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11 Giugno 2007

Principale

IT Revolution in Architecture

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ll gruppo Nitrosaggionet e Antonino Saggio intendono offrire un periodo di studio e di lavoro ma anche di vacanza creativa e intelligente nella piacevole località balneare siciliana di Gioiosa Marea nel periodo che va dal 3 al 19 settembre 2007.
La proposta si articola in una giornata di Simposio Internazionale – IT Revolution in Architecture The Changing Notion of Space and Time in Contemporary design – che si svolgerà la domenica 9 settembre 2007 e in due workshop tematici nelle settimana dal 3 all 8 settembre 2007 e dal 10 al 18 Settembre. Convegno e workshop saranno ospitati nel Sicily lab struttura operativa operativa del gruppo Nitro in Sicilia. Architetti e studenti nel campo dell’architettura del design e dell’arte possono scegliere di aderire a uno solo o ad entrambi i workshop partecipando in entrambi i casi al Simposio. Il contributo alle spese è fissato in 350 euro per un Workshop e convegno e di 600 euro per entrambi i workshop.

Tematica:
Se l’informazione è la materia prima dell’architettura in questa fase storica e se il tempo ha sempre più una dimensione discontinua e frammentaria e se lo spazio è informazione, come progettiamo questa nuova coscienza? Come gli avanzamenti tecnologici si possono tradurre in scelte architettoniche e spaziali? Il simposio analizzerà queste tematiche con l’illustrazione di specifici progetti di architetti e artisti di alto profilo che lavorano su questi temi. I due workshop, entrambi di natura progettuale e applicativa, si concentreranno l’uno sulla modifica del concetto di Tempo e l’altro su sulle modifiche delle idee e condizioni di Spazio.
La tecnologia può essere usata come una sorta di augmented reality per rendere percepibili e praticabili dimensioni che travalicano i nostri normali limiti. Le invenzioni di questi ultimi anni da Internet alle nanotecnolgie ne sono la prova. E l’architettura fa parte di questo processo. D’altro canto l’uso intelligente e innovativo di queste ricerche nel progetto assume tanta più forza e necessità quanto più riesce ad essere applicata in situazioni di crisi e di difficoltà oggettiva.

Docenti e partecipanti al convegno:
I seminari e il convegno sono diretti e coordinati da Antonino Saggio, Direttore della collana IT Revolution in Architecure coadiuvato dagli architetti membri del gruppo di Ricerca Nitrosaggio. Antonino Saggio inviterà al convegno un ampio numero di esperti e autori collana tra i quali, ad oggi confermati

Giovanni D’Ambrosio (D’ambrosio Architecture)
Lorenzo Brusci (Giardino Sonoro
)
Giovanni Vaccarini (Vaccarini Architetti
)
Javier Berardo (Ideami)

Gianni Ranaulo (LightArchitecture)
Costantino Morosin (Costantino Morosin
)
Paolo Ferrara (Architetto
)
Arturo Vittori (Architecture + Vision
)
Penezic&Rogina (p&R
)
Antonio Presti (Atelier D’arte
)

Per le persone interessate Contatti e Info
Spedire una email a
SicilyLab@nitrosaggio.net
O contattare
Tel. 0039 06 97615923
L’iscrizione deve avvenire entro il 30 giugno 2007.
http://www.nitrosaggio.net/sicilylab/

Link alla Brochure descrittiva del Sicily Lab
http://www.nitrosaggio.net/sicilylab/Brochuresicilylab.pdf

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9 Giugno 2007

Paesaggi di Pietra

L‘industria lapidea nelle Tre Valli

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Un blocco di gneiss tipo Iragna nel quale sono ben visibili le differenze tra la struttura parallela al piano di deposito e quella perpendicolare (fotografia: Stefano Zerbi)

