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20 Gennaio 2016

Design litico

PHILIPPE NIGRO
Nuove intersezioni litiche


Dettaglio di una seduta in pietra disegnata da Philippe Nigro per Casati Gallery, 2015 (materiali e lavorazioni Pibamarmi)

Il design del mobile di Philippe Nigro è caratterizzato da composizioni scultoree di forme ruotate, intersecate e parzialmente fuse, in un gioco plastico dove le variazioni materiche o cromatiche sottolineano i processi di compenetrazione dei piani o dei volumi.
Tale ricerca formale, sviluppata nei primi anni Duemila a partire dal tema dell’imbottito, approda nel 2010 a Saturnia, collezione in pietra per il bagno ideata per Pibamarmi, e continua oggi ad esplorare il mondo litico con una raffinata edizione di arredi concepiti per la Casati Gallery di Chicago.


Philippe Nigro, schizzi di sedute in pietra per Casati Gallery, 2015


Sedute in pietra disegnate da Philippe Nigro per Casati Gallery, 2015 (materiali e lavorazioni Pibamarmi)

In quest’ultimo caso il designer francese ha progettato due sedute e un tavolo nei quali, oltre alla più diretta metafora dell’imbottito, sono ravvisabili ulteriori stimolanti assonanze morfologiche e compositive, da quella dei fenomeni erosivi dei ciottoli a quella delle disposizioni organiche delle piante lithops, le cosiddette “pietre viventi” dell’africa meridionale.
Le panche sono interamente costituite da monoliti di Grigio Portaluppi, Pietra Gray, Nero Marquinia e Pietra Lavica. Il tavolo ha un ripiano composto da elementi lapidei di Bronze Gray, Grigio di Tunisi ed Ebano, sostenuti da gambe metalliche.


Tavolo basso in pietra disegnato da Philippe Nigro per Casati Gallery, 2015 (materiali e lavorazioni Pibamarmi)

Le pietre sono accuratamente modellate in forma di corpi smussati con finiture superficiali rullate o patinate a richiamare le consistenze tessili del velluto o della seta. Le forniture dei materiali e le lavorazioni sono di Pibamarmi.
Gli arredi sono pezzi esclusivi della Casati Gallery di Chicago, la galleria di Ugo Casati che dal 2003 propone al pubblico americano una selezione di opere d’arte e di oggetti di design italiani realizzati dal secondo dopoguerra ad oggi.

di Davide Turrini

BIOGRAFIA PHILIPPE NIGRO
Nato a Nizza, ha studiato arti applicate e product design a Lione e a Parigi. La sua attività si divide tra Italia e Francia.
Dal 1999 al 2012 collabora con Michele De Lucchi, sviluppando progetti di design di prodotto, mobili ed interni per Olivetti, Siemens, Poltrona Frau, Artemide, Danese e Poste Italiane. Dal 2005 alcuni suoi progetti sperimentali sono sostenuti dal VIA Francese (Valorizzazione dell’Innovazione nel mobile); prodotti nati in questo contesto, come il divano Confluences e le sedie Twin-Chairs per Ligne Roset, entrano nelle collezioni del Musée des Arts Décoratifs e del Centre Pompidou di Parigi.
Firma creazioni per De Castelli, Felicerossi, Pibamarmi, Serralunga e Skitsch. Tra il 2012 e il 2014 disegna la lampada Nuage per Foscarini, il divano Pilotis per De Padova, le lampade Clochette e Céleste per Baccarat e, per Hermès, la collezione “Les Nécessaires d’Hermès”.

Vai a:
Casati Gallery
Pibamarmi

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18 Gennaio 2016

News

Casa Futura Pietra a Palazzo Tupputi, Bisceglie

OPENING
Venerdì 22 gennaio 2016, ore 16.00
Palazzo Tupputi, Bisceglie

Venerdì 22 gennaio, alle ore 16.00, il rinascimentale Palazzo Tupputi a Bisceglie, dopo un attento restauro finanziato dal Bando Musei della Regione Puglia, sarà restituito nella sua interezza alla città, in occasione dell’inaugurazione dell’ultima tappa di CASA FUTURA PIETRA, decima edizione di INTRAMOENIA EXTRA ART, progetto promosso dalla Regione Puglia e sostenuto dal Comune di Bisceglie, con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia della Puglia.
Ad accompagnare il pubblico saranno Francesco Spina, Sindaco della Città di Bisceglie, Loredana Capone, Assessore all’Industria Turistica e Culturale della Regione Puglia, i curatori e gli artisti.

