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17 Marzo 2008

Opere di Architettura

Piazza a Sinnai, Cagliari
Gaetano Lixi, D.A.A. Delogu Architetti Associati, Michele Molè

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Vista a volo d’uccello dell’intervento

Ricorrere alla sola logica della semplicità o scomodare addirittura il minimalismo per raccontare della proposta che gli architetti Delogu e Lixi hanno curato e realizzato per la riqualificazione della Piazza del Duomo e del Municipio di Sinnai, può essere riduttivo e fuorviante. In realtà esiste, sottesa ad un’evidente semplicità fisica, materica e compositiva una complessità semantica ben maggiore che la descrizione delle intenzioni progettuali può meglio rivelare.
Un’unica, grande distesa di marmo bianco di Orosei (si veda il post Pietre di Sardegna) si adagia sull’ esistente come primo e fondamentale atto progettuale; si incunea senza soluzione di continuità tra gli edifici illuminandoli e rendendoli visibili, fissandoli, unendoli, inserendoli in un sistema di relazioni reciproche e coinvolgendoli nel processo di riqualificazione non come semplici quinte ma come elementi, primari e rinnovati, del progetto. La metaforica risacca generata dal contatto tra la nuova pavimentazione e le facciate perimetrali si trasforma nelle sedute che, nuove o restaurate, vogliono ricordare il passato rurale e richiamare le pre-esistenze a partecipare e contribuire ai nuovi momenti di aggregazione sociale che la piazza regalerà al comune.
Su questa tela vengono ricomposti attraverso segni, colori, materiali, scavi ed elementi architettonico – artistici le tracce, gli allineamenti, le visuali che da sempre appartengono a questo spazio pubblico e che, attraverso l’adeguata interpretazione della contemporaneità, non possono andare perduti.
Ecco apparire allora il grande solco centrale che, generato dagli allineamenti degli edifici che da sempre immettono nella parte centrale della piazza, diventa oltre che elemento prospettico, veicolo per la raccolta delle acque piovane dell’ invaso.
Un grande triangolo addita, con la forza di un suo vertice, la facciata della chiesa di Santa Barbara: oltre a definire la geometria della scalinata che dalla strada permette la risalita alla piazza in una sorta di climax percettivo, assume il significato di passaggio simbolico capace di costringere l’attenzione dei passanti verso la chiesa. Opera di Maria Lai è realizzata con gli stessi materiali decorativi del campanile: basalto, cotto e smalti. Della stessa autrice, un telaio ceramico coprirà l’unico edificio alto e privo di qualità sorto a lato del Municipio, ispirandosi ai tradizionali disegni sardi in bianco e nero e ai drappi che si esponevano durante le feste religiose.

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Scorcio dalla scalinata di accesso alla piazza

“[…] Il filare dei lecci disposto secondo una linea divergente rispetto alla facciata del vecchio municipio, ne permette una nuova percezione aprendo l’edificio volumetricamente sulla piazza.
Le palme africane, disposte in posizione arretrata rispetto alla facciata principale della chiesa, individuano due ambiti più riservati della piazza nei quali le cappelle laterali con le loro caratteristiche coperture a botte ed il campanile, costituiscono i rimandi della chiesa certamente più significativi ed originali di quanto sia la facciata […] Le panchine isolate, come tronchi trascinati a valle dalla corrente del fiume, individuano gli ambiti riservati agli incontri di piazza, alle chiacchiere tra paesani, ai commenti degli anziani del paese che dal loro osservatorio vedono e commentano.
Queste sono realizzate da una parte basamentale in calcestruzzo rivestito nella stessa pietra della pavimentazione e da una lama in ghisa che funziona da schienale.
Con un diverso allineamento planimetrico un piano in ghisa permette di associare alle sedute una superficie orizzontale su cui scrivere, poggiare un libro, fare colazione, giocare a carte […].

(dalla relazione di progetto)

