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2 Marzo 2016

Opere di Architettura

Jacob-und-Wilhelm-Grimm-Zentrum Berlino,
Max Dudler
Germania, 2004/2009

La costruzione di un edificio pubblico è un tema complesso, con il quale i progettisti spesso si confrontano. Nel caso del Grimm-Zentrum, la sfida progettuale era anche di inserirlo nel difficile tessuto del centro di Berlino, nel quale sono ancora visibili le ferite del xx secolo e dove i tentativi compiuti per cercare di sanarle sono ancora in corso.
La nuova biblioteca sorge infatti nella parte settentrionale di quella che era Dorotheenstadt, il quartiere voluto dal Grande Elettore e impostato su di una regolare maglia ortogonale, dall’architetto militare Joachim Ernst Blesendorf tra il 1670 e il 1681. L’area, modificata già con la costruzione della Stazione della Friedrichstrasse nel 1878, venne in seguito quasi interamente distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale. La ricostruzione di Berlin Mitte iniziata dal governo della DDR trascuró di fatto questa porzione di città, separata dalla linea della Stadtbahn dal resto del centro, dove sorgono anche gli edifici principali dell’Humboldt Universität.


Vista notturna e del fronte principale e del lato sulla Geschwister Scholl Strasse

Il Grimm-Zentrum si è trasformato invece in un modo per dare inizio ad un recupero di questo lembo di città troppo a lungo dimenticato, benché ricco di memoria anche per l’architettura della città (il lotto per il famoso progetto non realizzato di Mies van der Rohe per il grattacielo di cristallo si trova a un centinaio di metri). Questo atto di re-insediamento viene portato avanti con un edificio pubblico che peró non si impone, ma lascia aperto il dialogo con le architetture che probabilmente gli sorgeranno intorno.
Questo ci riporta alla prima questione. In un’epoca in cui l’edificio-oggetto riscuote ancora un indubbio successo mediatico, attraverso una concentrazione su di sé dell’immagine urbana, anche a scapito dell’intorno e del suo futuro sviluppo, Max Dudler fa una scelta coraggiosa. Senza rinunciare ad una immagine contemporanea dell’edificio, alla sua espressività e alla sua funzionalità, e senza cedere a dubbi mimetismi, egli ricorre alla composizione delle facciate per dare carattere all’opera. Il vocabolario dispiegato è semplice ma efficace, in quanto si tratta della variazione del medesimo elemento.


Vista dalla Geschwister Scholl Strasse

Il sistema strutturale trilitico pilastro-architrave viene indagato a fondo tanto all’esterno quanto all’interno, diventando il motivo con cui declinare la composizione. Questa elegante “partitura” è affidata unicamente al ritmo compositivo che attraverso leggere variazioni sottolinea anche le funzioni interne in un sottile dialogo tra interno ed esterno. Un altro elemento che concorre in maniera determinate alla sobrietà e all’eleganza dell’edificio è la scelta del materiale con cui sono rivestite le facciate. Il Jurassic Limestone, estratto a Treuchtlingen (Baviera), contribuisce infatti con le sue morbide variazioni cromatiche a far risaltare il disegno della facciata. Il rivestimento è stato realizzato in lastre spesse 4 cm, tagliate in falda e rese scabre con getti d’acqua alla pressione di 2.000 bar. Questa lavorazione ha messo in evidenza la natura geologica del calcare fossilifero tedesco, aumentandone la sensibilità ai cambiamenti della luce atmosferica, e ha dimostrato ancora una volta come dal trattamento del materiale lapideo sia possibile ottenere effetti superficiali che nulla hanno a invidiare con le contemporanee superfici tecnologiche. Le lastre di grande dimensione sono fissate alla struttura di calcestruzzo armato mediante un efficiente sistema di ancoraggi metallici. La composizione delle facciate, attraverso il loro disegno e la loro matericitá, instaura un dialogo sottile con con la tradizione neoclassica berlinese, richiamata non come citazione letterale ma piuttosto come allusione. Il disegno delle lastre compone con assoluta precisione la facciata che viene scandita non solo nella direzione verticale, ma anche in quella orizzontale, dove la flessibilità della partitura permette di individuare parti essenziali come l’ingresso centrale e il basamento.
Si tratta quindi di un esempio di come la composizione, nel senso letterale e tradizionale del termine, uno strumento oggi dimenticato spesso a favore della creazione di un ermetico oggetto d’arte, sia capace di far ripartire un dialogo con la storia drammaticamente interrotto, affermando allo stesso tempo la contemporaneitá dell’architettura.


La sala di lettura principale

Note
Titolo dell’opera: Jacob-und-Wilhelm-Grimm-Zentrum, Biblioteca Centrale della Humboldt-Universität zu Berlin
Indirizzo: Geschwister- Scholl- Str. 1, D-10117 Berlino, Germania
Data di progettazione: 2004-2009
Data di realizzazione: 2005-2009
Committente: Humboldt-Universität zu Berlin, Germania
Progettazione: Max Dudler
Project team: Andreas Enge, Jochen Soydan (Capiprogetto)
Andrea Deckert, Gesine Gummi (Collaboratori)
Direzione lavori: Ingenieurbüro Peter Widell, Berlino, Germania
Strutture: Leonhardt, Andrä und Partner Beratende Ingenieure VBI, GmbH, Berlino, Germania
Materiali lapidei utilizzati: Jurassic Limestone beige
Fornitura e istallazione pietre: Hofmann Naturstein GmbH & Co. KG, Werbach-Gamburg, Germany (Facciate)
Juma GmbH & Co. KG, Kipfenberg-Gungolding, Germany (Interni)
Richter Fliesenleger GmbH, Ludwigsfelde, Germany (Interni)

di Angelo Bertolazzi

Per una documentazione completa dell’opera Download PDF

Rieditazione tratta da Glocal Stone, a cura di Vincenzo Pavan pubblicato da Marmomacc

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29 Febbraio 2016

News

IL BAGNO MINIMO: funzionalità ed estetica nel limite di 6 mq

Parte ufficialmente EERA Contest 2016, la seconda edizione del concorso di interior design lanciato da EERA soluzioni in pietra per l’architettura, con il patrocinio dell’ Associazione per il Disegno Industriale (ADI) delegazione Veneto e Trentino Alto Adige.
Architetti e designer sono invitati a progettare un ambiente bagno contemporaneo, capace di coniugare in soli sei metri quadri l’eleganza del marmo e le esigenze funzionali delle abitazioni residenziali.
Una giuria composta da esperti del settore selezionerà il progetto vincitore, che sarà realizzato presso il prestigioso showroom EERA a Sega di Cavaion (VR) ed esposto in occasione della fiera leader del settore marmo Marmomacc (Verona, 28 settembre – 01 ottobre 2016).

È online “IL BAGNO MINIMO: funzionalità ed estetica nel limite di 6 mq”, seconda edizione del concorso di interior design bandito da EERA soluzioni in pietra per l’architettura – unico atelier italiano dedicato alla pietra per il mondo wellness, Spa e bagno – con il patrocinio dell’ Associazione per il Disegno Industriale (ADI) delegazione Veneto e Trentino Alto Adige. La partecipazione è gratuita e c’è tempo fino al 3 maggio per aderire al progetto, che si rivolge a tutti gli architetti e designer. I partecipanti sono invitati a ideare un ambiente bagno minimo dal punto di vista spaziale, ma non per questo privo della dimensione estetica e del confort. I progetti presentati dovranno quindi valorizzare la bellezza e il potenziale del marmo nell’architettura d’interni nell’ambito di un tipico appartamento residenziale cittadino.

Sarà una giuria di qualità a valutare i progetti e decretare il vincitore, presieduta da Marco Zito, architetto e designer, professore associato di Design del Prodotto presso l’Università IUAV di Venezia, e composta da: Oscar Colli, co-fondatore e editorialista de Il Bagno Oggi e Domani, membro dell’Osservatorio Permanente del Design, presso ADI; Alessandro Lolli, direttore di Design Context; Michela Baldessari, designer, membro direttivo di ADI – delegazione Veneto e Trentino Alto Adige, docente di Storia del Design presso Libera Accademia di Belle Arti di Brescia; Laura de Stefano, architetto, consulente eventi culturali Marmomacc; Alberto Salvadori, art director EERA soluzioni in pietra per l’architettura.

