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17 Luglio 2008

Eventi

Doppia conferenza a cava Cengelle per l’ottantesimo di Casabella

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Cava Cengelle pronta ad accogliere il pubblico (foto Mauro Albano)

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Lezioni di vita, non solo di architettura, per la serata in cava Cengelle. L’occasione – un compleanno importante – è memorabile: Casabella, la storica rivista italiana, fedele strumento di generazioni di professionisti sempre aggiornata, attenta al cambiamento e coerente al proprio stile, ha scelto di inaugurare gli eventi legati al proprio ottantesimo anno di vita, in un contesto singolare reso possibile grazie ad una formidabile accoglienza. Per riflettere sul significato oggi di un organo di formazione e conoscenza degli architetti che si avvale della parola scritta e del media cartaceo per far circolare le idee e orientare le decisioni della collettività, l’appuntamento a Pederiva di Grancona del giungo scorso, è stato di risonanza internazionale. Molti gli attori della serata: due relatori di indubbia notorietà, interlocutori, come precisa Francesco Dal Co presentando la serata, “scelti in modo non ingenuo” – gli attesissimi Álvaro Siza e Eduardo Souto de Moura; due ospiti altrettanto speciali in Barbara e Deborah Morseletto agli onori di casa; un significativo e partecipe sostenitore in Marmomacc; più di settecento spettatori ad assistere all’evento, prova ancora dell’attenzione del paese per l’architettura di qualità; infine la scenografia avvolgente dal fondale giallocrema della galleria scavata nella montagna di Pietra di Vicenza di proprietà del Laboratorio vicentino. Cava Cengelle si estende in profondità, la temperatura è fresca e costante, il segno dell’opera dell’uomo sulla natura imponente: presso l’estremità interna del lungo percorso ad attendere gli astanti due grandi schermi di proiezione e la cattedra dei relatori. All’interno della “caverna”, come in una metafora fattasi realtà, assistere allo spettacolo è un po’ una discesa alle radici – alle origini della “materia prima” dell’architettura rappresentata dalla Pietra gialla di Vicenza ed insieme alle radici dell’architettura dei due maestri portoghesi.
Il tema della serata è apparentemente semplice: “che cosa ho imparato dall’architettura”. A dare avvio all’incontro è per primo Eduardo Souto de Moura – il secondo discepolo, lungo la linea rossa che salda l’esperienza di Távora, il maestro costantemente ricordato nel corso della serata, passando poi proprio per Álvaro Siza.
Scendono le luci e non è difficile immergersi nelle atmosfere che i due protagonisti affrescano per noi, entrambi con quell’italiano soffuso di português che li rende così affabili e prossimi a noi.

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Eduardo Souto de Moura

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Souto de Moura apre il cassetto dei ricordi; niente di più curioso che scoprire la sua cifra poetica attraverso le immagini che il maestro fa scorrere per noi.
Il racconto di Souto De Moura risponde al quesito attraverso una moltitudine di informazioni. Nella mente di un architetto, del resto, le immagini sono molte, vengon assorbite continuamente – il progetto d’architettura è la sintesi di ciò che l’occhio della mente rievoca e rielabora, talvolta inconsciamente. Questa sera Souto de Moura apre il sipario e svela i propri riferimenti, espliciti e non, interessi culturali e passioni nonchè dirette preferenze. Una collezione di parole, ricordi, cognizioni e figure d’inesauribile ricchezza. La lezione è un tentativo di dar ordine al proprio immaginario e forse un’occasione anche per l’autore per conoscere se stesso. MoltI i personaggi citati: Thomas Bernhard, Glenn Gould, Ludwig Wittengstein, Picasso, Joseph Beuys, Gordon Matta-Clark, Adalberto Libera, Bill Viola, Ignazio Sironi, Kandinsky, Bach, Miles Davis… da questo incontro eterogeneo di arti ne emerge una predilezione per certi caratteri dell’architettura quali il “peso”, la “graniticità”; l’attenzione verso i principi universali leggibili nel regionalismo, nei luoghi, dove natura e opera dell’uomo si incontrano che quasi il “disegno” non si avverte, per gli spazi ove la gente si sente bene e possono dirsi “buona architettura”. Quindi attraverso le loro opere, de Moura insegna a riconocere anche gli architetti che hanno influenzato il suo percorso, classici e contemporanei: Schinkel, Loos, Quatrèmere de Quincy passando per Scott Venturi, Zumthor, Le Corbusier, Xenakis, Mendes de la Rocha, Porphyrios, Barragán, Neumeyer, Kahn, Grassi, Frei, Gardella, Mies van der Rohe, Moneo…
Si scopre così un mondo di relazioni che hanno avvalorato il suo lavoro negli anni e che qui, rese esplicite, denotano l’elegante misura, coerenza e continuità col moderno dell’opera del progettista.
L’ultimo passaggio è dedicato a Siza, mostrandone alcuni disegni ed osservandone le forme tra imitazione della natura e progetto creativo, per passare la parola all’atteso maestro.

