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10 Ottobre 2007

Principale

Kengo Kuma e la leggerezza della pietra

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Stone Pavillion (foto di Alfonso Acocella)

Enorme interesse ha suscitato la realizzazione dello Stone Pavillion ideato dal maestro Kengo Kuma per Il Casone Spa durante l’edizione appena conclusa del Marmomacc di Verona .
Successo di pubblico con una notevole affluenza di progettisti provenienti da tutto il mondo. La manifestazione ha raggiunto il culmine con la presenza del maestro Kuma, il quale con la massima disponibilità non si è sottratto alle domande dei giornalisti, italiani e stranieri, delle innumerevoli testate presenti, tra le quali RAI, Sky tv e riviste specializzate tra cui Casabella, Ottagono, Area, Architetctural Record, solo per citarne alcune.
Questo enorme successo scaturisce dalla genialità del maestro Kuma e dalla professionalità de Il Casone spa, i quali hanno realizzato una vera e propria opera di architettura nell’ambito della fiera più importante al mondo dei materiali lapidei.
Di altissimo livello il gruppo di collaboratori e consulenti, che hanno contribuito a questo successo, quali il Prof. Arch. Luigi Alini docente all’Università di Catania e il prof. Arch. Alfonso Acocella dell’Univesità di Ferrara, nonchè l’architetto Francesco Funari di Targetti Sankey spa che ha curato il progetto illuminotecnico.

IL CASONE

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10 Ottobre 2007

Opere di Architettura

Del Muro. due abitazioni nel Cantone Ticino degli Architetti Markus Wespi e Jèrôme De Meuron.

Il problema del muro: un’introduzione.

“I due spazi che abbiamo definito – il nostro spazio d’esperienza, caratterizzato da un orientamento orizzontale, e lo spazio naturale, a orientamento verticale – sono dunque contrapposti, ed è da questo originario antagonismo che nasce l’architettura. Essa ha inizio nel momento in cui aggiungiamo alla superficie orizzontale della terra dei muri che si innalzano in verticale.”
Dom Hans Van der Laan, Lo spazio architettonico 1. La Natura e l’architettura.1

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L’entrata della casa a Brione sopra Minusio ed una vista da sud dell’edificio di Scaiano (Fotografie: Hannes Henz e Stefano Zerbi)

La recente pubblicazione, da parte della Casa Editrice Librìa di Melfi, di una raccolta delle opere degli architetti svizzeri Markus Wespi e Jèrôme De Meuron è stata lo spunto per presentare nell’Architettura di Pietra l’opera di questo ufficio2.

Del muro come “opera d’arte”.
Le due architetture proposte da Markus Wespi e Jèrôme De Meuron si inseriscono nel contesto attraverso l’utilizzo della pietra locale e dal modo con il quale essa è messa in opera. Entrambi gli edifici sorgono sulle pendici del Lago Maggiore e dialogano direttamente con il paesaggio.
In entrambi i casi la natura “litica” deriva dalla volontà di mettere in relazione architettura del territorio e architettura civile. Nel caso dell’edificio rustico trasformato a Scaiano esso diviene parte integrante del complesso di muri a secco che delimitano l’ultimo terreno dell’antico villaggio. Per la casa di Brione sopra Minusio gli architetti hanno deciso di ridurre formalmente l’edificio fino a renderlo parte integrante del complesso di muri che sorreggono i terrazzamenti circostanti, fondamento della costruzione del territorio.

Trasformazione di un’abitazione a Scaiano, Cantone Ticino, Svizzera, 20043.

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Il risultato della trasformazione è un volume semplice che si esprime in quanto muro di pietra (Fotografia: Stefano Zerbi)

Quest’edificio è il prodotto della trasformazione di un edificio rustico nel centro di Scaiano, un villaggio sulle pendici meridionali del Lago Maggiore. Gli architetti intervengono sull’esistente modificandone l’aspetto in modo chiaro anche attraverso la soppressione del tetto a due falde che è sostituito da una copertura piana rivestita in pietra: esso diventa una vera quinta facciata. La percezione dell’edificio è completamente trasformata, ne risulta un volume puro formato da muri, sui quali si concentra il progetto volto ad esaltarne il carattere massiccio. Le aperture esistenti sono mantenute e modificate solo nel caso della grande vetrata verso il lago. I serramenti sono montati, se apribili, all’interno sulle vecchie mazzette, o, se fissi, sul filo esterno del muro. Ne risulta un edificio in grado di dialogare sia con l’architettura contemporanea sia con quella tradizionale circostante, senza contrasti inutili. Un’architettura che cerca, come affermato da Alberto Caruso, il “silenzio” sia nella dimensione abitativa che nel rapporto con la natura4, e si potrebbe aggiungere anche con il territorio in quanto costruzione.
All’interno la pietra scompare e compare l’intonaco, la dimensione domestica prevale su quella puramente “plastica”, ma il muro in pietra, o meglio il suo spessore, è ovunque percettibile grazie alle profonde aperture. Ogni apertura è l’occasione per incorniciare una porzione del paesaggio circostante, sia quello lontano, come nel caso dell’apertura della zona pranzo verso il lago, sia quello più vicino, come nel caso dell’apertura bassa del soggiorno che inquadra la vegetazione del giardino.

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Due inquadrature (Fotografie: Stefano Zerbi)

Ecco le parole degli architetti:
“L’edificio rustico trasformato si situa in una posizione rimarchevole al margine del villaggio e dialoga sia con esso che con il paesaggio.
I nuovi interventi non si confrontano direttamente e per contrasto con l’esistente, piuttosto l’attuale chiarezza è prodotta dalla stessa sostanza storica.
Attraverso la demolizione del vecchio tetto a due spioventi e la riduzione dei corpi di fabbrica ad un semplice cubo, i contorni dello stesso sono resi visibili.
Per non nuocere alla volumetria ed alle proporzioni, il volume necessario per l’aggiunta di un bagno è stato ricavato sottoterra verso monte.”

photogallery

Nuova casa d’abitazione a Brione sopra Minusio, Cantone Ticino, Svizzera, 20055.

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Viste d’insieme dell’edificio e delle sistemazioni esterne (Fotografie: Hannes Henz)

Nella casa a Brione sopra Minusio i principi contenuti nel progetto di Scaiano sono resi ancora più espliciti.
La scelta del materiale, la pietra naturale, non è punto di partenza, ma piuttosto il risultato della riflessione da parte degli architetti sul tema del costruire una piccola casa fuori dalla città:

“Il nuovo edificio si situa in un denso quartiere residenziale sopra Locarno, con vista sulla città, sul lago e le montagne.
Il progetto reagisce con discrezione ad un tema quotidiano: costruire nel disordine urbanistico.
Si è dunque rinunciato all’impiego degli attributi convenzionali di una casa: si è fatto ricorso solamente a due cubi di pietra posti semplicemente perpendicolari l’uno all’altro che sporgono dalla montagna – frammentari – appartenenti più al paesaggio che al quartiere – più muro che casa – sottraendosi da un ordine temporale.”

Gli architetti hanno invece scelto come realizzare questo muro, esaltandone lo spessore. Esso è costituito dunque da una doppia muratura in pietra naturale, con interposto manto isolante, per uno spessore finale di 75cm. Un muro che si avvicina quindi più a quelli di sostegno che a quelli correntemente utilizzati nell’edilizia abitativa. La pietra utilizzata è quella locale, di diversa provenienza, ciò che ha prodotto un aspetto simile a quello delle murature tradizionali costituite da sassi trovati sul posto.

L’edificio si compone di due volumi di cui uno, parallelo alla pendenza, contiene gli spazi abitabili, mentre il secondo, perpendicolare al primo, permette l’accesso e contiene la piscina.

“Gli spazi abitabili interni derivano dal principio dello scavo.
Due identiche grandi aperture dotate di griglie in legno scorrevoli offrono all’abitante l’ingresso e la vista.
La luce accessoria penetra attraverso dei patii.
L’acqua della piscina scavata nel cubo a valle dialoga con il lago.”

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Pietra e paesaggio sono presenti in ogni spazio dell’abitazione (Fotografie: Hannes Henz)

photogallery

La copertura è, anche in questo caso, in pietra naturale, la quinta facciata già presente nell’edificio di Scaiano. Nella casa di Brione, però, la pietra è presente anche all’interno dell’edificio, enfatizzando così la sensazione di abitare il muro, il blocco di pietra. Le zona giorno è illuminata dall’ampia apertura che permette nel contempo di mettere in relazione la casa con il giardino e di far penetrare il paesaggio all’interno. Le camere da letto, al primo piano, sono invece luoghi nei quali riposarsi, ritemprarsi, e sono illuminate dalla luce indiretta che filtra attraverso i patii. Qui, più che altrove, si può “ascoltare” il silenzio delle architetture di Wespi e De Meuron, che ci invitano a riflettere sul senso contemporaneo dell’abitare riavvicinando l’Uomo agli Elementi della Terra.

Stefano Zerbi

Vai al sito sito Wespi & De Meuron Architekten

Note
1 Ferlenga, Alberto, Verde, Paola, Dom Hans Van der Laan. Le opere, gli scritti, (“Documenti di Architettura 128”), Milano, Electa, p. 163.
2 Caruso, Alberto, a cura di, Markus Wespi Jèrôme De Meuron, (“About 11”), Melfi, Casa Editrice Librìa, 2006.
3 Si vedano per ulteriori dettagli, oltre alla succitata monografia a cura di Aberto Caruso, il libro di Stephan Isphording, Neue oleine Häuser. Für Singles, Paare und ältere Menschen, München, Deutsche Verlag-Anstalt, 2006, pp. 136-141 e l’articolo di Hubertus Adam, “Radikal und Archaisch”, Baumeister, b8, August 2006, pp. 70-77.
4 Caruso, Alberto, a cura di, op. cit., pp. 7-8.
5 Si veda anche l’articolo di Hubertus Adam, “Introvertiertheit aus Prinzip”, Archithese, n°1, Januar-Februar 2007, pp. 70-73 e “Casa a Brione sopra Minusio”, Archi. Rivista svizzera di architettura, ingegneria e urbanistica, n°1, 2007, pp. 12-17.

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9 Ottobre 2007

Principale

NetSpace: viaggio nell’arte della Rete

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La DARC – Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanee
Il MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo

presentano

NetSpace: viaggio nell’arte della Rete”
Paesaggi elettronici

Martedì 16 ottobre 2007, ore 12
MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo
via Guido Reni 2f, Roma

Inaugurazione: 16 ottobre 2007, ore 18
Apertura al pubblico: 17 ottobre al 18 novembre

Martedì 16 ottobre 2007, alle ore 12, Francesco Rutelli, Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Pio Baldi, Direttore generale della DARC e Anna Mattirolo, direttore di MAXXI Arte, presentano Paesaggi elettronici, nuovo ciclo nell’ambito di NetSpace: viaggio nell’arte della Rete, a cura di Elena Giulia Rossi. Il progetto, nato per iniziativa e con il supporto del Servizio Educativo, intende offrire gli strumenti necessari per avvicinarsi alla net art, tendenza artistica di ultima generazione che utilizza internet come unico strumento di creazione.
Le opere selezionate per il nuovo ciclo di NetSpace esplorano paesaggi costruiti con e per la Rete analizzando il paesaggio sotto alcune delle sue molteplici sfaccettature: da una formulazione di paesaggio dove tradizione pittorica e nuove tecnologie coesistono, alla costruzione di vere e proprie utopie architettoniche, all’esplorazione del paesaggio urbano attraverso l’occhio elettronico.

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9 Ottobre 2007

Principale

Pietre che fioriscono

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“Se ne sapessi di muschi e licheni magari scriverei un articolo per il tuo blog…
Per adesso li ho fotografati, e quasi mi dispiace che durante il restauro di questa piccola chiesa nella quale li ho trovati saranno “giustamente” cancellati…”

Cristiano Cossu

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Pietre di Sardegna

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Varietà di graniti sardi. Dall’alto a sinistra in senso orario: Granito Limbara; Ghiandone Rosato; Ghiandone Grigio, Granito Rosa Nule (da Giorgio Blanco, Dizionario dell’architettura di pietra, 1999).