Il progetto CASA FUTURA PIETRA, prodotto da Eclettica_Cultura dell’Arte, e ideato dall’architetto Tommaso Martimucci in collaborazione con Giusy Caroppo, curatrice di INTRAMOENIA EXTRA ART, raccogliendo il testimone di WATERSHED, nel quale faceva da fil rouge il tema dell’acqua, intende indagare le sollecitazioni di un materiale – la Pietra – generato in mare, figlio di quella stessa acqua che facilmente gli scivola addosso: gran parte del territorio pugliese è, infatti, costituito da un banco di pietra emersa, una pietra calcarea sedimentatasi nei fondali marini nel corso di migliaia di secoli.
Obiettivo del progetto in corso, assaggio di un prossimo sviluppo nell’edizione 2016/17, è quello di illustrare come il materiale Pietra sia la chiave di lettura dei territori, dal mare all’entroterra; un materiale che ha influenzato per secoli le comunità e che ancora può essere al centro della costruzione della città futura.
Il metodo è quello di evidenziare alcuni luoghi nonché caratteristiche tipiche e percepite del territorio pugliese e non solo, dalla morfologia del sottosuolo fino ai centri urbani, e intepretarli da un punto di vista sonoro, cromatico, scultoreo, architettonico, antropologico, urbanistico, sociale; esplorare i luoghi tipici della pietra, vivendoli e facendovi echeggiare note riflesse dalla pietra stessa, esaltandone le caratteristiche morfologiche e simboliche.
La mostra a Palazzo Tupputi è il viaggio conclusivo di questo primo percorso, raccontato con opere storiche e progetti di produzione, realizzati in luoghi di suggestione, spazi urbani del presente e in aree di interesse archeologico risalenti alla preistorica, quali il Dolmen di Bisceglie e la Valle dei Dinosauri di Altamura, per la prima volta in dialogo con interventi contemporanei.
CASA FUTURA PIETRA è una mostra che esalta la versatilità di Palazzo Tupputi, sviluppandosi tra piano terra e piano nobile, in coerenza con la mission connaturata a INTRAMOENIA EXTRA ART, modello di “museo temporaneo diffuso”.
Una scelta non casuale, pertanto, quella di Palazzo Tupputi sia per la connotazione della struttura esterna dell’edificio, rivestita da un raffinato bugnato in pietra a punta di diamante, sia per la valenza di “memoria storica”, in quanto fu sede carbonara durante i moti liberali del Risorgimento: qui si svolse il 5 luglio del 1820 la Dieta delle Puglie.

Scarica l’invito

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11 Gennaio 2016

Opere di Architettura

Druk White Lotus School
Ladakh, India, 2001/2013
Arup Associates

La Druk White Lotus School, realizzata da Arup Associates a Ladakh, è interamente concepita come un progetto sostenibile: dal punto di vista architettonico e tecnologico, da quello costruttivo e funzionale, fino a quello sociale, strettamente legato al ruolo culturale della scuola.


Veduta del sito, dominato dalla catena dell’Himalaya

L’altipiano desertico dove sorge l’edificio è infatti caratterizzato da situazioni climatiche estreme (dai -30° C invernali agli oltre 40° C estivi), dove le piogge sono scarse per gran parte dell’anno. Allo stesso tempo Ladakh non solo è caratterizzata da un paesaggio dominato dalla catena dell’Himalaya, ma è una delle ultime regioni montuose in cui è praticato lo stile di vita buddista, che ha assegnato un ruolo centrale al monastero nell’organizzazione della società e degli stessi centri abitati. Per questo motivo il masterplan ha seguito l’impostazione tradizionale dei nuclei abitati della regione. Il progetto è suddiviso in quattro parti principali: la prima è costituita dall’ingresso del sito, dal centro visitatori e dalla fermata del bus, e consente l’accesso alla seconda, quella delle aree di insegnamento. La terza è costituita dal sistema residenziale, organizzato lungo un asse centrale e che si prevede possa espandersi verso nord. La quarta parte si trova a parte a fianco di un binario di servizio a ovest, ed è costituita dalle infrastrutture per l’acqua e l’energia oltre che dagli impianti sportivi.