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Álvaro Siza

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La narrazione di Álvaro ha principio con una similitudine tra fare architettura ed il mestiere di scrivere. Se, parafrasando Saramago, non apprende a scrivere chi non sa leggere, allo stesso modo il dono dell’architettura è legato alla capacità di leggere l’architettura.
Come nel format di una “doppia intervista”, Siza ora, attraverso la personale selezione di immagini, esplicita il proprio percorso personale di vita e di lavoro, raccontando di sè con la naturalezza di un uomo che ha raggiunto con soddisfazione e senza rimpianti un equilibrio di vita e di opera.
Apprendiamo come si sia avvicinato all’architettura attraverso strumenti di conoscenza, le stesse riviste, al tempo della sua formazione così rare e difficili da reperire e come esse siano state fondamentali per innescare il passaggio di interesse e predilezione avvenuto tra scultura e architettura. Perchè per primo Siza è nato scultore e le sue opere conservano ancor oggi il segno di una mano sempre capace di tagliare o comporre l’essenziale, privando la materia di tutto ciò che non è indispensabile.
Poi il passaggio dall’autoreferenzialità dell’arte al fine “sociale” dell’architettura, su tutte le scale, dalla casa alla costruzione della città. L’insegnamento appreso dalla città esistente, dove le emergenze sono tali solo perchè immerse nel tessuto nella cui semplicità diffusa, se non se ne rispetta la condizione interna, l’architettura e i luoghi degni di memoria rischiano di non trovare più posto: così ” se in una città tutto brilla, i monumenti non hanno più ragione”.
Con due cognizioni fondamentali (e molto loosiane) i due maestri ci lasciano per passare al momento conviviale della serata (audace “cena del cavatore” dove formaggio Asiago, soppressa e pasta e fagioli non possono deludere).
Se Souto de Moura saluta con un appello urgente, in un mondo dove siamo troppi e tutti uguali, ad essere “più classici”, Álvaro Siza conclude citando Pessoa (e Zevi insieme): “la cosa migliore del mondo è vedere” e quindi “sapere vedere l’architettura” è come da essa apprendere.

di Veronica Dal Buono

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15 Luglio 2008

Opere di Architettura

Marmo di Candoglia. Il restauro del Palazzo La Rinascente a Milano

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La facciata dell’edificio

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Ridare vita ad una superficie consumata dal tempo, ritrovarne il colore, le sfumature, la texture dei materiali lapidei, attraverso un intervento mirato, che ha coinvolto abilità manuali, tecnologie avanzate e un approccio multidisciplinare, dalla fase progettuale al monitoraggio: è la filosofia con cui è stato realizzato il restauro del Palazzo La Rinascente a Milano, tornato ad essere un punto focale dell’architettura e dell’urbanistica di Piazza Duomo.
Ricordiamo che l’edificio, costruito tra il 1886 e il 1889 per i fratelli Bocconi, proprietari a Milano dei magazzini “Aux Villes d’Italie”, fu distrutto da un incendio divampato la notte di Natale del 1918 e, successivamente ricostruito, fu ribattezzato “La Rinascente” da Gabriele d’Annunzio. La sua forma attuale risale al 1950 ed è opera dell’ingegnere Aldo Molteni e dell’architetto Ferdinando Reggioni.
Il recente intervento di restauro ha riguardato, in tre fasi successive, la facciata di via S. Raffaele, il fronte principale verso il Duomo e il prospetto di via S. Radegonda.
L’azienda che ha eseguito i lavori (Tecnorestauri s.r.l.) ha operato a 360°: dalla fase diagnostica alle ricerche d’archivio, dall’intervento operativo alla verifica e alla documentazione.
Particolare attenzione è stata dedicata all’individuazione della metodologia d’intervento, studiata ed applicata affinchè non si ricreassero condizioni tali da richiedere nuovi interventi, causati ad esempio dall’utilizzo di prodotti non idonei o non sufficientemente testati. Altro valore aggiunto, in questo intervento, è la documentazione di tutte le operazioni di conservazione, registrate quotidianamente su schede descrittive, e conservate insieme alle mappature grafiche, per poi essere elaborate su tavole tematiche dal Laboratorio di Analisi e Diagnostica del Costruito del Politecnico di Milano, che ha avviato una Tesi di Laurea sull’argomento, coordinata dal Prof. Alberto Grimoldi.

