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10 Novembre 2007

Principale

Tecnologie in Progresso

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Il progetto di Tecnologie in Progresso, punto di incontro tra Produzione, Progetto e Ricerca, nasce nel 2007 per colmare una sorta di “gap comunicativo”, una mancanza di collegamento efficace tra i tre protagonisti dell’innovazione del comparto delle costruzioni.
Elementi comuni ad Aziende, Università, Ordini professionali sono il linguaggio, le affinità di interessi, gli ambiti di intervento; tuttavia le differenti modalità di relazione, spesso, creano disorganicità nella comunicazione.
Tecnologie in Progresso si propone come organismo di condivisione e scambio di informazioni sulle iniziative, sui progetti, sulle attività culturali e di ricerca per la tecnologia e l’innovazione in edilizia. E’ un’iniziativa di Modulo e di BE-MA editrice che intende, in questo modo, strutturare e classificare conoscenze, relazioni e
collegamenti cumulati in più di trent’anni di monitoraggio del comparto delle costruzioni.
I soggetti coinvolti – secondo modalità libere ed autonome, senza vincoli di appartenenza esclusiva, sono:
– le aziende orientate alla Ricerca e Sviluppo,
– le associazioni di aziende,
– i dipartimenti di Tecnologia delle Facoltà di Architettura,
– gli Ordini Professionali degli Architetti,
– le Associazioni di professionisti,
– gli enti di ricerca e di formazione,

L’obiettivo è quello di creare un punto di incontro tra i vari protagonisti individuati per affrontare temi di interesse comune, attraverso eventi organizzati sul territorio, convegni, gruppi di lavoro università/aziende, ecc.
La consapevolezza del patrimonio di cultura tecnica, il monitoraggio costante sui cambiamenti dell’edilizia, la mappatura delle grandi opere dell’architettura internazionale e italiana, la capacità di anticipare e precorrere i tempi, dimostrata da Modulo a più riprese, nel corso di questi trent’anni, ha posto le basi per la creazione di questo organismo.

Patrimonio fondante di Tecnologie in Progresso, è un data base completo e in aggiornamento continuo. Ogni singolo soggetto è classificato con riferimento nominale, indirizzo, recapito telefonico, e-mail e organizzato per:
· 114 Ordini professionali Architetti
· 300 altri Ordini professionali e Associazioni
· 346 Università italiane (Facoltà di Archiettura), Dipartimenti di Tecnologia
· 276 enti di ricerca e formazione
· 5365 aziende selezionate per l’orientamento prevalente alla Ricerca&Sviluppo e per le collaborazioni con
l’Università e l’area di progetto
· 6500 progettisti con spiccato orientamento per la tecnologia e la sperimentazione

Lavori in corso
Il punto di incontro e confronto tra produzione, università (ricerca) e progetto si esprime attraverso iniziative che
rappresentano momenti concreti di relazione e di reciproca opportunità e scambio.
Tecnologie in Progresso costruisce e consolida contatti e rapporti per:
· lavori di ricerca, premi di laurea, tutoring in ambito universitario da parte di aziende
· presentazione di progetti ad alto contenuto tecnologico
· mappatura on line dei lavori di ricerca
· valorizzazione della capacità innovativa delle aziende

Eventi
Abbiamo sviluppato un format di convegni itineranti con la finalità di evidenziare le modalità di incontro tra università, produzione e progetto in una area geografica predefinita di volta in volta. L’interdipendenza tra i tre elementi individuati emerge attraverso la presentazione di opere realizzate nell’area considerata e attraverso
l’attività progettuale degli “architetti locali” di alto profilo: elemento unificante le tecnologie applicate e le aziende di riferimento. Il primo appuntamento sarà a Parma il 4 dicembre 2007 con un convegno che vedrà riuniti i protagonisti della riqualificazione d’area ex Eridania/Barilla: progettisti, direzione lavori e aziende, la
Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Parma e realtà locali emergenti per la ricerca e lo sviluppo di tecnologie innovative per il comparto dell’edilizia.

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10 Novembre 2007

News

Levigati dai diamanti.

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Levigati dai diamanti.
Effetto carezza sui materiali lapidei
Primo convegno sulle più innovative finiture del materiale lapideo

Sabato 17 novembre 2007 ore 9.00
Villa Quaranta – Park Hotel
Ospedaletto di Pescantina – Verona

Scarica il Programma

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10 Novembre 2007

English

La natural seduccion de la pietra – The Allure of Natural Stone

Versione Italiana

Il Sole24Ore BusinessMedia
Faenza Industrie Grafiche, Faenza, Ravenna, 2007
160 pages, Spanish/English, euro 30.00

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Snapshot of the show set-up at Marmomacc 2007
The natural aptitude of stone materials in responding to the needs of designers, clients and users of architectural spaces has come to the fore during recent international events at Marmomacc in Verona; this year, particular attention focused on such realities in Spain. La natural seducciòn de la piedra – an exhibition boasting a wealth of graphic material and ‘live’ samples of exemplary projects in Spain – was organised and coordinated by Vincenzo Pavan; it presented an impressive selection of contemporary architecture to exemplify how the world of quarrying and production achieves preferential technical excellence in the constructive processes and approaches that accompany the creative excellence of designers themselves. There is absolutely no doubt – even by glancing through the catalogue or admiring the exhibition panels during the 42nd Marmomacc in Verona – that research work such as the project by Antòn Garcìa-Abrìl and Ensamble Studio for the Galicia Higher School of Music Studies (that took an award at Marmomacc 2005) – is a vital and successful occasion for renewal of conventional building applications that now come to the fore in the Theatre and Auditorium of San Lorenzo de El Escorial designed by Picado-De Blas Arquitectos, the Rectorate of the Vigo University Campus by EMBT Arquitectes or the Casa en Las Encinas near Madrid by Vicens-Ramos Arquitectos. The official presentation of the exhibition last 6 October in the Boggian Hall of Castelvecchio saw Antòn Garcìa Abrìl outline his new project (already premiered through Architetturadipietra.it in its initial project and construction stages). This new work, in fact, is highlighted on the cover of the exhibition catalogue published by IlSole24Ore BusinessMedia and is described in the closing pages.
The catalogue – just like the exhibition – accurately presents texts, original technical drawings and photographic details covering fifteen works – involving both acknowledged “masters” and young architects making their names for quality and consistency in their applications. The catalogue opens with two short essays by Luis Fernàndez-Galiano and Ignacio Fernàndez Solla – important interpretative analysis of the works themselves and the historic-cultural context expressed in contemporary Spanish architecture. The first essay focuses on stone as the ideal construction material in modern and contemporary architecture and then analyses a topic of major current interest – the dualism between applications in solid stone and applications in thin cladding in Spanish and international spheres. The second essay, first and foremost, defines the stages in natural stone applications involving ventilated facade anchorages alongside a continual process of evolution whereby slabs become so thin as to achieve the translucency of alabaster in the applications designed by Josep Lluis Mateo; the essay then completes this national overview by identifying Rafael Moneo as an exceptional figure: in short, he exploits every different and possible application of natural stone with immense skill; specific technologies are freely utilised to reflect the conceptual input characterising the overall nature of every project.

