in cemento armato e coperto con lastre di rame. Si tratta di una copertura complessa le cui spinte oblique sono trasmesse al terreno da pilastri ad albero e da muri portanti in “pietra armata”. Grazie ad una tecnica sperimentale tesa ad aumentare la resistenza a trazione della compagine muraria, i ricorsi sub-orizzontali del dispositivo, realizzati in blocchi di calcare pisano, sono alternati a semplici letti o più consistenti cordoli di cemento armato. Il paramento esterno è quello di una muratura dall’irregolarità studiata, lavorata, fatta di abbondanti giunti di malta e di superfici litiche scabre, “pichiettate” da scalpellini toscani ed emiliani che spesso hanno inciso indelebilmente le pietre con il proprio marchio muratorio.
La straordinaria suggestione degli spazi liturgici, evocativi di ultraterrene dimensioni mistiche, è ancora una volta segnata dalla forza dei materiali e dei loro caratteri. La rugosità dei paramenti murari interni in pietra a vista trova un punto di contatto imperfetto con la grana diversa del cemento, esibito nei soffitti e nei pilastri ramificati. La ruvida neutralità cromatica del cemento armato si arricchisce dei toni rosso-violacei screziati di bianco del pavimento, perfettamente levigato e composto da anelli concentrici marmorei giuntati con il piombo.

Davide Turrini

(*) Il saggio rieditato è tratto dal volume di Alfonso Acocella, L’architettura di pietra, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624
1 Mario Lupano, “Colloquio con Giovanni Michelucci”, Domus n. 720, 1990, pp.21-32.

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Le età del presente

Le età del presente.
Donne&uomini a/traverso la Toscana contemporanea

La conoscenza e la valorizzazione delle arti e dell’architettura contemporanee, lo sviluppo delle pratiche interculturali di incontro e confronto tra generi, generazioni e “genti”, la rilettura della storia culturale e artistica della Toscana nel suo rapporto con la contemporaneità: sono queste le finalità indicate dalla L. R. 33/2005 “Interventi finalizzati alla promozione della cultura contemporanea in Toscana” deliberata dal Consiglio regionale il 17 febbraio 2005.
La nuova legge, innovativa a livello nazionale per le tematiche e le modalità di attuazione, entra in vigore nel 2006, con l’obiettivo generale di costruire una “rete regionale per la cultura contemporanea” nella quale confluiscano e si sviluppino ulteriormente i processi di rete avviati fin dal 1999 attraverso il progetto interculturale “Porto Franco” e dal 2002 con il progetto “TRA ART rete regionale per l’arte contemporanea”. La legge entra in vigore sulla base di un Piano di Indirizzo 2006-2010 che e il risultato di un percorso complesso ed esteso, realmente partecipato, di incontri e confronti sulle strategie culturali, le scelte operative, le relazioni da costruire.
Nell’ambito della nuova legge, i progetti di iniziativa regionale Porto Franco e TRA ART intrecciano le tematiche e i linguaggi (l’arte contemporanea e interculturale e vive di ricerche e sperimentazioni sui terreni della contaminazione delle culture e dei linguaggi, cosi come il confronto interculturale vive anche dei linguaggi della comunicazione artistica) mantenendo proprie specificità di ricerca e di intervento: la specificità di Porto Franco è nella fase attuale lo sviluppo di pratiche mirate allo sviluppo delle potenzialità umane sui terreni del dialogo e della conoscenza, a partire dal confronto di genere e di poteri tra donne e uomini nella società toscana; la specificità di TRA ART è lo sviluppo di esperienze del “fare arte” nello spazio pubblico.
Le azioni dei “progetti di iniziativa regionale” (art. 5 della legge) sono mirate, nel primo anno di attuazione della legge, alla ridefinizione delle reti finora sviluppate, con l’obiettivo della loro qualificazione attraverso programmi di iniziative (laboratori, workshop, mostre, convegni, seminari, pubblicazioni) inserite in percorsi progettuali complessi, strettamente legati alle specificità culturali dei territori. I “progetti territoriali”(art. 6) sono liberamente proposti dai territori, e selezionati attraverso un bando in ragione del loro carattere innovativo (tematiche e modalità di attuazione) sul terreno della rilettura della storia culturale della Toscana dal punto di vista della contemporaneità, con attenzione alle specificità locali economiche, paesaggistiche, ambientali.
E una grande sfida di confronto con la complessità del nostro presente, ma e anche lo sviluppo conseguente di un grande lavoro che, in tempi sempre più difficili per le politiche culturali pubbliche, la Toscana ha saputo sviluppare.