Il progetto vincitore verrà realizzato da EERA in stretta collaborazione con il suo ideatore nei mesi di giugno e luglio 2016 e sarà installato presso lo showroom di Sega di Cavaion (Verona); il progetto realizzato verrà quindi esposto in concomitanza con la fiera leader del settore marmo Marmomacc (28 settembre – 01 ottobre 2016). A seguire si terrà la proclamazione alla presenza dei media; in quell’occasione saranno presentati anche i disegni degli altri progetti pervenuti. Il vincitore del concorso avrà inoltre diritto ad un onorario forfettario di 2.000 € per lo sviluppo dettagliato del progetto.

L’iniziativa nasce dalla volontà di EERA soluzioni in pietra per l’architettura, azienda nata dalla passione e dall’esperienza dell’azienda Cev Marmi&Graniti per la lavorazione della pietra, di coinvolgere gli “addetti ai lavori” in un progetto che sia in linea con i propri valori. Lo showroom EERA è un luogo di incontro per architetti e designer, un vero e proprio laboratorio di conoscenze e progetti, dove la materia prima trova la sua massima espressione in creazioni uniche: qui sono presenti sei “ambienti bagno” e una zona wellness realizzati in pietra naturale, qui si possono scoprire le ultime novità del settore, con la possibilità di incontrare partner ideali per realizzare progetti insieme. EERA è un luogo dove la pietra da materia prima diventa “elemento primordiale”, versatile e dinamico, da cui scaturiscono vere e proprie opere d’arte.

Spiega Andrea Crescini, direttore commerciale di EERA ed esponente di terza generazione della famiglia fondatrice: «Con questo bando, che premierà il progetto di una stanza da bagno contemporanea e possibile, ci proponiamo di trasmettere tutta la potenzialità e i vantaggi dati dall’utilizzo della pietra, coinvolgendo i creativi in un’iniziativa che non è solo un concorso, ma anche un’occasione di confronto e di collaborazione attraverso un tema originale e di grande stimolo».
«Il tema del bando, “Il bagno minimo: funzionalità ed estetica nei limiti di 6 mq”, è nato ispirandoci ai valori che guidano l’azienda Cev e il suo showroom EERA» spiega Marco Zito, presidente di giuria. «Una stanza bagno di 6 mq è infatti rappresentativa delle abitazioni residenziali contemporanee, dove il progettista è chiamato ad una sfida: misurarsi con spazi limitati e valorizzare al tempo stesso la bellezza degli ambienti tramite l’utilizzo della pietra e del design».

Scarica il bando del concorso dal sito di EERA

Vai al sito EERA

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23 Febbraio 2016

News

Natura e Artificio
Sperimentazioni nel design litico

UNIVERSITA’ DI FERRARA – DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA
CORSO DI LAUREA IN DESIGN DEL PRODOTTO INDUSTRIALE
AA. 2015-2016

Secondo semestre, febbraio – maggio 2016
Durata del corso: 132 ore

Premessa
L’interesse che l’uso dei materiali lapidei nelle costruzioni dell’ultimo ventennio ha esercitato negli architetti contemporanei si sta estendendo anche al mondo del design sviluppando un aspetto importante di questa disciplina.
Rispetto a un recente passato, che ancora identificava l’uso della pietra come appartenente ad una residua attività artigianale legata al solo mondo delle costruzioni, oggi la situazione si sta modificando in senso dinamico e di questo materiale si scoprono sempre maggiori chances e spunti progettuali, finora inesplorati che si estendono all’area del design di prodotto. La sperimentazione su marmo e pietre ha trovato un nuovo impulso grazie anche all’interesse che le aziende del settore stanno manifestando per il design, e alle opportunità offerte dalle grandi esposizioni fieristiche.
Decisivi nello sviluppo creativo della disciplina sono i moderni strumenti di progettazione e lavorazione con sistemi informatizzati che permettono la realizzazione di prodotti inediti sia nella forma che nelle funzioni.

Obiettivi formativi
Il corso è finalizzato a trasferire agli studenti del secondo anno di Design del Prodotto Industriale del Dipartimento di Architettura di Ferrara una consapevolezza critica sull’impiego dei materiali lapidei naturali ed artificiali nel progetto contemporaneo di design di prodotto e di interni e nell’arredo degli spazi urbani. Contenuti centrali dell’offerta formativa sono: l’identificazione e l’interpretazione critica dei codici e dei linguaggi della contemporaneità con cui la pietra si presenta nell’architettura, nel design e negli arredi d’interni d’oggi. La conoscenza delle categorie fisiche e merceologiche dei materiali scelti per le esercitazioni, la loro rispondenza agli scopi e finalità a cui sono destinati i prodotti di design; la connessione tra diversi materiali e le nuove tecniche di progettazione informatizzata e relative potenzialità formali e funzionali; l’acquisizione di specifiche conoscenze dei processi produttivi attraverso visite ad aziende e la realizzazione di esperienze in laboratorio a contatto con le maestranze durante varie fasi di lavorazione; il progetto espositivo come fase integrata della progettazione-produzione nella comunicazione dei prodotti di design.

Prerequisiti
Oltre al superamento degli esami propedeutici si richiede l’abilità di veicolare le proprie idee tramite il disegno a mano e al computer. Occorrono capacità tecniche di disegno 2D, 3D e renderizzazione. Si richiede abilità nell’organizzare le idee in un sistema per poi tradurle in progetto tramite processo logico-analitico.

Contenuti del corso
Il corso è dedicato allo studio e al progetto tecnico-formale di elementi di design in cui la pietra naturale sarà messa a confronto-collaborazione con materiali litici artificiali (agglomerati, ibridi, composti cementizi misti ecc.). Sarà sperimentata la possibilità di ibridare materiali con caratteristiche e proprietà fisico-meccaniche ed estetiche diverse per la realizzazione di prodotti finalizzati all’architettura, all’arredo e al design.
Obiettivo del corso è inoltre verificare la possibilità di connettere tale ibridazione con alcune problematiche cruciali nel processo industriale quali la produzione seriale e la interconnessione tra aziende operanti con diverse categorie di materiali.
Il tema progettuale sarà indirizzato sia a prodotti collegabili all’architettura e all’arredo, come pareti e setti divisori, arredi fissi d’interni ed esterni, sia a arredi mobili e oggetti d’uso per ambienti domestici, uffici ecc. Si tratta di interpretare le potenzialità dei diversi materiali per la progettazione e la realizzazione di prodotti modulari di diversa complessità, arricchiti da lavorazioni, modellazioni e trattamenti rispondenti a concetti formali capaci di fornire valore aggiunto all’architettura in cui andrebbero impiegati.

Metodi didattici
La didattica del corso si articola nelle seguenti fasi tra loro connesse.
1. Analisi delle proprietà dei materiali
La fase si impernia in una serie di lezioni frontali e ricerche sui materiali.
a. Geologia e caratteristiche dei materiali litici
Partendo dal ruolo dei materiali nell’architettura e nel design contemporanei, saranno approfondite le caratteristiche delle rocce dal punto di vista delle categorie geologiche, petrografiche e commerciali. In particolare verranno studiati i principali litotipi italiani e la loro applicazione nella tradizione e nella contemporaneità.
b. Caratteristiche fisico-meccaniche dei materiali complementari
2. La ricerca
L’applicazione della pietra e di altri materiali connessi nell’architettura e nel design contemporanei, sarà oggetto di ricerche specifiche individuali e di gruppo su opere scelte nella produzione di prestigiosi architetti e designers internazionali, che si concluderanno con la compilazione di documenti scritti e grafici.
3. Il progetto
Sulla base dei litotipi e di altri materiali assegnati a ciascun gruppo, dopo averne studiato le proprietà fisico-meccaniche e le potenzialità espressive, verranno individuate le tipologie di prodotto più consone alle caratteristiche dei materiali stessi e alle loro potenzialità combinatorie (elementi architettonici  come pareti portanti e divisorie, arredi, rivestimenti e oggetti d’uso), e avrà inizio l’attività progettuale dei gruppi di studenti.
4. Atelier di progettazione
L’attività di progetto rappresenterà la parte centrale del corso e si svilupperà parte in aula, con revisioni continuative del corpo docente (preceduta e affiancata da comunicazioni dei docenti e dei visiting teacher), parte nel laboratorio di modellistica per la realizzazione tridimensionale di plastici in scala, parte in visite guidate e confronti con operatori specializzati di aziende del settore.
5. Corso 3D
Parallelamente sarà avviato un corso di progettazione 3D con software Evolve di Altair, mediante il quale si potranno generare superfici e solidi da trasferire alle lavorazioni a controllo numerico.
6. Prototipazione
La fase finale del percorso progettuale consisterà nella realizzazione fisica di modelli e prototipi utilizzando le strumentazioni di cui è dotato il laboratorio modelli dell’Università o con il contributo delle aziende partner. L’insieme degli elaborati finali (disegni, modelli, video) saranno esposti a conclusione del corso in una mostra aperta al pubblico negli spazi di Palazzo Tassoni e successivamente a Marmomacc (Mostra Internazionale di pietre, design e tecnologie) nella Fiera di Verona insieme ai prototipi realizzati dalle aziende.

