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25 Giugno 2015

Opere di Architettura

ADALBERTO LIBERA
Unità di abitazione orizzontale nel quartiere Tuscolano
Roma, Italia, 1950-­1954


© Vincenzo Pavan

Adalberto Libera (Villa Lagarina, Trento 1903 – Roma 1963) è stato uno dei più originali protagonisti sulla scena dell’architettura italiana del Novecento. Noto internazionalmente per l’opera svolta durante gli anni Trenta, dopo la sua precoce adesione a una delle formazioni professionali più vivaci e attive in Italia alla fine del decennio precedente, il Gruppo7, Libera svolge una intensa e significativa attività dopo il 1945. Conciliando felicemente l’impegno professionale con l’attività di insegnante, Libera, dal 1947 circa, inizia a lavorare per l’INA Casa, l’istituto che tanto ha contribuito alla ricostruzione post-­?bellica dell’Italia e tante opportunità di lavoro ha offerto agli architetti formatisi negli anni del fascismo.


© Vincenzo Pavan

Il progetto per il quartiere Tuscolano a Roma, ovvero l’unità di abitazione orizzontale costruita tra il 1950 e il 1954, è il frutto migliore del lavoro svolto da Libera per INA Casa.
Originale tentativo di fondere la tipologia dell’unità di abitazione con un tessuto di basse residenze di ispirazione mediterranea e nord-?africana, il complesso del Tuscolano rappresenta un episodio di assoluto rilievo nella storia dell’architettura italiana del Novecento ed è un documento storico eloquente per comprendere come il nostro Paese affrontò l’opera della ricostruzione post-bellica.


© Archivio Libera

Nel complesso del Tuscolano il paradigma mediterraneo viene declinato in maniera da esprimere il dialogo tra modernità e tradizione. Da un lato infatti le coperture delle case e degli spazi comuni sono in cemento armato e seguono forme e spessori che concorrono a dichiararne la modernità. Dall’altro invece il recinto comune è un arcaico muro “alla romana”, realizzato in grossi blocchi sbozzati che ricorda invece una dimensione tattile da mantenere anche nella nuova architettura.

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24 Giugno 2015

Opere di Architettura

PERRAUDIN ARCHITECTES
Massive Stone Social Housing
Cornebarrieu, Francia


© Damien Aspe and Serge Demailly

L’utilizzo della pietra nell’architettura residenziale da sempre è associato alle classi più agiate: il palazzo del principe, come la chiesa e il municipio, emergevano dal tessuto di povere case realizzate con materiali più modesti.
Il quartiere di edilizia sociale a Cornebarrieu (Tolosa) sembra contrastare questa secolare tradizione. La scelta di impiegare la pietra per questo tipo di residenza, associata a materiali industriali o comunque più modesti, è coerente con la filosofia progettuale di Perraudin. L’edificio per lui infatti non deve contenere la pietra, ma deve essere di pietra: non costosi rivestimenti decorativi ma sobrie ed economiche murature piene.


© Damien Aspe and Serge Demailly

Il complesso è poi stato realizzato con un’attenzione all’economia e all’efficienza energetica. La scelta della pietra massiva, in questo caso blocchi di calcare di Beaulieu di spessore 0,4 metri, consente un risparmio del materiale: spessori sottili infatti avrebbero determinato lo scarto di gran parte del materiale a causa dei difetti della pietra. Allo stesso tempo l’utilizzo di blocchi massivi contribuisce a garantire una forte inerzia termica che, combinata con la ventilazione naturale e il raffrescamento portato dalle logge, consente di ottenere un grande comfort degli alloggi.


© Damien Aspe and Serge Demailly

Questo tipo di progetto ci ricorda – come afferma Perraudin – la contemporaneità della costruzione in pietra, anche in relazione ad alcuni temi che sembrano essere il campo privilegiato dei materiali industriali. La pietra massiva consente infatti una costruzione a secco, rapida e con un cantiere relativamente semplice, mentre le sue proprietà fisiche permettono di affrontare questioni come il controllo climatico e l’efficienza energetica. Un altro aspetto assolutamente innovativo è la possibilità di riciclare i blocchi una volta che l’edificio ha esaurito la sua funzione, facendo vedere con occhi diversi la perennità della pietra.