Mariella Zoppi
Assessore alla cultura della Regione Toscana

A seguito di bando pubblico undici progetti provinciali e sei progetti sovraprovinciali (che prevedono azioni ed attività culturali sviluppate e coordinate su almeno due territori provinciali) sono stati scelti e finanziati sulla base di parametri e criteri quantitativo-qualitativi e la consulenza di esperti delle tre Università toscane: Maria Grazia Messina, docente di Storia dell’arte moderna e contemporanea all’Università di Firenze, Paola Bora, docente di Antropologia all’Università di Pisa, Alberto Olivetti, docente di Estetica all’Università di Pisa.
Pietre di Toscana“, progetto presentato dalla Provincia di Lucca e dalla Lucense con il coordinamento scientifico di AlfonsoAcocella, è uno dei sei progetti sovraprovinciali selezionati.

Pietre di Toscana
Campus territoriale per la cultura contemporanea

Coordina il progetto: Associazione Lucense SCpS
Partecipano: i Comuni di Pietrasanta (LU), Seravezza (LU), Stazzema (LU), Minucciano (LU), Vagli di Sotto (LU), Capannori (LU), Borgo a Mozzano (LU), Villa Basilica (LU), Rapolano Terme (SI), Firenzuola (FI); Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa, Fondazione Carlo Ludovico Raggianti; Lucca; Asart, Lucca; Arkad, Lucca; Evocava, Lucca; Museo dei Bozzetti, Pietrasanta; Palazzo Mediceo, Seravezza; Arte all’Arte, San Gimignano; Palazzo delle Papesse, Siena; Magazzini del Sale, Siena; Museo delle Pure Forme, Pisa.

Obiettivo prioritario del progetto evolutivo del blog_architetturadipietra.it è avvicinare, scoprire, documentare i caratteri salienti della Toscana di pietra.
Progettare e organizzare una serie di azioni e manifestazioni culturali legati al mondo delle Pietre di Toscana, dopo un’adeguata fase di incontri e di monitoraggio del territorio. L’idea progettuale degli itinerari di pietra è finalizzata alla valorizzazione delle aree della regione interessate dal paesaggio di pietra: il mondo delle cave insieme a quello della produzione industriale ed artigianale, i siti archeologici e le testimonianze del passato, le opere di architettura moderne e contemporanee, i centri di ricerca e di formazione del settore lapideo.
La missione prevede la formazione di un Atlante contemporaneo digitale della Toscana di Pietra da editare sul website architetturadipietra.it che si configuri come banca dati, mappa territoriale, spazio condiviso in cui vi sia informazione, documentazione e archiviazione ma soprattutto la possibilità di partecipazione, di confronto, promuovendo le relazioni fra discipline, saperi e professionalità operanti nella Regione. La finalità del progetto è la “proiezione” della geografia storica legata alle pietre e ai marmi della regione toscana in quella contemporanea attraverso la definizione del Museo virtuale immersivo.
A conclusione del processo è previsto un grande Convegno di presentazione del progetto alla presenza di importanti protagonisti dell’architettura e più in generale della cultura contemporanea.

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Le seduttive pietre liquide dell’architettura digitale


Dettaglio del rivestimento litico Hyperwave Dunes di Pongratz Perbellini Architects.