Other views of the show set-up at Marmomacc 2007
This chronology of designers and the continuity of design content could only begin with the figure of Rafael Moneo: not only for the undisputed status of the theoretical and technical competence always expressed in his designs but also thanks to the new award for his extension of Banco de Espana – one of the prize-winning works at the 20th International Stone Architecture Award during Marmomacc 2007. This work, just like Murcia Town Hall also highlighted during the exhibition, is an inventive expression of parallel control of form and technique, intellectual innovation and ethical-interpretive approaches to tradition. The Town Hall responds to monumental requirements with the contemporary proposal of pictorial retablo; here, the annex building inserts frameworks of everyday life through imposing references to Terragni’s entire and original work, where geometry is reviewed in accordance with the rhythms of the surroundings and a poetic allusion to the ascent to heaven. Spanish impact at Marmomacc, over and above the stands representing 45 companies at the exhibition, was enhanced this year by the Award also made to the granitic yet delicate patterns of Antonio Jimènez Torrecillas for the bastions of Granada. Yet, returning to the exhibition and the text, the exhibition – as already mentioned – was further embellished by the work of masters such as Alberto Campo Baeza, Carlos Ferrater and Juan Navarro Baldeweg, the consolidated applications of Sancho-Madridejos Arquitectos, Cèsar Portela, Francisco Mangado, the proposals of RCR Arquitectes, AMP Arquitectos, Paredes-Pedrosa Arquitectos and Palerm-Tabares de Nava Arquitectos.
The set-up and publication within the scope of Marmomacc boast important patrons and collaborations. The patronage of the Italian Ministry for International Trade was echoed by the organisational participation of the Spanish Institute for International Commerce, thereby consolidating the strong bonds between commercial, entrepreneurial and industrial realities in the natural stone sector in Italy and Spain. During the exhibition presentation ceremony, Angel Martìn Acebes, Executive Vice-President of the Spanish Institute for International Commerce, focused on the parallels between the undisputed international prestige of the Verona exhibition and the consolidated role of co-protagonist played by Spain in recent years in terms of quarry output of local stone materials, that are especially sold and exported to consolidated American markets and equally to more recent outlets in the Orient.

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8 Novembre 2007

Eventi

International Award Architecture in Stone 2007
Sette racconti di pietra

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Pietra basaltica, ardesia norvegese, calcare Alconera, Marmo di Carrara, Granito di Alpedrete, Arenaria Bateig, Azul Extremadura, Rosa Porriño, tufo giallo campano; e ancora: tufo romano, pietra sperone, pozzolana, granito, pietra della lessinia, rosso ammonitico; pietre in grandi lastre sottili e in blocchi squadrati; posate a secco, con graffe metalliche, con sottili strati di malta; pietre sbozzate a fatica da artigiani o tagliate a controllo numerico; pietre simili e dissimili, provenienti da regioni lontane o prossime, tutte materie che hanno trovato forma e interpretazione nell’opera architettonica e che quest’anno con essa hanno condiviso il riconoscimento alle Architetture di Pietra. Il noto International Award Architecture in Stone, in corrispondenza della Quarantaduesima edizione di Marmomacc, quest’anno è stato conferito ufficialmente presso le nobili sale del Museo di Castelvecchio rendendo spettatori e protagonisti partecipi del magnetico spiritus del maestro Carlo Scarpa.
Il prestigioso premio giunto alla decima edizione è rivolto alle costruzioni che si distinguono per l’attenzione e la qualità attraverso la quale i sistemi lapidei danno corpo al progetto di architettura; e se inizialmente la pietra ha necessitato di tale occasione per un rilancio anche commerciale sul mercato, oggi, raggiunta per il materiale una nuova “maturità” linguistica, è proprio tale riconoscimento a porsi come una delle più importanti occasioni di ricerca ed approfondimento sul tema.
Al presente infatti l’utilizzo della pietra nell’architettura pare essere infatti divenuta una prassi per i grandi maestri – pur serbandoci ogni volta singolari sorprese – e proprio il riconoscimento sostenuto da Veronafiere, con la sua importante giuria, ne ha esplorato nel tempo i grandi temi ed i contesti geografici – si pensi a Abril, Campo Baeza, Hollein, Machado e Silvetti, Moneo, Isozaki, Pacheco e Clèment, Perraudin, Kuma, Silvestrin, Tàvora… – mettendone in luce il carattere innovativo ed il rapporto con la tradizione, aprendo senza dubbio anche alla pietra la scena contemporanea dell’architettura d’eccellenza.
Con occhio che si fa sempre più attento e penetrante, oggi il Premio va ad indagare anche ambiti complementari alle architetture poste sotto i riflettori spettacolarizzanti della pubblicistica, muovendosi ad individuare casi studio inattesi e con essi mutate espressioni, aggiornamenti o coniugazioni linguistiche.
Le architetture premiate nell’edizione 2007 sono attente al contesto, alle preesistenze, al territorio, alle tecniche e comunque portatrici di attualità; sono state definite “di periferia” o “silenziose”, ma basteranno poche righe ed un veloce sguardo alle loro pietre per capire come siano tracce, non così “marginali” e “nascoste”, di un linguaggio che anche lontano dai “centri” sta esprimendo la propria qualità con equilibrio e coerenza.
Come di consueto il Premio Internazionale viene conferito a cinque opere ex aequo realizzate negli ultimi due o tre anni, cui si aggiunge un premio “ad memoriam” del recente passato ed uno all'”architettura vernacolare” ed agli anonimi autori dell’architettura spontanea.
Le pietre che costruiscono le cinque opere selezionate, presentate da Vincenzo Pavan e Francesco Venezia in rappresentanza della giuria, lavorano sui “limiti”, affrontano condizioni “estreme”. Dal cuore dell’Atlantico ai Fiordi della Norvegia, toccando le sponde del Mediterraneo e raggiungendo il cuore dell’Europa, ciascuna a proprio modo e in contesti diversi e lontani, vincono i rischi inclusi nel progetto in modo convincente, senza cadere nella banalità, nella ripetizione nè nell’autoreferenzialità.
Conferire al loro insieme la gratificazione del premio è modo per dare visibilità, diffusione e istituzione al linguaggio della pietra, riconoscere nelle distanze i comuni tratti, gli aspetti di metodo e quindi le proprietà sintattiche e grammaticali nella cultura contemporanea.

