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26 Giugno 2007

Appunti di viaggio

Diario non corretto dall‘Albania – III parte

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Architettura di pietra sul fiume Langarica

Giovedì 28 aprile 2005
La mattina è splendida, c’è caldo. Le tende sono bagnate perchè di notte fa molto umido. Il dottore ieri sera si è dimenticato al ristornate il marsupio contenente documenti, carte di credito, ecc… Qualcuno lo ha preso e così si fa lo scherzo, lo mettiamo dentro un tronco di un albero cavo. Lui passando lo nota, ma all’interno non c’è più niente, ” mi hanno rubato tutto” grida, ma non si scompone più di tanto, sta già facendo i numeri per annullare le carte di credito. A questo punto lo scherzo finisce. Begli amici!
…Alle 8:00 abbiamo fermo davanti al rifugio un camion adibito al trasporto del carbone guidato da uno stravagante personaggio, è un camion di non so quanti anni fa, non so neanche come fa ad andare ancora, è un quattro ruote motrici, marca IVA, della Germania Orientale, è tenuto insieme in qualche modo, ma funziona perfettamente, paghiamo il passaggio 1 o 2 euro a testa.
Carichiamo non so come le canoe nel cassone che è stato riempito con paglia bagnata (di letame) per non sporcare le canoe con la polvere di carbone (mah!). Si prende posto sul cassone, io, ed i Lussi dentro in cabina. La mia risulterà essere in seguito la scelta peggiore, sia per il nauseante odore di nafta che per la scomodità, sia per il caldo e anche per la paura che se si rovesciasse nel difficile percorso avrei fatto la fine del topo mentre gli altri almeno sarebbero saltati giù. La mulattiera è veramente stretta, è fatta su misura per le dimensioni del camion, all’inizio iniziamo a salire in mezzo ad una folta vegetazione, poi discendiamo, vi è qualche pascolo, e la vegetazione d’arbusti lascia il posto ad un bosco di querce e lecci, incrociamo una ruspa di 80 anni fa, sicuramente di provenienza da un paese dell’Est. Durante una sosta salgo anch’io fuori sul cassone, finalmente un po’ d’aria fresca. Scendiamo ancora, ora il greto di un torrente è la nostra strada, daremo nome di Camioning a questo nuovo modo di viaggiare. Finalmente al fiume, ma l’acqua scorre a centinaia di metri in una profonda spaccatura nella roccia come una ferita nella montagna. Le ruote del camion sfiorano il ciglio della carreggiata ed è meglio non pensare a quello che potrebbe capitarci se…
Scaricate le canoe il camion prosegue alla carbonaia poco distante. Risulta esserci una pagaia in più è la mia di scorta, all’inizio vorrei tagliarla e recuperare il manico, ma mi rendo conto che è impossibile tagliare il carbonio con un coltello da canoa. Scendo allora in acqua con la pagaia legata alla coda della canoa, non sono molto contento, ma non c’è altro da fare. Durante la discesa una volta mi arriva sul casco…

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Paesaggio agreste della regione Permet. In primo piano un bunker.
“Camioning” su un letto di torrente nel viaggio di avvicinamento al fiume Langarica.

Fiume Langarica (AL) – 28 aprile 2005
Nazione: Albania
Regione: Permet
Livello H20: medio-alto
Lunghezza: 11 Km.
Difficoltà: III° (III°+ ?)
Imbarco: P. Dashi
Sbarco: P. Petran
Partecipanti: Andrea, Bicio, Luca, Massimo DD, Jhon, Massimo Lusso, Fabrizio, Gigi, Lorenzo, Beppe, Daniele Dott., Francesco, Uccio, Anna
Bagni: Uccio tanti, Anna 2, Bicio
Eskimi: Bicio 1

…La difficoltà del fiume è maggiore di come ce l’aveva descritta Ilir, è un III° non di passaggi, ma di rapide, e questo crea non pochi problemi a Uccio e Anna, canoisti da poco tempo e per niente esperti di queste discese. Cerchiamo di stare dietro a loro il più possibile, Daniele dott. fa da mamma chioccia ad Anna, Uccio segue come un ombra Luca o qualcun altro, io ho la videocamera, devo fare i filmati e ho pure una pagaia al traino che rompe… Il percorso è fantastico, lunghe rapide si alternano a tratti d’acqua piatta abbastanza veloce. Le pareti si alzano per parecchi metri ai lati del fiume, la larghezza a tratti non raggiunge i 2 metri, e c’è pure buio. La prima rapida è la più tecnica, l’acqua va a finire contro un sasso in mezzo al fiume, bisogna passare sulla sinistra, Uccio purtroppo si rovescia prima, primo bagno di una lunga serie, sfortunatamente la pagaia rimane incastrata in un punto irraggiungibile del fiume. Meno male che abbiamo la mia al traino, alla fine è venuta utile. Ancora bagni ma sempre in un fantastico contesto, speriamo che i nuotatori se lo siano potuto godere. Smonto e filmo, rimonto, pagaio, smonto e filmo, è una bella rompitura. Mentre scendo alla mia sinistra noto un colore diverso della roccia, è di un bianco latte, mi avvicino è acqua termale. Scendo e aspetto gli altri, poco più in alto del livello del fiume c’è costruita con sassi una vasca, dalla forma di ferro di cavallo, dalla parete della montagna sgorga acqua calda. Ci si immerge tutti nella pozza e ci si rilassa e forse ci si lava. Continuiamo, poco più avanti un’altra vasca, immerso c’è Massimo in completo rilassamento. La gola si allarga e dietro ad una curva un ponte a schiena d’asino di pietra fa da cornice a delle alte montagne innevate, un pastore è sopra sul punto più alto e ci guarda, il suo gregge è sparpagliato sulle pareti scoscese della riva di destra sotto l’attenta sorveglianza dei fidati cani. Sotto al ponte in una stretta ansa l’acqua è calda, altra risorgiva termale, ne aproffittiamo per provare qualche eskimo, Bicio che ci ha detto che ora l’eskimo gli riesce prova la difficile manovra e ci fa un bel bagno. Bravo Bicio.
Il letto del fiume ora si allarga decisamente, siamo un po’ tutti sparpagliati, ognuno scende per conto suo, ora il Langarica assomiglia molto al letto del Trebbia basso. Arriviamo alla confluenza con il fiume Voiusa, da qui ci aspetta un’altra bella pagaiata di volume di 6 km…

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Architettura di pietra sul fiume Langarica
Stupendo ponte a schiena d’asino sul fiume ad uso e consumo di poche greggi di pecore.

… Smontiamo, ci riposiamo, alcuni di noi decidono di interrompere la discesa qui, già appagati da quella appena fatta. Si va a visionare la rapida poco distante, un grosso bucone da passare decisamente sulla destra per evitare sulla sinistra un pericoloso sifone. Molti metri cubi di acqua, potenza, velocità, schiuma, onde, ritorni, eskimi, sifoni, e via, si diano inizio alle danze…

Fiume Voiusa(AL) – 28 aprile 2005
Nazione: Albania
Regione: Permet
Livello H20: medio-alto
Lunghezza: 6 km.
Difficoltà: IV°+
Imbarco: P. Petran
Sbarco: P. Permet
Partecipanti: Andrea, Bicio, Luca, Nicola, Massimo DD, Jhon, Massimo Lusso, Fabrizio, Gigi, Lorenzo, Beppe, Francesco
Eskimi: 1 Andrea, ecc

Alcuni di noi si lanciano di proposito nel buco, altri lo evitano, io mi devo abituare e lo prendo in pieno, è proprio grosso, Luca viene letteralmente stoppato. La discesa è divertente, bisogna però rimanere al centro del fiume perchè le pareti sono tutte scavate e nicchiate, finirci dentro a queste grotte scavate dall’erosione dell’acqua sarebbe la fine. Ma è anche difficile finirci dentro. Sbarchiamo a P.Permet soddisfatti non per la discesa ma per quello che abbiamo vissuto durante tutta la giornata

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Sbarco a Permet tra l’interesse dei bimbi subito accorsi.
Il fiume che qui scorre in conglomerati e molto pericoloso per la presenza di nicchie e sifoni.

…Caldo…. stendiamo l’abbigliamento appena usato, un albanese-pescatore mi chiede se gli vendo la muta, volentieri se ne avessi un’altra o se fosse l’ultimo giorno, ma poi a che prezzo? quello che potrei chiedergli sarebbe sicuramente un esagerazione per lui, penso che se fosse stato l’ultima discesa della vacanza gliela avrei regalata. Mi intrattengo poi con due ragazzi simpatici che parlano perfettamente italiano, mi dicono che lo hanno imparato guardando la TV ( Italia 1). Ilir ci porta in una pasticceria, ci abbuffiamo delle solite focacce con spinaci o cipolla e per desser una bella pastina con panna. Poi pulmino, chilometri, stanchezza, ancora un lungo trasferimento. Paesaggi , degrado, campagne, bunker, fabbriche dismesse, capre, pecore, pastori, cani, asini che trainano i loro carretti, sguardi curiosi, bambini, donne occupate nei loro lavori domestici, vecchi seduti che osservano, discutono forse su un passato che non tornerà più. Quattro passi in un paese sulle montagne, vi è una via principale che ci facciamo tre o quattro volte, i negozi non vendono proprio niente che si possa comperare come ricordo da portare a casa. Facciamo spesa.
Mi sento un po’ fuori luogo tra questa gente mai invadente e che conduce una vita povera ma dignitosa. Ilir ci dice che qui vedono solamente quindici turisti all’anno: noi! E’ buio quando raggiungiamo finalmente il posto dove dobbiamo campeggiare. Siamo in uno spiazzo all’intero di una carbonaia, l’atmosfera è veramente strana, vi sono questi fuochi e fumi che si sprigionano dai coni formati dalla legna e ricoperti di terra e paglia, ci vogliono 15 giorni perchè la legna si trasformi in carbone e forse ancora pochi anni, se vanno avanti così, perchè le montagne rimangano senza alberi. Anna è già all’opera per preparare la cena, spaghetti e salcicce. Il Dottore, vegetariano, se ne mangia un paio. Finalmente a letto, cielo stellato come da noi ormai non si vede più per l’inquinamento luminoso. Ma chi è, che ancora alza la testa per guardare le stelle?

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Uno degli ultimi carbonai del bacino mediterraneo.

Venerdì 29 aprile 2005
…Giornata meravigliosa, sole splendido, i carbonai sono già a lavoro. La nostra vacanza stride un po’ con la vita di tutti i giorni degli albanesi. Chissà se diamo anche fastidio come immagine, noi ricchi occidentali che vengono e si divertono con i loro strani contenitori di polietilene e loro, poveri occidentali con poco o niente…
Si trova una tartaruga e la si filma….

Fiume Devoll (AL) – 29 aprile 2005
Nazione: Albania
Regione: Korca
Livello H20: medio
Lunghezza: 17 km.
Difficoltà: IV° V°
Imbarco: Tre Urat
Sbarco: P. Moglice
Partecipanti: Andrea, Bicio, Luca, Massimo DD, Jhon, Massimo Lusso, Fabrizio, Gigi, Lorenzo, Beppe, Francesco

…Finalmente di nuovo con la pagaia in acqua. Stavolta si parte direttamente dal ” campeggio”. Il percorso è molto divertente, alcuni bei passaggi ci impegnano discretamente, bel volume di acqua, rapide lunghe ed ondose. Massimo e Francesco vorrebbero ripetere un passaggio tecnico-slalomistico , ma proseguiamo. Trasbordiamo tutti una difficile e lunga rapida con pericoloso buco che trattiene. Secondo Iliar si passa, ma secondo Lorenzo il passaggio è impraticabile. Ascoltiamo il giudizio del canoista e canoa in spalla trasbordiamo. Successivamente siamo di nuovo sulle rive a guardare una difficile rapida di V°. Massimo, Lorenzo ed io siamo decisi ad affrontarla, gli altri sono già con la canoa in spalla e la trasbordano. Parte il più in forma di noi tre, Lorenzo, impeccabile, noi intanto siamo alla fine del passaggio che facciamo sicura. Ora è Massimo che è alle prese con l’acqua bianca, anche lui tutto bene. Io sono quasi intenzionato a trasbordare: la mia testa prima libera da tragici pensieri si sta riempiendo di insicurezze, e questo per un canoista non va proprio bene, non mi è era successo negli anni passati, ora sta cambiando qualche cosa. Massimo quando gli dico che sono intenzionato a saltare mi ricorda che tecnicamente sono in grado di scendere e questo mi infonda una nuova sicurezza nelle mie capacità. Entro in canoa, la testa è libera, ora sono di nuovo l’Andrea di una volta, pagaio tranquillo sicuro delle mie capacità. Tutto bene, grazie anche a Massimo. Ora gli ultimi chilometri sono puro divertimento, è una vera cavalcata, tutti sono entusiasti, la giornata è splendida, il paesaggio è selvaggio e bucolico, ripetiamo una bella rapida due volte per le riprese del filmino, non è un granchè, ma è l’entusiasmo del gruppo che speriamo venga trasferito sul filmino. E’ ora di scendere, peccato, avrei voluto ancora pagaiare e pagaiare e pagaiare…

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Il Devoll che si snoda tra i monti della regione Korca. Unici spettatori un gregge di capre.

