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14 Dicembre 2007

Principale

per ALDO ROSSI

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ACCADEMIA NAZIONALE DI SAN LUCA
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI
DARC – DIREZIONE GENERALE PER L’ARCHITETTURA E L’ARTE CONTEMPORANEE
COMUNE DI ROMA
ASSESSORATO ALLE POLITICHE CULTURALIper ALDO ROSSI
dieci anni dopodisegni e modelli di opere e progetti dal 1964 al 1997
dell’archivio personale di Aldo Rossi dalle collezioni DARC – MAXXI
con testimonianze degli amicia cura di Francesco Moschini con il coordinamento di Valentina Ricciuti

19 dicembre 2007 – 25 gennaio 2008

Inaugurazione: martedì 18 dicembre 2007, ore 18.00

Roma, Accademia Nazionale di San Luca
Piazza dell’Accademia di San Luca, 77

Martedì 18 dicembre 2007, alle ore 18.00, si inaugura presso l’Accademia Nazionale di San Luca la mostra per Aldo Rossi, dieci anni dopo. Disegni e modelli di opere e progetti dal 1964 al 1997 dell’archivio personale di Aldo Rossi dalle collezioni DARC – MAXXI con testimonianze degli amici, a cura di Francesco Moschini con il coordinamento di Valentina Ricciuti.

Ideata e promossa dal Presidente dell’Accademia di San Luca Guido Canella con Carlo Aymonino e Paolo Portoghesi, l’esposizione esprime un doppio ordine di intenti: da un lato l’obiettivo è sottolineare, a dieci anni dalla scomparsa dell’architetto, l’identità e l’internazionalità della sua figura e della sua poetica architettonica; dall’altro si presentano testimonianze sulle sue opere e i suoi progetti, richieste a personaggi di tutto il mondo a lui vicini per amicizia o professione.
L’allestimento della mostra, curato dagli architetti Roberto Ianigro e Valentina Ricciuti (Medir_architetti), presenta, in tre diversi ambienti, sei modelli lignei, tra cui quelli del Teatro Carlo Felice di Genova, del Deutsches Historisches Museum di Berlino e del complesso alberghiero a Fukuoka in Giappone, e 50 tra disegni, tempere e acquarelli, realizzati dal 1964 al 1997 e selezionati privilegiando i materiali autografi, più che gli elaborati tecnici prodotti all’interno dello studio. Lo scopo è quello di restituire con chiarezza la coerenza e la continuità di pensiero e di linguaggio che attraversa il suo intero percorso professionale e di ricerca.
L'”elementarismo” rossiano, l’ossessione per gli oggetti, l’interesse per il paesaggio urbano e le sue forme sono presentati nel confronto di importanti progetti per l’Italia (tra i quali il Cimitero di San Cataldo a Modena del 1971-76, il Teatro del Mondo per la Biennale di Venezia del 1979, il Palazzo dei Congressi di Milano del 1982-89) con piccole architetture d’affezione per museo (Vassivière e Maastricht del 1990) o con i progetti pensati per diverse occasioni internazionali: dall’unità residenziale a Setubal (Portogallo) alla Torre di Buenos Aires (1984), dal Campus di Miami (1986) alle Case unifamiliari a Monte Pocono (Pennsylvania 1988), dal Complesso Residenziale e di Uffici di Schlachthuis all’Aia (1988) ai progetti per la Walt Disney di Parigi (1988) e Orlando (1991).
Un angolo poetico speciale viene riservato ai progetti e alle realizzazioni di Aldo Rossi in Germania, in particolare a Berlino. Tra questi, il Concorso per la Leipzigerplazt (1990), il complesso residenziale in Schutzenstrasse (1992) e il Deutsches Historisches Museum (1988-1989).

Per l’occasione Gangemi Editore realizzerà un dèpliant con le testimonianze di: Tadao Ando, Gae Aulenti, Carlo Aymonino, Gabriele Basilico, Gianni Braghieri, Manlio Brusatin, Guido Canella, Arduino Cantafora, Giorgio Ciucci, Peter Eisenman, Hans Kollhoff, Irving Lavin, Ignacio Linazasoro, Rafael Moneo, Antonio Monestiroli, Francesco Moschini, Paolo Portoghesi, Franco Purini, Bruno Reichlin, Fabio Reinhart, Luciano Semerani, Alvaro Siza, Heinz Tesar, Guillermo Vazquez Consuegra, Daniele Vitale.
Aldo Rossi, architetto e teorico dell’architettura, nasce a Milano nel 1931, dove si laurea nel 1959. Formatosi professionalmente all’interno degli studi di Ignazio Gardella e Marco Zanuso, collabora, ancora studente, alla redazione della rivista “Casabella-continuità” e ai periodici “Società” e “Il Contemporaneo”. Dal 1963 è assistente di Ludovico Quaroni presso la scuola di urbanistica di Arezzo e di Carlo Aymonino presso l’Istituto di Architettura di Venezia. Successivamente insegna al Politecnico di Milano, al Politecnico federale di Zurigo, all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia e in diverse Università negli Stati Uniti. Dal 1979 è Accademico di San Luca. Progetta e realizza importanti opere, in Italia, Europa, Giappone e Stati Uniti. Direttore della sezione internazionale di architettura alla Triennale di Milano nel 1973 e della sezione architettura della Biennale di Venezia del 1983, cura, in quegli anni, importanti mostre. Numerose anche le personali dedicate alla sua opera, tra cui quelle di Torino e di Mosca, l’antologica al museo di York e al Riba di Londra, a Madrid e a villa Farsetti per la Biennale di Venezia. Tra i riconoscimenti attribuitigli il Pritzker Prize nel 1990, l’AIA Honor Award nel 1991, il Jefferson Memorial Award nel 1992, la nomina a membro onorario dell’American Academy of Arts and Letters di New York nel 1996 e il Premio speciale Cultura per il settore “Architettura e Design” della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1997, anno della sua scomparsa. Oltre al celebre L’architettura della città, del 1966, ha pubblicato, nel 1981, Autobiografia scientifica, anticipato in America dall’edizione voluta da Peter Eisenman. I due libri sono considerati, per importanza e riverberazione culturale, tra i testi fondamentali per la comprensione della storia dell’architettura del secondo Novecento.