Sottili ed esili griglie – pergole metalliche segnalano gli accessi secondari, ma non meno importanti, alla piazza. Crediamo che tra le principali qualità dell’intervento sia la capacità di esprimere la propria contemporaneità nella consapevolezza, nel rispetto, nella valorizzazione e nell’appropriazione di quanto esiste. Sono sempre meno i progetti che hanno alla base tale assunto o forse sono troppo pochi quelli in cui questo valore si traduce in realtà costruita.
Lo spazio disponibile si sta saturando d’architetture che attente principalmente ad affermare ed imporre forme, linguaggi e mode dimenticano di dialogare con il contesto e con gli elementi significativi radicati. Questo è ancor più vero se parliamo dei centri storici dove una chiesa con il suo campanile, un palazzo municipale con la sua piazza, una strada con i suoi allineamenti sono da sempre punti fermi nell’immaginario collettivo e nella vita sociale di comunità e non possono sbiadire dietro i vezzi della nuova architettura spesso incomprensibili all’occhio e alla mente della persona comune.
Facendo proprie le parole di Massimo Pica Ciamarra sul proprio approccio disciplinare: “[…] non prevale l’interesse per il singolo intervento, le regole interne di un progetto non si affermano a scapito delle logiche di immersione nel contesto. Alla sindrome dell’oggetto edilizio opponiamo la logica del frammento: evita monadi che galleggiano nello spazio; considera ogni elemento come parte di un tutto […]” da cui trae spunti e valore ed al quale restituisce qualità inedite.

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Vista zenitale del “triangolo” di Maria Lai

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Anno: 1999
Luogo: Sinnai, Cagliari
Committente: Comune di Sinnai
Progetto: Gaetano Lixi (capogruppo), Francesco Delogu (D.A.A. Delogu Architetti Associati), Michele Molè
Consulenza artistica: Marina Lai
Superficie: 4.515 mq
Importo dei lavori: 370.000 euro
Pubblicazioni: Abitare n° 400, nov. 2000; AU Brasile n° 94/’01; Lo spazio pubblico Spagna – Italia ’90 – ’00 ed. Alinea

di Pietro Manfredi

(Vai al sito di Delogu Architetti Associati)
(Vai al sito di Michele Molè )
(Vai al sito dello Studio Lixi)
(Vai al sito Marmo di Orosei)
(Vai al post Pietre di Sardegna)
(Vai al sito Biografia di Maria Lai)

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14 Marzo 2008

Letture

PIETRE DI PUGLIA
Il restauro del patrimonio architettonico in Terra di Bari tra Ottocento e Novecento

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Pietre di Puglia è il quinto volume della collana Antico/Futuro, diretta da Claudio Varagnoli, che dal 2005 ospita studi sul tema della tutela e conservazione del patrimonio architettonico con un approccio che ha da subito privilegiato il legame tra ricerca filologica e analisi diretta dell’opera architettonica.
Il titolo esteso del libro, Pietre di Puglia. Il restauro del patrimonio architettonico in Terra di Bari tra Ottocento e Novecento, rende già conto della vasta e complessa indagine svolta da Anita Guarnieri. Seguendo un criterio cronologico che consente di mettere bene a fuoco gli sviluppi della tutela in Puglia a partire dall’Unità d’Italia, l’autrice prende inizialmente in esame un tema fondamentale della conservazione a cavallo dei due secoli trattati, ossia il contributo offerto dalle Commissioni Conservatrici dei monumenti e dagli ispettori onorari locali, istituzioni e ruoli spesso rappresentati dalle più importanti figure della storiografia locale, eruditi e conoscitori che con la loro costante azione di vigilanza, denuncia e proposta di interventi segnano in maniera indelebile le vicende della conservazione, non mancando anche di influenzare i futuri indirizzi nel campo del restauro. Ne discende da subito un quadro ricco ed articolato, che l’autrice analizza nei suoi molteplici aspetti attingendo meritoriamente a svariate fonti archivistiche, costituite dalla ricca e finora poco esplorata documentazione di vari enti che vanno dagli archivi di stato a quelli comunali, dagli archivi di istituzioni religiose a quelli della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Bari e di Foggia.
L’ “approccio empirico” degli storici ed archeologi locali – fra i tanti, Sante Simone, Francesco Sarlo, Gianbattista Nitto de Rossi – è analizzato nelle strette relazioni che essi intrecciano con figure centrali di assoluto rilievo come gli ispettori ministeriali Cavalcaselle, Bongioannini e soprattutto Giacomo Boni; aspetto che consente all’autrice di dissipare ulteriormente l’immagine di una Puglia estranea al dibattito contemporaneo sulla conservazione monumentale e, al contrario, di rimarcarne il significativo apporto nel campo dello sviluppo storiografico architettonico. Lo studio chiarisce inoltre un aspetto che può affiorare solo attraverso una rigorosa indagine – diretta ed indiretta – sull’opera architettonica, condotta peraltro, nel caso di Pietre di Puglia, su di un ampio ventaglio di casi: come cioè i protagonisti del restauro in regione, pur operando nel tentativo pressochè costante di rimarcare una identità stilistica precisa del monumento, siano consapevoli della sua specificità, legata in particolare a materiali e tecniche costruttive peculiari della regione. In particolare, il notevole interesse di Giacomo Boni per le ‘pietre di Puglia’ (esemplare il suo invito alla salvaguardia dei tetti “a chiancarelle” quali carattere intrinseco delle fabbriche locali) sottende all’invito verso una presa di coscienza sull’indissolubile legame fra architettura e materia che la compone; insegnamento purtroppo non sempre considerato negli interventi che si condurranno in regione a partire dall’istituzione dell’Ufficio Tecnico Regionale di Napoli, che farà nuovamente gravitare la Puglia nell’orbita dell’ambiente culturale napoletano.

