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17 Aprile 2009

Principale

MARMI E PIETRE DELLA VERSILIA. Materiali, lavorazioni, applicazioni

cava

Ciclo di seminari rivolto a progettisti, tecnici delle pubbliche amministrazioni
e operatori del settore lapideo
Progetto scientifico: Davide Turrini

I seminario
DALLA MATERIA AL MATERIALE
Giovedì 14 maggio 2009, ore 14.30 – 18.30

Anna Maria Ferrari
I LITOTIPI DELLA VERSILIA. Aspetto, mineralogia e caratterizzazione
Davide Turrini
DA MOTRONE AL MERCATO GLOBALE. Cave e pietre della Versilia tra storia e contemporaneità

Venerdì 15 maggio 2009, ore 9.30 – 18.30

VISITA ALLE CAVE DEI MARMI VERSILIESI

II seminario
ARCHITETTURA D’INTERNI
Venerdì 22 maggio 2009, ore 9.30 – 18.30

Davide Turrini
CONTEMPORARY STONE SURFACES. Il design delle superfici litiche
Veronica Dal Buono
STONE REMIX. Le pietre dell’invenzione
Alfonso Acocella
INTERIOR DESIGN. Pietra, spazio, architettura

IL PROGETTO VIRTUALE DELL’ARCHITETTURA IN PIETRA.
Visita a Lucense-Percro con esperienza in realtà immersiva 3D.

Sabato 23 maggio 2009, ore 9.30 – 13.30

Antonio Ragone
IL PIANO PAVIMENTALE. Materiali, progetto, posa in opera

IL CANTIERE DEL PAVIMENTO IN MARMO.
Simulazione di esecuzione con posatori specializzati

III seminario
LA PIETRA STRUTTURALE
Venerdì 29 maggio 2009, ore 9.30 – 18.30

Davide Turrini
ARCHITETTURE IN PIETRA PORTANTE. Triliti, murature, pietra armata
Veronica Dal Buono
RE-MOULDED STONE. Monoliti ricomposti per l’architettura contemporanea

LAVORAZIONI TRIDIMENSIONALI E FILIERE CAD/CAM/CNC.
Visita ai reparti produttivi delle aziende versiliesi

Sede dei seminari:
Cosmave, via Garibaldi 97, 55045 Pietrasanta (LU)
Scadenza iscrizione:
11 maggio 2009
Per informazioni e iscrizioni:
Formetica, P.zza Bernardini 41, 55100 Lucca
tel. 0583 440 604


Scarica il programma e la scheda informativa dei seminari

Vai a: Cosmave

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17 Aprile 2009

Principale

Le Forme dell’armonia tra Architettura e Natura

Secondo Colloquio internazionale
Progettare e gestire l’ambiente: il paesaggio
“Le Forme dell’armonia tra Architettura e Natura”

conv

martedì 21 aprile 2009
dalle ore 9,00 alle ore 18,30

Sede didattica del Corso di Laurea
Via di Sant’Antonio, 23
Bracciano

Martedì 21 aprile 2009 a Bracciano, nella sede didattica del Corso di Laurea triennale in Progettazione e Gestione dell’ambiente, dalle ore 9,00 alle ore 18,00 si svolgerà il secondo Colloquio internazionale dedicato al Paesaggio: “Le forme dell’armonia tra architettura e natura”.
Dopo il successo della prima edizione, il “Colloquio internazionale” è divenuto un appuntamento annuale di riferimento e di dibattito sulla formazione della nuova figura professionale in linea con la Convenzione Europea del Paesaggio: ‘l’esperto dell’habitat contemporaneo’ ovvero il Responsabile di una “progettazione globale” che si fonda sul monitoraggio della sostenibilità degli interventi di trasformazione.
Gli eventi e le emergenze ambientali recenti hanno messo ancor più in evidenza l’urgenza di valorizzare, recuperare e riprogettare i valori etici ed estetici dell’ambiente e del paesaggio, concetti ‘chiave’ del I Colloquio svoltosi nel 2008 e caratterizzatosi per la diversità delle materie di studio e degli ambiti disciplinari coinvolti.
Il ‘II Colloquio’ approfondisce il tema della ‘Progettazione e gestione dell’ambiente: Il Paesaggio’ prevedendo per questa seconda edizione un focus sulle “Forme dell’armonia tra Architettura e Natura” approfondito nell’ambito di tre sessioni: il “Paesaggio urbano”, il “Paesaggio Agrario” e la “Pianificazione Paesistica”. Ciascuna sessione rappresenta una delle tre anime formative del Corso di laurea in Progettazione e Gestione dell’Ambiente: Architettura, Agraria e Pianificazione.
Anche per l’edizione 2009 tornano a colloquio con intenti transdisciplinari: geografi, naturalisti, agronomi, forestali, storici e architetti per leggere il paesaggio oltre le forme visibili, per comprenderlo nella sua unità e diversità, per conoscerne a fondo la complessità per proporre un importante momento di sintesi.
«È in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo…» tratto da “Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares” di Fernando Pessoa

Il paesaggio è un organismo complesso dal punto di vista della morfologia (geologia, idrogeologia, botanica), dell’architettura, delle infrastrutture e dell’urbanistica; una vera e propria “opera aperta” su cui hanno inciso e continuano a farlo le modificazioni antropiche e le evoluzioni naturali.
“Leggere”, “comprendere” e “descrivere” il paesaggio significa quindi confrontarsi con una forma primaria, naturalistica, di per sé al di fuori dalle categorie della completezza e dell’organicità, e una forma derivata, risultante, frutto dell’azione antropica, non solo temporale, ma soprattutto sociale ed economica.
Nel corso del ‘II Colloquio’ sarà distribuita gratuitamente fino ad esaurimento la pubblicazione degli atti del ‘I Colloquio’ a cura di C. Mariano e C. Tavani, edito da Kappa.

Il Corso di Laurea triennale in Progettazione e Gestione dell’ambiente
Corso interfacoltà nato ormai da quattro anni tra la Facoltà di Architettura Valle Giulia della Sapienza, Università di Roma, e la Facoltà di Agraria dell’Università di Viterbo La Tuscia.
Struttura e organizzazione del Comitato Scientifico
L’organizzazione dell’iniziativa è supportata dalla costituzione di un Comitato Scientifico composto da:Lucio Carbonara, Achille Maria Ippolito, Antonio Leone, Carlo Magnani, Maurizio Marcelloni, Richard Moore, Riccardo Priore, Giuseppe Scarascia Mugnozza, in rappresentanza di tutti i partner dell’iniziativa.
Il Comitato organizzativo
E’ costituito da Cristiano Tavani (Architettura), Raffaele Pelorosso (Agraria), Carmela Mariano (Pianificazione).
Partner
Corso di Laurea in Progettazione e Gestione dell’Ambiente
Dipartimento di Architettura e Costruzione AR_COS dell’Università La Sapienza di Roma
Dipartimento di tecnologie, ingegneria e scienze dell’ Ambiente e delle Foreste D.A.F, dell’Università della Tuscia di Viterbo
Dipartimento di Pianificazione Territoriale e Urbanistica (DPTU) dell’Università La Sapienza di Roma
CRA Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura
RECEP Rete europea degli enti locali per l’attuazione della Convenzione Europea del Paesaggio
UNISCAPE Rete europea di università per l’attuazione della Convenzione europea del paesaggio
Media Partner
Rivista architettura del paesaggio – PAYSAGE
Contributi
Lions Club di Bracciano Anguillara S. Monti S.
Associazione Promoverde.
Patrocini
Regione Lazio
Provincia di Roma
Provincia di Viterbo
Comune di Bracciano
Comitato organizzativo:
area Architettura
arch. Cristiano Tavani
Cell. : +39 333 2702304
E-mail: c.tavani@tavanicristiano.191.it
area Pianificazione
arch. Carmela Mariano
Cell. : +39 349 6782290
E-mail: carmenroma@libero.it
area Agraria
dott. Raffaele Pelorosso
Cell. : +39 328 6313330
E-mail: pelorosso@unitus.it