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23 Giugno 2015

Opere di Architettura

HENEGAN PENG ARCHITECTS
Giant’s Causeway Center
Antrim, Irlanda del Nord


© Marie-Louise Halpenny

Il Giant’s Causeway si trova ad un paio di chilometri da Bushmills ed è parte della concrezione basaltica esagonale che caratterizza la costa dell’Irlanda del Nord. Il sito è un’importante meta turistica che nel corso degli ultimi decenni ha visto crescere rapidamente il numero di visitatori. Il grande afflusso ha richiesto il progetto di un nuovo centro per visitatori che non turbasse il paesaggio della scogliera e delle distese verdi che la circondano.
Per questo motivo l’intervento è accuratamente scolpito in questo paesaggio ed è visibile dall’entroterra, ma, man mano che ci si avvicina alla costa, tende a scomparire. Il complesso è stato realizzato come due pieghe nel paesaggio: una in direzione nord rivela l’artificialità della costruzione, mentre la seconda sottrae dalla vista il parcheggio. Le due parti del progetto sono attraversate da una rampa che conduce al crinale sulla costa.


© Hufton + Crow

Internamente l’edificio può essere inteso come una serie di gradini collegati da rampe, chiaro riferimento alla scogliera. Questi elementi permettono l’articolazione delle differenti attività che si svolgono all’interno degli edifici, seguendo un percorso fluido che contrasta volutamente con la regolarità dell’edificio. Questo percorso che attraversa l’edificio conduce in ultimo alla scogliera.


© Marie-Louise Halpenny

La forma dell’edificio è definita attraverso un’efficace reinterpretazione della natura litica del luogo: i prospetti – che sono i bordi delle pieghe – sono disegnati da elementi verticali di pietra che richiamano il paesaggio basaltico del sito. L’espressività architettonica e la qualità dello spazio interno è definita dall’intreccio delle colonne di pietra di basalto e le vetrate, dove i cambiamenti di trasparenza e opacità arricchiscono il percorso del visitatore.

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22 Giugno 2015

News

Castel del Monte

Aggiornamento
Questa sera, Lunedì 22 giugno, nell’ambito della puntata dedicata alla Puglia, la trasmissione Voyager dedicherà agli studi su Castel del Monte un servizio di approfondimento: Qual è il significato di Castel del Monte? A cosa serviva? Era solo un castello di caccia di Federico II, un luogo iniziatico? O forse il sovrano svevo aveva un progetto completamente diverso, legato all’acqua?
Vai al sito di Voyager
_____________________