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Basalto di Madeira per la passeggiata sul mare. Salinas, Madeira, 2005

Il nero basalto delle Azzorre, spaccato in conci e montato a secco elemento per elemento a divenire unificante materia, lega i frammentari volumi delle Piscinas do Atlantico a Madeira, regolarizzando la montagna stessa. Si tratta del progetto di Paulo David magicamente illustrato da immagini scattate dalla mano di Fernando Guerra che mostrano tutto d’un fiato l’intensità di un paesaggio dalla dominanza acquatica, di un mare difficile, dell’aggressività dell’aria salata e dell’asperità delle rocce vulcaniche. Il progetto prende forma da un muro, detto altrove un “muro topografico”, che limita il profilo terrestre segnando una promenade trincerata, sostiene la falesia e connette i volumi architettonici al contesto. Con coraggioso equilibrio tra sito e intervento progettuale, tra luogo e forma, le piscine di Câmara de Lobos si relazionano al mare ed all’asperità della costa affrontandoli con un’ampia piattaforma, terrazzamento a base cementizia, che ne umanizza la fruizione. E sempre l’Atlantico protagonista si svela filtrato dagli schermi a feritoie in legno del volume sospeso del ristorante. Così il paesaggio diviene anch’esso elemento del progetto.
Ma forse il progetto andrebbe ancor di più osservato giungendo dal mare. Allora il complesso tenderebbe a nascondersi, a confondere l’osservatore con il cromatismo mimetico delle superfici, con la forma astratta e irregolare dei volumi, rivelando ancor più come la natura sia stata affrontata con discrezione, senza offesa o tradimento.

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Il patchwork di ardesia. Monastero, Isola di Tautra, 2006.

Ancora un luogo d’acqua, ugualmente insulare, per un’altra opera, questa volta un mare fessurato dai fiordi naturali del Nord, silenzioso e mite. Inconsueta anche la funzione del nuovo edificio di Jensen & Skodvin, trattandosi di un monastero femminile cistercense in in assoluto una delle nazioni dove minore è la presenza di cattolici. Presso il Mariakloster di Tautra le tradizionali shingle in legno che vestono le strutture contadine norvegesi, sono tradotte in sottili lastre di Ardesia Otta Pillarguri, lo stesso litotipo cui ha reso recente notorietà in un ambiente invece lontano, la Boston Public Library (Machado+Silvetti).
Un tema complesso e non privo di problematiche, eppure la retorica della religiosità, con il suo carico di forme tradizionali e di precise necessità della committenza, è stata affrontata in modo non banale. E dove la struttura è in elementi lignei essa si ispira a quelle tipiche del territorio; dove essa è rivestita con una pelle sottile di elementi, le lastre a spacco ruvide e policromatiche alludono simbolicamente ai conci degli antichi monasteri cistercensi, rispondendo agli obiettivi di identità e spiritualità delle monache.
Ancora una volta luce, profondità del cielo, intensità del verde circostante tornano ad essere interpreti di un progetto che con mite personalità si introduce nel contesto componendo la varietà di spazi necessari alla vita quotidiana delle monache in un insieme di sofisticata semplicità.

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Stratificazioni di granito Rosa Porriño per la Muraglia Nazarí, Granada, 2006.

L’attenzione dell’architetto per chi lo ha preceduto, il tempo distante e vicino degli uomini e delle loro opere realizzate nel passato, è decifrabile nella riconoscibilità sottile con la quale il muro traforato di granito Rosa Porriño si armonizza e insieme si distingue rispetto ai toni ocra e rossicci che assume la muraglia Nazarì. La struttura fortificata è il segno che ingloba l’antico borgo gitano di Albaicín alla città storica e che una profonda valle separa dall’Alhambra. Siamo a Granada infatti quando nel XIX secolo un terremoto apre una breccia sul bastione in tapial calicastrado (tecnica costruttiva tradizionale che costruisce per strati successivi di una miscela di terra e pietre, la struttura interna della muratura; evidente traduzione iberica dell’opus caementicium romano), ed alla lacuna formatasi si aggiunge via via l’incuria del depositare resti e fare del vuoto una discarica. Spazio invece di transizione tra la città vecchia e la nuova, nonchè punto panoramico privilegiato con fondale verso il giardino del Generalife ed il grandioso monumento andaluso, la muraglia Nazarí chiedeva una ricucitura ed un’opera di risanamento generale.
Antonio Jimènez Torrecillas ha recuperato la continuità visiva originaria erigendo un nuovo muro, insieme superficie visibile e spazio frequentabile: due lame murarie accostate a formare un esiguo percorso, entrambe composte da una trama serrata di lastre di granito accatastate secondo uno schema in apparenza casuale che nell’insieme lineare e parallelo si accosta senza tangerlo al monumento originario. Il disegno della tessitura così tratteggiato attrae l’osservatore con la sua composizione falsamente disordinata di regolare discontinuità, come un’improvvisazione minutamente progettata. Allora la pietra si carica d’astrazione suggerendo un senso di transitorietà dove le parcelle di vuoto ritagliate tra una lastra e l’altra miscelano la luce tra interno e esterno della costruzione; la materia si alleggerisce ed il senso di solidità e sicurezza che da un muro solitamente ci si aspetta è destabilizzato attraverso una strategia che evoca senza dubbio scritture dell’architettura catalana (si pensi ricorrere all’impiego delle gelosie ed ai preziosi arabeschi traforati) ma con discreta e sincera contemporaneità.