INFORMAZIONI RIEPILOGATIVE:
Giorno: martedì 21 aprile 2009
Orario: dalle ore 9,00 alle ore 18,30
Luogo: Sede didattica del Corso di Laurea triennale in Progettazione e Gestione dell’ambiente – Via di Sant’Antonio, 23 Bracciano
Ingresso: Gratuito
Catalogo: distribuzione gratuita degli atti del ‘ I Colloquio internazionale ’ edito da Kappa nel 2009
Sito web: http://w2.architetturavallegiulia.it/
E-mail: pgambiente@uniroma1.it
Vai al sito

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16 Aprile 2009

Principale

Evolving Stones

pietra-cobal

In occasione del Fuorisalone 2009, SpazioFMG per l’Architettura ospita FMGxtreme Lab.

Dal 22 al 26 aprile la galleria, che da due anni presenta mostre e eventi dedicati al mondo del progetto in collaborazione con il Corriere della Sera e con il patrocinio del Comune di Milano, vedrà alternarsi architetti quali: Andrea Boschetti (Metrogramma), Cherubino Gambardella, Francesco Librizzi, Giancarlo Marzorati, Pietro Carlo Pellegrini, Filippo Pagliani e Michele Rossi (Park Associati).
Tutti saranno impegnati nel creare, anche grazie al supporto fisico e virtuale dei tecnici del laboratorio di FMG, riprodotto scenograficamente all’interno dello spazio, la propria texture FMGxtreme, dando vita alla prima gamma di pietre naturali nate dall’invenzione e le esigenze proprie del progettista, andando persino oltre i confini delle pietre di cava esistenti in natura.
FMG Fabbrica Marmi e Graniti torna quindi nel suo spazio milanese in via Bergognone con un’evoluzione del progetto-laboratorio FMGxtreme, dove i suoi materiali pregiati e ecosostenibili sono protagonisti di “traduzioni estreme” da parte di architetti e designer sempre alla ricerca di possibili espressioni innovative. “Il futuro dell’architettura vuole materiali di qualità, sostenibili, che esprimano il risultato di una ricerca nuova anche in fatto di estetica. L’evento FMG al Fuorisalone presenta al mondo il progetto Evolving Stones di FMGxtreme – anche attraverso la linea-collezione Nature 2.0 -, la prima gamma di lastre naturali costruite in fabbrica nate dalla creatività del progettista, che si distinguono immediatamente per l’esclusività e l’artigianalità realizzativa. Pezzi unici, sperimentali, frutto di una progettazione inedita customizzata alle idee di un architetto o di un designer. Il top di gamma di un brand innovativo e anticipatore di tendenze, in grado di dialogare direttamente e concretamente con il mondo dell’architettura” commenta Luca Molinari, curatore e direttore artistico di FMG.
Durante il Fuorisalone, FMGxtreme Lab accoglierà anche il pubblico, invitandolo a immergersi nel laboratorio FMG dove vedere e toccare le polveri di pietra che rappresentano il cuore della lastra, lo spirito, l’essenza delle Evolving Stones.
Un programma digitale interattivo di facile fruizione, che permette la composizione della propria texture attraverso una miscelazione virtuale delle sabbie colorate, sarà a disposizione dei visitatori che potranno anche scegliere di vedere gli architetti impegnati personalmente al lavoro in base al seguente programma:

22 aprile ore 19.00: Giancarlo Marzorati, Pietro Carlo Pellegrini;
23 aprile ore 18.30: Francesco Librizzi, Filippo Pagliani e Michele Rossi (Park Associati);
24 aprile ore 18.30: Cherubino Gambardella, Andrea Boschetti (Metrogramma).

I contenuti e i risultati della mostra saranno poi ospitati nel sito internet www.irisfmg.it all’interno della sezione FMG Architects World.

Evolving Stones by FMGxtreme_Lab
(RE)INVENTING NATURAL STONE

22 – 26 aprile 2009
dalle ore 11:00 alle ore 21:00
Vernissage: giovedì 23 aprile alle ore 19:00

SpazioFMG per l’Architettura
Via Bergognone, 27
20141 Milano
tel. 02 89410320

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14 Aprile 2009

English

Michele De Lucchi and the rarefied stone

Versione italiana


Detail of Michele De Lucchi’s project for the reception corner of “Natural Vision Stone 2009” space, realised for PIBA Marmi.

For years Michele De Lucchi has been following a particularly fertile creative path based on the “experience” of natural materials that are touched, weighted, sectioned and re-composed and then re-interpreted in their most peculiar aspects and regenerated in new forms and consistencies into the project of a contemporary design.
Representative of this project, that is experimental even before being theoretical, are the little constructions that, in recent years, the designer has been realising with panellists made of wood or stone, cutting himself minimal portions of the material and then re-assembling them in stratified and solid volumes, that recall elementary circle- or square-shaped implants.
Interpreting these “little houses” as pure entertainment or, at the opposite, as real models of micro-architecture is a purely critical exercise: the value of these little works isn’t linked to compositional motivations or to the formal so-obtained result, but in the contrary to the process through which materials are divided and re-united in a puzzle system; thanks to this procedure the designer gains familiarity with the most intimate characteristics of the material, with its veins or mineral textures, its colours, its density, its weight, its permissiveness to be reduced at minimal terms in order to give life, in a
second moment, to varied aggregative devices.


“Little house” realised by Michele De Lucchi.

Throughout this experimentation path, aimed to fully comprehend natural materials and to look for new styles and rhythms in an original and totally contemporary surface design, De Lucchi has accomplished in 2008 the project of “La Palissade”, a fair pavilion made of stone realised for PIBA Marmi, and is now going to sign the reception corner of “Natural Stone Vision – Sacred and Profane”, an exhibition event organized at Spazio Giovannoni in via Stendhal, Milan, in the occasion of the next edition of Salone del Mobile. The new setting, studied once again for PIBA, a firm based in Chiampo and specialized in stone design, contains a big table surrounded by seats and, on the background, a backdrop characterized by a fragmented look.
All these elements will be manufactured in drilled or inlayed limestone plates, based on a plan that seems to reproduce, in a stylized way, the subtle and dogged weaving of the industrious Aracne.
Net, knitting, development of intersected lines: the project, that the designer has conceived in collaboration with Angelo Micheli and Philippe Nigro, employs discontinuous, functional and aesthetical schemes, in which the design and the solid plenitude of the stone material come together with the immateriality and lightness of void spaces, giving life to light and fluctuating modular grates. The conventional density of stone, in this case, is declined in sparse and informal geometrical woofs that are able to create different types of texturizations of shadows and lights, depending on illumination being incident, grazing or filtering.