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NOTIZIE UTILI
Orario Dal lunedì al venerdì tutti i giorni 10 – 19.
Sabato 10 – 13. Domenica e festività chiuso.
Biglietto d’ingresso gratuito
Informazioni tel. 06 679 8848 / 8850
Segreteria dell’Accademia Isabella Fiorentino, Anna Maria De Gregorio e Francesco Taddei
tel. 06 6790324 fax 06 6789243
segreteria@accademiasanluca.it
Ufficio Stampa Roberto Begnini tel. 06.69190880 fax 06.69925790
studiobegnini@gmail.com

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14 Dicembre 2007

Opere di Architettura

Gilles Perraudin,
Cantina per il Monastero di Solan, la Bastide d’Engras, Gard, Francia, 2003-2007

Del “muro attraversato da molte aperture”.

“Nel trattare le norme concernenti i muri, è bene cominciare da ciò che ha importanza maggiore. In questa sede è dunque opportuno parlare delle colonne e di quanto ha attinenza con esse; poichè una fila di colonne non è altro che un muro attraversato da molte aperture.”
Leon Battista Alberti, De re aedificatoria, Libro I, Capitolo X1

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Particolare d’angolo del muro della cantina per il Monastero di Solan (Fotografia: Stefano Zerbi)

La cantina per il monastero di Solan è la terza cantina realizzata dall’architetto francese Gilles Perraudin.
Tutte le cantine si situano nel Sud della Francia, più precisamente nella regione del Pont du Gard, il famoso acquedotto romano, e conosciuta come importante zona estrattiva dell’omonimo calcare. La prima cantina fu realizzata nel 1998 a Vauvert e la seconda nel 2001 a Nizasi. Le tre cantine sono altrettante tappe nella riscoperta delle possibilità costruttive e formali prodotte dall’utilizzo di blocchi monolitici che possiedono dimensioni modulari e delle declinazioni possibili dell’atto dell’impilare una pietra sull’altra. Nel caso di Vauvert il concio di base misura 220x110x55cm, a Nizas invece è di 220x90x60cm, questa differenza risulta dalle diverse dimensioni dei blocchi estratti in cava. Nel caso della Cantina di Solan si è fatto ricorso al primo tipo di elementi.
Dal punto di vista della funzione dell’edificio, tutte le cantine progettate da Gilles Perraudin non sono unicamente dei luoghi per la conservazione e l’invecchiamento del vino, ma comprendono anche i locali per la trasformazione e la maturazione, per la gestione della cantina, e a Solan per la trasformazione di altri prodotti agricoli; come è tradizione nel caso dello “Chaî viticole” provenzale.

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I muri della cantina di Vauvert, 1998, e di Nizas, 2001 (Fotografie: Perraudinarchitectes)

Analizzando i tre edifici dal punto di vista costruttivo appare chiaramente che la cantina di Vauvert si riduce ad una sapiente successione di triliti e partiti murari, l’apertura è il campo vuoto tra i due pilastri del trilite, mentre il muro resta una superficie senza squarci: i due grandi portali sono delle interruzioni. Quella di Nizas è costituita unicamente da muri, il pilastro appare solo all’interno nel grande locale “a tre navate”. La luce filtra all’interno attraverso una fascia continua in corrispondenza delle travi del tetto, mentre uno squarcio nel muro rappresenta la sola vera apertura, suddivisa tramite una serie di elementi verticali con funzione sia statica sia di frangisole. I grandi portali sono sormontati da piattabande formate da tre conci. Se infine si osserva la Cantina di Solan si noterà come in quest’occasione Gilles Perraudin abbia realizzato un “muro albertiano”, un muro nel quale sono praticate molte aperture, sintesi delle qualità proprie al trilite della prima cantina ed al muro squarciato della seconda, la cui ispirazione si può ritrovare nel frangisole di Nizas o nella facciata settentrionale del progetto, non realizzato, per un edificio scolastico a Vauvert.

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Cantina di Solan: un muro di albertiana memoria (Fotografia: Stefano Zerbi)

La forma architettonica è determinata dalle particolari esigenze di questo edificio: la cantina necessita di condizioni di luce ideali per la trasformazione e di una protezione totale per il periodo di invecchiamento del vino; la vita monastica non permette agli sguardi esterni di penetrare la cortina muraria. L’elemento che Gilles Perraudin declina, ancora una volta, per realizzare questo scopo è il muro. Quest’elemento caratteristico delle architetture mediterranee e che nelle opere litiche di Gilles Perraudin dimostra la propria attualità.
La soluzione al problema della muratura e della sua declinazione è data dal materiale stesso, più precisamente dalle ridotte possibilità di combinare tra loro i blocchi modulari. Il progetto architettonico si concentra dunque sullo stabilire un principio di assemblaggio, sulla sua applicazione e sulla ripetizione. A questo principio si sottomettono tutti gli altri elementi della costruzione: nel caso specifico le dimensioni delle aperture e quelle degli interassi delle travature in legno dei solai.
La soluzione è semplice: Gilles Perraudin riprende il principio del trilite, ma ruotando il pilastro e dimezzando la luce dell’architrave, aumenta lo spessore del muro riducendo nel contempo la dimensione delle aperture. La luce naturale può penetrare in modo controllato all’interno, gli sguardi esterni non riescono a penetrare lo spessore murario e dall’interno, quando si è dirimpetto ad un’apertura, si riesce a scrutare l’orizzonte.
Gilles Perraudin realizza così un’architettura didattica, dove le regole costruttive e di composizione sono facilmente identificabili e comprensibili. Un’architettura che è la testimonianza vivente della propria “regola”, così come la vita delle monache.

