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22 Ottobre 2007

Eventi

Premio biennale internazionale di Architettura “Barbara Capocchin”

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Padiglione di Oribe di Kengo Kuma

Terza edizione del concorso che premia progettisti e costruttori che privilegiano la cultura della qualità nell’architettura.
Il 20 luglio prossimo scade il termine per la consegna dei lavori.
Al progettista vincitore un premio di 60.000 euro.

Padova, martedì 19 giugno 2007 – Sempre più ampi i consensi e gli apprezzamenti intorno al Premio Internazionale Biennale di Architettura “Barbara Cappochin”, iniziativa che intende essere uno strumento di ricerca e approfondimento del rapporto tra autore e opera di architettura e che quest’anno si caratterizza per il suo respiro internazionale.
L’edizione 2007 ha preso avvio, lo scorso 16 marzo, con il lancio a Parigi nella prestigiosa nuova sede della Citè de l’Architecture e du Patrimoine al Trocadero. Il Premio è promosso dalla Fondazione Barbara Cappochin e dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Padova, con la collaborazione dell’U.I.A. (Unione Internazionale Architetti), oltre che del C.N.A.P.P.C. (Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori).
In conformità con il regolamento UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization), il Premio “Barbara Cappochin” ha lo scopo di sensibilizzare progettisti e costruttori a privilegiare la qualità nelle scelte progettuali e costruttive.
Attraverso diversi livelli di lettura, dall’analisi internazionale a quella territoriale locale, si propone di promuovere la qualità del progetto di architettura contemporanea in rapporto con il territorio, con l’obiettivo di stimolare il dibattito per arrivare a confrontare l’architettura internazionale con quella locale; avvicinare i cittadini alla passione per l’architettura in quanto bene di interesse collettivo; riconoscere il ruolo del progetto e della costruzione attraverso i suoi protagonisti.
Possono partecipare al concorso le opere di architettura di nuova realizzazione completate tra il 1° luglio 2004 e il 30 giugno 2007 e appartenenti a quattro categorie: architettura residenziale pubblica e privata; architettura commerciale, direzionale, mista; architettura pubblica; architettura del paesaggio.
Il termine per la presentazione dei lavori è fissato per il 20 luglio prossimo.
Tra i giurati dell’apposita Commissione giudicatrice, che valuterà i progetti a partire da settembre:
Raffaele SIRICA, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori e Paesaggisti (Italia); Mario BOTTA, architetto (Svizzera); Fulvio IRACE, direttore del settore architettura alla Triennale di Milano (Italia); Giancarlo IUS, vicepresidente Unione Internazionale Architetti (Italia); Amerigo RESTUCCI, architetto (Italia); Gonçalo BYRNE, architetto (Portogallo); Josè Luis CORTES DELGADO, architetto (Messico); Suk Won KANG, architetto (Repubblica della Corea); Katherine L.SCHWENNSEN, membro dell’U.I.A. (Usa); Charles MAJOROH, membro supplente dell’U.I.A. (Nigeria); Steffen ZÜGEL, amministratore delegato di Fischer Italia Srl – (Germania).
La cerimonia di premiazione dei vincitori si terrà venerdì 26 ottobre 2007 durante una serata concerto presso il Teatro Verdi di Padova. Il progettista vincitore riceverà un premio di 60.000 euro, oltre alla scultura “Memoria architettonica” dell’artista Pino Castagna e a una targa da apporre sull’edificio premiato. Quest’anno, con il contributo e la consulenza tecnica scientifica di Fischer Italia s.r.l., è stato istituito anche il Premio Speciale per la cura degli elementi di dettaglio architettonico e costruttivo: verrà valutata la capacità di realizzazione di elementi innovativi di eccellenza funzionale congiunta all’estetica.
Tutte le opere selezionate dalla giuria saranno esposte dal 27 ottobre 2007 al 27 gennaio 2008 nella Mostra del Premio Internazionale di Architettura a Padova (Galleria Civica) che, nel 2008, farà tappa anche a Parigi, Boston e al Congresso Mondiale degli architetti a Torino.
Il Premio Internazionale di Architettura “Barbara Cappochin” si inserisce nell’ambito della Biennale di Architettura Barbara Cappochin, che prevede anche, dal 27 ottobre 2007 al 27 gennaio 2008, presso il Palazzo della Ragione a Padova, la Mostra Biennale di Architettura dedicata a KENGO KUMA, architetto giapponese da sempre attento all’uso dei materiali e al rapporto dell’opera con l’ambiente che la circonda.
La Biennale è uno dei progetti di “Padova incontra l’architettura”, contenitore a cura dell’Ordine degli Architetti, P.,P.eC. della Provincia di Padova, che promuove la qualità dell’architettura in dialogo con le istituzioni, le scuole e i cittadini, attraverso iniziative e progetti culturali.