Cenni Storici.
Fino alla seconda metà del XIX secolo lo sfruttamento dei giacimenti di pietra naturale si fece, nelle Tre Valli, localmente, ovvero ogni comunità sfruttava ciò che il proprio territorio le metteva a disposizione. Spesso i giacimenti erano formati dai massi franati a valle dai quali si estraeva il materiale necessario all’edificazione, in altri casi si aprivano delle piccole cave. L’esportazione, verso l’Italia, interessava pochi tipi di pietre ornamentali, in particolare gli gneiss della Valle Verzasca e in minore quantità quelli di Lumino e Lodrino. Il marmo di Castione, utilizzato per la costruzione della facciata principale della Chiesa della Collegiata a Bellinzona e forse per il Duomo di Milano, è probabilmente la roccia di più antico sfruttamento1.
Hans Rudolph Schinz ci descrive così questa situazione: “Tutti gli edifici pubblici e privati (salvo nei villaggi d’alta montagna) sono costruiti in pietra, con granito, che è reperibile ovunque e ben si presta bene alla costruzione di pilastri, colonne, stipiti di porte e finestre. (…) Pietre da costruzione se ne trovano ovunque a sufficienza, e procurarsele non costa nulla: si paga soltanto il lavoro per spaccarle e prepararle per l’uso.”2
I lavori della linea ferroviaria del San Gottardo cominciarono nel 1872 ed il tratto Lucerna-Biasca fu inaugurato il 10 aprile 18823. La maggior parte degli studi fatti sull’industria lapidea delle Tre Valli fissa a questo periodo l’inizio dello sfruttamento industriale delle cave.
Prima di questo grande cantiere non vanno però dimenticati la costruzione della strada del passo del San Gottardo, 1827-1830, realizzata in gneiss di Cresciano, e lo sfruttamento delle cave di Claro fatto dalla “Società di Ferrovia Centrale Europea”4.
La Gotthardbahn necessitò di grandi quantità di gneiss che fu estratto soprattutto in Riviera e Leventina; le prime cave sorsero in prossimità dell’asse ferroviario, come quelle di Osogna-Cresciano e di Pollegio, aperte nel 1870, e che molte fonti citano come le prime cave ticinesi. La linea ferroviaria rese possibile l’esportazione oltre Gottardo e la Svizzera tedesca diventò, in poco tempo, il mercato principale per le pietre ticinesi.
Durante tutto il XIX secolo e fino agli anni Dieci del Novecento la quantità di manodopera impiegata nel settore lapideo non fece che aumentare.
“L’industria del granito”, come era chiamata in Ticino, percorse diversi periodi di crisi e di ripresa, il primo dei quali a causa della crisi economica di inizio secolo e del completamento della rete ferroviaria.
Il periodo tra le due guerre mondiali non cambiò la situazione di stagnazione: il mercato cantonale assorbiva solo una piccola frazione della produzione ed i costi di trasporto troppo elevati riducevano le possibilità di esportazione. Inoltre si assistette all’introduzione di nuovi materiali per la costruzione, primo fra tutti il cemento armato.
Dal dopoguerra e fino agli anni Settanta il settore conobbe una leggera ripresa causata dall’esplosione del settore edilizio iniziata negli anni Sessanta e che continuò per un trentennio.
Oggigiorno l’attività attraversa un nuovo periodo di crisi dovuta soprattutto alla concorrenza dalle pietre di provenienza estera.
Come è già stato ricordato il principale mercato per il gneiss delle Tre Valli fu oltr’alpe e si concentrò nei grossi progetti istituzionali. Qui di seguito alcuni esempi: sedi della Posta a Basilea, Lucerna, Svitto e Zurigo; stazioni ferroviarie di Aarau, Lucerna e Zurigo; sede del Credito Svizzero a Zurigo; Politecnico Federale di Zurigo; Palazzo Federale a Berna e Tribunale Federale a Losanna. In Italia, per esempio, fu utilizzato per la Banca Commerciale Italiana, dell’architetto Luca Beltrami, in Piazza della Scala a Milano.

La pietra. Il gneiss delle Tre Valli

Petrografia.
Il cristallino più profondo, in Ticino quello delle coltri penniniche accessibili (coltre del Simano, dell’Antigorio, della Leventina) è in maggioranza costituito da gneiss d’origine granitica.
A causa di un’antica tradizione in Ticino si dicono “graniti ticinesi” anche gli gneiss di facile rottura e grana fine. La differenziazione tradizionalmente era fatta tra i “graniti”, gneiss massicci di rottura più difficile (Leventina e Riviera) e le “beole”, gneiss scuri la cui scistosità è elevata (Vallemaggia e Valle Calanca).
Gli gneiss di colore chiaro delle Tre Valli sono delle rocce metamorfiche di origine granitica, degli ortogneiss, e le rocce d’origine quelle ricche in acidi silicici e di dioriti quarzose del massiccio del Monte Bianco, dell’Aar e del San Gottardo. A questa prima famiglia appartengono gli gneiss di tipo Claro, Cresciano, Iragna-Lodrino, nei quali il feldspato è un plagioclasio acido (ricco in sodio e povero in calcio). La seconda famiglia è quella degli gneiss porfirici di colore scuro, come il tipo Bodio e Lavorgo, che inoltre al plagioclasio contengono dell’ortoclasio (ricco in potassio) e dunque più basici.
Principali rocce delle Tre Valli.5
Gli gneiss della Leventina e della Riviera sono per la maggior parte costituiti da gneiss granitici appartenenti all’unità tettonica chiamata Leventina.
La maggioranza degli gneiss della Leventina è ricca in quarzo e possiede due tipi di miche: biotite, nera, e muscovite, bianco argento.
La colorazione varia dal bianco su fondo grigio neutro fino al grigio scuro.
La struttura è da scistosa a compatta, comprese tutte le forme intermedie, ma anche nelle formazioni più compatte si riconosce ancora l’orientazione parallela dei cristalli.
La denominazione deriva dal luogo di estrazione. Si citeranno qui di seguito solo i tipi ancora estratti.
Tipo Cresciano: principalmente di grana media e uniforme, molto scistoso, le miche sono ordinate in giaciture ondulate e discontinue, la struttura chiaro-scura ha una dimensione di 2-3cm. Il suo importante sfruttamento è fatto nelle cave del versante ovest della valle presso la stazione ferroviaria di Osogna-Cresciano.

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Tipo Cresciano (fotografia: Stefano Zerbi)

Tipo Iragna-Lodrino: simile al tipo Cresciano, ma di grana più fine, la struttura chiaro-scura ha una dimensione inferiore ai 2cm (0,5-1,5cm). L’importante estrazione si fa ai piedi del versante est della Valle Riviera. Alcune cave si trovano sulla parte alta della valle come nel caso di Iragna.

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Tipo Iragna a grana fine (fotografia: Stefano Zerbi)
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Tipo Lodrino (fotografia: Stefano Zerbi)

Tipo Iragna scuro: di colore grigio topo, di grana fine, più ricco in biotite degli altri tipi e dunque più scuro, le miche sono distribuite in modo uniforme nella massa.

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Tipo Personico (fotografia: Stefano Zerbi)

Gli gneiss della Valle di Blenio appartengono allo zoccolo della coltre del Simano, che costituisce l’unità inferiore della coltre della Valle di Blenio, è costituita da gneiss d’origine granitica che si trovano a nord della Val Pontirone, tra Biasca e Malvaglia.Questi gneiss occhiadini, stratificati o con una venatura molto accentuata, sono delle rocce a due miche di ottima qualità. Gli occhi, che possono raggiungere i 10cm di diametro, sono costituiti in parte da grossi cristalli di feldspato o da un miscuglio fine di quarzo e feldspato.
Tipo Legiuna: gneiss granitoide con occhi che possono raggiungere i 10cm di diametro. L’estrazione avviene all’imbocco della Val Pontirone, il cui fiume si chiama Lesgiüna.