…Oggi niente ore di strada per raggiungere un nuovo fiume, domani continueremo sul Devoll, scendendo il tratto delle gole. Nuovo camping, ancora più bello degli altri, montiamo le tende, alcuni vanno giù al torrente a lavarsi. Finito di montare il campo tutti si va a fare la ricognizione del tratto della gola che dovremmo percorrere domani. E’ impegnativa, soprattutto il penultimo passaggio con buco finale, Lorenzo è al mio fianco e continua a ripetermi ” la facciamo vero?, domani la facciamo vero?”. Annuisco, ma non sono molto convinto, però mi sento più sicuro nelle mie possibilità e questo è un buon segno.
Questa sera capretto. Il Toyota parte e va al villaggi poco distante, si compra una capretta viva che viene sgozzata e scuoiata sul momento, e consegnata ad una donna per la cottura. Andremo più tardi a prenderla. Intanto dei volenterosi, raccolgono legna per il falò di questa sera che purtroppo sarà anche l’ultima in terra albanese. Cala la notte ed il cielo si riempie di stelle, c’è proprio buio, buio pesto. Questa volta vado anch’io con il Toyota a prendere il capretto, il villaggio è formato da tre case, dove vi è un bazar, un bar e poi niente altro. Sono passate ormai 5 ore il capretto dovrebbe essere cotto ( non proprio) e lo portiamo via. Ci ritroviamo tutti attorno al fuoco, allegri, fumati, un po’ brilli dal vino. Massimo ” apre ” il povero capretto e 15 lupi affamati si avventano sulle povere ma squisite carni dell’animale. Nessuno è preso dal rimorso. Anche il nostro dottore-vegetariano non si tira indietro e si mangia la sua porzione. Ora si beve la grappa, alcuni esagerano, Massimo ad un certo punto sparisce nella vegetazione, Francesco come al solito si sdraia ed entra in trance, Gigi passa dall’euforia a un momento di sconforto e di silenzio, di controllo della respirazione e controllo dello stomaco, Anna si accascia a terra senza accorgersene e viene calpestata dal Jhon (?) che le procura un ematoma sullo zigomo, nessun lamento ed insensibile al dolore si accascia di nuovo. Lorenzo nonostante abbia copiosamente bevuto non sta male ed è molto allegro. Ora che il fuoco si sta spegnendo è ora che i più savi accompagnino alle propri tende i moribondi. Andiamo alla ricerca di Massimo, è il più fuori, non si regge in piedi, a fatica viene caricato sul Toyota, lo sdraiano sui sedili posteriori e così, nella stessa posizione e con lo stesso sguardo spento lo ritroveremo al mattino…

Sabato 30 aprile 2005
…Ovetto sbattuto per recuperare le energie, Massimo è out e rinuncia alla discesa.
Ci si imbarca direttamente dal campeggio, siamo allegri, felici e un po’ rintronati dalla notte brava passata ed anche tristi sapendo che questo è l’ultima discesa in Albania, l’ultimo giorno tutti insieme, l’ultimo giorno di un bellissimo sogno…

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Piccolo paese sul Devoll.
Tipica abitazione rurale della regione Korca.

Fiume Devoll (AL) – 30 aprile 2005
Nazione: Albania
Regione: Korca
Livello H20: medio
Lunghezza: 6 km.
Difficoltà: IV° V°
Imbarco: P. Moglice
Sbarco: fine della gola
Partecipanti: Andrea, Bicio, Luca, Nicola, Massimo DD, Massimo Lusso, Fabrizio, Gigi, Lorenzo, Beppe, Francesco,
Eskimi: 1 Andrea, Bicio 1.

…L’acqua sul viso ci sveglia definitivamente, le manovre iniziano a ritornare di nuovo fluide: onde, buchi, lunghi treni di onde, divertimento alle stelle! Il tratto non è lungo e prima delle gole scendiamo tutti. Io e Lorenzo lasciamo le canoe sul greto del fiume e risaliamo la erta salita fino alla strada: ricognizione prima di affrontare la gola. Gli altri rinunciano e si caricano la canoa in spalla fino alla strada. Guardo dalla strada la mia canoa rossa piccola piccola appoggiata sui sassi, ora so che non ci sono alternative, le gole o le faccio o le faccio. Con Lorenzo vado in ricognizione e la concentrazione è al massimo. È ora di scendere al fiume, saliamo sulle nostre canoe, ci si carica e via, il dado è tratto, una volta che si entra in gola non si può più uscire e si devono fare tutti i passaggi per potere uscire dalla forra. Concentrazione, grinta, godimento estremo, bellissimi passaggi. Ci fermiamo in morta prima del passaggio chiave. Parto, imposto credo bene ma mi rovescio, eskimo fast, è fatta. Ora tocca Lorenzo, perfetto, siamo fuori dalla gola, contenti, soddisfatti, liberi da tensione pieni di endorfine che ci fanno galleggiare una spanna sopra il livello dell’acqua. Risaliamo aiutati dalle corde che i nostri compagni ci hanno lanciato, è ora di tornare, è finita….

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Il Devoll prima di entrare nelle pericolose gole.
Lorenzo nella gola del Devoll.

…Silenzio sul pulmino che ci riconduce alla civiltà, strade strette, sconnesse, sterrate, rischi ad ogni curva di finire nel burrone sottostante, per fortuna abbiamo un buon autista. Ad un paese sosta, si mangiano salsicce si beve birra e si scherza. Ancora ore di pulmino.
Durazzo, siamo al mare, prima di raggiungere il traghetto deviazione sulla spiaggia, beviamo qualche cosa al bar, dove la proprietaria ci offre un vassoio di cozze squisite. Sul bagnasciuga è un andirivieni di macchine, naturalmente Mercedes. Siamo giunti ai saluti, sul piazzale del porto salutiamo il nostro mitico autista, poi Ilir e iniziamo il trasporto strisciante delle canoe e dei bagagli verso la dogana e da qui alla nave. Una volta imbarcati andiamo subito ad occupare il locale che avevamo all’andata, questa volta però c’è altra gente. Alcuni poco dopo escono molto probabilmente per l’odore che emaniamo, sono 10 giorni che non ci laviamo se non nei fiumi.
Bari, Italia, coda per lo sbarco, coda sul piazzale dopo essere scesi dalla nave, Lorenzo ne approfitta per tirare fuori la sua canna da pesca e prova a pescare dei grossi cavedani che girano impazziti intorno. Le macchine per fortuna ci sono ancora, facciamo il carico sui portapacchi e si parte per gli ultimi 1000 km e poi saremo a casa. TUTTO FANTASTICO!!!

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I partecipanti del viaggio in Albania. All’estrema destra Ilir Mati , il nostro accompagnatore albanese e l’autista soprannominato Dean per la sua somiglianza con Dean Martin, quarto da sinistra. Manco io, ma qualcuno doveva pur scattare la foto!
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L’ubicazione dei vari fiumi discesi.

Nota: i nomi dei fiumi sono riportati talora con ortografie differenti, in quanto su tutte le carte confrontate essi sono scritti in maniera differente l’una dall’atra. O non sono riportati affatto…

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23 Giugno 2007

Appunti di viaggio

Diario non corretto dall‘Albania – II parte

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Le montagne del nord nella regione Mirdita.

Fiume Fan i Vogel (AL) – 24 aprile 2005
Nazione: Albania
Regione: Mirdita
Livello H20: medio-alto
Lunghezza: 22 km.
Difficoltà: IV°
Imbarco: P. Reps
Sbarco: P. RReshen
Partecipanti: Andrea, Bicio, Luca, Nicola, Wolfi, Massimo DD, Jhon, Massimo Lusso, Fabrizio, Gigi, Lorenzo, Beppe, Daniele Dott, Francesco.
Bagni: Daniele dott., Jhon 2,

…finalmente in acqua! È da giugno dell’anno scorso che non scendo più un torrente, confido molto nella mia tecnica. Bel fiume, non difficile, qualche trasbordo, acqua limpida. In un passaggio di IV° Jhon si rovescia e rompe la pagaia. Impreca… Gli altri sono andati avanti e siamo senza pagaia di scorta, gli do’ la mia e scendo per un tratto con l’aiuto delle mani, per fortuna che poco avanti c’è Luca con il suo “osso” di scorta. Jhon non fa neanche in tempo a ripartire con la nuova pagaia che si rovescia nuovamente, e “l’osso” s’inabissa nel fiume; perso! Per fortuna che siamo arrivati vicino al gruppo, altra pagaia di scorta, l’angolo delle pale è di 90° e noi non siamo più abituati a queste vecchie angolazioni e a queste pagaie di vecchia generazione. Jhon rischia un altro bagno allora prendo io la pagaia di scorta e mi rendo conto che è proprio difficile riabituarsi ai vecchi modelli di pagaie. Anche Daniele fa un bagno, dice che si è buttato dentro apposta perchè aveva caldo….

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Finalmente in acqua.

…Ora ci aspettano di nuovo un paio d’ore per arrivare a Scutari. Non si dovrebbe guidare di notte per la pericolosità delle strade ma dobbiamo buttarci avanti con la strada altrimenti domani saremo troppo distanti per raggiungere il fiume Kir. E’ buio quando arriviamo nel centro abitato. Ilir fa fermare i mezzi in una piazza, di fronte ad un albergo. Per questa sera si dormirà in stanza, niente tenda, peccato! ma alla fine risulta essere la decisione più giusta data l’ora e la stanchezza di tutti.

Lunedì 25 aprile 2005
All’alba sono svegliato dalla preghiera del muezzin. Sono uno dei primi che si sveglia al mattino, scendo giù in strada e mi faccio un giro a piedi nei dintorni: molto interessante! Tanta gente in bici ed in motorino, molta a piedi, traffico intenso, sempre tante Mercedes. Poco distante da dove siamo c’è una moschea. Quando torno all’albergo vedo Nicola, facciamo insieme un altro giro, poi finalmente uno ad uno i membri del gruppo scendono dalle loro stanze e ci raggiungono nel piazzale antistante l’albergo. Il tempo si sta annuvolando, a colpi piove, non sarà una gran giornata. Lungo la strada ci fermiamo per fare la spesa, da oggi dobbiamo essere autonomi nel mangiare. Pane, cipollotti, cetrioli verdura, uova ed altro ancora.
Arriviamo per una strada veramente dissestata a P. Prekal presso uno sperduto villaggio sulle montagne. Lungo il tragitto possiamo vedere il fiume, ogni tanto ci fermiamo per visionare i passaggi, l’impraticabile e fare considerazioni su dove passare.
Prima di cambiarci ordiniamo al bar poco distante caffè per tutti. Iliar con il suo Toyota, per una piccola strada adatta solo a mezzi 4×4 arriva quasi sul fiume, noi invece dobbiamo restare sulla strada. Così facendo però dobbiamo andarci a prendere le borse dei vestiti sul Toyota e risalire al pulmino. Qualche imprecazione ma va bene lo stesso così. A pochi metri dal pulmino c’e l’entrata d’una grotta, di grande interesse per Uccio ed Anna, speleologi…

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Un fuoristrada “agghindato” per un matrimonio.
Bambini escono correndo dalla scuola di Prekal per veder passare i canoisti nel fiume.