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L’edificio visto sopraggiungendo dalla Piazza del Duomo

Fase diagnostica e scelte di intervento
La campagna diagnostico-conoscitiva ha definito le caratteristiche della resina superficiale, la tipologia di degrado, le tecniche costruttive e il comportamento statico del rivestimento lapideo ed è servita per testare le tecniche dell’operazione di pulitura.
L’ampia banca dati costruita attraverso queste operazioni ha permesso non solo di pianificare e controllare l’intervento, ma anche di fornire alla committenza tutte le informazioni necessarie per un preciso ed efficace programma manutentivo.
L’aspetto delle facciate, rivestite in Marmo di Condoglia, risultava alterato da un protettivo a base di resina poliuretanica, steso nei primi anni ’80 e parzialmente mancante in corrispondenza delle superfici più esposte agli agenti atmosferici, nonchè interessato da una diffusa alterazione cromatica che conferiva all’edificio un anomalo tono tendente al marrone.
Queste pellicole protettive sono state rimosse perchè non davano più garanzia di poter svolgere la loro azione per tempi sufficientemente lunghi.
Le altre scelte sono state dettate da un attento studio del Marmo di Candoglia che, per la scarsissima permeabilità all’acqua, è particolarmente resistente ai fenomeni di degrado connessi. Questa caratteristica, d’altro canto, non consente il corretto utilizzo di protettivi che lavorano per assorbimento. Ecco perchè, dopo una serie di verifiche dirette, si è deciso di non praticare alcun trattamento protettivo. Una soluzione, questa, supportata da monitoraggi in situ e da prove di laboratorio; un’ ulteriore conferma è arrivata dalla medesima politica di “non intervento” adottata per il Duomo, oggetto anch’esso di intervento.

L’intervento

Ad indirizzare le modalità di intervento è stata la natura della resina superficiale, caratterizzata da un polimero termosensibile; questo fatto ha consentito la rimozione solamente attraverso operazioni di lavaggio a caldo (temperatura rilevata in uscita ca. 60-65°C) con idropulitrice, acqua deionizzata ed ugello nebulizzatore, riducendo le operazioni di microsabbiatura e limitando quelle di rimozione mirata a solvente, alle sole cornici in Porfido rosa di Tolmezzo (soprattutto in virtù delle lavorazioni a rilievo che le caratterizzano e che hanno reso impossibile il lavaggio).
La vegetazione infestante, presente soprattutto in corrispondenza delle cornici in aggetto, è stata eliminata con l’ausilio di apposite macchine e la superficie è stata poi trattata con impacchi o spruzzo di biocidi.
Sui serramenti in alluminio si è intervenuti verificando la funzionalità dei meccanismi di apertura e dei sistemi di bloccaggio. Le parti ossidate sono state sottoposte ad una leggera scartavetratura manuale e alla pulitura. Viti, bulloni o parti danneggiate sono state sostituite in modo da ripristinare la corretta funzionalità dei serramenti e dei meccanismi a carrucola che non venivano azionati ormai da tempo; infine, si è applicato un trattamento protettivo e convertitore di ossidazione.
Le superfici rivestite con pannelli in lega di alluminio nel coronamento (risalenti ai primi anni novanta) sono state pulite con spazzole e lavaggio a caldo con idropulitrice o con spazzole e getti di vapore d’acqua deionizzata.

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Interventi di consolidamento
Oltre alla pulitura, è stato necessario intervenire anche con lavori di consolidamento, a causa di fessure e infiltrazioni.
Il rivestimento dei fronti su via San Raffaele e Santa Radegonda, realizzato in tessere di Marmo di Condoglia applicate alla muratura con malta, presentava punti di infiltrazione e distacco.
L’intervento di consolidamento è consistito in iniezioni di malte e calce, addittivate con resina acrilica.
Anche per il fronte su Piazza Duomo si è intervenuti in maniera mirata sulle lastre di marmo fessurate o instabili. La scelta è stata quella di intervenire con iniezioni e inserire, attraverso una foratura, un nuovo perno in acciaio inox in modo da dare ad ogni porzione di lastra tre punti di aggrappo.

SCHEDA DI CANTIERE
Committente: Rinascente S.r.l., Rozzano (Milano)
Oggetto dell’intervento: Conservazione dei fronti esterni del Palazzo della Rinascente in Milano
Progetto: arch. Andrea Griletto, Tecnorestauri s.r.l.
Direttore lavori: arch. Simona Calcinaghi, Monza (Milano)
Responsabile della Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Milano: arch. Giuseppina Vago
Coordinatore sicurezza: geom. Gabriele Favero
Indagini diagnostiche:
Laboratorio di Analisi e Diagnostica del Costruito del Politecnico di Milano,
Laboratorio di Chimica per le Tecnologie dell’Università degli Studi di Brescia
Analisi storico archivistica: arch. Michela Grisoni
Impresa esecutrice: Paterlini Costruzioni S.p.A., Brescia
Impresa subappaltatrice per le opere di conservazione dei fronti: Tecnorestauri Tecnologia del Restauro S.r.l., Darfo Boario Terme (Brescia)
Direttore artistico per l’impresa Tecnorestauri Tecnologia del Restauro S.r.l:
EOS Project Consulting S.r.l., Brescia, arch. Fausto Bianchi, arch. Paola Bassani
Tempistiche di cantiere: anno 2006
FASE 1 – Facciata via S. Raffaele gennaio-marzo
FASE 2 – Facciata principale verso il Duomo marzo-luglio
FASE 3 – Facciata via S. Resegonda agosto-ottobre