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Vista d’insieme della cantina in fase di ultimazione (Fotografia: Perraudinarchitectes)

L’edificio è un volume compatto, come per la già citata cantina a Nizas, organizzato su due livelli. Si dispone perpendicolarmente al declivio, come l’attigua masseria che ospita il convento. I due volumi accessori, che fungono anche da muri di sostegno, contengono i locali tecnici ed un piccolo ufficio. La struttura perimetrale è eseguita con muratura isodoma in calcare di Vers (quello del Pont du Gard) ed i solai con semplici travature in legno. Le fessure lasciate tra ogni pilastro sono riempite sia con serramenti, sia con panelli pieni in legno. Da notare l’utilizzo di una piattabanda realizzata in tre conci per l’entrata principale, la quale necessitava di una luce superiore a quella permessa dalla dimensione del modulo di base, come nel caso di Nizas.

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L’assonometria mostra il principio costruttivo basato sul modulo litico (Disegno: Perraudinarchitectes)

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di Stefano Zerbi

Vai a Perraudinarchitectes

Note
1Leon Battista Alberti, L’architettura, Milano, Edizioni Il Polifilo, 1989, p. 39.
2Per queste realizzazioni si vedano, tra gli altri, Acocella, Alfonso, L’architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi, Lucca/Firenze, Lucense/Alinea, 2004, pp. 292-297 e Pisani, Mario, ed., Gilles Perraudin, Melfi, Casa Editrice Libra, 2002, pp. 94-99 e 100-107.

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11 Dicembre 2007

Pietre Artificiali

Pietre agglomerate tra natura e artificio*

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Lastre di quarzo e resina traslucide e retroilluminate, Santamargherita con Pongratz Perbellini Architects, Vincenzo Pavan e Fabrizio Mirandola, Marmomacc 2006.

La ricerca tecnologica che attiene al mondo contemporaneo dei materiali per l’architettura, anche a distanza di millenni dai primi esempi d’imitazione della varietas delle pietre e dall’invenzione del mattone omogeneo e standardizzato – esso stesso pietra artificiale “ante litteram” -, continua a sperimentare la possibilità di creare e produrre materiali che, mantenendo come termine di confronto sia in termini percettivi che d’applicabilità la pietra naturale, siano capaci di soddisfare le esigenze costruttive e le aspettative estetiche del presente.
Tra le possibilità di scelta di cui dispone il progettista, l’alternativa attuale alle pietre naturali è costituita da un’eterogeneità di prodotti artificiali che si muovono sia sul piano della mera mimetica riproduttiva che dell’invenzione di una autonoma identità, tra i quali in particolare si distinguono i lapidei agglomerati, semilavorati interamente realizzati in officina ottenuti attraverso la ricomposizione di frammenti di natura lapidea e polveri con sostanze leganti.
Come la pietra, materiale che dal momento del loro ingresso nel mondo del progetto hanno la vocazione a “sostituire”, sono contraddistinti da peso e durezza, mentre, essendo prodotti industrialmente, nel corso degli anni le proprietà fisico meccaniche e le caratteristiche d’aspetto sono state appositamente progettate per garantirne costanza nel tempo ed omogeneità, avvalorandone la sostenuta concorrenzialità rispetto ai naturali.
Tali prodotti d’artificio possono essere considerati come l’aggiornamento dei conglomerati sia naturali che fabbricati dall’uomo, materiali ricostruiti sviluppati e utilizzati attraverso i secoli sia strutturali (opus caementicium) che con aggiunta valenza decorativa (opus signinum, tessellatum).
Dapprima, come un pavimento alla veneziana ma “precostituito”, si è affermata la produzione della “marmetta” in graniglia. Il successo di questa tecnica si è basato sulla razionalizzazione del processo che, prevedendo la produzione in stabilimento ed in serie, ha ridotto la posa in opera ad un semplice montaggio di elementi regolari prefabbricati.
La tecnologia è progressivamente passata dai sistemi di fabbricazione in discontinuo che sfruttavano principalmente la compattazione per vibrazione all’aria, tecnologia che deriva dall’industria del calcestruzzo preconfezionato, ai moderni sistemi automatizzati di formatura prima per vibrocompressione poi per vibrocompattazione sottovuoto, sviluppati per limitare la quantità di legante di riempimento tra gli interstizi presenti tra i granuli, riducendo così la porosità totale del prodotto finito. In questa tipologia di impianti produttivi, dotati dunque di camere di indurimento differenti a seconda dei casi, sono adottati sia leganti inorganici tradizionali, principalmente cemento Portland, sia organici sintetici, la resina poliestere, modificati con l’aggiunta di additivi ed in grado di conferire particolari qualità fisiche e meccaniche ai prodotti finiti.

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La produzione delle lastre per Santamargherita Spa.

Il tipo di granulato utilizzato determina una possibile suddivisione tipologica tra le pietre agglomerate, quando le materie di partenza appartengono alle famiglie degli aggregati calcarei, i marmi, e di quelli silicei, granito quarzo e sabbie. Possono comunque essere adottati anche altri materiali lapidei come ardesie, dolomie, serpentini, oficalci … scelte in funzione degli aspetti estetici che si vogliono ottenere.
Il litotipo d’origine condiziona alcune delle caratteristiche fisiche e meccaniche del prodotto finito, come il grado di assorbimento d’acqua e la resistenza chimica agli acidi. In base alla scala granulometrica con cui i frammenti sono presenti nel prodotto finito, soprattutto rispetto alla loro dimensione massima, si ha un’ulteriore caratterizzazione: il legante utilizzato infatti, in particolare la sua quantità nel prodotto finito, è funzione principalmente del diametro massimo. La proporzionalità è indiretta: maggiore è il diametro dei componenti aggregati minore è il contenuto di legante e viceversa, e ciò influenza le importanti caratteristiche del prodotto, come la resistenza a flessione e a taglio ed il coefficiente di dilatazione termica lineare.

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Texture agglomerate: quarzo-resina, con inserti in bambù, effetto metallizzato, con vetro colorato per Stone Italiana Spa.