Caro Davide,
anche io approfitto della vostra ospitalità per lanciare il mio piccolo sassolino nel web-ocean. Spesso, con Christian Pongratz, ci ritroviamo a discutere sulla possibilità di “esserci” in architettura. Abbiamo conosciuto culture, pensieri, linguaggi, luoghi del mondo. Prima di iniziare a comporre, abbiamo studiato la storia della composizione, le sue regole e i suoi canoni.
Non basta. Per esserci, non basta.
Allora osserviamo gli altri, prendendo alla lettera l’insegnamento di Peter Eisenman con il quale abbiamo lavorato, perchè si può arrivare a definire se stessi cercando di capire il discorso altrui (Terragni = Eisenman), non per essere migliori ma differenti. Un discorso proprio avanza la questione dell’identità e della consistenza di una pratica dell’architettura oggi. Vorrei però spingere la riflessione al di là di determinazioni contestuali (operative, materiali) o stilistiche (artistiche, interpretative).
Quali sono i fattori cruciali per un’identità “evolvente” che non è per forza un “brand” e che deve confrontarsi con processi esterni in continuo cambiamento?
Aggiungo un’ulteriore riflessione: la ricerca che stiamo portando avanti ormai da qualche anno su ciò che mi piace definire “latenze litiche” è stata da noi considerata fin dall’inizio come un progetto-processo non finito che si relaziona trasformandosi attraverso percorsi digitali tra loro connessi. La serie “Hyperwave” in qualche modo destabilizza ciò che è già noto e rimanda a potenzialità allusive, immaginifiche, seduttive ed emozionali.
Nel vivace blog si parla di leggerezza della pietra ritrovata, aggiungerei morbidezza, qualità sensoriali che il disegno tridimensionale tira fuori, accentua, risveglia. Ma ci sono anche le nostre intuizioni creative di mezzo, le scelte da fare, le decisioni da prendere, il punto di partenza (che non è l’inizio), il coinvolgimento di altre figure e discipline, la velocità, l’interesse suscitato e le critiche (per alcuni, sono “solo” superfici), insomma un fiume in piena “dentro”, la pietra “fuori”. E la pratica dell’architettura come l’intendiamo noi si pone come l’attivazione di un’architettura sperimentale che coinvolge ambienti fisici adattabili e tattili, che circondano i nostri corpi fisici e concettuali.
Come ho già scritto parlando di Ipersuperfici, “ne risulterà un’integrazione continua di informazione, tecnologia e utenti, che genererà una superficie sensoria senza fine nè limiti. L’architettura – e i suoi elementi coesivi individuati all’interno di involucri sensibili, insieme con un’interiorità interattiva delle parti – imita un sistema malleabile infinitamente privo di limiti”, incompleto, liquefatto.

Maria Rita Perbellini


Restituzione digitale del progetto Grotta di Pongratz Perbellini Architects.