Modalità di verifica dell’apprendimento
La verifica avverrà attraverso la valutazione delle fasi in cui si articola il percorso didattico degli studenti.
La prima riguarda l’indagine e la ricerca sulle applicazioni dei materiali, e sarà consegnata nella forma di book formato A4.
La seconda riguarderà il progetto assegnato a ciascun studente o gruppo e sarà sviluppata nella forma di tre tavole di elaborati grafici di formato cm. 70×100 e nella produzione di modelli e prototipi realizzati in laboratorio o presso aziende.
Concorreranno alla valutazione finale anche la partecipazione al corso 3D e ai colloqui parziali e finale.

Testi di riferimento
Francesco Rodolico, Le pietre delle città d’Italia, Firenze, Le Monnier, 1952, pp. 501;
Raniero Gnoli, Marmora romana, Roma, Edizioni Dell’Elefante, 1971, pp. 289;
Giorgio Blanco, Dizionario dell’architettura di pietra, vol. 1, Roma, Carocci, 1999, pp. 300;
David Dernie, New stone architecture, Londra, Laurence King, 2003, pp. 240;
Alfonso Acocella, L’architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi, Lucca-Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 623;
Piero Primavori, Il Primavori. Lessico del settore lapideo, Verona, Zusi, 2004, pp. 415;
Alfonso Acocella, Stone architecture. Ancient and modern construction skills, Milano, Skira, 2006, pp. 623;
Francesco Girasante, Domenico Potenza (a cura di), Dalla pietra all’architettura, Foggia, Claudio Granzi, 2006, pp. 119;
Giuseppe Fallacara, Verso una progettazione stereotomica. Towards a stereotomic design, Roma, Aracne, 2007, pp. 187;
Giorgio Blanco, Manuale di progettazione. Marmi e pietre, Roma, Mancosu, 2008, pp. 1140;
Vincenzo Pavan (a cura di), Litico, etico, estetico, Milano, Motta, 2009, pp. 157;
Christian R. Pongratz, Maria Rita Perbellini, Cyber stone. Innovazioni digitali sulla pietra,Roma, Edilstampa, 2009, pp. 94;
Alfonso Acocella, Davide Turrini (a cura di), Travertino di Siena. Sienese travertine, Firenze, Alinea, 2010, pp. 303;
Carlo A. Garzonio, Franco Montanari, Maria C. Torricelli, Pietra Serena. Qualità del prodotto e sostenibilità ambientale, Melfi, Librìa, 2010, pp. 93;
Christina Conti, Progettare con le pietre arenarie. Materiali, tecniche, architettura, Sant’Arcangelo di Romagna, Maggioli, 2011, pp. 164;
Vincenzo Pavan (a cura di), Glocal stone, San Giovanni Lupatoto, Arsenale, 2011, pp. 159.

Corpo docente
Raffaello Galiotto
Vincenzo Pavan
Federica Zanotto
Veronica Dal Buono
Carmela Vaccaro
Gianluca Gimini

Brand partners
Adi Tools
Altair, software Evolve
Intermac
Lapitec
Santamargherita

architetturapietra2.sviluppo.lunet.it

Il website architetturapietra2.sviluppo.lunet.it, ideato e promosso da docenti del Corso, fungerà da agenda e da spazio di social networking per le attività didattiche. In esso saranno annunciate e documentate lezioni, conferenze, revisioni e visite di studio.

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22 Febbraio 2016

News

Architettura di pietra sbarca su Amazon

A diversi anni dall’uscita Architettura di pietra continua a ricevere un notevole numero di richieste tanto da spingere l’editore a valutare una nuova ristampa. Il volume di Alfonso Acocella ha percorso moltissima strada e rappresenta oggi un elemento imprescindibile per tutti coloro che si confrontano con il tema della pietra. Ma i suoi contenuti vanno oltre i limiti del foglio stampato: il volume è stato la pietra d’angolo che ha portato all’edificazione di tutto questo articolato sistema web-based in continuo e costante aggiornamento.
Per celebrarlo, Lucense ha deciso di proporlo a un numero sempre maggiore di utenti attraverso un’operazione commerciale che affianca alla vendita diretta dal sito, anche Amazon. In virtù della partnership con il colosso della vendita online e con la volontà di ottenere la più ampia diffusione del volume, il prezzo dell’opera è stato rivisto e ribassato a 95 euro. Si tratta di una cifra ampiamente giustificata dalla qualità e quantità di contenuti proposti nel volume e che, siamo certi, verrà apprezzata dagli appassionati e da coloro che quotidianamente seguono il Journal online.

Presentazione del volume
Nelle regioni dell’Europa mediterranea è ancora evidente la permanenza di una tradizione legata a una concezione costruttiva di tipo litico. Su questa permanenza di tecnica è incentrato lo svolgimento della pubblicazione originata da una ricerca effettuata in cinque anni di lavoro fra l’indagine e lo studio degli archetipi costruttivi e la messa a fuoco delle numerose proposte di attualizzazione e di sperimentazione innovativa, che hanno investito un ambito significativo della cultura progettuale contemporanea. La pubblicazione – con indici analitici e testi esplicativi di natura teorica e tecnologica, la predisposizione di disegni tecnici ad hoc, insieme a immagini fotografiche originali a colori (per un totale di oltre 1800 illustrazioni) si configura come libro di cultura architettonica e, contemporaneamente, come una miniera di informazioni, indicazioni trasferibili nell’operatività professionale. L’obiettivo principale è di approfondire e sistematizzare attraverso un volume unitario le grandi potenzialità della pietra (dove per pietra si intende l’insieme di tutte le famiglie commerciali dei litoidi: marmi, graniti, travertini, pietre in senso stretto) enfatizzandone i variegati valori culturali costruttivi, espressivi, cromatici, ambientali, di durata, etc. Il volume è rivolto a tutte le figure del mondo della progettazione, a quelle delle scuole di architettura e di ingegneria, della cultura in generale, della storia dell’arte, del settore archeologico.

Caratteristiche dell’opera
– Formato cm 24 x 34;
– Pagine complessive n. 624, stampate a cinque colori;
– Capitoli 9 + introduzione;
– Illustrazioni in quadricromia oltre 1.300;
– Disegni tecnici in b&n oltre 700;
– Volume rilegato in tela con impressioni in argento;
– Sovracoperta a colori plastificata opaca e serigrafata;
– Volume confezionato in cofanetto rigido;
– Peso volume: Kg. 4,5

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19 Febbraio 2016

Opere di Architettura

Tetra Pak innovation center
1+1=1 Claudio Silvestrin | Giuliana Salmaso

Il progetto interpreta l’approccio internazionale della Committenza, sempre attenta alla ricerca e all’innovazione. Trasparenza e flessibilità diventano i principi guida e lo strumento espressivo della progettazione a firma dello Studio 1+1=1 con Trombini Studio.
L’elemento lapideo è leggero e si integra con le ampie vetrate, seguendo il disegno curvilineo generale. La pavimentazione, in lastre in Giallo etrusco con lavorazione a seta, dialoga senza soluzione di continuità con la pavimentazione esterna che percorre il giardino. La scala monolitica di collegamento tra il piano terra e il primo piano, in giallo etrusco con lavorazione a massello, è esempio della fluidità degli ambienti che caratterizza l’intero intervento.
È raggiunto l’intento di progettare, citando lo stesso Silvestrin,
“luoghi intrisi di spirito e materia” per “ritrovare la pace e uscirne mentalmente più forti”.