Le risorse litiche
Sin dall’Antichità, tra le regioni mediterranee, la Sardegna è nota per la ricchezza delle sue risorse litiche, di ottima qualità e di facile estrazione. Ancora oggi, su scala mondiale, i giacimenti granitici dell’isola costituiscono una delle più cospicue masse lapidee suscettibili di ricerca e di coltivazione per ottenere materiali ornamentali e da costruzione. Accanto ai graniti con varie denominazioni commerciali (Limbara, Rosa Antico, Rosa Beta, Rosa Nule, ecc.), il territorio sardo presenta giacimenti di basalti, trachiti e di calcari noti come marmi di Orosei. I principali bacini minerari della regione sono cinque e ognuno di essi è caratterizzato dalla presenza di litotipi petrograficamente omogenei. Quattro bacini riguardano il granito ed uno il marmo di Orosei. All’interno di ciascuna di queste macroaree si possono individuare diversi poli estrattivi circoscritti entro cui si concentra l’attività di escavazione e, a volte, anche l’attività di lavorazione della pietra.
Le denominazioni e le caratteristiche specifiche dei bacini sono riportate di seguito:
– bacino di Arzachena – Luogosanto (SS), poli estrattivi Bassacutena e Luogosanto: circa 15 cave attive di graniti rosa del tipo litologico monzogranito granulare a piccoli cristalli;
– bacino di Tempio Pausania – Calangianus (SS), poli estrattivi Monte Nuragone, Luras, Calangianus, Muddizza, Piana, Aggius, Tempio Pausania: alcune cave attive di graniti ghiandoni del tipo litologico monzogranito eterogranulare a megacristalli;
– bacino di Alà dei Sardi – Buddusò (SS), poli estrattivi Alà dei Sardi e Buddusò: circa 15 cave attive di graniti grigi e bianchi del tipo litologico leucogranito equigranulare a cristalli medio-piccoli;
– bacino di Ovodda (NU): alcune cave attive di graniti grigi del tipo litologico monzogranito eterogranulare a cristalli piccoli;
– bacino del Marmo di Orosei (NU): alcune cave attive di calcari mesozoici di diverse varietà commerciali tra cui si ricordano i Marmi Chiari, i Venati e i Nuvolati.

Le riserve di massa granitica della regione sono notevolissime e assicurano una capacità estrattiva annuale complessiva di circa 400.000 mc di materiale andando a ricoprire la quasi totalità della produzione nazionale di tale litotipo.
Il giacimento di calcari di Orosei, la cui potenza raggiunge in alcuni punti i 600 metri, è pari a circa 34 milioni di metri cubi; il materiale estratto dalle cave in oltre 30 anni di attività rappresenta solo il 6 % delle attuali riserve in vista. La capacità estrattiva annuale dell’intero comprensorio è di circa 80.000 mc di materiale.
Ai principali bacini estrattivi del granito e dei calcari si aggiungono più modesti giacimenti di basalto e trachiti. Il primo litotipo viene estratto attualmente in 3 cave localizzate nella parte occidentale dell’isola in affioramenti estesi caratterizzati da banchi tabulari con potenza variabile dai 15 ai 40 metri.
Le pietre che vanno sotto la denominazione commerciale di Trachite di Sardegna sono invece più diffusamente cavate in provincia di Oristano (Ardauli, Bosa, Fordongianus, Ruinas), di Sassari (Benetutti, Ittiri, Oschiri, Ozieri, Uri), di Cagliari (Serrenti) e di Nuoro (Sedilo) e comprendono un’ampia varietà di rocce piroclastiche dal caratteristico colore caldo grigio-crema fino al rosa-ambrato. La potenza dei giacimenti delle trachiti sarde va dai 10 ai 60 metri di spessore.

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Varietà di Marmo di Orosei. Dall’alto a sinistra in senso orario: Marmo Chiaro; Nuvolato; Perlato; Venato (da www.marmodiorosei.it).

Il settore lapideo
Il comparto industriale dei lapidei sardi si è formato negli ultimi 30 anni ed è il risultato di un processo di formazione spontanea di una molteplicità di piccole e medie imprese, localizzate quasi esclusivamente nell’area del granito in provincia di Sassari, e nell’area del marmo di Orosei in provincia di Nuoro.
La Regione Sardegna con una specifica legislazione riconosce in queste due concentrazioni altrettanti distretti industriali denominati rispettivamente Distretto del Granito di Gallura e Distretto del Marmo di Orosei: la realtà gallurese raggruppa circa 280 imprese con un numero di 1000 occupati ed un fatturato annuale complessivo di circa 240 milioni di euro; nella realtà di Orosei le imprese sono 43, con 400 occupati, ed un fatturato annuale attestato attorno ai 22 milioni di euro. Estremamente rilevante è l’indotto suscitato nella filiera terra-mare di trasporto speciale dei blocchi in cui gioca un ruolo centrale il sistema portuale di Olbia-Golfo Aranci.
In entrambi i distretti prevalgono le aziende che si occupano unicamente di estrazione e la produzione e la vendita riguardano in gran parte il semilavorato anzichè il prodotto finito; per questo la capacità di lavorazione tradizionale dei lapidei (lastre, filagne) è in alcuni poli molto elevata, mentre è diffusamente poco sviluppata la specializzazione nella produzione di lavorati e componenti per l’architettura di consistente elaborazione tecnologica.
Circa il 18% dei lapidei sardi è destinato al mercato estero mentre l’82% è assorbito dal mercato locale e nazionale. Se tra gli anni ’80 e i primi anni ’90 del secolo scorso l’intero comparto ha registrato una crescita pressochè costante, nell’ultimo decennio, soprattutto per ciò che riguarda il granito, ha subìto una flessione consistente dovuta alla pressante concorrenza degli analoghi prodotti lapidei di provenienza orientale ed ad una scarsa capacità di innovazione e promozione del prodotto.
Da alcuni anni le aziende del settore, attraverso il Consorzio Graniti e Marmi di Sardegna, hanno intrapreso politiche comuni e coordinate in relazione alle problematiche di normazione dell’attività estrattiva e di ottenimento dei marchi di qualità della pietra. Tuttavia la capacità di coordinamento operativo e la rappresentatività del mondo dei lapidei sardi sono ancora scarse e rimangono perlopiù frammentate a livello dei generici raggruppamenti delle associazioni industriali provinciali.
Per far fronte alla crisi delle lavorazioni standard a basso contenuto tecnologico, il settore sente più che mai l’esigenza di una politica unitaria ed integrata di riassetto produttivo e di rilancio promozionale del prodotto, con un ridisegno strutturale dell’intera filiera industriale che, come si è visto, può ancora contare su un patrimonio di pietre locali di grande consistenza ed inestimabile valore.
Negli ultimi anni, in tal senso, sono state realizzate alcune esperienze pilota particolarmente significative: tra tutte si ricorda quella promossa dal Consorzio Graniti e Marmi Sardi in collaborazione con il Consorzio 21 (attuale Sardegna Ricerche), struttura regionale dedicata alle attività riguardanti la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico-industriale: in tale contesto è nato il progetto “Lapidei Sardi Ornamentali” che partendo dalla messa a punto di una serie di strumenti conoscitivi delle caratteristiche tecniche e applicative delle pietre regionali si è esplicato attraverso iniziative di divulgazione e formazione rivolte sia agli operatori delle imprese che ai potenziali utilizzatori della pietra.

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Cave di granito a Buddusò (foto Alfonso Acocella).

I paesaggi di pietra
Come è stato sottolineato nel tempo da numerosi visitatori in suggestivi diari di viaggio o nella cospicua storiografia delle guide geografico-turistiche “il viaggio in Sardegna è essenzialmente un viaggio d’ambiente”, dominato dalle presenze del mare e della pietra.
L’elemento liquido ha rappresentato nei secoli, e a tratti ancora rappresenta, un impenetrabile confine di isolamento e conservazione, portatore di rare aperture verso i traffici commerciali e le civiltà esterne come anche di dominazioni e lacerazioni profonde nella storia dei luoghi; nel segno della pietra si uniscono la natura fisica e lo sviluppo dell’antropizzazione dell’isola, dall’epoca del commercio preistorico dell’ossidiana, passando per le diverse culture costruttive nuragiche o dell’era moderna, fino alla contemporaneità della Sardegna turistica, con i suoi paesaggi rocciosi e selvaggi sempre più obliterati da un’urbanizzazione intensiva e spesso sconsiderata.
Il territorio delle montagne interne, degli altopiani e delle coste, diffusamente caratterizzato da affioramenti litici di varia natura, è costellato di vestigia monumentali in cui le pietre dell’isola ritornano al paesaggio, lavorate dall’uomo per dar vita ad un ricchissimo sistema insediativo, costruito per stratificazioni successive in migliaia di anni.
Ai suggestivi insediamenti preistorici e protostorici scavati nella roccia e denominati domus de janas – tra cui spiccano quelli di Sas Concas ricavati in un filone trachitico nei pressi di Oniferi in Barbagia e la grandiosa Domus de Janas di Santu Pedru nel territorio di Alghero – si aggiungono ipogei, dolmen semplici o a galleria, allineamenti di ortostati e menhir e le imponenti tombe dei giganti: sepolture megalitiche formate da lastre levigate, ricurve o rettilinee, di basalto o di granito.
A punteggiare il paesaggio brullo dell’interno sono poi le costruzioni litiche a secco della cultura nuragica, diffuse in un sistema di fortezze, villaggi, santuari e necropoli in cui i giri sovrapposti di pietre vanno a formare le caratteristiche architetture troncoconiche, con le spesse murature e le volte di copertura ad anelli concentrici in aggetto progressivo.
Isolate, o poste in successione a compenetrarsi parzialmente, le strutture turrite ospitano all’interno camere circolari e sono realizzate con grossi blocchi prevalentemente granitici, poligonali o pseudoquadrati.

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Tomba dei giganti Coddu ‘Ecchju ad Arzachena (foto Alfonso Acocella).

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Tomba dei giganti Li Lolghi ad Arzachena (foto Alfonso Acocella).

Quasi ovunque le testimonianze dell’antropizzazione arcaica sono incastonate nel paesaggio roccioso in una straordinaria assonanza di intonazioni coloriche e grane materiche; così i “segni” litici dell’uomo e quelli della natura si sovrappongono in un palinsesto omogeneo dove trovano valorizzazione reciproca.
Le pietre si offrono alla vista in affioramenti particolarmente spettacolari nella foresta pietrificata di Carucana, nelle formazioni granitiche o granitico-porfiriche della Valle della Luna, della Gola Su Gorroppu, delle Rocce di Capo Testa, di Arbatax, e dell’Isola Rossa come anche nei caratteristici fenomeni erosivi della Roccia dell’Elefante a Castelsardo, dell’Orso a Palau e del Fungo di Arzachena.
A tali emergenze si aggiungono le numerose grotte costiere, le stesse cave gradonate che rimodellano l’orografia conferendole un valore “altro” rispetto all’assetto originario, e i cosiddetti tacchi (o toneri): formazioni principalmente calcaree aspre ed impervie, fatte di torrioni rocciosi, crinali e margini seghettati, gole e voragini, che caratterizzano diffusamente il territorio della regione con particolare spettacolarità negli altopiani della Barbagia e dell’Ogliastra.

di Davide Turrini

Bibliografia di riferimento
Francesco Rodolico, “La Sardegna” pp. 479-494, in Le pietre delle città d’Italia, Firenze, Le Monnier, 1965, pp. 501.
Felice Di Gregorio, “Le pietre ornamentali della Sardegna”, in L’industria mineraria n. 4, 1980, pp. 23-31.
Vico Mossa, Architettura e paesaggio in Sardegna, Sassari, Delfino, 1981, pp. 313.
Antonello Sanna, Caratteri tipologici e costruttivi dell’architettura tradizionale della Sardegna: materiali per un manuale del recupero, Cagliari, CUEC, 1992, pp. 124.
Camillo Del Bono, Il granito in Sardegna : estrazione e trasformazione, Sassari, Banco di Sardegna, 1994, pp. 184.
Antonio Franco Fadda, Il paesaggio montano in Sardegna: evoluzione e monumenti naturali, Cagliari, Coedisar, 1994, pp. 207.
Francesco Efisio Loi, Granito di Sardegna. Il progresso tecnologico nell’industria estrattiva: un’indagine di settore, Cagliari, Istituto Editoriale dell’Artigianato, 1994, pp. 91.
Antonio Franco Fadda, Il paesaggio costiero in Sardegna: evoluzione e monumenti naturali, Cagliari, Coedisar, 1995, pp. 256.
Pietre sarde: utilizzo ed impatto ambientale. Atti del convegno, Sassari, Promocamera, 1997, pp. 46.
Giorgio Blanco, “Ghiandone Gallurese”, “Granito Grigio Perlato”, “Granito Limbara”, “Granito Rosa Nule”, voci in Dizionario dell’architettura di pietra, vol. I, Roma, Carocci, 1999.
Franco Laner, Accabadora: tecnologia delle costruzioni nuragiche, Milano, FrancoAngeli, 1999, pp. 103.
Gianfranco Pintore, Sardegna sconosciuta: itinerari insoliti e curiosi, Milano, Rizzoli, 2001, pp. 248.
Carlo A. Cantarella, Domus de Janas, s.l., KKL, 2002, pp. 57.
Pietre di Sardegna: pavimentazioni e rivestimenti a spacco, Cagliari, Servimpresa, 2002, pp. 175.
Antonio Franco Fadda, Paesaggi minerari in Sardegna, Elmas, Coedisar, 2003, pp. 239.
Marco Idile, Domus de Janas, Sassari, Tas, 2003, pp. 185.
Danilo Scintu, Le torri del cielo: architettura e simbolismo dei nuraghi di Sardegna, s.l., PTM, 2006, pp. 204.

