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16 Novembre 2015

Opere di Architettura

Piscine Salinas e Passeggiata sul mare
Salinas, Câmara de Lobos, Madeira, Portogallo, 2005
Paulo David

Le Piscine di Salinas e la Passeggiata a mare costituiscono un ampio intervento di riqualificazione di un sito di Câmara de Lobos – un villaggio della costa di Madeira a pochi chilometri dalla capitale Funchal – legato all’attività ittica e precedentemente adibito all’essiccazione del pesce e all’estrazione del sale.
Elemento basilare che connota Madeira, un’isola di origine vulcanica situata nell’Oceano Atlantico a nord-ovest della costa africana, è la particolare morfologia dovuta alle monumentali colate laviche fuoriuscite nel corso dei secoli dai numerosi crateri di cui è cosparsa la sua superficie. In particolare, l’area delle Salinas è interamente pervasa da una incombente massa magmatica scura che si frantuma in poderosi scogli emergenti dall’oceano.


Planimetrie ai vari livelli

Il programma comprendeva il recupero a livello della scogliera di spazi per la balneazione, l’antico forno per la calce, un bar e un solario con piscine, collegati a un circuito di sentieri “Caminho de Trincheira” (la strada della trincea) che costeggia il mare; mentre nei terreni soprastanti erano previsti un ristorante-belvedere e una serie di giardini pensili collegati al mare da un percorso pedonale e da un ascensore, ma raggiungibili anche da una strada attrezzata con un grande parcheggio sotterraneo. Il progetto è stato più volte modificato in corso d’opera sia per le particolari condizioni geologiche del sito sia per le dinamiche di relazione e coinvolgimento innescate dalla popolazione locale. Alla fine è stato sviluppato in modo diverso da come era stato inizialmente concepito, includendo alcune tecniche costruttive tradizionali che ne hanno migliorato l’esito architettonico e l’integrazione con il territorio.


Le piscine con vista sull’oceano

Il risultato è un grande muro di pietra nera basaltica che, consolidando le pareti rocciose, lega le varie funzioni previste dal programma in un percorso ascensionale che si dirama poi nella “passeggiata a mare”, uno straordinario itinerario sopra l’oceano.
Il bar e le piscine sono poste su distinte piattaforme di cemento poggianti sugli scogli e protese verso l’oceano. All’interno della roccia sono ricavati servizi e collegamenti tra i due spazi. Le piscine sono collegate con il soprastante livello della strada da un ascensore, in parte nascosto all’interno della parete rocciosa e in parte a vista con una struttura in cemento che forma una sorta di landmark sopra la scogliera. In posizione intermedia il ristorante belvedere offre una vista straordinaria sulla baia mentre un po’ più in alto i rigogliosi giardini pensili si contrappongono all’aridità del suolo permettendo di godere una diversa visione della natura.
Come accennato più sopra l’opera ha richiesto speciali interventi, in parte imprevisti, dovuti alla natura particolare del terreno.


Salita verso la passeggiata sul mare

Innanzitutto il grande muro di pietra basaltica. Prima di essere messo in opera si è reso necessario consolidare la scarpata più a rischio di crolli, una zona rocciosa erosa dal tempo, dal vento, dal mare e dal salnitro, tutti fattori che avrebbero messo in pericolo qualsiasi costruzione fosse eretta in quel luogo. Si è provveduto quindi al consolidamento e alla stabilizzazione del pendio con vari strati di calcestruzzo gettato a spruzzo. Terminate queste opere si è iniziata la ricerca, in termini fisici e cromatici, di un materiale idoneo all’integrazione con il sito. La scelta è caduta sulla locale pietra basaltica. Roccia eruttiva di colore grigio nerastro, formata nel processo di raffreddamento del magma, il Basalto è un materiale diffuso in tutto l’arcipelago delle Azzorre.


Veduta della scala in basalto

Nelle isole è uno dei materiali più impiegati nella costruzione delle abitazioni, nelle murature e nelle pavimentazioni, ma anche nei muri a secco dei terrazzamenti agricoli. La costruzione delle pareti rocciose di altezza variabile, in certi punti anche di 12 metri, è avvenuta per innalzamento di murature di conci autoportanti. Altre tecnologie, come strutture metalliche, sono state scartate perchè trattandosi di un’opera in zona marina continuamente esposta a onde di 4-5 metri e spruzzi di acqua salata si sarebbero potute verificare alterazioni dei componenti metallici con conseguente accelerata ossidazione e corrosione degli stessi. I conci di basalto sono stati tagliati manualmente a colpi di scalpello in forme irregolari di spessore variabile da 30 a 45 centimetri. Il taglio è stato fatto in modo da garantire l’incastro tra loro per ottenere l’uniformità necessaria alla composizione delle diverse pareti alternando altezze, tonalità e spessori. La posa a secco è stata effettuata manualmente riprendendo il tradizionale sistema utilizzato per i muri dei terrazzamenti agricoli.
In alcune parti dell’intervento, come il ristorante e i setti divisori dei giardini, oltre alla pietra basaltica sono stati utilizzati per rivestimento l’acciaio Corten arrugginito e il legno.