I prodotti lapidei agglomerati hanno ampliamente dimostrato la loro idoneità alle medesime destinazioni d’uso di marmi, graniti e prodotti ceramici quando adottati in spessore sottile, in particolare per sistemi pavimentali e rivestimenti. Sono ottenuti infatti sotto forma di lastre fino a oltre 4 metriquadri di lunghezza e spessori che tendono sempre di più all’assottigliamento o in blocchi fino a 3 metri cubi di volume, comunque successivamente tagliati in lastre. La scelta della geometria del prodotto finito dipende dalle caratteristiche delle materie di partenza e dalle produttività richieste dal mercato.
La forte analogia con la pietra naturale che per prima negli ultimi anni ha intrapreso percorsi d’innovazione impensati, non esclude la vocazione dei compositi ricostruiti per agglomerazione ad essere interpretati e trasformati secondo linguaggi innovativi e autonomi, non solo per quanto attiene al mix design dei componenti ma in particolare nella possibilità di sottoporli a lavorazioni e trattamenti supplementari, o, per esempio, nell’utilizzo come rivestimento in spessore delle superfici esterne dell’architettura oppure nelle forme di componenti specializzati per il progetto.
Fondamentale inoltre, in questo forte settore industriale, l’opportunità di utilizzare gli scarti di escavazione della pietra naturale, percorso non semplice da raggiungere ma che tuttavia rappresenta un’importante risposta alla crescente domanda di sostenibiltà nonchè una possibile risoluzione del problema dell’impatto ambientale del comparto della pietra naturale.
Il mondo della produzione e quello della ricerca devono congiungersi, riconoscere ed incoraggiare insieme tali ambiti di sperimentazione.

Veronica Dal Buono

* Il post è una rieditazione dell’articolo pubblicato nella rivista Arketipo n.15 – 2007 dedicata al tema delle Superfici di Pietra.

(Vai ad Arketipo)

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10 Dicembre 2007

Principale

Expoedilizia e SITE

Expoedilizia e SITE:
un connubio vincente dai grandi numeri con oltre 30mila visitatori qualificati

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Milano, 10 dicembre 2007 – Positivo il bilancio di Expoedilizia e SITE, le due manifestazioni fieristiche organizzate da ROS, società partecipata da Fiera di Roma e da Senaf che hanno animato in contemporanea dal 28 novembre al 01 dicembre 2007 i padiglioni del nuovo polo fieristico romano. Nei 62mila metri quadri distribuiti in otto padiglioni, oltre 900 espositori hanno potuto incontrare più di 30mila visitatori qualificati giunti da centro e sud Italia, alla ricerca di idee progettuali e novità nell’ambito delle costruzioni, dell’impiantistica idrotermosanitaria ed elettrica, dell’arredobagno e delle energie alternative.
La prossima edizione è prevista dal 13 al 16 novembre 2008.
La generale soddisfazione degli organizzatori è il riflesso delle “voci” giunte dagli espositori e dai visitatori che hanno affollato i padiglioni delle due manifestazioni, entusiasti sia per il notevole incremento dei contatti e degli affari conclusi in fiera, sia per la completezza dell’offerta. Determinate è stata la scelta di affiancare alla seconda edizione di SITE – Salone dell’Impiantistica Termoidraulica ed Elettrica e dell’Arredobagno –, che conferma i risultati estremamente positivi dello scorso anno, la prima di Expoedilizia – fiera professionale per l’edilizia e l’architettura –. Un unico grande evento caratterizzato da ben 9 aree tematiche opportunamente suddivise: cinque i saloni tematici di SITE – TermoClima, Elettro, Bagno Show, Tecnoluce ed EcoEnergie – e quattro quelli di Expoedilizia – Elementi Strutturali, Macchine e Attrezzature, Serramenti e Finiture e Decori Colori –.
Tra i padiglioni i visitatori sono entrati in contatto diretto con le principali aziende del settore impiantistico idrotermosanitario ed elettrico, dell’arredobagno, delle energie alternative, delle macchine e attrezzature per il cantiere edile e stradale, dei serramenti e delle finiture dell’involucro, dei materiali e componenti strutturali, dei trattamenti e delle scelte cromatiche delle superfici.
Grande interesse ha suscitato l’area dimostrativa esterna di 15mila metri quadri per macchine da cantiere, unica nel suo genere, in cui i visitatori interessati hanno potuto non solo assistere alle fasi dimostrative di un vero e proprio cantiere stradale (scavare, trasportare, spostare, sollevare, demolire, fresare, asfaltare, riciclare), ma anche utilizzare direttamente le macchine esposte dalle aziende del settore, verificandone le caratteristiche in termini di funzionalità e di applicazione
Un’altra novità di questa edizione, particolarmente apprezzata, è stata l’iniziativa “ERRE” – Percorso delle Energie Rinnovabili e del Rendimento Energetico nell’edilizia, organizzato con la collaborazione dell’associazione CNA, che ha istituito per l’occasione una Consulta Nazionale sul Rendimento Energetico in Edilizia. Ricco il calendario dei convegni tecnici organizzati sul tema delle energie alternative, dove si è sempre registrata un’affluenza consistente nelle sale.
Il Salone Bagno Show, in cui il design si fonde all’alta tecnologia dei prodotti esposti, trasformando così docce, lavabi, piastrelle e accessori in veri e propri protagonisti dalle forme avveniristiche e dai materiali innovativi, è stato promotore di iniziative che hanno visto al centro dell’attenzione importanti architetti e designer, contribuendo in maniera significativa a delineare i trend futuri dell’arredobagno.
“Expoedilizia e SITE hanno superato nettamente le nostre aspettative, nonostante le difficoltà date dai vari scioperi dei trasporti – afferma Emilio Bianchi, Project manager di Senaf -. Questo conferma la scelta vincente di realizzare un unico evento, presso la Nuova Fiera di Roma, in grado di offrire una panoramica completa sull’intero settore delle costruzioni, ponendo un’attenzione particolare all’evoluzione del mercato. Un progetto connotato dall’attualità dell’offerta fieristica, in cui hanno trovato ampio spazio le nuove tendenze orientate verso una maggiore attenzione all’ambiente, con la costruzione di edifici in bioedilizia e l’impiego delle energie alternative”.