Plan of De Lucchi’s setting for “Natural Stone Vision 2009”.

Thinning stone out in varied rhythms and intermittences that let opacity and transparency coexist, means creating for the vision impredictable gaps inserted in a peculiar on-off logic. It consists of a distributive strategy converging on the purpose of rarefaction and lightening of the material that meets the void. In this way light, as a more-than-ever active and modellating factor, is bearer of a powerful interpretation of the theme of lightness: light acts on a discontinuous texture, passes through the stone woof without any intermediary or stays on the surface creating shadows or illuminating it with different intensities, so it confers to the schemes elaborated for Natural Stone Vision new material and figurative consistencies.


Phases of the manufacturing of drilled and inlayed plates at PIBA Marmi laboratories.

The notion of screen refers to the concept of demarcation, of separation obtained through a composition of solid elements in order to sign some limits; these limits, however, aren’t absolute, nor are presented as net and definite like the walls that usually define rooms, but seem more permeable and filtering. The idea of a filter conveys the duality of separation and connection: we can read in it the transformation of the material in a device that attracts the gaze and makes expect a studied and graduated effect of uncovering of realities that go beyond it; realities that are announced as very close to be discovered but at the same time as never truly reachable, through the trespassing of the filter itself.
The signification De Lucchi’s texture responds to is the relationship between extremely opposite entities as plenitude and void, light and shadow, inside and outside, access and obstacle, in a continuous oscillation between the affirmation of a concrete and profound architectural materiality and its dissolution in an inexpressible immateriality. In this subtle game of balancing, transparency and opacity are to be looked as equal and identically fundamental topoi.


Components for the reception corner “Natural Stone Vision 2009”.

With their ambiguous fascination, the “discretion” and the “indiscretion” of a relative visibility, of a measured opacity, of a guided and equilibrate perception, characterize the conceptual base of the developing of this free interpretation of the wall, in which the archetypical status of this closed wrapping is substituted by semitransparent and discontinuous layers, able to partially attract, absorb or reflect light and images, selectively maintaining or fading the limits of shapes, creating games of horizontal or inclined luminous rays and activating never-seen-before visual and chromatic experiences.


Drilled and inlayed textures designed by Michele De Lucchi for “Natural Stone Vision 2009” space.

Michele De Lucchi’s stone-made grates and weaves for Natural Stone Vision transmit a selected and fragmented luminous flux able to create a vivid mosaic of spots, and give to the project of the contemporary design multiple suggestions, rich in expressive potentialities which, in this specific case, concern the world of thin leather, incised with regular ornamental diagrams or with more unusual suggestive designs, abstract signs not subjected to the rules of geometrical articulation, but of a figurative and symbolic universe.

by Davide Turrini

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Michele De Lucchi
PIBA Marmi

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14 Aprile 2009

Design litico

Michele De Lucchi e la pietra rarefatta

English version

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Dettaglio progettuale di Michele De Lucchi per il corner reception dello spazio “Natural Stone Vision 2009”, realizzato da PIBA Marmi.

Da tempo Michele De Lucchi ha intrapreso un percorso creativo particolarmente fecondo, basato sull'”esperienza” dei materiali naturali che toccati, soppesati, sezionati e ricomposti, vengono reinterpretati nei loro caratteri più pregnanti e restituiti in nuove forme e consistenze al progetto di design contemporaneo.
Emblematiche di tale processo, sperimentale prima ancora che teorico, sono le piccole costruzioni che da alcuni anni il designer realizza con listelli di legno o di pietra, tagliando personalmente porzioni minime di materia per poi ricomporle in volumi pieni e stratificati, che ricordano architetture elementari di impianto quadrato o circolare.
Interpretare tali “casette” come puri divertimenti o, per contro, come veri e propri modelli di micro-architetture, è un esercizio eminentemente critico: il valore di tali piccole opere non sta infatti in motivazioni puramente compositive, o nel risultato formale raggiunto, quanto piuttosto nel processo tramite il quale i materiali vengono suddivisi e rimontati in un sistema di incastri; grazie a questo iter il designer acquisisce dimestichezza con i caratteri più intimi della materia, con le sue venature o le sue tessiture minerali, il suo colore, la densità e il peso, con la sua disponibilità ad essere ridotta ai minimi termini per poi dar vita a dispositivi aggregativi di varia natura.

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Casetta in pietra realizzata da Michele De Lucchi.

Lungo tale percorso di sperimentazione, teso a metabolizzare i materiali naturali alla ricerca delle nuove scritture e dei nuovi ritmi di un originale surface design del tutto contemporaneo, De Lucchi è approdato nel 2008 alla progettazione de “La Palissade”, padiglione fieristico in pietra realizzato per PIBA Marmi, e oggi firma il corner reception di “Natural Stone Vision – Sacro e Profano”, evento espositivo organizzato presso lo Spazio Giovannoni di via Stendhal, a Milano, in occasione della prossima edizione del Salone del Mobile. Il nuovo allestimento, studiato ancora una volta per PIBA, azienda di Chiampo specializzata in design litico, comprende un grande tavolo circondato da sedute sullo sfondo di una quinta-paravento dall’andamento spezzato.
Tutti gli elementi saranno realizzati in lastre di pietre calcaree, traforate o intarsiate, in base a un disegno che sembra riprodurre, stilizzandola, la tessitura sottile e tenace della laboriosa Aracne.
Rete, maglia, inviluppo di linee intersecate, il progetto che il designer ha realizzato in collaborazione con Angelo Micheli e Philippe Nigro, utilizza schermi discontinui, funzionali ed estetici, in cui il design e la solida pienezza della materia litica si incontrano con l’immaterialità e la leggerezza del vuoto dando vita a griglie modulari lievi e sospese. La convenzionale corposità della pietra in questi caso si discretizza in trame geometriche rade e informali che possono creare diverse tipologie di testurizzazione delle ombre portate e della luce, a seconda che quest’ultima sia incidente, radente o filtrante.

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Pianta dell’allestimento di De Lucchi per “Natural Stone Vision 2009”.

Diradare la pietra in ritmi variati e intermittenze che fanno coesistere l’opacità e la trasparenza, significa consentire alla vista imprevedibili scarti inscritti in una originale logica on-off. Si tratta di una strategia distributiva convergente verso l’obiettivo di rarefazione e alleggerimento della materia posta ad incontrare il vuoto. In questo caso l’azione della luce, quale fattore più che mai attivo e modellante, è portatrice di una potente interpretazione del tema della leggerezza: una luce che agisce su di un tessuto discontinuo, che passa all’interno della trama litica senza intermediazione alcuna, oppure ne rimane in superficie lumeggiandola o ombreggiandola con diversa intensità, conferisce agli schermi ideati per Natural Stone Vision nuove consistenze materiche e figurali.