Costruito attorno al 1240 per volere dell’Imperatore, Federico II di Svevia, Castel del Monte è uno dei monumenti più conosciuti e studiati al mondo.
La carenza di fonti dirette scritte sul Castello federiciano, ha lasciato grandi lacune sul perché venne edificato e su quale fu il reale utilizzo.
La sua forma fortemente geometrica e unica rispetto ad altri castelli medioevali, l’articolazione su due livelli, la collocazione geografica, ha prodotto almeno 500 ricerche in tutto il mondo, nessuna delle quali però è riuscita a svelare e a convincere fino in fondo i perché di quel castello così “diverso”.
Dal 2009, il Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria Civile e dell’Architettura del Politecnico di Bari conduce appositi studi sul monumento attraverso un approccio e una lettura nuova, legata all’architettura e alla stereotomia.
Due ricercatori, Giuseppe Fallacara e Ubaldo Occhinegro, approdano nel 2011, attraverso la lettura, le misure, le osservazioni, ad una conclusione: Castel del Monte è stato pensato come tempio per la cura e riabilitazione del corpo, progettato cioè come padiglione ove esercitare le arti mediche e farmaceutiche a diretto servizio e utilizzo dell’Imperatore.
In esso, avrebbero lavorato medici ed alchimisti intenti a salvaguardare la salute dell’Imperatore durante gli ultimi anni di vita. “Castel del Monte fu edificato secondo tecniche orientali, legate agli Hammam arabi, veri centri di cura del corpo, di origine romana, che si avvalgono dell’uso di vapore, acqua corrente e variazioni di temperatura degli ambienti”.
Il maniero, nell’insieme, appare concepito e realizzato come una macchina di ingegneria idraulica, in grado di soddisfare le necessità, forte di 5 cisterne pensili, di cui 2 a piano terra, 5 grandi camini e le relative superfici interne ed esterne, progettate per raccogliere e veicolare le acque meteoriche.
La tesi, suggestiva, dei due ricercatori del Politecnico ha raccolto l’interesse della comunità scientifica anche di altre scienze e anche qualche critica.
Da ciò è nata l’esigenza di promuovere un convegno multidisciplinare di confronto e aggiornamento degli studi su Castel del Monte. Per queste ragioni, organizzato dal Dipartimento delle Scienze dell’Ingegneria ed Architettura (Dicar) del Politecnico, si svolgerà il 18 e 19 giugno prossimo la Prima Giornata di Studi interdisciplinare su Castel del Monte.
L’incontro si pone come momento di confronto multidisciplinare al quale sono stati invitati a conferire i maggiori esperti nazionali ed internazionali afferenti a diversi settori scientifici, che abbiano affrontato studi sul monumento Federiciano e sul contesto storico culturale a cui appartiene.
In questo primo incontro, che si terrà presso l’Aula Magna “Domus Sapentiae” del Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria Civile ed Architettura (campus universitario) sono stati invitati relatori selezionati in base ai curricula ed alle alte competenze scientifiche conseguite nelle diverse tematiche oggetto delle sessioni in cui è strutturato il convegno.

Scarica il programma

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22 Giugno 2015

Opere di Architettura

MAX DUDLER + ATELIER WW
Edifici a torre in Hagenholzstraße
Zurigo, Svizzera, 2013


© Stefan Mu?ller

Tra i vari progetti e realizzazioni della “Zurigo Metropolitana”, del Zürich-West e del Zürich-­Nord, il gruppo di edifici della Hagenholzstraße di Max Dudler è tra i pochissimi interventi a manifestare una chiara espressione urbanistica, attraverso la forma e la tipologia urbana.
La forma razionale del blocco urbano ricorda i concetti che avevano guidato il tentativo di creare una nuova idea di architettura della grande città, fondata sull’immagine di astrazione e rigore e dove il modello di riferimento sono le architettura per la Großstadt Architektur di Hilberseimer. L’utilizzo di una struttura logica denunciata dalla scelta di una pianta geometricamente chiara e da una rinuncia all’ornamento, rimanda ai progetti berlinesi elaborati dalla Nuova Oggettività e ripresi nella stagione americana di Mies van der Rohe.


© Stefan Mu?ller

Tuttavia il progetto evita di cadere nella ripetitività ossessiva della griglia geometrica e nell’astrazione dei materiali industriali, che aveva reso inattuabili i progetti berlinesi degli anni ’20. In primo luogo viene abbandonato il volume parallelepipedo in favore di una composizione articolata di volumi stereometrici che disegnano un paesaggio urbano vario. In secondo luogo la composizione delle facciate è giocata sul modulo verticale più che sul quadrato e la variazione del passo della griglia viene utilizzata per segnalare il basamento dell’edificio.


© Stefan Mu?ller

Un ruolo non affatto secondario è svolto dal materiale: il rivestimento in pietra infatti viene trattato come un materiale industriale la cui artificiosità è sottilmente messa in dubbio dalle venature della materia, mentre la forma archetipica della pietra, in quanto blocco tagliato e cubo geometrico, sembra determinare in modo lineare e diretto la composizione architettonica, dal dettaglio alla figura completa.