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L’edificio visto sopraggiungendo da Corso Vittorio Emanuele

Un po’ di storia. I restauri del Palazzo “La Rinascente”
Costruito tra il 1886 ed il 1889 da Giulio De Angelis per i fratelli Ferdinando e Luigi Bocconi, proprietari a Milano dei magazzini “Aux Villes d’Italie”, l’edificio fu distrutto da un incendio divampato nella notte di Natale del 1918 e, successivamente ricostruito, fu ribattezzato “La Rinascente” da Gabriele d’Annunzio. Gravemente danneggiato da un incendio conseguente ai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale, il vecchio palazzo venne del tutto abbattuto per lasciare posto ad un nuovo imponente edificio commerciale con struttura metallica e veste architettonica dai chiari tratti di modernità, che tanto poco piacque ai milanesi da scatenare un aspro dibattito facilmente ritrovabile sulla pubblicistica dell’epoca e che spinse lo stesso progettista a pubblicare un accorato libercolo a difesa del proprie scelte progettuali (Ferdinando Reggiori, Un palazzo a Milano a fianco del Duomo. Pareri, dispareri, notizie, commenti, Officine Grafiche Esperia, Milano 1951); il dibattito si inserisce a pieno diritto nel più ampio tema riguardante il linguaggio dell’architettura moderna in rapporto alle preesistenze storiche (ancora oggi il vincolo sul palazzo non è diretto ma legato alla presenza della cattedrale milanese).
“La Rinascente” prese le forme attuali tra il 1948 ed 1950 grazie al progetto dell’ingegnere Aldo Molteni; la struttura del nuovo edificio è impostata su travi e pilastri metallici, sul modello americano dell’open space; la veste architettonica esterna, opera dell’architetto Ferdinando Reggioni, e soprattutto la facciata, che si scontra formalmente e volutamente con la struttura interna, si presenta come una rivisitazione di modelli classici poichè nasconde i cinque piani interni con due ordini monumentali che lasciano ampio spazio alle sfumature cromatiche del nobile marmo di Condoglia, concesso dalla fabbrica del Duomo; gli arditi rilievi dei finestroni del secondo ordine sono opera degli scultori Leoncillo e Mazzacurata, noti esponenti del realismo novecentesco italiano. Il progetto della veste commerciale, arredi e vetrine, si deve all’architetto Carlo Pagani.
Allora come oggi, le politiche aziendali hanno imposto che le opere di ricostruzione, di manutenzione o “restyling” avvenissero a magazzino aperto.

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14 Luglio 2008

News

Premio Nardi 2008

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Istituzione. Il Dipartimento BEST bandisce la quinta edizione del premio per onorare la memoria del Prof. Guido Nardi.
Il Dipartimento BEST metterà a disposizione le strutture didattiche ed amministrative ai fini dell individuazione del vincitore del premio. Il referente sarà la Prof. Anna Mangiarotti. L’organizzazione e il coordinamento scientifico saranno a cura di Ingrid Paoletti.
Questa edizione del Premio è internazionale.