Fiume KIR (AL) – 25 aprile 2005
Nazione: Albania
Regione: Scutari
Livello H20: medio
Lunghezza: 12 Km
Difficoltà: IV° V°
Imbarco: P. Prekal
Sbarco: P. Vis
Partecipanti: Andrea, Bicio, Luca, Nicola, Wolfi, Massimo DD, Jhon, Massimo Lusso, Fabrizio, Gigi, Lorenzo, Beppe, Daniele Dott. Francesco.
Bagni: Daniele dott. 2, Bicio 2
Eskimi: Francesco, Luca

Vi è un nutrito numero di bambini che si accalca sulle rive, sono gli alunni d’una scuola, Ilir ci chiede di aspettare che tutti i bambini escano da scuola così che ci possano vedere passare, salutiamo tutti questi bambini curiosi e scendiamo. Bene i primi passaggi, trasbordo lungo e faticoso per un impraticabile, alcuni passaggi prima del VI° li trasbordiamo anche se fattibili, e così si arriva alle golette. Tutti scendiamo, osserviamo, ponderiamo, si passa di lì, no di là, attenzione alla nicchia ecc., nessuno però è deciso a scendere, siamo tutti vuoti, manca un leader, il trascinatore del gruppo. Lorenzo sembrerebbe deciso ma non trova un valido supporto dagli altri. Canoa in spalla e trasbordo. Gran delusione d’Iliar che ci dice che siamo gli unici che non hanno affrontato il passaggio. Mi verrebbe da mandarlo a quel paese ma un po’ ha ragione, la rapida è fattibile per almeno la metà di noi, discretamente pericolosa ma tecnicamente si potrebbe fare. Nei miei pensieri però ho troppo in mente la mia famiglia, i miei bambini, ho paura di farmi male, non ho la testa libera, e questo è il segnale che ti dice che non sei in giornata. Quando affrontavo queste difficoltà la testa era libera da ogni pensiero, eri solo concentrato sul fiume, eri un tutt’uno con la canoa e l’acqua, ora si è rotto questo equilibrio, speriamo di recuperarlo in seguito.
Qualcuno durante la discesa abbandona, altri proseguono fino allo sbarco.
Wolfi durante un trasbordo si fa male alla schiena (colpo della strega).
Finalmente ci cambiamo, abbiamo parecchi bambini che ci guardano, distribuiamo biscotti.
Libero ci racconta che un gruppo di canoisti Inglesi mangiava davanti ai bambini e non distribuiva niente…un po’ stronzi eh?…

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Bellissimo colpo d’occhio delle canoe in una gola del KIR.

…Di nuovo in strada, ancora chilometri su strade impossibili. Di nuovo arriviamo nel tardo pomeriggio a Scutari. Questa volta niente albergo ma si prova a chiedere ospitalità presso un convento di frati. Entriamo con i mezzi in una stretta via e rischiamo con le canoe di tranciare un cavo della corrente posto a poca altezza da terra. Un giovane frate albanese che parla italiano ci accoglie molto gentilmente, ci mostra le stanze, la cucina, il bagno e ci lascia soli. Gli zaini vengono buttati sulle brande per occupare il posto, alcuni dovranno dormire per terra perchè non ci sono letti a sufficienza. Inizia il gran lavoro della cucina, ognuno fa qualche cosa, chi prepara i fornelli, chi sbuccia le patate, chi smonta momentaneamente le porte dai propri stipiti e ne fa un tavolo.
Il tubo del boiler perde acqua si prova ad aggiustarlo con del nastro adesivo ma inutilmente, ben presto per terra si forma un lago. I cuochi hanno preparato spaghetti, frittata con cipollotto patate e lardo, innaffiato con un buon vino albanese fatto comperare da Anna precedentemente; ne abbiamo due damigiane che alla fine della vacanza verranno prosciugate.
Serata allegra, è proprio un bel gruppo.
Si guardano un po’ di filmini dei fiumi che andremo scendere nei prossimi giorni, si parla ma soprattutto si ascoltano le storie interessanti d’Ilir; giornalista, ex ufficiale della marina albanese, imbarcato sui sommergibili, inviato del Corriere della Sera (dice lui), presente nella guerra del Kosovo, Afghanistan, ecc, e ingegnere.
A letto!!! Alcuni sono già in branda e dalle loro stanze escono sonore russate. Prendo possesso del mio letto, ma resisto solo un minuto, troppo morbido e poi il mio compagno di stanza ha già iniziato a segare legna. Lascio il posto a Massimo dei Lussi che ha anche mal di schiena, io mi gonfio il mio materassino e mi metto a dormire nel corridoio.

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Architetture di pietra.

Martedì 26 aprile 2005
Al mattino, aspettando che gli altri si sveglino, entro nella chiesa poco distante dove sta iniziando la Santa Messa. L’atmosfera che si sente è strana, sembra che la religione abbia un importanza diversa che da noi, dicono che sia “l’oppio dei poveri” e qui lo si può percepire concretamente. E’ la speranza e l’illusione che fa vivere questa gente che non ha niente, il credere in qualche cosa gli dà la forza di andare avanti e qui si può anche capire come si possa combattere in nome di Dio. Dentro la chiesa comunque ho la forte sensazione di essere protetto, di essere isolato dal mondo esterno, sembra di essere dentro un fortino. Sì, è proprio in un’altra dimensione!
In chiesa c’è anche Nicola, ci scambiamo qualche parola poi rientriamo nella realtà che per noi è sempre più dolce di quelli che sono rimasti a pregare. Colazione!!! Pulizia delle stanze; lasciamo una mancia per la gentilezza che ci hanno fatto nel darci in uso le stanze. Fuori piove.
Partiamo ma non facciamo che pochi chilometri e il pulmino si ferma. Si è rotto. Il fuoristrada ci traina per pochi metri, siamo fortunati, c’è un meccanico proprio vicino a noi.
Rotta la frizione. Occorrono alcune ore per la riparazione che per fortuna sembra possibile. Visto il tempo che perderemo, Ilir ci organizza una gita e noleggia (a spese nostre) un taxi per far visita alla città poco distante. Vorremmo visitare una chiesa o il paese ed invece ci porta nel posto più turistico della zona, sulle rive d’un lago. Insoddisfatti manifestiamo il nostro malumore. Si torna indietro nei pressi d’un mercato. Facciamo la spesa. Piove ancora. Comperiamo ed assaggiamo delle squisite focacce con cipolla. Al mercato vendono delle carpe giganti che vengono pescate nel lago.
Di nuovo sul pulmino riparato ed è pure tornato il sole.
Ci ferma anche la polizia, credo per problemi di permesso di percorso, si supera anche questo intoppo, poi ancora tante ore di viaggio.

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La chiesa con il campanile in costruzione, del convento che ci ha ospitato. Una bancarella di squisita frutta e verdura.

Proseguiamo il viaggio, ore ed ore, sosta per un caffè, Wolfi dolorante per il mal di schiena viene curato dal nostro Dott. che dalla sua borsa tira fuori gli arnesi del mestiere e, senza che il povero Wolfi possa dire “bah” se ne trova infilzato uno nel dorso della mano destra e uno in quella di sinistra, il Wolfi ha il terrore degli aghi e non ha neanche il tempo di spaventarsi che il colpo di grazia gli arriva con una mossa fulminea del dottore che gli conficca il terzo ago sopra il labbro superiore. Wolfi sta svenendo ma la cura non è finita, ora il poverino deve salire e scendere dalle scale di una casa in costruzione e rispondere alle domande del dottore. Alcuni bambini stanno a guardare, chissà cosa avranno pensato. Wolfy non è guarito.
Si arriva finalmente al fiume, siamo veramente cotti, il posto è incantevole, siamo spersi tra le montagne, dobbiamo cercare una zona per accamparci. Con il fuoristrada Ilir e Dean vanno in perlustrazione. Ci sono molti greggi di pecore e di capre e relativi pastori, è un ambiente veramente agreste, finalmente i due tornano, hanno deciso che si può raggiungere anche con il pulmino l’area per il bivacco che è in riva al fiume, noi facciamo il tragitto a piedi. S’inizia il lavoro di scarico borse e vettovagliamenti; provo a montare la complicata tenda canadese che Luca ha portato ma dopo un quarto d’ora torna nel suo sacco, io vado a dormire con Lorenzo mentre Luca sceglie di dormire con Beppe nella sua gigantesca, sicuramente non da treking tenda. Ora che le coppie per la notte si sono fatte si aiuta per la cena. Un pastore, arrivato su di un cavallo bianco, si ferma con alcuni di noi a parlare di qualche cosa, chiediamo se vuole unirsi a noi per la cena, ma lui preferisce tornare a casa, monta sul suo cavallo e al galoppo sparisce dietro la curva.
Intanto Wolfi è sempre più bloccato, e torna sotto le cure del dottore, sdraiato su di un materassino viene di nuovo infilzato con gli aghetti che poi vengono scaldati dal candelotto magico. Risate e battute a volontà. Purtroppo non c’è il risultato sperato ed il povero canoista svizzero domani dovrà rinunciare alla discesa.
Si è preparato parecchio cibo, forse anche troppo; finito di ingurgitare ci sediamo tutti attorno al fuoco che alcuni volenterosi hanno acceso.
Cazzate varie, discorsi semi seri, poi seri, poi qualcuno inizia ad andare in coma, è il Franci che, come ogni sera, si sdraia e si addormenta….. Stupenda serata, vedo qualche stella cadente poi mi chiudo in tenda e crollo dalla stanchezza.

Fiume Osum (AL) – 27 aprile 2005
Nazione: Albania
Regione: Berat
Livello H20: Medio
Lunghezza: 11 km.
Difficoltà: II°+
Imbarco: ponte Hamu
Sbarco: P. Corovode
Partecipanti: Andrea, Bicio, Luca, Nicola, Massimo DD, Jhon, Massimo Lusso, Fabrizio, Gigi, Lorenzo, Beppe, Daniele Dott. Francesco, Uccio, Anna.
Bagni: 1 Uccio

Gigi è la nostra sveglia, alle 5,30 ci dà il buon giorno. Ci dobbiamo alzare molto presto perchè finita la discesa dobbiamo ripartire per far si che Nicola e Wolfy riescano a prendere l’aereo a Tirana per tornare a casa: la loro vacanza finisce oggi. C’è stata molta umidità durante la notte, tutte le tende hanno i teli bagnati. Il sole è già spuntato ma i suoi raggi non ci raggiungono, bloccati dalle montagne. Bisogna attenderlo ancora per un po’, intanto dobbiamo vestirci da canoa e quasi tutti abbiamo gli indumenti bagnati dal giorno prima, è una vera tortura, ” è proprio uno sport scemo”.
Una volta in acqua ci si dimentica della violenza che ci siamo fatti pochi minuti prima e la gioia d’essere in fiume con i primi raggi del sole che ci riscaldano fanno diventare il freddo patito un lontano ricordo. Io ho la telecamera e cerco di andare sempre davanti al gruppo così posso filmare la discesa. Oggi scendono con noi anche Uccio e Anna, sono un po’ tesi, ma se la caveranno benissimo. Il fiume scorre in una profonda gola le cui pareti raggiungono anche altezze superiori ai 200 metri e forse anche più. Le pareti di calcare stringono per lunghi tratti il letto del fiume e l’acqua si incanala tranquillamente nel suo percorso forzato senza ribellarsi rimanendo veloce ma tranquilla, a tratti la gola si allarga formando larghe anse di sassi ciottolosi di un bianco candido, solo ora che l’alveo è più ampio il sole riesce ad insinuarsi nel canyon e noi ne aproffittiamo per scaldarci.
La difficoltà difficilmente raggiunge il III°, ma la bellezza del luogo ci fa fare una delle più belle pagaiate che si possa mai fare.
Finiamo la discesa giungendo al ponte di Corovode; siamo proprio tutti soddisfatti…

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Una bellissima cascata sull’Osum.