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19 Giugno 2015

Opere di Architettura

DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS
Museo Jumex, Città del Messico, Messico


©Simon Menges

Il Museo Jumex si trova nella zona di Polanco, a Città del Messico, e ospita parte di una delle più grandi collezioni private d’arte contemporanea dell’America Latina.
L’area di progetto è situata in una parte della città delimitata da arterie di grande traffico, dalla stazione ferroviaria di Ferrocarril de Cuernavaca ed è circondato da edifici commerciali.
La peculiarità dell’ambiente circostante fortemente urbanizzato, nel quale mancavano del tutto suggestioni naturalistiche, ha suggerito l’elemento caratterizzante l’edificio: la copertura a shed che ci ricorda come anche il mondo artificiale dell’industria possa diventare un riferimento progettuale.
L’edificio si sviluppa su cinque piani: al piano terra sono ospitati il bookshop, le biglietterie, i servizi e tutti gli ambienti accessori per lo svolgimento delle attività didattiche.


©Simon Menges

I quattro piani superiori invece ospitano tutte le mostre temporanee e parte delle collezioni permanenti.
Gli ambienti sono stati pensati in modo da garantire la maggiore flessibilità possibile in relazione alle diverse esigenze espositive e sono predisposti per ospitare indifferentemente mostre, seminari, convegni o performace
artistiche, assecondando la volontà della Fondazione di realizzare un polo culturale aperto a tutti, dalla comunità locale ai turisti, dagli accademici internazionali ai cultori dell’arte.
La necessità di sottolineare la funzione di monumento dell’edificio – anche se aperto ad una dimensione ‘sociale’ – ha consigliato l’utilizzo di grandi lastre in travertino di Xalapa che disegnano con rigorosa geometria le facciate.


©Simon Menges

Il rivestimento litico non vuole essere una omogena placcatura impermeabile all’esterno, ma si apre in corrispondenza della loggia belvedere del primo piano, sottolineando il contrasto netto tra il vuoto e la compattezza dei piani superiori destinati a galleria.

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18 Giugno 2015

Opere di Architettura

EMRE AROLAT ARCHITECTS
Sancaklar Mosque Istanbul, Turchia


©Cemal Emden

La moschea di Sancaklar è situata all’interno di un parco nel quartiere di Buyukcekmece, alla periferia di Istanbul.
L’area definisce il limite tra il paesaggio costruito e quello naturale: questa situazione ha determinato l’impostazione del progetto stesso, concepito come un prolungamento topografico del paesaggio.
L’edificio infatti è stato concepito come uno spazio ipogeo, dove gli unici elementi visibili sono il minareto, una stele verticale che segnala la presenza della moschea e il muro di cinta che separa il silenzio del parco dal rumore della strada che lambisce l’area di progetto.


©Cemal Emden

L’edificio vero e proprio invece, costituito dalla sala di preghiera e dagli ambienti accessori, è posto tra le pieghe del terreno, coperto da una grande tettoia da cui parte il percorso che accompagna i fedeli verso lo spazio interno.
Anche la gradinata che scende verso la sala di preghiera segue la morfologia tellurica del progetto: gradini di pietra separati da fasce di erba diventano infatti le curve di livello di una topografia artificiale.


©Cemal Emden

L’interno della moschea ricorda una grotta, nella quale il silenzio dello spazio è interrotto solamente dalle fessure e dalle fratture della parete lungo la Qibla, che non distraggono il fedele, ma per contrasto luminoso
gli ricordano la presenza divina.
L’elemento che rende il progetto parte del paesaggio è la scelta del materiale e la sua posa in opera: la pietra locale infatti è stata utilizzata nella sua forma più rustica, in elementi semplici che ricordano le costruzioni rurali ma che disposti lungo le linee del progetto ne indicano chiaramente l’attualità.