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Medaglione cubista dal Banco de España, Madrid, 2006.

Nel panorama delle opere premiate a Verona si svela anche un Rafael Moneo presente in veste di autore “ancora non famoso”. Del progetto infatti per risolvere l’ampliamento della sede del Banco de España nella simbolica Plaza de Cibeles a Madrid, Moneo ricevette incarico nel 1979 e solo nel 2003 viene posata la prima pietra.
E se non fosse un occhio educato e attento ad osservare l’ensanche madrileno, il complesso sembrerebbe in assoluta continuità con l’impianto originario segnato indiscutibilmente dall’eclettismo storico di fine Ottocento. Continuità formale e materiale infatti per la soluzione d’angolo proposta – quattro varietà di lapidei tra Spagna e Italia – ma uno sguardo in prospettiva può rilevare la sottile cosmetica con la quale l’insieme è stato elegantemente interpretato. L’indizio è racchiuso nell’apparato decorativo dove gli elementi scultorei sono parafrasi degli originari, stilizzati, deformati, aggiornati nelle loro forme prima modellate al computer poi realizzate con macchine a controllo numerico, svelando all’osservatore la modernità dell’opera.
Luis Fernández-Galiano acutamente osserva “passare inosservati è più difficile che richiamare l’attenzione (…) ed è possibile che siano le opere più silenziose quelle che finiscono per ottenere maggior riconoscimento critico. È un atteggiamento che richiede eleganza di vita e abilità professionale: nessuno ha mai detto che sia facile volare sotto i radar”.

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Tufo campano per rimodellare l’abitazione. Pozzovetere, Caserta, 2007.

L’itinerario fra le opere che rappresentano la contemporanea migliore architettura in pietra finisce col ricongiungersi alle pietre italiane attraverso la casa bifamiliare realizzata da Beniamino Servino a Pozzovetere di Caserta.
La dimensione umana ed il rapporto onesto con il contesto, ritornano ad essere arbitri di campo; l’architettura si fissa attraverso il materiale ed il pensiero razionale che la previene è generatore di senso per il luogo, l’abitare e l’urbanità.
Il progetto si inscrive in un percorso di trasformazione del preesistente – una casa unifamiliare di modesto valore edilizio – dunque riscrivendone il racconto attraverso una attenta metamorfosi delle strutture dell’incompiuto fabbricato originale cui la committenza aveva a fatica dato vita. Accettando la condizione di marginalità urbana, la nuova casa si sviluppa come un volume compatto così coerente con l’edilizia locale, così affine alle forme dei casolari abbandonati del casertano, da marcare con minimale attenzione e cura il territorio. Allora la memoria iconografica dei muri sbrecciati, delle anomale combinazioni materiche, del senso di massività e forza delle strutture di quelle architetture ritornano nella tessitura compatta in conci lapidei che veste la struttura originaria. E la partitura delle facciate si arricchisce – nell’incasso di alcune finestre – dell’innesto di frammenti dei materiali di risulta del precedente progetto, sdrammatizzando il carattere complessivo del paramento che il Tufo Giallo Campano impone.

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Le grandi lastre che chiudono il fienile piccolo della Stalla del Modesto.

La giuria internazionale del Premio non dimentica di individuare un’opera del passato, memoria storica del ruolo della pietra come materiale identitario, portatore di valori. Ancora un ulteriore riconoscimento all’intelligenza collettiva che ha dato vita espressioni costruttive autonomamente divulgantisi per secoli.
Così con la decima edizione il premio “ad memoriam” è stato dedicato all’opera Mausoleo delle Fosse Ardeatine così ai suoi autori scomparsi: Nello Aprile, Cino Calaprina, Aldo Cardelli, Mario Fiorentino, Giuseppe Perugini. Monumento fuori dal tempo che attraverso il suo linguaggio espressivo privo di retorica, con sintetico valore simbolico reso possibile dall'”anticlassico” utilizzo dei materiali, si proietta oltre i vincoli del tempo superandolo per continuare a commemorare il tragico evento.
Il premio dell'”Architettura Vernacolare” invece ha raggiunto la Lessinia. In particolare un piccolo edificio rurale sorto nel momento stesso in cui è stato eretto; costruito senza “progetto” ma attraverso la straordinaria intuizione del contadino che si fa architetto e escludendo di aggiungere elementi in stile personale esegue la perfetta coincidenza tra programma funzionale e forma, realizzando la propria stalla. La “Stalla del Modesto” è opera esimia del panorama della Lessinia, attribuita a Modesto Paggi contadino, divenuta simbolo dell’intelligenza e creatività costruttiva dei montanari-architetti del veronese. È proprio in questa regione che la lastra di pietra locale come monolite – piuttosto che come concio – diviene l’elemento ordinatore del paesaggio. Scrigno di pietra e “opera totale”, in questo piccolo ma mirabile edificio l’architettura costruita da spesse lastre montate “a coltello” è architettura delle origini, “geologica”, e si mostra in tutta la sua essenziale e primitiva forza capace di insegnare anche al presente.

Alla proclamazione dei vincitori ed alla mostra dei lavori premiati svoltasi presso gli spazi della fiera veronese, ha fatto seguito la pubblicazione di un prestigioso volume edito da Faenza Editrice.
“Il senso della materia”, a cura di Vincenzo Pavan con saggi di Marco Casamonti, Luis Fernández-Galiano, Werner Oechslin, Vincenzo Pavan e Francesco Venezia, è la ricca fonte delle immagini qui documentate nonchè occasione di studio e ispirazione.

di Veronica Dal Buono

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Il Senso della Materia – The Sense of Matter
Il Sole24Ore BusinessMedia, Faenza Industrie Grafiche, Faenza, Ravenna, 2007
pagg. 157, italiano/inglese, euro 30,00

Link
www.marmomacc.it
www.faenza.com
www.faenzaig.com
www.jsa.no
www.ultimasreportagens.com

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7 Novembre 2007

Principale

20 progetti per una città ideale

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5 Novembre 2007

Opere di Architettura

Monolite di granito

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Scuola di Alti Studi Musicali a Santiago de Compostela di Antón García-Abril. Vista notturna.