…Stendiamo tutto l’abbigliamento da canoa su di una recinzione poco distante dai nostri mezzi. La giornata si è decisamente scaldata, un sole caldo infonde calore alle nostre povere articolazioni. Purtroppo oggi salutiamo Wolfi e Nicola che se ne tornano in Italia: saluti ed abbracci e riprende il nostro viaggio verso un altro fiume. Solita tappa per mangiare e fare spesa. La fermata è nel paese di Berat, in un negozietto comperiamo delle squisite focacce con cipolla o spinaci, l’omino del negozio è un fanatico tifoso della squadra del Milan, le pareti della bottega “gastronomica” sono tappezzate di poster della squadra del cuore ma anche della Juve. Sosta idrica…. l’autista, nel frattempo che aspetta, si sdraia sotto il Mercedes, trapela un po’ con le chiavi inglesi e il cambio, che già non funzionava prima, ora non funziona più dal tutto. In qualche modo si riesce ad andare avanti. Vi è molta polizia, tutti rallentano quando li vedono, molti sono fermati, controllati o multati; anche noi veniamo bloccati un paio di volte, Alcuni poliziotti scambiano con noi qualche parola viene fuori il nome della squadra del Milan e di alcuni giocatori albanesi che giocano nel Verona; penso ci fermino più per curiosità che per altro.
Oggi dobbiamo fare un giro molto lungo per arrivare alla meta perchè la strada diretta non è ancora terminata e quella che c’è è per vetture fuoristrada. Purtroppo durante il tragitto notiamo come gli albanesi non hanno molto senso civico ed usino i corsi d’acqua come discariche, moltissimi sacchetti di nailon sono abbandonati ovunque. In una zona che attraversiamo vi è una gran quantità di pozzi di petrolio, molto fatiscenti ma ancora funzionanti, vediamo moltissime fabbriche del passato regime dismesse, tutto è in rovina e c’è molto degrado. I bunker come al solito sono sempre presenti. Arriviamo finalmente a destinazione, Ilir fa scendere il pulmino per una discesa vicino ad un prato dove monteremo le tende, mi sembra una manovra che si poteva risparmiare all’autista stanco, ma così possiamo scaricare tutto il materiale senza doverlo trasportare. Siamo accampati poco distante da un rifugio-albergo.
Il programma ora è quello di andare a fare il bagno nelle terme poco distanti, ma sorge un piccolo problema, Dean non fa da guardia alle nostre borse, mi offro io di restare. Partito il gruppo stipato sul fuoristrada aiuto Dean nella riparazione sotto il mezzo di trasporto. Non riesce ad aggiustarlo, domani, mentre noi saremo nel fiume andrà da un meccanico. Mi offre poi da bere al bar dell’albergo, scopro così che ha quattro figli e vive a Tirana; deve essere una brava persona. I nostri prodi contenti e lavati tornano quando ormai è buio. Si va a mangiare al rifugio, capretto e agnello, molto buono. Durante la cena si discute anche di politica e gli animi si scaldano. Quando tutti sono andati a dormire, io rimango fuori con i due lussi e Lorenzo, beviamo grappa artigianale. Decido dopo poco che è giunto il momento di entrare nel saccoapelo, loro rimangono ancora a bere e fumare le loro erbette. Vanno a dormire solamente quando arrivano due brutti ceffi in compagnia di due donnine che si fanno aprire l’albergo nonostante l’ora tarda; il gestore non si lamenta forse con certa gente è meglio non discutere.

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Il fiume entra in una alta e stupenda gola.

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21 Giugno 2007

Appunti di viaggio

Diario non corretto dall’Albania – I parte

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Vorrei raccontarvi di un viaggio fatto nel 2005 – ma la data è assolutamente irrilevante – in Albania da un gruppo di 16 canoisti.
Potrei scrivere un articolo…, potrei organizzare in maniera organica le giornate, i fiumi discesi, le soste, gli eventi… ma ho riletto con emozione ciò che è stato scritto dai miei compagni di viaggio, e credo che taglierò qualcosa qui e là, ma lascerò ciò che è stato scritto da loro, spesso frutto di una suggestione, di uno sguardo. Anche perchè quelli che potete leggere sono i pensieri, anche i più intimi, di chi fa uno sport che può in particolari condizioni essere molto pericoloso. Sono quindi gli appunti di un viaggio senz’altro unico: in una terra sconosciuta ai più, anni luce lontana dalla opulenta realtà europea, unica per paesaggi e gente: l’Albania, ma allo stesso tempo anche un viaggio più profondo, dentro i pensieri più reconditi di chi ha fatto di uno sport estremo, quello dove l’ errore difficilmente viene perdonato, il suo sport.

Anna Ferrari – GeoLabTENAX logo_tenax

Programma del viaggio “Albania 2005”
24 aprile Fiume Fan i Vogel
25 aprile Fiume Kir
27 aprile Fiume Osum
28 aprile Fiume Langarica
28 aprile Fiume Voiusa
29-30 aprile Fiume Devoll

Voglio raccontare di un posto… (Gigi)
c’è un posto sulla terra dove il tempo si è fermato
c’è un posto dove scorrono fiumi dai nevai al mare senza ostacoli artificiali
c’è un posto dove i bambini fuggono da scuola per correre a vedere i canoisti scendere
c’è un posto dove la natura ha dipinto meraviglie che fanno piangere
c’è un posto dove i poveri non sono ne felici ne belli, ma sanno ancora sorridere
questo posto così lontano è talmente vicino che ha il nostro stesso cielo la stessa luna e le stelle,
ma lì sono diamanti posati sul velluto nero. Notti così buie che per tutti gli euro del mondo noi non possiamo più avere.

In una settimana questo è stato il superbo menù servito da Ilir e Gent (guide di Outdooralbania):
Fanj Vogel: 23 Km in una valle deserta una cavalcata di acqua fresca e limpida, un vero long drink per chi ha sete di canoa;
Kir: piatto ricco, il facile ed il difficile, il gioco e l’insidia, il fatto il fattibile ed il trasbordato. Cento bambini che corrono sui prati con un canoista per aquilone;
Osum: due gole di calcare in sequenza, ornate di cento cascate, rivoli argentati dai monti coperti di neve, nel fondo un facile fiume. Scendiamo in estasi orgasmica per ore (il mio preferito);
Langarizza: se non ci fosse non riusciremmo ad inventarlo. Un canyon così stretto che a tratti nasconde il cielo. Si entra nell’abisso dopo un percorso in camioning (discesa in torrente con mezzo motorizzato) che da solo vale la vacanza. Un autista di nome Edmond Dantes che è nero come il carbone che trasporta e sorride sincero ai folli canoisti. All’uscita acqua turchese termale in piscine naturali ci offrono un incredibile bagno.
Voiussa: è bello sapere che si è già scesi la parte superiore tre anni fa di nome Aoss, ma in Grecia.C’è chi gioca, c’è chi scende, c’è chi strina, ma tutti gridiamo VOLUME!
Devol: più tratti, dai treni di onde ai controroccia insidiosi, alle rapide lunghe, saltini, golette e gole finali solo per i migliori. Due giorni sul fiume con serata deliziata da capretto locale.
Lascio ai 15 compagni d’avventura la descrizione tecnica dei tratti di fiume percorsi. Io sto ancora assaporando il bello e il bello mi piace.
ciao Gigi

Dell’Albania,ovvero dove la fisica è un’opinione (Anna)
I corpi sono di tre tipi: solidi, liquidi e gassosi, e se è vero che i gas sono comprimibili, è altrettanto vero che solidi e liquidi non lo sono, e che quindi occupano uno spazio fisico che è uguale al loro volume. Quindi per mettere degli oggetti in un qualsivoglia contenitore devo usare tutto il loro corrispondente volume di spazio.
Non c’entra con l’Albania ? c’entra, c’entra……

Dunque l’incontro per la partenza era programmato a casa di Massimo DD. Di lì saremmo partiti in 9; 5 nella macchina del Massimo dei Lussi e 4 nella macchina di Massimo DD. Problemi di spazio? Chiederete voi, No, assolutamente , 9 persone ci stanno bene in 2 macchine, magari scomode dopo 1000 km di viaggio, però…….E qui entra in ballo la fisica: queste persone resteranno in Albania per 9 giorni. Ognuno quindi ha il suo zaino. Vabbè, logico, direte, che ci sia lo zaino… ci si stinge e 9 zaini più 9 persone le facciamo stare nelle 2 macchine.

Sipperò….queste 9 persone sono canoiste, e quindi occorre infilare in macchina anche 9 borsoni tecnici strapiene di mute, paraspruzzi, caschi….mannaggia, stringiamci. E le canoe? Bè mica le possiamo lasciare qui le canoe…certo che no! Forza, carichiamole!!!

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Partenza. In macchina non ci entra più nulla!

Dal diario di Andrea

Sabato 23 aprile 2005
Ore 7:30 Luca viene a prendermi a casa, è un po’ in ritardo…. Lascio la mia famiglia da sola per 10 giorni, mentre esco c’è Nicolò che beve il latte, Corinna che dorme e Arianna che mi fa le ultime raccomandazioni. Saluti e partenza.
Da Massimo carichiamo le canoe, aspettiamo però ameno 30 minuti l’arrivo di Massimo e Jhon dei Lussi.
Dimentico però la pagaia del Jhon in campagna e così ci tocca allungare il tragitto e andare fino alla casa dei miei genitori. Poco male così faccio anche gli auguri di buon compleanno a mio papà. Finalmente si parte, siamo stracarichi, sul tetto della Ford di Massimo (340.000 km.) abbiamo 5 canoe ed in macchina siamo in 5, Massimo, Jhon davanti, dietro io, Luca Paiola e Wolfi + i bagagli. Non sarà un viaggio molto comodo.
Poco prima di Bologna fermata all’autogrill, ci ricongiungiamo con un’altra parte del gruppo, Bicio e Dottore, che sono su di un pulmino Ford ( comperato ad un asta giudiziaria) e Massimo DD, Uccio Anna e Nicola su di una altra macchina. Proseguendo ci ricongiungiamo durante un’altra sosta con Lorenzo, Gigi, Fabrizio e Beppe.
Ora ci siamo tutti, raggiungiamo Bari ed il porto. C’è subito una bella intesa tra di noi, senza fatica il gruppo si divide i compiti; c’è chi scarica le canoe, chi porta le macchine nel parcheggio a pagamento chi ammucchia le borse e chi fa la guardia a tutto il materiale che pian piano si è accatastato ed ha occupato buona parte di una zona del piazzale antistante l’entrata del porto. C’è chi va a contrattare e comperare i biglietti, chi trascina le canoe all’interno della hall del porto. Le canoe e le borse iniziano ad accatastarsi e ad intralciare il passaggio dei molti albanesi che tornano in patria e ci guardano un po’ stupiti nel vedere questo gruppo che sta per invadere il loro territorio
C’e chi ha uno zaino e chi invece si è portato l’intero guardaroba in tre o quattro borse, tutti però aiutano tutti, sembra proprio che sarà un bel gruppo. Finalmente sulla nave, ancora un po’ di coda per consegnare i passaporti, che ci verranno poi dati il mattino seguente, poi finalmente ci troviamo tutti riuniti in un bel locale a poppa della nave. Siamo stanchi, mangiamo e prepariamo il posto per dormire. C’è chi opta per dormire sulle panchine e chi come me dorme per terra.
Alle 00:00 siamo ancora in porto, dovevamo partire alle 23:00.
Osservazione: Mi ha fatto un non so che vedere un papà albanese fuori, con in mano una bambolina dai capelli gialli da pochi soldi, un viso stanco, vestito molto semplicemente, quel regalo arriverà penso alla sua bambina e ne sarà molto contenta. Penso a quello che ricevono i nostri figli, l’inutile ed il superfluo, e rifletto a quanti soldi buttiamo via in sciocchezze: bisogna controllarsi su come spendiamo i nostri soldi, e dare sempre un giusto peso alle nostre spese.
Prima di imbarcarmi ho telefonato a casa, Arianna si è fatta male alla spalla durante il suo giro in bici. Corinna mi ha detto che è stata molto contenta del regalo che ha trovato al mattino e che se ero stanco potevo dormire sull’erba. Chissà nella sua mente dove mi immaginava!