©Cemal Emden

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16 Giugno 2015

News

PREMIO INTERNAZIONALE ARCHITETTURE DI PIETRA – XIV EDIZIONE

Giunto alla sua XIV edizione, tornal’International Award Achitecture in Stone il premio biennale riservato opere di architettura realizzate con la pietra. Curato dall’architetto Vincenzo Pavan, il premio appresenta da sempre un importante studio svolto dall’osservatorio Marmomacc nel vasto panorama internazionale dell’architettura litica alla ricerca di progetti a edifici cittadini a contesti residenziali, da interventi di recupero a opere di riqualificazione urbana- ­ che sappiano interpretare con tecniche e linguaggi nuovi il mondo lapideo nel rispetto del paesaggio in cui sono tati realizzati. Il premio include anche un riconoscimento speciale “admemoriam”, dedicato a un artista del passato.
Perl’edizione 2015 la Giuria,composta da Francesco Dal Co(Dipartimento di Architettura, Università di Venezia), Juan José Lahuerta (ETSAB, Barcellona, Spagna), Werner Oechslin (ETHZurigo, Svizzera), Cino Zucchi(Dipartimento di Architettura, Università di Milano), Vincenzo Pavan(Dipartimento di Architettura, Università di Ferrara) ha valutato 31 opere architettoniche, realizzate degli ultimi due-tre anni in diciotto diversi Paesi.
Dopo approfondita analisi e ampia discussione, sono state selezionate le seguenti opere che, per qualità architettonica, uso espressivo dei materiali lapidei disegno tipologico, sono state ritenute rappresentative di un panorama chiaro e significativo delle migliori realizzazioni a livello internazionale.

OPERE VINCITRICI E MOTIVAZIONI

EMRE AROLATARCHITECTS
SancaklarMosque
Istanbul, Turchia, 2012

La strategia del progetto è stata determinata dalla morfologia del paesaggio di cui l’edificio diventa il prolungamento. La discesa agli spazi sotterranei, che ospitano la sala di preghiere, intesa come caverna, è mediata dalla sequenza di murature in pietra rustica e dalla gradinata di lastre che immorsa la costruzione al prato.
Del complesso emergono in superficie solo bassi volumi orizzontali da cui si eleva il landmark del minareto, concettualizzato in un parallelepipedo verticale.
Alla rarefatta atmosfera ipogea degli spazi di riunione e preghiera contribuisce un’accorta distribuzione della luce che irraggia dal lucernario.

DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS
Museo Jumex Città del Messico,

Messico, 2013 IlMuseoJumexdi

David Chipperfield Architects, con il volume caratterizzato dai leggeri aggetti sovrapposti dell’inconfondibile coronamento ashed, si confronta con lo sviluppo urbano di Città del Messico attraverso una stereometria di grande forza iconica. Le grandi lastre in travertino di Xalapa delle facciate sottolineano il contrasto netto tra l’apertura del piano a quota città, la loggia belvedere del primo piano e la compattezza dei piani superiori destinati a galleria.
Negli interni, intonaco e vetro, cemento e pietra con il pavimento in marmi policromi del bookshop dell’artista Martin Creed modulano il diverso carattere degli ambienti di un luogo espositivo contemporaneo.

MAX DUDLER + ATELIER WW
Edifici a torre in Hagenholzstraße

Zurich Svizzera, 2013

Tra i vari progetti e realizzazioni della “Zurigo Metropolitana”, del Zürich-WestedelZürich-Nord, il gruppo di edifici della Hagenholz straße di Max Dudler è tra i pochissimi interventi di chiara espressione urbanistica, dovuto alla forma della tipologia urbana. E’ come se la forma archetipica della pietra, in quanto blocco tagliato e cubo geometrico, avesse determinato in modo lineare e diretto la composizione architettonica, dal dettaglio alla figura completa. La qualità del complesso Hagenholz straße sta proprio in questa scelta di forme elementari in continuità col carattere intrinseco della materia.

HENEGAN PENGARCHITECTS
Giant’s Causeway Center

Antrim, Irlanda del Nord,2014

Situato a ridosso di una delle porzioni più belle della costa dell’Irlanda del Nord, caratterizzata dalla presenza della concrezione basaltica colonnare, il complesso è brillantemente inserito nel paesaggio. Le linee decise dell’impianto e i piani inclinati delle coperture sono rese pregnanti dalla scelta compiuta dai progettisti di impiegare nei prospetti alte lastre di pietra, di diverse dimensioni, le cui superfici scure scandiscono l’alternanza ritmata di vuoti e pieni, cifra dell’intero involucro emergente del terreno.