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9 Dicembre 2007

News

Casa del Fascio di Borgo Panigale

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Casa del Fascio di Borgo Panigale
Su Repubblica di Domenica 2 Dicembre 2007 leggo un articolo che annuncia la demolizione della Sala assemblee della Casa del Fascio di Borgo Panigale (ex cinema Astorpanigale), costruita nel 1930-33 dall’Architetto Alberto Legnani. Non ho sufficienti elementi per definire la situazione al di fuori di quanto sia riportato dal giornale, che mi pare comunque sufficiente per prendere una ferma posizione sulla vicenda.
Una volta ancora assistiamo alle conseguenze di una scarsa attenzione alle sorti dell’architettura moderna, in questo caso trattandosi addirittura di un edificio vincolato dalla Soprintendenza.
Vi invito ad esprimere un vostro interessamento, verificheremo se sia possibile avviare una lotta per scongiurare l’evento.

Daniele Vincenzi

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7 Dicembre 2007

Ri_editazioni

RACCONTI DI PIETRA*
Madre, Abbraccio, Casa, Forza, Silenzio, Rispetto, Bellezza, Architettura, Unicità, Patrimonio non rinnovabile

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Foto Palmalisa Zantedeschi

Madre
“L’importanza e l’antichità del culto rivolto a divinità femminili sono considerevoli. Immagini sacre di chiaro aspetto femminile sono associate ad alcune fra le più antiche testimonianze archeologiche dell’espressione religiosa, e mantengono, peraltro, la loro efficacia ancora nel mondo contemporaneo.”1
Possiamo affermare con assoluta certezza che fin dall’inizio dei tempi la Grande Madre ha accompagnato il lento evolversi dell’uomo.
Dai primordi dell’era paleolitica fino alla nascita delle civiltà arcaiche vi era solamente la Grande Dea. Una divinità senza volto che ha abitato l’immaginario umano, ed è stata raffigurata con simboli che si sono profondamente radicati nell’inconscio collettivo.
Di lei sono state realizzate immagini e statue di pietra, a lei sono stati innalzati templi megalitici e monumenti. Lei governava e governa il succedersi delle stagioni e la fertilità della terra e del bestiame, i moti della luna, delle maree e del ciclo femminile. Lei sola era ed è la Signora del perpetuo alternarsi di nascita-morte-rinascita che caratterizza la vita sul nostro pianeta.

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Foto Palmalisa Zantedeschi

Secondo gli interpreti del mito, l’immagine della Madre Primigenia deriva dall’esigenza umana di raffigurare e venerare “fuori di sè” l’archetipo del grande femminino che crea il tutto, e che in un primo tempo potè venire vissuto e generato solo all’interno di una mistica appartenenza alla Natura.
Ma da quando la mitica Dea Madre fece il suo trionfale ingresso nella storia il suo culto è continuato nel tempo, mutando forma, conoscendo momenti di crisi, istituzionalizzandosi in una serie di figure chiave dai differenti nomi. Ma in tutti i casi questo pensare il sacro ha continuato a incarnare, nei molteplici aspetti della divinità femminile, la polarità della vita nella sua completezza.
Le prime compiute manifestazioni dei miti che riguardano la Grande Madre sono stati tramandati su arcaiche tavolette d’argilla, le più antiche scritture giunte fino a noi. In queste leggende la Grande Madre è sempre onnipotente e onnisciente, crea da nulla o da se stessa la terra, il cielo, le acque, tutto ciò che vive nel mondo, quindi uomini, animali, piante e anche dei. Sin dal principio la sua divinità è dunque assoluta, l’unica che possegga il segreto della vita e della fertilità, e che possa trasmetterlo, a sua esclusiva discrezione, a tutto ciò che esiste.
E ancora oggi, nella civiltà ammantata da falsi consumi e abbagli di vuote ricchezze, non è forse lei che improvvisamente ritorna, che ci guida per riportarci a noi stessi, per farci nuovamente stupire del mistero dell’esistenza che si rinnova, per farci ritrovare la nostra perduta identità, e riacquistare così il senso della vita, che da Lei ci viene e a lei ritorna sempre?

Nicoletta Gemignani

Note
* Racconti di pietra, testi di Alfonso Acocella e Nicoletta Gemignani, foto di Palmalisa Zantedeschi
1 Franz Baumer, La Grande Madre. Scenari da un mondo mitico (Der kult der Grossen Mutter, 1993), Genova, ECIG, 1995, p. 41.

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Il Parco dei Suoni a Riola Sardo, Oristano
Pierpaolo Perra e Alberto Antioco Loche

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Due vedute dall’interno del bacino di cava