Ingresso alla biblioteca e Muratura in granito di uno degli edifici del complesso

Il disegno che regola gli edifici scolastici è basato sulla tradizionale griglia di nove quadrati del mandala, una figura simbolica di particolare rilievo nella filosofia buddista, circondati da una serie di cerchi concentrici, formata da bassi muri, chiamati stupa, e salici. Al centro del mandala, l’edificio circolare della biblioteca costituisce il centro del complesso e offre sia un tempio a cielo aperto, sia uno spazio comunitario. Il progetto sfrutta al massimo l’orientamento e gli edifici sono disposti secondo le diverse funzioni: il mandala è orientato di 30° verso sud-est in modo che i tutti gli edifici possano sfruttare il sole mattutino, che a queste quote è notevole anche in inverno. Gli edifici scolastici sono costituiti da una serie di classi e di uffici degli insegnanti, disposti parallelamente attorno ad una corte aperta, che costituisce sia uno spazio di gioco che di insegnamento all’aperto. D’inverno le ampie vetrate servono a captare il calore solare che viene accumulato dai muri, mentre d’estate vengono aperte in modo da sfruttare la ventilazione verticale attraverso delle aperture sul tetto. Anche le residenze sono organizzate in due corpi disposti attorno ad una corte, ma sono orientate lungo l’asse nord-sud in modo che possano sfruttare la radiazione solare in ogni momento.
La corte è utilizzata sia come spazio all’aperto sia come luogo per la coltura di orti, pratica che fa parte integrante del programma di insegnamento.


Cortile della scuola

Un aspetto molto importante della sostenibilità è dato dai materiali con cui è stata costruita. La Druk White Lotus School non solo smentisce l’immagine stereotipata che associa l’architettura sostenibile e il risparmio delle risorse alla leggerezza dell’involucro, ma fa ritrovare alla pietra un ruolo importante all’interno della sostenibilità.
La pietra naturale difficilmente è stata associata a questo ambito, sia perché materiale non rinnovabile sia perché lontana dall’immagine di leggerezza. In questo caso invece il granito locale di Ladakh è stato fondamentale nel raggiungimento degli obbiettivi del progetto in termini di sostenibilità. La scelta di usare materiali locali, invece dell’acciaio e del cemento armato, ha risposto anch’essa all’obbiettivo di realizzare una costruzione durabile: i materiali importati avrebbero infatti mostrato un deterioramento più rapido, dovuto alle condizioni climatiche estreme, motivo per cui il loro impiego è stato ridotto il più possibile.


Vedute di un modulo didattico.

Il granito di Ladakh è reperibile sul posto, quindi la sua posa in opera è stata a zero emissioni di CO2, inoltre molti dei blocchi sono stati trovati direttamente sul posto, senza richiedere l’apertura di cave. La scelta di questa qualità di pietra ha risposto anche a delle esigenze di durabilità, quasi nel senso letterale del termine. Nel corso dell’alluvione del 2010 infatti, mentre le abitazioni in terra cruda sono state spazzate via, i muri in pietra della scuola hanno retto alla frana, offrendo un sicuro riparo ai suoi allievi e alle famiglie. Le possenti murature in pietra sono state poste in opera da artigiani locali secondo quelle stesse tecniche tradizionali con cui sono stati costruiti gli antichi monasteri della regione e realizzate in blocchi di granito irregolari legati con malta cementizia, di spessore di 45 cm. Ad essi è stata affiancata una parete di mattoni in terra cruda, separata da un’intercapedine di 10 cm. Le fondazioni sono in pietra e hanno larghezza e profondità di un metro. Le pareti interne sono invece in malta e terra cruda. L’edificio della scuola ha pareti spesse 70 cm per il primo piano che si rastremano per i successivi due. Le scatole murarie sono chiuse all’ultimo piano da un cordolo in cemento armato, e con lo stesso materiale sono state realizzati gli architravi delle aperture. Le strutture verticali sono indipendenti, mentre i solai interni in legno fungono comunque da controventi, migliorando in questo modo la resistenza sismica degli edifici.