Segreteria: Ordine degli Architetti P.P.C. di Padova – Piazza Salvemini n° 20 35131 Padova – Italy – phone 0039 049 6994038 telefax 0039 049 654211 – architettipadova@awn.itwww.barbaracappochinfoundation.net

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20 Ottobre 2007

Principale

MARMODESIGN ’07

Il marmo si veste di forme nuove

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Il Consorzio Marmisti Bresciani con l’appoggio tecnico-logistico di Paesaggi Straordinari indice un concorso internazionale di design aperto a designers, architetti ed artisti under 40.
Il concorso desidera promuovere la creazione di nuove soluzioni per la produzione, ed eventuale commercializzazione, di oggetti e/o complementi d’arredo realizzati in pietra.
Le nuove proposte dovranno valorizzare le innate qualità di questo materiale in continuità con la tradizione e nel segno di forme che si richiamino al design contemporaneo, rispondendo alle esigenze dell’ambiente domestico. L’iniziativa aspira a modificare la percezione del prodotto marmo-lapideo da parte del consumatore finale vestendolo di forme capaci di ripensare da zero i nessi del rapporto tra forma e funzione, fruizione e utente, e di mettere in risalto il processo che va dall’idea al prodotto come oggetto compiuto.
Tra i membri della giuria Christian Pongratz, Antonio Gardoni, Bruno Vaerini, Luca Molinari ed i rappresentanti di ordini professionali ed istituzioni.
Il termine ultimo per la consegna dei lavori è fissato per il 05/11/2007 Il Consorzio Marmisti Bresciani premierà i primi classificati con un riconoscimento in denaro e successiva prototipazione del progetto.
I progetti selezionati saranno esposti in una mostra conclusiva che si terrà a fine anno.

Ulteriori informazioni su www.consorziomarmisti.org

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19 Ottobre 2007

Principale

A STONEXPO con MARMOMACC cresce la presenza del Made in Italy lapideo

Verona-Las Vegas, 18/20 Ottobre 2007 – Le eccellenze del made in Italy lapideo sbancano Las Vegas dal 18 al 20 ottobre prossimo dove si svolge StonExpo, la più importante rassegna a “stelle e strisce” dedicata al settore dei macchinari e tecnologie.
Attraverso Marmomacc, fiera leader nel mondo che ha appena chiuso la 42^ edizione con un record di espositori e operatori dall’estero, viene presentato il Padiglione Italia che da un lato arricchisce il merceologico (con marmi, graniti, pietre, onici, porfidi etc) della rassegna americana, mentre dall’altro crea i presupposti per un’ ulteriore presenza delle aziende del settore negli States, che seppur rimane il primo mercato di riferimento sta dando evidenti segnali di rallentamento.
Su circa 11 mila metri quadri netti impegnati da StonExpo, oltre 600 parlano italiano e nell’area gestita da Marmomacc trovano spazio più di venti espositori diretti (solo due edizioni fa erano 90 i metri quadri e tre le aziende presenti).
Non solo. Durante la manifestazione Veronafiere organizza cinque seminari su “The World of Stone Tiles”. Tra i relatori Vince Marazita della Marazita & Associates di Los Angeles, tutor del corso riconosciuto da AIA “Designing With Natural Stone”.
“La partecipazione a StoneExpo rientra in un accordo siglato nel 2005 da Veronafiere e Hanley Wood Exhibitions, uno dei maggiori organizzatori di eventi fieristici del settore – ricorda il condirettore generale e direttore mercato di Veronafiere, Flavio Piva -. Marmomacc consente così agli operatori italiani di avere un’ulteriore visibilità sul mercato degli Stati Uniti verso un pubblico qualificato di operatori, buyer ed architetti”. “Marmomacc vanta infatti una forte tradizione negli States in particolare e nel Nord America in generale – prosegue Piva- in quanto da molti anni è riconosciuto come “education provider” dall’AIA (American Institute of Architects), associazione alla quale è iscritta la maggior parte degli architetti statunitensi, oltre 85.000, e dal RAIC (Royal Architectural Institute of Canada), promuovendo corsi di formazione sulla pietra naturale negli USA e in Italia in occasione della rassegna che si volge a Verona agli inizi di ottobre ogni anno”.
Un accordo strategico, quello tra Marmomacc (www.marmomacc.com) e StoneExpo (www.stonexpo.com), che assume un valore ancora più importante alla luce dei parametri economici, in ribasso, del mercato Usa che costituisce uno degli sbocchi di riferimento per il settore lapideo italiano. Il mercato Usa ha importato, infatti, nel primo semestre 2007 materiale lapidei dall’Italia (fonte: CCIA di Verona su dati Istat) per un valore di 247 milioni 223mila euro rispetto ai 272 milioni 438 mila dello stesso periodo 2006.
Dati che s’inseriscono in un quadro positivo per il comparto contrassegnato da un incremento complessivo delle esportazioni di marmi e graniti grezzi e lavorati che nel primo semestre 2007 hanno toccato quota 903 milioni 136mila euro contro gli 878 milioni 535mila euro del primo semestre 2006 (+2,8%).