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E’ il Sinis l’area peninsulare della Sardegna centro-occidentale raccolta poco a nord di Oristano e del suo golfo, tra Capo Mannu e Capo San Marco. L’architettura antica locale, recante testimonianze dall’era neolitica, ricorre primariamente ai lapidei della zona non solo quale esito parietale, ma come struttura.
Come riportano gli studi anche interessati alle nature litiche locali a firma di Luciana Serra e Uwe Wienke cui pure si rimanda, geologicamente si distinguono tre formazioni principali: i basalti pliocenici, che formano la superficie dell’altipiano e le colline del Capo S. Marco e di Tharros, l’arenaria eolica che caratterizza la maggior parte della pianura occidentale e settentrionale, i calcari miocenici che si riscontrano nella parte intermedia, a Capo Mannu e nella fascia costiera occidentale tra Capo Sturraggia e Putzu Idu; infine tra l’altipiano e lo Stagno di Cabras incontriamo anche una zona di arenaria marina quaternaria.
Proprio nelle vicinanze di Riola Sardo poco a Nord dello stagno di Cabras, sorge quale esito concorsuale per il recupero delle cave dismesse di pietra arenaria il Parco dei Suoni su disegno degli architetti Alberto Antioco Loche e Pierpaolo Perra. Esso si disegna entro il bacino di scavo in cui ha operato l’attività d’estrazione, recuperato nei suoi tratti fondamentali resi monumentali dal semplice sgombero d’ogni elemento estraneo legato all’industria dell’uomo. Tutto l’intervento si mantiene con nettezza entro la linea orizzontale segnata dallo skyline, riferimento assunto quale vincolo dominante dai progettisti per i nuovi inserimenti, con particolare sguardo all’edificio segnante il bordo del bacino di scavo.
L’architettura si fa qui portatrice di volontà travalicanti le sole specifiche disciplinari. Nel nome stesso attribuito all’area di progetto, ora Parco dei Suoni, si legano infatti almeno due valenze. Da un lato il richiamo è all’esperienza sensibile diretta di chi fruisce lo spazio avendo in ritorno l’effetto particolare di eco e calpestio all’interno del piccolo canyon. Dall’altro invece il richiamo è alla candidatura del teatro all’aperto occupante la porzione opposta al nuovo edificio entro il bacino di scavo, quale sede per rappresentazioni musicali d’ogni tipo, con speciale attenzione a quelle di natura locale e tradizionale. Con coinvolgimento dei medesimi progettisti alle fasi organizzative prende qui luogo la manifestazione etno-musicale “Musiche nel Sinis” poggiante sul ricco patrimonio musicale regionale.
Solo di poco più velate paiono essere presenti altre due intenzioni di progetto eccedenti lo spazio fisico d’intervento: le volontà di connessione fra la nuova polarità ricavata all’interno delle cave dismesse con le realtà d’immediata vicinanza sia dei parchi naturalistici, sia dei siti archeologici. Alla prima, già racchiusa nel nome della struttura di Loche e Perra, fa eco dunque l’Area Marina Protetta Penisola del Sinis-Isola di Mal di Ventre; alla seconda, con la ripulitura delle sponde arenarie della cava a riottenere suggestione quasi primigenia, risuona non solo la ricca presenza nuragica ma pure il noto insediamento di Tharros in cima al golfo di Oristano.
Sotto questi aspetti appare chiaro come l’intervento si produca in slanci dai contenuti urbanistici sovralocali importanti, anche alla volta della ricercata “destagionalizzazione” del turismo sull’Isola.

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Planimetria generale dell’area d’intervento

Alla scala architettonica il ridisegno degli spazi di scavo si completa di tre elementi principali: la zona delle rappresentazioni all’aperto ad un estremo della L di cava, poi le sculture sonore a ridosso delle quali si pone la vasca per la fitodepurazione – anch’essa contribuente col fragore contenuto delle ricadute d’acqua all’esperienza sonora dei fruitori – in posizione nodale fra i due bracci dello scavo, infine l’edificio contenente i servizi principali, alcuni uffici, sale polivalenti ed espositive.
Lo sfondo costituito dalle bordure d’arenaria rossiccia è scenografia continua per il visitatore, condotto per interni ed esterni da questa sorta d’eco visivo, rassicurante per solidità e tonalità calde. All’esperienza sonora s’accompagna dunque quella delle inquadrature dello sguardo e pure, nei tagli regolari delle incisioni, il rimando a quella tattile.
L’edificio propone verso esterno affacci e geometrie nette, con questa strategia anche interpretando il carattere massivo del luogo. Tale rigoroso lineare rivolgersi ed osservare lo spazio aperto da parte dell’architettura è stemperato con passaggi graduali. Sul margine esterno è realizzato un imponente colonnato in pietra arenaria di nuovo taglio: esso è pensato forse originariamente come sorta di setto isodomo valicato da squarci irregolari per direzione, ad inquadrare variamente l’intorno ed a garantire l’ingresso controllato e non prevalente del sole. Le differenti linee generatrici delle aperture impongono ai progettisti scelte da effettuarsi lavorando caso per caso con i conci rettangolari ai vertici dei montanti; tutte comunque ci pare siano ricondotte alle tre casistiche della spigolatura viva, dell’elemento lievemente sporgente in angolo con alternanza dei corsi lapidei, della smussatura nello spessore del concio.
Il colonnato protegge un ampio portico a filtro fra interno ed esterno. E’ questo ombreggiato da un pergolato di frangisole sostenuti da esili membrature metalliche, alla cui riuscita anche sonora le brezze marine partecipano con sibilo lieve. Nella dialettica fra esilità e massività costruite e ricostruite si percepisce per così dire un’energia sottile e positiva, costante alla base del progetto.
Le fotografie a corredo sono di Paolo Abis, Giorgio e Simone Cireddu, Maria Franca Perra.

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Il colonnato ed il portico sul fronte principale dell’edificio

di Alberto Ferraresi

Ideazione progetto e direzione dei lavori
Arch. Pierpaolo Perra, (Capogruppo)
Arch. Alberto A. Loche

Gruppo di progettazione e prestazioni specialistiche
Prof. Arch. Guido Ferrara, (paesaggista e responsabile dell’integrazione delle prestazioni specialistiche)
Prof. Arch. Alberto Breschi,
Prof. Arch. Giuseppe Cruciani Fabozzi,
Ingegneria e Acustica
Ing. Maurizio Boi (Tecnolav Enginering)
Ing. Stefano Lampis, Arch. Emilio Guazzone
Prefattibilità Ambientale
Ing. Alessandro Di Gregorio
Agr. Raimondo Congiu
Consulenti
Prof. Geol. Felice Di Gregorio, Prof. Raimondo Zucca, Arch. Gabriele Moretti
Sicurezza dei lavori
Ing. Stefano Lampis

Committente:
Amministrazione Comunale di Riola Sardo (OR)

Localizzazione:
Comune di Riola Sardo (OR), località Su Cuccuru Mannu

Impresa esecutrice
CO.SA.CO S.r.l. (capofila) Opere edili e paesaggistiche
SA.IM.E S.n.c. Impianto elettrico ed illuminotecnico
Meloni arredamenti Arredamenti

Ente Finanziatore
Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato alla difesa dell’Ambiente (Fondi P.O.P.)