Sitografia web
www.assindnu.it
Website ufficiale dell’Associazione Industriali della Sardegna Centrale.
www.assindss.it
Website ufficiale dell’Associazione Industriali del Nord Sardegna.
www.ilportalesardo.it
Portale riguardante la Sardegna. Territorio, ambiente, cultura, turismo.
www.industriaestrattiva.it
Website per la diffusione dello sviluppo sostenibile nell’attività estrattiva in Sardegna. Associazioni, legislazione, rassegna stampa.
www.distretti.org
Website ufficiale dell’Associazione dei Distretti Industriali Italiani.
www.lapideisardi.it
Website tematico sui materiali lapidei sardi ornamentali.
www.marmodiorosei.it
Website tematico sul Marmo di Orosei.
www.sardegnastatistiche.it
Website ufficiale dell’Osservatorio Economico della Regione Sardegna. Quadri statistici sulle attività produttive, le risorse naturali, il territorio.

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Pietra serena*

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Cava di Pietra serena. Comprensorio di Brento Sanico presso Firenzuola.

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Descrizione macroscopica1
Litotipo sedimentario di colore di insieme grigio, omogeneo, a grana fine, macchiettato da individui submillimetrici neri e da individui a lucentezza madreperlacea. Sono presenti rare venature o chiazze cromaticamente variabili dovute a probabili locali variazioni compositive. Il materiale si presenta molto compatto e duro pur essendo poroso. Si riga con una lama metallica, lasciando ipotizzare la presenza di costituenti con durezze localmente minori di 3 nella scala di Mohs; frigge più o meno abbondantemente a contatto di acido cloridrico, permettendo di supporre, almeno per parte, una composizione calcitica.
La roccia appare molto sana e priva di condizioni superficiali di alterazione.

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Aspetto tal quale della Litarenite Arcosica commercialmente denominata “Pietra Serena”. (Stereomicroscopio 40 I)

Descrizione microscopica2
Si tratta di un litotipo sedimentario calcareo a struttura eterogenea e a tessitura clastica. Le dimensioni dei clasti sono variabili tra 0,1 e 0,6 mm, il che, considerando la scala granulometria dei sedimenti adottata normalmente in geologia, ci permette di classificarli come arenitici. Il supporto è prevalentemente granulare.
I componenti allochimici sono costituiti da rari frammenti di bioclasti quale tritume organogeno non definibile e da rari granuli intrabacinali solitamente aggregati. I componenti ortochimici sono dati da cemento carbonatico e probabili argillosi.
Sono però i componenti terrigeni ad essere di gran lunga i maggiori costituenti la roccia. Essi sono costituiti prevalentemente da componenti terrigeni silicoclastici, (circa l’80% dei costituenti i componenti terrigeni secondo stima visiva), e litoclastici (circa il 20% dei costituenti i componenti terrigeni secondo stima visiva). Tra i silicoclasti si nota la presenza di:
Quarzo: esso può essere sia sub spigoloso e sia sub arrotondato, in individui monocristallini e in individui policristallini, localmente deformato;
Feldspati: in netto subordine rispetto il quarzo. Possono presentarsi anche essi sub spigolosi o sub arrotondati. Sono riconoscibili per le loro tipiche geminazioni polisintetiche;
Granati: fratturati, incolori, riconoscibili per il loro rilievo elevato e la completa estinzione a Nicols incrociati. Sono talora in fase di alterazione;
Miche: sono presenti sia come Muscovite, in individui, in lacinie anche deformate e come sericite, prodotto di alterazione di feldspati; Clorite prevalentemente di alterazione ed in subordine come individui di Biotite;
Zirconi;
Titanite.
I componenti terrigeni costituiti da litoclasti, derivano da frammentazione e trasporto di rocce madri, si riconosce la presenza di litoclasti olocristallini di probabile origina magmatica e/o metamorfica. Si nota inoltre la presenza di frammenti di marmo, e quindi di composizione calcitica. I litoclasti possono presentare forme variabili da subarrotondate a sub spigolose, con dimensioni che possono raggiungere valori plurimillimetrici.
Anche se quantitativamente in netto subordine, si nota la presenza di individui sedimentari micritici intrabacinali.
Dimensioni, forme e genesi dei costituenti la roccia lasciano ipotizzare una loro bassa classazione e selezione.
Micrite non osservabile.

Discontinuità: sono presenti prevalentemente come porosità intergranulari. Non si notano fratture o venature.
Alterazione: alcune fasi mineralogiche presnti lasciano ipotizzate una condizione di alterazione in essere di alcuni dei costituenti la roccia.

Definizione petrografica* (secondo EN12670): LITARENITE FELDSPATICA (Sedimentary Rocks Classification Charts)

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Aspetto dell’arenaria fotografata a 2 ingrandimenti e a a Nicols paralleli. Essa è caratterizzata da una rilevante concentrazione di clasti da sub arrotondati a spigolosi prevalentemente chiari. (2 I. Nicols //)

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Le arenarie. Geologia
Parlare di arenarie, significa in realtà parlare di rocce sedimentarie generatisi in seguito alla compattazione di sedimenti particellari di dimensioni pressochè simili a quelle della sabbia.
Le arenarie possono formarsi all’interno dei bacini sedimentari e quindi già in condizioni subacquee nel qual caso si parla di areniti intrabacinali. Dal punto di vista composizionale, esse sono, prevalentemente costituite da calcare, nel qual caso si parla di calcareniti. Quando invece i sedimenti si formano al di fuori dei bacini sedimentari, in seguito alla erosione di rocce extrabacinali, esse sono nella maggior parte dei casi di composizione silicoclastica. Si parla in questo caso di arenarie. Questo è il gruppo più ampio ed importante, ed i loro costituenti fondamentali, sui quali si effettua la classificazione del materiale, sono il quarzo, i feldspati ed i frammenti di roccia.
Le arenarie, come rocce sedimentarie, sono costituite da componenti terrigeni, componenti allochimici e ortochimici.
I componenti terrigeni si formano dalla disgregazione di rocce preesistenti in ambiente subaereo e vengono successivamente deposti negli ambienti di sedimentazione. Essi possono essere costituiti da silicoclasti come granuli di quarzo, feldspati, minerali pesanti, miche, minerali argillosi, calcite, selce, e/o da frammenti di rocce tout court.
I componenti allochimici, invece sono le particelle che si formano per precipitazione diretta nel bacino di sedimentazione. Possono essere costituiti da bioclasti, ooliti, granuli di glauconite, cristalli di aragonite, di gesso…, mentre i componenti ortochimici sono i precipitati chimici che si formano direttamente nel bacino di sedimentazione e che servono a provocare la compattazione della roccia (minerali evaporitici, cementi, concrezioni, minerali di sostituzione…)
Pur non addentrandoci sul sistema classificativo di queste tipologie di pietre, possiamo dire che se in una arenaria ci sono tanti differenti frammenti di rocce, si presuppone che esse siano di provenienza sopracrostale, se invece sono caratterizzate da molti feldspati, si ipotizza che esse abbiano una genesi legata alla presenza di litotipi profondi, del tipo granitico. La netta preponderanza del quarzo sta invece ad indicare una maturità composizionale della roccia, dal momento che esso è il minerale che ha una resistenza maggiore alle aggressioni chimiche ed una durezza elevata.

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Foglio geologico n. 98 – Vergato, con l’ubicazione di Firenzuola, a destra del foglio, evidenziata in rosso.
Le carte geologiche, tipico strumento di lavoro dei geologi, riportano i differenti litotipi che affiorano nelle diverse località. Per quanto riguarda il materiale che affiora a Firenzuola, e che nella carta vediamo segnato in grigio azzurrino, la legenda riporta: “terreni caotici eterogenei costituiti da una matrice prevalente di argille plumbee associate a calcari palombini (cp), calcari a Tintinnidi (cc), radiolariti (di) e “pietre verdi”(?, ?, ?, ?b, ecc) con frammenti e zolle inglobate di “alberese” (al), “macigno” (mc) ecc. […]”.

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Ubicazione del foglio geologico in analisi
Sezioni geologiche tratte dal foglio geologico n. 98
Schema dei rapporti stratigrafici. Dal foglio geologico n. 98

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Le arenarie di Firenzuola. Le genesi e la geologia formazionale
La “Pietra Serena” proviene dalla Formazione del Macigno, Flysch marnoso-arenaceo che risale come formazione all’Oligocene-Miocene inferiore.
Questa formazione è data da una alternanza di bancate arenacee gradate, banchi cioè costituiti da arenarie caratterizzate da variazioni dimensionali dei granuli costituenti, e da livelli di argilliti e siltiti.
In passato la letteratura geologica suddivideva questa sequenza litologica, in base allo spessore e alla sequenza dei banchi arenacei, alle dimensioni della grana dei clasti costituenti le arenarie delle varie bancate e alla loro composizione, in ben cinque diverse formazioni e precisamente: Macigno, Macigno del Chianti, Macigno del Mugello, Formazione di Londa e Arenarie del Monte Senario.

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Dal punto di vista geologico formazionale si ipotizza che la formazione di tale materiale sia legato a flysch di origine torbiditico, silicoclastico (di composizione prevalentemente data da quarzo e feldspati): una alternanza cioè di arenarie, la cui genesi viene collegata a correnti sottomarine che si sono generate per condizioni di differenti densità tra sospensione e liquido circostante in ambiente di conoide esterna.
La formazione del Macigno viene quindi interpretata come la sovrapposizione di due grandi eventi corrispondenti a frane sottomarine.
Lo spessore dei banchi di arenaria è solitamente rilevante: è raramente inferiore al mezzo metro, ma può raggiungere talora anche alcuni metri, mentre le argilliti e le siltiti, che sono caratterizzate da granulometria dei clasti costituenti rispettivamente minori di 3,9 e 62,5 micron, finissime quindi, e che si trovano al tetto di ogni strato torbiditico, hanno uno spessore solitamente inferiore di 15 cm che può ridursi anche a pochissimi centimetri quando i livelli di arenaria sono particolarmente potenti.
Lo spessore dell’unità formazionale del Macigno può arrivare localmente anche 3000 metri.

Schemi geologici. Nella successione di queste due correnti di torbida sottomarine (megaslumps), si osserva come la granulometria dei vari strati sovrapposti sia molto variabile, per questo motivo si passa via via da Arenarie grossolane ad Arenarie medie, Arenarie fini, Peliti, (marne siltose)e torbiditi sottili.
Da una analisi degli strati estrattivi, chiamati in gergo tecnico “Filari”, si può notare come a partire dalla frana più bassa della successione stratigrafica (megaslump SL I), lo strato giacimentologicamente più importante sia quello denominato CONTESSA, spesso 4-5 metri, considerato uno strato guida. La sua granulometria è variabile da grossolana verso la base, a fine nella parte alta, mentre la parte centrale, a grana media, uniforme e ben cementata, viene coltivata e commercializzata con il nome di “Pietra Forte Colombino”.
700-800 metri al di sopra di questo filare, nella seconda unità torbiditica (geologicamente definito megaslumps SL II) si trova la seconda bancata di grande importanza commerciale, denominata “MASSO GROSSO” che ha uno spessore compreso entro i 5 metri, e sul quale insistono una successione di strati di arenarie e di peliti commercialmente sterili che però, un centinaio di metri al di sopra, danno luogo ad una serie di strati arenacei di notevole interesse estrattivo, chiamati i “Filaretti”, mai però molto potenti.
Una analisi petrografica dei costituenti delle varie arenarie della successione del macigno ha consentito di rilevare come la loro differenza consista generalmente in una spiccata variabilità della quantità e della qualità del cemento argilloso e calcareo che le costituisce.

Le caratteristiche fisico-meccaniche della pietra di Firenzuola
L’arenaria Macigno s.l. ha un colore grigio azzurro se fresca, mentre nel caso in cui essa sia sottoposta ad agenti atmosferici che ne possono provocare una condizione di alterazione, tende ad assumere una colorazione via via più bruna.

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Pietra serena levigata. Litotipo sedimentario grigio, omogeneo, macchiettato da individui neri.

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In tabella 1 si riportano una serie di dati tecnici tratti dal volume “Pietra Serena, materia della città”.
Innanzi tutto è importante precisare come tali dati siano stati determinati su tipologie commerciali differenti di Pietra Serena (Colombino, Masso Grosso, Filaretti), il che ci consente di confrontarle dal punto di vista tecnologico per apprezzarne omogeneità e differenze….Inoltre tali test sono stati eseguiti secondo la Normativa Europea che, nell’ottica di un Mercato Comune vuol garantire la possibilità di analizzare i materiali seguendo metodiche identiche in tutta la comunità europea.