Cara Maria Rita,
ti ringrazio innanzitutto per il contributo che dai, ancora una volta, alla crescita del blog come luogo di incontro e di dibattito sul tema dell’architettura contemporanea, non solo litica. Il tuo intervento consentirebbe di aprire diversi tavoli di confronto, primo fra tutti quello dell’identità e della consistenza di quella pratica architettonica che oggi si inscrive consapevolmente nell’universo ideativo e operativo digitale.
Se, negli ultimi anni, il dibattito pubblico circa le potenzialità generali delle interfaccia informatica e della realtà virtuale è stato relativamente aperto e fertile, la discussione sulle implicazioni di tali strumenti per l’architettura “è stata espressamente smorzata. Mentre alcuni critici schietti, come William Mitchell, si sono coraggiosamente fatti avanti nel tentativo di affrontare questo fenomeno ed analizzarne i possibili risultati, nessun manifesto è apparso al fine di delineare una visione coerente dei drastici cambiamenti della realtà fisica attualmente in corso.
Il grande dibattito epico che ha accompagnato la Rivoluzione Industriale, eloquentemente guidato da John Ruskin, William Morris e Thomas Carlyle ha cambiato la direzione dell’architettura nel secolo successivo, sebbene nessuno di questi grandi vittoriani fosse architetto. […] Nessuna evoluzione simile potrebbe aver luogo nel prossimo secolo (o prima, dato il rapido ritmo di cambiamento) senza una simile analisi, che andrebbe incoraggiata.
Un motivo di silenzio può essere la rapidità con la quale questa trasformazione elettronica è avvenuta; è molto più eccitante e significativo prendere parte a una rivoluzione piuttosto che parlarne solamente, ma i segni di quello che è stato definito “sonnambulismo tecnologico” indicano un fenomeno molto più profondo”1.
Forse, dunque, le responsabilità di tale innegabile carenza di dibattito sono da attribuire in parte all’atteggiamento dei progettisti stessi, di quegli architetti della cosiddetta “rivoluzione digitale” spesso portatori di identità multiple e ibride, caratterizzate da percorsi culturali e professionali di transito e metamorfosi; o forse, in parte, al disimpegno e disinteresse di una critica d’architettura sempre più debole; o, ancora, alcune concause si potrebbero individuare in ordini superiori di problemi, quali ad esempio il conflitto tra la pur forte fascinazione per l’evoluzione tecnica – che ancora viviamo e livello inconscio – e le grandi paure nei confronti della tecnologia che ci sovrastano a livello globale dalla seconda metà del secolo scorso (proliferazione nucleare, surriscaldamento terrestre e degrado ambientale, fine teorica nella fede collettiva dell’idea di progresso); certo è che gli spazi lasciati dalla contemporaneità allo sviluppo di basi di confronto e approfondimento critico sono sempre più ristretti, non è più epoca di forti modelli teorico-programmatici e, specificatamente, la carenza di discussione sull’architettura digitale permane, solo in parte colmata da alcuni importanti, anche se episodici, recenti contributi2.
Cara Maria Rita, il tema dell’identità dei “Nati con il Computer” mi appare più che mai ampio e complesso e mi limito per ora a lasciarlo aperto, a livello di semplice spunto problematico, per un auspicabile dibattito da sviluppare sul blog, confidando nella ormai collaudata vivacità del nostro spazio di confronto; vorrei soffermarmi invece, ancora una volta, sull’osservazione dei progetti in cui tu e Christian Pongratz applicate la modellazione digitale alla materia litica.
Chi definisce sbrigativamente Hyperwave e Grotta come semplici superfici di rivestimento esprime, a mio avviso, un giudizio riduttivo e semplicistico e rischia di non vedere la forte carica concettuale insita in tali esiti progettuali. Mi pare utile quindi riflettere sul vostro lavoro, collocandolo sullo sfondo di quella storia della composizione architettonica a cui tu stessa fai riferimento, osservandolo in un contesto di possibili riferimenti figurali certo lontani nel tempo ma forse molto vicini concettualmente, proprio perchè condivido in pieno l’affermazione secondo la quale “si può arrivare a definire se stessi cercando di capire il discorso altrui” e senza ricadere, spero, negli eccessi stilistico-interpretativi che tu non desideri.
Se in Grotta e nei rivestimenti architettonici della serie Hyperwave la materia litica piegata, ondulata, increspata, si offre ad una stimolante interazione sensoriale visiva e tattile, ecco che per accostamento analogico di immagini è possibile attivare una stretta relazione con le composizioni scultoree ed architettoniche manieriste, barocche e tardo-barocche, con le loro potenzialità allusive ed immaginifiche, sovversive del già noto, con le loro qualità sensoriali ed emozionali amplificate.


Bernardo Buontalenti, Scalinata della tribuna di Santa Trinita a Firenze, oggi
in Santo Stefano al Ponte, 1577.
(foto e rielaborazione Davide Turrini)

Le morbide pietre concepite con la modellazione digitale, formate dalle moderne macchine a controllo numerico e spesso, ancora, rifinite grazie al sapiente magistero manuale di artigiani-scultori, si possono riguardare come proiezioni contemporanee della tensione, più volte manifestata nella storia dell’architettura, di esprimere con la pietra qualità sensoriali di “turgida carnosità”, trasferite a membrature decorative, ma anche a veri e propri elementi strutturali e costruttivi, da altri luoghi fisici, materici e mentali, da contaminazioni di volta in volta nate negli “attraversamenti interiori” dei progettisti.
L’interpretazione della pietra come materia malleabile e plasmabile, capace di dar vita a prodotti espressivamente plastici, lucidi e levigati, caratterizzati da superfici tridimensionali sinuose e continue, vede l’atto dello scolpire, del liberare per asportazione la figura dal blocco, come un passaggio meramente strumentale per pervenire ad un risultato concettualmente riconducibile ad un momento creativo di modellazione in positivo. Tale atteggiamento, portato ai massimi esiti espressivi dalla cultura barocca, è stato più volte riattualizzato in stagioni artistiche diverse fino alla contemporaneità, e di volta in volta i gradi di esplicitazione dei riferimenti storici sono stati diversificati.