Tetra Pak innovation center interpreta appieno l’approccio internazionale della Committenza, attenta in questa sede alla ricerca e all’innovazione. Situato sulle tracce di un precedente edificio, il progetto ne richiama simbolicamente l’impronta, ma ne reinterpreta forma e materiali a favore della nuova destinazione. Trasparenza e flessibilità diventano i nuovi principi guida della progettazione; la linea curva, già altre volte protagonista nei progetti di Silvestrin, ne diviene efficace strumento espressivo. Come è accaduto già altre volte per le piccole architetture (collezione i Fiumi per Boffi) così come per le più grandi (ad esempio lo stand espositivo de Il Casone a Marmomacc) l’elemento lapideo cede via via la sua natura massiva e si alleggerisce, integrandosi armoniosamente con le ampie vetrate e smussandosi, seguendo il disegno curvilineo generale.

Accade per la pavimentazione in lastre in giallo etrusco rifinito con lavorazione a seta, dialoganti senza soluzione di continuità con la pavimentazione esterna che, sinuosamente, percorre il giardino. L’elemento lapideo, privo di venature e compatto, proprio per l’assenza di disomogeneità cromatiche si rapporta ai controsoffitti monolitici interni, parte integrante del progetto, anch’essi apparentemente privi di discontinuità. Il recinto esterno parla, come la pavimentazione, con l’architettura interna, nel continuo scambio di riflessi giocato sui cristalli perimetrali. La fluidità degli ambienti e la sintesi del linguaggio caratterizzano tutte le soluzioni architettoniche.

Ne sono esempio la scala monolitica, eppure eterea, che collega il piano terra al primo, in giallo etrusco con lavorazione a massello, e le finiture dei bagni, dove la posa a casellario li trasforma e qualitativamente li eleva. Laddove la pietra decide di relazionarsi con altri elementi, sceglie sempre materiali naturali come interlocutori, creando uno stacco cromatico visibile negli arredi e negli infissi, ma mai rinnegando la sua origine naturale. É raggiunto l’intento di progettare, citando lo stesso Silvestrin, “luoghi intrisi di spirito e materia” per “ritrovare la pace e uscirne mentalmente più forti”.

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13 Febbraio 2016

News

La pietra tra tradizione e innovazione
Laboratorio


(ph. Alfonso Acocella)

Sono aperte le procedure di selezione per la partecipazione al Laboratorio “La pietra tra tradizione e innovazione” per l’a.a. 2015-16, che si svolgerà a Roma dal 22 al 27 febbraio 2016.

Titolo
La pietra tra tradizione e innovazione

Tema
Il Laboratorio propone un’attività formativa sul tema delle strutture in pietra tramite un’esperienza di studio, progettazione e applicazione. Partendo dagli ambiti della stereotomia e delle tecnologie costruttive, verranno studiate soluzioni tradizionali e innovative con particolare attenzione agli aspetti prestazionali e della posa in opera: si tratta di un momento di confronto sulla cultura artigiana che attraverso la perizia tecnica e la conoscenza del materiale garantisce all’architettura un elevato standard qualitativo.
Il Laboratorio, che prevede lezioni ex-cathedra, attività manuali e visite, sarà svolto sotto la guida di esperti internazionali supportati da docenti del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre, da docenti di altre sedi universitarie, oltre che da liberi professionisti e scultori.

Obiettivi formativi
Obiettivo del Laboratorio è di trasmettere agli studenti gli strumenti e le tecniche per l’implementazione delle conoscenze relative a un materiale da costruzione al contempo antico e moderno. Il momento di maggiore importanza del Laboratorio sarà costituito dalla fase di lavorazione di un elemento lapideo per la realizzazione di un componente strutturale: l’esperienza diretta consentirà allo studente di aumentare la consapevolezza riguardo alla correlazione tra la fase ideativa e quella costruttiva.

Organizzazione del Laboratorio
Il Laboratorio sarà articolato in due parti indipendenti che prevedono attività parallele:
1. Taller de cantería. Coordinato dal prof. Enrique Rabasa Diaz della Universidad Politecnica di Madrid, si svilupperà in 5 giorni (durata complessiva di 25 ore) e porterà alla realizzazione di un componente strutturale tradizione in pietra;
2. Nuovi spazi cupolati in pietra. Coordinato dal prof. Giuseppe Fallacara del Politecnico di Bari, si svilupperà in 2 giorni (durata complessiva di 10 ore) e consentirà di assemblare un struttura voltata in pietra con elementi precedentemente predisposti.
Le prime ore di ogni giornata saranno dedicate a comunicazioni ed interventi di carattere teorico estese ad entrambi i laboratori.

Posti disponibili
Il numero massimo degli iscritti è di 15 allievi per il Taller de cantería e di 10 allievi per i Nuovi spazi cupolati in pietra.
Il numero minimo necessario per l’attivazione è di 5 allievi per il primo e di 3 allievi per il secondo Laboratorio.

Requisiti per l’ammissione
Studenti, di tutti i corsi di laurea, del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre. Nell’ambito della stessa università, saranno ammessi in qualità di uditori dottorandi e studenti di master. Gli studenti ammessi al Laboratorio dovranno munirsi di mascherina, guanti, scalpello e mazzuolo secondo le specifiche che verranno indicate.

Luogo
Roma, ex Mattatoio

Periodo
Lunedì 22 – sabato 27 febbraio 2016

Responsabile scientifico
Michele Zampilli, Università degli Studi Roma Tre
Docenti e tutors
Alfonso Acocella, Università degli Studi di Ferrara
Adolfo F. L. Baratta, Università degli Studi Roma Tre
Maurizio Barberio, Politecnico di Bari
Paola Brunori, Università degli Studi Roma Tre
Riccardo Butini, Università degli Studi di Firenze
Marco Canciani, Università degli Studi Roma Tre
Micaela Colella, Politecnico di Bari
Vittorio Di Turi, Architetto e scultore
Giuseppe Fallacara, Politecnico di Bari
Luigi Franciosini, Università degli Studi Roma Tre
Enrique Rabasa Diaz, Universidad Politecnica de Madrid
Miguel Sobrino Gonzales, Universidad Politecnica de Madrid
Segreteria organizzativa
Giulia Brunori, Università degli Studi Roma Tre
Alice Cretarola, Università degli Studi Roma Tre
Proponenti
Università Roma Tre, Dipartimento di Architettura
Dottorato consortile Argonauti Università Roma Tre e Politecnico di Bari, “Architettura: innovazione e patrimonio”
Master “Restauro architettonico e cultura del patrimonio”, Università degli Studi Roma Tre
Partner
Universidad Politecnica de Madrid
Pimar Italian Limestone, Cursi (LE)
Ateliers Romeo s.r.l. di Luc Tamborero e c., Trani (BT)
Studio Arte de Tomassi, Roma
Crediti Formativi Universitari ed impegno richiesto
Per la frequenza del corso (90% delle presenze) saranno riconosciuti 4 CFU ai partecipanti al Taller de cantería e 2 CFU ai partecipanti a Nuovi spazi cupolati in pietra.
Sarà inoltre richiesto ai partecipanti la produzione dei seguenti documenti da sviluppare individualmente o in piccoli gruppi, previo accordo con i docenti responsabili all’inizio delle attività:
1) Una relazione su tutte le lezioni svolte di circa una pagina per ciascun intervento.
2) Un book di schizzi e disegni quotati volti a documentare l’attività dei laboratori.
3) Un video di tutte le attività dei laboratori.
Presentazione della domanda di ammissione
La domanda di ammissione potrà avvenire, dal 15 gennaio 2016 al 22 gennaio 2016, inviando il modulo allegato al presente bando compilato in ogni campo usando la casella di posta elettronica d’ateneo (nome.cognome@stud.uniroma3.it) agli indirizzi adolfo.baratta@uniroma3.it con oggetto “Candidatura Laboratorio”.
Selezione dei candidati
Qualora il numero di domande di ammissione sia superiore ai posti disponibili, la selezione sarà effettuata tramite colloquio individuale valutando il profilo accademico, il numero di esami sostenuti e la media voto.
Esiti della selezione
L’elenco degli studenti selezionati sarà comunicato alla segretaria didattica per la pubblicazione su sito e bacheche. La graduatoria dei candidati e i nominativi dei vincitori verranno comunicati con avviso pubblicato sul sito del Dipartimento www.architettura.uniroma3.it entro il 25 gennaio 2016. I candidati vincitori saranno anche avvisati per email e dovranno dare assenso di partecipazione entro il 28 gennaio 2016.
Quota d’iscrizione
Non è previsto alcun contributo economico purché i partecipanti siano forniti degli strumenti di lavoro necessari.
Casella postale del docente proponente per la ricezione delle candidature
adolfo.baratta@uniroma3.it