PERRAUDIN ARCHITECTES
Massive Stone Social Housing

Cornebarrieu, Francia, 2011

Il progetto di Perraudin è interessante per il suo uso della pietra come materiale costruttivo, non come rivestimento ornamentale. L’edificio non “contiene” pietra,“è” di pietra, nel senso più tradizionale.
Inoltre, trattandosi di un progetto di “socialhousing”, l’impiego di questo materiale nobilita un tipo di costruzione che abitualmente si associa a materiali più modesti.
La composizione dell’edificio risponde agli stessi criteri: scaturisce dal taglio della pietra e si mostra laconicamente come “casa”. Perciò la omogeneità conseguita tra il materiale, il metodo costruttivo, la funzione, la composizione e lo scopo, fa sì che questo edificio meriti di essere premiato.

PREMIO ALLA MEMORIA

ADALBERTO LIBERA (1903-­-1963)
Unità di abitazione orizzontale nel quartiere Tuscolano

Roma,Italia,1950-­-1954

Adalberto Libera è stato uno dei più originali protagonisti sulla scena dell’architettura italiana del Novecento. Il suo progetto per il quartiere Tuscolano a Roma, ovvero l’unità di abitazione orizzontale costruita tra il 1950 e il 1954, è il frutto migliore del lavoro da lui svolto per l’INA Casa.
Originale entativo di fondere la tipologia dell’unità di abitazione con un tessuto di basse residenze di ispirazione mediterranea e nordafricana, il complesso del Tuscolano rappresenta un episodio di assoluto rilievo nella storia dell’architettura italiana del Novecento ed è un documento eloquente per comprendere come il nostro Paese affrontò l’opera della ricostruzione post bellica, spesso utilizzando materiali locali come la pietra.

 
Le opere saranno oggetto di una mostra di disegni, foto, video e prototipi allestita nei giorni di Marmomacc nell’area culturale Architecture&Design in Galleria Castelvecchio (all’interno di Marmomacc tra i padiglioni).
Inoltre, i vincitori saranno premiati in occasione di una cerimonia ufficiale che si svolgerà nello spazio forum.

Vai a Marmomacc

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8 Giugno 2015

Opere di Architettura

Alberto Campo Baeza
Sede del Consiglio di Castiglia e Léon
Zamora, Spagna, 2007/2012

Gli antichi Greci dicevano che “un muro è il punto di incontro tra interno ed esterno”. L’edificio che ospita la nuova sede per il Consejo Consultivo di Castilla y León, realizzato da Alberto Campo Baeza a Zamora, ha reso possibile questo concetto. Qui l’esterno è costituito dal nucleo storico della città, dominato dalla mole della cattedrale romanica e dalla pietra locale dal caratteristico colore giallo. L’interno invece è composto dal vuoto della corte e dal volume assolutamente trasparente che ospita gli uffici del Consejo, dove anche la struttura diventa una trama quasi impercettibile.


Veduta aerea di Zamora: in primo piano la Cattedrale, a sinistra la Sede del Consiglio

L’intero progetto continua quella ricerca progettuale iniziata più di dieci anni fa con il BiT Center di Mallorca.
Anche in questo caso il dialogo è basato sull’accostamento tra l’estrema leggerezza del vetro e la maestosa gravità della pietra, dove le suggestioni di Mies van der Rohe vengono rilette e trasformate attraverso la luce della Spagna. Se tuttavia nell’edificio di Mallorca il recinto di pietra serviva a chiudersi verso un esterno di scarso pregio, a Zamora invece il muro serve ad instaurare un dialogo con la città. Questo viene stabilito con una differente modulazione del margine tra interno ed esterno. L’assoluta purezza geometrica del triangolo, esibita nel progetto di Mallorca, viene ora sostituita da una forma irregolare del muro che segue in questo modo l’andamento del lotto e consente di fare spazio al volume di vetro. Quest’ultimo, a dimostrare la sua alterità rispetto al recinto, è modulato attraverso una rigorosa maglia geometrica, con la quale sono ordinati gli ambienti e diversi elementi strutturali. Allo stesso tempo il muro non risulta ermeticamente chiuso verso l’esterno, ma sono state lasciate alcune aperture, delle viste verso la cattedrale e il castello, attraverso cui è possibile anche osservare l’edificio del Consejo.