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Tipo Legiuna (fotografia: Stefano Zerbi)

Lo sfruttamento delle cave.
Lo sfruttamento dei giacimenti nelle Tre Valli ha da sempre approfittato delle qualità degli gneiss e soprattutto della facilità di rottura degli stessi lungo i piani di stratificazione (qui chiamati “pioda”). L’arte dell’estrazione consiste essenzialmente nella capacità di trovare all’interno del giacimento la roccia che meglio si confà ai bisogni e alle dimensioni richiesti.

Tipi di cave.
Le cave della regione delle Tre Valli si dividono in due tipi principali: le cave a mezza costa e quelle che si trovano sui terrazzi morenici.
Al primo tipo appartiene la maggioranza delle cave oggigiorno in attività, come per esempio il grosso giacimento di Lodrino. L’estrazione avviene sia dalla sommità della parete scendendo in modo progressivo sia a scalini dal basso. Lo spostamento dei blocchi grezzi avviene tramite gru o con ruspe attraverso gli accessi che arrivano fino alla zona di estrazione.
Grazie alla loro conformazione questi giacimenti di gneiss sono naturalmente disponibili, visto che nessun detrito gli ingombra.
I giacimenti di Iragna si trovano invece su di una spalla morenica chiaramente visibile da sud. L’estrazione avviene dunque partendo dalla superficie ed abbassandosi lungo strati successivi, che corrispondono ai piani di stratificazione. Lo spostamento dei blocchi grezzi avviene soprattutto con ruspe. A causa dell’origine glaciale di questi giacimenti, su di essi grava una spessa coltre di detriti (fino a dieci metri).

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Le cave di Lodrino (fotografia: Stefano Zerbi)
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Le cave di Iragna (fotografia: Stefano Zerbi)
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Le cave di Cresciano nel loro contesto (fotografia: Stefano Zerbi)

Tecniche estrattive.
Lo sfruttamento industriale delle cave di gneiss nelle Tre Valli iniziò nella seconda metà del XIX secolo. Da quel periodo le tecniche di estrazione non sono radicalmente cambiate, ma hanno piuttosto subito un lento miglioramento grazie alla meccanizzazione dei processi. L’estrazione sfrutta sempre la rottura netta della roccia lungo il piano di stratificazione: nel XIX secolo questa era prodotta attraverso l’inserimento di cunei in legno che venivano imbevuti d’acqua, oggi lo stesso risultato è ottenuto tramite perforazione e micce detonanti. L’estrazione con il filo diamantato, molto diffusa nel settore della pietre più tenere, è praticamente inesistente nelle Tre Valli e quando ne viene fatto uso è soprattutto per liberare il primo blocco di una nuova zona di estrazione, ciò che permette una forte riduzione degli scarti.
La successiva suddivisione dei blocchi grezzi in elementi lavorabili è effettuata con l’ausilio di cunei di ferro e mazza o del martello pneumatico.
La lavorazione dei prodotti finiti avviene anch’essa con l’ausilio di martelli pneumatici, scalpello e mazza o piccole frese oppure attraverso il taglio con telaio, sega circolare diamantata o filo diamantato.

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L’estrazione è ancora un lavoro prettamente manuale (fotografie: Stefano Zerbi)

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La rottura netta è una delle qualità peculiari dello gneiss delle Tre Valli (fotografia: Stefano Zerbi)

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Le dimensioni dei blocchi grezzi dipendono dalla qualità della roccia e dal prodotto finale al quale essa è destinata. La prima operazione per liberare il blocco consiste nel realizzare una serie di perforazioni verticali nel fronte, generalmente ogni 25cm, con l’ausilio di una perforatrice a colonna, che permetteranno l’introduzione delle micce detonanti. Se la roccia è compatta e non presenta delle rotture orizzontali naturali bisogna procedere a delle perforazioni anche lungo questo piano. Avvenuta l’esplosione delle cariche, si comincia la suddivisione del blocco estratto. Quest’ultimo ha un volume variabile, ma che raramente supera i 60m3. La suddivisione si effettua generalmente sul posto senza spostamento del blocco principale, ne risultato dei blocchi di un volume di 5-6m3.

Stefano Zerbi

Visita Associazione Industrie dei Graniti, marmi e pietre naturali del Ticino

Note
1 La facciata della Collegiata di Bellinzona è rivestita in marmo di Castione e fu realizzata tra il 1640 e il 1654, vedi: Anderes, Bernhard, Guida d’Arte della Svizzera Italiana. Edizione aggiornata, Taverne-Berna, Nuova Edizioni Trelingue SA. Società di Storia dell’Arte in Svizzera, 1998, p.7.
Schneiderfranken, Ilse, Ricchezze del suolo ticinese. Studio economico sullo sfruttamento delle pietre da costruzione e delle materie prime minerali, Bellinzona, Istituto Editoriale Ticinese, 1943, p.55 e p.76.
2 Schinz, Hans Rudolf, Descrizione della Svizzera italiana nel Settecento, traduction de Fabrizio Cicoria et Giulio Ribi, Locarno, Armando Dadò editore, 1985, p.339.
3 Ferrari, Franco, Le cave di granito della Riviera, in “Rivista Patriziale Ticinese”, n°66, 1982, p.9.
4 Schneiderfranken, Ilse, Ricchezze del suolo ticinese. Studio economico sullo sfruttamento delle pietre da costruzione e delle materie prime minerali, Bellinzona, Istituto Editoriale Ticinese, 1943, p.56.
5 Vedi: “Die Naturbausteine des Tessins” in AA. VV., Steinbrüche im Tessin, Bern, Schweizerische Arbeitsgemeinschaft Pro Naturstein, 2000, pp.4-8.