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8 Febbraio 2016

Scultura

I PARADOSSI DELLA PIETRA
Sculture di Claudio Nardulli a cura di Caterina Napoleone

Il divenire del tempo nelle sculture di Claudio Nardulli
di Caterina Napoleone
Prendendo a prestito una frase di Adolfo Wildt, si può affermare che Claudio Nardulli nelle sue opere sia tutto proteso a “far palpitare la vita nella nobiltà e nella terribilità del sasso”. Una tensione alla quale perviene attraverso una sorta di “ascesi” per immettere “lo spirito” nella natura, stando sempre alle parole di uno fra i suoi scultori prediletti del Novecento1. Non si tratta qui di una mera citazione, ma di un assioma che è sufficiente dimostrare solo osservando con quale sapienza, tenacia e rigore Claudio Nardulli lavori il marmo. Sin dalla scelta del blocco, di cui potrebbe persino a occhi chiusi individuarne le caratteristiche e il portamento alla pressione dei suoi strumenti. Da grande professionista della pietra qual’è, osserva, carezza, misura, scolpisce e leviga le sue sculture per intere giornate senza che del tempo realmente percepisca il trascorrere fin tanto che non abbia raggiunto quella perfezione di cui è il solo a conoscerne il segreto. E non va neppure taciuto che Roma e i suoi monumenti sono di sfondo al suo operare.


β, 2014 .marmo Calacatta cm. 130 x 14 x 6; (ph. Rita Paesani)

A queste suggestioni – non certo accessorie a chi dell’arte si nutre e, per un’innata empatia e cognizione, ne indaga le molteplici espressioni – si aggiunge una simbiosi con la pietra che asseconda una vocazione a familiarizzare con tecniche che gli consentono di dialogare intrinsecamente con il marmo restituendone l’originaria purezza. Nardulli non è interessato alla citazione dell’antico – ne sarebbe capacissimo e ne ha un profondo rispetto – ma se ne affranca perseguendo altre sfide e altri ideali per dare forma alla “sua” memoria. E in questa percezione del suo presente e del suo passato le sue sculture, in un gioco di corrispondenze reciproche, proiettano luci e ombre, moltiplicano all’infinito i pieni e i vuoti, assumendo una dimensione archetipa che si modella autonomamente nel tempo e attraverso il tempo. Viene da pensare che le reminiscenze della paterna Magna Grecia – dove ha trascorso i suoi primi anni – affiorino spontaneamente nell’immaginazione di Claudio Nardulli. Le battigie costellate di ciottoli e le presenze archeologiche dei dintorni di Taranto, le acque limpide del suo golfo e il paesaggio della sua campagna pervaso della più autentica classicità, si materializzano e sublimano nella levità dei suoi marmi. La durezza della pietra, nelle sue mani, si arrende e si lascia plasmare – persino voluttuosa – nella levigatura delle superfici concave e convesse che enfatizzano la dinamicità della forma. Perché Nardulli sa cogliere e restituire i piani dell’intima struttura del marmo, e li trasfigura nella concretezza del suo ideare attraverso un procedere severo e disciplinato di una prassi quotidiana e continua. E l’artista non solo coinvolge lo spettatore con la levità delle sue sculture, ma lo introduce nell’universo atemporale del marmo mostrando come la materia di per sé pesante e statica possa divenire leggera e persino dinamica. Nato a Roma, dove vive e lavora, Claudio Nardulli vanta un tirocinio e un bagaglio di esperienze professionali che poggiano su salde basi di studio, di ricerca e di amicizie sulle quali ci sarebbe molto da scrivere per la dedizione e la curiosità con cui si è dedicato a coltivare i suoi interessi e le sue passioni. Laureatosi in Progettazione Architettonica all’Università La Sapienza di Roma con Paolo Portoghesi, ha sempre affiancato alla sua attività di architetto – si veda, in collaborazione con l’architetto Giorgio Blanco, l’intervento di recupero conservativo dello stabilimento balneare di Castel Fusano La Vecchia Pineta, un esempio fra i più emblematici di Razionalismo italiano degli anni Trenta, sapientemente reintegrato nei suoi ornati e rivestimenti architettonici in marmo – l’impegno nel campo dell’indagine dei materiali lapidei nella loro applicazione sia funzionale sia artistica, e in quello della divulgazione scientifica nelle principali istituzioni accademiche italiane, oltre alla pubblicazione dei suoi contributi su monografie del settore. Un esercizio che si è costantemente corroborato a contatto con gli artigiani del marmo di Pietrasanta e Carrara, e degli scalpellini romani – all’ombra delle cave di Luni e delle vestigia dei palazzi dei Cesari – e con esponenti di spicco della cultura e dell’arte: dalla frequentazione a Roma e a Venezia di Edo Janich, il disegnatore caro a Leonardo Sciascia per l’incisività schietta delle sue linee che evidenziano ciò che il visibile omette, al proficuo contributo critico e assiduo confronto che ha con lo storico dell’arte Giuseppe Appella , a Tito Amodei che, con l’astrazione geometrica delle sue sculture, ha instaurato un rapporto inedito fra segni reiterati e volumi creando strutture architettoniche insieme serrate e libere nello spazio circostante.
Relazioni fra pieni e vuoti, fra edifici e luoghi urbani nei rispettivi contesti storici che Claudio Nardulli ha ulteriormente approfondito nel sodalizio con l’architetto Alessandro Anselmi,nella ricerca della poetica” della forma e nel concetto di minimo strutturale Per quanto riguarda le costruzioni geometriche, nello specifico la geometria ellittica, fondamentale è lo scambio avuto con Felice Ragazzo, mentre con Rodolfo Guzzi, luminare di fama internazionale della fisica, intercorre un proficuo dialogo sui “paradossi della pietra”. Nell’ispirazione di Claudio Nardulli, nei meandri delle sue concezioni, un posto a sé ricopre l’incontro con Fabrizio Clerici, l’architetto pittore che ha popolato gli spazi geometrici dei suoi dipinti – immensi, desolati, claustrofobici – con i miti e i simulacri delle antiche civiltà mediterranee assegnando loro una durata metastorica, come nella raffigurazione del Minotauro nel labirinto di Cnosso che accusa pubblicamente sua madre. Un artista con il quale Nardulli ha condiviso predilezioni da iniziati ai grandi misteri del pensiero e dell’arte. Così anche i suoi viaggi, soprattutto in Egitto e in Grecia, con le sue meticolose investigazioni del Peloponneso e le sue riflessioni sui reperti cicladici, sui templi e i santuari dell’Atene di Pericle, corrispondono a una visione di un ordine superiore che governa le leggi della natura.
Con umiltà e abnegazione, Claudio Nardulli attinge alle sue conoscenze e alla sua manualità per consegnarci, come attestano le sue opere, una dichiarazione di appartenenza. Riemergono ricordi ancestrali e architetture primordiali che nelle loro linee instaurano un’armonia di proporzioni e di equilibri, nella declinazione delle loro costanti e varianti in una metafora di equazioni fra regole gravitazionali e teoremi algebrici, a ritroso nel tempo e nella memoria durevole dell’arte.