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Le fasi di lavorazione delle lastre traforate o intarsiate presso i laboratori PIBA Marmi.

La nozione di schermo reinvia al concetto di demarcazione, di separazione ottenuta attraverso una composizione di elementi solidi allo scopo di segnare dei confini; limiti che tuttavia, in questo caso, non sono assoluti, né si presentano netti e perentori come le pareti piene che in genere definiscono uno spazio, bensì appaiono permeabili e filtranti. All’idea di filtro associamo poi la dualità della separazione e della connessione, in essa si legge la trasformazione della materia in un dispositivo che attira lo sguardo e promette un disvelamento studiato e graduato delle realtà che stanno al di là di esso; realtà che vengono preannunciate come prossime ad essere scoperte e tuttavia non saranno mai raggiungibili direttamente, tramite l’attraversamento fisico del filtro stesso.
Il senso a cui la trama di De Lucchi risponde è quello di mettere in relazione entità molto diverse fra loro come pieno e vuoto, luce ed ombra, interno ed esterno, accesso e ostacolo, in una continua oscillazione tra l’affermazione di una concreta e profonda materialità architettonica e la dissoluzione in un’ineffabile immaterialità. In tale sottile gioco di bilanciamento, trasparenza e opacità sono da riguardare come topoi paritetici e ugualmente fondativi.

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Abaco dei componenti per il corner reception “Natural Stone Vision 2009”.

Così il fascino ambiguo, la “riservatezza” e “l’indiscrezione” allo stesso tempo di una visibilità relativa, di un’opacità misurata, di una percezione guidata e calibrata, caratterizzano la base concettuale di sviluppo di questa interpretazione libera della parete, in cui lo status archetipico dell’involucro chiuso cede il campo a layers semitrasparenti e discontinui, capaci di captare parzialmente, assorbire o rimandare la luce e le immagini, di traguardare selettivamente o di sfumare i contorni delle figure, creando giochi di tagli luminosi orizzontali o inclinati e attivando inedite esperienze visuali e cromatiche.

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Textures traforate e intarsiate disegnate da Michele De Lucchi per lo spazio “Natural Stone Vision 2009”.

Le grate e gli intrecci litici di Michele De Lucchi per Natural Stone Vision veicolano un flusso luminoso selezionato e frammentato capace di creare un vivido mosaico di spot e consegnano al progetto di design contemporaneo molteplici suggestioni, cariche di potenzialità espressive che, nel caso specifico, ineriscono il mondo delle pelli sottili, incise con diagrammi ornamentali regolari o con ancor più suggestivi disegni informali, segni astratti non assoggettati alle leggi di una scansione geometrica, o di un universo figurativo o simbolico.

di Davide Turrini

Vai a:
Michele De Lucchi
PIBA Marmi

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10 Aprile 2009

Ri_editazioni

RACCONTI DI PIETRA*
Madre, Abbraccio, Casa, Forza, Silenzio, Rispetto, Bellezza, Architettura, Unicità, Patrimonio non rinnovabile

patrimonio
Foto Palmalisa Zantedeschi

Patrimonio non rinnovabile
«Resta da considerare la natura delle pietre, nelle quali la follia dei costumi umani si esplica più che altrove, anche a tacere delle gemme, dei gioielli d’ambra e dei vasi di cristallo e di mura. In effetti tutti gli oggetti di cui abbiamo trattato fino a questo libro può sembrare che siano stati prodotti per l’utilità degli uomini: ma le montagne la natura le aveva fatte per sé come una sorta di scheletro che doveva consolidare le viscere della terra e nel contempo frenare l’impeto dei fiumi e frangere i flutti marini, nonché stabilizzare gli elementi più turbolenti con l’aiuto della loro solidissima materia. Noi invece tagliamo a pezzi e trasciniamo via, senza nessun altro scopo che i nostri piaceri, montagne che un tempo fu oggetto di meraviglia anche solo valicare. I nostri avi considerarono quasi un prodigio che le Alpi fossero state attraversate da Annibale, e più tardi dai Cimbri – ora questi stessi monti vengono fatti a pezzi per ricavarne marmi delle specie più varie. I promontori vengono spaccati per lasciare passare il mare, e la natura è ridotta ad un piano livellato. Svelliamo ciò che era stato posto a far da confine fra popoli diversi, si fabbricano navi per caricarsi marmi, e le vette montane sono portate a destra e a sinistra sui flutti, l’elemento naturale più selvaggio – la cosa rimane comunque più perdonabile di quando, per avere bevande fresche, se ne va cercare il vaso fra le nubi e, per averle ghiacciate, si scavano le rocce più vicine al cielo. Tutti dovrebbero riflettere su queste cose, rendersi conto del prezzo che hanno, della grandezza dei massi che si spostano e si portano via, del fatto che senza di essi la vita di molti sarebbe tanto più felice. E questo lavoro, o meglio queste sofferenze, per quale utilità o per quale piacere gli uomini se le sobbarcano, se non per stare su pavimenti di pietre variopinte? – come se questo piacere non lo togliesse il buio della notte, che occupa la metà della vita di ognuno».1

Plinio

Note
* Racconti di pietra, testi di Alfonso Acocella e Nicoletta Gemignani, foto di Palmalisa Zantedeschi
1 Plinio, Naturalis Historia (XXXVI, I, 1). La citazione è tratta dalla traduzione di Antonio Corso, Rossana Mugellesi e Giampiero Rosati, Storia naturale, Torino, Einaudi, vol. V, 1998, pp. 966.

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7 Aprile 2009

Interviste

Gijs Bakker intervistato da Patrizia Mello*

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Gijs Bakker, fondatore nel 1993, con Renny Ramakers, di Droog Design

Patrizia Mello:
La relazione tra natura e artificio. Cosa pensa a questo proposito?
Gijs Bakker: Molti designer sono ispirati dalla relazione tra naturale e artificiale e amano giocare con questo tema. Nella collezione Droog c’è anche il progetto di una pianta artificiale. Assomiglia a un groviglio di gomma con un gran numero di foglie simili. Oggi, molte persone – anche in Olanda, un paese che esporta fiori in tutto il mondo – hanno nella propria casa fiori artificiali. Questa pianta artificiale, nella collezione Droog, non è altro che un commento ironico su questa affezione folle per le piante artificiali. Un altro genere di prodotto completamente diverso nella collezione Droog è una panchina ricavata in un tronco d’albero di Jurgen Bey. In un tronco d’albero caduto vengono fatti dei fori e al loro interno vengono inseriti schienali di sedie tipiche della tradizione olandese. Gli schienali sono stati trasformati in bronzo, aspetto che rende la panchina in parte naturale e in parte artificiale. Ma la natura è una nozione molto relativa. Quando si parla delle foreste in Olanda si pensa alla natura vergine, ma attualmente questo è un paese dove la natura vera non esiste più. La natura che si trova qui è completamente fatta dall’uomo, completamente artificiale e organizzata. Sarebbe più appropriato parlare di parchi che di foreste.