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7 Giugno 2007

Principale

Architetturadipietra con Camilleri a tutela della Val di Noto

Persino Camilleri è sceso in campo contro il rischio, fin troppo reale, della distruzione della Val di Noto, dichiarata dall’Unesco Patrimonio mondiale dell’umanità.
Riproponiamo l’articolo apparso su Repubblica di oggi in cui l’autorevole scrittore siciliano traccia una panoramica della situazione e con lui esortiamo a far sentire la propria voce.

In difesa del Val di Noto
di ANDREA CAMILLERI

I milanesi come reagirebbero se dicessero loro che c’è un progetto avanzato di ricerche petrolifere proprio davanti al Duomo? Rifarebbero certo le cinque giornate.
E i veneziani, se venissero a sapere che vorrebbero cominciare a carotare a San Marco?
E i fiorentini, sopporterebbero le trivelle a Santa Croce?
I rispettivi abitanti che ne direbbero di scavi per la ricerca del petrolio a Roma tra i Fori imperiali e il Colosseo, a piazza De Ferrari a Genova, sulle colline di Torino, a piazza delle Erbe, a piazza Grande, lungo le rive del Garda?
Non si sentirebbero offesi e scempiati nel più profondo del loro essere?
Ebbene, in Sicilia, e precisamente in una zona che è stata dichiarata dall’Unesco “patrimonio mondiale dell’umanità”, il Val di Noto, dove il destino e la Storia hanno voluto radunare gli inestimabili, irrepetibili, immensi capolavori del tardo barocco, una società petrolifera americana, la “Panther Eureka”, è stata qualche anno fa autorizzata, dall’ex assessore all’industria della Regione Sicilia, a compiervi trivellazioni e prospezioni per la ricerca di idrocarburi nel sottosuolo. In caso positivo (positivo per la “Panther Eureka”, naturalmente) è già prevista la concessione per lo sfruttamento dell’eventuale giacimento.
In parole povere, questo significa distruggere, in un sol colpo e totalmente, paesaggio e storia, cultura e identità, bellezza e armonia, il meglio di noi insomma, a favore di una sordida manovra d’arricchimento di pochi spacciata come azione necessaria e indispensabile per tutti. E inoltre si darebbe un colpo mortale al rifiorente turismo, rendendo del tutto vane opere (come ad esempio l’aeroporto Pio La Torre di Comiso) e iniziative sorte in appoggio all’industria turistica, che in Sicilia è ancora tutta da sviluppare.
Poi l’inizio dei lavori è stato fermato, nel 2003, dal Governatore Cuffaro su proposta dell’allora assessore ai Beni Culturali Fabio Granata, di Alleanza nazionale, in prima fila in questa battaglia.
Ma è cominciato quel balletto tutto italiano fatto di ricorsi all’ineffabile Tar, rigetti, annullamenti, rinnovi, sospensioni temporanee, voti segreti, vizi di forma e via di questo passo ( ma anche di sotterranee manovre politiche che hanno sgombrato il campo dagli oppositori più impegnati).
E si sa purtroppo come in genere questi balletti vanno quasi sempre tristemente a concludersi da noi: con la vittoria dell’economicamente più forte a danno degli onesti, dei rispettosi dell’ambiente, di coloro che accettano le leggi. E i texani, dal punto di vista del denaro da spendere per ottenere i loro scopi, non scherzano.
Vogliamo, una volta tanto, ribaltare questo prevedibile risultato e far vincere lo sdegno, il rifiuto, la protesta, l’orrore (sì, l’orrore) di tutti, al di là delle personali idee politiche?
Per la nostra stessa dignità di italiani, adoperiamoci a che sia revocata in modo irreversibile quella contestata concessione e facciamo anche che sia per sempre resa impossibile ogni ulteriore iniziativa che possa in futuro violentare e distruggere, in ogni parte d’Italia, i nostri piccoli e splendidi paradisi. Nostri e non alienabili.

Per firmare l’appello clikka qui

(Fonte: Repubblica.it)

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Ampliamento e rimodellazione di casa bifamiliare a Pozzovetere, Caserta
Beniamino Servino

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Un tratto dei rivestimenti di parete

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Il progettista in relazione ci introduce l’opera, che gli vale il Premio Architettura di Pietra per l’anno 2007 nelle occasioni di Marmomacc. In essa, approfondendo i temi in parte già svelati in occasione del progetto a Castelmorrone, la tessitura tufacea si impreziosisce della lucentezza dei metalli questa volta in piccole porzioni innestati ai conci; la loro posa non a semplice sormonto ma ad intraversare la direzione dei corsi e rendere coesi i due affacci dei setti, è ulteriore scatto in avanti nella reinterpretazione delle tecniche costruttive tradizionali. Oltre ai tufi locali trovano spazio applicazioni marmoree, anch’esse con intromissioni di materiali altri rispetto al repertorio litico.
Pozzovetere è un piccolo borgo, contiguo a Casertavecchia, a qualche chilometro dal centro di Caserta.
Una lottizzazione degli inizi degli anni ’80 ha prodotto una serie di case isolate su lotti di piccole dimensioni, lasciando solo poche tracce dell’edificazione a cortina che caratterizzava il borgo.
La casa unifamiliare preesistente è stata oggetto di un intervento di ampliamento (che ha utilizzato al massimo le possibilità urbanistiche del lotto) per trasformarla in una casa bifamiliare.