Le aziende presenti nello spazio Italia coordinato da Marmomacc a StonExpo sono:
Consorzio Pietre Sardegna (Orosei), Tirreno Marmi Srl (Orosei); Trentino Sprint Società Consortile Arl – Rovereto (Tn); Industria Marmi Alberti Srl di Ala (Tn); Odorizzi Porfidi Spa di Albiano; Phorphyry Usa Inc – Bethesda; Steinex Srl di Levico Terme, Porfido Trentino Srl (Albiano), Federchemicals (Brescia), International Italmarmi Srl (Massa), Italian Trade Commission – ICE – (Los Angeles), Regione Liguria, Garbarino & Cuneo Snc (Genova), Lvl – La Vera Lavagna (Genova), Leani Snc (Genova), Le Pietre Di Dondero Giulia & C., Ardesit Snc, B-Chem (Civitanova Marche), La Ponte Marmi Srl (Grezzana), Marble & Granite Service (Verona)


Comunicato Stampa del Servizio Stampa Veronafiere
Tel.: +39.045.829.82.42 – 82.85 – 82.10 – 82.90 – 83.78 Fax: +39.045.829.81.13
E-mail: pressoffice@veronafiere.it

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Intervista a Kengo Kuma e al team dello Stone Pavillon

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Organizzazioni di produzione e cretività
Nel sistema globale dell’economia le imprese si assomigliano sempre di più assecondando un processo di imitazione reciproca e di omologazione sotto l’influenza delle best pratices e delle scuole di business.
Poche le aziende capaci di esprimere una forte individualità frutto della valorizzazione del capitale umano, il solo oggi capace di produrre idee e immaginazioni, promuovere progetti e innovazione.
Nell’economia d’avvio di millennio – come sappiamo – l’innovazione è un mix di creatività, ingegneria produttiva, design, marketing, comunicazione.
Innovare – solo “produttivamente” – oggi non basta più. La ricerca di relazioni di qualità e una comunicazione svolta lungo vari canali assumono un inedito ruolo strategico, vere e proprie leve di business.
IL CASONE intende muoversi in questa direzione assumendo la sfida di attrarre ed ancorare progressivamente al cuore produttivo interno dell’impresa capitale umano esterno (designers, ricercatori, comunicatori, creativi…), a partire dal quale sviluppare progetti e ricercare relazioni di qualità nella società civile e nell’economia dinamica dei mercati.
In questa nuova prospettiva la comunicazione non è più riguardata come funzione autonoma aziendale (semmai con addetti interni “chiusi” in un Ufficio stampa) ma è sospinta, condivisa, prodotta all’esterno in un processo di social networking strategicamente orientato a gettare le basi per consolidare, difendere, slargare un sistema di relazioni con i diversi interlocutori e anche con il potenziale pubblico di clienti.
La sperimentazione coordinata da Kengo Kuma per Marmomacc 2007 a cui si accompagna un parallelo progetto documentativo-comunicativo a più mani, il collegamento al Network di Architetturadipietra.it (quale polo di ridistribuzione entro la Rete dei contenuti più interessanti prodotti grazie al sostegno de IL CASONE) non sono che i primi passi di questo percorso intrapreso collaborativamente e creativamente.

Alfonso Acocella

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18 Ottobre 2007

Principale

Premio internazionale Architettura Sostenibile

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DEDICATO A CHI PROGETTA PENSANDO AL FUTURO

Il Premio internazionale Architettura Sostenibile Fassa Bortolo, prestigioso riconoscimento istituito dall’azienda italiana leader negli intonaci premiscelati, in collaborazione con la Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara, è giunto alla sua 5° edizione.
Oltre che ai professionisti, il Premio riserva una sezione speciale ai neolaureati che vogliano dimostrare il loro talento assegnando 4000 euro ai progetti più meritevoli.

La domanda di partecipazione deve essere presentata entro il 31 dicembre 2007.