P.M. Progetto di ibridazione uomo-macchina. Pensa che il “design dell’umano” potrà essere campo d’azione per un progettista?
G.B. Mi permetta di riferire la domanda a Droog Design. Quando iniziammo nel 1993, il “design dell’umano” era il punto di partenza della nostra fondazione. All’inizio degli anni novanta, il design era ancora ristretto all’industrial design. L’industria era il committente. Noi abbiamo rovesciato questo approccio affermando: “Non è l’industria ma l’essere umano il punto di partenza”. Da questo momento in poi ci siamo sempre concentrati sul lato umano del design. Parallelamente a questa convinzione c’è stata una evoluzione all’interno dell’Accademia di Design di Eindhoven, dove io e Renny Ramakers insegniamo, tra l’altro. L’Accademia di Design è stata fondata quindici anni fa. Abbiamo cambiato i programmi e la tradizionale divisione tra settori come moda, arredamento e graphic design, e abbiamo collocato l’essere umano al centro dell’attenzione: il modo di vivere dell’uomo, il suo modo di lavorare, il modo in cui trascorre il tempo libero, ecc.

P.M. La sua idea per l’abitazione del futuro in rapporto all’attuale sviluppo tecnologico
G.B. L’abitazione e l’utilizzo dell’abitazione cambiano continuamente. Pensiamo, ad esempio, all’inizio del secolo scorso, quando l’elettricità ha fatto ingresso nella nostra vita: ogni famiglia aveva solo una lampadina appesa al centro della tavola. Lì si concentrava la vita della famiglia, lì si mangiava, si stava insieme, si leggeva il giornale e i bambini facevano i compiti. Naturalmente si tratta di tanto tempo fa. Se si considera la situazione ora e il futuro prossimo, si capisce che la famiglia tradizionale sta cambiando. Soprattutto nel Nord Europa, sempre più persone vivono da sole. Ora come ora sto lavorando a un progetto denominato Single Life. La vita sociale dei single e i contesti sociali in cui vivono producono effetti sul modo in cui attrezzano la propria casa. Lo spazio riflette una posizione completamente privata, una vita privata. La vita sociale per la maggior parte dei single è fuori. Dunque, si tratta di una situazione del tutto differente rispetto a quella di una famiglia tradizionale, e la situazione continuerà a evolvere. Ma naturalmente non è così facile, poiché le persone devono inventarsi altri luoghi per socializzare.

P.M. Innovazione e design. In che senso oggi pensa se ne possa parlare?
G.B. L’innovazione è cruciale per il design. Nel 1995, Droog ha intrapreso un progetto comune con il Dipartimento di Tecnologia Aerospaziale della Technical University di Delft. Questo dipartimento lavora con fibre hi-tech completamente nuove. Ora, dieci anni più tardi, abbiamo una nuova collaborazione con i tecnici del TU di Delft, i quali stanno concentrando la propria attenzione sullo sviluppo dei nuovi materiali, di nuove tecniche. Per noi designer è molto importante essere informati su questi sviluppi, apprenderli e lavorare insieme ai tecnici. In questo modo siamo stimolati a trovare nuove direzioni, a inventare nuove funzioni per i prodotti, a escogitare soluzioni per i processi di produzione e a creare nuove modalità di comunicazione.

P.M. Mercificazione del quotidiano e potere della comunicazione. Dal suo punto di vista, che posto occupa il design tra questi due processi?
G.B. Facciamo riferimento al mondo dei marchi aziendali, che è stato un imperativo per lungo tempo. Le aziende si preoccupano di essere visibili e riconoscibili dal consumatore. Investono una gran quantità di denaro nel marchio, in pubblicità divulgata in tutto il mondo, e tutto questo ha un grande impatto. I prodotti e i prodotti di design possono aiutare nella diffusione del messaggio e il marchio può aiutare a raggiungere una utenza ampia. Tuttavia, secondo me, si tratta di una situazione decisamente pericolosa. Se la vita è governata dalla mercificazione, vuol dire che noi compriamo i prodotti per il marchio, piuttosto che per l’uso che ne facciamo. Su questo sono assolutamente contrario. D’altra parte, se tutto questo aiuta a promuovere un prodotto utile, allora sono d’accordo. Nella collezione Droog, talvolta ci sono prodotti che definiamo “prodotti commerciali”: questi contengono sia l’aspetto funzionale che quello legato alla comunicazione.

P.M. “Il design è un fatto di cultura” diceva Dan Friedman. Cosa ne pensa?
G.B. Personalmente, parlando come direttore di Droog, considero il design un atto assolutamente culturale. Oggi si parla addirittura di “designer autore”, così come si parla dell’autore di un libro. Un “designer autore” è un individuo, con un punto di vista individuale sulla vita. Il design che lui o lei fanno si basa su questa individualità. È l’opposto di un industrial designer, che viene incaricato dall’industria e che deve risolvere problemi per l’industria: in generale prodotti che sono facili da produrre e facili da vendere. Credo molto fermamente che il designer debba essere un “designer autore”, per avere un impatto sulla nostra vita sociale.

P.M. Progetto e computer. Quali le innovazioni nel settore della progettazione di oggetti d’uso?
G.B. Considero il computer come uno dei tanti strumenti. In passato abbiamo cominciato con un chiodo e un martello. Oggi, questi strumenti si stanno perfezionando sempre più. Guardandoci attorno si può osservare che la vita non è diventata migliore o meno piacevole migliorando gli strumenti. Dunque, non dobbiamo sovrastimare l’importanza degli strumenti, poiché è il cervello umano prima di tutto il “designer autore”. Poi, d’altra parte, utilizziamo strumenti fantastici come il computer che ci permettono di visualizzare concetti presenti solo nella nostra mente, e che prima non eravamo in grado di esprimere sulla carta. Concetti talmente complessi che rimandano direttamente ai sogni. Ora, con l’aiuto del computer, ne possiamo realizzare i disegni tecnici ed avviare il processo di produzione. In questo senso il computer rappresenta una estensione molto importante del nostro cervello.

P.M. L’attuale ambiente urbano e il design. In che termini vede questa relazione?
G.B. Se ci si riferisce all’Urbano come a un luogo dove gli esseri umani vivono, questa relazione è cruciale per il designer. I nostri prodotti sono relazionati con la società, hanno un legame fortissimo con l’ambiente urbano.

P.M. Nel panorama progettuale contemporaneo quali sono i designer che ammira di più e perché?
G.B. Ammiro i “designer autore” come ho spiegato prima e non ho alcuna stima dei designer alla moda o dell’industria commerciale, che disegnano solo per grosse cifre di denaro.