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L’imbarco. I documenti sono a posto, possiamo iniziare a caricare le canoe.

Domenica 24 aprile 2005
Dormito abbastanza bene, il Bicio, grazie alla pillola che ha preso, non russa più come faceva anni fa in Corsica. Peccato, ho ancora un po’ di mal di testa dovuto alla sinusite, mi chiedo se a 46 anni valga ancora la pena fare questa vita. Ne ho ancora voglia? C’è ancora energia? Saranno domande che mi assilleranno soprattutto nei primi giorni di viaggio e ancora di più nell’affrontare le rapide di V°. Direi che di energia c’è ne ancora, è la testa che non c’è più per affrontare i pericoli. Ora ci sono troppi pensieri sulla famiglia, sulla paura di non rivedere più i miei bambini di farmi male….quando si pensano queste cose forse è giunto il momento di dedicarsi ad altro…..
Anna vede con ore di anticipo la costa Albanese e noi la assecondiamo, ma noi riusiamo a scorgere la costa parecchio tempo dopo. Che abbia poteri soprannaturali?
Sbarco, canoe, borse, trascina, accatasta, trascina di nuovo, accatasta di nuovo, passa la dogana, timbro sul passaporto,trascina ancora e accatasta di nuovo, finalmente siamo sul suolo Albanese, occhi che ci guardano, bambini di carnagione scura che ci chiedono qualche soldo, che ci baciano, che baciano le nostre canoe pur di avere una moneta. Ci liberiamo praticamente tutti degli spiccioli che abbiamo in tasca. Franci compera 2 stecche di sigarette che risulteranno poi taroccate.
Col passare del tempo alzo un ipotetico muro tra noi e loro ma non è facile, vorrei aiutarli, ma non si può fare niente.
Ilir Mati (Libero) ci accoglie sulla sua terra, sarà la nostra guida per i 7 giorni di spedizione.
Abbiamo a disposizione due mezzi di trasporto, un fuoristrada Toyota ed un pulmino Mercedes con alla guida un personaggio che verrà soprannominato Dean per la sua somiglianza con l’attore americano. Grande Dean indimenticabile!

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Siamo arrivati. Carichiamo le canoe nel piazzale del porto. Un bimbo rimane in attesa di una monetina, di un biscotto, ma anche solo di un sorriso…

Carichiamo il nostro materiale e usciamo dal porto di Durazzo. Siamo curiosi e attenti osservatori del mondo che scorre fuori dei finestrini, le prime cose che notiamo è la gran quantità di vetture Mercedes che circolano per strada, ( Iliar ci dirà che ci sono tre tipi di Mercedes, di I° mano (nuove), di II° mano ( usate), di III° mano (…..).
Vi sono bunker disseminati un po’ ovunque costruiti dalla dittatura comunista in 40 anni secondo chissà quale disegno strategico. Vi è molto traffico, molto caotico, molta polvere; oltre alle macchine sulla strada vi sono carretti trainati dagli asini o dai cavalli, biciclette e motorini, le strade sono bianche parecchio dissestate o asfaltate ma in pessime condizioni. Appena arrivati Ilir ci ha detto che le distanze in Albania non si misurano in chilometri ma in ore. Infatti per tragitti di 150 chilometri ci si impiegano anche 3/4 ore su strada mentre sulle montagne, fuori delle strade principali, i tempi aumentano notevolmente, una volta per fare 10 km abbiamo impiegato 1 ora e mezza.
Dalla pianura stiamo passano alla collina, poi il paesaggio si fa più montano, le campagne sono tenute molto bene, ben coltivate, le case sono semplici e pulite, tutte con la loro parabola, la sensazione è di povertà ma dignitosa. Vi sono alcuni contadini che arano i campi con gli asini e l’aratro di legno, contadini che falciano l’erba con il ferro (falce): qui fare l’agricoltore è veramente duro. Ogni tanto qualche bambino pascola la sua mucca, il suo latte fresco giornaliero. Attraversiamo numerosi villaggi, piccoli commercianti si affacciano sulla strada con i loro banchetti su cui hanno esposto la loro mercanzia. Mentre passiamo la gente si gira e guarda questo pulmino carico di colorate canoe e fa qualche considerazione con il compagno vicino, i bambini rimangono per un attimo ipnotizzati, stupiti, poi gridano, ridono, ci indicano, corrono a chiamare i loro amici, molto spesso rimangono immobili finchè non scompariamo dalla loro vista. Noi guardiamo, con occhi da ricchi occidentali, questa povera realtà distante dal nostro mondo ricco e consumistico pochi chilometri e rimasta ferma ad 80 anni fa. Siamo venuti per divertirci con le nostre canoe mentre qui si vive alla giornata e si sopravvive, io a volte mi sento un pò in imbarazzo. Lungo la strada fermata per fare spesa; Anna si accolla l’onere di tenere la cassa e di farci da “cuoca”. Sarà la nostra mamma che ci organizzerà il vettovagliamento mattina e sera. Grazie Anna.

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Sulla strada carretti trainati dagli asini o dai cavalli nel tipico paesaggio agreste.

Il tempo è bello, il tratto che dovremmo affrontare in acqua è lungo ma la nostra esperta guida ci dice che dovremmo farcela a finire il percorso prima del tramonto…

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20 Giugno 2007

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I luoghi dell‘Anima

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20 Giugno 2007

Principale

Nicola Di Battista Dell’architettura – Materiali per una teoria

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Nicola Di Battista
Dell’architettura – Materiali per una teoria

MARTEDÊ’ 26 GIUGNO 2007
ORE 18 Conferenza
ORE 19.30 Inaugurazione
fino al 10 luglio 2007

THE BRITISH SCHOOL AT ROME
via Gramsci, 61 00197 Roma tel. 06 3264939 lunedì-sabato, ore 17.00-19.30

Con la conferenza e la mostra di Nicola Di Battista Dell’architettura – Materiali per una teoria, in programma dal 26 giugno e fino al 10 luglio 2007, l’Accademia Britannica comincia il secondo ciclo di conferenze e mostre dedicati a “Spaces for Art”. Questa volta si intende parlare di “spazi per l’arte” mentali più che fisici, concentrando l’attenzione sul modo in cui architetti e artisti pensano e lavorano insieme.
L’intento di creare per l’architettura un clima intellettuale condiviso, ha spinto Nicola Di Battista a lavorare insieme ad architetti quali Giorgio Grassi, Hans Kollhoff, Eduardo Souto de Moura, ad artisti come Enzo Cucchi, Sol Lewitt, Gerhard Merz, Alfredo Pirri, Ettore Spalletti, a grafici come Giuseppe Basile, Alan Fletcher, Italo Lupi, ed altri ancora.
In particolare il suo rapporto con gli artisti è stato cercato e si è concretizzato, fino ad ora, nella parte di ideazione del lavoro, quindi nel momento in cui si decide “cosa fare.” Egli stesso afferma: ” Il principale obiettivo del mio lavoro è di fare di ogni progetto un momento di studio. Un lavoro, almeno nella prima parte, di tipo eminentemente intellettuale, pervaso da una forte volontà di coscienza, teso a fare diventare problematico ogni elemento del programma, ad acquisire la maggior consapevolezza possibile, convinto che il senso debba venire prima del segno”.
Questa tematica, in particolare, è messa in rilievo nella mostra all’Accademia Britannica con un allestimento, curato dall’autore stesso.
Nicola Di Battista ha fondato il suo studio nel 1985. Ha partecipato a numerosi concorsi sul tema “Spaces for Art”: alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma, nel 1997, con l’ artista Enzo Cucchi (progetto ad inviti) e nel 2000, con Hans Kollhoff (progetto finalista); per un centro parrocchiale a Foligno, nel 2001, con gli artisti Enzo Cucchi ed Ettore Spalletti (progetto segnalato) e alla Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, nel 2002, (progetto finalista).
Tra i progetti in fase di realizzazione ricordiamo la ristrutturazione e l’ampliamento del Museo Naturalistico ed Archeologico di Santa Corona a Vicenza; la sede della Fondazione Sol Lewitt a Praiano; il restauro e la riqualificazione del Castello Fienga a Nocera Inferiore (con Eduardo Souto de Moura); la sistemazione dell’ area centrale del cimitero comunale di Fisciano (con l’ artista Alfredo Pirri).
Il programma è curato da Marina Engel con il sostegno di John S. Cohen Foundation, Cochemè Charitable Trust, il Comune di Vicenza , il Comune di Praiano, Fondazione Sol Lewitt, Progetto Italia s.r.l, Page Service s.r.l.

Curatore: Marina Engel
Info: tel. 06 3264939
Periodo: 26 giugno – 10 luglio 07
Inaugurazione: 26 giugno 07: ore 18.00 conferenza, ore 19.30 inaugurazione mostra
Orari: lun- ven h. 17.00-19.30
Ufficio Stampa: Rosanna Tripaldi e-mail: pressoffice@bsrome.it; mob: 338.1965487

Con il sostegno di:
Comune di Vicenza
Comune di Praiano
The Cochemè Charitable Trust
John S. Cohen Foundation
Page Service
Fondazione Sol Lewitt
iGuzzini
Progetto Italia

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19 Giugno 2007

Paesaggi di Pietra

La Via della Pietra

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La “porta” è una soglia che va oltrepassata (fotomontaggio: Stefano Zerbi)

Il progetto di un museo sul territorio delle Tre Valli.
La “Via della Pietra” vuole essere un nuovo strato da sovrapporre agli innumerevoli che già si sono depositati su questo territorio. Una rete di percorsi che sia in grado di rendere visibili le tracce della costruzione di questo territorio ed anche di metterle in relazione secondo una logica comune.
Questo museo sul territorio si caratterizza in quanto sistema aperto, capace d’assorbire un ampio ventaglio di problematiche e progetti esistenti e futuri. I percorsi diventano occasioni di riflessione, di meditazione, cammini iniziatici, ma nel contempo possibilità di scoprire le ricchezze naturali, geologiche, storiche, nuovi punti di vista: ognuno può concepire il proprio museo, la propria “Via della Pietra”.

Caratteristiche territoriali.
La descrizione fatta in precedenza del territorio delle Tre Valli è servita per identificare i contenuti della “Via della Pietra” oltre ad aver evidenziato alcune caratteristiche sulle quali il progetto d’architettura può agire.
Per prima cosa la dimensione prettamente longitudinale della Valle del Ticino. Il senso di scorrimento del fiume, logicamente, avviene in direzione nord-sud, uomini e merci si spostarono, e continuano a spostarsi, nella stessa direzione, i movimenti tettonici seguirono lo stesso asse. Questa direzione è stata raramente interrotta e nei pochi esempi si trattò sempre di sbarramenti. Tutto ciò ha come conseguenza che la divisione naturale data dal fiume è stata confermata da quella culturale, cosicchè all’ora attuale i due versanti della valle sono ancora “divisi.
Questa logica longitudinale si ritrova anche nella specializzazione territoriale che si organizza a bande parallele al corso del fiume Ticino: le cave si trovano lungo versanti, i pascoli sui terrazzi glaciali, i campi e le zone di attività ai lati del fiume insieme agli assi di transito ed i villaggi ai piedi delle valli trasversali. Percorrendo un’ipotetica linea nord-sud potremmo quindi muoverci sempre in paesaggi simili. Un percorso trasversale permette invece di attraversare funzioni diverse e mette in risalto la ricchezza del territorio stesso. Ecco perchè la “Via della Pietra” dovrà privilegiare questi ultimi percorsi al fine di collegare idealmente e fisicamente i due versanti della valle. La “Via della Pietra” rappresenta una possibilità reale di ritrovare l’unità, perlomeno culturale, di queste zone.
In secondo luogo, benchè la dimensione longitudinale sia attualmente preponderante, la centralità del fiume Ticino non è valorizzata. Il fiume occupa una posizione ambigua: elemento naturale ormai completamente regolarizzato, ma la cui appropriazione da parte delle comunità locali è rara. Ciò è accentuato dalla discontinuità delle sue rive, dove si alternano spazi naturali di grande interesse e spazi industriali abbandonati o di dubbia localizzazione. Bisognerebbe dunque agire al fine di ristabilire questa continuità ecologica per trasformare il fiume in elemento in cui le popolazioni locali possano riconoscersi. Da non dimenticare che esso rappresenta un elemento di collegamento tra il massiccio alpino e il mare Mediterraneo.