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Uno schizzo preparatorio

E’ recentemente pubblicato su Parametro 268 di marzo-aprile 2007, numero dal tema “narrazioni urbane” a cura di Franco Purini, un racconto dell’autore campano Antonio Pascale: “Neo borbonici”. Calzante, è incentrato sulle asperità della professione nel nostro Paese, specialmente nelle occasioni del Sud. Ne riproponiamo alcuni primi passaggi rimandando per la lettura completa alle pagine della rivista.

Il 23 aprile, il mio amico architetto Riccardo mi ha chiesto se tenevo qualcosa da fare. Vi devo fare una premessa: Riccardo è un architetto serio. Però è un po’ ossessivo. Per esempio, non riesce a uscire fuori da Caserta. No, meglio, ha problemi ad uscire da piazza Vanvitelli, che sarebbe, per i fissati della topografia, il centro geometrico di Caserta (più o meno). Soprattutto, non gli potete dire: architetto qua dovete fare così e qua voglio quest’altro. Perchè alza in collo e se ne va. Mi chiede sempre: tu un libro lo faresti scrivere da un altro? No,e allora perchè un cliente deve scrivere gli spazi che devo progettare? Questo (per adesso) è il ritratto di Riccardo. Ma tornando a noi, in verità, quel giorno, non tenevo proprio niente da fare e così mi sono messo appresso a lui. Strada facendo, Riccardo mi ha spiegato che stavamo andando a vedere un locale da ristrutturare. Quello che aveva rilevato il locale voleva fare un ristorante. Non lui però, perchè non era capace. Aveva chiamato un tizio di Napoli, uno famoso, D’Angelo, un imprenditore che faceva qualcosa come 180 matrimoni all’anno. D’Angelo è arrivato con quindici minuti di ritardo. Come ve lo immaginate D’Angelo? Camicia celeste sbottonata, occhiali Gucci viola, collana d’oro, braccialetto d’argento? Un po’ di pancia e in incipiente calvizie? Ve lo immaginate così? Avete ragione, questo (per adesso) è il ritratto di D’Angelo. A rendere più marcati i suddetti connotati, aveva un forte accento napoletano. Ora, dovete sapere che secondo me, prima del problema della fame del mondo, prima ancora del problema del terrorismo, c’è il problema dei napoletani. Che prima o poi bisognerà risolvere. Infatti D’Angelo non appena è arrivato ha dato un’occhiata scettica a me e a Riccardo, si è guardato intorno, ha visto la Reggia e ha detto: architè, qua dobbiamo fare uno stile neo borbonico. (…)

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Il casellario marmoreo

Ampliamento e rimodellazione di casa bifamiliare a Pozzovetere, Caserta

Beniamino Servino
Collaborazioni: Barbara Cimino, Giovanni Ambrosio, Angelica Di Virgilio, Andrea Piccirillo, Antonio Buonocore

Progetto e realizzazione: 2001/2006

Impianti: Enrico Farina
Strutture: Enrico Farina, Arcangelo Purgato

Superficie lotto mq 1000
Superficie coperta mq 220
Volume mc 1850

di Alberto Ferraresi

Note
Il ringraziamento particolare va alla redazione di Parametro che ci concede la rieditazione dei propri testi, con particolare gratitudine a Matteo Agnoletto.

(Visita la pagina dei vincitori del Premio Architettura di Pietra 2007)
(Visita il sito di Marmomacc)
(Visita la pagina della Cappella funeraria a Castelmorrone)
(Visita il sito di Parametro)

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5 Giugno 2007

Principale

Nuove verticali a Milano

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Nuove verticali a Milano:
tre progetti di 5+1AA, Archea Associati e Boeri studio
a cura di Luca Molinari e Nicola Russi

Spazio FMG per l’Architettura
Via Bergognone 27
1-30 giugno 2007
Orari d’apertura: 15,00-20,00 giorni feriali
Informazioni: 02-89410320

Spazio FMG per l’architettura, nuova galleria inaugurata ad aprile a Milano, in via Bergognone 27, presenta la mostra “NUOVE VERTICALI A MILANO: tre progetti di 5+1AA, Archea Associati e Boeri studio” in programma dal 1 al 30 giugno 2007 (orari 15.00-20.00 giorni feriali –per informazioni tel. 02.89410320).
La mostra Nuove Verticali a Milano è il secondo appuntamento del programma espositivo dello Spazio FMG per l’architettura, galleria e progetto culturale promosso da Iris Fabbrica Marmi e Graniti e realizzato con il coordinamento dell’architetto e critico Luca Molinari in collaborazione con il Corriere della Sera. Il programma – propedeutico al XXIII Congresso Mondiale per l’architettura che sarà in Italia, a Torino, a giugno 2008 -, lavora su tre focus: i grandi Maestri contemporanei, i giovani emergenti e – appunto, come nel caso di Nuove Verticali a Milano – i progetti che andranno a cambiare il paesaggio urbano delle nostre metropoli.

LA MOSTRA
Nuove verticali a Milano mette in mostra tre progetti riferiti a tre torri disegnate da altrettanti studi importanti della scena contemporanea italiana: 5+1AA, Archea Associati e Boeri studio. I progetti delle tre torri sono riferiti a tre punti diversi della città: la torre di 5+1AA nel paesaggio aperto, tra confine tra città e campagna urbanizzata (Rozzano); la torre di Archea al posto di un edificio Montedison in zona Mac Mahon; la torre di Boeri Studio nell’area tra il quartiere Isola e la stazione Garibaldi.
Tre progetti senza correlazione tra loro se non quella di essere nati a Milano per Milano.