“Con il Centro de Altos Estudios Musicales abbiamo voluto realizzare un’architettura profondamente radicata nel contesto galiziano, basata sulle specificità culturali e ambientali che segnano la memoria del luogo. È come se l’edificio fosse sempre stato lì”.
Antón García-Abril

La Scuola di Alti Studi Musicali di Santiago de Compostela, progettata da Antón García-Abril, sorge all’interno del parco universitario di Finca Vista Alegre, un’ampia area limitrofa al centro storico cittadino destinata ad ospitare edifici per attività artistiche, didattiche e di ricerca. L’opera parla il linguaggio della contemporaneità pur cercando un saldo radicamento nella cultura materiale e nei caratteri ambientali della terra in cui sorge, la Galizia, provincia severa e riservata, estremo angolo nord-occidentale della penisola iberica affacciato sull’Atlantico, territorio dove i colori forti e caldi della Spagna assolata si stemperano in un paesaggio verde e piovoso, dove la luce si fa più fredda ed il cielo limpido è attraversato dal rapido e continuo passaggio delle nubi provenienti dall’oceano.
L’edificio è interamente ricoperto da una cortina omogenea di Granito di Mondariz, una roccia grigia e dura, con una struttura caratterizzata da cristalli di grandi dimensioni. Tale litotipo, cavato a sud di Santiago tra Pontevedra, Porriño e Ponteareas, è un materiale che caratterizza diffusamente l’architettura storica di questa regione ed è stato oggetto di una recente rivalutazione, non solo nell’opera di Abril, ma anche in ulteriori realizzazioni galiziane di progettisti contemporanei quali Arata Isozaki (La Casa del Hombre a La Coruña, 1995) e Cesar Portela (Cimitero a Finisterre, 2002).
La placcatura granitica – plumbea e opaca se in ombra o bagnata dalla pioggia, argentea e riflettente, quasi metallica, se colpita dal sole – connota il volto esteriore dell’architettura in forma di spessi lastroni dalla superficie ruvida giustapposti a rivestire le facciate, e si distende, pervasiva e totalizzante, anche nel cuore più interno dell’edificio; il grande atrio centrale è infatti foderato con sottili lastre della stessa roccia che per contrasto con la rusticità della scorza esterna presentano una trattamento superficiale liscio a filo sega nei rivestimenti verticali e una finitura fiammata nei piani pavimentali.
Sviluppata per tre piani fuori terra la semplice volumetria cubica del corpo di fabbrica si offre all’osservatore secondo diversi livelli percettivi: da lontano l’edificio appare come un monolite regolare di pietra, pieno e pesante, radicato al suolo in continuità con il tappeto verde del giardino che lo circonda; dalla media lontananza i profili netti lasciano il posto alla percezione della reale scabrezza del paramento dei lastroni e il corpo litico vibra di linee spezzate e contrasti chiaroscurali; dalla distanza ravvicinata, infine, la compagine lapidea pare disgregarsi esprimendo appieno la forza delle sue superfici rustiche e dei suoi spigoli irregolari.
Il compatto rivestimento granitico, autoportante e fissato a secco alla struttura metallica dell’edificio, si compie nel giro di sette ricorsi giganti di lastroni alti 175 cm. La possente massa stereometrica del blocco edificato è scavata solo in pochi punti da sottili incisioni finestrate, semplici e nette, e da due più consistenti intagli che si aprono in prossimità dell’atrio centrale.
Lo scrigno di pietra protegge un assetto interno assai articolato. Le esigenze funzionali e i requisiti acustici delle diverse attività sono stati determinanti per la definizione della geometria e delle dimensioni degli spazi della Scuola. In un grande basamento ipogeo costituito da un guscio di calcestruzzo armato hanno trovato posto le aule più ampie e in cui le sollecitazioni sonore sono più elevate; si tratta dell’ auditorium, dell’aula percussioni e dello studio per l’elettro-acustica predisposti per ospitare un grande numero di studenti e di spettatori occasionali. Nei tre piani in elevato i vani si aprono a corona attorno a spazi distributivi centrali; salendo il loro carattere pubblico e le loro dimensioni diminuiscono progressivamente passando dagli uffici amministrativi e dalle aule per le lezioni al primo piano, alle più raccolte sale prove del secondo livello, fino agli studioli per i docenti, alla piccola biblioteca e alle salette studio dell’ultimo piano. Un abile gioco di scavo anima la composizione degli ambienti interni in un’alternanza di doppi e tripli volumi che aprono nel cuore dell’edificio cavità di luce e d’aria e inaspettati traguardi visivi.
Condotta attraverso un attento controllo delle sue qualità materiche e spaziali fino alla definizione di ogni singolo dettaglio esecutivo, l’architettura della Scuola musicale sostanzia appieno l’intenzione del progettista di dar vita ad una costruzione senza tempo, quasi come se l’edificio fosse da sempre presente nel luogo che lo ospita: se, infatti, le tracce dello spacco per perforazione meccanica lasciate a vista sul paramento litico delle facciate denunciano inequivocabilmente l’attualità della lavorazione, i monoliti posati l’uno sull’altro in un’essenziale e severa scrittura compositiva riportano la memoria ad archetipi costruttivi primordiali, alle origini plastico-murarie di arcaiche opere ciclopiche.

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Scuola di Alti Studi Musicali a Santiago de Compostela di Antón García-Abril. Vista della facciata settentrionale.