Particolari delle latrine con sistema di ventilazione e smaltimento “ventilated improved pit” (VIP)

Da un punto di vista impiantistico le murature in pietra sono dei “muri di Trombe”. Questa tipologia costruttiva consiste in un muro passivo, posizionato sul lato sud dell’edificio e realizzato con un materiale ad alta inerzia termica. Il modello originale è stato in questo caso integrato con le tradizioni costruttive locali, dimostrandosi una valida alternativa alla combustione del letame utilizzata come principale fonte di produzione del calore. A Ladakh, che ha una media di 320 giorni di sole all’anno, l’ibridazione con i metodi costruttivi tradizionali in pietra e terra cruda, ha reso possibile la costruzione di muri massivi necessari per l’accumulo di calore nel “muro di Trombe”. La pietra è stata impiegata anche per i gradini, i muretti, i sedili e le fioriere, che articolano gli spazi e con la loro ridotta altezza creano un rapporto dimensionale adatto ai bambini.
Nella costruzione muraria a vista della Druk White Lotus School, realizzata da artigiani e lapicidi nepalesi, non c’è solo una celebrazione della loro precisione e capacità, ma è anche una inequivocabile affermazione di come la sostenibilità possa essere un punto di incontro tra la tradizione e l’innovazione.

A. B.


Esploso assonometrico della biblioteca

Scheda tecnica
Titolo dell’opera: Druk White Lotus School
Indirizzo: PO Box 91, Shey, Ley Ladakh, Jammu and Kashmir, 194101, India
Data di progettazione: 1996-1999
Data di realizzazione: 1999-2013
Committente: Phil Cornwell, Drukpa Trust
Progettazione: Arup Associates
Project team: Rory McGowan, Mike Beaven (Project director), Sean Macintosh (Project manager)
Collaboratori: Fase attuale Project Team: Rob Baldock, Jake Armatige, Richard Boyd, Nicola Perandin, Dimitris Argyros, Richard Hughes, Francesca Galeazzi, Marcus Weyler, Leslie Dep, Anokhee Shah, Suria Ismail
Prima fase Project Team: Jonathan Rose, Duncan Woodburn, Jim Fleming, Caroline Sohie, Roland Reinardy, Ian Hazard, Omar Diallo, Martin Self, Masato Minami, James Devine, Dorothee Richter
Direzione lavori: Mr Sonam Angdus, The Druk Pema Karpo Education Society (DPKES), India
Strutture: Arup & Arup Associates, Londra, UK
Materiali lapidei utilizzati: Ladakhi Tonolite “Karakoram Granodirorite”
Fornitura e istallazione pietre: Mr Sonam Angdus, The Druk Pema Karpo Education Society
(DPKES), India

Per una documentazione completa dell’opera Download PDF

Rieditazione tratta da Re-Load Stone, a cura di Vincenzo Pavan pubblicato da Marmomacc

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21 Dicembre 2015

News

STRUTTURE, ALGORITMI, SPERIMENTAZIONI IN PIETRA E LEGNO

Giornata di Studio su Gusci, Gridshell e Stoneshell
11 Gennaio 2016 – Ore 10:00 – 19:00

Dipartimento DICAR – Politecnico di Bari
Aula Magna Domus Sapientiae

Programma:
MATTINA 10:00 – 13:00_ Mostra

Presentazione delle ricerche progettuali degli studenti del Laboratorio 3c di Progettazione Architettonica
Prof. Giuseppe Fallacara – Tutor: Maurizio Barberio, Micaela Colella

POMERIGGIO 15:00 – 19:00_ Presentazioni
Saluto istituzionale:

Giorgio Rocco – Direttore Dicar, Politecnico di Bari

Introduce:
Claudio D’Amato Guerrieri – Dicar, Politecnico di Bari
Presentazioni:
Sergio Pone – DiArc, Università degli Studi di Napoli “Federico II” / Gridshell.it
Sofia Colabella – DiArc, Università degli Studi di Napoli “Federico II” / Gridshell.it
Alberto Pugnale – Melbourne School of Design, University of Melbourne
Giuseppe Fallacara – Dicar, Politecnico di Bari / New Fundamentals Research Group

Organizzazione:
Dottorandi Maurizio Barberio, Micaela Colella (DR Argonauti. Architettura: Innovazione e Patrimonio).
Per contatti e info: newfundamentals.press@gmail.com

Scarica al locandina

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18 Dicembre 2015

Design litico

Caffé Decumanus
Mimesi 62 – Firenze

Nelle centurie romane il decumano era l’asse viario est-ovest. Unitamente al cardo suddivideva la nuova colonia e ne collegava le porte d’accesso, assumendo ruolo di primaria importanza nel percorrere la città. Il nuovo progetto di Mimesi 62 intende collocarsi all’interno della trama ideale dell’enogastronomia fiorentina con pari grado di importanza.

Come era stato per il ristorante Finisterre, anche per il Decumanus caffè il rapporto con la città risulta determinante. Collocato a metà di via dei Servi, avvolto dalle visuali prospettiche della chiesa di Santa Maria Annunziata e della piazza del Duomo, ripropone al suo interno questa cornice architettonica, facendosi vera e propria scatola scenografica. L’utilizzo di materiali naturali legati alla tradizione, quali il legno e la pietra, permette di fare del progetto vera e propria metafora evocativa della stratificazione urbana della città di Firenze, con l’intento di esaltarne il più antico impianto romano.

Il ritorno alle origini e alla semplicità grezza diventa il leitmotiv dell’intervento, obiettivo raggiunto attraverso parole chiave come riuso. Simboli caratterizzanti sono le grandi lastre in pietra serena che, da banchi di fresa delle cave di Fiorenzuola, si trasformano in rivestimento parietale, o l’originale utilizzo del legno di noce a reinterpretare il concept del bancone, trasformato in un nastro multifunzione avvolgente l’ambiente. Il calpestio in pietra serena levigata stende il piano neutro ideale ai piedi del bancone e dei rivestimenti a parete, facendosi sfondo pittorico per gli accenti d’ombre, per le presenze d’arredo e delle colonne lapidee antiche.

La stessa ammiccante intesa fra materiali è ottenuta negli ambienti di servizio al pubblico, dove la sobrietà degli sfondi esalta le differenti cromie dei complementi. Il caffè, nominato tra i cinque vincitori del Premio Nazionale “Bar e Ristoranti d’Autore”, si impone come delicata citazione all’interno del ricco ed elegante intreccio architettonico e gastronomico fiorentino.

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11 Dicembre 2015

News

Risonanze: il report fotografico

La splendida giornata di sole ha visto lo svolgersi di due performance :
– quella di Filippo Berta espressa da tracce di uomini lasciate sul territorio in particolare su un tappeto rettangolare di brecciato m 20×30;
– quella emblematica espressa dalla musica emanata dallo strumento in pietra dell’artista Vito Maiullari , questo strumento musicale è stato posizionato in un delle cavee della cava in una posizione tale da creare appunto cassa di risonanza del suono di percussioni su le stele in pietra di Apricena suonate dal musicista Luigi Morleo.
La musica emanata da quelle pietre sembrava dar voce a quei 65 milioni di anni che ci separano dal passaggio di quei dinosauri in quel luogo, a quel tempo bagnato dal mare ossia l’autore della pietra calcarea pugliese.

[photogallery]risonanze_album[/photogallery]

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9 Dicembre 2015

Design litico

Piano di Posa collection

Pibamarmi presenta Piano di Posa, una nuova collezione bagno, in marmo e legno di rovere, caratterizzata da forme lineari ed assolute. Disegnata da Vittorio Longheu e ispirata alla pittura di Giorgio Morandi, la serie comprende recipienti litici parallelepipedi, corredati da griglie di appoggio e servi muti in legno che formano un sistema modulare e flessibile, con cui l’utente può dar corpo a molteplici configurazioni formali e funzionali.