P.M. Il “design italiano” può essere ancora riconosciuto come tale?
G.B. Ha, ha, ha… È molto difficile parlare del design Italiano in generale. Penso che sarebbe anche un peccato parlare del design olandese in generale, poiché si semplificherebbe troppo. Per esempio voi avete grandi designer come Enzo Mari, Achille Castiglioni, Bruno Munari.
Li considero persone di immenso valore. Secondo me sono esempi di “designer autore”. Hanno un’opinione sulla vita e affrontano il progetto in modo serio. L’Italian design ha avuto un impatto immenso sul mondo intero. Se si guarda allo sviluppo degli ultimi anni settanta, e dei primi anni ottanta con Memphis ed Alchimia, c’è stato un notevole passo in avanti nell’evoluzione del design. Non importa se alla gente piacesse oppure no. È stato semplicemente molto importante per lo sviluppo della professione. Ora è quello che si dice di Droog Design, e penso che sia vero. Ogni decade ha i propri designer che fanno un passo in avanti, mentre molti altri designer seguono il loro esempio. Droog raccoglie molte risposte positive ai propri prodotti, dall’Asia, dall’Europa, dalla Russia, dagli Stati Uniti – praticamente da tutto il mondo. Dovunque si vada, riceviamo questo genere di apprezzamento positivo, soprattutto da parte delle nuove generazioni. Significa che i designer si sentono come liberati dal nostro modo di lavorare. Di solito ci sono sempre individui differenti o gruppi di designer che fanno prevalere la professione su tutto. Bisogna tenere presente che la professione del designer è molto recente. Non c’è sempre stata. Per le belle arti come la pittura o la scultura, si va indietro nel tempo, prima di Cristo. Il design è molto più giovane, ed è incredibile come la professione di designer si sia sviluppata nelle ultime decadi.
Personalmente, non nutro alcun problema nei confronti dell’appariscente e ricco design italiano di oggi. Rappresenta un genere di look globale, che manca di un impatto individuale e spirituale. Ma questo non vale solo per l’Italia. Vedo questo ovunque, questo genere di design globale, alla moda, design minimalista con colori molto alla moda. Secondo me ha un impatto veramente minimo.

Note
* L’intervista è tratta dal testo di Patrizia Mello, Design Contemporaneo. Mutazioni, oggetti, ambienti, architetture, Electa, 2008, pp. 156-159.
Oltre a Bakker, sono stati intervistati sugli stessi argomenti: Jurgen Bey, Ronan Bouroullec, Richard Hutten, Alberto Meda, Denis Santachiara, Ilkka Terho, Marcel Wanders.

Design Contemporaneo
Mutazioni, oggetti, ambienti, architetture

AUTORE: Patrizia Mello
COLLANA: Arte contemporanea
EDITORE: Electa
PAGINE: 288
ILLUSTRAZIONI: 280
PREZZO: 39 €
ANNO EDIZIONE: 2008

Il volume fa il punto sulle nuove mutazioni del design contemporaneo, puntando a colmare un vuoto di impegno teorico e critico.
L’autrice Patrizia Mello mira in particolare a configurare una mappa degli eventi più significativi che stanno segnando lo sviluppo del design contemporaneo, all’interno della quale orientarsi e trovare di nuovo senso per l’azione progettuale, al di là della semplice registrazione dei fatti e delle tendenze.
A partire dagli anni Settanta del Novecento e fino a oggi, viene esplorato il tema dell’innovazione nel progetto e dell’influenza esercitata sul sociale: dal nostro rapporto con gli oggetti ai differenti comportamenti che ne scaturiscono, dal modo di vivere in casa a quello di concepire l’ambiente domestico.
Il volume fornisce una valutazione delle attuali tendenze nel settore dell’industrial design e dell’ambiente domestico in generale, in particolare alla luce di uno dei cambiamenti più significativi che riguardano l’attuale momento storico: l’influenza delle nuove tecnologie elettroniche, che porta a un rapporto sempre più intimo e disinibito con gli oggetti, i quali finiscono per essere considerati parte integrante di se stessi.
Inoltre i cambiamenti che interessano i metodi di produzione, e il conseguente moltiplicarsi delle possibilità di dare forma alle idee, sta ampliando da diversi anni la gamma di scelte del progettista. Si arriva quindi alla progettazione di materiali su misura, in vista di performance sempre più raffinate, accattivanti dal punto di vista estetico e singolari rispetto alle soluzioni funzionali adottate.
È l’universo materiale che prende vita, che ci attrae sempre più, che esercita fascino sugli sguardi.
Le varie argomentazioni si distribuiscono nel testo attraverso l’individuazione delle sperimentazioni più recenti sul modo di concepire oggetti e ambienti, in particolare attraverso l’analisi del lavoro di alcuni designer contemporanei: Philippe Starck, Droog Design, i fratelli Bouroullec, Alberto Meda, Denis Santachiara, i Valvomo. E attraverso le differenti modalità di approccio al progetto oggi è possibile individuare sintomi di innovazione reale nel magma di produzione materiale oggi presente sul mercato.
Il tempo della standardizzazione, del rigore dei linguaggi e delle visioni univoche è ormai un ricordo lontano. Il progetto, grazie a possibilità di realizzazione sempre più evolute, può essere più incisivo nei confronti dell’azione sul sociale, e i confini tra architettura e design sono sempre meno distinti, a favore di un senso di operatività diffusa a vari livelli. È così che oggi il progetto può rispondere alle esigenze del maggior numero di utenti possibile, operando in vista di una maggiore accessibilità dei luoghi, suggerendo comportamenti e stimolando all’azione.
In sintesi, l’analisi e la ricerca avanzata da Patrizia Mello in questo volume si arricchisce di numerosi esempi e di riferimenti culturali con lo scopo di proiettare lo sguardo verso il futuro, gettando le basi per una sistematizzazione di nuove teorie e per dare forma al presente, troppo spesso lasciato alla improvvisazione dei pensieri e alla superficialità delle mode.

L’autrice
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Patrizia Mello si interessa di teoria del progetto contemporaneo, di architettura e di disegno industriale, argomenti su cui svolge attività di ricerca, con pubblicazione di numerosi articoli e saggi, organizzazione di convegni e incontri di studio. Insegna presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Nel 1995 ha fondato e diretto, fino alla chiusura, IDEA. (Industrial Design Electronic Address), uno dei primi siti Internet di design esistenti a livello internazionale, e il primo in Italia.
Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Philippe Starck. Progetti in movimento (Festina Lente, 1997), Spazi della patologia Patologia degli spazi (Mimesis, 1999), L’ospedale ridefinito. Soluzioni e ipotesi a confronto (Alinea, 2000), Metamorfosi dello spazio. Annotazioni sul divenire metropolitano (Bollati Boringhieri, 2002), Ito Digitale. Nuovi media, nuovo reale (Edilstampa, 2008).