Maggiori informazioni e il bando completo sono disponibili sul sito www.premioarchitettura.it

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SOFT-STONE. Fluttuanti spazi dedalici
Lo Stone Pavillon di Kengo Kuma per Il Casone al Marmomacc 2007

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Michelangelo Merisi detto Il Caravaggio: Narciso (1594-1596). Roma, Galleria nazionale d’arte antica

Il progetto è un viaggio, un’avventura. È come attraversare un confine sconosciuto avendo cura di dare coerenza alle scelte, ai movimenti, alle azioni. Il confine come condizione esistenziale entro cui si sviluppa l’azione prefigurata, finisce con assumere i caratteri di territorio liminare, luogo in cui diverse razionalità ed emozionalità agiscono, simultaneamente, secondo azioni dialetticamente orientate. Perchè è evidente che “le tecniche esecutive si presentano al fatto architettonico portatrici di quella struttura consistente dell’artefatto che non può essere disattesa, pena lo svuotamento, la banalizzazione dello stesso atto progettuale e creativo (…). La forma non ha mai un’assoluta libertà in quanto esiste, è pensata, manipolata, costretta ad esprimersi sempre a partire dalla natura della materia che la sostanzia”1
Ed è proprio alla materia e alle sue possibilità che vorrei ricondurre la “lettura” del Padiglione progettato da Kengo Kuma per Il Casone a Marmomacc. Se i materiali sono portatori di senso, di costruttività, di nessi combinatori, il lavoro architettonico compiuto da Kuma lo si può leggere proprio come un lavoro “sui materiali, a partire dai materiali”.

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Kengo Kuma & Associates, Stone Pavillion, Marmomacc, 2007

Nella sua configurazione il Padiglione è riconducibile a tre elementi fondanti: il pavimento galleggiante; il suolo labirinto; il celino specchiante.
Il piano di calpestio, una superficie litica vibrante di forma rettangolare allungata (13.0 m x 8.02 m), sviluppa una superficie di 104,26 mq ed è soprelevato di 20 cm circa. Composto da 900 lastre di pietra arenaria, della varietà ‘giallo etrusco’, il pavimento galleggiante è stato determinato, oltre che dalla necessità di integrare agevolmente l’impiantistica, dalla necessità di inglobare sotto il piano la fondazione continua del muro labirinto. La struttura del piano è formata da più livelli. Il primo, formato da pannelli di legno multistrato spessi 4 cm, è fissato su “piedi” d’acciaio regolabili, soluzione che agevola il controllo della complanarità. Sopra questo primo impalcato ne è disposto, sfalsandone opportunamente i giunti, un secondo realizzato con pannelli multistrato da 2 cm, sui quali sono fissati con silicone strutturale le lastre di pietra della pavimentazione. Gli elementi litici pavimentali, montati “a casellario, sono spessi 4 cm ed hanno una forma triangolare: base di cm 49,7 per altrettanti cm di altezza. Un giunto di 2 mm, a vista, separa lungo i tre lati lastre contigue.
In corrispondenza del muro labirinto gli elementi litici pavimentali sono realizzati con lastre di pietra serena larghe 23 cm e spesse 1,5 cm. Questa soluzione ha l’obiettivo di accentuare l’effetto di “galleggiamento” del muro, in ragione della diversa reazione della pietra alla luce. La varietà di pietra utilizzata, la grana, la geometria degli elementi, la tecnica con cui è stata lavorata, propone, per “assonanza”, una continuità con la struttura in elevazione, con la tessitura a maglia triangolare. Il piano di calpestio è chiuso lungo il bordo da blocchi di pietra massiccia, che accolgono le lastre perimetrali entro apposite cavità. Le 900 lastre che configurano il piano sono state realizzate tutte con un processo di produzione artigianale, pezzo per pezzo. Questa scelta più che da necessità tecniche è derivata dalla volontà di “imprimere” sulla materia i segni del processo di trasformazione manuale. Superficialmente le lastre sono state levigate, lasciando in evidenza le piccole “imperfezioni”, mentre lungo i tre lati è stata realizzata una bisellatura a mano.