Sezioni alle varie quote

Scheda tecnica
Titolo dell’opera:
Piscine Salinas e Passeggiata sul mare
Indirizzo: Salinas, Câmara de Lobos, Madeira, Portogallo
Data di progettazione: 2002
Data di realizzazione: 2003-2004
Committenti: Sociedade Metropolitana de Desenvolvimento, s.a. | Vice-Presidência | Governo Regional da Madeira, Portugal
Progettazione: Paulo David, Madeira, Portogallo
Project team: Carlos Aguiar, João Nobrega, Inês Rocha, Dirk Mayer, Patricia Faria, Filipa Tomaz, Rodolfo Reis, Silvia Arriegas, Luis Spranger, Luz Ramalho
Team collaboratori: João Gomes da Silva, (Architetto paesaggista) – Duarte Rui Gouveia, (Strutture) – Ruben Sobral, (Impianti elettrici) – José Galvão Teles, (Climatizzazione) – José Jesus, (Impianti idraulici) – António Matias, (Sicurezza)
Impresa di costruzione: Consórcio Etermar – Somague, Portogallo
Coordinamento: ECG Plan, Portogallo
Materiali lapidei utilizzati: Basalto di Madeira
Fornitura della pietra: Consórcio Etermar – Somague, Portogallo
Installazione della pietra: Construções Abrunhosa, Portogallo

Per una documentazione completa dell’opera Download PDF

Rieditazione tratta da Il senso della materia, a cura di Vincenzo Pavan pubblicato da Marmomacc

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9 Novembre 2015

Opere di Architettura

Passerella in pietra armata precompressa

Note dello stage presso A.P.A. Saint Maximin, Oise, Picardie (FR)
di Giuseppe Fallacara, Micaela Pignatelli, Lab. Laurea Morfologia Strutturale 2.0 (*)

La ricerca nel campo della precompressione di elementi in pietra è progredita notevolmente negli ultimi anni e sempre più spesso aziende e laboratori di ricerca sfruttano le proprietà del materiale lapideo potenziandole e reimpiegandole per destinazioni funzionali impensabili fino a poco tempo fa1.
Sulla scia di queste ricerche e con la volontà di apportare ulteriore innovazione in un ambito sperimentale come quello della pietra precompressa, il Prof. Arch. Giuseppe Fallacara ha progettato una particolare passerella la cui struttura è costituita da due travi di 17 blocchi di pietra precompressa ciascuna e da un impalcato in legno come camminamento, per una luce totale di 5,1m.


Per realizzare un prototipo della suddetta passerella e apprendere le tecniche di estrazione, taglio e lavorazione dei materiali lapidei, nel mese di luglio la Scuola di Specializzazione – Curriculum Restauro dell’Architettura in Pietra e il laboratorio di laurea Morfologia Strutturale 2.0 sono stati impegnati nello stage che ha avuto luogo nelle cave dismesse di Saint Maximin, oggi sede del centro di formazione L’ Atelier de la Pierre d’Angle nella Picardia. Durante lo stage diretto dal Prof. Arch. Giuseppe Fallacara, con il supporto dei professori Jose Palacios Gonzalos, Giuseppe Amoruso e Ubaldo Occhinegro e dell’esperienza dei Compagnons du devoir Romain Moule e Frederic Mutillord, gli stagisti con la supervisione di tailleurs esperti, hanno esperito le principali fasi del taglio lapideo secondo tecniche tradizionali, dall’épure al tracciamento, dalla sbozzatura alle lavorazioni di finitura.


J. Palacios Gonzalo, Schizzi di studio e varianti progettuali

Va ricordato che l’area di Saint Maximin è da sempre famosa per l’estrazione e la lavorazione della omonima pietra calcarea usata nella realizzazione della passerella in pietra armata precompressa. Questa, utilizzata sin dall’Impero Romano, è stata storicamente sfruttata per la costruzione di numerose architetture in tutta la Francia, come i castelli della Loira, la cattedrale di Notre Dame e la reggia di Versailles; il suo impiego è legato indissolubilmente alla storia delle trasformazioni urbane di Parigi operate dal barone Georges-Eugéne Haussmann nel XIX secolo, nel quadro dei Grands Travaux inaugurati da Napoleone III. Per le sue caratteristiche, la pietra di Saint Maximin è tutt’oggi apprezzata e trova il suo maggior impiego nei cantieri di restauro, soprattutto nella lavorazione e sostituzione di elementi ammalorati.

Lo stage si è articolato in diverse fasi:
La prima operazione, una volta arrivati i blocchi di pietra di dimensioni 34cm x 34cm e del peso di 75 kg, è stata il tracciamento dei tre fori entro cui far passare le barre di acciaio da 2,5 cm di diametro, usando un panneau, aste e modani per ottenere la massima precisione ed evitare disallineamenti tra i fori.

In seguito tutti i blocchi precedentemente tracciati sono stati forati con l’ausilio di un trapano con una punta adatta alle dimensioni del foro ed alla resistenza del materiale e dopo opportuna numerazione scolpiti a mano con strumenti tradizionali dei tailleurs fino ad ottenere la morfologia delle facce come da progetto.

Parallelamente sono state svolte altre due operazioni indispensabili:
1) La posa, con l’uso di malta idraulica, di 18 blocchi ai due estremi della struttura (9 ad un capo e 9 all’altro) in modo da costituire il sistema di salita e discesa dalla passerella e i basamenti su cui poggiare le travi.

2) Il montaggio di un ponteggio costituito da tubolari e tavole di impalcato in acciaio su cui poggiare i blocchi, oltre ad un crik posto in mezzeria per portare la trave alla configurazione ottimale per effettuare la precompressione.

A questo punto si è proceduto al posizionamento del blocchi forati al di sopra dell’impalcatura, in modo da comporre la trave e da permettere il passaggio delle barre di acciaio ad aderenza migliorata all’interno dei fori allineati, successivamente bloccate provvisoriamente dalle chiavi dinamometriche.