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6 Aprile 2009

Principale

New York: Il design italiano torna protagonista con una mostra promossa da Columbia University e MoMa

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MOSTRA
“Enviroments and Counter Experimental Media in Italy:
The new Domestic Landscape – MoMA 1972”

Luca Molinari con Peter Lang e Mark Wasiuta “rileggono” la mostra evento che lanciò il design italiano nel mondo
New York
Columbia University-Arthur Ross Architecture Gallery,
Buell Hall 13 aprile-8 maggio 2009
(lun-ven dalle ore 12.00 alle 18.00)

Promotori:
Columbia University-GSPP (Graduate School of Architecture Planning and Preservation) con la partecipazione del MoMa-Museum of Modern Art, New York Sotto l’egida del MoMa e della Columbia University il design italiano torna in primo piano a New York con una esposizione-rilettura della storica mostra Italian: the new Domestic Landscape che nel 1972 avviò la stagione di una nuova generazione di progettisti che ancora oggi rappresenta uno dei punti più alti della creatività nazionale.
Dal 13 aprile all’8 maggio nella sede della Columbia University (Arthur Ross Gallery) va in scena “Enviroments and Counter Experimental Media in Italy: The new Domestic Landscape – MoMA 1972” a cura di Luca Molinari, Peter Lang e Mark Wasiuta.
Mario Bellini, Alberto Rosselli, Marco Zanuso e Richard Sapper, Joe Colombo, Gae Aulenti, Ettore Sottsass, Gaetano Pesce, Archizoom, Superstudio, Ugo La Pietra, Gruppo Strum e 9999 tornano protagonisti in una mostra che raccoglie, in un nuovo allestimento, i documenti originali e i video multimediali realizzati nella sezione dedicata agli ambienti domestici allestiti nelle gallerie del MoMa in occasione della mostra storica curata da Emilio Ambasz. Questi materiali ancora oggi impressionano per capacità di cogliere i labili confini tra le diverse discipline e insieme di guardare alla realtà domestica come a un luogo di formidabile sperimentazione sociale oltre che estetica.
“La mostra vuole essere una testimonianza della qualità visionaria del design italiano, della sua capacità di immaginare scenari futuribili anche attraverso l’uso pioneristico della tecnologia. Si vuol sottolineare il valore di quelle ricerche e la loro attualità anche dopo 40 anni” spiega Luca Molinari, che continua “La mostra si concentra sulla sezione sperimentale degli ‘ambienti domestici’ ideati e costruiti nelle gallerie del MoMA. Ogni ambiente era animato da installazioni audio e video, usate per la prima volta dai designer per animare gli spazi e aumentare l’interattività con i visitatori.
Emilio Ambasz, il curatore della mostra originale, stimolò i progettisti a ideare ambienti e elementi d’arredo capaci di attivare nuovi rituali e abitudini lungo tutto l’arco della giornata, creando spazi capaci di ospitare oggetti “mutanti” nella forma e nella funzione, metafora di un’identità di una società che stava vivendo una profonda metamorfosi. I filmati e i progetti multimediali realizzati per “Enviroments and Counter Experimental Media in Italy: The new Domestic Landscape – MoMA 1972”, focus di questa nuova mostra, ebbero proprio la funzione di dimostrare e rendere viva e reale la trasformazione. Questa riedizione riscopre e ripropone l’efficacia che tale approccio ha in quanto metodo per ripensare e andare oltre i limiti e le frontiere dell’architettura”.
Il tema affrontato dalla mostra è anticipato e approfondito da due conferenze:

Revisiting The New Domestic Landscape – Part I at MoMA: OBJECTS
9 aprile – MoMa – Theater 3 (4 West 54th Street, New York) – ore 18.30
Intervengono Emilio Ambasz, Mario Bellini, Gaetano Pesce
Modera: Mark Wigley, Dean of the GSPP-Columbia University
Introduce: Barry Bergdoll, The Philip Johnson Chief Curator of Architecture and Design at MoMA

Revisiting The New Domestic Landscape – Part II at GSAPP: ENVIRONMENTS
10 aprile – Columbia University–Wood Auditorium, Avery Hall – ore 18.30
Faccia a faccia tra Andrea Branzi (Archizoom) e Hans Ulrich Obrist (Co-Director Exhibitions and Programmes and Director of International Projects della Serpentine Gallery)
I curatori Mark Wasiuta, Peter Lang e Luca Molinari conversano con Felicity Scott (GSAPP)
Introducono Mark Wigley, Dean, GSAPP e Barry Bergdoll, The Philip Johnson Chief Curator of Architecture and Design at MoMA.

La mostra e gli incontri fanno parte del progetto della GSPP (Graduate School of Architecture Planning and Preservation) della Columbia University “Living Archieve Program Exhibition” dedicato agli archivi “viventi” di architettura e design del Novecento che nell’insieme riflettono criticamente su alcune delle esperienze progettuali e sperimentali più innovative e avanzate degli ultimi decenni.
I video, i materiali, i disegni e le foto originali di “Enviroments and Counter Experimental Media in Italy: The new Domestic Landscape – MoMA 1972” provengono dall’archivio MoMa e dagli archivi italiani di Firenze, Milano, Parma e Torino.

SCHEDA TECNICA
TITOLO
Environments Counter-Environments Experimental Media in Italy:
The New Domestic Landscape, MoMA 1972
CURATORI
Peter Lang, Luca Molinari, Mark Wasiuta
PROMOTORI
GSPP,- Columbia University con la collaborazione del Museum of Modern Art, NY
PROGETTISTI IN MOSTRA
Mario Bellini – Alberto Rosselli – Zanuso-Sapper -Joe Colombo – Gae Aulenti – Ettore Sottsass Jr.- Gaetano Pesce – Archizoom – Superstudio – Ugo La Pietra – Gruppo Strum – 9999
PERIODO
13 aprile – 8 maggio 2009
SEDE
Arthur Ross Architecture Gallery, Buell Hall
ORARI
LUN-VEN dalle 12.00 alle 18.00
SI RINGRAZIA
The Robert C. and Loren Pack Beyer Fund
The Italian Cultural Institute, New York

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5 Aprile 2009

News

Presentazione del volume
Luigi Moretti 1907-1973

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Presentazione del volume
Luigi Moretti 1907-1973
(Electa, Milano 2008)
di Cecilia Rostagni

Facoltà di Architettura di Ferrara
Mercoledì 8 aprile 2009

Ore 17,30
La presentazione si svolgerà a Palazzo Tassoni
via della Ghiara 36

Il libro presenta l’intera opera progettuale di Luigi Moretti, valorizzandone l’intima coerenza ed unità. Riconosciuto solo recentemente come uno dei massimi architetti italiani del Novecento, Moretti ha realizzato in ciascuna fase della sua articolata attività edifici di particolare rilevanza, dall’Accademia di scherma al Foro Italico a Roma nel periodo fascista al complesso del Watergate a Washington negli anni sessanta. In stretto rapporto con il percorso progettuale, Moretti ha sviluppato sin dagli anni giovanili una intensa riflessione teorica, culminata negli anni cinquanta nella fondazione della rivista “Spazio” e dell’Irmou (Istituto Nazionale per la Ricerca Matematica e Operativa per l’Urbanistica). Il libro, che documenta per la prima volta nella sua ampiezza e complessità l’opera dell’architetto romano, è incentrato su un saggio critico di ampio respiro, organizzato secondo un ordine cronologico e tematico. All’interno della sequenza cronologica l’opera di Moretti è esaminata da tre punti di vista: come opera architettonica nello svolgersi temporale di progetti e realizzazioni; come opera “culturale” seguendo il filo delle numerose attività di studio e di ricerca; e, infine, sullo sfondo del contesto economico, politico e culturale dell’Italia del Novecento, con il quale essa ripetutamente si è intrecciata. Approfondite schede, illustrate da materiali in gran parte inediti, descrivono i principali edifici progettati o realizzati dall’architetto in oltre quarant’anni di attività. Completano il volume il regesto delle opere, in cui viene ordinata una produzione ampia e variegata, e una dettagliata bibliografia.