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Molfetta, cattedrale, le coperture a cupola con rivestimento “a chiancarelle”, foto di Anita Guarnieri 2006

Da questo momento in poi, come chiariscono il terzo e il quarto capitolo del volume, si avvia la stagione dei grandi restauri (su tutti, per importanza ed impatto, quelli delle cattedrali di Bari e Bitonto), realizzati da figure di grande esperienza nazionale sia come storici sia come operatori, la cui spiccata personalità ha forse come rovescio della medaglia l’eccessivo indirizzo personale ed innovativo conferito alle tante operazioni condotte.
Il contenuto del testo, nel suo sviluppo, lascia gradualmente percepire la presenza sempre più costante delle istituzioni centrali della tutela negli interventi pugliesi; presenza che contribuisce ad orientare il restauro ai fondamentali principi teorici sanciti a cavallo dei due secoli, come quelli della distinguibilità, della notorietà e del rispetto per l’autenticità delle fabbriche antiche. E la metodologia d’intervento che si consoliderà dalla nascita delle Soprintendenze in poi, ovvero quella orientata prevalentemente a rafforzare l’immagine di un presunto “romanico pugliese”, è solo in apparente contrasto con quanto appena rilevato: l’esperienza riversata in regione da personaggi come Gustavo Giovannoni e Gino Chierici riflette – come è noto – un indirizzo di impronta nazionale, e si accompagna peraltro, in più di un caso, ad un orientamento che privilegia lo studio del dato storico a garanzia dell’autenticità del monumento. Si traccia in questa maniera, particolarmente nei restauri di Carlo Ceschi, il solco di una prassi più cauta ed attenta all’individualità della fabbrica, tesa a concepire l’intervento secondo il cosiddetto metodo del “caso per caso”.

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Trani, cattedrale, dettaglio del prospetto posteriore, foto di Anita Guarnieri 2007

Nell’insieme, il notevole ed originale contributo di Pietre di Puglia sta forse nell’implicito invito che l’autrice formula a studiosi ed operatori del settore: quello di riguardare ai monumenti della regione come ad organismi più complessi di quanto appaiono, che nel corso della loro storia hanno visto di volta in volta intervenire sulle loro pietre figure legate a culture conservative diverse e spesso contrapposte, che ne hanno segnato in maniera indissolubile l’immagine e la memoria, ora meno nascosta anche grazie a questa ricerca.

di Aldo Giorgio Pezzi

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13 Marzo 2008

Eventi

LA VIA DELLA PIETRA
Simposio Internazionale

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Un dettaglio della porta di Lodrino. (foto: Stefano Zerbi)
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LA VIA DELLA PIETRA
VENERDI’ 14 MARZO 2008