Una fase estremamente delicata è stata quella del colaggio di piombo fuso tra i giunti dei blocchi costituenti la trave della passerella: si è provveduto in ordine a sigillare con dell’argilla fresca i bordi dei blocchi per evitare fuoriuscite di metallo fuso, si è effettuato il colaggio e una volta solidificatosi il piombo sono state eliminate le parti in eccesso. Questa pratica ha origini antichissime che possono essere fatte risalire all’architettura greca di VII e VI secolo a.C., quando si usava piombo fuso per proteggere dalla corrosione le parti metalliche all’interno degli elementi lapidei e in alcuni casi come vero e proprio legante tra le parti; questo perché il piombo fuso ha la capacità di colmare qualunque asperità o fessura con cui viene in contatto e soprattutto, una volta solidificatosi, ha una altissima resistenza a compressione, andando così ad ammortizzare e distribuire le sollecitazioni della struttura.

Dopo la solidificazione del piombo è stata effettuata l’operazione di precompressione. Come da calcolo è consistita nel fornire valore di coppia nella chiave dinamometrica di 33,3 kg per un peso di 10 kg posto a braccio di 1m dalla chiave, per un valore di precompressione totale di 1696,5 kg ovvero di 16,625 kN per ogni barra metallica. La stessa operazione è stata poi ripetuta con un peso di 20 kg arrivando ad un valore totale di 3393 kg, ovvero 33,251 kN.
Dopo la precompressione è stato smontato il crik e successivamente il ponteggio che sosteneva le travi, che sono state lasciate assestarsi fino a trovare la loro configurazione definitiva come da progetto.

Contemporaneamente alle operazioni già illustrate è stata portata avanti della passerella di legno, costituita da una doppia orditura di assi legno di abete inchiodate e tinteggiate con due passate di latte di calce bianco, da un pavimento fatto delle stesse, da assi più lunghe per i rinfianchi e delle altre che fungono da corrimano e relativi montanti; inoltre a chiusura della balaustra sono stati tesi dei tenditori di acciaio.
Infine la passerella è stata posata sopra le travi precompresse, così da permettere il camminamento.

La struttura rispetta perfettamente il progetto sia nelle sue caratteristiche estetiche che nella sua valenza prettamente statica, confermando ancora una volta che la ricerca e la sperimentazione sono indispensabili per progredire in campo tecnico.

[photogallery]passerella_album[/photogallery]

Parallelamente all’attività di cantiere, nello stesso periodo si sono svolti altri eventi di carattere didattico come le lezioni dei professori J. G. Palacios, G. Amoruso e G. Fallacara e le visite ad una cava locale, allo Château de Chantilly, al museo della Maison de la Pierre di Saint Maximin e alla antica cava sotterranea ivi presente.

Note
* https://www.facebook.com/pages/Morfologia-Strutturale-20/432767090236736?sk=timeline
1 Dal punto di vista della innovazione tecnica risulta particolarmente importante lo studio nell’ambito delle passerelle in pietra armata precompressa.
Storicamente i capostipite di questo genere di sperimentazioni sono:
1) Il brevetto Favetti del 1931, esempio precoce dei risultati che la prefabbricazione industriale può dare al comparto lapideo, è costituito da tre varianti dimensionali di gradini e pianerottoli in massello di calcare di Aurisina standardizzati e prefiniti;
2) I due prototipi realizzati nel 1965 in occasione della “I mostra nazionale del marmo e delle tecniche d’impiego del marmo nell’edilizia industrializzata”, che consistono in due opere prefabbricate in marmo armato precompresso, una passerella pedonale con scale di accesso ed una trave della luce libera di 10 metri e dell’altezza di 25 centimetri
Oggi la sperimentazione continua costantemente e vengono realizzate opere notevoli come:
1) Il Pùnt da Saransuns posto lungo l’antica via che collega la città di Chiavenna, in provincia di Sondrio, a Thusis, progettato dall’ingegnere Jürg Conzett e completato nel 1999, che si configura come una passerella sospesa, formata da nastri d’acciaio e lastre in gneiss, precompressa per garantirne un’elevata stabilità;
2) I prototipi di passerelle in pietra naturale precompressa messi a punto dalla azienda Ongaro & Co SA nel 2006 che offrono la possibilità di essere prefabbricati e assemblati tramite resine, in modo da produrre lastre di grandi dimensioni per coprire luci altrettanto grandi con uno spessore minimo.

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5 Novembre 2015

News

Maredolce – La Favara, Palermo
Premio internazionale Carlo Scarpa per il Giardino
XXVI edizione

Venerdì 6 e sabato 7 novembre 2015, la campagna di studio e di cura della xxvi edizione del Premio Carlo Scarpa si conclude a Palermo con una serie di incontri pubblici.
La Fondazione Benetton Studi Ricerche, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali e l’Università degli Studi di Palermo, propone due giornate all’insegna del confronto e del dialogo su Maredolce-La Favara. Al centro delle attenzioni il tema del paesaggio mediterraneo, in particolare siciliano, che ha origine dalla fertile confluenza e convivenza di civiltà arabe e normanne e permane come elemento vitale nel contesto urbano e paesaggistico della periferia di Palermo.

Venerdì 6 novembre ore 16.30-19.30
Nella sede universitaria dello Steri, incontro pubblico di presentazione del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2015 conferito a Maredolce-La Favara con la partecipazione di importanti esponenti di istituzioni politiche e culturali.

Sabato 7 novembre
La mattinata è dedicata agli incontri con alcune scuole del quartiere Brancaccio.
Segue nel pomeriggio, dalle 15.30 alle 19.30, nel palazzo e nel giardino di Maredolce-La Favara l’incontro “Ambiente, cultura e società: come far vivere Maredolce? Ruolo e obiettivi delle associazioni e del volontariato”.
La giornata si conclude con la proiezione del documentario realizzato da Davide Gambino Maredolce-La Favara e, alle 18.45, con Mimmo Cuticchio e il suo Un cunto per Maredolce.