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Le Tre Valli nel contesto del Cantone Ticino (schema: Stefano Zerbi)
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Una vista trasversale della Valle del Ticino (fotografia: Stefano Zerbi)

Accessibilità e mezzi di trasporto.
L’organizzazione degli accessi ad un museo del territorio è un problema centrale, bisogna infatti garantirlo al più vasto pubblico possibile senza aggravare ulteriormente le attuali condizioni del traffico stradale. Ecco perchè il progetto dovrà sfruttare al massimo il potenziale offerto dalla rete dei trasporti pubblici esistente e quello del futuro piano dei trasporti regionali che seguirà alla realizzazione del progetto AlpTransit. Un sistema di autobus garantirà l’accesso lungo i due versanti della valle partendo dalle stazioni ferroviarie regionali.
La rete di percorsi ciclabili esistente permetterà di scoprire il fondovalle e le aree naturali lungo il fiume Ticino.
Il modo di spostamento privilegiato sarà in ogni modo la marcia. Essa resta il mezzo ideale per scoprire il territorio in ogni suo minimo dettaglio grazie alla velocità ridotta ed inoltre favorisce il contatto e lo scambio. I percorsi pedonali dovranno dividersi in due tipi principali: quelli accessibili ad ogni tipo di persona e quelli per escursionisti più allenati. La maggior parte di questi sentieri è esistente ed andrà parzialmente riorganizzata provvedendo così alla manutenzione ed alla demarcazione unitaria.

Dimensione didattica.
“Dalla maniera con cui sono disposti in ogni blocco di marmo essi [i colori, n.d.A.] ci mostrano come questo marmo si è formato e i necessari mutamenti per cui è passato. Ed in tutte le sue vene e le sue macchie sono scritte innumerevoli leggende, tutte vere, sull’antica costituzione del regno delle montagne a cui il blocco appartiene, su tutte le debolezze e forze, convulsioni e consolidamenti dal principio del tempo.
E non sarebbe più possibile rimanere fermi davanti alla cornice di una porta senza ricordarsi o domandarsi qualche dettaglio degno di essere tenuto a mente, sulle montagne d’Italia o di Grecia, d’Africa o di Spagna, e così si andrebbe avanti di cognizione in cognizione, fino a che i muri delle nostre case diventerebbero per noi volumi così preziosi come i libri della nostra biblioteca.”1

La “Via della Pietra” deve aiutare a riflettere sul territorio, sulla sua evoluzione, sul suo avvenire, sulla fragilità dei suoi equilibri, ma anche essere elemento di identificazione per la popolazione. Inoltre, la presenza del settore estrattivo e della lavorazione della pietra naturale permette di colmare una lacuna della nostra società: la conoscenza dei processi produttivi. La “Via della Pietra” permette di ritrovare questo rapporto fisico con i prodotti della terra, con la loro trasformazione e con l’utilizzo che l’uomo ne ha fatto. Forse utopistica, l’ambizione della “Via della Pietra” è quella di permettere alla popolazione di dotarsi di una nuova coscienza dello “sviluppo sostenibile”.
Gli aspetti didattici, e le correlate occasioni di acquisire nuove conoscenze rispetto al territorio circostante, saranno distribuiti in punti specifici del percorso. La natura e la forma degli spazi sarà variabile e in rapporto al contenuto, così come la loro localizzazione. I momenti di apprendimento saranno indipendenti tra loro, e come la stessa “Via della Pietra”, non seguiranno un ordine di visita prestabilito.

Costruzione della “Via della Pietra”.

La nozione di “Porta”.
La volontà di realizzare un sistema aperto, senza un senso obbligato di percorso, ma che nel contempo possa assolvere anche l’importante missione didattica che gli è stata assegnata si concretizza in un sistema di “porte”. La “porta” è intesa nella sua più vasta accezione: porta d’entrata, come quella di una casa o di una città, porta come elemento simbolico che divide un interno da un esterno, soglia che va oltrepassata, passaggio obbligato. L’idea della “porta” è quindi quella di proporre un momento riflessivo attraverso il quale poter accedere alla “Via della Pietra” e dunque al territorio. Le “porte” permetteranno di acquisire delle conoscenze riguardo ad un aspetto particolare legato a queste “valli di pietra”. La loro ubicazione è in relazione ai diversi comuni interessati dal progetto ed a una particolarità dell’intero territorio che in quel dato luogo è più facilmente riconoscibile. La portata dei temi trattati oltrepassa il singolo comune politico e si rivolge al territorio intero ed anzi spesso travalica i confini posti a questo preciso progetto.

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Le 19 porte, ognuna con un tema preciso, e la loro ubicazione (schema: Stefano Zerbi)

L’architettura delle “porte”: un’architettura di pietra.
L’architettura delle “porte” sarà chiaramente un’architettura di pietra. L’aspetto delle “porte” dovrebbe essere il più possibile arcaico o meglio d’archetipo; una forma che interroghi l’osservatore quanto alla sua origine ed al suo scopo.
Per la costruzione delle “porte” si ricorrerà a semplici elementi modulari che ne permettano una realizzazione rapida e una possibile trasformazione o eliminazione. Laddove necessario le porte saranno completate da uno o più spazi per l’esposizione del materiale didattico, negli altri casi si ridurranno a segni della presenza di qualcosa da scoprire.
Gli elementi modulari saranno monolitici e apparteranno al tipo di roccia presente nella zona. Sarebbe interessante realizzare gli elementi anche con i tipi che oggigiorno non sono più estratti ricorrendo a piccole estrazioni puntuali: essi diverrebbero così testimonianze di questi materiali scomparsi.

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Una “porta” (disegni: Stefano Zerbi)

Organizzazione dei percorsi della “Via della Pietra”.
Le “porte” summenzionate sono gli strumenti che permettono al visitatore di entrare nella rete di percorsi della “Via della Pietra”. Si utilizza volontariamente il plurale “percorsi” poichè l’organizzazione degli stessi segue uno schema ad arborescenza partendo da un tracciato di base generale, che tocca tutti i comuni e le località che si trovano sul territorio interessato dal progetto. Questo tessuto di base può essere suddiviso secondo dei temi specifici che sono presenti solo in particolari località. Si possono così concepire delle visite tematiche del territorio oppure esplorarlo interamente.
Se il percorso di base è quello denominato “Via della Pietra” i sottoinsiemi tematici sono, ad esempio, il percorso dei grotti; quello della geologia; quello delle opere di fortificazione, oppure quello dell’architettura sacra romanica, ecc… Ogni sottoinsieme trova in una specifica “porta” l’ipotetico punto di inizio.

Stefano Zerbi

Note
1 Ruskin, John, Le pietre di Venezia, Milano, Rizzoli, 1987, p.360.

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La Vecchia Pineta
Giorgio Blanco e Claudio Nardulli

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La Vecchia Pineta vista dal lungomare

Lo stabilimento “La Vecchia Pineta” costituisce un pregevole esempio del Razionalismo italiano degli anni Trenta. Il progetto, firmato da due professionisti con studio a Venezia, l’Arch. Virgilio Vallot e l’Ing. Giovanni Sicher, era ispirato “nella sua architettura alle più pure linee del novecentismo” (fig. 1). Il progetto era stato presentato (attraverso la Società Elettro Ferroviaria Italiana, già proprietaria dello stabilimento “Roma”) recependo le proposte contenute nel bando del concorso del gennaio 1933 per la costruzione di un impianto balneare a Castel Fusano. Il concorso, bandito dalla Regia Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Civitavecchia, aveva stabilito i criteri da seguire nella progettazione del nuovo stabilimento che avrebbe dovuto avere carattere “assolutamente di lusso, nell’aspetto, negli impianti e nei servizi, e costituire un insieme che offra il massimo conforto e rappresenti quanto di meglio possa essere realizzato in materia balneare”.
La sistemazione planimetrica dell’impianto comprendeva una costruzione stabile collocata al centro del tratto di arenile in concessione, un blocco contenente i servizi e le cabine fisse in serie ed un complesso di 50 cabine isolate disposte “a ferro di cavallo” su due bracci con terminazioni curvilinee. L’ingresso all’edificio principale avveniva attraverso un portico, coperto da una pensilina sorretta da due pilastri cilindrici, che era fiancheggiato sul lato destro da un vano adibito a distribuzione di costumi e biancheria, mentre sul lato opposto erano previsti la biglietteria, la direzione, lo studio medico ed un deposito.
Un lungo deambulacro trasversale, sul quale si aprivano il guardaroba ed i servizi, serviva da accesso ai settori dell’arenile. Questi ultimi erano raggiungibili mediante due scale rettilinee poste agli estremi. Dal deambulacro si accedeva, inoltre, alla grande sala ristorante collegata alla gelateria-caffetteria e alla cucina attraverso una zona filtro. Il ristorante poteva contenere un massimo di 200 persone.
La sala, dipinta a tinte tenui, era illuminata da grandi vetrate poste a Sud e ad Ovest, in modo che i clienti potessero godere al meglio della vista del tramonto sul mare.

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La saletta meridionale

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Descrizione tecnica relativa all’impiego delle pietre
Per l’illuminazione notturna era previsto un sistema di luci indirette che formavano giochi luminosi.
Attraverso una terrazza coperta che costeggiava il lato Ovest del ristorante, si giungeva alla vasta piattaforma sul mare, di forma semicircolare e parzialmente protetta da una tettoia sostenuta da pilastrini. La composizione architettonica era impostata su volumi semplici ed i loro rapporti erano confermati dal disegno dei prospetti caratterizzati dalla presenza di finestre circolari ispirate agli oblò delle navi.
Nel prospetto sul lungomare emergeva il volume semicilindrico della biglietteria (poi realizzata solo in parte); sullo sbalzo della pensilina, che proseguiva lungo tutto il prospetto sublimandole l’orizzontalità, era collocata l’insegna “Stabilimento Bagni”. Il salone centrale era coperto a padiglione.
Tale progetto, approvato nel febbraio del 1933 dalla Commissione nominata per l’esame dei nuovi stabilimenti balneari sulla spiaggia di Ostia Lido e di Castelfusano, è stato successivamente sottoposto ad un’ulteriore verifica da parte della Sottocommissione Tecnica che aveva richiesto la sostituzione di parti in legno con strutture in muratura più consone alla categoria dell’impianto.
Lo stabilimento è stato interessato dagli eventi bellici. Inizialmente occupato dalle truppe tedesche, è stato successivamente requisito dalle Autorità Alleate. Successivamente l’impianto, fortunatamente poco danneggiato nelle parti stabili, ha potuto riprendere la sua attività. Nel dopoguerra lo stabilimento, dopo aver cambiato nome, da “Pineta” a “La Vecchia Pineta” (in seguito alla costruzione dell’impianto limitrofo “Nuova Pineta”), ha mantenuto le sue caratteristiche di impianto di lusso.
Tuttora lo stabilimento è riuscito a conservare la purezza della composizione originaria e si pone tra i migliori esempi architettonici del litorale romano.