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Kengo Kuma & Associates, Stone Pavillion, Marmomacc, 2007

In continuità con l’idea di labirinto, che alimenta un’ambigua percezione dello spazio “sfondato”, il “celino specchiante” produce un’ingannevole duplicazione dello spazio attraverso un artificio tecnico. Il soffitto a specchio è costituito da un pannello sandwich di circa 3 cm di spessore, su cui è disposta una pellicola di poliestere metallizzato. Tale pellicola ha qualità ottiche riflettenti in ragione anche del suo esiguo spessore (25 micron); qualità che si somma alle caratteristiche di sicurezza (prodotto ignifugo di classe 1), di facile manutenibilità e di riuso quasi totale dell’intero sistema. Il piano al quale è ancorata la “pellicola riflettente” è realizzato con legno multistrato, spesso 4 cm, irrigidito da una sovrastruttura di listelli di legno a sezione rettangolare di dimensioni 4 x 20 cm, disposti a maglia triangolare secondo un modulo di 120 x 120 cm. Il celino è ancorato in 15 punti ad una struttura di metallo formata da tre travi a sezione rettangolare di dimensioni 4 x 18 cm.
Nel soffitto sono integrati anche i corpi illuminanti, dislocati in corrispondenza del banco-reception e dei tavoli. I proiettori utilizzati sono del tipo ARC 1T1191 equipaggiati con lampade da 50 watt a bassa tensione, prodotti da Targetti. La soluzione con riflettori a vetro aperto è stata scelta anche per la posizione arretrata delle lampade che li caratterizza, dislocazione che garantisce una bassa luminanza. La distribuzione della luce e l’intensità massima dipendono, oltre che dalla potenza e dall’apertura di fascio, dalla bassa luminanza fornita dalla lampada alogena “dicroica”. L’effetto di luce “morbida”, calda, avvolgente, esalta le lunghe ombre, le sfumature, le tonalità cromatiche severe delle pietre. Analogamente al celino, anche nel pavimento galleggiante sono stati integrati alcuni corpi illuminanti: proiettori Exterieur Vert – Phenix equipaggiati con lampada alogena da 50 W. L’intensità della luce, degradante verso l’alto, produce alla base del muro una sorta di “sbarramento”, restituendo un effetto di “galleggiamento del muro” labirinto. La relazione/re-azione tra la materia litica” e la materia luminosa è sottolineata dalle lunghe ombre che attraversano le “aperture”, delle infinite “cavità interstiziali”.
La superficie specchiante sovrasta il muro labirinto senza mai toccarlo: 1 cm di vuoto corre lungo tutto il perimetro. Questa soluzione produce un effetto di continuità delle pareti litiche, a tratti deformate, con uno sfondamento e un’amplificazione di senso delle stesse, in ragione anche della fluttuante percezione degli elementi fisici. La realtà e il suo doppio generano un senso d’indeterminatezza, di sospensione, di fluidità. Spazio reale e spazio virtuale si con-fondono dando luogo ad una “spazialità indefinita”. Del resto il concetto di labirinto che ha governato ed orientato tutto il percorso progettuale conteneva in sè questo particolare germe. Labirinto deriva dal greco làbiros, cavità, ma esprime anche “dualità primordiale”, elemento di connessione tra microcosmo e macrocosmo, tra cielo e terra. Simbolo, porta d’accesso ad una dimensione profonda: viaggio conoscitivo dentro se stessi. Il celino specchiante, come l’immagine di Narciso riflessa sull’acqua, ci “proietta altrove”, ci svela un’identità nascosta, un’alterità, proprio come in uno “specchio
dell’anima”, il doppio si materializzata attraverso le “proiezioni d’ombra”, nella relazione che la materia vibrante intrattiene con la luce, con la sua immagine riflessa: alle pietre saldamente radicate al suolo fa da contrappunto l’ingannevole elevazione verso il cielo delle stesse. Ogni ordine sembra essere sovvertito, violato. L’immagine riflessa ci rivela, improvvisamente, l’ambigua forma della trama litica; trama mai certa, mai fissamente esplicitata. Artificiosità, stratagemma, intelligenza, ingegno, astuzia, furbizia, la tecnica tradotta in “inganno” si dà come prima formulazione di senso, logos. Alla visione diretta, univoca del mondo, Kuma preferisce una molteplicità di possibili significati, un’esperienza emotiva che attraversa ragione e passione, intuizione e sentimento, realtà ed immaginazione. Perchè “l’architettura è solo lo strumento attraverso il quale cerco di ‘rivelare’ un luogo”2.

Luigi Alini

[videointervista]08_stonepavilion.swf[/videointervista]

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Note
1 Alfonso Acocella. “Progettare in pietra. La costruzione fra tradizione ed innovazione”
2 Dichiarazione resami da Kengo Kuma durante un recente colloquio a Napoli.