Una mostra documentaria, a cura della Soprintendenza, sarà aperta al pubblico dal 7 novembre al 7 dicembre, dalle ore 9 alle ore 14, nel palazzo di Maredolce.

Programma completo su www.fbsr.it

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2 Novembre 2015

Opere di Architettura

Bristol Palace a Genova.
Storica maestosità

A pochi passi dal teatro Carlo Felice, nel cuore di Genova, sulla via della vicina piazza Ferrari, si trova il Bristol Palace; come il Majestic a Bologna, esso rientra tra i Luxury Hotels del Gruppo DueTorri. La maestosità dell’intero organismo edilizio denuncia la notorietà di questa struttura ricettiva, inaugurata nel 1905, sede per decenni delle feste da ballo della nobiltà cittadina e internazionale, meta del mondo di personaggi ed artisti raccontati dalla Dolce vita. Lo stile Liberty caratterizza l’edificio, inserito nella cerchia ristretta dei Locali Storici d’Italia: si ritrova negli arredi interni recuperati dal recente restauro e nei ricchi stucchi e affreschi che abbelliscono gli ambienti di rappresentanza. La propensione a questo linguaggio architettonico è testimoniata già all’esterno dal cassettonato del portico a protezione dell’ingresso, che di quel periodo riprende i colori e i motivi decorativi; dialoga con il mosaico della pavimentazione a terra, il cui disegno a volute si relaziona a sua volta con gli ornati della facciata antistante la galleria.

Qui la riproposizione degli ordini classici nell’inquadratura delle vetrine, anticipa quel decoro e quell’eleganza che accoglieranno il visitatore varcando l’entrata, racchiusa dall’elegante cornice in marmo rosato. La componente scenografica dell’Art nouveau permea tutti gli ambienti e gli elementi di dettaglio, a partire dallo scalone elicoidale, la cui vorticosa balaustra e le pedate in marmo di Carrara ispirarono Vertigo di Alfred Hitchock. Il marmo statuario della pavimentazione, su cui si innestano elementi di nero Marquinia composti a casellario, sottolinea l’eleganza dell’ingresso e della hall, ulteriormente valorizzati dagli stucchi decorativi delle pareti e dalle paraste corinzie in rosso di Asiago. Il giallo di Siena levigato finemente, composto ancora una volta con il nero Marquinia e il marmo statuario, contraddistingue invece il disegno della pavimentazione della sala di rappresentanza al piano superiore. Ho lasciato il Bristol con l’illusione di essere stato per 5 giorni un grande signore, le parole di Edmondo De Amicis, una volta entrati, risultano ancor più attuali.

Vai a Casone

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26 Ottobre 2015

Design litico

Lithic Vertigo

Lithic Dragonfly, Giuseppe Fallacara per MGI – Marmi e Graniti d’Italia, Massa

Vertigine (dal lat. vertigo – ĭnis, der. di vertĕre ‘volgere, girare’; più precisamente offuscamento del cèrebro per cui pare che ogni cosa si muova in giro e manca in un istante il lume degli occhi) è la sensazione che può accusare chi osserva un equilibrista, che con le sue “ali” in bambù della sua asta, controlla il baricentro affinché sia allineato con la corda e che gli permetta di mantenersi in equilibrio. In natura è possibile scorgere questo fenomeno nella mirabile conformazione del corpo della libellula, insetto che controlla il suo equilibrio disponendo le ali (dalla geometria che rievoca la tassellatura di Voronoi) in precise disposizioni spaziali al fine di controllare il proprio baricentro. Lithic Dragonfly quindi è un omaggio a questa condizione paradossale di “pesantezza del materiale” VS la “leggerezza delle forme” come antico presupposto teorico invocato da Charles Perreault (in Querelle des Anciennes et des Modernes, XVII siècle) nella ricerca di autenticità dell’arte sterotomica: l’arte di servirsi della pesantezza della pietra per esaltarne la leggerezza delle forme:
“…de se servir de la pesanteur de la pierre contre elle-même et de la faire soutenir en l’air par le même poids qui fait tomber…”

Come nella stereotomia, nella quale sono le forme che impongono le condizioni statiche, anche per Lithic Dragonfly la forma esatta della scultura impone la condizione statica e di equilibrio della stessa.
Le esperienze derivanti dalle attività dello “Stone Balancing” si basano sulla disposizione in equilibrio di pietre e massi di varie forme senza alcun supporto ulteriore a quello delle stesse forze di gravità, ovvero la realizzazione di una scultura litica in cui la scoperta del baricentro coincide con l’avvenuta realizzazione dell’opera d’arte. Il balancing è una disciplina mentale e ha una stretta relazione con la pratica ZEN, sia nell’esecuzione che nel risultato, in quanto è essenzialmente un viatico per la meditazione, l’aumento della sensibilità mentale e la percezione dello scambio di energia tra il soggetto e la pietra da porre in equilibrio. Il tempo di esecuzione non è prevedibile, l’energia che scorre dal soggetto alla pietra diventa via via più evidente , l‘effetto rilassante per la psiche si acquisisce nel tempo grazie anche al luogo dove solitamente si esercita: mare, fiumi , ovunque vi sia acqua in movimento e silenzio.

In Lithic Dragonfly la forma autoequilibrante viene “pre-vista” per consentire l’esatto funzionamento già in fase progettuale. La fase di pre-calcolo assume dunque una certa rilevanza: l’installazione mette in evidenza l’auto-equilibrio in solo punto di un grave. In architettura, questo concetto porta avanti un nuovo approccio progettuale, cioè architetture litiche che potrebbero garantire sicurezza statica in caso di sisma; le onde sismiche sarebbero dunque smorzate dal movimento auto-equilibrato dalla struttura. Diretta conseguenza di quanto espresso è rappresentata nel progetto sperimentale della struttura Lithic Dragonfly realizzata con lastre di marmo di Carrara. Le enormi parti della libellula si trasformano in travi di pietra armata pre-compressa e la copertura è formata da teli, che generano una tensostruttura.
Questa condizione potrebbe aprire una nuova strada basata sulla realizzazione di opere architettoniche derivanti dall’osservazione della natura e dell’equilibrio dei funamboli.