Biasca, Cantone Ticino, Svizzera
Salone Olimpia

Un sogno si avvera
Quasi 150 fa, con l’inizio dei cantieri della Gotthardbahn, si sono insediate le prime attività estrattive a carattere industriale nella nostra regione. L’estrazione della pie- tra veniva già svolta in precedenza, ma si limitava ai bisogni dell’edilizia rurale e abi- tativa locale o regionale. Le realizzazioni ferroviarie che vedevano la Pietra come attore principale hanno quindi dato sviluppo e impresso uno slancio tale a quest’industria permettendole di sopravvivere ed affrontare le sfide del tempo, ultima in ordine cronologico la globalizzazione dei mercati. Da qualche decennio il settore conosce importanti ristrutturazioni. Venute meno le rendite di posizione dei settori pubblici, si è confrontati con la necessità di reinventarsi e trovare nuovi sbocchi. Grazie ad alcuni imprenditori che hanno saputo capire ed interpretare le attuali tendenze di mercato, l’industria della pietra resiste e si sta estendendo. Le richieste di ampliamento delle zone estrattive a Lodrino e a Cresciano ne sono la dimostrazione. Per la nostra regione la pietra ha sempre significato risorsa, lavoro e cultura. Attraverso questa attività si è sviluppato uno spirito imprenditoriale invidiabile; tramite l’immigrazione della mano d’opera abbiamo vissuto una crescita economica e sociale unica. Tre anni fa la Comunità della Riviera ha voluto riconoscere l’importante ruolo di quest’attività. E’ iniziato un progetto globale nell’intento di creare un marchio, promuovere il prodotto PIETRA sostenendo l’industria locale, creare un museo territoriale e un’opportunità turistica regionale presentando attraverso il denominatore comune Pietra tutte le nostre peculiarità. La Via della Pietra, questo il titolo, è tutto questo. Nato sulla base di un mio progetto iniziale, ha conosciuto tramite l’interesse ed il lavoro della facoltà di architettura della EPFL uno sviluppo impensato e ci troviamo oggi addirittura a gestire questo simposio a livello internazionale. Il progetto si articola in 5 componenti principali: il percorso, lo stabile prototipo, gli elementi, il Simposio e gli eventi. Siamo convinti che la sopravvivenza ed il futuro di questo settore dipendano oggi in modo determinante dall’appoggio del mondo accademico in termini di idee, di ricerca, innovazione e promozione. La Pietra, al contrario di altri materiali di costruzione (acciaio, calcestruzzo, legno, vetro ecc.) non gode di sufficiente attenzione da parte della ricerca. Inesorabilmente il suo ruolo, nel mondo della costruzione, da protagonista è diventato sempre più marginale riducendosi ad applicazioni di ‘comparsa’ di tipo decorativo o di rivestimento. Auspichiamo che questo Simposio sia l’inizio di una stretta collaborazione tra mondo del lavoro e mondo accademico, che generi il necessario valore aggiunto per reggere le sfide del futuro.
Questo è il nostro sogno.

Massimo Ferrari
ideatore della Via della Pietra

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12 Marzo 2008

Eventi

VERSO LA PROGETTAZIONE STEREOTOMICA

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Giuseppe Fallacara, Rendering per VEMA, Venezia, 2006
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VERSO LA PROGETTAZIONE STEREOTOMICA
Lecture di GIUSEPPE FALLACARA | Università di Bari

13 MARZO 2008 ORE 11 AULA A4
IN COLLABORAZIONE CON VERONAFIERE MARMOMACC
CORSO DI COSTRUZIONI IN PIETRA A.A. 2007/2008
PROF. ALFONSO ACOCELLA PROF. VINCENZO PAVAN

Parlare di progettazione stereotomica significa assumere un paradigma teorico/pratico di riferimento atto alla realizzazione di architetture concepite secondo l’utilizzo di sistemi e/o elementi architettonici voltati resistenti per forma costituiti da unità discrete e giuntate a secco. Tale paradigma è ascrivibile alle tecniche tradizionali del costruire, specificamente in pietra e legno, ove il concetto del legamento delle parti costituenti la fabbrica rappresenta la cifra distintiva del carattere e dell’espressività architettonica.
La stereotomia oggi è purtroppo assente sia dalla pratica costruttiva sia dagli insegnamenti scolastici, risultando solo l’oggetto di parziali e isolate ricerche nell’alveo della storia della costruzione.
L’intervento si focalizzerà sulla possibilità di riannodare il filo tagliato delle ricerche sulla costruzione in pietra da taglio ricalcando le trame smagliate della cultura stereotomica al fine di riconsegnare la spinta creativa, in essa congenita, alla progettazione architettonica contemporanea.
Le argomentazioni marcheranno l’assoluta vitalità della lezione stereotomica proiettata, forse, in un nuovo avvenire.

Giuseppe Fallacara
Allievo di Claudio D’Amato Guerrieri, conduce attività di ricerca, in qualità di Ricercatore Universitario di Progettazione architettonica nella Facoltà di Architettura del Politecnico
di Bari, documentata da numerose pubblicazioni sul ruolo della stereotomia nella costruzione architettonica. È docente, presso la stessa Università, del corso di Composizione elettronica della progettazione architettonica 1/A, e tutore dei Laboratori di laurea relativi alla progettazione in pietra.
Espone alla 40° MARMOMACC, Mostra internazionale di marmi pietre e tecnologie, VERONAFIERE 2005 – Sezione “Marmo Arte Cultura” – il progetto/prototipo de l’escalier Ridolfi nella mostra L’Arte della Stereotomia. I Compagnons du Devoir e le meraviglie della costruzione in pietra a cura di Claudio D’Amato Guerrieri e Giuseppe Fallacara.
Espone alla 10° Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia 2006: sia nella sezione Architetture Stereotomiche all’interno della mostra di “Città di Pietra”, curata da Claudio D’Amato Guerrieri, sia per VEMA, la città nuova, Italia-y-2026, allestimento del Padiglione Italiano curato da Franco Purini.
E’ autore di:
– Claudio D’Amato Guerrieri, Giuseppe Fallacara, L’Arte della Stereotomia. I Compagnons du Devoir e le meraviglie della costruzione in pietra, Librairie du Compagnonagge, Parigi, 2005.
– C. D’Amato, G. Fallacara, Costruire con la pietra oggi, in Città di Pietra, Pietre di Puglia. Costruire in pietra portante, catalogo della 10. Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia, a cura di Claudio D’Amato Guerrieri, pp. 32-48, Marsilio, Venezia, Ottobre 2006.
– Giuseppe Fallacara, Verso una progettazione stereotomica. Nozioni di stereotomia, stereotomia digitale e trasformazioni topologiche: ragionamenti intorno alla costruzione della forma, Arcane Editrice, Roma, 2007.