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14 Ottobre 2007

English

The Beyeler Foundation Museum, Riehen (1991 – 1997)
by Renzo Piano*

Versione italiana

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After having designed the small, delightful museum for the De Menil Collection in Houston, Renzo Piano designed a private museum in Europe on behalf of the Beyeler Foundation: this museum is situated at Riehen, near Basle and the Swiss-German border. Positioned along a busy main road near to the 19th century Villa Berower’s gardens, Piano’s architectural creation constitutes a well-balanced solution to the requirements of Hildy and Ernst Beyeler, the gallery owners who in the space of forty years have collected a series of important artistic works, including items by Cèzanne, Giacometti, Klee, Lèger, Matisse, Picasso and Rothko, to name but a few.
This one-storey building, situated in the middle of a park, boasts sturdy parallel walls and a light, refined glass roof that softens the zenithal light, redistributing it among the museum’s various rooms, toning down its natural variations which are barely perceptible from within the museum.
On the outside, the long, solid walls are clad in stone. Inside, there are four parallel central walls, each 110 metres long and equidistant (set 7 metres apart), containing the gallery, a space composed of three long spans, transversely joined together every 11 metres. This space is fluent, homogeneous, continuous, with all its plant and systems cleverly hidden from view. The only things that are immediately visible are the elements constituting the architectural composition itself: the smooth, plastered walls, the wooden floor and the luminous ceiling.
The spatial effect is one of a harmonious blend of exhibitory logic (as seen in the sequence of the diverse rooms) characteristic of 19th century museums, and the contemporary fluidity of the elongated spans providing a “telescopic” perspective of the outside. An attempt has clearly been made to provide a degree of continuity between architecture and nature: the walls, together with the extremely lightweight roof, form a continuum with the surrounding park; the floor blends visually with the pond in the garden, situated at the same level as the floor itself, and the inside and outside of the aisles are only prevented from constituting a physical continuum by the presence of large glass windows.
Great care has been taken to provide the visitor with an educational itinerary facilitated by certain architectural details; these include the western façade’s “winter garden”, looking out over the landscape, which provides the visitor with space and time for reflection. The light coming in and the very perception of this room differ from what is seen in other parts of the museum, albeit contained once again by parallel walls of a regular height. This long, narrow section (smaller than the gallery itself) forces the visitor to look out on the natural surroundings. From the outside, the large glassed surface area neutralises the height of the wall making up the western façade; the same effect is achieved by the parallel wall forming the external border of the area, in that being similar to, but lower than, the façade, tends to minimise the environmental impact of the new construction.
On the entrance side, the walls are lighter and are transformed into an original, elegant colonnaded façade that rises up from the pond and tends to dilute the harshness of the walls themselves. A similar compositional format has also been adopted on the opposite side of the building, albeit with certain variations. The two rhythmic, chiaroscuro-effect colonnaded façades thus offer an interesting interface between the new museum and the stratified natural environment constituted by the old park.
The east-facing wall is a more complex structure, arranged at various different heights and in diverse directions, with gaps which one can walk through, and as such constitutes the façade that faces onto the Baselstrasse road. Renzo Piano calls this wall a “formative zone” in that it generates the entire architecture of the museum as such: indeed, on closer observation one can begin to understand the strong link between the building and its chosen site. The architect utilises the continuity and the imperious architectonic character of the walls to merge the surrounding landscape into the building’s structure; he manages to amalgamate stone walls, fences, façades, the gallery, the garden and the surrounding landscape into a well-balanced whole.
The walls of the Riehen museum rise up out from, and shape, the surrounding ground, and are topped by a light, high-tech rectangular roof consisting of a double layer of glass with an interstitial air-space accessible for maintenance purposes. The modern composition, clearly influenced by the Neo-plasticism so dear to Mies Van de Rohe, is constituted by flat elements both separating and joining spaces in a free manner; the role assigned to the stone is that of guaranteeing a firm relationship with the ground, and of creating the linking elements that make this building part of the surrounding natural landscape and of the historical town of Riehen.
The stone employed here is very similar to the red sandstone used to build Basle cathedral – a stone that is commonly found in this part of Switzerland, but one that is often discarded due to the fact that it is not particularly hard-wearing, but rather delicate and crumbly. After much research, a porphyry from Argentina with excellent technical characteristics was chosen, and dressed to show a rough surface that appears already worn by the ravages of time.
The cladding of the load-bearing walls consists of rectangular, single-sized slabs (50 x 25 cm. and of a constant thickness) mounted in parallel, aligned rows: the surfaces of these slabs have been treated to make them vibrate in the light. The mortar joints are barely visible, given that they are of a similar hue to the stone itself.
The stone cladding has been mounted in parallel rows with the base twice the size of the vertical side, thus emphasising its horizontal character.
The mounting arrangement is worthy of note, in that the network of joints entirely covers the building’s walls, like a thin, light graphic pattern projected onto the stone. This is extremely evident in the corners, as the joint is always situated right in the corner, thus preventing the observer from seeing the true thickness of the cladding. An accurate cut of the stone slabs enables them to be placed side by side without the need to superimpose them at all. The graphic abstraction of the modular network frames the roughness of the surfaces of the slabs and the vibrant colours of the stone itself.