Francesco Generini, Fontana dell’acquedotto mediceo di Ferdinando II a Firenze, 1638. (foto e rielaborazione Davide Turrini)

Nel caso specifico di Grotta e Hyperwave a supportare l’analogia delle immagini che si è instaurata sono proprio le parole di Christian Pongratz nel momento in cui dichiara una serie di interessi per alcune specifiche stagioni della storia dell’architettura: “Currently, our research looks back into past èpoques such as the Baroque and Jugendstil architecture in a sort of rereading. We are interested in their expressions, which blur through its plaster decorations the traditional forms of functional inscription of space. This form of decorative non-functional inscription changed the known order of space perception with excess”3.
D’altra parte l’accostamento diretto tra l’esperienza della progettazione digitale ed alcune importanti categorie concettuali barocche – quali l’eccesso, la sorpresa, l’inganno, la successione e i mutamenti repentini di stimoli sensoriali sempre nuovi e diversi, la percezione dinamica dell’architettura, il sovvertire le coordinate consolidate di progettazione e percezione dello spazio euclideo – è stato più volte messo in campo da alcuni teorici dell’era digitale, e principalmente da Derrick De Kerckhove nella sua definizione di “neo-barocco elettronico”: “Il Barocco ha rappresentato l’esplorazione dei sensi […]. Era la traduzione di ogni cosa sensoriale, la trasmissione dal tattile al visivo, ma anche la trasmissione del visivo in tatto. Oggi ci troviamo ad esplorare tutti i sensi, ad ascoltare con tridimensionalità la realtà virtuale, ci troviamo ad esplorare i sensi come la gente del barocco; ma il nostro è un neo-barocco elettronico”4.
Non ci si soprenderà quindi nell’osservare ulteriori sperimentazioni, (puramente virtuali o applicate ad altri materiali oltre alla pietra, quali la carta, il legno, la plastica), che partendo dal mondo ornamentale del barocco sei e settecentesco approdano ai luoghi del barocco digitale in cui “architetture impossibili”, fatte di membrane, di intersezioni multiple di piani inclinati e fasci di luce, rimangono sospese in quel cyberspazio in cui le leggi della statica perdono di senso, sostituite da algoritmi frattali portatori di interazione e vie d’uscita molteplici5.
Le esperienze in tal senso sono numerose; tra le più significative si può ricordare il progetto Rococo Relevance di Luc Merx e Christian Holl incentrato sulla realizzazione con macchine a controllo numerico di forme complesse, bidimensionali e tridimensionali, ottenute rielaborando al computer le fastose ed esuberanti geometrie tardo-barocche dei Dientzenhofer e di Balthasar Neumann6.


Le sinuose membrane del progetto Rococo Relevance di Luc Merx e Christian Holl.