Veduta a volo d’uccello

Il progetto è molto semplice: nel corpo principale, che risulta regolare ma contemporaneamente capace di adattarsi al sito, sono ospitati gli uffici, le sale riunioni ed i servizi. L’accesso avviene dove il volume di vetro si accosta maggiormente al muro e dove avviene l’incontro tra l’edificio e il tessuto urbano storico. Questo comporta che l’atrio di ingresso, a doppia altezza, è collocato nella parte più irregolare. Tale irregolarità è riportata all’ordine attraverso nove piccoli lucernari che ritmano con le loro colonne luminose lo spazio interno, variando l’inclinazione durante il giorno, come in una sorta di Pantheon contemporaneo. L’utilizzo della luce come materia architettonica, che illumina la pietra, il vetro e il vuoto, consente di esaltare il confronto tra leggerezza e gravità dei materiali impiegati. Il risultato è un ambiente magicamente sospeso tra i due estremi, come ricorda il sonetto del poeta castigliano Garcilaso de la Vega: «Hermosas ninfas que en el río metidas / contentas habitáis en las moradas / de relucientes piedras fabricadas / y en columnas de vidrio sostenidas».


Spazio di passaggio tra la parete di pietra e la parete di cristallo

Il riferimento all’hortus conclusus, sottolinea ancora una volta il lavoro di Campo Baeza sul tema del vuoto e dello spazio interno, in questo caso aperto verso l’alto, nel quale possono manifestarsi gli elementi principali della sua architettura, come lui stesso ha espresso nell’Elogio della Luce: “Una bellezza nuda, intelligente, essenziale, in grado di catturare la testa e il cuore. […] Ed è questa idea, la luce e la gravità sono i tre principali componenti di quella architettura che io chiamo essenziale. Idea, luce e gravità. Niente di più, niente di meno”.
Il vuoto viene reso visibile attraverso la definizione dei suoi limiti. Per questo motivo è stato dedicato molto impegno alla definizione formale, materiale e tecnica del possente muro in pietra che cinge l’etereo volume del Consejo. Il muro viene invece trattato come un archetipo, un elemento arcaico, ma che nelle sue forme non vuole ripetere la varietà e il virtuosismo decorativo del romanico di Zamora, ma guarda piuttosto all’essenzialità e all’ordine delle possenti mura della città e del castello, poco distante dall’edificio del Consejo e recentemente restaurato. Il muro diventa anche il suolo all’interno della corte e dell’edificio, sottolineando ancora di più il contrasto tra il contenitore lapideo e il contenuto vitreo.

Angelo Bertolazzi


Dialogo tra interno ed esterno


L’architetto in visita all’edificio

Scheda tecnica
Titolo dell’opera: Sede del Consiglio di Castiglia e Léon
Indirizzo: Obispo Manso, 1. Zamora, Spagna
Data di progettazione: 2004-2007
Data di realizzazione: 2008-2012
Committente: Comunità autonoma di Castilla y León, Spagna
Architetti: Alberto Campo Baeza, Pablo Fernández Lorenzo, Pablo Redondo,Francisco Blanco, Alfonso González Gaisán
Collaboratori: Ignacio Aguirre, Miguel Ciria, Juan José Bueno, Úrculo Ingenieros (Ingegneri meccanici)
Direzione lavori: Juan José Bueno Crespo
Strutture: Eduardo Díez-Ideee, Alicante, Spagna
Impresa di costruzione: UTE Edificio Consejo Consultivo: Dragados-San Gregorio, Spagna
Materiale lapideo utilizzato: Arenaria Arenisca Reina
Fornitura della pietra: Arenisca, Burgos, Spagna
Facciate in vetro: Proinller, Spagna

Per una documentazione completa dell’opera Download PDF

Rieditazione tratta da Re-Load Stone, a cura di Vincenzo Pavan pubblicato da Marmomacc

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1 Giugno 2015

Opere di Architettura

Villa Montesol a Ibiza

Un’architettura mediterranea di Jan Wichers


Jan Wichers, villa Montesol a Ibiza, 2014.