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La sala semicircolare centrale

Per la sua importanza il complesso ha richiesto un attento intervento di recupero che è stato concepito, da una parte come dovuto risarcimento alle manomissioni che si sono succedute nel tempo, dall’altra come necessaria ristrutturazione funzionale e distributiva per adeguare gli impianti alle nuove esigenze produttive e gestionali.
In generale sono stati impiegati materiali tipici del Razionalismo romano degli anni Trenta. Tra i marmi e le pietre: il Cipollino (greco dell’Eubea), il Rosso Levanto, il Rosso di Sicilia, il Travertino Romano (sia con i vacui a vista, sia levigato). Tra i metalli: l’alluminio anticorodal e l’acciaio inox. Forme e colori dei vari elementi (tridimensionali o planari) ai quali è stato fatto ricorso sono di seguito descritti (figg. 2, 3. 4).In generale sono stati impiegati materiali tipici del Razionalismo romano degli anni Trenta. Tra i marmi e le pietre: il Cipollino (Greco al posto di quello apuano che è di minore bellezza), il Rosso Levanto, il Rosso di Sicilia, il Travertino Romano (sia con i vacui a vista, sia levigato). Tra i metalli: l’alluminio anticorodal e l’acciaio inox.
L’atrio, quale spazio altamente rappresentativo, è stato interessato sia da interventi di restauro conservativo delle superfici marmoree preesistenti, sia da interventi relativi a nuovi rivestimenti. In particolare il preesistente pavimento di Rosso di Sicilia è stato oggetto di un attento recupero nelle sue parti degradate.I due pilastri d’ingresso, che sono stati rivestiti con Travertino Romano, tripartiscono il nuovo grande infisso a vetrata di acciaio inox a rettangoli orizzontali. Una leggera estroflessione verso strada della vetrata, ha consentito una migliore fruizione dell’atrio che è stato rivestito, nelle sue pareti a tutta altezza, con lastre di Cipollino Greco disposte a macchia aperta.

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La vista dell’interno con visione sul mare

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Nell’estremità S-E del deambulacro, con affaccio sul retrostante Lungomare, sono stati realizzati i nuovi locali bagni. A tali nuovi locali, ovvero ai due antibagni (per uomini e donne), si accede mediante una soluzione che prevede accessi privi di porte che configurano un “boccascena” costituito da due aperture, precedute da gradini di Rosso Levanto, che mostrano il grande rivestimento continuo di Cipollino Greco posato a macchia aperta. A completare la preziosità degli ambienti sono stati realizzati pavimenti di Rosso Levanto. I rivestimenti interni ai quattro locali bagni sono stati realizzati con Rosso Levanto listato a fasce parallele orizzontali con profilati di alluminio anticorodal.
Nell’atrio sono stati realizzati, oltre alla contro parete del boccascena rivestita di Cipollino Greco, rivestimenti con elementi di vetro diffusore, con i giunti che riprendono la listatura dei locali bagni, porte di acciaio inox a tutta altezza, lavabi con supporti da terra di Rosso Levanto e parete interamente a specchio.
A Sud dell’edificio, previa demolizione di un pari volume preesistente, non previsto nel progetto originale, è stata realizzata una saletta rettangolare con parete interamente vetrata sul fronte mare e con risvolto sul prospetto S-E. Al terrazzo superiore si accede da una scala ripristinata così come previsto dal progetto originale; la pavimentazione è stata realizzata con fasce di travertino disposte “a correre” con chiaro riferimento al rivestimento ligneo delle tolde navali.
E’ stato liberata la bella sala rettangolare, che si apre sulla rotonda e che affaccia al tramonto, dalle pesanti strutture marmoree di un bar realizzato negli anni Sessanta. Le grandi finestrature sono state rettificate, munite d’imbotte di tavertino e di serramenti di acciaio inox con vetrate intere. E’ stato eseguto l’ampliamento della rotonda con realizzazione del percorso laterale sul fronte N-O che collega direttamente tale terrazzo al deambulacro nella sua estremità settentrionale. La pavimentazione della grande rotonda è stata realizzata in modo analogo a quella della saletta rettangolare meridionale già descritta.

Note
Ristrutturazione e restauro dello Stabilimento balneare “La Vecchia Pineta”. Lido di Roma – Roma
Committente: Società Stabilimenti Balneari Lido di Roma S.r.l.
Anno di ultimazione dei lavori dell’edificio centrale: 2006
Progettisti: Giorgio Blanco, Claudio Nardulli

7) Aziende – denominazione/i dei materiali lapidei impiegati
Henraux S.p.a. (Azienda fornitrice)
Appia Antica Marmi S.r.l. (Azienda di trasformazione e applicazione)
Cipollino Greco, Rosso Alicante, Rosso Levanto, Travertino Romano

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13 Giugno 2007

News

Conferenza stampa di Marmomacc alla Triennale di Milano

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Vincenzo Pavan. Responsabile degli eventi culturali di Marmomacc

Presentati a Milano gli eventi culturali della 42ª Mostra Internazionale di Marmi, Pietre, Design e Tecnologie che si svolgerà a Verona dal 4 al 7 ottobre.
Innovazione e creatività: sono le parole chiave della conferenza stampa con cui l’edizione 2007 di Marmomacc si è presentata ai giornalisti lo scorso 29 maggio, nella prestigiosa cornice della Triennale di Milano.
Anche quest’anno Marmomacc conferma la propria funzione di raccordo tra il mondo di chi estrae, lavora e trasforma la pietra naturale, e quello di chi ne studia gli aspetti legati al design e alla progettazione, ma l’obiettivo, nelle ultime edizioni, è sempre più legato alla qualità, intesa in termini formativi e culturali.
Gianfranco Castellani, presidente di VeronaFiere, ha ricordato che nel 2006 sono stati oltre 62mila gli operatori del settore che hanno visitato Marmomacc e più di 1450 gli espositori, la metà dei quali provenienti dall’estero. Dati destinati a crescere, considerato che, dopo i 3 padiglioni inaugurati lo scorso anno, dedicati rispettivamente ai lavorati e al design, agli utensili, agli abrasivi e prodotti chimici per la lavorazione, quest’anno ce ne sarà ancora un altro (padiglione 7B) di 13 mila metri quadrati che ospiterà le partecipazioni ufficiali dell’Egitto e della Spagna (con la Federazione Spagnola della Pietra Naturale) e la sezione culturale “Marmo, Architettura e Design”. L’obiettivo, quindi, è sempre più legato ad elevare il livello di Marmomacc, puntando sull’innovazione. Lo dimostrano l’accordo con l’ADI (Associazione per il Disegno Industriale), che quest’anno patrocina l’evento, e il rafforzarsi dei rapporti con le Università, attraverso corsi di alta specializzazione in “Progettazione contemporanea con la pietra”, per il momento presso il Politecnico di Milano e l’Università degli Studi di Ferrara (in fase di istituzione).

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Paredes+Pedrosa Museo di Archeologia © Luis Asin

Ma è stato soprattutto Vincenzo Pavan, responsabile della sezione culturale di Marmomacc, a sottolineare come la pietra possa essere valorizzata attraverso l’architettura di qualità. Ne è un esempio il “Premio Internazionale Architettura di Pietra” che, giunto quest’anno alla sua 10a edizione, si è evoluto, passando da riconoscimento verso chi aveva scelto la pietra come materiale per la propria opera, ad un’impostazione nuova, che premia la qualità e non più tanto l’adozione del materiale. La pietra, quindi, come elemento identitario dell’architettura, capace di parlare un proprio linguaggio e conferire a tutta la costruzione un carattere distintivo. Le potenzialità della pietra sono state al centro dell’intervento di Fulvio Irace, critico e responsabile del settore Architettura della Triennale, che ne ha messo in luce la modernità, intesa come capacità di rispondere alle sempre più avvertite esigenze di sostenibilità e rispetto per l’ambiente. Un concetto che ci riporta a quello della qualità, perchè l’impiego della pietra può essere anche minimo: ciò che la rende preziosa è la capacità di collaborare con gli altri materiali. In questo, ha sottolineato Irace, gli spagnoli sono stati dei grandi innovatori e continuano ad esserlo mostrando la grande vitalità dell’architettura iberica.

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Marmomacc incontra il design. Concept di Odile Decq.

Carlo Forcolini, presidente dell’ADI, ha presentato il progetto “Marmomacc incontra il Design”, iniziativa che inaugura ufficialmente l’incontro di Marmomacc con il design. Dieci aziende leader nel settore dei lapidei e altrettanti designer di riconosciuta fama internazionale affronteranno ogni anno un tema, che per il 2007 è “La leggerezza del Marmo”, proponendo applicazioni innovative e potenziando quindi il dialogo tra il mondo del progetto e quello delle aziende.
Completano l’attività culturale della rassegna: la mostra la “Nuova Architettura di pietra in Spagna”, il convegno “La Bellezza del marmo”, organizzato in collaborazione con l’Associazione Donne del Marmo, la mostra “Puglia paesaggio di pietre” e il “Best Comunicator Award”, che premia i migliori stand realizzati per la 42a edizione della manifestazione.

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Marmomacc incontra il design. Concept di Simone Micheli

Ricordiamo inoltre che Marmomacc è entrata ufficialmente nel prestigioso MIA, (Marble Institute of America) ed è riconosciuta come education provider per la formazione dell’AIA (American Institute of Architects), associazione alla quale è iscritta la maggior parte degli architetti statunitensi (oltre 85.000). Per gli architetti americani nel 2006 è partito un corso online sull’utilizzo della pietra naturale attraverso il sito AECDaily (www.aecdaily.com/sponsor/veronafiere).
Marmomacc ha consolidato con il RIBA (the Royal Institute of British Architects) e il RAIC (Royal Architectural Institute of Canada) un analogo rapporto che coinvolge gli architetti a partecipare ogni anno a lezioni teoriche e pratiche, visitando direttamente alcune cave, ed assistendo in diretta ai processi di estrazione e lavorazione del materiale lapideo.
www.marmomacc.com

di Laura Della Badia

(Visita Veronafiere)

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Collodi Butterfly House
Edificio-serra destinato alla vita, catalogazione e musealizzazione delle farfalle e a servizi integrati

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La Collodi Butterfly House. Sullo sfondo la Villa Garzoni

La “Casa delle Farfalle”, costituisce l’unico intervento di ricostruzione all’interno di un più ampio programma di recupero e riqualificazione funzionale del complesso storico di Villa e Giardino Garzoni a Collodi (Pistoia), le cui dimensioni monumentali risalgono agli interventi d’ampliamento realizzati nella prima metà del Seicento ad “una casa murata e solaiata posta nel Castello di Collodi con horto fuor di detto Castello” acquisita da Romano Garzoni nel 1529. L’edificio si colloca sul lato est del Parco, in corrispondenza dell’area storicamente destinata alla Serre del Giardino Garzoni, in un lotto già precedentemente organizzato su articolati livelli ascendenti dall’ingresso verso il fondale murato e collegati da un percorso gradinato baricentrico.

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Il Giardino Garzoni. Visione notturna: citromania

Il manufatto è delimitato a nord-est da un muraglione di contenimento dei percorsi sovrastanti, caratterizzato dalla presenza di tre contrafforti, e perimetrato a sud-est dal muro di cinta che individua il confine vincolato del Giardino stesso. La serra preesistente, della quale rimangono alcuni elementi morfologici facilmente identificabili nei terrari adagiati su terrazzamenti posti a quote diverse, rivive attraverso il mantenimento dell’asse centrale gradinato, utilizzato come percorso ascendente e discendente, dell’ordine dei gradoni, disposti lateralmente a detto asse e organizzati su quote differenti con un dislivello di centimetri 60 tra l’uno e l’altro, del muro in sassi a nord-est e del muro laterale a sud-est.
I temi generatori del progetto sono di duplice natura: l’adeguamento di nuove funzioni ludico-espositive all’interno di uno spazio storico di elevata valenza architettonico-culturale e la volontà di individuare strategie di dialogo tra patrimonio storico e architettura contemporanea.
La nuova destinazione funzionale della Serra riafferma la sua vocazione naturalistica garantendo la presenza di un’espressiva quota di vegetazione utile alla creazione di un habitat idoneo al ciclo vitale delle circa cinquemila farfalle che in essa troveranno dimora. La Casa delle Farfalle sarà destinata alla vita, catalogazione e musealizzazione di un’importante gamma di tipi di farfalle, sarà aperta al pubblico e avrà valore didattico-museale.