Note
1 L’arte del marmo, ed. a cura di Elena Pontiggia, Milano 2002


π 2013 marmo Bardiglio cm. 107 x 26 x 8; (ph. Rita Paesani)

Una materia in continuo divenire di Carmen Andriani
Claudio Nardulli è un architetto che ha concentrato gran parte della sua ricerca formale e spaziale sulla modellazione della pietra, correndo sulla linea di confine, sottile quanto pericolosa, fra architettura e scultura. Lavora da anni sulla modellazione plastica della materia, attorno ad una famiglia di configurazioni che sembrano generarsi dallo stesso nucleo figurativo. Le sue opere evocano ali, eliche, ossi di seppia, foglie, pesci, delfini. Appartengono allo scrigno inesauribile delle forme naturali, ma sono anche il frutto di una rappresentazione mentale passata al vaglio di un’accurata e puntigliosa astrazione geometrica.
“L’osservazione della natura è stata decisiva nella mia vita – afferma Nardulli – grazie ad essa ho arricchito la mia conoscenza di forma e struttura.” Forma e struttura. Non v’è dubbio che nelle sue sculture sia evidente lo stato tensionale e dinamico della materia. Esse ne rappresentano uno stato transitorio, per quanto levigato e alludono a una forma che sembra in continuo divenire. La sensibilità plastica dell’autore si alterna al controllo geometrico, l’intuizione formale si completa con le ragioni strutturali della materia, all’impulso del gesto segue il controllo della ragione. Questo non avviene per via ordinaria, né attraverso gli strumenti codificati dello spazio cartesiano. Bensì con gli strumenti di una geometria non euclidea, che lavora per ellissi, superfici convesse e concave, linee curve che si trasformano per traslazione, rotazione, manipolazione. Siamo vicini, per paradosso, ai modelli digitali ed alle deformazioni condotte simultaneamente ed in tempo reale sulle tre dimensioni spaziali. Vengono in mente le ricerche architettoniche di qualche anno fa, gli anelli di Moebius trasformati in strutture domestiche, gli spazi magmatici e primordiali controllati con algoritmi e rappresentati con sofisticati programmi di progettazione.
Le sculture di Claudio Nardulli hanno una forma plastica continua. Attraverso un susseguirsi di concavità e convessità complementari fra loro, esse realizzano un continuum di linee, di superfici, di curvature fluide e smussate. Prevale un principio organico, ancorato alla struttura della materia più che a quella del sogno. Sono sculture biomorfe che esaltano il principio vitale di un inizio senza distinzioni; già dotato di una intelligenza che porta la materia a dilatarsi nello spazio, a crescere senza invadere. La morfologia delle linee curve, ondulate ed avvolgenti, reagisce all’atmosfera che preme attorno ed alla luce. E’ una lettura che rimanda alla poetica di crescita organica di Hans Arp e successivamente di Henri Moore, ad uno stadio della materia che non ha ancora distinto l’uomo dalla natura ma che, organicamente, registra l’inizio di un distacco. L’osso che il tempo ha ripulito o il sasso che la corrente ha levigato sono forme archetipe. Lo erano anche nella mitologia dello scultore inglese.
‘ I sassi e le rocce ci mostrano il modo in cui la natura lavora la pietra – afferma Nardulli – Ho avuto modo di osservarli a lungo, nei lunghi viaggi, in particolare nel Peloponneso..’
I sassi levigati dal mare assumono una forma particolare, asimmetrica, modellata secondo i principi della dinamica dei fluidi. La natura non ha bisogno di legittimazioni geometriche.
Le sculture di Claudio Nardulli assorbono questi principi, ne ripercorrono i processi generativi, simulandoli, legittimandoli con il valore aggiunto della geometria ellittica. Ritornano ossessivamente su quelle linee curve, sulle superfici concavo/convesse esplorando le possibili variazioni sul tema . Sono piccoli spostamenti attorno ad uno stesso nucleo figurativo che è anche il cuore della sua ricerca artistica. In questo modo la sua opera produce una serie di oggetti simili ma allo stesso tempo diversi e perciò unici. Ma la serialità affina il processo di astrazione ed avvicina all’idealizzazione dell’opera. Avvicina al disvelamento del senso ultimo, del messaggio che l’arte vuole dare. L’astrazione toglie anche materialità. E’ su questo piano che si gioca l’avvicinamento all’architettura ma anche ad altre forme di espressione artistica. Ed è sul piano della forma, oltre che del concetto, che possiamo pensare ad una architettura possibile.
Le sculture, si dice solitamente, sono come architetture non abitabili. Si gira attorno ad esse ma non hanno interno. Non è necessariamente così. Il già citato Moore ci ha dimostrato attraverso il continuum delle sue forme plastiche, la complementarietà fra pieni e vuoti, l’importanza del solido ma anche del suo calco nello spazio. D’altra parte la dimensione di ‘spazio fluido’ che l’architettura ha esplorato negli ultimi decenni, ha prodotto strutture dinamiche, in cui interno ed esterno si sono mescolati secondo un moto continuo e senza un apparente punto di inizio o di fine. La luce aggiunge modulazioni infinite su una materia che reagisce per forma. Lo spazio si genera non per linguaggio bensì per sottrazione plastica. In questo passaggio si colloca un altro confronto possibile con l’architettura . Un gesto ‘a togliere’ su di una forma essenziale per dare forma al vuoto ed alla massa informe dello spazio.
Le sculture di Nardulli sono orizzontali, si appoggiano su di un punto o su di una linea, come fosse lo scafo di una barca. La forma cambia a seconda del punto di vista. Non c’è mai un asse di simmetria , o una vista specularmente doppia. Il movimento rotatorio che si imprime ad alcune di esse, accelera il consumo della materia. La scultura diventa un’ala, straordinariamente leggera a ricordarci la continua trasformazione operata dal tempo sulla materia e la provvisorietà della sua forma solo apparentemente compiuta.


δ, 2012 marmo Lasa cm. 101 x 27 x 9; (ph. Rita Paesani)

Liscissime pietre di Felice Ragazzo
Le sculture di Claudio Nardulli sono forma plastica, e perciò stesso geometria, non limitata a rette, triangoli e cerchi, oppure piani, cubi e sfere, ma quella che talvolta è arduo immaginare, poiché fa riferimento allo spazio-tempo e alla quarta dimensione. È il risultato di forme pensate ovunque lisce, prive di asperità e di bordi acuminati. In topologia si dice “prive di singolarità”. Forme che idealmente avvolgono la pietra come le bolle di sapone racchiudono l’aria. In matematica, in geometria, in topologia, la liscezza è argomento cruciale. Tutto ciò fa parte di un filone di studio che permise a Bernard Riemann, a metà del XIX secolo, di approdare alla scoperta di una nuova geometria non euclidea detta geometria ellittica. Siamo al cospetto di opere che non necessitano di piedistallo, pertanto concepite anche per essere fruite in movimento. Basta spingerle toccando l’estremità di quella che, con forme diverse, allude alla forma di un’ala, ed ecco che la massa si mette in movimento ruotando nel punto di contatto a terra sulla verticale del baricentro.
Anche questo aspetto ha un risvolto scientifico peculiare, tutto incentrato sulla locuzione spazio-tempo, ovvero una realtà non più soltanto tridimensionale, ma quadridimensionale. Come intuito nel 1907 da Hermann Minkowsky. Ma poiché quest’aspetto mette in causa un’altra questione di capitale importanza in campo scientifico, ovvero i “gruppi di trasformazione”, ecco che lo scenario si arricchisce di altre eminenti figure, come per esempio Eulero, Lagrange, Cauchy, Klein … Inoltre, così come le pietre-sculture si arricchiscono fruitivamente quando ruotano, la non fissità dovuta all’assenza di basamento implica un’accentuazione percettiva quand’anche chi le osserva ci gira intorno. Qualsiasi opera è sempre frutto di gestualità, per lo più sussidiata da utensili ed attrezzi. Con la pietra il processo è “a togliere” e all’inizio si staccano ruvide scaglie, le quali, via via che il processo evolve, si fanno sempre più piccole. Da frastagliate e spigolose, le forme si fanno sempre più continue e raccordate. È la logica profonda delle curve, ma soprattutto delle superfici, di Bezier. Talvolta, richiamando i canonici utensili ed attrezzi, il gioco geometrico delle tangenze mette in causa le cosiddette curve policentriche. Un tipo di curve composte soltanto di archi e rette. La natura non ha bisogno di tutti questi orpelli cognitivi. Da milioni di anni le rocce erose che si staccano dai versanti montuosi e che, trascinate dai corsi d’acqua, scendono a valle, durante il percorso vengono lentamente “lavorate” o, per meglio dire, abrase, fino ad assumere, pressappoco, la forma di ellissoidi a tre assi. David Hilbert e Stefan Cohn-Vossen di questo argomento ne hanno fatto un punto saliente del loro libro “Geometria Intuiva”. Le sculture di Claudio Nardulli sviluppano un senso di leggero pur essendo di pesante pietra, sviluppano un senso di aerodinamico, pur non potendo volare, sviluppano un senso di acquatico, pur non potendo nuotare. Sono pietre. Sono artefatti. Sono sculture. Sono oggetti da vedere e da toccare. Sono opere d’arte. È un bene che esistano.