Jan Wichers è un affermato architetto tedesco che da tempo si dedica a progetti di strutture ricettive e ville private di alto livello. Nel suo lavoro emerge chiara una visione del lusso del tutto peculiare, contrassegnata da ampi spazi inondati di luce, da dettagli materici e costruttivi di grande raffinatezza e dalla massima valorizzazione del contesto naturale in cui sorge l’architettura.
Tra le sue realizzazioni più recenti figura un complesso di tre residenze per le vacanze a Ibiza di cui fa parte Villa Montesol. La casa sorge in quota vicino al mare, con vista panoramica sulla baia di Vista Alegre e sull’isola di Formentera che si scorge in lontananza.


Il giardino con i muri rustici in pietra locale.

L’opera richiama le architetture tradizionali di Ibiza, caratterizzate da bianchi corpi intonacati, cubici o parallelepipedi, accostati tra loro o interconnessi. Anche le facciate storiche delle costruzioni isolane, segnate con parsimonia da piccole aperture, sono riproposte da Wichers nella villa, ad eccezione del prospetto rivolto verso la piscina interrotto alla base da un lunga portafinestra a nastro. La costruzione si inserisce nel paesaggio in modo discreto, grazie ad un deciso sviluppo orizzontale e a muri ad opus incertum in pietra locale che ne schermano i volumi all’intorno.


Viste degli interni con i pavimenti e i rivestimenti in Pietra di Brera e Pietra Brown (forniture e lavorazioni lapidee Pibamarmi).

Un grande spazio living accoglie il visitatore sin dall’ingresso e consente di vedere la piscina e il panorama grazie a una parete interamente vetrata, apribile in più settori. L’effetto di continuità di questo ambiente è accentuato dalla stesura pavimentale omogenea in Pietra di Brera patinata, posata a correre in grandi formati.
La stessa pietra ritorna nei bagni: nei pavimenti con finitura bocciardata per evitare lo scivolamento; lungo le pareti invece in forma di mosaico del modello Shutter Pibamarmi. Nelle docce la Pietra di Brera è accostata alla Pietra Brown con disegno a casellario.


Scorcio della piscina dall’interno dello spazio living.

L’integrazione tra spazi interni ed esterni è particolarmente riuscita: gli infissi apribili e il fluire ininterrotto del pavimento litico anche attorno alla piscina, rafforzano infatti la sensazione di continuità tra il soggiorno, lo spazio pranzo, le zone relax ai bordi della vasca e un padiglione panoramico separato, dove trova posto un’ulteriore cucina-pranzo per momenti conviviali con molti partecipanti.


I bagni con le vasche Simple Ellipse e i lavabi Slope delle collezioni Pibamarmi.


Gli spazi esterni dell’ingresso e della piscina con le pavimentazioni e i rivestimenti in Pietra di Brera (forniture e lavorazioni lapidee Pibamarmi).

Nella zona notte l’articolazione spaziale diviene ovviamente più gerarchica. Ogni stanza da letto è risolta come una suite, affacciata sulle lontananze del panorama o sul verde del giardino e dotata di una grande bagno. Anche in questo caso la pietra è protagonista: è utilizzata infatti nuovamente nei pavimenti, nei doppi lavabi Slope, nei lavandini free-standing Easy e nelle vasche Simple Ellipse delle collezioni Pibamarmi. Con queste scelte spaziali e materiche Jan Wichers reinterpreta e fonde temi tradizionali dell’architettura mediterranea e caratteri sostanziali della fenomenologia contemporanea del loft, esprimendo una cifra progettuale di particolare eleganza e raffinatezza.

di Davide Turrini

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Jan Wichers

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