Colombino Masso Grosso
(media)
Filaretti
(media)
Massa volumica
apparente(kg/m3)
2645 2519 2580
Coefficiente di
imbibizione
(%)
0,46 2,16 1,72
Resistenza alla
Compressione
(MPa)
170 106 123
Resistenza alla
Compressione dopo
gelo
(MPa)
159 88 114
Resistenza alla
Flessione
(MPa)
26 12 16
Coefficiente di
dilatazione
lineare termica
(x 10-6 x°C-1)
8,86 11,4 11,66
Resistenza all’urto
(J)
77 81 89

per attrito radente

(mm)
2,7 4,6 3,5
tabella 1

di Anna Maria Ferrari
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Note
*I campioni di Pietra serena sono stati forniti dall’Azienda IL CASONE SPA www.casonegroup.com, via Imolese 98, Firenzuola (FI), Numero accettazione campioni 138.
1 Metodo d’analisi: EN 12407:2007 Natural stone test methods – Petrographic examination. Strumento: Stereo microscopio Olympus SZX-FOF 4J02049). Analisi effettuata su lastrine differenti di materiale tal quale. Operatore: Dr. Anna Maria Ferrari.
2 Metodo d’analisi: EN 12407:2007 Natural stone test methods – Petrographic examination. Strumento. Microscopio a luce polarizzata Olympus BX51TRF 4M23804. Analisi effettuata su 2 sezioni sottili di dimensione standard. Operatore: Dr. Anna Maria Ferrari.

Bibliografia
Giannini Alessandro, Giuntini Luciano, Rossi Ivano – per Giunta Regionale Dipartimento Politiche Territoriali e Ambientali Area Infrastrutture – Piano Regionale delle attività estrattive di recupero delle aree escavate e di riutilizzo dei residui recuperabili (praer) Documento Preliminare Allegato F SETTORE II MATERIALI STORICI Relazione tecnica;
Bartolomei Alberto, Montanari Franco (a cura di ) per Consorzio Pietra Serena di Firenzuola (2002) – Pietra Serena materia della città – Nuova Grafica Fiorentina, Firenze;
Fratini F, Manganelli Del Fa, Secchioni E, Rescic S. (2002) – “Clay mineral associations in sandstone of Arezzo (Italy), a reliable tool for discrimination in architecture” – sta in Lazzarini L. (edited by)- Interdisciplinary studies on ancient stone – ASMOSIA VI Proceedings of the Sixth International Conference-Ausilio Arti Grafiche Editoriali Padova (AAGEP) Pd.;
Maurice E. Tucker (2001) – Sedimentary Petrology An introdution to the Origin of Sedimentary Rocks – 3rd edition , Blackwell Science, Oxford.
AAVV (2000) – Carta Geologica d’Italia Foglio 98 VERGATO –
Casagli N., Focardi P., Lombardi L., Parenti I. (2000) – “Proprietà meccaniche della Pietra Serena estratta nel bacino di Brento Sanico (Firenzuola)”– sta in AA.VV. (2000) – Le Cave di Pietre Ornamentali – atti del convegno annuale del 2000 tenutosi a Torino 28 – 29 novembre 2000;
Di Battistini Gianfranco, Mandrone Giuseppe e Rapetti Caterina (2000) – “L’Arenaria Macigno in Lunigiana” – sta in AA.VV. (2000) – Le Cave di Pietre Ornamentali – atti del convegno annuale del 2000 tenutosi a Torino 28 – 29 novembre 2000;
Ferrari Anna Maria Meggiolaro Vito (1992)– “Pietra Dorata” – AZ MARMI n. 79/80, pp. 49-52;
Greensmith J.T. (1989) – Petrology of the Sedimentary Rocks 7th edition – University Printing House, Oxford, Great Britain;
AA.VV. per I.C.E.(1982) – Marmi Italiani – F.lli Vallardi ed., Milano;
Borsellini Alfonso, Mutti Emiliano, Ricci Lucchi Franco (1989) – Rocce e Successioni Sedimentarie – Scienze della Terra, UTET;
Pieri Mario (1966) – Marmologia. Dizionario di marmi e graniti italiani ed esteri – Hoepli ed., Milano
Pieri Mario (1964) – I marmi d’Italia – Hoepli ed., Milano
Rodolico Francesco (1953) – Le pietre delle città d’Italia – ed. Le Monnier, Firenze.

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29 Settembre 2007

Principale

Puglia di pietre Apuleia in stone

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29 Settembre 2007

English

MATERIAL AS A SEISMOGRAPH OF ARCHITECTURE
TEN EDITIONS OF THE “INTERNATIONAL STONE ARCHITECTURE AWARD”
42nd Marmomacc, Verona 4/7 October 2007

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When Marmomacc set up the Stone Architecture Awards twenty years ago, it was customary to make these awards to buildings which stood out through the quantity of stone materials used in their development, with the intention of valorising designers for simply having chosen stone as a material
in their works. Ii was assumed that in this way it would be possible to ensure an effective commercial purpose by also encouraging the divulgation and culture of stone materials.
The association of stone historicist architecture in those years, in the simplified post-modern version,
on the other hand had made it increasingly difficult to conceive a new approach in using this material
as “speaking” its own language and in many ways independent language.
The difference between this new “promotional” event compared to the previous setting, on the other hand, lies in the conviction that the use of stone materials must be rigorously linked with quality architecture, thereby ensuring a different approach to stone based on the quality of its utilisation rather than mere quantity.
The purpose is effectively to highlight works where stone becomes an element identifying the architecture and capable of giving the entire project its own distinctive character.
In implementing this inversion, it was necessary to carry out surveys and selections more frequently – every two years – involving the work of an equally qualified jury.
As of 1987, members of the jury meeting to select works have included leading international historians and critics such as Kenneth Frampton, Francesco Dal Co, Werner Oechslin, Vittorio Magnago Lampugnani, Ignasi de Solá-Morales, Christian Norberg-Schulz and Fulvio Irace.
This ensured the creation of a highly-qualified critical “observatory” that over two decades has sought the best architectural production where stone materials are used in accordance with a transversal concept that has helped to identify the various languages emerging on the international scene.
The conventional and intangible “ventilated” surfaces of the 1980s were followed by the material massiveness of split stones intended to ensure gravity for the masonry mass, as well as the use of huge blocks of stone composed in an archaic trilithic order, creating an endless and extraordinarily innovative series of linguistic inventions that radically changed the panorama of stone architecture.
Experiences over the last decade in particular have opened up new approaches that increasingly achieve impressive harmony with the latest research on the changeable contemporary scene.
Using stone in new ways has become constant standard practice even involving the leading exponents
of contemporary architecture such as Rafael Moneo, Arata Isozaki, Hans Hollein and Kengo Kuma, as well as many young architects who combine stone with new materials in their formal research.

42nd Marmomacc, Verona 4/7 October 2007
International Stone Architecture Award 2007, 10th EDITION

PAULO DAVID
Piscinas do Atlantico, Madeira, Portugal, 2005
Motivation of the Jury:
David’s project uses lava stone, a traditional building material on the island of Madeira, and achieves an intimate bond with the intense Atlantic landscape ensuring seamless continuity and agreement with his previous work, Casa das Mudas, also built using the same stone.
The architecture – a huge, open-air stone “room” overlooking the ocean – blends with the morphology of the site by remodelling and connecting it through new courses to the urban space and the landscape of the island.

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Description:
The project involves an area partly occupied by a small fish conservation industry products and in part used to produce salt.
An imposing wall in lava stone outlines the perimeter of the salt fields and creates continuity with the series of paths flanking the sea (Camino de Trincheira), ensuring a significant context for the site.
A concrete platform with a precise geometry interacts with the sea by providing a barrier and highlighting the irregularities of the coastline. Higher up, the restaurant building counter-poises the horizontal nature of the thick wall.
The panoramic views offered through narrow slits seem to welcome the sea into the “large open-air room” by creating an intense relationship between interiors and exteriors and amplifying the view over the Atlantic.
Stone materials used: basalt stone

JAN OLAV JENSEN & BØRRE SKODVIN
Mariakloster, Cistercian Monastery, Tautra Island, Trondheimsfjord, Norway, 2006
Motivation of the Jury:
The project by architects Jensen & Skodvin manages to give convincing form to the monastery, a contemporary yet timeless work, through the use of simple features and equally elementary materials that are integrated in “modern” terms with the traditions founded by the Rules of St. Bernard. The result is limpid and universal architecture, uninfluenced by trends, that brings back to life themes that seemed lost to interpret simplicity and poverty today as spiritual values and not as fashions.

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Description:
The project began in 1997, with the decision by nine nuns to move to the island of Tautra, an ancient Cistercian site, to found a convent. The architecture we see today is the result of a moving and at times difficult dialogue between the architects, Jensen and Skodvin, and the material and spiritual needs of the Order. The main difficulty was to develop a project capable of expressing features such as bare simplicity and the deliberate avoidance of decorations, typical of Cistercian architecture, in harmony with the needs of contemporary architecture; this inspired the decision to use wood for the interiors and most of the rooms in the monastery, focusing on the role of the church as the hinge-pin of the entire complex by using cladding in Norwegian slate. The multi-colour stone slabs, set in a kind of patchwork that alludes to the variation of the blocks of stone in the masonry of the ancient tectonic construction, recall – in absolutely contemporary terms – the great stone churches of the Cistercian Order. Local stone material and wood also emphasise the strong bond between architecture and landscape, between Man and Nature, highlighting the glass window in the apse as the view point to the outside world and the altar in black stone.
Stone materials used: Norwegian slate

RAFAEL MONEO
Extension of Banco de España, Madrid, Spain, 2006
Motivation of the Jury:
Moneo’s work is provocatively “camouflaged” in relation to an international context focusing on deliberate reference to other works by these architects; this all blends modestly into the urban fabric of Madrid in completing the 1800s body of the building without suffocating it but adapting and interpreting the original composition and structure, where modelled stone is used in the facade.

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Description:
The project emerged through a competition organised in 1978 by Banco de España for the extension of its main head offices in Madrid, which was not implemented because the winning design was thought to be too radical, since it envisaged the demolition of the existing building. After twenty-five years, the project was reviewed on the basis of more detailed programme that envisaged the construction of 4736 sq.m. over four storeys and more sensitive inclusion in the urban context. The starting point was the XIX century building, seen through studies of the evolution over time of the compositional mechanisms implemented by previous architects, whereby this project was became the last stage. This is the background to the main design and construction decisions, including the development of the new “corner” starting from the compositional “grid” of the 1800s building, where contemporary sculptures have also been skilfully inserted, and the decision to use the same material as in the original building. In this case, granite installed on site with huge elements in solid wood supported by metal anchorages that reflect the older metal structure-work instead of modern extruded profiles.
Stone materials used: Alconera Limestone, Carrara Marble, Alpedrete Granite, Bateig Sandstone

ANTONIO JIMÉNEZ TORRECILLAS
Completion of Muralla Nazarí, Granada, Spain, 2003-2006
Motivation of the Jury:
A minimal and minimalist project developed to close a 40 m breach opened in the late-1800s in the ancient walls linking the Alhambra with the Albaicin quarter. While avoiding slavish or mock historicism, Jimènez Torrecillas used fragments of slabs in local granite to implement a new section of the wall that in turn embodies a “secret” passage ensuring a magical atmosphere thanks to the light filtered through the “porous” double walls.

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Description:
The stepped walls built XIV century surround the “Gitano” village of Albaicin, in turn separated by a deep gorge from the Alhambra. The earthquake in 1885 opened a breach of about 40 metres, transforming the site into an open cast tip. Subsequent negligence saw this tip become a stable feature of the site.
The architect limited the project to the simple restoration of pre-existing volumes but introduced an ‘invention’ that overcame the hypothesis of mere ‘historical’ reconstruction. After reclamation and planting agave and India figs (prickly pear), the wall was buffered by a series of huge granite slabs having the same dimensions and cross-sections – stacked apparently at random – bonded together by small amounts of high-strength mortar that became invisible in the final installation.
This stratification between slabs incorporates certain voids: a texture of solid rock, shadow and fragments of filtered light that recall the corridors in the ancient palaces of the city.
The breach was closed by 112 cubic metres of granite – a stone that harmonises perfectly with the colour of the Mediaeval “tapial” walls, an ancient construction system based on landfills.
Stone materials used: Azul Extremadura; Rosa Porriño

BENIAMINO SERVINO
Remodelling of a two-family home, Pozzovetere, Caserta, Italy, 2001-2006

Motivation of the Jury:
Servino’s work was assessed in overall terms as the expression of coherent cultural renewal that takes its critical inspiration from contemporary approaches capable of reflecting identity through values and character. This simple building in Pozzovetere releases tradition through an architectural approach that rejects historicism to emphasise the importance of history interpreted as the development of a specific regional culture.