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La torre che non c’è di 5+1AA sposta concettualmente le mura di Milano lungo la tangenziale e qui eleva una torre di 200 metri che attraverso un geniale studio di volumi e prospettive riesce a divenire visione bidimensionale stagliandosi verso il cielo come torre orizzontale.

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La Torre delle arti di Archea e Associati sostituisce gli uffici Montedison con un progetto che dialoga con i grattacieli di Milano per eccellenza: la torre Velasca e il Pirellone. Ne scaturisce una figura scultorea con 4 tetti, 23 piani + 4 interrati per un’altezza complessiva di 94 metri. Gli elementi decorativi e degli spazi funzionali saranno realizzati in collaborazione con artisti, architetti, fotografi e designer.

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Il Bosco verticale è invece il progetto di Boeri studio, importante esempio di architettura ecosostenibile: due torri di 108 metri e 23 piani l’una, 78 metri e 21 piani l’altra ospiteranno 900 alberi fino a sei metri di altezza e arbusti per una superficie complessiva di 7000 mq di bosco. Ciò contribuirà al costituirsi di un microclima, alla produzione di umidità, all’assorbimento di CO2 e polveri, alla formazione di ossigeno. Sulla copertura di ciascuna torre è prevista la realizzazione di 22 pale eoliche, parte dei parapetti delle terrazze ospiteranno pannelli fotovoltaici per una superficie totale di 500 mq. Ciò per contribuire al fattore di microclimatizzazione e ad aumentare il grado di autosufficenza energetica delle due torri.

“Abbiamo scelto questi progetti perchè sono tre risposte italiane all’indifferenza invocata riguardo molti altri progetti di star internazionali chiamate a lavorare a Milano con apparente disinteresse per il luogo” spiega Luca Molinari curatore della mostra insieme al giovane architetto Nicola Russi. “Non si tratta di progetti indifferenti ma piuttosto di risposte spaziali, urbane e architettoniche ad un quesito importante e strategico per la città, ovvero se si debba ricorrere o meno ai grattacieli per segnare il processo di cambiamento che rimette in discussione l’identità stessa della città che da centro industriale sta diventando un grande polo europeo di servizi avanzati; e questo cambiamento passa anche attraverso l’architettura e le nuove opere che ne segneranno la crescita”.
Le nuove verticali per segnare la modernità della città; nuove verticali per risparmiare territorio e muoversi in una idea di densità a tutta altezza; le nuove verticali invece come segno anomalo per una città fondamentalmente orizzontale, come segno internazionale, indifferente ai luoghi? Eppure la storia recente di Milano è segnata da due indiscussi capolavori d’architettura verticali: la Torre Velasca e il grattacielo Pirelli.
Queste le domande, questo il tema della mostra “Nuove Verticali a Milano” che vuole essere un’occasione per capire meglio i progetti, per riflettere e per discutere pubblicamente del cambiamento che sta avvenendo.

In mostra anche l’opera S.K.N.E. di Piero Portaluppi su gentile concessione della Fondazione omonima.
Piero Portaluppi in una serie di progetti immaginari realizzati nella seconda metà degli anni venti gioca con forme avveniristiche e insieme con le parole. Da una parte edifici che guardano al futuro e alla modernità di una metropoli in crescita verso il cielo, dall’altra lo scetticismo di chi teme il futuro che galoppa e che lascia intravedere scenari inimmaginabili (non a caso l’acronimo S.K.N.E. richiama l’espressione “scappane”). Questo splendido acquarello mescola talento, virtuosismo grafico, capacità visionaria e insieme una necessaria ironia per guardare avanti senza venirne accecati.

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S.K.N.E è insieme il sogno e l’incubo di chi guarda alla modernità come una condizione inevitabile. S.K.N.E è l’omaggio al sogno americano, a un nuovo immaginario emergente e insieme il dubbio di chi si interroga su che strade prendere in futuro.

Ulteriori informazioni su Spazio FMG

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Cappella funeraria a Castelmorrone, Caserta
Beniamino Servino

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Una veduta ravvicinata della cappella funeraria

Dalla scheda di progetto:
Castelmorrone è un piccolo centro della fascia pedemontana a nord di Caserta. La cappella è costruita su un lotto di testata dell’ampliamento del vecchio cimitero.
La pianta è organizzata concentrando i loculi su una sola parete, lasciando libera la parte restante. Il vano d’ingresso corrisponde all’incrocio di due percorsi che delimitano i lotti.
Le pareti sono rivestite, all’esterno, di tufo giallo trachitico di Quarto (Napoli). Le dimensioni di cava della “pietra” di 12 x 25 x 40 cm sono state ridotte a 10 x 23 x 38 cm per poter avere i lati regolari e lisci per la messa in opera senza malta nei giunti (la malta è applicata solo sul retro; ogni pietra è assicurata al supporto anche con delle graffe metalliche).
Il paramento di tufo è registrato da ricorsi di travertino levigato di 3 cm di spessore.
Le bucature sono lasciate senza infissi. La porta di ingresso (ad L) è realizzata con lastre di alluminio naturale Silver di 1 cm di spessore, vincolate con due cerniere di acciaio inox.
Lo zoccolo e la pavimentazione interna sono ancora di travertino.