φ, 2013 marmo Afyon cm. 125 x 28 x 9; (ph. Rita Paesani)

Forme fluide e levigate di Giorgio Blanco
Osservando, ma ancor più toccando e manipolando le instabili, mobili sculture marmoree dalle forme fluide e levigate di Claudio Nardulli, vengono evocate primordiali sensazioni che sono alla base del nostro remoto rapporto con la “Pietra”. Ciò non solo con la Pietra intesa nella sua condizione di “materiale” (ovvero di artificio), quanto in rapporto alla sua primordialità. ovvero alla “materia” costitutiva dell’universo.
Nell’immaginario collettivo dei nostri lontani antenati la genesi visibile della Pietra non poteva che essere duplice: ctonia (dai vulcani) e celeste (dalle meteoriti).
Dunque, la Pietra veniva chiaramente assimilata ad arcane provenienze poste oltre l’orizzonte dei luoghi umani. Queste osservazioni e i conseguenti convincimenti e deduzioni empiriche molto hanno influenzato l’origine di credenze, miti, religioni.
Su queste considerazioni si è basata la remota convinzione che la Pietra, generata e proveniente da ambiti extraumani, non poteva che essere connotata da una misteriosa, quanto terribile e veloce mobilità.
Solo attraverso questi processi la Pietra veniva posta a disposizione degli umani per essere, eventualmente, trasformata in materiale.
Queste sculture, con il loro singolo punto di contatto con il suolo, difficilmente possono essere considerate come statiche. Perché sono state concepite e realizzate in forme che, per la loro natura, postulano sollecitazioni che le imprimono movimenti inaspettati: sussulti, beccheggi, rotazioni e contro rotazioni che si attivano secondo precise leggi della fisica.
In altre parole, la loro stessa conformazione induce lo spettatore-fruitore ad un loro uso dinamico. Proprio come quando, percorrendo una riva, andiamo selezionando quei ciottoli che, per la loro forma, più si adattano alla nostra mano e ad essere lanciati radenti lo specchio d’acqua in modo da rimbalzare in sequenza.
Le astratte forme ellissoidi di queste sculture con le loro levigate superfici alludono, ma non in via diretta, ad esseri idro-aerodinamici (cetacei, pesci, uccelli), o a manufatti creati a loro similitudine (scafi, aeromobili, veicoli, armi da lancio). Sono anche forme che rispondono perfettamente a funzioni misteriose, delle quali sembrerebbe smarrito il senso e che attendono una riscoperta da parte di attenti, curiosi ricercatori.
Nel concepimento e negli stessi procedimenti esecutivi di queste opere si rivela una sintesi di esperienze arcaiche e moderne.
Non è azzardato il riferimento alle antiche sculture cicladiche dove, probabilmente, elementi marmorei già naturalmente modellati e levigati dalla forza dell’acqua, venivano fatti oggetto di ulteriori raffinate lavorazioni per abrasione. In qualche modo si è trattato di una sovrapposizione di due azioni: una naturale (epifanica?) ed una artificiale. Nella trasformazione da materia a materiale l’azione artificiale ha fatto tesoro della foggia preesistente e su questa si è inserita fornendole un senso.
Un significativo contributo alla formazione di Nardulli e, quindi, alla concezione delle sue sculture, è stato fornito dalla elaborazione di esperienze artistiche del recente passato fondate sul movimento e sulla velocità (dunque sul rapporto spazio-tempo). Elaborazione avvenuta anche attraverso un’attenta meditazione sui motivi del declino di tali esperienze, nonché sulla loro trasformazione e concreta capacità di rinnovarsi nella contemporaneità.
Tra le due guerre, come mai in passato, negli USA e in Europa si sono andati progressivamente radicando correnti artistiche e di pensiero fondate sulla velocità che si andava ad identificare sempre più nella modernità. Ciò anche per gli enormi e repentini progressi tecnologici nel settore dei trasporti e dell’industria in generale.
E’ da tenere presente che molte delle avanguardie del Movimento Moderno (nelle loro molteplici declinazioni) erano consapevoli di sferrare l’attacco alle desuete accademie proprio nel loro campo, attraverso un nuovo modo d’impiego dei materiali della tradizione. Prima di tutto la Pietra che, dell’architettura e della scultura, è stato (ed è) il materiale primordiale e simbolico.
Il design aerodinamico (Streamline) si è andato ad affermare negli USA negli anni Trenta e, applicato inizialmente al settore dei trasporti, molto ha influenzato l’architettura, la scultura, la pittura, ma anche l’arredamento. Stilemi tipici dei mezzi di trasporto (ad esempio dei prestigiosi transatlantici e dei convogli ferroviari) come le decorazioni a strisce orizzontali (speed whiskers) concepite per accentuare l’idea di velocità, sono stati successivamente traslati e applicati perfino sugli oggetti più minuti e consueti.
Altro contributo alla formazione dell’autore deriva dallo studio e dall’assimilazione dell’esperienza futurista soprattutto nella sua declinazione di “aeropittura”. Nelle sue eliche in rotazione, nei suoi vortici che si sollevano in galassie di oggetti aerodinamici. Certo, un contributo più concettuale che di genere se si paragona l’algida acromaticità di queste sculture marmoree con lo sfolgorante cromatismo dell’ “aeropittura” (ad esempio nelle opere di: Balla, Boccioni, Depero, Tato, Dottori, Crali).


σ, 2012 marmo Bardiglio cm. 107 x 25 x 8; (ph. Rita Paesani)

Nell’autore è anche da considerare la sua ormai ampia esperienza di architetto che si è divisa tra l’analisi delle forme dei mezzi di trasporto (aeromobili, imbarcazioni, veicoli terrestri soprattutto a partire tra le due guerre) e lo studio, unito alla pratica, applicati ai materiali da costruzione, in particolare alle pietre e ai marmi. A ciò si è sempre accompagnato un’attenta analisi dell’architettura nei suoi dettagli tecnici ed estetici specialmente nelle trasposizioni avvenute da altri ambiti studiati (aeronautici, navali, ferroviari ecc.). Trasferimenti di esperienze che hanno arricchito con il loro senso di movimento le sue opere architettoniche e di arredo.
Analogamente, nella circostanza di questa esposizione, si può apprezzare il difficile, quanto riuscito, tentativo di rendere non solo leggero il marmo, ma addirittura di renderlo dinamico e veloce attraverso un’attenta scelta delle forme nelle quali alla quarta dimensione, il tempo, è affidato il ruolo di protagonista.

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5 Febbraio 2016

News

Artigiani della pietra

Inaugura venerdì 5 febbraio nella suggestiva cornice di San Pietro in Atrio a Como, Artigiani della Pietra.

La mostra viene concepita come un momento di incontro basato sullo scambio e sul dialogo tra tre diverse discipline messe a confronto: la pittura, la scultura e l’architettura.
L’elemento che le accomuna è la pietra moltrasina, materiale estratto dal territorio comasco e in particolare dalla cava di Faggeto Lario.
In questi differenti percorsi di ricerca ritroviamo una poetica comune, un atteggiamento che s’ispira e affonda le proprie radici nella tradizione artigiana.
Il connubio dei tre “artigiani della pietra” ha portato a una riflessione e a un confronto fra le differenti discipline che trova la sua concretezza attraverso l’elaborazione della mostra e la realizzazione del catalogo.