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Description:
In this project, Servino tackles a topic already handled in the past: the remodelling of an existing building of recent construction.
The home was developed around compact volumes entirely in keeping with the strict forms of local buildings, with irregular apertures that offset storeys against the masonry mass in yellow tuff.
The designer minimised spatial and technological solutions to focus tension on the subtle filigree of the facades and their material and linguistic consistency. Design intensity focuses on a few yet well-calibrated elements that stimulate difficult questions about the role of design and form in architecture today.
Servino’s cultural and iconographic references are the abandoned farmhouses in the countryside around Caserta and the breached walls intensely stratified with memories: elementary and minimal signs that mark invisible changes. A heritage of impressions overlaps the Modern lexicon: reality subtly guides design by dictating pauses and silences.
Stone materials used: Campania yellow tufa, marble

NELLO APRILE, CINO CALCAPRINA, ALDO CARDELLI, MARIO FIORENTINO, GIUSEPPE PERUGINI
Mausoleum – Fosse Ardeatine, Rome, Italy, 1944-1949
Motivation of the Jury:
The dramatic theme of the Nazi massacre in 1944 in the ancient pozzolana quarries along the Via Ardeatine seemed to lend itself to the customary celebrational rhetoric of funerary monuments. On the contrary, this project focuses on a strong, imperious and intensely poignant image. The bare stone material is treated with archaic simplicity and embraces the surrounding walls, the pavings and galleries of the quarry, replete with unusual expressive force in the association with the large “tombstone” in cement chiselled like a gigantic monolith.

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Description:
After the reprisal on 23 March 1944, when Nazi troops murdered 335 citizens of Rome, the liberation of Rome was followed by a competition to erect a monument in the memory of the victims in the site where the massacre itself took place: the pozzolana quarries along Via Ardeatina. The two levels of the competition saw joint winners: two groups comprising Nello Aprile, Cino Calcaprina, Aldo Cardelli, Mario Fiorentino and Giuseppe Perugini flanked by sculptors Francesco Coccia and Mirko Basaldella. The two groups were assigned the task to develop a common project that envisaged the construction of a sacrarium-shrine, the arrangement of the square and the consolidation of the tunnels blown up by the Nazis after the massacre. The result was an anti-rhetorical solution that focused on a “modern monument” concept sustained by a strong design and archaic use of stone materials.
Local tufa and spur stone for the exteriors and the consolidation of the galleries was processed with extreme simplicity to achieve unusual expressive force.
The large “tombstone” suspended over the cemetery of granite coffins is in reinforced concrete and outlines around the rectangular perimeter a slot of radially filtered light so that the surface of the four-sided emblem – worked with the tips of a chisel – seems to be a single stone body.
Stone materials used: Roman tufa, spur stone, pozzolana, granite

LESSINIA ARCHITECTURE
Various Local Councils in the northern mountain zone of the Province of Verona

Motivation of the Jury:
This exceptional collective work, inspired by centuries of good building practices in popular Lessinia architecture, is a unique and extraordinary example of the total use of stone local over a large territory.

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Description:
The rural architecture and anthropised landscape of Lessinia, the large mountain territory to the north of Verona, is the result of skilled and creative use of a local stone material – Prun Stone or Lessinia Stone – characterised by a very particular geological structure.
It is a slab-like sedimentary limestone (two versions: “Veneta red flaked” and “ammonitic red”) formed by the overlapping of thin rock strata easily split and cut into slabs of impressive dimensions for a huge variety of applications. This “natural-split” stone was worked by the anonymous stone carvers and humble builders who designed the architecture and landscape of huge areas in the Veronese mountain territory; they used this material in the form of slabs and ashlars in all aspects of agricultural and residential constructions, from masonry to roofs, flooring, stairs and the cornices of doors and windows. Extensive use throughout the territory – from piling of vineyards to partition walls of properties – has seen this material give rise to gigantic collective works of Land Art unequalled in any other European mountain area.

Within the huge scope of such vernacular production in Lessinia, particular recognition was assigned to a very singular construction:
The “Modesto” stable and ice house
Roverè Veronese, Verona, Italy

Work by Modesto Piaggi (1843 – 1928) country builder

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This is a small rural building with an ice house annex, built between the end of the 1800s and the early 1900s, named after its “architect” – farmer Modesto Paggi (1843-1928). The stable, installed by overlapping enormous slabs of “knife-laid” stone, exploits the idea of wooden constructions to bond the monolithic stone materials together. Integration with the site and the surrounding landscape makes this building a poetic and memorable architectural work.
Stone materials used: slabs of Lessinia Stone and ammonitic red.

Press Office Umbrella
andrea.ciotti@umbrella.it
www.umbrella.it
tel. +39 0422 319536

VeronaFiere Press Office
pressoffice@veronafiere.it
www.marmomacc.com
tel. +39 045 829824

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29 Settembre 2007

News

Dieci edizioni del “INTERNATIONAL AWARD ARCHITECTURE IN STONE”
42° Marmomacc, Verona 4/7 ottobre 2007

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Un materiale come sismografo dell’architettura
Quando venti anni fa fu istituito da Marmomacc un premio per l’architettura di pietra era consuetudine attribuire riconoscimenti alle costruzioni che si distinguevano per la quantità di materiali lapidei impiegati nella loro realizzazione, puntando a dar valore a chi aveva scelto semplicemente la pietra come materiale da inserire nella propria opera. In tal modo si pensava di assolvere efficacemente ad uno scopo commerciale contribuendo anche alla diffusione e alla cultura del materiale.
La sua associazione con l’architettura storicista di quegli anni, nella semplificata versione postmodernista, aveva invece ancor più allontanato la possibilità di pensare in modo nuovo all’uso di questo materiale come “parlante” un proprio linguaggio, in un certo senso autonomo.
La differenza di questo nuovo evento “promozionale” rispetto alla precedente impostazione risiede invece nella convinzione che l’uso dei materiali lapidei debba essere rigorosamente legato all’architettura di qualità, fornendo per questa via un approccio diverso alla pietra, fondato sulla qualità del suo impiego più che sulla quantità.
Si tratta in sostanza di mettere in luce ed evidenziare opere nelle quali la pietra diviene un elemento identitario dell’architettura capace di conferire a tutta la costruzione un carattere proprio e distintivo.
Operando questa inversione di linea si è resa necessaria un’indagine e una selezione a cadenza frequente, biennale, ad opera di una giuria, anch’essa di qualità.
A partire dal 1987 sono stati riuniti a scegliere le opere i migliori storici e critici internazionali tra i quali Kenneth Frampton, Francesco Dal Co, Werner Oechslin, Vittorio Magnago Lampugnani, Ignasi de Solá-Morales, Christian Norberg-Schulz, Fulvio Irace.
Si è così costituito un osservatorio criticamente attrezzato che nel corso di due decenni ha operato una ricerca della migliore produzione architettonica ove fossero impiegati materiali lapidei secondo un percorso trasversale che ha saputo declinare i diversi linguaggi comparsi sulla scena internazionale.
Dai convenzionali e immateriali piani delle superfici “ventilate” degli anni ottanta alla massiva matericità delle pietre a spacco, miranti a conferire gravità alla massa muraria, fino all’uso di grandi blocchi lapidei composti in arcaico ordine trilitico, una serie infinita e straordinariamente innovativa di invenzioni linguistiche ha radicalmente mutato il panorama dell’architettura di pietra.
Le esperienze dell’ultimo decennio in particolare hanno aperto nuovi percorsi che sempre più frequentemente entrano in sintonia con le più avanzate ricerche della mutevole scena contemporanea.
Usare la pietra in modo nuovo è divenuta una prassi costante che ha coinvolto anche i grandi maestri dell’architettura contemporanea da Rafael Moneo ad Arata Isozaki, da Hans Hollein a Kengo Kuma, ma anche molti giovani architetti che uniscono la pietra ai nuovi materiali nella loro ricerca formale.

Opere premiate alla 10a Edizione del Premio Internazionale Architetture di Pietra 2007

PAOLO DAVID
Piscinas do Atlantico, Madeira, Portogallo, 2005

Motivazione della Giuria: “L’intervento di David che utilizza la pietra lavica, materiale costruttivo tradizionale dell’isola di Madeira, stabilisce un intimo legame con l’intenso paesaggio atlantico in continuità e accordo con la sua precedente opera, la Casa das Mudas, anch’essa costruita con la stessa pietra.
L’architettura, una grande “stanza” lapidea a cielo aperto che si affaccia sull’oceano, si lega alla morfologia del luogo rimodellandola e connettendola attraverso nuovi percorsi, agli spazi urbani e al paesaggio dell’isola.”

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Veduta parziale della Piscinas do Atlantico (© FG+SG – Fotografia de Arquitectura)

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Il progetto si sviluppa su un’area in parte occupata da una piccola industria di conservazione di prodotti ittici e in parte utilizzata per la produzione del sale.
Un possente muro in pietra lavica delimita il perimetro delle Saline e crea continuità al circuito dei sentieri che costeggia il mare (Camino de Trincheira), contestualizzando fortemente il sito.
Una piattaforma in calcestruzzo con una precisa geometria si rapporta con il mare, opponendosi ed evidenziando le irregolarità della costa. Alla quota più alta, il fabbricato del ristorante fa da contrappunto all’orizzontalità dello spesso muro.
Le vedute panoramiche che si ottengono attraverso strette feritoie, permettono di far entrare una parte di mare nella “grande stanza” a cielo aperto, creando un’intensa relazione tra l’interno e l’esterno e amplificando la visione dell’Atlantico.
Materiali lapidei utilizzati: pietra basaltica

JAN OLAV JENSEN & BØRRE SKODVIN
Mariakloster, Monastero Cistercense, Isola di Tautra, Ttondheimsfjord , 2006

Motivazione della Giuria: “Il progetto degli architetti Jensen e Skodvin è riuscito a dare forma ad un monastero in modo convincente, un’opera contemporanea e senza tempo, attraverso l’utilizzo di forme semplici e materiali ugualmente elementari che si sono integrati in modo “moderno” alla tradizione fondata sulla regola di S. Bernardo. Il risultato è un’architettura limpida e universale, fuori dalle mode che riporta attuali temi che sembravano abbandonati e che interpreta quello che oggi significa la semplicità e la povertà come valori spirituali e non come mode.”

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Fronte del Monastero cistercense (© Studio Jensen & Skodvin)

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Il progetto ha origine nel 1997, con la scelta di nove suore di trasferirsi nell’isola di Tautra, antica sede cistercense, per fondare un monastero femminile. L’architettura che vediamo oggi è il risultato di un commovente e talvolta difficile dialogo tra gli architetti Jensen e Skodvin e le necessità materiali e spirituali dell’ordine. La difficoltà principale era quella di realizzare un’opera capace di accordare le caratteristiche di spoglia semplicità e della rinuncia consapevole delle decorazioni, tipiche dell’architettura cistercense, con le esigenze dell’architettura contemporanea; da ciò dipendono le scelte di impiegare il legno per gli interni e la maggior parte degli ambienti del monastero, lasciando alla chiesa il ruolo di cardine dell’intero complesso attraverso l’utilizzo del rivestimento in ardesia norvegese. La policromia delle lastre lapidee, composte in una sorta di patchwork che allude alla variazione dei blocchi di pietra nella massa muraria dell’ antica costruzione tettonica, richiama, in chiave assolutamente contemporanea, le grandi chiese in pietra dell’ordine cistercense. Il materiale lapideo locale e il legno rafforzano anche il profondo legame tra architettura e paesaggio, tra Uomo e Natura, sottolineato dall’utilizzo della vetrata absidale come punto di vista verso l’esterno, su cui si staglia l’altare in pietra nera.
Materiali lapidei utilizzati: ardesia norvegese

RAFAEL MONEO
Ampliamento del Banco de España, Madrid, Spagna, 2006
Motivazione della Giuria: “L’opera di Moneo risulta provocatoriamente “mimetica” rispetto ad un contesto internazionale teso verso una esasperata autoreferenzialità degli architetti; questa infatti si inserisce con modestia nel tessuto urbano di Madrid, completando il corpo ottocentesco dell’edificio, senza soffocarlo ma subordinandosi ad esso interpretandone le partiture compositive e costruttive, entro le quali si è dispiegato l’uso della pietra modellata nella facciata.”