[photogallery]dragonfly_album[/photogallery]

di Giuseppe Fallacara

Note
Titolo:
Lithic Dragonfly
Progettista: Giuseppe Fallacara
Collaboratori: New Fundamentals Research Group and Morfologia Strutturale 2.0 Lab.
Azienda: MGI – Marmi e Graniti d’Italia, Massa

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23 Ottobre 2015

News

Milano: leggere e progettare una città.

[photogallery]cil_album[/photogallery]

L’architettura contemporanea milanese sulle pagine della rivista “Costruire in laterizio”

Con questo titolo la rivista “Costruire in laterizio” è stata inserita nel programma dell’incontro di domenica 25 ottobre, alle ore 10.00, per Bookcity 2015, alla a Casa della Memoria, in via Federico Confalonieri, 14.
Bookcity è la manifestazione, nata nel 2012 – per volontà del Comune di Milano e della Fondazione Rizzoli “Corriere della Sera”, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Fondazione Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri), a cui si è affiancata l’AIE (Associazione Italiana Editori), in collaborazione con l’AIB (Associazione Italiana Biblioteche) e l’ALI (Associazione Librai Italiani) – che quest’anno si articola in tre giorni di incontri, presentazioni, dialoghi, letture ad alta voce, mostre, spettacoli, seminari, anticipati a fine ottobre, in concomitanza con la chiusura di Expo.
“Costruire in laterizio” è la rivista di architettura dell’Associazione Nazionale degli Industriali dei Laterizi – Andil, pubblicata dalla casa editrice Tecniche Nuove.
All’incontro, a cura di Maria Canella e Roberto Gamba, che si svolgerà alla Casa della Memoria, il nuovo edificio sorto nell’area di Porta Nuova e destinato ad accogliere il Museo della Resistenza, sono stati invitati a partecipare: gli architetti, Enrico Bordogna e Edoardo Guazzoni (Politecnico), Carlo Berizzi dell’Università di Pavia, Carlo Capponi (Ufficio Beni culturali Diocesi di Milano), inoltre: Giovanni Pacchiano, Luisa Comencini (Fondazione Cineteca Italiana), Luisa Toeschi (ItaliaNostra Milano Nord – Bosco in città), Anty Pansera, Francesco Samorè (Fondazione Giannino Bassetti); per Andil, il Vicepresidente Fernando Cuogo e l’ingegner Alfonsina Di Fusco.
Gli ospiti dialogheranno con i cittadini commentando le nuove architetture, che in parte sono state presentate di recente sul numero 163 “Milano 2015” della rivista. Poi avranno modo di consultare anche altri articoli dedicati a costruzioni e architetti milanesi e selezionati da edizioni passate di “Costruire in laterizio”, nella raccolta che verrà distribuita ai partecipanti.
Nello specifico, il numero dedicato a Milano, come viene espresso nell’editoriale di Maria Canella “La nozione della necessità”, ripercorre l’evoluzione della città che si è avuta in corrispondenza del compimento dell’anno 15 degli ultimi 3 secoli: 1815 Congresso di Vienna, 1915 l’entrata in guerra, 2015 Expo. Si tratta di tre eventi storici che hanno avuto ripercussioni sulle forme, sulle strategie, sugli obiettivi di rinnovamento, sullo sviluppo di uno “stile nazionale”, identificato con “l’architettura del mattone e del ferro”.

L’archivio della rivista, nata nel 1959, è presente e scaricabile online dal 1996.

L’incontro verrà preceduto dalla visita guidata della Casa della Memoria a cura degli architetti progettisti Pier Paolo Tamburelli e Andrea Zanderigo (Baukuh).


Clicca sull’immagine e scarica il flyer

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19 Ottobre 2015

Opere di Architettura

Complesso polifunzionale dell’ex stazione di Porta Vittoria, Milano
Fabio Nonis


Il dettaglio di alcune torri del complesso (fotografie di Clara Judica)

Le radici dell’intero nuovo complesso, profonde tre piani sotto terra, imbrigliano la velocità degli attuali trasporti su rotaia; tutta l’area era originariamente interessata dal trasporto ferroviario, gravitante nel raggio d’azione dell’ex stazione di Porta Vittoria. Le sistemazioni ipogee svelano a loro volta il sottile equilibrio giocato ad ogni livello del nuovo complesso, in cui statico e dinamico, razionale e organico, opaco e traslucido, fisso e mobile, tradizionale e innovativo, si fronteggiano prevalendo reciprocamente l’uno sull’altro.
I binari segnano ancora la superficie, offrendo spunti per la progettazione del verde e per la conservazione della memoria entro il disegno complessivo coinvolgente alcuni isolati adiacenti. All’emersione del costruito dal suolo il complesso accetta le regole del luogo, lasciandosi irretire nel sistema di camminamenti e cordolature propri della città metropolitana milanese; secondo i regolamenti locali viene impiegata pietra di Luserna.
In essi si materializza il modo litico di avvicinamento al nuovo complesso da parte della città, coinvolgendo perimetralmente l’attacco a terra dell’edificato, modellandosi non solo quanto a sistema pavimentale ma estendendosi all’arredo urbano, a plasmare sedute e vasche di contenimento del verde.
La scalettatura dei volumi verso il parco di viale Umbria apre la possibilità a piazzali d’ingresso in lastre lapidee, le cui geometrie riorganizzano le diverse giaciture presenti e future. Pavimentazioni in pietra di Luserna incrociano calpestii in pietra lavica, ingaggiando il primo confronto sulle tonalità del grigio. La pietra lavica abbraccia alla base il complesso con il suo colore scuro e la sua omogeneità cromatica. Negli affacci a soleggiamento diretto l’ombra si riversa sulla pietra lavica rendendola ancora più scura e marcando in modo più netto lo stacco fra base e sviluppo verticale delle nuove architetture soprastanti. La fascia orizzontale basamentale arretra rispetto gli allineamenti esterni secondo diverse profondità. In taluni casi la cortina lapidea si fende con squarci per ampi varchi pedonali, o lascia spazio a frangisole metallici su disegno a filtrare la luce naturale sulle ampie vetrazioni retrostanti.