Programma del Corso
Lectures
Brand Partners
Atelier di progettazione

In collaborazione con
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11 Marzo 2008

Eventi

LA PIETRA ARMATA.
Renzo Piano building workshop

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Renzo Piano, Nuova aula liturgica S. Padre Pio, San Giovanni Rotondo, Foggia, 2004
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LA PIETRA ARMATA.
RENZO PIANO BUILDING WORKSHOP

Lecture di MAURIZIO MILAN | Studio Favero & Milan Ingegneria
12 MARZO 2008 ORE 15 AULA A4
IN COLLABORAZIONE CON VERONAFIERE MARMOMACC
CORSO DI COSTRUZIONI IN PIETRA A.A. 2007/2008
PROF. ALFONSO ACOCELLA PROF. VINCENZO PAVAN

L’ idea che un immenso fossile emerga dalle formazioni carsiche di San Giovanni Rotondo, inspira l’ architetto Renzo Piano a pensare uno scheletro in pietra per realizzare la struttura della Basilica dedicata a San Padre Pio.
Le dimensioni, le caratteristiche sismiche della zona, i fattori di sicurezza di un edificio ad uso pubblico con elevato affollamento connaturate all’ impiego non convenzionale del più antico materiale da costruzione impongono scelte progettuali e costruttive che prevedono l’applicazione della tecnologia della precompressione e l’ introduzione di fattori di duttilità in un materiale fragile, la pietra, che assolutamente non lo è.
La disponibilità di un’ ottima cava con importanti stratificazioni calcaree di elevata qualità, la precisione nelle lavorazioni dei componenti, l’ assemblaggio organizzato da abili e maestranze, ha permesso di portare a termine quest’ opera, assolutamente unica nel suo genere.

Maurizio Milan
Socio Fondatore, Amministratore Delegato e Direttore Tecnico di Favero & Milan Ingegneria S.r.l.
Si laurea in Ingegneria Civile Edile indirizzo strutture presso l’Università di Padova nel 1977.
In Favero & Milan Ingegneria si occupa in modo particolare della progettazione strutturale.
E’ una specializzazione particolarmente evoluta in Favero & Milan Ingegneria, che da sempre cura con attenzione la formazione dei giovani ingegneri strutturisti e del personale di staff indirizzandoli alla ricerca di tecniche costruttive sempre più raffinate sia con i materiali tradizionali come calcestruzzo, acciaio, legno e pietra, sia con i materiali non convenzionali come compositi, polimeri, teli e membrane, vetro, acciai speciali, leghe metalliche, fibre naturali, ecc.
Collabora con riviste tecniche e di architettura. Dal 2005 è membro del Consiglio direttivo OICE – Associazione delle organizzazioni di ingegneria, di architettura e di consulenza tecnico-economica, volta a promuovere in Italia e all’Estero la “cultura dell’ingegneria”.
È strutturista italiano “di fiducia” di numerosi architetti italiani e stranieri, tra cui: Renzo Piano, ODB Ottavio di Blasi, Herzog & De Meuron, gmp Hamburg, Mario Cucinella, Norman Foster, Michele De Lucchi. Nel campo della progettazione strutturale in trent’anni d’attività ha ottenuto notevoli risultati; si ricorda la realizzazione della struttura della Nuova Aula Liturgica S. Padre Pio a S. Giovanni Rotondo in provincia di Foggia.
Docente presso la Scuola di Specializzazione Pesenti, Politecnico di Milano, Master di Ingegneria Strutturale.
Inoltre ricopre il ruolo di docente presso l’Istituto Universitario Architettura di Venezia (IUAV).

www.favero-milan.com

Programma del Corso
Lectures
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11 Marzo 2008

Eventi

Rinascita della pietra strutturale

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Gilles Perraudin, Azienda Vinicola a Vauvert, Francia
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RINASCITA DELLA PIETRA STRUTTURALE
Lecture di Vincenzo Pavan | Università di Ferrara