Pietre a spacco per un bugnato contemporaneo
La cultura architettonica contemporanea dimostra da alcuni anni un interesse specifico per la riabilitazione dei muri a bugnato, per la loro espressività capace di trasferire con chiarezza, principalmente nelle versioni di rude e brutale informalità, una serie di suggestioni tattili e visive legate alla naturalità della materia litica e alla sua presenza archetipica. Ciò è confermato anche dalla Scuola progettata da Abril e se i bugnati rustici medievali e rinascimentali recavano i segni indelebili dello spacco e della sbozzatura della pietra eseguita a piè d’opera con utensili manuali, il bugnato stilizzato tutto contemporaneo dell’edificio di Santiago de Compostela, presenta un paramento scabro e irregolare, segnato con evidenza dai solchi delle perforatrici meccaniche utilizzate per la separazione degli elementi lapidei dal fronte di cava.
I lastroni che ricoprono esternamente l’edificio sono spessi 30-35 cm, alti 175 cm e di larghezza variabile tra i 100 e i 300 cm; sono stati ottenuti a spacco con un sistema che lascia a vista le tracce delle perforazioni. Per facilitare il distacco dal blocco gli elementi sono stati rotti “al contro”, cercandone il piano di stereotomia naturale. Per ottenere un maggior effetto di irregolarità non sono state adottate le moderne perforatrici multiple automatiche, ma è stato impiegato il sistema tradizionale con fiorettatura a distanze e inclinazioni leggermente diverse.

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Scuola di Alti Studi Musicali a Santiago de Compostela di Antón García-Abril. Scorcio del rivestimento litico.

Una pelle di forte spessore
Le facciate dell’edificio sono ricoperte da grandi lastre granitiche che presentano spessori variabili tra i 30 e i 35 cm e rivestono la struttura a telaio in acciaio dando vita a pareti lapidee autoportanti. Il pacchetto di chiusura è stato poi completato con un doppio isolamento termico e acustico costituito da uno strato più esterno di 4 cm di poliuretano, direttamente spruzzato sulla faccia retrostante delle lastre per assolvere anche a funzioni di impermeabilizzazione, e da una controparete interna dotata di un ulteriore strato di 4 cm di lana di roccia. Tra le due superfici coibenti è stata lasciata una cospicua camera d’aria che implementa ulteriormente le prestazioni di isolamento della chiusura ed è stata anche utilizzata come passo libero per l’installazione di tutti gli strati del pacchetto. Gli elementi di pietra sono fissati a secco tra loro e alla struttura sottostante con l’ausilio di giunti metallici.
La peculiarità del cospicuo rivestimento in pietra è quella di non gravare sulla struttura dell’edificio e di entrare in sinergia con un sistema di altri strati di materiali diversi, compartecipando alle prestazioni di tenuta e di coibenza del pacchetto murario senza perdere la sua fisionomia costruttiva e figurale, senza essere relegato alla stato di sottile maschera cosmetica. L’opera muraria litica monomaterica, viene così reinterpretata da questo muro composito stratificato che comunque nella sua logica assemblativa veicola un’idea compositiva di parete strutturale solida e continua, di spesso involucro protettivo intimamente partecipe delle configurazioni morfologiche e dimensionali dell’architettura.
Accanto alle già diffuse applicazioni degli involucri lapidei sottili i rivestimenti litici a spessore vivono oggi una stagione di crescente affermazione. Si tratta di dispositivi in cui elementi di vari formati danno vita a strati di rivestimento esterno compresi tra i 5 e i 30 cm. Dal punto di vista statico essi possono essere collaboranti con il sistema strutturale verticale dell’edificio, se posati con malta e intimamente legati alle sottostanti ossature attraverso getti concretizi, oppure, se montati a secco come nel caso dell’edificio di Abril, possono costituire una scorza indipendente autoportante posta in aderenza ad elementi portanti di altra natura; in entrambi i casi essi rappresentano una proposta intermedia caratterizzata da una maggiore sostenibilità costruttiva e di linguaggio rispetto ai due poli oppositivi dell’estremo assottigliamento, che spesso perviene a soluzioni deboli dal punto di vista tecnico-prestazionale, e della muratura strutturale massiva, non diffondibile oltre una certa misura in ogni contesto per problemi di approvvigionamento delle materia prima, di costo, e di limitazione della scala dimensionale degli interventi.

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Scuola di Alti Studi Musicali a Santiago de Compostela di Antón García-Abril. Sezione tipo verticale e orizzontale della facciata in pietra in corrispondenza dei tagli finestrati. (rielaborazione grafica Arketipo).

Scheda tecnica dell’opera
Localizzazione: Santiago de Compostela, Galizia, Spagna
Progetto architettonico: Antón García-Abril Ruiz, Madrid, Spagna
Progettazione tecnica e responsabile di cantiere: Javier Cuesta
Collaboratori: Ensamble Studio: Andrès Toledo, Arantxa Osès, Bernardo Angelini, Claudia Gans, Dèbora Mesa, Eduardo Martín Asunción, Guillermo Sevillano, Johannes Gramse, Nacho Marí
Impresa di costruzione: OHL Obrascón Huarte Lain S.A., Madrid, Spagna
Committente: Consorzio della Città di Santiago de Compostela, Galizia, Spagna
Fornitura e installazione della pietra: Granichan S.L., Salvaterra do Niño, Pontevedra, Spagna
Data di progettazione: 1999-2000
Data di costruzione: 2000-2003
Superficie lorda costruita: 1.700 mq
Principali premi vinti: Premio Menhir per l’architettura europea costruita, 2002; menzione speciale Premio di Architettura Luigi Cosenza, 2004; International Award Architecture in Stone, 2005
Costo totale di costruzione: euro 3.000.000

Caratteristiche fisico-meccaniche del Granito di Mondariz
peso specifico apparente: 2,64 g/cm³
coefficiente di assorbimento: 0,3 %
resistenza meccanica a compressione: 1101 kg/cm²
resistenza meccanica a flessione: 153 kg/cm²
resistenza al logoramento: 1 mm
resistenza a impatto: 55 cm
modulo di elasticità: 0,03

testo di Davide Turrini
foto di Roland Halbe

Il post è una rieditazione dell’articolo pubblicato nella rivista Arketipo n.15 – 2007 dedicata al tema delle Superfici di Pietra.