Gabriele Lelli

* The re-edited essay has been taken out from the volume by Alfonso Acocella, Stone architecture. Ancient and modern constructive skills, Milano, Skira-Lucense, 2006, pp. 624.

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14 Ottobre 2007

Opere di Architettura

Museo della Fondazione Beyeler, Riehen. (1991-1997)
di Renzo Piano*

English version

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Il fronte pilastrato del museo sul lato di ingresso

photogallery

Dopo il piccolo ed intelligente museo a Houston destinato alla Collezione De Menil, Renzo Piano realizza un museo privato in Europa per la Fondazione Beyeler, a Riehen, vicino Basilea a ridosso del confine con la Germania. Lungo una strada a grande traffico, in un’area stretta e allungata collegata al parco secolare dell’ottocentesca villa Berower, l’opera architettonica di Piano risolve con grande equilibrio la relazione con il luogo e le esigenze di Hildy ed Ernst Beyeler, la coppia di galleristi che in quarant’anni hanno raccolto una collezione importante con 160 opere di artisti della statura di Cèzanne, Giacometti, Klee, Lèger, Matisse, Picasso, Rothko, per citarne solo alcuni.
Si è di fronte ad un un museo introverso, sviluppato su un unico livello. Adagiata sul parco, la sua pianta trova le generatrici spaziali in robusti muri paralleli sui quali è impostata strutturalmente una copertura vetrata leggera e raffinata che ammorbidisce e “polverizza” la luce zenitale ridistribuendola negli ambienti espositivi, smorzandone le variazioni naturali appena percepibili dallo spazio interno del museo.

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Planimetria del sistema distributivo ed allestitivo della galleria

Esternamente i muri sono completamente rivestiti di pietra: lunghi, continui posti a ridisegnare il terreno. Internamente quattro setti centrali, lunghi 110 metri, paralleli ed equidistanti circa 7 metri, contengono la galleria, un ambiente ininterrotto formato da tre campate lunghe, collegate trasversalmente ogni 11 metri. Lo spazio si presenta fluente, omogeneo, continuo, con tutti i terminali impiantistici occultati sapientemente. Restano in evidenza solo gli elementi della composizione architettonica: i muri lisci trattati ad intonaco, il pavimento ligneo e il soffitto luminoso.
Il risultato spaziale è un’armoniosa integrazione fra la logica espositiva per successione di sale, tipica dei musei del XIX secolo, e la fluidità contemporanea dello spazio allungato delle campate aperte prospetticamente “a cannocchiale” verso l’esterno. Evidente è la ricerca di continuità fra architettura e natura: i muri insieme alla leggerissima copertura proseguono nello spazio del parco a contatto con gli elementi naturali; il pavimento instaura un dialogo visivo con la vasca d’acqua del giardino posta allo stesso livello del piano di calpestio. Ad interrompere, appena, la forte continuità fra interno ed esterno delle navate restano solo grandi vetrate.

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Vista dal parco e prospettiva dell’interno della galleria

Evidente l’attenzione particolare per il visitatore e il per suo apprendere camminando registrabile in specifiche soluzioni architettoniche; fra queste appare di grande valenza la scelta di risolvere la facciata ovest con il “giardino d’inverno” affacciato sul paesaggio per consentire la sosta e la riflessione lungo l’itinerario di fruizione della collezione. La captazione della luce e la stessa percezione di questo ambiente sono differenti dai restanti spazi del museo, ma sempre definiti da muri paralleli ad altezza costante. La spazialità dell’invaso è molto allungata e schiacciata (perchè di dimensioni minori rispetto alla galleria) obbligando il visitatore allo sguardo sulla natura. Dall’esterno, la grande superficie vetrata con la sua dimensione neutralizza l’altezza della parete muraria della facciata ovest; lo stesso compito svolge il muro parallelo che delimita l’esterno dell’area, più basso in altezza, ma di natura simile, minimizzando l’impatto ambientale della nuova opera.
Sul lato dell’ingresso, le murature si alleggeriscono e si trasformano in un elegante ed originale prospetto colonnato che si eleva dallo specchio d’acqua stemperando la gerarchia dei setti murari; lo stesso tema compositivo è adottato, sia pur con delle varianti, sul lato opposto. I due prospetti colonnati ritmati e chiaroscurali offrono, così, nelle testate dell’edificio una propizia condizione di integrazione fra il nuovo museo e la stratificata scenografia naturalistica del parco storico.