Art. 1 Caratteristiche del premio.
Il premio, realizzato in collaborazione con Zaha Hadid Architects prevede la vincita di uno stage di 3 mesi rinnovabili presso lo studio di Roma
Art. 2 Destinatari.
Il premio è destinato a tesi di laurea (V.O. o Laurea specialistica) o tesi di master of science in architecture or engineering, discusse tra ottobre 2003 e ottobre 2008, che abbiano dato un contributo originale sul tema delle Tecnologie innovative e forme complesse con una tesi pro oppure con una tesi di analisi della cultura tecnologica della progettazione.
Art. 3 Modalità di partecipazione.
Il modulo di presentazione della domanda, allegato al presente bando, e il lavoro di tesi, devono essere inviati a Ingrid Paoletti entro e non oltre il 31 ottobre 2008. Le domande di partecipazione in carta semplice indirizzate a Ingrid Paoletti dovranno essere presentate al Politecnico di Milano o spedite a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento entro la data di scadenza. A tal fine fa fede la data del Timbro postale.
Nella domanda i candidati dovranno dichiarare sotto la propria responsabilità, ai sensi del D.P.R. 28.12.2000, n.445 e successive modificazioni:
1. DATA E LUOGO DI NASCITA;
2. RESIDENZA;
3. RICHIESTA DI PARTECIPAZIONE AL CONCORSO.
I candidati dovranno inoltre precisare il domicilio eletto ai fini del concorso e l’eventuale recapito telefonico.
Alla domanda di partecipazione i candidati dovranno allegare:
4. TESI DI LAUREA IN FORMATO CARTACEO;
5. 2 TAVOLE SIGNIFICATIVE DELLA TESI IN FORMATO A1 E IN DIGITALE PDF A MINIMO 300 DPI (per la mostra e per l eventuale pubblicazione)
6. RELAZIONE RIASSUNTIVA DELLA TESI IN DUE CARTELLE DATTILOSCRITTE FORMATO WORD.
Il plico contenente la domanda e la documentazione richiesta dovrà portare frontespizio la scritta: “Alla cortese attenzione di Ingrid Paoletti – Poli – di Milano Via Bonardi, 3 20133 MILANO: Premio “Guido Nardi”
Il materiale consegnato per il Premio potrà essere ritirato o restituito a spese dei partecipanti.
Art. 4 Commissione giudicatrice.
La valutazione finale per l’assegnazione del premio verrà effettuata da una Commissione giudicatrice composta da: tre rappresentanti del Dipartimento BEST (designati dal direttore del BEST); un rappresentante dello studio Zaha Hadid Architects; due commissari esterni del settore delle costruzioni di chiara fama, un rappresentante per ogni altro sponsor.
La commissione giudicatrice procederà alla valutazione dei progetti secondo i seguenti criteri:
1. possesso dei requisiti espressi nel bando;
2. attinenza della tesi al tema oggetto del premio;
3. originalità e approfondimento del tema.
I giudizi espressi dalla commissione sui candidati vincitori verranno resi pubblici.
Il giudizio della Commissione sarà insindacabile.
Art. 5 Premiazione.
Nel mese di dicembre 2008 verrà organizzata la cerimonia conclusiva e verrà allestita una mostra che illustrerà i lavori premiati.
Art. 6 Dati personali.
Ai sensi del D. Lgs. 196 del 30.6.2003, Ingrid Paoletti titolare dei dati personali forniti, garantisce che gli stessi e le note informative saranno utilizzati unicamente per il presente procedimento concorsuale.

comitato scientifico:
Prof. Ingrid Paoletti (ingrid.paoletti@polimi.it)
segreteria organizzativa:
Arch. Elena Magarotto (elena.magarotto@polimi.it)
Arch. Maria Giovanna Romano (maria.romano@mail.polimi.it)

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13 Luglio 2008

News

Nomination XXI Compasso d’Oro per Hyperwave

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La serie Hyperwave, superfici lapidee in 3D, realizzata dallo studio Pongratz Perbellini Architects, ha ottenuto la nomination al

Premio “COMPASSO D’ORO”

Cerimonia di premiazione:
26 giugno 2008
Venaria Reale, Torino
Mostra XXI Compasso d’Oro ADI:
26 giugno – 31 agosto 2008
Venaria Reale, Torino

Hyperwave è il risultato dell’interazione tra le più recenti tecnologie nel campo del disegno 3D e della lavorazione della pietra e rappresenta una linea personalizzabile per il rivestimento di pareti interne ed esterne.
Il disegno, ispirandosi a forme e processi naturali, propone un’architettura dell’esperienza data dalla combinazione di forme sinuose e materiali lapidei che vengono percepiti in senso tattile. Tale esperienza spaziale, attraverso le variazioni dei toni di colore e particolari effetti della luce, provoca nel fruitore un forte effetto emozionale.

Vai a Pongratz Perbellini Architects
Vai a Compasso d’Oro

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9 Luglio 2008

PostScriptum

Libri e biblioteche.
Conservazione e diffusione del sapere

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Biblioteca del Trinity College a Dublino: “The Long Room” (1732).

Nei prossimi mesi lo spazio web architetturapietra2.sviluppo.lunet.it si arricchirà – dapprima del concept, poi degli “scaffali virtuali” – di una biblioteca tematica on line in cui saranno progressivamente raccolti elettronicamente documenti bibliografici riguardanti i saperi della pietra a partire da libri antichi, da rariora, o più semplicemente da volumi moderni fuori commercio resi consultabili attraverso immagini delle loro pagine o, in prospettiva, grazie a documenti digitali indicizzati.
Il progetto di tale biblioteca, intitolato “Lithosbiblioteca. I saperi della pietra in rete”, si inscrive nell’alveo delle esperienze di raccolta e gestione di collezioni librarie digitali che stanno dimostrando inedite potenzialità nel sovvertire le dinamiche tradizionali di studio e di ricerca, con risultati estremamente positivi in termini di economie temporali e di possibilità di confronto e interazione tra le informazioni.
Nel procedere all’ideazione e alla elaborazione esecutiva di questo nuovo sviluppo nel nostro progetto digitale, si impone prima di tutto una riflessione di carattere generale sulla natura del libro e degli spazi da sempre dedicati alla sua conservazione e consultazione: le biblioteche.