Vai a: Arketipo – Il Sole 24 Ore

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4 Novembre 2007

Letture

L’Architettura del tempo presente

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Mario Pisani, L’architettura del tempo presente, Libria, Melfi, 2007, pp. 213, 18 euro

“Uno sguardo sulla storia”: questa frase, adottata da Franco Purini nell’ampia premessa al libro di Mario Pisani, L’architettura del tempo presente, edito da Librìa, ci appare l’ espressione più adatta per raccontare, con due parole, il testo dello storico romano. Qui, infatti, con scioltezza espositiva, con metodologia onesta e comprensibile, con lo sguardo e la mente sgombri da intenzioni tendenziose, l’autore ci conduce in un ‘viaggio’ attraverso ‘l’architettura moderna’ (prendendo in prestito le parole del più noto Piacentini), partendo dagli anni ’70 del Novecento, fino ai nostri giorni, alle novissime generazioni.
Il testo, chiaro e scorrevole, ha il merito e la prerogativa di essere accessibile, di poter esser utile e positivo, tanto agli studenti (in cui l’autore crede fortemente e a cui dedica buona parte del suo tempo, nell’impegno che lo vede docente presso la facoltà di Architettura “Luigi Vanvitelli”, II Università degli Studi di Napoli) che vogliono iniziare ad avere un quadro completo del periodo, quanto agli studiosi che si propongono di approfondire il discorso qui intrapreso.
Lo sguardo sull’architettura ‘moderna’ del nostro tempo non è selettivo, rispetto alle diverse correnti architettoniche, ma si apre attentamente, a 360°, su ogni strada intrapresa dai, più o meno noti, personaggi che da trent’anni lavorano, con risultati di qualità, in tutto il mondo.
Partendo dal 15 luglio 1972 con l’esplosione del Pruitt- Igoe di Minoru Yamasaki che segna, secondo Jencks, la morte dell’architettura moderna, il testo percorre, a volo d’uccello, le correnti architettoniche che si sono succedute, intrecciate, scavalcate ed hanno camminato parallelamente, nel corso degli anni. Dagli esordi dei FIVE, i cinque architetti (Eisenman, Hejduk, Graves, Gwathmey, Maier) che, nel 1969, ancora poco conosciuti, vennero presentati al Museum of Modern Art del CASE, da Kenneth Frampton , ne delinea con chiarezza l’operato ed il modus agendi che li vede riprendere “il concetto di “scuola” e del recupero di una tradizione, quella del Movimento Moderno (…) insistendo sull’imitazione dinamica di alcuni processi formativi che sono alla base del razionalismo”. Così, l’architettura ed i suoi processi evolutivi sorprendono durante il loro corso: siamo a principio degli anni ’70, quando l’architettura High Tech entra nel cuore della vecchia Europa con il Beaubourg, realizzato a Parigi da Piano e Rogers; da qui i più noti Foster, Nouvel, Arup, Architecture Studio, le realizzazioni dei nostri Pica Ciamarra, Manfredi Nicoletti, Massimiliano Fuksas che, con gli anni, hanno iniziato a riflettere “sulla necessità di risparmiare energia e non esaurire le preziose risorse della terra”.
Nel testo si delineano le figure degli architetti, l’evoluzione dei loro percorsi, all’interno di una griglia storica del periodo in cui agiscono e, in loro supporto, entrano in scena le immagini che, selezionate tra le opere più eloquenti e significative, rendono, se è possibile, ancora maggiore giustizia alle parole.
Altro grande merito del libro è quello, come sottolineato dal maestro Purini, di ‘ridar luce’ al Post-Moderno: stagione dell’architettura “oggi tanto ingiustamente, oltre che incomprensibilmente, accantonata”. Si giunge così, dopo aver rivolto lo sguardo alla ‘nuova classicità’ di Aldo Rossi, di Franco Purini e Laura Thermes, di Giorgio Grassi, Mario Botta, al linguaggio di Moore, Venturi, Bofill, Graves, Moneo, Johnson, England e dei nostri Portoghesi, Natalini, Anselmi.
L’architettura è movimento, cambiamento, totale negazione e altrettanta ripresa, rivalutazione e riproposizione di tutto, così dal Post-Modern si arriva al Minimalismo, al Decostruttivismo e da qui alle nuove generazioni: da Cherubino Gambardella a Cino Zucchi, da Marco Cucinella a Kengo Kuma, dai Mecanoo a Ben Van Berkel che, affiancati alle immagini delle loro opere, ci fanno sognare un futuro fatto ancora di episodi architettonici forti, significativi, espressione del nostro tempo.
Il libro, con le sue 200 pagine, è un vademecum, un promemoria di quanto fin ora realizzato; ancora, unitamente alla sua funzione storica e didattica, vogliamo e crediamo possa essere anche un’esortazione a ‘far bene’, rivolta a tutti coloro che inizieranno, o continueranno, a costruire nel presente e nel futuro.

Alessandra Sgueglia

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1 Novembre 2007

English

The Faculty of Medicine Building at Arrixaca Hospital, Murcia (1996-2001)
Sol Madridejos and Juan Carlos Sancho Osinaga*

Versione italiana

The compositional elegance of this building derives from its apparent simplicity. The clarity of this volume, in truth, conceals a considerable degree of complexity resulting both from the uses to which the building is put, and from the design itself. The necessities of this type of building go without saying; the optional characterisation is the result of a specific creative process whereby no given form is pursued, but rather the “production” of a sequence of interrelated figures and spaces. The very definition of the architectonic volume is far removed from any classical criteria, and cannot be represented by a single image, but only by a succession of figures, sections and spaces. This immediately brings to mind the work of Eduardo Chillida, the Basque artist, and the energy he imparts to his surprising sculptures.
Simplicity is the end result of a careful design based on shapes and materials. The pursuit of unity through the employment of a limited number of elements in the architectural composition gives the work character, and helps it fit in with its surrounds. When seen in context, and from an opportune distance, the university pavilion resembles a solid block of hollowed-out stone. Veined Cehegin stone has been used to clad the entire outside of the building; the 3 cm.-thick slabs have been mounted according to an eloquent design of horizontal courses of two different heights.
The work is intended to be a neutral, compact, “stone” container, featuring a series of interrelated empty spaces designed to create a series of fascinating spatial sequences and tensions. The hollowing out of the solid mass resembles the chiselling away of material to form a sculpture: the resulting complexity is particularly evident in the interiors, where spatial “events” and “atmospheres” of various scale and type, follow on from one another in a dynamic fashion and in a variety of different directions: upwards, outwards, inwards. This work is strongly “marked” by a number of transparent, rarefied surfaces, by diverse transitions and delightful spatial sequences that combine to produce the vestibule (situated between two enormous empty spaces that compress it to create vertical tension), the large patio and the external opening at the entrance.
The central area hosts a variety of public functions and services (e.g. an auditorium, a cafeteria, a library and lecture rooms), while the university departments are variously located throughout the length of the building.
This “empty-space design” by the Spanish architects involves the skilful creation of openings designed to serve the functional purposes of the building as well as to satisfy architectural expectations, aware as they are of the fact that natural light plays a vital role in the definition of spaces.
Careful observation of the work reveals the expertise of Sancho-Madridejos in creating this hollowed-out stereotomic volume, which in truth is but a series of “bent stone surfaces”. This emerges in particular from the use made of the cladding: at the windows, the thin nature of the cladding is emphasised by its relationship with the load-bearing structure, which is independent of the cladding both when the latter imitates the masonry wall, and when it is transformed into a metallic grid. At these points in the building, the stone design continues in the form of a printed glass surface whose texture reproduces the sectional image of the same stone. This glassed surface comprises a ventilated covering – flush with the stone cladding – which acts as a shield against the sun’s rays, while the lock is situated on the inside of the wall, with just the occasional aperture devoid of any glass blind representing a break in this continuum.
A thin, ultra-light continuous skin – clearly visible especially from inside –sees the building move towards a “textile-like” definition of architectonic space.