13 MARZO 2008 ORE 14 AULA A4
IN COLLABORAZIONE CON VERONAFIERE MARMOMACC
CORSO DI COSTRUZIONI IN PIETRA A.A. 2007/2008
PROF. ALFONSO ACOCELLA PROF. VINCENZO PAVAN

Dalla pietra massiva alla pietra strutturale, l’architettura contemporanea – procedendo quasi in un percorso a ritroso – ha riscoperto le virtù costruttive della gravità. Costruire oggi “pietra su pietra” non costituisce un ritorno al passato ma il riconoscimento della razionalità dell’archetipo da cui questo gesto proviene, e quindi una disciplina del costruire vicina alle aspirazioni odierne di sostenibilità e compatibilità ambientale.
Ma proprio il rigore compositivo imposto dalla costruzione massiva ha favorito la nascita di nuovi linguaggi litici di straordinaria qualità espressiva magistralmente rappresentati nelle opere di Perraudin, Zumthor, Souto de Moura, Torrecillas e García Abril.

Programma del Corso
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11 Marzo 2008

Principale

Due nuovi portali dedicati al Laterizio

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Sono online due nuovi siti dedicati alle coperture ed alle facciate in laterizio creati per rispondere alla crescente esigenza di ricevere informazioni riguardanti l’impiego di soluzioni costruttive energeticamente efficienti, durevoli e sostenibili, oltre che per agevolare gli “addetti ai lavori” nella risoluzione di problematiche costruttive ed estetiche.
I due portali sono di facile navigazione ed hanno una grafica analoga, composta da diversi menu all’interno dei quali è possibile consultare e scaricare documenti descrittivi, sia sugli aspetti tecnici (progettuali e di realizzazione), sia relativi ad articoli, opinioni autorevoli ed immagini suggestive.
L’accesso è libero e consente di visualizzare l’elenco dei produttori, leggere schede dettagliate sulla normativa vigente (inerente a progettazione strutturale, protezione dal fuoco, acustica, termica e marcatura CE), oltre che esaminare le caratteristiche prestazionali del materiale, arricchite da note esaustive sulla flessibilità di impiego rispettivamente delle coperture e delle facciate in laterizio.
Per gli utenti registrati (tramite la semplice immissione di e-mail e password), sarà possibile accedere gratuitamente ad aree riservate in cui vengono presentate indicazioni pratiche e schemi di riferimento concernenti la progettazione e i particolari costruttivi.
All’interno dei siti, inoltre, vengono esaminate le fasi della posa in opera di tegole e coppi e di mattoni faccia a vista: nel primo caso, si spazia dagli elementi di supporto alle soluzioni di continuità; nel secondo caso, sono illustrate le fasi relative alla preparazione del cantiere fino alla realizzazione vera e propria, considerando gli errori da evitare, i possibili difetti e le patologie conseguenti.
L’eccezionale resistenza agli agenti atmosferici e la spiccata durabilità del laterizio ne fanno la scelta di finitura esterna per eccellenza che connota parte di una cultura dell’abitare radicata nel nostro Paese a garanzia di efficienza, comfort, bellezza, resistenza e riparo. Per questo, sono numerosi gli architetti di fama internazionale che si sono cimentati con questo materiale. Basti citare per tutti Mario Botta, Toraldo Di Francia, Eladio Dieste, Massimo Carmassi, Adolfo Natalini e molti altri ancora.
Ulteriori informazioni di tipo tecnico/operativo sono contenute all’interno della voce del menu riservata alle realizzazioni, in cui si possono visualizzare progetti, studiare dettagli tecnologici e consultare un supporto manualistico.
Ad ulteriore sostegno, un motore di ricerca è collegato ad un archivio informatico contenente diversi documenti, con la possibilità di selezionare argomenti o articoli tramite l’immissione di parole chiave. Infine, per soddisfare quesiti ricorrenti, è stata creata una pagina riservata alle FAQ (Frequently Asked Questions).