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Planimetria generale

La morfologia dell’intervento si caratterizza per la disposizione planimetrica dei percorsi e delle vasche inserite all’interno della serra stessa attraversate e connesse da un percorso ascendente situato sull’asse centrale che permette il collegamento di tutti i piani situati a quote differenti, dal quale si dipartono perpendicolarmente le vasche e i percorsi trasversali che si estendono come ali.
La Butterfly House, la cui matrice è d’origine anglosassone, vive i suoi motivi di continuità con il contesto attraverso il mantenimento del sedime dell’asse centrale gradinato, dell’ordine dei terrari e dei muri in sassi a nord-est e a sud-est. L’edificio s’ispira alla funzione e alla tradizione delle serre toscane e si compone di un prisma vetrato ad altezza variabile, il museo-serra, e di un corpo cubico opaco, i servizi. Tale manufatto si presenta traslato, rispetto al fronte principale della serra, e orientato secondo il sedime dell’asse del giardino, tramite una rotazione che, in modo speculare e specchiato a partire dal centro del Parterre de Broderie, riprende prospetticamente l’orientamento della facciata principale della Villa nei confronti dell’asse scenografico est-ovest, nel tentativo di armonizzare l’edificio con il ritmo dell’intorno.

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Il muro e la chiesa

I due volumi sono realizzati attraverso una contrapposizione materica tra la struttura trasparente che costituisce l’involucro della serra, e il sistema murario portante, rivestito in pietra, che costituisce il volume dei servizi. Il volume ruotato dei servizi presenta un’ulteriore contrapposizione tra materiali differenti, pietra e metallo,che vengono utilizzati attraverso un’interpretazione in chiave tecnologica, nella compenetrazione tra artificio e natura.
L’involucro del volume-serra, sia nella verticalità dei tamponamenti sia nell’orizzontamento della copertura, è costituito da vetro strutturale che garantisce la massima penetrazione della luce naturale all’interno, condizione indispensabile per la sopravvivenza delle farfalle.
Tale trasparenza è enfatizzata anche dalla struttura portante, realizzata con un sistema di pilastri, lame in vetro strutturale, a cui si agganciano le travi in acciaio che sostengono la copertura. La “spina dorsale” del sistema di copertura è costituita da una struttura in acciaio che raccoglie le reti degli impianti distribuendoli sull’asse trasversale della struttura espositiva.
Sul lato est, l’involucro è costituito da un setto in cemento armato a vista, all’interno del quale due “tagli” vetrati incorniciano la vista del paesaggio collinare toscano, enfatizzandone i punti prospettici. Per rendere geometrico il volume vetrato della serra, il setto in cemento armato, che segue la direttrice data dal muro preesistente in pietra situato ad est, si piega in copertura così da rendere la parte in vetro strutturale simmetrica e parallela all’asse centrale del giardino, su cui è basato l’impianto planimetrico.

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Sezione assonometrica

L’organizzazione interna del complesso è articolata in modo da consentire la visita della serra-museo attraverso un percorso che si snoda inizialmente all’interno del volume opaco, prosegue poi all’interno della serra tra le vasche contenenti vegetazione tropicale, per poi concludersi sul belvedere situato al di sopra del cubo opaco, nella porzione ruotata e contenuta all’interno delle scatola vetrata. L’ingresso alla struttura si colloca sul fronte sud del cubo ruotato, e permette l’accesso alla biglietteria e alle attività commerciali, che diventano così passaggio obbligato sia in entrata che in uscita. La visita prosegue all’interno della sala proiezioni, situata nel corpo ruotato, dove il visitatore può prendere coscienza del contenuto della visita. In uscita dal corpo opaco, diaframma tra serra ed esterno, il percorso prosegue all’interno della serra vera e propria, dove i percorsi sono organizzati in modo da consentire un flusso continuo di visitatori.
Attraverso scale e rampe è possibile giungere alle differenti quote dei piani su cui sono disposte le vasche contenenti cespugli, ninfee, piante acquatiche e piante tropicali, in modo da essere a stretto contatto con l’ambiente tropicale e osservare da vicino le farfalle.
Al termine della visita alle vasche tematiche, il percorso prosegue sul belvedere, che permette al visitatore di ammirare l’intero ambiente da una prospettiva aerea. Il percorso si conclude circolarmente all’interno della sezione commerciale situata nel cubo ruotato.

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Il contesto: il Giardino Garzoni

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SCHEDA TECNICA
Denominazione
Collodi Butterfly House
edificio-serra destinato alla vita, catalogazione e musealizzazione delle farfalle e a servizi integrati
Localizzazione
Collodi, Pistoia, Italia
Progetto architettonico preliminare, definitivo, esecutivo direzione lavori
emiliofaroldiassociati – Parma, Milano
Progettisti
Emilio Faroldi
Maria Pilar Vettori
Collaboratori
Gianni Bertoldi
Lorenza Campodonico
Pietro Chierici
Andrea Roscini
Alta sorveglianza
Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio storico, Artistico e Demoetnoantropologico per le Province di Firenze, Prato e Pistoia
Paola Grifoni
Valerio Tesi
Responsabilità scientifico-culturale
Fondazione Nazionale Carlo Collodi, Collodi, Pistoia
Consulenza entomologica
Enzo Moretto, Montegrotto Terme, Padova
Strutture
Massimiliano Del Bino, Cipriano Costruzioni
Impianti
Studio Associato Berchielli e Fanucchi, S. Concordio (LU)
Studio Tecnico Simone Silvestri, Montecatini Terme (PT)
General contractor
Engineering 2K, Assago Milanofiori, Milano
Impresa
Cipriano Costruzioni, Borgo a Mozzano, Lucca
Opere in vetro
Saint-Gobain Glass Italia, Milano
Committente
Villa e Giardino Garzoni srl, Milano
Gestione
Sviluppo Turistico Collodi srl, Collodi, Pistoia
Dati dimensionali
superficie serra: 392 mq
superficie servizi: 68 metri quadri
Cronologia
2005: progetto
2006-2007: realizzazione


emilio faroldi associati
I temi della città contemporanea, i suoi paesaggi, le architetture che li compongono, le tecnologie atte al loro divenire costruzione, esplorati nella loro dualità di contenuto funzionale-prestazionale e di valenza morfologico-compositiva, rappresentano gli ambiti di ricerca del gruppo. Identità, storia e innovazione: l’armonia tra queste variabili costituisce la cifra della nostra architettura. L’affiancamento dell’attività teorica alla pratica progettuale persegue l’individuazione di uno scenario culturale di riferimento, attraverso un’attività professionale intesa come luogo di verifica e di ulteriore indagine del fenomeno architettonico e costruttivo, filtrato da una lettura multiscalare e interdisciplinare del mestiere di architetto, diviso tra cultura umanistica e cultura scientifica. L’attività professionale è declinata nell’ambito della progettazione applicata alle diverse scale, urbanistica, architettonica e del manufatto edilizio lungo il suo intero ciclo di vita.

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11 Giugno 2007

Principale

La lezione di Aldo Rossi – Convegno internazionale di studi

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ALMA MATER STUDIORUM – Università di Bologna – Polo Scientifico – didattico di Cesena
DAPT – Dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale – Università di Bologna
Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” – Cesena

Call for papers

LA LEZIONE DI ALDO ROSSI
Convegno internazionale di studi

Bologna-Cesena-Modena (Italia)
21-23 Febbraio 2008

In occasione del decennale della scomparsa di Aldo Rossi, l’Università di Bologna, per iniziativa congiunta della Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” e del Dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale, organizza un convegno internazionale, articolato in tre giornate, che intende fare il punto sullo stato dell’arte nel campo degli studi rossiani.
Le tre giornate dei lavori, che si svolgeranno in città diverse (Bologna – sede storica dell’Ateneo felsineo; Cesena – dove si colloca la Facoltà di Architettura; Modena – luogo topico del progetto rossiano, data la presenza del Cimitero da lui progettato, un’architettura il cui degrado è lento ma costante) si propongono di mettere a fuoco aspetti peculiari del percorso intellettuale e progettuale di Aldo Rossi.
Il convegno prevede un doppio registro di partecipazione: comunicazioni ad invito e selezione attraverso il call for papers. Nel corso di ciascuna giornata, la mattina sarà dedicata ad interventi di relatori invitati dal comitato scientifico, mentre nel pomeriggio sono previste presentazioni brevi (20 min.) selezionate fra gli abstract ricevuti.
Comitato scientifico del convegno: Maristella Casciato, Francesco Saverio Fera, Giovanni Leoni, Annalisa Trentin – docenti presso la Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” – unitamente a DARC – Roma (Margherita Guccione); Fondazione Aldo Rossi – Milano; IBC/Regione Emilia-Romagna – Bologna (Piero Orlandi); DAM – Francoforte (Annette Becker); Getty Foundation – Los Angeles (Wim de Wit)
Segreteria organizzativa coordinata da Annalisa Trentin con i dottorandi XXI e XXII ciclo del “Dottorato di ricerca in Composizione Architettonica e Urbana” Università di Bologna. (info: mostre@arch.unibo.it )

Il call for papers fissa tre temi, sintetizzati in altrettante parole chiave: biografia, teoria dell’architettura, opera.
La prima filiera propone una riflessione sui percorsi di formazione e sulle loro ricadute in vere e proprie autobiografie. In questo caso la centralità della figura di Aldo Rossi è evidente, ma il convegno sollecita proposte che esaminino questa tematica anche in personalità altre, collegate per diverse strade a quella di Rossi.
La seconda filiera si concentra sull’analisi degli scritti di Aldo Rossi, sull’esposizione di una teoria dell’architettura, sull’architettura del libro di architettura.
La terza filiera esamina l’opera progettata e/o costruita come vero e proprio caso studio. In questa sezione un particolare ruolo può essere assegnato al disegno di architettura.

Gli studiosi interessati a partecipare alle sessioni pomeridiane del convegno sono invitati ad inviare, entro il 1° settembre 2007, un abstract di 2.000 battute (350 parole) massimo all’indirizzo mail: mostre@arch.unibo.it
Gli abstract possono essere sia in italiano, sia in inglese.
Il contributo deve essere inedito e frutto di un lavoro che si fonda su fonti originali. L’autore deve indicare precisamente in che modo il suo contributo si riferisce ai temi della conferenza. La comunicazione deve avere un carattere interpretativo, piuttosto che descrittivo. Ogni studioso può inviare una sola proposta.
In testa all’abstract indicare chiaramente:
Nome e Cognome
Istituzione di appartenenza
Posizione accademica
Indirizzo mail
Indirizzo postale
Numeri di telefono
Titolo

Per studenti o dottorandi il nome e cognome sono indicati fra parentesi, riportando l’Università presso cui si svolgono gli studi e il nome del tutor.
Il comitato scientifico selezionerà le proposte entro il 15 settembre 2007 e ne darà comunicazione tempestiva agli autori.
Gli studiosi selezionati dovranno consegnare il testo del loro intervento, di 20.000 battute (3.500 parole) massimo, in italiano o in inglese, entro il 30 ottobre 2007.
L’Università di Bologna, tramite la Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” e il Dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale, finanzia la stampa degli Atti. La pubblicazione degli Atti è prevista in contemporanea con il convegno.
Gli studiosi selezionati dovranno rendersi disponibili alle opportune revisioni editoriali nel mese di novembre 2007, pena l’esclusione dalla pubblicazione.
Gli studiosi selezionati parteciperanno al convegno a proprie spese e riceveranno comunicazione delle convenzioni avviate dall’Università di Bologna per agevolare il loro soggiorno.
Il comitato scientifico selezionerà, sulla base della qualità scientifica dello scritto inviato, tre studiosi a cui sarà attribuita una borsa di studio per la partecipazione al convegno pari a Euro 500,00.
Non è prevista alcuna quota di iscrizione al convegno; gli Atti saranno in vendita per tutti i partecipanti.

Gino Malacarne
Preside Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” Università di Bologna

Gianni Braghieri
Presidente corso di laurea Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” Università di Bologna

Piero Secondini
Direttore DAPT Dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale Università di Bologna

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