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4 Dicembre 2015

News

Intramoenia Extra Art 2015 presenta
CASA FUTURA PIETRA


Risonanze, Vito Maiullari

Procede per step, CASA FUTURA PIETRA, edizione 2015 di INTRAMOENIA EXTRA ART, snodandosi tra i territori di Bisceglie e della Murgia, in cui permangono tracce preistoriche in grotte, cave, dolmen, accanto al paesaggio urbano antropizzato.

Dopo il concerto preistorico di Alvin Curran al Dolmen di Bisceglie, le azioni si spostano nella Cava dei Dinosauri di Altamura in località Pontrelli, (situata sulla strada per Santeramo in Colle – SP 235, a 4 km circa da Altamura), dove, domenica 6 dicembre, il testimone sarà raccolto da due artisti dalla formazione e dai linguaggi differenti: Filippo Berta e Vito Maiullari. L’azione di Filippo Berta si svolgerà alle ore 11.30; a seguire un light brunch. La performance di Vito Maiullari inizierà al calare del sole, intorno alle ore 15.00.
Saranno presenti gli artisti, i curatori, il Sindaco di Altamura Giacinto Forte, la coordinatrice dell’associazione Ars Vivens, Chiara Dambrosio, e Vincenzo Fiore, proprietario della Cava.


La performance di Filippo Berta

Il progetto, curato da Giusy Caroppo in collaborazione con l’architetto Tommaso Martimucci, è prodotto dall’ASSOCIAZIONE ECLETTICA_cultura dell’arte, sostenuto dalla Regione Puglia e dal Comune di Bisceglie in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia della Puglia, il patrocinio del Parco Nazionale dell’Alta Murgia e del Comune di Altamura.

CASA FUTURA
Filippo Berta e Vito Maiullari.
domenica 6 dicembre
Cava dei Dinosauri di Altamura

Località Pontrelli strada per Santeramo in Colle – SP 235, a 4 km circa da Altamura

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30 Novembre 2015

Opere di Architettura

Monastero per monache Cistercensi
Jensen & Skodvin Arkitektkontor
Isola di Tautra, Trondheimsfjord, Norvegia, 2003-2006

Si tratta di un monastero femminile, realizzato per sette monache, cinque americane e due norvegesi, decise a riportare sull’isola la presenza cistercense. Queste, individuato il luogo, diedero l’incarico del progetto allo studio Jensen & Skodvin di Oslo. L’opera, felicemente concepita, è insieme il risultato dell’immaginazione delle monache cistercensi e della capacità degli architetti di misurarsi con obiettivi come identità e spiritualità. L’accesso al nuovo monastero si ha da una strada stretta, con una distesa di terreno agricolo sulla sinistra e un orizzonte di alberi sempreverdi su una linea in salita. Oltre, in tutte le direzioni, è lo spettacolare fiordo Trondheim e in lontananza le montagne.
Il monastero è situato su una altura, con la chiesa al capo nord-est del complesso, come in altri monasteri cistercensi. Così la chiesa è la prima cosa che compare alla vista: una piccola struttura simile a un granaio, rivestita in lastre di ardesia color guscio di tartaruga posate a sovrapporsi. Il tetto a falde in vetro della chiesa costituisce un profilo familiare in questa zona di case rurali e granai. Mentre il timpano della chiesa si presenta in cima alla strada in salita, il resto del monastero compare poi come una modesta facciata a due piani.