Info
Dove: San Pietro in Atrio
Ingresso libero

Per maggiori informazioni:
Sergio Casalbore
sergiocasalbore@gmail.com
Bruno Luzzani
info@pusterlamarmi.it
Stefano Ceresa
info@ceresaarchitetto.com

Orari: da lunedì a domenica 13 – 19
Inaugurazione venerdì 5 febbraio ore 17
Scarica la locandina

Biografie
pittore Sergio Casalbore nasce in Spagna nel 1982, studia pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, vive e lavora a Como come pittore
scultore Bruno Luzzani nasce a Pognana Lario nel 1949, studia alla Scuola d’Arte G. Castellini di Como, vive e lavora a Pognana Lario come scultore
architetto Stefano Ceresa nasce a Como nel 1988, studia architettura all’Accademia di Architettura di Mendrisio, vive a Palanzo di Faggeto Lario e lavora come architetto a Como

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3 Febbraio 2016

News

Involucri sensibili e sinestesie di superficie

Il primo numero di MD Journal si propone di indagare l’involucro sensibile come tema di progetto. Assumendo dalla biologia il termine tegumento (integument), che indica l’apparato di rivestimento e termoregolazione degli esseri viventi, si vuole proporre un’analogia con le ricerche che, nell’ambito del design e dell’architettura, sono volte a studiare le potenzialità della superficie come mezzo di relazione.
Le ricerche teoriche e le esperienze progettuali condotte su una delle principali accezioni del concetto di involucro, l’imballaggio, ne hanno ampiamente dimostrato la doppia natura (protettiva e significante), di artefatto concepito per veicolare nello spazio del consumo i prodotti e i loro “discorsi”. Rimangono invece poco esplorate dalla letteratura scientifica altre connotazioni dell’involucro che, oltre ad un aspetto sensoriale e a un carattere informativo, possiede una natura simbolico-interattiva non necessariamente riconducibile alla categoria del packaging.
Negli ultimi anni le discipline del progetto hanno spesso attribuito al rivestimento-tegumento un valore autonomo e indagato l’involucro (dei corpi, degli oggetti, degli edifici) non solo dal punto di vista materiale, ma anche considerando le relazioni che esso stabilisce tra interno ed esterno attraverso superfici–membrane che ricevono, producono e rispondono a stimoli.
La presente call propone ai ricercatori che operano nell’ambito del design e dell’architettura una riflessione indirizzata alla raccolta di contributi, ricerche, sperimentazioni progettuali, saggi critici, sugli aspetti meno indagati dell’involucro nelle sue diverse declinazioni.

Una prima accezione ci sembra derivare dalla definizione stessa di tegumento e apparato tegumentario. Analogamente alla biologia, che utilizza definizioni quali cute, pelle, squama, conchiglia, scaglia, pelo, piume, scorza, buccia, guscio, il design ha cercato di definire i rivestimenti a scopo protettivo e ornamentale degli oggetti e dei corpi con termini quali: texture, carter, cover, copertina, carrozzeria, guaina, membrana, schermo, veste, patina, velatura, pellicola, tatuaggio. Questa analogia permette anche di stabilire una relazione tra le caratteristiche funzionali degli involucri e il ruolo fisiologico che i tegumenti svolgono nei vertebrati: protezione, sensibilità, regolazione termica, assorbimento, attrazione sessuale (comunicazione), difesa.
I due caratteri specifici del tegumento sono: l’isolamento e la protezione dall’ambiente o da un mezzo (aria, acqua) e la sua natura simbolico-comunicativa: nel primo caso l’interesse è per i meccanismi di feed-back che permettono la relazione interno–esterno; nel secondo emergono gli elementi del suo aspetto esteriore, che esprimono la storia collettiva (genesi comune, trasmissione di un codice) e la storia individuale, in forma di esperienze “impresse” sulla superficie. Nel proporsi come caratterizzante se stesso e una categoria, l’involucro utilizza anche segni nei quali si identifica l’immaginario collettivo, sia nei suoi aspetti arcaicizzanti che in quelli evolutivi.
Una seconda accezione di involucro viene dalle ricerche nel campo dell’architettura, dove il termine inizia ad essere utilizzato negli anni Settanta del Novecento fino a diventare un concetto chiave nelle ricerche tecnologiche sul comportamento termico degli edifici e sulle caratteristiche materico espressive delle sue membrane perimetrali. La stratigrafia dell’involucro, nata per studiarne i comportamenti in funzione della creazione di micro-climi artificiali, ha progressivamente portato a considerare la membrana esterna come un’entità autonoma, fino a teorizzare una sostanziale indipendenza tra contenitore (l’involucro, che risponde alle sollecitazioni del contesto) e contenuto, che svolge le proprie attività secondo un proprio programma.
L’intento principale della call è quello di indagare i fenomeni sinestetici di superficie, dove il progetto assuma un ruolo determinante nell’attivare forme di sensibilizzazione, comunicazione o significazione.
Di seguito alcune delle possibili articolazioni tematiche:
– membrane sensibili e forme sperimentali di interazione in superficie;
– equipaggiamenti e protezioni del corpo in condizioni estreme;
– gusci e contenitori di sicurezza del corpo e degli oggetti;
– sensibilità dei materiali per la sicurezza sul lavoro;
– superfici come limite e strumento di interazione tra reale e virtuale;
– oggetti-sensori che interagiscono con l’ambiente;
– schermi e richiamo di memorie in superficie;
– realtà aumentata come tegumento intangibile e sinestetic augmented reality;
– involucri mediatici e involucri terapeutici;
– l’infosfera delle città: il rivestimento informativo dell’ambiente pubblico;
cover e significazioni simboliche di superficie;
facies: carattere e appartenenza
– involucro e immaginario
– superficie, trasmissione di memorie, temporalità, durata e invecchiamento;
– astrattismo e sinestesia delle textures;

Processo di pubblicazione
I ricercatori interessati sono invitati a inviare alla Direzione scientifica di MD Journal, entro il 10 febbraio 2016, un abstract di 4000 battute, in lingua italiana (o in lingua inglese solo nel caso di autore/i straniero/i).
L’abstract, redatto in modo chiaro, deve rispondere ed aderire coerentemente al tema della Call esplicitando l’oggetto dell’articolo proposto e la finalità del contributo; deve essere accompagnato da parole chiave poste ad evidenziare i punti essenziali del progetto di paper.
L’abstract dovrà essere inviato all’indirizzo materialdesign@unife.it
L’accettazione delle proposte di articoli verrà comunicata ai proponenti entro il 20 febbraio 2016.
Gli autori dovranno, successivamente, inviare gli articoli (completi di tutti gli apparati documentali, vedasi il link in basso) entro il termine del 20 aprile 2016 sempre all’indirizzo materialdesign@unife.it
Dopo la peer review da parte dei referee, agli autori dei contributi saranno comunicate le indicazioni entro il 20 maggio 2016 e la stesura finale dell’articolo dovrà essere inviata all’indirizzo materialdesign@unife.it entro il 15 giugno 2016.
La data di uscita, in e-Publishing, di MD Journal 1/2016 è prevista per il 20 luglio 2016; la sua fruizione è pubblica recependo la filosofia dell’Open Access.
Contestualmente si procederà alla stampa della rivista, per l’invio agli autori e alle principali biblioteche nazionali.

Della natura e dei modi di scrittura degli articoli scientifici
Si ricorda che un articolo scientifico presuppone sempre:
– definitezza e sviluppo dei temi d’indagine;
– linguaggio argomentativo di tipo intersoggettivo rivolto ai propri pari;
– istituzione di rapporti e confronti rispetto al sapere consolidato;
– esplicitazione delle references (attraverso note, bibliografie, fonti).
Al riguardo si veda http://www.materialdesign.it/it/journal-md//_68.htm
Gli articoli devono essere scritti in italiano; in inglese solo per gli autori stranieri.
Per la redazione degli articoli è fondamentale attenersi alle Norme editoriali.
Al riguardo si veda: http://www.materialdesign.it/it/journal-md//_61.htm

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26 Gennaio 2016

News

Grassi 1880 per gli uffici Arneg


Lavello a massello in Nero Marquinia

Su progetto dell’architetto Barbara Bogoni la Grassi 1880 ha partecipato al completo rinnovo degli uffici della Arneg S.p.A.
La scelta è ricaduta sul Grigio Alpi Levigato per i pavimenti e sul Bianco Avorio levigato per i 1500 mq di rivestimenti parietali degli uffici.


Pavimento in Grigio Alpini e rivestimenti in Bianco Avorio levigati

Per i bagni e i volumi di servizio si è invece preferito uniformare pavimenti e rivestimenti attraverso l’adozione del grigio alpi.
Il Nero Marquinia impreziosisce invece i lavandini a massello, mentre per il lavello a colonna è stato scelto il Bianco Avorio Levigato.


Rivestimenti gradini in Grigio Alpini e pareti in finitura graffiato a mano

Accostamenti cromatici riusciti che, unitamente al vetro destinato a delimitare alcuni spazi, donano eleganza e dinamismo all’insieme.


Pavimenti e rivestimenti in Grigio Alpiini Levigato e lavello a colonna in Bianco Avorio Levigato

Note
Uffici ARNEG – Marsango – Padova Italia
Nazione:
Italy
Città: Padova
Anno: 2015
Pietre: Bianco Avorio Levigato
Grigio Alpini Levigato
Nero Marquinia

Vai a Grassi 1880

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