“Qualunque cosa il libro possa diventare
– digitalizzato, smaterializzato e virtualizzato così come rilegato in cuoio e foglie d’oro – non è possibile che esso non rimanga per il lettore blocco puro e trasparente, attraverso il quale non accediamo ad altro che a noi stessi, gli uni agli altri ma in ciascuno come in un geroglifico”.1

Placca di pietra o di piombo, frammento di coccio, tavoletta di cera, foglio di papiro, o di pergamena, o di carta, manoscritto o testo a stampa, volumen, codex, liber, rotolo, incunabolo, cinquecentina, insieme di punti luminosi raggruppati su di uno schermo elettronico, il libro – leggero o pesante ma comunque trasportabile – è sempre stato costituito da una materia capace di accettare segni di varia natura, disposta a lasciarsi incidere, o stampare, o attraversare da flussi di energia per trattenere tracce destinate tuttavia a rimanere potenzialmente cancellabili; per questo il libro, nelle sue svariate forme e consistenze materiche, reca con sè qualcosa di effimero, un’idea di fuggevolezza, di fragilità che rende necessaria la sua conservazione, la sua immobilizzazione negli scaffali – reali o virtuali – di una biblioteca.2
Nella sua lunga vita, iniziata ormai oltre duemila anni fa, il libro ha sempre presentato all’uomo un volto ambiguo, affascinante e pericoloso allo stesso tempo; oggetto labile e potente, ricercato, scambiato e a tratti venerato, o per contro negletto, disprezzato e distrutto a più riprese, esso ha trovato la sua forza, e così anche la sua debolezza, nella sua natura di supporto trasferibile a cui le civiltà hanno affidato memorie, regole e proiezioni progettuali. Il potere stesso della sua materialità semplice, nonchè della sua forma essenziale e della sua struttura modulare, stratificata e rilegata, lo ha reso immortale e al tempo stesso lo ha ucciso mille volte, in mille roghi, alluvioni e saccheggi diversi, o in altrettante disgregazioni dovute soltanto al passare del tempo.3

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Ostracon in coccio con versi di un’ode saffica, II secolo a.C.
Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana.

Le prime testimonianze archeologiche di supporti scrittori sono costituite da elementi duri e pesanti quali tavolette lignee cerate, placche metalliche o lapidee, o cocci laterizi (detti ostraca). Su tutti questi oggetti, risalenti al V – IV secolo a.C., il testo viene graffito o dipinto. La storia del libro continua poi con l’affermazione di lunga durata (dal IV secolo a.C. fino a tutto il IV secolo d.C.) dei fogli ricavati per giustapposizione e incollaggio di fettucce di papiro a formare bande continue di oltre 3 metri di lunghezza e altezze variabili in genere tra i 19 e i 33 cm. Le lunghe strisce, poi arrotolate per dar vita ai cosiddetti volumina, sono scritte tramite inchiostro e fissate alle due estremità a bastoncini attorno a quali vengono avvolte progressivamente in fase di lettura del testo.
Dal tardo I secolo d.C. una nuova forma di manoscritto comincia ad affiancare il volumen: si tratta del codex, che nasce nel mondo romano su modello dei polittici di tavolette scrittorie in cera, ed è costituito da un certo numero di fogli singoli rilegati su di un lato. Più maneggevole del rotolo, e più comodo per la consultazione grazie alla possibilità di numerare le pagine, il nuovo supporto sfogliabile è anche più capiente, poichè consente di scrivere su entrambe le facce delle pagine ottenendo importanti economie di materiale.
Il IV secolo d.C. vede il tramonto definitivo dell’uso del volumen di papiro in favore dei codici in fogli di pergamena, materiale ricavato da pelli animali mediante un procedimento di pulitura con calce, essiccazione e successiva levigatura con pietra pomice.
Al contrario del papiro prodotto soltanto in Egitto, la pergamena può essere fabbricata ovunque, si diffonde così rapidamente parallelamente all’uso dei codici e tuttavia viene ben presto affiancata da un nuovo materiale per la scrittura: la carta, inventata in Oriente attorno al I secolo d.C. e introdotta attraverso il mondo arabo nell’VIII secolo dapprima a Bisanzio, poi in Spagna e nel resto d’Europa.4
La carta è ottenuta dalla macerazione e dalla pressatura di stracci di tessuto e soppianta la pergamena tra l’XI e il XIII secolo; si tratta dell’ultimo passaggio della lenta storia evolutiva del libro antico manoscritto destinata a chiudersi definitivamente con l’invenzione tra il 1437 e il 1452 del torchio da stampa a caratteri mobili ad opera di Johannes Gensfleisch, detto zum Gutemberg, che nel 1454 arriva a riprodurre meccanicamente oltre 150 esemplari della sua celebre Bibbia di 1282 pagine5. È l’avvento di una nuova era, l’invenzione di Gutemberg rivoluziona il mondo e il libro, riproducibile su vasta scala in modo via via più rapido ed economico, diviene nel giro di pochi decenni accessibile a larghissime fasce di pubblico, entrando in modo sempre più pervasivo nella consuetudine della gente per restarvi fino ad oggi come elemento indispensabile nei processi formativi, nelle attività professionali, nella vita intellettuale e pratica degli individui.
Infatti, nonostante l’avvento dei numerosi supporti di memoria magnetica ed elettronica, il libro continua ad avere un ruolo di primo piano nella nostra quotidianità, esercitando sugli individui di tutto il mondo e di tutte le estrazioni sociali un fascino quasi inspiegabile che spinge a cercarlo, possederlo, sfogliarlo, a riporlo in uno scaffale per poi ritrovarlo e consultarlo nuovamente in cerca di nuove “scoperte” tra le pieghe delle sue pagine di carta.