Se l’architettura digitale attualizza l’intero universo creativo barocco in tutte le sue manifestazioni, si dimostra capace di ripartire da esso per sviluppare, grazie ai potenti strumenti informatici, una ricerca assolutamente autonoma ed inedita nei campi della non-linerità e della interattività, conferendo un rinnovato valore semantico al concetto di simulazione, in rapporto al processo di virtualizzazione che caratterizza l’immaginario contemporaneo nella sfera progettuale in generale e in particolare nei campi dell’industrial design e dell’architettura.
Progetti come Grotta ed Hyperwave sono certo intrisi del portato concettuale di quella certa tradizione artistico-culturale che si è cercato di delineare, ma sanno metabolizzarlo inaugurando una concezione rinnovata della forma, dello spazio architettonico e, soprattutto, della produzione del sistema costruttivo.
Per comprendere appieno tale processo non si può prescindere dalle nozioni di leggerezza, mobilità, variabilità associate alle metafore di fluidità e liquidità già fissate concettualmente da Zygmunt Baumann nel settore sociologico7 e già applicate da Livio Sacchi al contesto dell’architettura contemporanea; e per chiarire la più intrinseca carica innovativa di tali esperienze bisogna osservare le mutazioni che esse impongono allo status del fruitore, di chi percepisce e pratica le composizioni dinamiche generate dagli strumenti digitali. Di fronte alla liberazione dalle costrizioni formali, dalla fissità dello spazio architettonico, dalla rigida solidità delle superfici che lo individuano; di fronte, in estrema sintesi, alla negazione delle più usuali “geometrie della pietra” fatte di blocchi e lastre bidimensionali ora soppiantate dalla rivelazione di un universo di avvolgenti forme litiche, il corpo umano “non è più un’astrazione cartesiana, condannato a muoversi su piani orizzontali la cui sfera cinematica è rigidamente separata da quella visiva, mentre quest’ultima continua a misurarsi contro un orizzonte fisso e infinitamente lontano.
È piuttosto un corpo per il quale l’esperienza motoria e quella sensoria sono una cosa sola, per il quale non c’è visione senza movimento e non c’è movimento senza visione: percezione e azione si articolano come modalità della de-formazione strutturale, la cui sintesi è costituita dal processo costruttivo. Un corpo che trova nell’architettura una pervasiva e avvolgente protesi spaziale in grado di amplificarne a dismisura le capacità d’interazione con l’ambiente, fino al punto in cui non è facile dire dove il corpo stesso termini […].
In termini geometrici, l’attacco al sistema cartesiano si traduce in un parziale superamento dello spazio euclideo in favore di un’adesione ai più ampi margini di libertà consentiti dalla topologia. Le parole chiave sono fluidità, viscosità, connessione, all’interno di logiche compositive legate all’universo delle curve e alle rotazioni e piegature delle superfici, a trasformazioni elastiche continue più o meno metaforicamente derivate dall’idea di complessità sviluppata da Gilles Deleuze; complessità al cui interno, non casualmente, compare l’etimo plesso, come intreccio o piegatura fisica quanto concettuale, come processo dinamico conformativo. La griglia della tradizione prospettica occidentale si evolve in una rete, nell’ossimoro di una “superficie tridimensionale”, in una griglia morbida o “bagnata”, qualcosa che, ancora una volta, riconduce agli stati liquidi della materia, incoerenti, instabili, variabili, suscettibili di continue trasformazioni”8.


Città della cultura della Galizia a Santiago di Compostela di Peter Eisenman.

Le “liquefazioni” della forma e dello spazio architettonico appaiono ancora più dirompenti se applicate al disegno della città e del territorio: progetti come Grotta, di Christian e Maria Rita, o come la Città della Cultura galiziana di Peter Eisenman, maestro dell’architettura digitale, permettono di osservare tale salto di scala ancora una volta nel segno unificante dell’utilizzo della pietra, consentendo inoltre di continuare ad accostare, in modo spericolato ma forse fecondo, esperienze creative lontane nel tempo e nel contesto in cui hanno avuto origine, per scoprire probabilmente che non sono poi concettualmente così distanti e che ci aiutano a comprendere meglio il presente.
In Grotta la pietra dà vita ad una superficie continua e morbida che segue le forme sinuose del paesaggio collinare cercando un’organica integrazione con l’ambiente naturale. L’imponente città di Eisenman a Santiago de Compostela rappresenta l’applicazione della geometria topologica alla scala del paesaggio: l’opera, iniziata nel 1999 e ancora in corso di completamento, con i sei grandi edifici dai “liquidi” manti di copertura ondulati rivestiti di lastre litiche, è concepita secondo una nuova idea di urbanismo in cui architettura e topografia si fondono per diventare figura9.