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Ampliamento del Banco de España. Spaccato. (© Studio Moneo)

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Il progetto nasce da un concorso indetto nel 1978 dal Banco de España, per l’ampliamento della sede principale di Madrid, che non venne realizzato perchè il progetto allora vincitore venne considerato troppo radicale, in quanto prevedeva la demolizione dell’edificio preesistente. Dopo venticinque anni il progetto è stato riconsiderato in base ad un programma più articolato, che prevedeva la costruzione di 4736 mq su quattro piani, e ad un più sensibile inserimento urbano. Il punto di partenza è diventato l’edificio del XIX secolo, letto attraverso lo studio dell’evoluzione temporale dei meccanismi compositivi usati dai precedenti architetti, di cui il progetto vuole essere l’ultima fase. Da queste intenzioni nascono le principali scelte progettuali e costruttive, tra cui la realizzazione del nuovo angolo a partire dalla griglia compositiva dell’edificio ottocentesco, nel quale sono stati abilmente inseriti elementi di scultura contemporanei, e la scelta di impiegare lo stesso materiale usato nell’edificio originale. In questo caso il granito posto in opera con grandi elementi in massello sostenuti con l’ausilio di ancoraggi metallici che riprendono l’antica carpenteria al posto di moderni profilati estrusi.
Materiali lapidei utilizzati: Calcare Alconera, Marmo di Carrara, Granito di Alpedrete, Arenaria Bateig

ANTONIO JIMÉNEZ TORRECILLAS
Completamento della Muralla Nazarí, Granada, Spagna, 2003-2006
Motivazione della Giuria: “Un intervento minimo e minimalista per chiudere una breccia di quaranta metri aperta alla fine dell’Ottocento sulle antiche mura che collegano l’Alhambra con il quartiere Albaicin. Senza cadere nello storicismo o nel falso storico Jimènez Torrecillas utilizza frammenti di lastre di granito locale per realizzare un nuovo tratto di muraglia che nasconde al suo interno un percorso segreto reso magico dalla luce che filtra e trapassa le doppie pareti porose.”

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Veduta interna al completamento della Muralla Nazarí (© Vicente dell’Amo)

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La muraglia a gradoni, eretta nel XIV secolo, cinge il villaggio gitano di Albaicin, diviso da un profondo vallone dall’Alhambra. Un terremoto nel 1885 apriva una breccia di circa quaranta metri, trasformando il sito in una discarica a cielo aperto. La successiva incuria ha trasformato il sito in una discarica a cielo aperto.
L’architetto si è limitato a ripristinare la volumetria preesistente, introducendo però un’invenzione che ha superato l’ipotesi di una ricostruzione storicista. Dopo la bonifica e la piantumazione di agavi e fichi d’India, ha tamponato il muro con una trama serrata di grandi lastre di granito, della medesima dimensione e sezione, impilate senza un disegno apparente, ponendo tra uno strato e l’altro un manto ridotto di malta ad alta resistenza, con uno spessore scomparso a costruzione terminata.
Questa stratificazione ritaglia, tra una lastra e l’altra, parcelle di vuoto: una tessitura di roccia e ombra dove filtrano frammenti di luce che riprende i passaggi degli antichi palazzi della città.
Per chiudere la breccia sono stati utilizzati 112 metri cubi di granito, pietra che ben si armonizza con il colore del muraglione medievale in tapial, antico sistema costruttivo che utilizza muri di terra pressata.
Materiali lapidei utilizzati: Azul Extremadura; Rosa Porriño

BENIAMINO SERVINO
Rimodellamento di casa bifamiliare, Pozzovetere, Caserta, Italia, 2001-2006

Motivazione della Giuria: “L’opera di Servino è stata valutata complessivamente come espressione di una coerente azione di rinnovamento culturale che trae i propri spunti critici da una contemporaneità in grado di riflettere valori e caratteri identitari. Nel semplice edificio di Pozzovetere la tradizione si libera in una partitura architettonica che rifiutando lo storicismo sottolinea l’importanza della storia interpretata come sviluppo di una specifica cultura regionale.

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Casa bifamiliare, Pozzovetere. Particolare dell’opera muraria. (© studio Servino)

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In questo progetto Servino affronta un tema tipologico già trattato in precedenza: il rimodellamento di un edificio preesistente, ma di recente costruzione.
La casa si sviluppa come volume compatto, ma coerente con le forme rigorose dell’edilizia locale, con aperture irregolari, che creano sfalsamenti di piano nella massa muraria di tufo giallo.
Il progettista ha ridotto al minimo le soluzioni spaziali e tecnologiche per concentrare tutta la tensione sulla filigrana sottile delle facciate e sulla loro consistenza materica e linguistica. L’intensità progettuale è giocata in pochi, calibrati elementi che rimandano a scomodi interrogativi sul ruolo del disegno e della forma in architettura oggi.
Riferimenti culturali e iconografici di Servino sono i casolari abbandonati nelle campagne del casertano ed i muri sbrecciati, stratificati e carichi di memorie: segni elementari e minimi, che marcano cambiamenti invisibili. Un patrimonio di impressioni si sovrappone al lessico del Moderno: la realtà guida sottilmente l’azione progettuale, dettando pause e silenzi.
Materiali lapidei utilizzati: tufo giallo campano, marmo

NELLO APRILE, CINO CALCAPRINA, ALDO CARDELLI, MARIO FIORENTINO, GIUSEPPE PERUGINI
Mausoleo delle Fosse Ardeatine, Roma, Italia, 1944-1949

Motivazione della Giuria: “Il tema drammatico dell’eccidio nazista del 1944 nelle antiche cave di pozzolana sulla Via Ardeatine, sembrava prestarsi alla consueta retorica celebrativa dei monumenti funebri. Al contrario si è imposta nel progetto un’immagine forte, perentoria e densa di pathos. Il materiale lapideo nudo e trattato con arcaica semplicità, che avvolge i muri di cinta, i pavimenti e le gallerie della cava, si carica di una insolita forza espressiva nella associazione con la grande “pietra tombale” in cemento trattata a scalpello come un gigantesco monolito sospeso.”

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Mausoleo delle Fosse Ardeatine (© Vincenzo Pavan)

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Dopo la rappresaglia del 23 marzo 1944, in cui furono trucidati dalle truppe di occupazione naziste 335 cittadini romani, all’indomani della liberazione di Roma fu indetto un concorso per erigere un monumento a ricordo delle vittime nel luogo stesso in cui avvenne l’eccidio: le cave di pozzolana della via Ardeatina. Dai due gradi di concorso uscirono vincitori ex aequo due gruppi formati da Nello Aprile, Cino Calcaprina, Aldo Cardelli, Mario Fiorentino e da Giuseppe Perugini affiancati dagli scultori Francesco Coccia e Mirko Basaldella. Ai due gruppi fu assegnato l’incarico di un progetto comune che prevedeva la costruzione di un sacrario, la sistemazione del piazzale e il consolidamento delle gallerie fatte esplodere dai nazisti dopo l’eccidio. Il risultato fu una soluzione antiretorica che prefigurava un concetto di “moderno monumento” retto da una forte concezione e da un uso arcaico dei materiali lapidei.
La pietra locale, tufo e pietra sperone per gli esterni e il consolidamento delle gallerie, trattata con estrema semplicità si carica di una insolita forza espressiva.
La grande “pietra tombale” sospesa sul cimitero di bare di granito è in cemento armato e disegna intorno al perimetro rettangolare un’asola di luce che filtrando radente rende la superficie del parallelepipedo, trattata a punta di scalpello, simile a un unico corpo lapideo.
Materiali lapidei utilizzati: tufo romano, pietra sperone, pozzolana, granito

ARCHITETTURA DELLA LESSINIA
Vari comuni della zona montuosa settentrionale della Provincia di Verona
Motivazione della Giuria: “Eccezionale opera collettiva, prodotta da una secolare cultura del buon costruire, l’architettura popolare della Lessinia rappresenta un caso unico e straordinario di uso totale della pietra locale in un ampio territorio.”

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Nucleo rurale della Lessinia (© Vincenzo Pavan)

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L’architettura contadina e il paesaggio antropizzato dei Lessini, ampio territorio montuoso a nord di Verona, è frutto del sapiente e creativo impiego di un materiale litico locale, la Pietra di Prun o Pietra della Lessinia, caratterizzato da una particolarissima struttura geologica.
Si tratta infatti di un calcare sedimentario (nelle due versioni “scaglia rosso veneta” e “rosso ammonitico”) lastreolare, formato dalla sovrapposizione di strati di roccia sottili facilmente separabili e ritagliabili in lastre di grandi dimensioni disponibili a molteplici usi. Con questa pietra,”naturalmente” tagliata, anonimi scalpellini e umili muratori hanno disegnato l’architettura e il paesaggio di vaste aree del territorio montuoso veronese, utilizzandola, sotto forma di lastre e di conci, in tutti gli aspetti delle costruzioni agricole e residenziali, dalle murature ai tetti, alle pavimentazioni, alle scale, alle cornici di porte e finestre. Per l’ampio uso fatto sul territorio, dalle palificazioni dei vigneti ai muri divisori delle proprietà, questo materiale ha dato luogo a una gigantesca opera collettiva di Land Art che non ha uguali nelle aree montuose europee.

MODESTO PIAGGI (1843 – 1928) contadino costruttore
Stalla e ghiacciaia del Modesto a Roverè Veronese, Verona, Italia

All’interno della vasta produzione vernacolare della Lessinia particolare riconoscimento è stato assegnato ad una singolare costruzione:
Si tratta di un piccolo edificio rurale con annessa ghiacciaia, costruito tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento, di cui ci è dato conoscere il nome dell'”architetto”, il contadino Modesto Paggi (1843-1928). La stalla, innalzata con la sovrapposizione di enormi lastre di pietra posate “a coltello”, sfrutta l’idea della costruzione lignea per legare tra di loro i monoliti lapidei. L’integrazione con il percorso e il paesaggio circostante rende questa costruzione un’opera architettonica poetica e memorabile.
Materiali lapidei utilizzati: lastrame in pietra della Lessinia e in rosso ammonitico.

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Stalla e ghiacciaia di Modesto Piaggi in Lessinia (© Vincenzo Pavan)

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25 Settembre 2007

News

PROGETTARE IN PIETRA
La costruzione in pietra fra tradizione e innovazione

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Stone Pavillon (2007) di Kengo Kuma per Il Casone al Marmomacc 2007. Planimetria

FACOLTA’ DI ARCHITETTURA DI FERRARA AA. 2007-2008
CORSO “COSTRUZIONI IN PIETRA”
in collaborazione con MARMOMACC – VERONA FIERE

prof. Alfonso Acocella
prof. Vincenzo Pavan
arch. Veronica Dal Buono
arch. Davide Turrini

Materiale_Progetto
Sempre più frequentemente, nella scuola, nel dibattito architettonico, si è soliti porre il problema del ruolo e del significato affidato alle tecniche esecutive e ai materiali nel processo di formazione dell’opera architettonica.
Rispetto alla centralità del progetto d’architettura che rimane tale, quale sintesi delle competenze specifiche della disciplina e del programma funzionale, non v’è dubbio che le tecniche esecutive si presentano al fatto architettonico portatrici di quella struttura consistente dell’artefatto che non può essere disattesa, pena lo svuotamento, la banalizzazione dello stesso atto progettuale e creativo.
Materiali, soluzioni assemblative, forma, volume, spazio, non si presentano all’interno di ogni autentica architettura come elementi indipendenti o “scollegati” bensì si fondono e si valorizzano reciprocamente. Le stesse tecniche esecutive, in quanto configurazioni orientate dalle specifiche caratteristiche dei materiali, non sono separabili — se non artificiosamente — dall’aspetto formale dell’opera. Nè tantomeno possono essere considerate indifferenti e tutte disponibili allo spirito del progetto astrattamente inteso.
Solo attraverso atteggiamenti di congruenza tecnica, da una parte, e sapienza inventiva, dall’altra, è possibile “piegare” i materiali al progetto e il progetto ai materiali sulla base di un approccio empirico, di mestiere, che ritrova nei due poli fondamentali della disciplina architettonica gli specifici campi entro cui deve muoversi con preparazione e coscienza la prefigurazione dell’architetto.
È importante, sin dal primo istante in cui si mette mano all’ideazione di un opera, cominciare a scegliere, a pensare ai materiali, ai loro modi di connessione. Bisogna sforzarsi in direzione di una operatività valorizzativa dei contributi offerti al progetto d’architettura dai materiali e dalle tecniche esecutitve.
Ai materiali è necessario assegnare una funzione di sostegno secondo una visione pragmatica, improntata al caso concreto, all’occasione singola dell’opera capace di interpretare il sempre variabile mix di committenza, di programmi, di luoghi insediativi, di risorse disponibili.
Interrogarsi su cosa significhi produrre forme architettoniche a partire dalla materia (o dal materiale) è operazione ricorrente nella riflessione teorica degli architetti più sensibili alla disciplina.
La forma non ha mai una assoluta libertà in quanto esiste, è pensata, manipolata, costretta ad esprimersi sempre a partire dalla natura della materia che la sostanzia.
Della materia ci si accorge, nella materia ci si imbatte, prima o poi, dando forma e dimensioni ad ogni progetto d’architettura. Di essa, alla fine, si rimane schiavi assumendola come immagine al positivo del pensiero architettonico che si articola in figure, contorni, volumi, spazi.
Se è vero che è l’uomo a creare culture figurative, a farle trasformare e mutare nel tempo è altrettanto vero ed indiscutibile che, nello specifico dell’architettura, il problema delle forme (e, quindi, dei linguaggi che le riunificano in sistemi coerenti) ruota intorno alla natura dei materiali di riferimento. All’architetto è consentito di agire, di inventare, di variare solo all’interno delle caratteristiche e delle regole costitutive del materiale stesso. È evidente che i materiali sono portatori di senso, di costruttività, di nessi combinatori, al punto che il lavoro architettonico si può leggere — anche se non in modo esclusivo — come un lavoro “su di essi, a partire da essi”.