Facciata della chiesa

In senso gerarchico non vi è un’entrata principale come tale, ma la porta vicina alla chiesa è la più invitante, anche se solo indicata da una piccola tettoia. La facciata corrisponde al lato est del complesso. Immediatamente dietro vi sono gli uffici e la sala da pranzo degli ospiti, ma oltre si possono intravedere altri tetti a falde, che comunicano esattamente quello che il complesso è: una città in miniatura, con al suo interno luoghi per mangiare, studiare, lavorare e dormire. La pianta della costruzione è un rettangolo compatto, con sette giardini abilmente ricavati all’interno per dare luce e vedute alle celle, anch’esse rivolte all’interno, e consentire la comunicazione attraverso il complesso, pur mantenendo un alto grado di riservatezza.
Le componenti essenziali del monastero ci sono tutte: il chiostro (vetrato in questo caso, per tener fuori gli aggressivi agenti atmosferici norvegesi), lo scriptorium, la sala del capitolo (dove si tengono le riunioni e dove le monache prendono i voti) e il refettorio. Il refettorio è forse l’ambiente più bello: le monache siedono in linea di fronte a una enorme finestra con vista sul fiordo.


Veduta del chiostro

Ancora più audace è stata la decisione di fare una parete di vetro dietro l’altare nella chiesa. E’ sorprendente trovare una cosa del genere in un contesto cistercense, solitamente così attento a evitare le distrazioni. Ma quella che appare è sempre la stessa veduta e il contatto con il paesaggio rimane dunque assolutamente monotono: un’atmosfera di base adatta al carattere del luogo.
Anche la struttura complessa del tetto della chiesa risponde a un desiderio molto semplice: che si formino delle chiazze di luce sulle superfici in legno delle pareti. Ma questa luce non è distribuita e manipolata, è lasciata cadere attraverso un complesso dispositivo geometrico di nervature in legno. Questo legno contribuisce poi anche a quella che sembra essere un’acustica molto speciale nell’elevare a Dio il canto delle monache in preghiera.


Interno della chiesa

Jensen & Skodvin sembrano aver capito che la semplicità ha bisogno di essere espressa eloquentemente, non meramente raggiunta. La loro è una semplicità altamente sofisticata, evocativa delle vaste costruzioni rurali dei dintorni, nella robusta struttura in legno e nel tetto a falde della chiesa. Il tetto in vetro della chiesa rimanda alle molte case vetrate della zona, che risplendono di illuminazione artificiale e blandiscono la vita in piante normalmente aliene al clima freddo.
Il grande successo della costruzione sta nel suo essere moltissimo del luogo, per forma e per scala.
L’opera è un contributo positivo all’architettura sacra contemporanea particolarmente raro, misurandosi con la storia e il simbolismo religioso in una vera sfida.


Sezioni della struttura lignea della chiesa e i giochi di luce

Scheda tecnica
Titolo dell’opera:
Monastero per monache Cistercensi
Indirizzo: Isola di Tautra, Trondheimsfjord, Norvegia
Data di progettazione: 2003-2004
Data di realizzazione: 2004-2006
Committente: Ordine delle monache Cistercensi, Abbazia del Mississippi, USA
Architetti: Jensen & Skodvin Arkitektkontor AS, Oslo, Norvegia
Project team: Jan Olav Jensen (direttore progetto), Børre Skodvin, Siri Moseng, Torstein Koch, Anne Lise, Bjerkan, Kaja Poulsen, Torunn Golberg, Martin Draleke, Aslak Hanshuus, Oslo, Norvegia
Direzione lavori: Jensen & Skodvin Arkitektkontor AS, Oslo, Norvegia
Consulenti: Kristoffer Apeland (costruzione) – Planconsult (ventilazione) – Ryjord (elettricità) – Moelven (costruzioni in legno)
Impresa di costruzione: NCC (total contractor)
Materiale lapideo utilizzato: Ardesia Norvegese Otta Pillarguri
Fornitura e installazione della pietra: Minera Norge AS, Otta, Norvegia

Per una documentazione completa dell’opera Download PDF

Rieditazione tratta da Il senso della materia, a cura di Vincenzo Pavan pubblicato da Marmomacc

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23 Novembre 2015

Design litico

Glomus, parametro di sfida tecnica


Glomus, l’installazione nell’Italian Stone Theatre di Marmomacc (Ph. Erika Pisa)