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La biblioteca della casa di John Soane a Londra (1813-37).

Parallelamente alla storia del libro si è sviluppata nel corso dei secoli la storia delle biblioteche dove esso è stato conservato e reso di volta in volta più o meno accessibile.

“Socrate: dimmi, Eutidemo, se è vero, come sento dire in giro, che hai raccolto molti scritti di uomini che sono detti essere stati saggi.
Eutidemo: Sì per Giove, Socrate, e continuo a raccoglierne finchè non ne avrò in possesso il maggior numero possibile”.

Il dialogo sopra riportato, riferito da Senofonte nelle Memorabili, dimostra che la consuetudine di collezionare opere letterarie di varia natura risale quantomeno ai tempi di Socrate, cioè al V – IV secolo a.C. Se la più celebre biblioteca dell’antichità è senza dubbio la Biblioteca di Alessandria d’Egitto, che nel III a.C. contava già 700.000 papiri, in realtà la storia delle biblioteche nasce con le civiltà anatoliche e mesopotamiche: numerose testimonianze archeologiche hanno dimostrato l’esistenza di grandi concentrazioni di supporti scritti nel palazzo di Assurbanipal a Ninive, in alcuni edifici di Lagash, di Babilonia e di Ebla, nonchè ad Hattusa, capitale degli Ittiti.
Tuttavia è certo nell’antica Grecia che affonda le sue radici la storia della biblioteca pubblica con cui siamo abituati oggi a confrontarci, come luogo di conservazione ma soprattutto di diffusione del sapere: al 550 a.C. risalgono infatti numerose notizie di una biblioteca ateniese, fondata da Pisistrato e frequentata liberamente da cittadini e studiosi. In seguito, durante l’età ellenistica, sono attestate grandi biblioteche pubbliche ancora una volta ad Atene, poi a Pergamo, a Rodi e ad Antiochia, e l’identità di tali istituzioni culturali si carica per la prima volta di significati sociali e politici; basti pensare che le biblioteche di Alessandria e di Pergamo furono rivali per secoli e, dopo l’incendio che nel 47 a.C. distrusse la biblioteca egiziana, Marco Antonio fece devastare quella di Pergamo per compensare la regina Cleopatra della perdita subìta.

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La sala di lettura della Biblioteca Nazionale di Parigi (1859-67).

La tradizione delle biblioteche pubbliche di matrice greco-ellenistiche si sviluppa poi nel mondo romano; nella capitale dell’impero la prima raccolta pubblica di volumi viene istituita nel 39 a.C. sull’Aventino da Asinio Pollione e alla fine del IV secolo d.C. la città di Roma conta oltre 30 biblioteche aperte al pubblico. Anche nella parte orientale dell’impero esistono numerose biblioteche realizzate principalmente in epoca adrianea: tra tutte si ricorda la celebre Biblioteca di Celso ad Efeso, costruita attorno al 110 d.C., e dotata di una scenografica facciata antistante la sala di lettura pubblica.
I grandi mutamenti politici, sociali ed economici che hanno caratterizzato il mondo occidentale dopo la caduta dell’impero romano hanno interessato anche le biblioteche. La prima testimonianza dell’istituzione di una biblioteca in epoca medievale riguarda quella creata nel 550 d.C. da Cassiodoro nel Vivarium di Squillace in Calabria ma è soltanto con la rinascita carolingia che la formazione di nuove raccolte librarie riprende in modo consistente e si diffonde grazie soprattutto all’espansione dei monasteri con i loro scriptoria: laboratori di trascrizione e manifattura dei volumi associati ad importanti biblioteche monastiche tra cui si ricordano quelli di Corvey, di Hersfeld, di Fulda, Corbie, Reims, Murbach, Auxerre, Tours, San Gallo, Cluny, Citeaux e, in Italia, quello dell’Abbazia di Montecassino, quello del cenobio di Bobbio e quelli di Nonantola e di Farfa.
Tra l’XI e il XII secolo si assiste poi alla costituzione delle prime biblioteche legate alle attività degli Studi, sia di quelle ecclesiastiche collegate alle scuole vescovili (Frisinga, Vercelli, Lucca, Verona), sia di quelle connesse all’apertura delle prime università laiche (Bologna, Parigi).