Stone Pavillon (2007) di Kengo Kuma. Schizzo ideativo.

Tradizione_Innovazione
Se si esamina l’essere applicativo dei materiali è facile rilevare come ognuno di essi porti con sè forme peculiari riunite in linguaggi coerenti, che si sono sviluppati attraverso tipi fondamentali e varianti molteplici a partire dalle possibilità di manipolazione della materia stessa. La produzione di forme, attraverso la costruzione di corpi, si fonda generalmente sull’individuazione ed attivazione iniziale di archetipi tecnici, il cui affinamento continuo (attraverso una serie di messe a punto, di selezioni, di perfezionamenti, di copie e di repliche configurative) tende al consolidamento e alla stabilizzazione dei tipi morfologico–costruttivi di base, interpretabili come risultato di azioni sviluppatesi nella lunga durata.
L’uso secolare da parte dell’uomo di un determinato materiale in uno specifico contesto ha sublimato ciò che oggi riconosciamo come tradizione, sedimentazione di memoria all’interno di un processo temporalizzato capace di stabilizzare gli apporti di innovazione cosi come mirabilmente sintetizzato da Paul Schmitthenner:
“A ciò a cui è abituato, alle sue consuetudini, l’uomo si aggrappa saldamente finchè il bisogno, le conoscenze, le capacità innate e l’esercizio non trasformano ciò che è consueto e tramandato. Le conoscenze e le esperienze passano di bocca in bocca, di mano in mano. E in questo passaggio, spesso quasi inavvertitamente, si smarrisce una parte del vecchio ed appare qualcosa di nuovo. Ma il nuovo che appare, cresce sempre sul terreno del vecchio. Se il nuovo è migliore allora vi è progresso. Progresso, come naturale trasformazione di vita, non mutamento per il mutamento, ma trasformazione secondo un corso naturale.
Visti così, consuetudine, tradizione e progresso non sono contrapposti tra loro, ma connessi in un rapporto di causa ed effetto. La consuetudine è resistenza, ostacolo che regola la corrente troppo rapida degli avvenimenti; la tradizione è forza che garantisce il fluire; il progresso rivela il livello di sviluppo raggiunto. Il nuovo che si forma all’interno di una tradizione in continuo progresso diventa però a sua volta consuetudine, la cui durata e validità dipendono dalla forza che in essa dimora. La tradizione non è quindi uno stato ma un’attività, un continuo sviluppo e non solo una assunzione passiva.” (Paul Schmitthenner, La forma costruita -1949 – Milano, Electa, 1988, p.183)

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Il riconoscimento della tradizione come attività di lunga durata consente di prendere le distanze dalle posizioni e dalle forme più superficiali di oblio; per dirla con Marc Augè, dalla sospensione – tipica dell’epoca in cui viviamo – la cui principale aspettativa è la sublimazione del presente (separato da ogni passato e futuro) e dal cominciamento la cui ambizione principale è annunciare un futuro liberato da ogni legame con la storia trascorsa.
La tradizione, correttamente intesa, consegna invece ad ogni individuo le occasioni proprizie per affrontare un viaggio a ritroso utile a conoscere e assorbire (attraverso azioni di selezione e di scarto) parte delle tracce trasmesse dall’intera specie umana.
Il suo campo di azione non riguarda, però, solo il passato.
La tradizione si inscrive nel concettto di Tempo assoluto.
Il ricordo del passato, l’attenzione del presente e l’attesa del futuro, scandiscono e arricchiscono la sua dialettica interna; nessuna di queste fondamentali dimensioni temporali dovrebbe imporsi a scapito delle altre.
I rischi per chi si avvicina superficialmente alla tradizione – pur volendone mettere in valore il suo portato – sono quelli di disattendere i compiti del presente a favore di una proiezione di ritorno (anch’essa forma ricorrente di oblio) la cui principale ambizione è ricongiungersi (nostalgicamente) ad un passato idealizzzato.
L’empatica familiarizzazione rispetto a ciò che si è ereditato – attività che presupone lunghi e faticosi processi di apprendimento – deve evitare di incagliarsi in una visione congelata sforzandosi di capitalizzare quanto si è avuto in dono, impegnandosi a slargare le acquisizioni raggiunte e stabilizzate.
Al “viaggio guidato” di andata per conoscere la tradizione dovrebbe sempre corrispondere un “viaggio libero” in senso inverso interessato ai processi di esplorazione di nuovi percosi.
Il dovere della conoscenza investe due aspetti: il ricordo e l’immaginazione. Il ricordo è sfondo, impressione filtrata dalla cultura e dal sapere. L’immaginazione ha a che fare con l’attualizzazione dei ricordi; rappresenta la parte attiva e viva, lo sforzo e il movimento alla prefigurazione di ciò che nel presente potrebbe ritrovare una esistenza “nuova”.
La missione e l’impresa intellettuale che attende ognuno di noi è di disincagliarsi dalla tradizione come stato compiuto, intraprendendo le strade dell’aggiornamento, dell’attualizzazione, a volte dell’innovazione mediante il dispiegamento di sforzi di immaginazione e di creatività. Attraverso un fitto lavoro di scomposizione e ricomposizione delle relazioni sedimentate e stabilizzate è possibile far emergere nuovi nessi e libere associazioni. La saggiatura e l’esplorazione di possibilità latenti si svolgono sempre ai margini, più che al centro consolidato della tradizione; si usano ponti instabili e provvisori, ipotesi e fusioni sperimentali. L’azzardo è dei più temerari. I buoni risultati di coloro che sono dotati di autentico talento.
Il viaggio di ritorno dalla tradizione si svolge contro corrente secondo itinerari non lineari; gli approdi e i luoghi di sosta possono offrire le scintille della creatività e dell’avvio dell’esplorazione di nuovi territori e – in ultima analisi – la ginnastica contro l’anchilosi dell’immaginazione.

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Stone Pavillon (2007) di Kengo Kuma. Sperimentazione del montagggio su modello.

La pietra, al pari di altri materiali storici, non ha goduto lungo tutto il XX secolo di sufficiente attenzione da parte della cultura architettonica di progetto, della ricerca tecnologica e delle politiche formative delle Università all’interno di un tendenza abbastanza generalizzata che ha investito il quadro internazionale. L’oblio nei confronti delle pietra causato dale politiche di promozione e dalle estetiche figurative dei materiali artificiali industriali ha prevalso rispetto al ricordo e al riconoscimento del valore dei materiali di tradizione.
Come conseguenza di tale disinteresse culturale, affatto contrastato da un’attività di “difesa” da parte del frammentato e disorganizzato settore produttivo del mondo lapideo, si è verificato lungo tutta la fase centrale del Novecento il declassamento della pietra a ruoli marginali nel mondo dell’architettura con impieghi spesso unicamente decorativi o di rifinitura. Solo più recentemente è da rilevare una ripresa di interesse per la pietra da parte di architetti, strutturisti, ricercatori ed istituzioni formative.
Un itineraio di avvicinamento ai temi litici è proposto dal Corso di “Costruzioni in pietra” per riaccendere l’interesse intorno al valore della tradizione dello “Stile litico” (e della sua conoscenza) unitamente alla ripresa di ricerca e di immagininazione per porre fine alla sterilità delle varie forme di oblio nei suoi confronti. Si cercherà di radunare le numerose esperienze innovative, le figure e poli propulsivi di tale processo riabilitativo proponendo un approccio formativo interdisciplinare e multisettoriale.
Il Corso sarà strutturato attraverso l’integrazione di attività formali (lectures, comunicazioni in aula) ed informali (visite guidate e stage in aziende, incontri e confronti) con una fase conclusiva di natura progettuale su un tema specifico.

Attività formativa
Lectures – Conferenze – Confronti – Visite in aziende – Progetto

Lectio introduttiva
Riabilitare l’Architettura di pietra
Intersezioni
International award architecture in stone e la Rinascenza della pietra in architettura
Architetturadipietra_ un progetto crossmediale fra carta, web e social networking

I sezione tematica
Lo “stile tecnologico”. I principi dell’architettura in pietra
Una parte introduttiva del Corso sarà rivolta agli archetipi costruttivi in pietra riguardati come punti di convergenza fra fattori di ordine concettuale, tecnico, morfologico.
Gli archetipi (il muro, l’arco, la colonna, la volta, il campo pavimentale ecc) saranno indagati ed illustrati nella loro specifica evoluzione storica ma, contestualmente, sforzandosi di epurarli della loro contingenza temporale per assumerli come presenze fisse della costruzione, come elementi di architettura immutabili nella loro essenza sia pur continuamente aggiornati, variati e arricchiti nei modi formali e costruttivi.

Lo “stile tecnologico” dell’architettura in pietra
Lo Stile: una definizione / Elementi dello Stile / Qualità dello Stile / Espressione generale dello Stile
Espressione specifica delle Opere di architettura

Tettonica e Stereotomia litica
Colonne e pilastri. Peristasi colonnari, stoà e architettura peristilia
Alle origini della Stereotomia. Muri di pietra / L’ordine murario greco / Muri ad emplecton ellenistici / Bugnati e l’opera rustica

L’innovazione dei muri compositi e la nuova concezione spaziale romana
L’ordine murario e lo spazio monumentale romano

Rivestimenti in lastre sottili
Opus sectile geometrico e figurale / Caratteri architettonici dei rivestimenti sottili policromi
Tecnica di lavorazione e di composizione delle crustae marmoree

Il piano di calpestio orizzontale. Le scritture pavimentali per interni
Mosaici a ciottoli e a tessere / Cocciopesti punici / Pavimenti in opus sectile e il primato all’uso dei marmi colorati in lastre sottili / Pavimenti in opus incertum a grandi e piccoli formati

II sezione tematica
Le forme e i modi configurativi della materia. L’oggi

La nostra contemporaneità ha assunto, oramai, i tratti dell’ambivalenza. È fortememente concentrata sui processi di smaterializzazione e, tuttavia, si mostra estremamente interessata alla materia, alle qualità tecniche ed espressive dei materiali e dei prodotti (come anche ai significati astratti da essi veicolati) che non sono più soltanto dati precostituiti, accettati e valorizzati nella specifica costitutività d’origine, ma entrano a far parte di un processo dinamico di metamorfosi attraverso una rielaborazione creativa che può evolvere verso risultati anche molto distanti rispetto ai caratteri iniziali.
Anche la pietra in questo scenario si spoglia dell’antico “abito sacrale” di natura stereotomica e, al pari di tutti gli altri materiali della contemporaneità, diviene più che mai disponibile, adattabile, versatile a parlare molteplici linguaggi, ad interpretare variegate sensibilità estetiche e proiezioni progettuali attraverso contaminazioni e ibridazioni in un’ottica di completa flessibilità d’impiego e di valorizzazione. Così la pietra in avvio del terzo millennio è fatta oggetto di percorsi creativi basati sulla ricerca costante dell’alterità ed è chiamata ad interpretare, ancor più di quanto abbia fatto in passato, un universo sinestetico.
La seconda sezione tematica del Corso intende restituire l’immagine di un materiale dall’anima più che mai multidentitaria, che diviene sinonimo di invenzione e di nuove possibilità espressive ed emozionali e per questo è vincente, affascinante e sempre più up to date.

Da roccia a pietra. Da materia a materiale
Tipi fondamentali, caratteri, disegni, colori delle pietre

I procedimenti attuali di lavorazione della pietra
Tipologie di semilavorati lapidei / Metodiche di trasformazione tradizionali ed innovative
La sperimentazione del design delle superfici

Pietre ai minimi termini. Scarti litici e prospettive di riuso creativo
I residui di lavorazione dei materiali lapidei: riduzione, scarto / Problematiche ambientali / Riciclaggio e prospettive di riuso creativo

Materie a “ispirazione lapidea”
Tra natura e artificio la re-invenzione della materia / Litogenesi naturale / I materiali ricostruiti di tradizione e superfici d’imitazione / Le “pietre d’artificio” contemporanee / Paesaggi materici altri e materioteche

Architettura
Naturalità e creatività. Nuove tendenze nell’architettura pietra del terzo millennio

Interior design
I trends del design litico contemporaneo

Urban design
Spazio pubblico e design di pietra
Il piano orizzontale. Le scritture pavimentali per esterni

Processi tras_formativi della materia
Visite di studio in Azienda
Concept produttivi d’Azienda in Università

III sezione tematica
Il muro e la gabbia. Le ossa, i muscoli, la pelle
Parallelamente al riconoscimento dello statuto di tradizione dell’architettura di pietra occorre, oggigiorno, per una riabilitazione di tale sistema costruttivo, porsi il problema della potenziale aggiornabilità della cultura tecnica basata sia sull’utilizzo delle moderne apparecchiature di produzione che su rinnovate concezioni costruttive e di linguaggio architettonico.
D’altronde l’apparire in questi ultimi anni di progetti riproponenti un’architettura contemporanea di pietra a carattere portante fortemente sperimentale, insieme alla diffusione di innovativi sistemi di rivestimenti litici (sia a forte spessore che sottili), testimoniano nell’ultimo ventennio la vitalità e l’ancora inesaurita carica di aggiornabilità e di attualizzazione di tale tecnica.
Su tale scenario contemporaneo sarà incentrato lo svolgimento di questa sezione del Corso concentrandosi sulle concezioni costruttive, i linguaggi e le opere contemporanee in pietra.