Giovanni Michelucci, schizzi per un centro sperimentale del marmo dedicato a Michelangelo a Foce di Pianza (MS), 1972. (Fiesole, Fondazione Michelucci)

L’insediamento, inciso nel terreno, completamente nascosto sotto la scorza corticale esterna, sembra generato da un sommovimento pulsante di zolle, da un moto tellurico di placche tettoniche e si configura come una formazione orografica di gradoni, platee, creste e crinali, rigonfiamenti e sprofondamenti carsici della crosta terrestre che richiama alla mente alcune immagini legate al fertile mondo ideativo di Giovanni Michelucci ed in specifico alle prefigurazioni sviluppate dall’architetto all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso per un centro sperimentale del marmo dedicato a Michelangelo.


Franco Miozzo, Il Mare, 1977. Pietrasanta, Banca di Credito Cooperativo della Versilia. (foto Davide Turrini)

L’applicazione digitale, alle diverse scale, evolve tensioni creative da sempre presenti nel disciplinare artistico e architettonico fornendo inedite chiavi di accesso e sviluppo al processo progettuale e produttivo, non replicando semplicemente il già visto con un maggior grado di accuratezza e di sofisticazione, ma stimolando e generando nuovi comportamenti ideativi, percettivi e fruitivi.
In questo contesto Grotta e Hyperwave rappresentano i primi tentativi di condurre, nella sua interezza, il percorso che va dalla progettazione spaziale, passando per i vari momenti di modellazione e simulazione, fino alla costruzione di una realtà architettonica fisica e non solo virtuale, attraverso la concezione e la produzione industriale dei sistemi costruttivi e dei componenti tecnologici necessari per dar forma a tale realtà. Sono esperienze che pongono una sfida ai nostri occhi ancor più interessante, proprio perchè coinvolge la materia litica naturale, rendendola protagonista di un radicale processo di innovazione.
Si tratta certo di applicazioni di frontiera e per questo lasciano aperti numerosi interrogativi inerenti al perfezionamento del sistema costruttivo e agli aspetti economici del processo produttivo.

Davide Turrini

Note
1James Steele, Architettura e computer. Azione e reazione nella rivoluzione digitale, Roma, Gangemi, 2004, (I ed. inglese 2001), p. 16.
2In proposito oltre al già citato volume di James Steele si ricordano: Christian Pongratz, Maria Rita Perbellini, Nati con il computer. Giovani architetti americani, Torino, Testo & Immagine, 2000, pp. 93; Livio Sacchi, Maurizio Unali (a cura di), Architettura e cultura digitale, Milano, Skira, 2003, pp. 245.
3Christian Pongratz, Tactile vision – experience architecture, saggio inedito tratto dalla lecture del 2003 al Busan Korea International Architectural Design Seminar.
4Derrick De Kerckhove, Il neo-barocco digitale, http://www.mediamente.rai.it/home/biblioteca/interviste, 31-05-1996.
5Un interessante sguardo critico sul rapporto tra cultura digitale e architettura barocca si trova in Paolo Portoghesi, “Architettura di superfici” pp. 201-211, in Geoarchitettura, Milano, Skira, 2005, pp. 215.
6Per un approfondimento sulle esperienze neo-barocche di Merx e Holl si veda Luc Merx, Christian Holl, “Rococo Relevance”, pp. 44-57, in AA.VV, Verb Conditioning. The design of new atmospheres effects and experiences, Barcellona, Actar, 2005, pp. 261.
7Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Bari, Laterza, 2002, (I ed. inglese 2000), pp. 272.
8Livio Sacchi, “Liquid Room” p. 214, in Livio Sacchi, Maurizio Unali (a cura di), op. cit.
9Si vedano: Isotta Cortesi, “City of culture, Santiago de Compostela. Peter Eisenman”, Area n.66, 2002, pp. 36-47; Robert Ivy, “Challenging norms: Eisenman’s obsession”, Architectural Record n. 10, 2003, pp. 82-86; Silvio Cassarà (a cura di), Peter Eisenman. Contropiede, Milano, Skira, 2005, pp. 208.

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