L’attacco a terra con i lapidei caratteristici (fotografie di Clara Judica)

Allo sguardo d’insieme il complesso mostra atteggiamento unitario, aprendosi volumetricamente verso il parco e ricompattandosi verso la città costruita. Oltre la fascia in pietra lavica, salendo in verticale al cielo si trova nuova fascia orizzontale beige, più estesa quanto a ingombri e impronta a terra, ma assai più eterea per la pressoché nulla rugosità superficiale, per il colore solare e la maggior evidenza delle nuances delle lievi venature.
Prima milanese, poi lombarda per tramite del percorso professionale di Ignazio Gardella, la teoria figurativa delle facciate razionalmente squadrate composte per fasce orizzontali, sovrapposte, di materiali e colori differenti, con integrazione di parti cieche e traforate, approda rivisitata in porta Vittoria, ripercorrendo secondo nuova necessità i ragionamenti già propri dell’affaccio sud del Padiglione d’Arte Contemporanea a Milano e del Dispensario antitubercolare ad Alessandria.
La prima fascia scura, dal basso, in pietra lavica/basalto dell’Etna, prevede lastre incollate su muratura, lastre con spessore variabile dai 2 cm tipici, ai 3 cm per i davanzali. La fascia più chiara si discosta fisicamente e concettualmente dai supporti retrostanti: in pietra croata beige imperiale, le lastre sono posate a secco, con spessore 3 cm.


Dettaglio dell’attacco a terra Clicca sull’immagine per allargare

Le geometrie, regolarmente squadrate e precise, sono dinamiche nel loro continuo crescere in altezza ed espandersi in impronta a terra. I lapidei sono sempre posati a correre, in diversi formati ripetuti in sequenza, mai placidamente statici. La fascia chiara in beige imperiale si slancia in senso verticale a determinare nuovi volumi abitati, e pure prosegue perimetralmente il proprio tracciato orizzontale esteso a tutto il complesso. Come statue poggiate sul basamento alla scala urbana, crescono verso l’alto edifici a torre, connotati ciascuno separatamente da applicazioni estese e monotematiche di altri materiali naturali. Ulteriore energia si sprigiona al contatto ravvicinato fra materiali differenti.
La precisione stereotomica dei volumi, le scelte cromatiche precisamente assegnate a definite porzioni di costruito, l’effetto chiaroscurale prodotto dalle quinte più arretrate e dai giochi d’ombra, richiamano con le opportune distanze spazio-temporali certa ricerca di Donald Judd.
Il raffronto con la città si risolve in modo empatico; l’intero isolato si plasma secondo i caratteri e le opportunità dei suoi quattro affacci principali: aperto e ricco di traguardi visivi verso il parco di futuro impianto, netto e verticale verso via Cena, ammiccante agli esiti alti dell’architettura moderna milanese all’incrocio verso via Cervignano, modellato e scultoreo al versante opposto. Le due testate, verso città e parco, incarnano particolarmente lo spirito dell’intervento, nella loro reciproca apparente contrarietà e nella capacità d’interpretazione del ruolo giocato dall’architettura in ogni occasione svelata dal progetto.


L’insieme da viale Umbria (fotografie di Clara Judica). Clicca sull’immagine per accedere alla scheda del progetto

[photogallery]portavittoria_album[/photogallery]

di Alberto Ferraresi

Vai al sito dello studio Nonis
Vai al sito della ex stazione
Vai al sito del nuovo complesso di Porta Vittoria
Vai al sito del Padiglione d’Arte Contemporanea
Vai all’approfondimento sul Dispensario antitubercolare
Vai alla scheda della pietra beige imperiale
Vai all’articolo su altri materiali
Vai al rimando su Donald Judd

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15 Ottobre 2015

News

Design Stories

Design Stories: 60 giorni di Design
Per discutere sulle peculiarità della Scuola Fiorentina, sul suo ruolo (passato e futuro) nella cultura del Design e sulla sua attualità.
Una Scuola caratterizzata da sempre dalla centralità del progetto come atto complesso e critico.