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Due affacci, progetto

Nella storia dell’architettura la cappella funeraria ed il tempietto privato costituiscono spesso per il progettista occasioni per precisare tecniche ed approcci. Essi frequentemente si ripropongono, affinati, in opere immediatamente successive.
Il tufo giallo napoletano specialmente ed il travertino segnano la continuità fisica e tipologica al luogo. La trama dei conci e la riquadratura ordinata affidata al travertino paiono infatti essere reinterpretazione delle murature tipiche, inframmezzate dai corsi di regolarizzazione utili all’assestamento antisismico. E’ infatti questa zona millenaria di telluricità attiva, di cui le medesime pietre vulcaniche sono oggettiva testimonianza.
L’opera cerca inoltre il rilancio al solo intento reinterpretativo con la ricerca di esiti polimaterici attingenti dalle peculiarità e dalle brillantezze dei metalli. Il leggero sfalsamento nella concatenazione dei conci si somma all’assenza di malta tra i ricorsi squadrati ad impreziosire la stoffa litica elegante con cui lo spazio privato è abbracciato.
Questi argomenti tutti tendono la mano alla recente importante realizzazione abitativa a Pozzovetere, sempre opera di Servino e di cui ci occuperemo a breve.

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Due affacci, progetto

Cappella funeraria a Castelmorrone, Caserta

Progetto architettonico e direzione lavori: Beniamino Servino
Collaborazioni: Barbara Cimino, Giovanni Ambrosio

Progetto 1999
Realizzazione 2000/2001

Struttura e rivestimenti: Impresa Ferraro di Casagiove, Caserta

Superficie lotto mq 27.5
Superficie coperta mq 22.5
Volume mc 102.00

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di Alberto Ferraresi

(Visita il sito sulle analisi e caratterizzazioni meccaniche delle murature di tufo)
(Visita il sito sulle pietre vulcaniche dei Campi Flegrei)

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3 Giugno 2007

Principale

Il piacere temporaneo – Premio per idee innovative

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Clikka sull’immagine per scaricare il bando

La Rivista EdA esempi di Architettura, della Casa Editrice il Prato, promuove il Premio per Idee: IL PIACERE TEMPORANEO. Il Premio ha come scopo quello di stimolare la creatività e la curiosità degli Allievi delle Facoltà di Architettura e di Ingegneria italiane, che saranno futuri progettisti, architetti e designers, nell’elaborare sistemi temporanei innovativi e mobili come risposta funzionale alle sensazioni che i nostri sensi generano una volta sollecitati (gustare, vederemostrare, ascoltare, toccare, muoversi).
Il Premio vuole essere un momento di ricerca e di confronto fra Scuole Accademiche con particolare attenzione al tipo di formazione svolta all’interno delle differenti sedi universitarie italiane. Tuttavia, la Rivista EdA, per promuovere un confronto a scala internazionale, invita a partecipare al Premio gli Allievi della Fakultät Für Architektur della TUM (Technische Universitat München) di Monaco, attraverso il prof. Richard Horden membro del Comitato Scientifico di EdA.
Il Premio ha come obiettivo la ricerca e l’elaborazione di sistemi per unità provvisorie che rispondano nelle proposte presentate alle esigenze e ai requisiti caratterizzanti il concetto di temporaneità: montabilità, smontabilità, assemblaggio, flessibilità, trasportabilità, ecc. L’unità temporanea dovrà avere la funzione di contenitore per manifestazioni a carattere ludico (fiere, esposizioni, spettacoli, ecc.), che potrebbero svolgersi in spazi aperti o in luoghi al coperto, esaltando il rapporto fra gli aspetti sensoriali dell’uomo e lo spazio progettato. È indispensabile per tale elaborazione un maggiore approfondimento tecnicocostruttivo e di conoscenza sui materiali innovativi; pertanto, la partecipazione al Premio dovrebbe coinvolgere maggiormente gli Allievi degli ultimi anni di corso.

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3 Giugno 2007

Principale

Pietre di Puglia: tra tradizione e innovazione

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Una delegazione di progettisti studiosi ed imprenditori russi ed americana, visiterà la Regione Puglia dal 3 al 6 di giugno prossimo all’interno del programma internazionale di promozione del settore lapideo promosso da ICE con le più importanti regioni italiane produttrici di materiali litici.
Per l’occasione sarà allestita a Bari nei locali della Fiera del Levante, la mostra sulla Pietra Armata, relativa alla nuova aula liturgica di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, promossa dalla stessa Regione Puglia e dalla Provincia di Foggia che tanto successo riscuote nel suo itinerario dall’Italia alla Russia agli Stati Uniti.
La delegazione arriverà a Bari domenica sera accompagnata dai responsabili dell’ICE, il lunedì mattina sarà inaugurata la Mostra allestita in Fiera alla presenza di autorità e personalità del settore, per poi partire alla volta dell’area salentina per visitare cave ed architetture realizzate con la pietra di Lecce.
Il martedì la delegazione sarà ad Apricena nei luoghi di estrazione della pietra della Basilica progettata da Renzo Piano per Padre Pio, per poi spostarsi proprio a San Giovanni Rotondo in visita alla chiesa. Nel pomeriggio saranno visitate aziende dell’area Andria-Trani per poi fare ritorno a Bari.
Il mercoledì invece è previsto per l’intera mattinata un workshop internazionale sui temi dell’uso del marmo e della pietra nelle architetture contemporanee con particolare riferimento al territorio pugliese, con relatori ed esperti che da anni si occupano della promozione e valorizzazione del settore lapideo, ai quali faranno seguito le conclusioni del vice presidente Frisullo.