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Vai a Coperture in Laterizio
Vai a Laterizio Faccia a Vista

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10 Marzo 2008

Principale

Aperitivi di Architettura

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Aperitivi i Architettura
Giovedì 13 marzo 2008 h. 19.00

Via degli Artisti, 18/R – Firenze

Vai al sito Artisti18

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10 Marzo 2008

Citazioni

Essere fiume 1981-1995

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Essere fiume 1981-1995
“I due perfetti, totalità d’immagine, il fluido ed il solido nel lento fluire delle acque, producono scultura. La natura di un corso d’acqua, di un fiume è tale che non si può considerarla al di fuori del suo letto perchè nello scorrere ne è condizionata, caratterizzata e trae da lui molte delle sue qualità, ma a sua volta condiziona, caratterizza, configura il contenitore con la rabbia delle piene, con la quiete delle secche, con la continuità del fluire.
Ai denti puliti freschi levigati e duri della sorgente e del primo tratto di corso con violenza lambiti dalle labbra dell’acqua che invece meglio si sposano ai massi nel sordo ovattato strusciare dello stomachico letto di medio corso, sopraggiungono i tortuosi meandri il pigro sonnolento fluire intestinale dell’ultimo tratto con pietre sempre più rade, rotonde e smussate, fino a raggiungere la ghiaia, la sabbia, la fertilissima melma della sua foce.
Il fiume è dotato di una agilità meravigliosa, il suo scorrere è continuo insistente metodico tattile ed eterno.
La massa dell’acqua ci dice che scorre, fluisce, scivola ma è vero solo allo sguardo, per il terreno che tocca lo stato del fiume è ruvido, secco, scabro, difficile, duro, nervoso, lo contrae, lo urta, lo scortica.
L’urtarsi dei massi nelle piene, il continuo strusciare della sabbia sospesa, il continuo movimento delle acque sul fondale imprime il lentissimo muoversi delle grosse pietre, il lento spostarsi dei massi di media grandezza, il più veloce scorrere del pietrisco, il rapido fluire della sottile sabbia, vero fiume nel fiume. Il fiume trasporta la montagna è il veicolo della montagna. I colpi, gli urti, le violente mutilazioni prodotte dal fiume sulle pietre più grandi con l’urto dei massi più piccoli, l’insinuarsi dell’acqua nelle sottili congiunzioni, nelle crepe, staccano delle parti di roccia e sbozzano quella forma che con un continuo lavoro di piccoli e grandi colpi, leggeri passaggi di sabbia, taglienti cozzi, lento strisciare di grandi pressioni, sordi scontri, s’\ va lentamente formando e scoprendo perchè lo scopo del fiume è di rivelare l’essenza, la qualità più pura più segreta, la maggiore compattezza di ogni singola parte di pietra, forma che preesiste, è presente in tutte le pietre, ed è la qualità di ogni singola pietra.
Il fiume rivela la materia e la forma destinata a durare ed avvicina la pietra al suo stato di quiete. In lui tutte le parti prodotte minuscole o gigantesche aspirano alla stessa qualità, ubbidiscono alla stessa volontà di contenuto e forma, volontà tesa all’assoluto.
La pietra che era viva e partecipe alla grande vita del monte, al variare della sua materia, della sua struttura, staccata da esso diventa elemento morto sospeso nel tempo in attesa della sua perfezione. Il fiume con il suo lavoro è in grado di sveltire il tempo della pietra avvicinandola più rapidamente al suo stato di quiete.
Non è possibile pensare o lavorare la pietra in modo diverso dal fiume. I colpi di punta, l’unghietta, il gradino, lo scalpello, le pietre abrasive, la carta vetrata, sono tutti strumenti del fiume.
Estrarre una pietra scolpita dal fiume, andare a ritroso nel corso del fiume, scoprire il punto del monte da dove la pietra è venuta, estrarre un nuovo blocco di pietra dal monte, ripetere esattamente la pietra estratta dal fiume nel nuovo blocco
di pietra è essere fiume; produrre una pietra di pietra è scultura perfetta, rientra nella natura, è patrimonio cosmico, creazione pura, la naturalità della buona scultura la assume a valore cosmico.
È l’essere fiume la vera scultura di pietra”. 1980

La citazione è contenuta in Giuseppe Penone, “Sculture di linfa”, Milano, Electa, 2007, pp. 231

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7 Marzo 2008

Opere di Architettura

Riqualificazione urbana a Concordia Sagittaria (Ve)
Francesco Steccanella

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L’accostamento del nuovo lastricato e dei reperti antichi