Gabriele Lelli

Notes
* The re-edited essay has been taken out from the volume by Alfonso Acocella, Stone architecture. Ancient and modern constructive skills, Milano, Skira-Lucense, 2006, pp. 624.

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1 Novembre 2007

Opere di Architettura

Padiglione della Facoltà di Medicina di Arrixaca, Murcia (1996-2001)
di Juan Carlos Sancho Osinaga e Sol Madridejos Fernández*

English Version

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Planivolumetrico dell’opera

L’eleganza compositiva di questo edificio traspare attraverso la sua apparente elementarità. La chiarezza e la perentorietà volumetrica, in realtà, nascondono una notevole complessità, sia indotta dalle caratteristiche d’uso dell’edificio, che esplicitamente ricercata. Necessaria perchè le risposte alle esigenze funzionali di un edificio di questo tipo non possono essere eluse; voluta perchè il risultato finale è frutto di un preciso percorso creativo dove non vi è la ricerca di una forma, ma la “produzione” di sequenze di figure e di spazi con rimandi reciproci. La stessa definizione del corpo architettonico dell’opera si allontana dai canoni classici e non è rappresentabile attraverso una singola immagine, ma solo da una successione di figure, di sezioni, di spazi. Viene subito in mente Eduardo Chillida, l’artista basco, e l’energia dinamica impressa nelle sue sculture capaci di sorprendere ad ogni punto di vista.

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Fronte principale

La semplicità è il risultato finale di un lavoro attento, condotto sulle forme e sui materiali. La ricerca di unitarietà, perseguita attraverso la messa in campo di pochi elementi che entrano nella composizione architettonica, dà carattere all’opera e ne favorisce il buon inserimento nel sito. Visto nel contesto, ad opportuna distanza, il padiglione universitario sembra un unico blocco di pietra opportunamente scavato. La pietra di cehegin è il materiale omogeneo e venato che riveste completamente l’esterno dell’edificio; le lastre, di 3 cm di spessore, sono montate assecondando un elegante disegno a corsi orizzontali, di due diverse altezze.
L’opera è intesa come una scatola neutra, compatta, “litica”, nella quale sono definiti i vuoti messi in relazione tra loro in modo da creare sequenze e tensioni spaziali suggestive. Lo scavo della massa piena è simile all’atto scultoreo del “levare” dove i volumi netti e rigorosi sono incisi in punti precisi per far posto ai vuoti. La complessità che ne risulta è percepibile soprattutto negli interni dove gli “avvenimenti” e le “atmosfere” spaziali, di scala e qualità diverse, si susseguono in maniera dinamica indirizzando lo sguardo in direzioni molteplici: verso l’alto, verso l’esterno, verso l’interno. L’opera è fortemente “segnata” da superfici diafane e rarefatte, da transizioni e da sequenze spaziali suggestive da cui emergono il vestibolo (collocato fra due grandi vuoti che lo comprimono determinando una tensione verticale), il grande patio interno e lo scavo esterno all’ingresso.

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Scorcio del patio con la facciata vetrata

Lo spazio centrale accoglie le funzioni pubbliche (auditorium, caffetteria, biblioteca e le aule) mentre i dipartimenti si sviluppano lungo l’asse longitudinale dell’edificio. Il “progettare per vuoti” degli architetti spagnoli ritaglia le aperture in modo sapiente, in relazione alle esigenze funzionali ma anche alle “attese” architettoniche, ben consci del fatto che la luce naturale svolge un ruolo fondamentale nella definizione degli spazi.
Osservando attentamente l’opera emerge la sottile linea sulla quale Sancho-Madridejos hanno lavorato magistralmente nel dar vita al volume stereotomico scavato, in realtà “superficie piegata” di pietra. A mettere in evidenza questa scelta è l’uso del rivestimento. In corrispondenza delle aperture, la natura sottile dell’involucro esterno è enfatizzata nel rapporto con la struttura portante che è indipendente dal rivestimento sia nel suo simulare l’opera muraria muro, sia quando si trasforma in reticolare metallica. In corrispondenza delle aperture la tessitura di pietra continua il suo racconto attraverso una superficie vitrea serigrafata la cui texture riproduce l’immagine della sezione della pietra. La vetrata individua un involucro ventilato, sullo stesso piano del rivestimento litico, che funge da schermo di protezione rispetto ai raggi del sole, mentre la chiusura è spostata sul filo interno della parete. Solo qualche taglio privo di frangisole vitreo ne interrompe la continuità.

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Spazi interni di distribuzione e di collegamento verticali

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Una sottile e leggerissima pelle continua, evidente soprattutto dall’interno, sposta la concezione dell’edificio verso la definizione “tessile” dello spazio architettonico.

Gabriele Lelli

Note
*Il saggio è tratto dal volume di Alfonso Acocella, L’architettura di pietra, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624.

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30 Ottobre 2007

Principale

L’Architetto Mario Botta

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