In particolare:

Martedì 3 novembre, ore 10

Aula magna Design Campus

Paper Design
Presentazione del libro di Alfonso Acocella (UNIFE)
con Comieco Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base
Cellulosica_Introduce Elisabetta Cianfanelli (UNIFI)

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12 Ottobre 2015

Design litico

Digital Generation Design

Un incontro tra più generazioni, un confronto tra chi oggi è attore dell’architettura, del design, e chi realizza la tecnologia che rende possibile la concretizzazione delle idee.
Helios Automazioni, l’azienda produttrice di macchine CNC per la trasformazione dei materiali lapidei, ha invitato quest’anno, in occasione della cinquantesima edizione di Marmomacc, ogni parte del processo di costruzione negli spazi della Fiera di Verona a dialogare sui processi di ricerca esplorabili alla luce delle potenzialità espresse dalle sue tecnologie.
L’attività di progettazione è oggi quasi completamente rivoluzionata dalla digitalizzazione dei metodi, utilizzati in prevalenza dalla nuova generazione di progettisti, i quali, al di là delle ispirazioni, concepiscono un’idea sin dal principio confrontabile con i software, talvolta partendo da uno schizzo digitale.
Lo sviluppo della progettazione in ambito tecnologico è raccontato dall’architetto Domenico Potenza attraverso un percorso fatto di storia ed esempi sperimentali durante il convegno Digital Design – Lithic Experiences tenuto nell’Italian Stone Theatre, curato da Raffaello Galiotto e a cui ha preso parte anche il noto ricercatore Christian Pongratz.
I tre progetti dei giovani Maurizio Barberio, Gianluca Gimini, Erika Pisa e Nicola Violano entrano nell’ambito di una collaborazione avviata da quest’azienda che aggiorna il range dei suoi prodotti lasciandosi influenzare non solo dalle esigenze dei propri utilizzatori bensì dai limiti proposti dai designer, come accaduto per l’installazione curata da R. Galiotto nella mostra Digital Lithic Design nella Hall 1, all’interno della stessa Fiera veronese.
Avendo sollevato un particolare interesse, l’energia delle attività promosse, l’Urban Park Design curato da Massimiliano Caviasca ha accolto alcuni di questi progetti all’ingresso Cangrande mostrando come proprio l’Italia, attenta agli sviluppi creativi e tecnologici del settore, debba essere molto meno parsimoniosa di quanto lo è ora nell’investire in ricerca e nuove opportunità.

CIRCO MINIMO

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Design: Gianluca Gimini
Realizzazione: Masutti & Rusalen
Tecnologia: Helios Automazioni

Mi chiamo Gianluca Gimini e mi hanno detto che appartengo ad una nuova generazione di designer italiani. La cosa mi lusinga non poco, ma ricadere in questa “generazione” in senso professionale di certo non significa in assoluto appartenere alla più nuova delle generazioni, giacché di anni ne ho ben 32.
Avendo il privilegio di insegnare progettazione a studenti ventenni mi sono trovato spesso a ragionare di queste cose ed è forse proprio la riflessione sul debito che tutti collettivamente, e a volte anche individualmente, accumuliamo nei confronti delle generazioni a noi successive che mi ha spinto a pensare a un progetto per l’infanzia; ma non si tratta solo di questo. Tra i tanti miei disegni e i pochi oggetti realizzati, tutto ciò che da designer ho ad oggi progettato ha sempre avuto una dimensione privata e un carattere in certa misura effimero: una fruttiera e un salvadanaio entrambi in ceramica, un gadget a ventosa per lo smartphone, uno zaino trasformabile, oggetti da cucina in plastica, oggetti da tavola e una serie di altre piccole cose. Il confronto con il materiale eterno per antonomasia ed il tema urbano mi hanno invece imposto per la prima volta di misurarmi con il tempo (quello che si conta in generazioni) e con il gradimento di utenti finali che non scelgono di acquistare il prodotto, ma che lo ritrovano, con piacere o loro malgrado, installato da un decisore all’interno della propria città.
L’oggetto presentato potrebbe essere definito come un supporto ludico che mira, utopisticamente, a riportare il gioco dei bambini nelle piazze, dalle quali è oramai quasi del tutto scomparso. Formalmente si tratta di un oggetto pseudo architettonico basso e lungo (si sviluppa in orizzontale per tre metri), risolto come una citazione idealizzante di un Circo Massimo le cui rovine sono state modellate dalla pioggia e dal vento. Come nel Circo Massimo ai tempi della Roma imperiale si svolgevano gare equestri, nel Circo Minimo si possono organizzare piccole corse di biglie.

EROSION BOLLARD LIGHT

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Design: Maurizio Barberio
Realizzazione: Artedil di Lorenzo e Pasquale Palazzo
Tecnologia: Helios Automazioni

Erosion è un bollard light che si ispira al fenomeno delle rocce erose dall’azione del vento e del mare.
Le forme organiche create in questo modo hanno una forte analogia con le morfologie generate grazie ai software di modellazione digitale, in particolare le operazioni di smoothing, ottenute grazie a specifici algoritmi come quello di Catmull-Clark.
Erosion è pensato per i contesti urbani a più stretto contatto con la natura, come i tratti costieri, i lungomare e le spiagge; oppure in giardini o i parchi dove sono presenti altri elementi minerali di arredo paesaggistico come massi o pietre.
La particolare superficie scavata è stata realizzata utilizzando diversi tool all’interno del programma di modellazione Rhinoceros, in particolare Grasshopper, EvoluteTool e Weaverbird. Partendo dalla superficie sviluppata sul piano del cilindro principale, l’utilizzo di questi strumenti si è reso necessario per poter suddividere progressivamente la stessa in entità geometriche via via più piccole e complesse, le quali sono state successivamente “scavate” in maniera parametrica grazie ad un algoritmo sviluppato in Grasshopper, che ha consentito di realizzare bucature di diverse dimensioni a diverse distanze da due linee di riferimento, che fungevano da elementi “attrattori”. EvoluteTool, infine, è stato utilizzato per rifinire la mesh per poter essere prototipata correttamente, mentre Weaverbird è stato utilizzato per realizzare la smussatura con l’algoritmo di Catumull-Clark. La volontà è stata quella di utilizzare questi strumenti di modellazione avanzata e parametrica, in modo che “condizionassero”, orientassero il risultato estetico e tecnico dell’oggetto litico.
Il prototipo, realizzato dalla azienda Artedil Marmi di Apricena, è stato presentato durante la cinquantesima edizione del Marmomacc a Verona. La realizzazione ha previsto l’utilizzo della pietra di Apricena nelle varietà Fiorito, Bronzetto e Biancone, attraverso la tornitura con macchine a controllo numerico.