Dal Moderno al Contemporaneo. Le pietre fra oblio e aggiornamento linguistico
Il Moderno: Opere di Adolf Loos, Jose Hoffmann, Mies van der Rohe, Frankl Lloyd Wrigth, Luigi Terrragni, Adalberto Libera, Luigi Moretti, Mario Ridolfi

La rinascita della pietra strutturale
Costruzioni monolitiche contemporanee / Nuove esperienze stereotomiche mediterranee / La cultura anglosassone e la riabilitazione della pietra armata.
Opere di: Gilles Perraudin, Cesar Portela, Peter Rice, Michael Hopkins, Renzo Piano

I rivestimenti a spessore e l’opera muraria composita
Il muro stratificato / Il rivestimento pesante / Ritorno alla pietra collaborante
Opere di: Raphael Moneo, Mario Botta, Carlos Ferrater, Peter Zumthor, Anton Garcia Abril

I rivestimenti sottili contemporanei
I nuovi percorsi della pietra leggera / I rivestimenti a secco / Rivestimenti aderenti e rivestimenti appesi / Gli artifici tecnologici / Protesi e sostegni
Opere di: Max Dudler, Hans Kollhoff, Ieo Ming Pei, Gerkan and Partners, Jan Kleihues

L’epidermide di pietra
Il design delle superfici / Ricerche e sperimentazioni d’azienda
Opere di: Lab Architecture Studio, Snøetta, Miralles Tagliabue, Mimmo Paladino

Liquid stone. Pietre fluide e architettura digitale
La “fluidità” nell’architettura contemporanea / Il Neo-barocco digitale / Modellazione 3 D e tecnologie CAD-CAM-CNC
Opere di: Peter Eisenmann, Luc Merx e Christian Holl, Pongratz Perbellini Architects

Light stone. Leggerezza e trasparenza della pietra
Assottigliamento / Ibridazione / Involucri traslucidi / Diaframmi traforati
Opere di: Lluis Mateo, Sancho & Madridejos, Alberto Campo Baeza, Kengo Kuma

Rough stone. Trasfigurazioni contemporanee della “rustica”
La “rustica” dal passato all’attualità dell’architettura litica / Nuovi bugnati / Cumuli di pietre informi
Opere di: Herzog & De Meuron, Edouard Francois, Titus Bernhard, Henning Larsen

Espressività dell’artificiale
L’opera d’architettura contemporanea a “ispirazione litica” / Il progetto delle superfici / Sistemi Vectogramm, Reckli, Litracon / Elementi pre-cast e gettati in opera
Opere di: Herzog & De Meuron, Neutelijngs, Wiel Arets, MirallesTagliabue, Kollhoff, Wandel Hoefer Lorch, Artengo Menis Pastrana, Bassi Carella

IV sezione tematica
Progetto
A completamento dei contributi formativi esposti, una sintesi necessaria passerà attraverso l’esperienza progettuale, momento applicativo dei saperi enunciati nelle sezioni precedenti.
Attraverso questa modalità pratica di formazione il corso si trasformerà in laboratorio propositivo, di verifica e approfondimento, finalizzato a affrontare una serie di nodi compositivo-costruttivi: rapporto tra concezione progettuale e scelte di materiali lapidei; coerenza tra linguaggio architettonico e regole costruttive imposte dai materiali stessi; relazione tra struttura e superficie litica, tra significato architettonico e linguaggio tecnologico, tra forma e sostanza materiale.
L’attività progettuale si svilupperà sincronicamente con le altre sezioni del Corso secondo un percorso parallelo che troverà le necessarie intersezioni con teoria, storia, tecnologia e con concrete esperienze sul campo. Il tema sarà legato al mondo produttivo della pietra e alla valorizzazione della ricerca e della sperimentazione dei materiali litici.

Tema progettuale
Il tema di progettazione è rappresentato da un padiglione show-room quale spazio per comunicare la pietra collegato e integrato ad un complesso produttivo, per il quale assolverà a più compiti: da campo esplicitativo delle potenzialità tecniche ed estetiche dei materiali lapidei, a spazio espositivo di prodotti di qualità e di applicazioni eccellenti, a landmark e immagine simbolo dell’azienda.

Gran parte delle aziende del marmo si presenta ancora sul mercato e verso i settori professionali interessati con un deficit di immagine che riflette la marginalità culturale in cui il materiale lapideo è stato relegato fino a poco più di un decennio fa.
Per rispondere alla aggressiva concorrenza di prodotti alternativi si impone ormai per tutto il settore un rinnovamento d’immagine che investe più aspetti: l’architettura, il marketing e la comunicazione.
Il progetto intende sviluppare il tema della pietra come materiale “comunicante”, idoneo a realizzare uno spazio espositivo dove le aziende possono adeguatamente ed efficacemente rappresentare i propri percorsi di ricerca e sperimentazione.
Le idee progettuali si svilupperanno a partire dai materiali lapidei che le aziende hanno scelto di promuovere e dai livelli di ricerca avviati per svilupparli ulteriormente nel corso della progettazione.

Il workshop di progettazione ospiterà periodicamente personalità dell’architettura contemporanea che negli ultimi anni hanno prodotto avanzate ricerche progettuali con i materiali lapidei, e realizzato opere innovative.
I progetti prodotti durante il Corso saranno esposti nell’autunno del 2008 in una mostra presso la 43ª Marmomacc, Mostra Internazionale di Marmi, Design e Tecnologie di Veronafiere, nella speciale sezione delle mostre culturali dedicata a didattica e formazione.

Canale comunicativo del Corso. Architturadipietra.it
Fungerà da agenda e da spazio di social networking il web site tematico Architetturadipietra.it in cui sarà annunciata e documentata l’attività in svolgimento, le lectures, le visite e, allo stesso tempo, sperimentata un’attività di produzione e di condivisione dei contenuti promossa dal gruppo docente e dai frequentanti del Corso.
Oggigiorno, grazie alla rivoluzione elettronica e alle reti di computer e di telefoni cellulari alimentate da numerosi tipi di dispositivi digitali (fotocamere, registratori video e audio ecc.), siamo di fronte ad un cambiamento epocale della società dell’informazione e della conoscenza dove produrre (e ridistribuire) contenuti è diventato possibile a costi irrilevanti. Utilizzando attivamente gli apparati digitali una moltitudine di individui ha iniziato ad incontrarsi sulla rete di internet condividendo, artefatti semantici, iconici, audio e partecipando, così, attivamente alla formazione della piattaforma culturale. I format documentali artigianali, definiti fino a qualche anno fa come “amatoriali”, iniziano ad essere trattati alla stregua di quelli prodotti dai professionisti.
Ma internet, oltre che ambiente e canale comunicativo, in avvio del terzo millennio, è anche spazio vivo e relazionale per suoi fruitori. Cogliere l’opportunità di esprimere le proprie visioni, sia con il “ripensamento” dei contenuti altrui, commentandoli, sia mediante la produzione di propri (testi, immagini, video, audio), è il modo nuovo di partecipare e di fare cultura dal basso in forma orizzontale rispetto a quanto avvenuto tradizionalmente.

Bibliografia di riferimento
Alfonso Acocella
L’architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi, Firenze, Alinea, 2004, pp. 620
Frederick Bradley, Antonio Cordiviola, Piero Primavori
Il marmo in architettura. Tipi, caratteristiche e lavorazioni della pietra naturale, Milano, Promorama, 2002, pp. 165.
Daniela Colafranceschi
Architettura in superficie. Materiali, figure e tecnologie delle nuove facciate urbane, Roma, Gangemi, 1995, pp. 174.
Federica Dal Falco
Stili del razionalismo: anatomia di quattordici opere di architettura, Roma, Gangemi, 2002, pp. 531.
Claudio D’Amato Guerrieri (a cura di)
Città di Pietra. L’altra modernità. Architetture stereotomiche, Venezia, Marsilio, 2006, pp. 341.
David Dernie
New stone architecture, Londra, Laurence King Publishing, 2003, pp. 240.
Giovanni Fanelli, Roberto Gargiani
Il principio del rivestimento, Bari, Laterza, 1994, pp. 302.
Theodor Hugues, Ludwig Steiger, Johann Weber
Dressed stone. Types of stone, details, examples, Monaco, Detail, 2005, pp. 134.
Francesca La Rocca
Il tempo opaco degli oggetti. Forme evolutive del design contemporaneo, Milano, Franco Angeli, 2006, pp. 157.
Vincenzo Pavan (a cura di)
Arcipelago di pietra. Progetti e prototipi dai luoghi di marmo, Verona, 1998, pp. 68.
Vincenzo Pavan (a cura di)
Spazio pietra architettura, Faenza, Faenza Editrice, 1999, pp. 143.
Vincenzo Pavan (a cura di)
Le scritture della pietra, Milano, Skira, 2001, pp. 143.
Vincenzo Pavan (a cura di)
Nuova architettura di pietra in Italia, Faenza, Gruppo Editoriale Faenza, 2002, pp. 133.
Vincenzo Pavan (a cura di)
Nuova estetica delle superfici, Faenza, Gruppo Editoriale Faenza, 2005, pp. 157.
Vincenzo Pavan (a cura di)
Pietra: il corpo e l’immagine, Venezia, Arsenale, 2003, pp. 156.
Vincenzo Pavan (a cura di)
Germania: l’arte di costruire in pietra, Faenza, Gruppo Editoriale Faenza, 2004, pp. 159.
Piero Primavori
I materiali lapidei ornamentali: marmi, graniti e pietre, Pisa, ETS, 1997, pp. 224.
Gianluca Sgalippa
Post-bagno. Corpo, ambiente e design nell’età delle mutazioni tipologiche, Milano, Tecniche Nuove, 2006, pp. 151.

Docenti
Alfonso Acocella, architetto è Professore ordinario di Tecnologia dell’architettura presso la Facoltà di Architettura di Ferrara. Attualmente svolge i Corsi di “Cultura tecnologica della progettazione” e di “Costruzioni in pietra”.
Ha scritto numerosi volumi sugli “stili tecnologici” dell’architettura in laterizio e in pietra.
Vincenzo Pavan, architetto e studioso dei linguaggi dei materiali costruttivi è curatore, dalla sua istituzione, dell’International Award Architecture in Stone di Veronafiere. Organizza per pubbliche istituzioni mostre e convegni internazionali di architettura e urbanistica nell’ambito dei quali ha pubblicato numerosi cataloghi. Ha esposto i propri progetti in mostre e musei internazionali tra i quali la Biennale di Venezia, il Deutsches Architekturmuseum di Francoforte e la Graham Foundation di Chicago. Dal 1994 è co-direttore dell’USA Institute (Urban Studies and Architecture Institute) di New York per il quale cura seminari di progettazione e convegni.
Veronica Dal Buono, laureata presso L’Istituto Universitario di Venezia, consegue presso la Facoltà di architettura di Ferrara il titolo di Dottore di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura.
Coniugando l’interesse per il progetto contemporaneo, le tecnologie applicative dei materiali, la comunicazione e rappresentazione dell’architettura, la sua attività di ricerca si sviluppa in particolare intorno al rapporto tra uomo e materia con particolare interesse verso i laterizi, la pietra ed i prodotti d’artificio realizzati in analogia ai lapidei naturali. Autrice per riviste di settore pubblica interventi indagando tecnica e cultura del progetto contemporaneo.
Davide Turrini, laureato in architettura presso l’Università degli Studi di Firenze, ha conseguito nello stesso ateneo la specializzazione in Storia Analisi e Valutazione dei Beni Architettonici e Ambientali e successivamente, presso l’Università di Ferrara, il titolo di Dottore di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura. Svolge attività di ricerca sulle tecnologie costruttive del laterizio e della pietra naturale tra tradizione e contemporaneità e pubblica con continuità contributi autonomi e articoli su riviste specializzate.

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