Cronologia
2003: progetto esecutivo
2004-2007: realizzazione

Dati dimensionali
Superficie totale del parco: 50.000 mq
Superficie Centro Visite: 600 mq
Volume totale: 2100 mc

(Vai agli itinerari del Sinis)
(Vai agli studi di Luciana Serra e Uwe Wienke)
(Vai al sito di Musiche nel Sinis)
(Vai al sito dell’Area Marina Protetta Penisola del Sinis-Isola di Mal di Ventre)

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2 Dicembre 2007

News

Contenuti condivisi

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Visitatori del web site: gennaio 2006-novembre 2007 Graphic Design: Veronica Dal Buono

Statistiche
Un ringraziamento a quanti hanno, con la loro partecipazione, consentito di far crescere lungo il 2007 l’interesse per il progetto di intelligenza collettiva di Architetturadipietra.it.
Il mese di novembre 2007, da poco conclusosi, ha registrato una frequenza significativa di 52.513 fruitori del progetto stesso.
Abbiamo editato, da qualche settimana, per una condivisione aperta e accessibile a tutti le “statistiche ufficiali” di ingresso al web site di Architetturadipietra.it Il link “statistiche” è posizionato in fondo al menù di navigazione del blog). Abbiamo mantenuto in vita, contestualmente, le già disponibili statistiche di ShinyStat che, pur meno attendibili a causa della tracciabilità degli utenti limitata unicamente agli arrivi sulla home page, offre – fra l’altro – l’utile servizio di geolocalizzazione degli ultimi ingressi nel web site.
Segnaliamo ai membri del Network tale nuova funzionalità on line e, con l’occasione, rivolgiamo di nuovo l’invito a quanti volessero unirsi liberamente nella produzione di contenuti utili all’arricchimento del progetto transdisciplinare di Architetturadipietra.it.
La Redazione on line del Network è aperta a ricevere contributi, segnalazioni, proposte.

Comunità in rete
Oggigiorno, grazie alla rivoluzione elettronica e alle reti di computer e di telefoni cellulari alimentate da numerosi tipi di dispositivi digitali (fotocamere, registratori video e audio ecc.), siamo di fronte ad un cambiamento epocale della società dell’informazione e della conoscenza dove produrre (e ridistribuire) messaggi è diventato possibile a costi irrilevanti.
Utilizzando attivamente gli apparati digitali una moltitudine di individui – sempre più si parla di prosumer, consumatori e produttori allo stesso tempo – ha iniziato ad incontrarsi sulla rete di internet (luogo sconfinato di archiviazione, calcolo e comunicazione) condividendo, artefatti semantici, iconici, audio e partecipando, così, attivamente alla formazione della piattaforma culturale. I format documentali artigianali, definiti fino a qualche anno fa come “amatoriali”, iniziano ad essere trattati alla stregua di quelli prodotti dai professionisti.
Ma internet, oltre che ambiente e canale comunicativo, in avvio del terzo millennio, è anche spazio vivo e relazionale per suoi fruitori. I web site più significativi ed innovativi sono riguardabili come Comunità di individui impegnati nella creazione dell’ambiente informativo e culturale di riferimento. Cogliere l’opportunità di esprimere le proprie visioni, sia con il “ripensamento” dei contenuti altrui, commentandoli, sia mediante la produzione di propri (testi, immagini, video, audio), è il modo nuovo di partecipare e di fare cultura dal basso in forma orizzontale rispetto a quanto avvenuto tradizionalmente.

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Graphic Design: Veronica Dal Buono

Architetturadipietra.it – attraverso il tessuto relazionale costituitosi grazie all’incontro di molte persone che si esprimono on line sui temi variegati dell’universo litico – guarda con interesse a questo nuovo ed intrigante orizzonte di decentramento informativo che sta ridefinendo il modo di stare in Rete, democratizzando, allo stesso tempo, i modi di produzione di contenuti.
Alla base del progetto di Architetturadipietra.it vi è il tentativo di agganciare il processo di connettività tipico della società dell’oggi (entro cui interagiscono i valori di connessione e di comunità on e off line) capitalizzando le relazioni, le competenze e i saperi degli individui che la tecnologia avvicina e consente di far dialogare. Dall’interazione lungo la rete di internet, ma anche dalle frequentazioni e dai progetti svolti sul territorio nazionale, è nato un Network che mette in contatto le diverse realtà – individui, centri di studi e di ricerca, associazioni, aziende, media ecc – che si riconoscono nel progetto partecipato di Architetturadipietra.it interessato ai processi di social networking nel tentativo di attrarre (e di “trarre”) i lettori verso una condivisione e collaborazione attiva, spingendoli a diventare co-autori.
L’ambiente informativo e creativo che si va sviluppando all’interno di Architetturadipietra.it è fortemente decentralizzato e collaborativo. Gli utenti condividono spontaneamente e in modo del tutto libero i contenuti, le conoscenze e le competenze in rete.
Partecipa anche tu al Network in costruzione sulla piattaforma abilitante di Architetturadipietra.it.

Alfonso Acocella

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1 Dicembre 2007

News

Progettare in pietra

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Clikka sull’immagine per scaricare il manifesto

Attività didattiche:
Il corso di Costruzioni in Pietra sarà strutturato attraverso l’integrazione di attività formali (lectures, comunicazioni in aula) ed informali (visite guidate e stage in aziende, incontri e confronti) e si incentrerà su di un workshop progettuale focalizzato sul tema di un padiglione show-room quale “spazio per comunicare la pietra” inserito nel contesto produttivo di aziende del settore lapideo.
I progetti elaborati dagli studenti saranno esposti nell’autunno del 2008 in una mostra presso la 43ª Marmomacc (Mostra Internazionale di Marmi, Design e Tecnologie) di Veronafiere,nellaspecialesezione delle mostre culturali dedicata a didattica e formazione.

Obiettivi formativi:
Il corso è finalizzato a consolidare negli studenti del quinto anno della facoltà di architettura una consapevolezza critica sull’impiego dei materiali lapidei all’interno del progetto contemporaneo d’architettura, d’allestimento d’interni e di design. Temi portanti dell’offerta formativa sono: la identificazione e l’interpretazione critica dei codici e dei linguaggi con cui la pietra si presenta nell’architettura; l’analisi della connessione tra progettazione architettonica e tecniche costruttive legate alle nuove frontiere di trasformazione e trattamento dei materiali lapidei; il trasferimento di tali processi analitico-critici nell’esperienza progettuale del workshop.