Scarica il programma

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Edificio per uffici e servizi ASM a Pontevico, Brescia
Gianfranco Sangalli, Camillo Botticini, Donato Aquilino

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La planimetria generale

Frutto del lavoro di Sangalli, Botticini e Aquilino l’edificio per uffici e servizi Asm presso Brescia s’affianca all’autostrada con un paramento prezioso e stereometricamente controllato.
Con intento quasi ossimorico, s’accostano solido/leggero, spesso/sottile, statico/dinamico, orizzontale/verticale, accrescendo sensibilmente curiosità e piacevolezza visiva: la massività della pietra basamentale combina infatti con interni liquidi di bianchi e cristalli; la sua profondità ed il suo radicamento al suolo sono esaltati dal distacco della copertura risultante in affaccio come lama metallica sottile; la fermezza suggerita dai suoi tratti ed intervallata da varchi ritmati ne scandisce il superamento al passaggio veloce delle auto; ancora l’orizzontalità ribadita dai corsi dei conci è negata dagli scatti puntuali al cielo del coperto.
Agli angoli dell’impianto geometrico di base il vuoto diviene regola per gli accessi. Si creano come misurate depressioni d’aria invitanti all’ingresso. La doppia altezza degli spazi al pubblico riconosce le diversità di ruolo degli ambienti in pianta.

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L’affaccio verso autostrada

La scelta stessa del materiale litico prolunga una volta di più la tradizione del suo accostamento alla valenza pubblica, tipico forse in modo speciale dell’area italiana e latina.
La trama orizzontale è segnata dall’irregolarità d’altezza dei conci, nella quale si trovano le occasioni dimensionali per asole vetrate di contributo d’aria e luce. Ciascuna di esse fornisce lo spunto quasi ludico per dichiarare l’asportazione della materia in favore dei varchi all’attraversamento fisico e/o visivo.
Il Serizzo è la l’essenza litica prescelta sugli affacci; granitoide puntinato di grigio e azzurro, è il vestito solido dei setti integranti strutturalmente la pianta libera entro cui si distribuiscono gli uffici.
Per le sue caratteristiche prestazionali rimandiamo al sito delle pietre del Verbano Cusio Ossola (negli spazi riservati ai Materiali), definenti nei nomi delle località le aree tipiche d’estrazione poco lontane dal sito dell’intervento, tanto da poter asserire che la scelta sia ricaduta con gesto condiviso d’appartenenza al luogo su pietra locale.

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Il paramento lapideo

Committente: ASM Brescia
Progetto: 1998
Realizzazione: 2001
Gruppo di progettazione: Gianfranco Sangalli, Camillo Botticini, Donato Aquilino
con Claudia Mistretta, Mauro Agosti, Federico Omodei
Fotografia: Giorgio Goffi, Giovanni Rasia dal Polo

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di Alberto Ferraresi

(Visita il sito di Botticini architetti)
(Visita il sito del Verbano Cusio Ossola)

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31 Maggio 2007

English

The study of rocks. Thin sections

Versione Italiana

To see a world in a grain of sand
And a heaven in a wild flower
Hold infinity in the palm of your hand
And eternity in an hour

William Blake

In order to give a scientific name to a rock, it is essential to define its components with precision. Only in this way, in fact, and thanks to the help of constituent diagrams, is it possible to establish the correct petrographic denomination.
This type of investigation, carried out by a geologist who is specialized in petrography, takes place using a petrography microscope that allows the geologist to work in transmitted and polarized light, and considering, therefore, the various characteristics of the individual constituents of the rock (colour, shape, relief, pleochroism, cleavages, propagation of light within it…) he is able to recognize the genesis, the constituents and therefore give it a petrographic name.
In this phase of work, therefore, it is necessary to use very particular equipment which requires adequate preparation of the rock sample that cannot be studied as such unless in a macroscopic investigation, while for our microscopic analysis it must be in thin sections.
But what exactly is a thin section and how can it be obtained? It is a ‘portion’ of rock cut to a thickness of 0.03mm (so very thin!) in order to make sure the greatest number of its constituent minerals become transparent to light and therefore, thanks to the use of the polarizing microscope, it is possible to carry out a series of investigations that will lead to its recognition.
To obtain a thin section it is necessary to start with a fragment of stone that is representative of the petrographic characteristics of the rock to examine and if this is not possible, it is necessary to have more thin sections for the study of the material.
The thin section has a thickness of 0.030±0,005 mm and standard dimensions equal to 33mm x 20mm, that can be increased should it be necessary to analyze lythotypes with grains of pluricentimetric dimensions. If the rock should result as not particularly coherent, it is necessary to start all the preparation procedure with its consolidation.
Whether it is carried out using special machines or by hand, in synthesis the procedure followed to obtain a thin section is as follows:
a) the starting point is the preparation of the “caramella”, i.e. the piece of rock with a rectified side of dimensions equal to 33x20mm and a thickness of a few mm;
b) the “caramella” is fixed on a slide using a special grade adhesive;
c) at the moment when the rock system and slide are well fixed, the procedure continues with a diamond wheel or by hand until the thickness is reduced to 1mm;
d) from this point onwards it would be preferable to finish the work by hand, and using Carborundum 100 ?m the thickness of the section is reduced to about 200 ?m (with these thicknesses it starts to be possible to appreciate the transparency of non opaque minerals);
e) work is continued using Carborundum of 60 ?m grain, bringing the thickness of the sample in preparation to 100 ?m (quartz and feldspars show second level light interference colours);
f) with Carborundum with 12 ?m grain, the final thickness of 30?m is reached. To be sure of this, the section is checked with the microscope: quartz and feldspar should present their typical grey interference colour, calcspar crystals, instead, are pink.

Having obtained the desire thickness (usually with great difficulty and the constant risk of “losing” the section), the procedure continues with its covering with a second slide, or with a transparent varnish.
It is then possible to proceed in the study of the material using the microscope, thanks to which its texture, constituents and irregularities will be analyzed (according to European regulation EN 12407). Thanks to this information, after also carrying out the macroscopic investigation of the sample, and using petrographic diagrams, the petrograph will be able to give his petrographic definition of the rock which will allow us to place it in an unequivocal way within one of the various families which make up the rock world.

Anna Maria Ferrari

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