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Non meno dei centri urbani più notevoli, frequentemente le cittadine italiane della cosiddetta provincia presentano un portato storico di primario interresse e, parallelamente, paritaria volontà di preservarne memoria. Ne è l’esempio Concordia Sagittaria, cittadina del primo entroterra veneto lungo i collegamenti tra Venezia e Trieste. Essa documenta la propria presenza sul territorio già dal decimo secolo prima di Cristo, particolarmente riferendoci all’insediamento romano con fondazione risalente al 42 a.C. Qui, in differenti aree di scavo, sono emersi un sepolcreto militare, un ponte, il decumano massimo, pozzi d’epoca imperiale, tracce del teatro e del foro con rinvenimento di vari apparati artistici.
Recentemente la cittadina ha valutato la possibilità, in due riprese, di riqualificare due spazi pubblici prossimi al centro cittadino. Lo ha fatto con intento di continuità ed unitarietà all’interno del proprio territorio, affidandosi ad unico progettista. Con l’occasione pavimentale di un brano di città dunque, l’idea suggerita da Francesco Steccanella è stata, a ridosso del centro particolarmente, di calibrare le scelte ad una sorta d’opera scultorea orizzontale, supportata appunto dalla preziosa presenza di resti e lacerti d’antico. Divengono essi stessi stimolo creativo per il disegno di un sistema di spazi pubblici in cui, già definite le due dimensioni geometriche di base e data la quarta di attraversamento nel tempo, la terza dimensione d’altezza gioca ruolo fondamentale. S’eleva l’antico su piedistalli e si correda lo spazio con emergenze d’arredo di ricercata polimatericità, abbinando al colombino il legno, la ghiaia, i metalli ossidati. Alla regia fra materiali differenti pure si unisce l’intento vicendevolmente evocativo: è il caso della geometria stretta ed allungata degli elementi litici ricondotti alla dimensione delle doghe lignee delle imbarcazioni e dei pontili cui la cittadina in prossimità di golfo alto-adriatico è legata. Il tracciato monumentale divide gerarchicamente le percorrenze di via Roma. Queste si specificano in lastre a correre di diversa pezzatura, assemblate con giunto generoso in malta chiara. La combinazione di pietra serena e colombino aggiunge gradi di difficoltà alla regia di progetto; la finitura fiammata d’entrambe allinea i materiali di nuova posa al senso di scorrimento del tempo proprio dei materiali di scavo.
La luce artificiale infine, sobria presenza nelle ore diurne, concorre alla versione scenografica notturna del camminamento con inserimenti previsti nei podii e nelle sedute litiche come in punti predeterminati del disegno pavimentale. Tutti i materiali lapidei sono forniti da Il Casone.

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Un dettaglio di compluvio all’interno del disegno pavimentale

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Piazza Giacomo Matteotti si trova a pochi passi dagli spazi ampi di via Roma: superato l’unico ponte, gli spazi risultano davvero estesi per la sola viabilità carrabile. La loro sistemazione a progetto prevede parte a parco e parte a fascia pedonale con arredi per la sosta o la passeggiata. Francesco Steccanella come si diceva coglie l’occasione per dare coerenza stilistica a due brani di città divisi solo dall’acqua, estendendo qui alcune tra le soluzioni già adottate a ridosso di piazza e chiesa principale. Si ritrovano specialmente le combinazioni di materiali fra lapidei e metalli, come pure le soluzioni a disegno per la raccolta delle acque piovane a terra.
I temi invece nuovi sono quelli della vasca con acqua a cascata e del parcheggio a ridosso del camminamento. In entrambi, i materiali protagonisti sono pietra serena, colombino ed acciaio cor-ten, secondo un connubio tonale felice per via delle contenute vene ferrose delle arenarie: esse infatti ben orientano il grigio di base delle lastre litiche ai colori ruggine dell’acciaio.
Lungo il tratto pedonale e la sua estensione a parcheggio per autoveicoli le lastre simulano quasi un ammattonato dalle proporzioni molto allungate, posate qui con giunto cementizio generoso. Il cor-ten in bolli rotondi s’introduce con inserti regolari nella maglia a terra, segnando il confine fra sosta e movimento, come pure gli stalli del parcheggio.
Come già la presenza delle testimonianze d’epoca romana in via Roma, il recupero dell’acqua ad elemento monumentale di progetto corrisponde forse alla volontà di citare una risorsa caratteristica del luogo, con riferimento al vicino corso d’acqua sulle cui due sponde si distende Concordia. Il gioco d’acqua d’arredo si compone d’una parete solida sormontata e rivestita su di un lato d’acciaio cor-ten, per lasciare scoperta l’anima litica sull’altro affaccio, quello della caduta verticale dell’acqua alla vasca a raso del calpestio con fondo di ciottoli. La parete bassa è a tutti gli effetti un muro di mattoncini lapidei mostranti al passante faccia martellinata in modo caratteristico. L’irregolarità della superficie concorre per chiaroscuri alla vibrazione non solo sonora ma visiva dell’acqua. Qui particolarmente le polveri rugginose tipiche del cor-ten depositate nella caduta sulle arenarie di vena bruna, si mescolano in modo inscindibile in unica cromia d’insieme.

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Il dorso lapideo della vasca d’acqua

di Alberto Ferraresi

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