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Sommario
Aloisius Moretti Romanus. Gli anni della formazione e gli esordi professionali a Roma negli anni venti e trenta
Architetto del regime? Moretti negli anni del fascismo
Moretti teorico. Matematica e la rivista «Spazio»
Moretti negli anni cinquanta. Le opere della maturità
Moretti e la professione. Progetti e realizzazioni degli anni sessanta
Opere e progetti
Apparati
Regesto delle opere
Fonti archivistiche
Biografia
Bibliografia

Biografia dell’autore
Cecilia Rostagni ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Storia dell’Architettura all’Università Iuav di Venezia. Insegna e collabora alla didattica presso il Corso di laurea in Ingegneria edile-architettura della Facoltà di Ingegneria di Trento.

(Vai al sito della Facoltà di Architettura di Ferrara)
(Vai al sito di Electa)

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3 Aprile 2009

Citazioni

Architettura dei sensi

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Il travertino di Rapolano protagonista nei nuovi spazi sensoriali delle Terme di Chianciano

«La coscienza moderna e la percezione della realtà si sono gradualmente sviluppate attraverso il dominio incontrastato del senso della vista. Sin dai tempi della Grecia classica il pensiero era basato sul vedere: Platone considerava la visione come la più importante facoltà dell’uomo perché più vicina all’intelletto e separava la sensazione dal pensiero e anche Aristotele considerava la vista come il più nobile dei sensi perché coglie aspetti più immateriali e quindi è più vicina all’intelletto. Durante il Rinascimento poi, si è codificata la rappresentazione dello spazio con l’invenzione della prospettiva che ha fatto dell’occhio il punto centrale del mondo percepito, associandolo così alla cognizione di sé.
[…] Se già storicamente il senso della vista era uno dei sensi privilegiati (Hegel limita alla vista e all’udito i sensi in grado di essere veicolo di piacere estetico), oggi assistiamo a un suo ulteriore accrescimento di importanza. Infatti, con le tecnologie interattive e la rivoluzione delle trasmissioni, il corpo umano si è trasformato in una sorta di “uomo terminale”, che per mezzo di veicoli statici audiovisivi, viaggia in un mondo telepresente.
[…] Tutto ciò, comunque, è parzialmente vero, infatti, nel mondo occidentale, si stanno riscoprendo i sensi fino a oggi negletti e questa presa di coscienza rappresenta un modo di insorgere contro la deprivazione sensoriale che stiamo soffrendo in un ambiente invaso dalla tecnologia. Vari filosofi, negli ultimi anni, si sono occupati di analizzare questo fenomeno del dominio della visione nella cultura occidentale, come per esempio David Michael Levin e Drew Leder che in particolare hanno studiato come in realtà la percezione sia il risultato di un’interazione tra i sensi. Davide Michael Levin critica l’egemonia del senso della vista nella nostra cultura dominata, a suo dire, da un oculocentrismo.
[…] Drew Leder, a sua volta, denuncia nel suo libro “The absent body” il modo di vivere della società occidentale, modo che egli definisce dis-corporato. […] Questo modo di vivere non deve la sua causa solo alla tecnologia e al benessere, ma si è potuto sviluppare principalmente grazie all’idea platonica che esaltava l’anima pura e disancorata dal corpo insieme alla concezione cartesiana del cogito, che relegava il corpo a un ruolo secondario a favore della ragione. L’autore rileva però il crescente interesse per un ritorno al corpo sempre più forte nella cultura contemporanea, testimoniato da vari tentativi di reagire all’esistenza decorporalizzata attraverso la ricerca di un rapporto intimo con la natura e dallo sviluppo di tantissime discipline sportive e terapie del corpo.
Nel mondo intellettuale il ritorno a un’interpretazione dell’esistenza legata alla percezione è avvenuto principalmente con la fenomenologia prima di Husserl e poi di Merleau-Ponty. Questi autori ci ricordano come l’esperienza umana sia incarnata, come cioè si riceve dal mondo circostante attraverso gli occhi, le orecchie, le mani […].
Traslando tutte queste considerazioni nel mondo dell’architettura, risultano essere molto calzanti alcune affermazioni dell’architetto finlandese Juhani Pallasmaa, secondo il quale molti aspetti dell’attuale “patologia” dell’architettura possono essere compresi solo attraverso una critica a questo predominio della visione. L’architettura si è trasformata in un’arte visiva: invece di proporre la creazione di un microcosmo per l’esistenza umana e una rappresentazione del mondo incarnata, insegue immagini retiniche dalla comprensione immediata. Ciò che manca nei nostri edifici, secondo Pallasmaa, è l’opacità e il senso di profondità dato dalle ombre, che sono il veicolo di una sorta di invito sensoriale alla scoperta e al mistero. […] Soltanto un’architettura che preveda un’esperienza multi-sensoria può essere significativa: uno spazio che si può misurare con gli occhi, il movimento, i muscoli e il tatto, che realizzi cioè una compresenza di sensazioni che mettano in rapporto l’intera percezione del nostro corpo con l’ambiente costruito.
L’interesse emergente per queste problematiche è sottolineato dal fatto che esse costituiscono materia di studio in diverse università statunitensi. Ci sono vari corsi nelle scuole di architettura dove si affronta la progettazione e lo studio dello spazio mediante un approccio percettivo, come per esempio: quello di Karen A. Franck al New Jersey Institute of Technology, di Galen Cranz alla Berkeley in California dove si parla di coscienza del corpo, prossemica, di ambiente sensorio […]. In Europa è da segnalare la scuola di Mendrisio in Svizzera dove, in particolare nell’atelier di Zumthor, si affronta la progettazione con un approccio sensoriale».

Daniela Martellotti, Architettura dei sensi, Roma, Mancosu, 2004, p. 43.

BIBLIOGRAFIA DI APPROFONDIMENTO
Drew Leder, The absent body, Chicago, The University of Chicago Press, 1990, pp. 218.
David Michael Levin, The body recollection of being: phenomenological psychology and the deconstruction of nihilism, Londra, Routledge & Kegan, 1985, pp. 390.
Maurice Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, a cura di Andrea Bonomi, Milano, Il Saggiatore, 1965, pp. 597, (I ed. francese, 1945).
Juhani Pallasmaa, Gli occhi della pelle. L’architettura e i sensi, Milano, Jaca Book, 2007, pp. 90, (I. ed. britannica, 2005).
Juhani Pallasmaa, “Hapticity and the time: notes on fragile architecture, The architectural review”, n. 1239, 2000, pp. 78-84.

a cura di Davide Turrini

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