Lo spazio è buio e lascia illuminate le installazioni, che in questo modo permettono di avere con loro un rapporto personale. Questo in una delle mostre all’interno del Padiglione 1 della Fiera annuale di Verona, nell’importante edizione che festeggia il suo cinquantesimo anniversario, Marmomacc – Mostra Internazionale di Pietre Design e Tecnologie.
La rassegna è Digital Lithic Design e mostra undici opere in materia litica sulla ricerca di un nuovo rinascimento per i materiali lapidei, progettate tutte con un alto grado di sperimentazione. Il designer Raffaello Galiotto in collaborazione con diverse aziende, specializzate nella trasformazione di questi materiali e nella costruzione di macchine a controllo numerico, è riuscito ad ampliare l’ottica delle finiture che oltrepassano il classico utilizzo. Ponendosi come obiettivo del proprio studio il trattamento delle superfici in subordinazione alle capacità di una macchina e dei software che le controlla, in una sorta di esplorazione tra le impervie vie della robotica, si è chiesto: cosa riesce a fare la macchina che noi non sappiamo? Errori, ripetizioni, texture e codici inutilizzati sono alla base di scoperte effettuate in campo pratico passando per fasi teoriche.


Il lavoro di fresatura nel laboratorio artigianale di Aceto Marmi (Ph. Erika Pisa)

La casa madre di queste tecnologie, la Helios Automazioni insieme ad Aceto Marmi, un laboratorio di trasformazione attivo da quasi un secolo sul territorio abruzzese, ha accolto il progetto facendosi carico di un’esperienza responsabile portata a termine in settembre, tempo in cui l’esposizione ha avuto luogo a Verona, in sede di Fiera. La volontà progettuale espressa dal designer era quella di evitare la manualità dell’artigiano, il quale doveva limitarsi ad assistere la macchina tramite il suo software, apportando un livello superiore di autonomia alla realizzazione dei prodotti appartenenti a questo specifico settore e affidando la massima responsabilità di buon esito al dispositivo macchina, che oggi necessariamente deve essere in possesso dei requisiti utili alla previsione di ogni fase di lavoro, dalla sgrossatura del pezzo all’ultimo grado di finitura.
L’idea, rappresentata attraverso i disegni e i video presentati in loco, indica una serie di gomitoli di lana impilati l’uno sull’altro legati da un unico filo corrente lungo i loro mantelli, lavorati da una fresa a palla la quale, per sottrazione lascia vedere un solco di sezione curva. Con lo scopo di raggiungere una finitura risultante da un percorso continuo, il blocco originario in pietra di Apricena alto poco meno di 3 metri è stato bloccato su un tornio e lavorato senza mai fermarne il movimento. Il volume allo stato grezzo ha dovuto cercare soluzioni di movimentazione e di fissaggio a causa del suo peso, gravoso per operazioni di montaggio, smontaggio e lavorazione, soprattutto laddove la pietra si assottiglia per le strozzature in prossimità dei cambi di gomitolo.


Particolare dell’installazione in Pietra di Apricena (Ph. Erika Pisa)

La manualità di un artigiano, o di uno scalpellino, oggi è tradotta in altri sensi tanto da dover concepire questo mestiere come cambiato, mutato per i tempi in cui siamo e per quelli che verranno. L’evoluzione ha condotto le aziende portatrici di innovazioni a cercare, oltre ciò che è stato già inventato, nuovi sistemi di impiego delle loro potenti di capacità. Il panorama italiano, se non per qualche minimo cenno dato in alcuni casi di collaborazione mirata, non è certamente paragonabile a quelli americani o dell’estrema Asia nei quali contesti la ricerca è cosa accertata tramite uffici interamente dedicati all’annullamento del limite. Le difficoltà odierne legate a questioni di questa natura sono raccontate argutamente dalla voce critica di Christian Pongratz, grande sperimentatore dello studio Pongratz Perbellini Architects e docente negli Stati Uniti, che sta oggi cercando attivamente di semplificare le interfacce di utilizzo dei suddetti dispositivi mediante l’università americana che gli sta dando fiducia, inseguendo un dialogo tra fruitori e prodotto finito, sperando in un dialogo possibile tra designer e le aziende coinvolte.
Gli esempi riportati dalle antologie industriali e creative dimostrano come in molti casi è premiato molto più chi cerca, che chi trova.

di Nicola Violano

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