LE DÉJEUNER SUR LA PIERRE

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Design: Erika Pisa + Nicola Violano Architects
Realizzazione: Marmi Fratelli Petraroia
Tecnologia: Helios Automazioni

L’abitare è il modo in cui uomo e natura entrano in contatto. L’incontro tra i due è sempre mediato dall’artificio e in Le déjeuner sur la pierre questa responsabilità è data ad uno spesso lenzuolo di pietra.
Sedersi, intrattenersi e interloquire all’aperto rimangono punti cardine di uno spazio definito urbano e per un progetto per un ambito pubblico deve avere come scopo principale quello di estendere la permanenza degli utenti all’esterno. Alla ricerca di continue novità, ci si illude di potersi allontanare dagli archetipi che la cultura di una società si è creata sin dal principio in accordo con alcune funzioni fondamentali.
La tecnologia delle macchine CNC ha influito sull’idea e sui metodi di montaggio dell’installazione. Due volumi di distinti materiali, sfruttando l’alta precisione, si incastrano creando un’unica seduta componibile perché composta modularmente.
In modulo di 95×95 cm in pianta, può essere composto linearmente ruotando una alla volta le sedute, ottenendo così una lunga superficie variabile a seconda delle diverse posizioni assumibili.
I lapidei utilizzati derivano da cave di località diverse, entrambe italiane. Il travertino noce dell’area romana è impiegato nella parte sottostante come massello e nei pioli incastrati superiormente. L’altra pietra locale di Cercepiccola, in provincia di Campobasso non lontano dalla sede del laboratorio Marmi Fratelli Petraroia autore della realizzazione dei pezzi, per la compattezza dovuta alla sua composizione calcarea e per la finitura levigata assolve la funzione di seduta, così da non creare interruzioni nella continuità della superficie.
Un volume sottostante con i due pioli, che rispondono alle funzioni di schienali o piani d’appoggio, attende l’incastro dall’alto di una mesh scolpita riportante due fori in vista dell’allocazione risolta col metodo dell’incastro. La precisione delle macchine automatizzate e il processo di modellazione digitale ha reso il progetto appartenente al lavoro di un nuovo tipo di laboratorio che lavora il materiale lapideo, contemporaneo e tecnologicamente avanzato.

di Maurizio Barberio, Gianluca Gimini, Erika Pisa, Nicola Violano

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7 Ottobre 2015

Design litico

PIANO DI POSA.
L’alibi dell’oggetto dall’arte al design


Giorgio Morandi, Natura morta, s.d. (1952), olio su tela, 30,2×40,5 cm, Roma, Collezione privata.

La pittura di Giorgio Morandi si esprime attraverso oggetti elementari, collocati su piani di posa neutri, in luoghi vuoti ed astratti; si tratta di artefatti spesso accompagnati dalle loro sintesi geometriche, che nelle tele dell’artista vengono rivelati come entità immote, liriche ed evocative. A tali forme e a tali spazi mentali prima ancora che pittorici, si ispira una nuova collezione di elementi tecnici per l’ambiente bagno, in legno e marmo, disegnata da Vittorio Longheu; essa è caratterizzata da forme lineari ed assolute, disposte ad accogliere gli oggetti e i rituali della quotidianità contemporanea.


Vittorio Longheu, studi grafici per la collezione bagno Piano di Posa, 2014

La serie, denominata appunto Piano di Posa in riferimento agli ambiti di composizione delle nature morte morandiane, comprende recipienti litici parallelepipedi, corredati da griglie di appoggio e servi muti in legno che formano un sistema modulare e flessibile con cui l’utente può dar corpo a molteplici configurazioni formali e funzionali. Anche i nomi Grizzana e Campiaro, assegnati rispettivamente ai lavabi e al piatto doccia, sono un omaggio ai luoghi d’elezione del pittore bolognese.


Il lavabo Grizzana e il piatto doccia Campiaro della collezione Piano di Posa firmata da Vittorio Longheu per Pibamarmi

Una possibile composizione del lavabo Grizzana vista dall’alto.

L’arte trasferisce al design l’essenza di una riflessione sul rapporto tra uomo e realtà innescata da quello che è possibile definire come “l’alibi dell’oggetto”, citando l’efficace titolo della mostra dedicata a Morandi e alla natura morta, curata da Marilena Pasquali nel 2007 alla Fondazione Ragghianti di Lucca. Così le cose del mondo, unitamente ai circoscritti ambiti spaziali in cui trovano collocazione, diventano appigli, ovvero giustificazioni uniche e imprescindibili per dar corpo a visioni essenziali eppure estremamente pregnanti, rivelatrici della centralità della sfera oggettuale comune e dei fenomeni quotidiani ad essa connessi.


Collezione Piano di Posa di Vittorio Longheu per Pibamarmi. Dettagli di un lavabo Grizzana.

I “piani di posa” di Longheu non hanno valore simbolico, né di feticci legati alla contingenza di una gusto, ma sono puri oggetti reali, disposti all’azione o destinati alla sola visione statica. Si configurano infatti come ambiti domestici dalla duplice valenza di piccoli palcoscenici minimamente attrezzati da utilizzare, ma anche di campi percettivi definiti, da apprezzare con lo sguardo. Il designer predispone una base connotata dalla scansione ordinatrice della griglia e l’utente vi colloca sopra gli oggetti selezionati; l’esito della composizione è frutto di un progetto che, come la pittura di Morandi, ricerca un canone per dare coerenza alla frammentaria e caotica realtà contemporanea.

di Davide Turrini

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