Contenuti:
La prima sezione tematica delle attività formative è intitolata “Lo stile tecnologico dell’architettura in pietra” e indagherà gli archetipi costruttivi litici riguardati come punti di convergenza fra fattori di ordine concettuale, tecnico, morfologico, di definizione spaziale dell’architettura.
La seconda sezione tematica, dal titolo “Le forme e i modi configurativi della materia. L’oggi”, restituirà l’immagine di un materiale, la pietra, dall’anima più che mai multidentitaria, adattabile e flessibile.
La terza sezione tematica del corso sarà intitolata “Il muro e la gabbia. Le ossa, i muscoli, la pelle” e si soffermerà su concezioni costruttive, linguaggi e opere di architettura contemporanea in pietra. Quest’ultima sezione si articolerà in specifiche sottosezioni riguardanti: la pietra strutturale; la pietra “collaborante”; il rivestimento litico sottile.

Docenti:
Alfonso Acocella
Vincenzo Pavan

Visiting teachers:
Anton Garcia Abril, Università di Madrid
Luigi Alini, Università di Catania
Christina Conti, Università di Udine
Veronica Dal Buono, Università di Ferrara
Giuseppe Fallacara, Politecnico di Bari
Maurizio Milan, Studio Favero & Milan
Christian Pongratz, Università di Austin
Davide Turrini, Università di Ferrara
Stefano Zerbi, Politecnico di Losanna

Brand partners:
Antolini Luigi s.p.a. – www.antolini.com
Il Casone s.p.a. – Casone
Grein Italia s.p.a. – www.grein.com
Laboratorio Morseletto – www.morseletto.com
Piba Marmi – www.pibamarmi.it
Pietre della Lessinia – www.pietralessinia.com
Testi Fratelli – www.testigroup.com

Vai al Programma

In collaborazione con
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30 Novembre 2007

Appunti di viaggio

Libia – Great Sand Sea

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Le dune del Great Sand Sea (Libia)

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Figlio di Ciro il grande, Cambise II re achemide dell’Impero persiano fu nominato reggente nel 529 a.C. fino alla sua morte, avvenuta nel 522.
Divenuto re di Persia alla morte del padre, egli portò avanti l’impegno paterno di ingrandire e consolidare l’impero anche a costo di passare per re terribile e violento. Partito per l’Egitto nel tentativo di conquistarlo, nel 524 a.C. egli perse però la sua favolosa armata di 50000 uomini sotto il soffio velenoso del deserto del Gran Mare di Sabbia in Libia, in una gigantesca tempesta di sabbia scatenata dal Khamsin, il vento del Sud che – Khamsin in arabo vuol dire 50 – per 50 giorni nel periodo tra marzo ed aprile soffiò su quei 50000 uomini che mai più rese al mondo, spariti nel nulla con salmerie e carraggi.

Ad onor del vero il Gran Mare di Sabbia, quella enorme distesa divisa tra Egitto e Libia è molto poco conosciuta. Essa infatti incute un reverenziale timore: pochi i turisti che vi si addentrano, e molto poche le guide che, pur residenti nelle aree limitrofe del deserto sapranno accompagnarvi all’interno del Great Sand Sea, specialmente se si intende prendere il percorso verso oriente, l’Egitto, prima di discendere a Sud per raggiungere Al Awaynmat. Ed in effetti il Gran Mare di Sabbia vive ermeticamente la sua unicità: dune bianco – gialline di un colore quasi irriverente. E non molto alte, a dire il vero, solitamente al di sotto dei centinaio di metri. Larghe. Cordoni tra loro ben distanziati costituiti da una sabbia grossolana composta da minuscole sferette di minerali giallini…abbacinanti….simpatici…Specialmente quando ti scricchiolano sotto i piedi. Sì a dire il vero il Gran Mare di Sabbia ha un aspetto allegro, quasi chiacchierone…
Ma allora che cosa è questa oscura fama che l’avvolge? Questo sottile disagio che avverti epidermicamente quando ne parli con i locali? Non è un deserto di cui si parla spesso e senza ombra di dubbio non se ne parla mai a voce alta, ma quasi con bisbigli da società carbonara…

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L’esaltante discesa delle dune in fuoristrada e moto

E’ sicuramente un posto unico al mondo, che ti fa chiaramente capire che fino a che gli andrà ti sarà amico, ma poi……
……ti lascerà stendere tranquillo sulla sua sabbia per giorni e giorni e poi, senza preavviso, ti farà incontrare l’Hancabuta, un ragno tanto carino ed esile a righe bianche e nere, ma che non ha alcuna intenzione di mostrarsi timoroso e pavido e, a quanto pare, è invece molto aggressivo e tiene a distanza di sicurezza solo con la sua presenza, le guide che ti accompagnano nel viaggio per il trasporto di benzina e acqua.
……ti farà sentire bene e a tuo agio, come se fossi a casa, per centinaia di chilometri, salvo poi lasciarti improvvisamente spossato e dolorante per la disidratazione che senza preavviso arriva a metterti KO….
E allora capisci che la scomparsa dell’armata di Cambise non è una cosa così peregrina e strana. E ti ritrovi ad augurarti che non succeda nulla alle macchine o alle moto perchè sicuramente, a piedi, non arriveresti ai due giorni di sopravvivenza, e speri che tutto rimanga perfettamente sotto controllo perchè mentre in altri posti del mondo sarebbe l’evento eccezionale a crearti dei problemi, capisci che lì anche la sopravvivenza nella semplice quotidianità è in realtà pesante e di difficile gestione. Ed improvvisamente capisci anche perchè chi vive a Zillah o ad Al Khufrah, quando dici che vieni dal Gran Mare di Sabbia, sì proprio dal centro del Gran Mare di Sabbia, ti guarda un po’ così, come se ti vedesse, come dire ?, un po’ strano….

di Anna Maria Ferrari
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