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Il prospetto su strada del museo

Ad est un muro più articolato – con altezze diverse, direzioni variate, interrotto ed attraversabile – disegna il fronte longitudinale su strada; si tratta dell’arteria urbana Baselstrasse. Piano definisce questo muro “zona di formazione” in quanto genera tutta l’architettura del museo: osservandolo si comprende la forte relazione del museo con il sito. Il progettista utilizza la continuità e la perentorietà architettonica dei muri fino a che la configurazione del paesaggio non si costituisca parte integrante nella strutturazione dell’edificio, ricercando e pervenendo ad un equilibrio in cui setti litici, recinti, fronti, galleria, giardino e paesaggio sono fusi in un’unica immagine.
I muri del museo di Riehen nascono dal terreno e lo modellano, in alto si articolano a sostegno di una copertura leggera – un elemento autonomo d’alta tecnologia a pianta rettangolare – caratterizzata da una doppia stratificazione vitrea contenente uno spazio interno praticabile ai fini di una efficiente manutenzione nel tempo. E’ ben evidente la composizione moderna influenzata dalla ricerca del Neoplasticismo, cara a Mies Van de Rohe, costituita dagli elementi piani che risolvono lo spazio e le relazioni in modo libero; altrettanto esplicito risulta è il ruolo assegnato alla pietra, indispensabile a garantire la relazione con il suolo e a creare i raccordi che permettono a questo edificio di essere partecipe del paesaggio naturalistico e della memoria della città storica.

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Scorcio di un setto muraio in porfido argentino

La pietra impiegata è simile all’arenaria rossa della cattedrale di Basilea, molto diffusa in questa parte della Svizzera, ma scartata per la sua criticità di durata nel tempo, essendo friabile e delicata. Dopo un’attenta ricerca è stato selezionato un porfido proveniente dall’Argentina di ottime caratteristiche tecniche, lavorato in modo da mostrare una superficie scabra, come se già consumata dal tempo.
Il rivestimento dei muri portanti è costituito da lastre rettangolari di un’unica dimensione (50x25cm con spessore costante) montate in serie parallele ed allineate con il trattamento superficiale che le rende vibratili alla luce. I giunti di malta sono poco visibili, impostati matericamente tono su tono. L’apparecchiatura di montaggio delle lastre a filari paralleli con la base doppia dell’altezza sottolinea la direzione orizzontale.
L’astrazione della griglia di montaggio merita un approfondimento. Il reticolo dei giunti ricopre, senza interruzioni, omogeneamente ogni tratto dei muri comportandosi come un segno grafico privo di spessore e di peso, proiettato sulla pietra. Negli spigoli tale accorgimento si manifesta chiaramente; il giunto è sempre nell’angolo e della stessa dimensione, impedendo di far leggere lo spessore delle lastre. Un preciso taglio degli elementi litici di rivestimento permette l’accostamento perpendicolare senza la sovrapposizione. L’astrazione grafica del reticolo modulare focalizza il risultato percepibile nella scabrosità della superficie e nella vibrazione di colori della pietra sublimando la materia.

Gabriele Lelli


*Il saggio è tratto dal volume di Alfonso Acocella, L’architettura di pietra, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624.

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11 Ottobre 2007

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Festival della Creatività 2007

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Appuntamento dal 5 al 28 ottobre alla Fortezza da Basso di Firenze per la seconda edizione del Festival della Creatività, promosso dalla Regione Toscana e organizzato dalla Fondazione Sistema Toscana. 40.000 mq di superficie espositiva, 400 eventi, oltre 1600 tra artisti e relatori provenienti da 42 paesi del mondo, un palinsesto ricco di incontri e dibattiti con grandi esponenti della cultura contemporanea, del mondo dell’arte e del design e della scena musicale italiana e internazionale.
Creatività e competitività: il sistema Italia e il mercato globale è il tema del convegno di apertura del festival con il presidente della Regione Toscana Claudio Martini, Enrico Letta, Roberto Colaninno, Tommaso Fanfani, Massimiliano Fuksas, Riccardo Varaldo, Elio Fiorucci. Energia creativa allo stato puro è quella che circolerà negli incontri Carta Bianca, un’ora a disposizione di grandi maestri della creatività contemporanea: Derrick De Kerckhove, guru indiscusso dei massa media, Joshua Davis, il designer newyorkese che ha rivoluzionato la grafica pubblicitaria degli ultimi anni e il grande Dario Fo, che ha preannunciato una conversazione spettacolo su Leonardo Da Vinci.

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10 Ottobre 2007

Principale

Il venerdì in archivio

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