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Una pagina di una copia della Bibbia di Gutemberg (1454 circa).
Burgos, Biblioteca Pubblica.

Nel basso Medioevo l’affermazione degli Ordini Mendicanti decreta il tramonto della tradizione degli scriptoria monastici e la riproduzione dei manoscritti diviene sempre più elaborata; da questo momento essa è affidata perlopiù ad un artigianato artistico che lavora in botteghe o è itinerante, ed è rappresentato da veri e propri cartolai-librai spesso notissimi come Vespasiano da Bisticci, raffinato miniatore fiorentino del XV secolo.
La diffusione dei preziosi codici miniati tra XIII e XVI secolo rappresenta uno stimolo notevole alla creazione di raccolte librarie presso le corti europee, come la biblioteca di Luigi IX o, più tardi, quella di Federico, Duca di Montefeltro. Il libro oltre a rappresentare la fonte di possesso e diffusione del sapere diventa così un bene di lusso, un raffinato oggetto di culto che può assurgere a vera e propria opera d’arte destinataria di cospicui investimenti economici. Ecco allora che saranno numerosi i potenti e gli umanisti rinascimentali che realizzeranno nel tempo consistenti raccolte librarie personali dando vita alla tradizione delle biblioteche private che perdurerà fino all’epoca contemporanea con le collezioni dei grandi intellettuali ed eruditi del XVIII e del XIX secolo.
L’invenzione della stampa a caratteri mobili alla metà del Quattrocento moltiplica il numero e la disponibilità dei volumi, anche per la riduzione del costo della produzione libraria, arrivando a garantire tra Cinque e Seicento una vastissima diffusione di opere con l’apertura di numerose case editrici e di librerie, dapprima in Italia, in Francia e in Germania, poi nel resto d’Europa. In questo contesto prende avvio la storia delle grandi biblioteche pubbliche moderne: l’Ambrosiana di Milano, le importanti biblioteche universitarie anglosassoni, le famose raccolte librarie pubbliche francesi.
Lo sviluppo delle biblioteche si intensifica per tutto il XVIII e il XIX secolo con un progressivo trasferimento di collezioni private in strutture pubbliche accessibili alla società civile allargata, ma è a partire dal XX secolo, con la nascita della scienza biblioteconomica ad opera di Melvil Dewey e di Eugène Morel, che le biblioteche conoscono una radicale trasformazione, dovuta da una parte ad una rivoluzione nei sistemi di classificazione e catalogazione delle opere, dall’altra alla precisazione e alla diversificazione dei servizi di consultazione e prestito dei volumi.6

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Biblioteca dell’Abbazia di Mount Angel negli Stati Uniti: la sala di consultazione progettata da Alvar Aalto (1964-70).

L’evoluzione dell’istituzione-biblioteca è andata nei secoli di pari passo con una trasformazione tipologica sostanziale degli edifici specialistici destinati ad ospitarla. Per stare soltanto alla modernità, il primo modello spaziale e distributivo di architettura dedicata alla consultazione delle opere librarie viene fissato tra il 1436 e il 1443, a Firenze, da Michelozzo di Bartolomeo nella Biblioteca del Convento di San Marco.
Si tratta di una tipologia basilicale a navate separate da teorie di colonne e illuminate da finestre laterali; l’impianto rettangolare è caratterizzato da un marcato sviluppo longitudinale ed è scandito dal ritmo iterativo di campate, in genere di uguale dimensione, occupate da plutei o da armadi lignei per la consultazione o la custodia delle collezioni librarie. Tale modello viene riproposto più volte nei secoli che seguono la realizzazione fiorentina in numerosi esempi tra cui si rammentano la Biblioteca Malatestiana di Cesena, la biblioteca di Santa Maria delle Grazie a Milano, quella del Monastero di Monte Oliveto Maggiore in provincia di Siena, la sala di lettura di San Domenico a Bologna e la biblioteca di San Giovanni Evangelista a Parma.
Ad inscriversi nel solco della spazialità continua e replicativa individuata da Michelozzo, sono stati poi numerosi architetti che per lungo tempo hanno riproposto il tema della grande aula-galleria di lettura con illuminazione laterale, rielaborandolo di volta in volta con inedite forme di caratterizzazione materica e architettonica e giungendo a tratti alla definizione di veri capolavori di spazi specialistici per la conservazione e lo studio dei volumi: basti pensare in proposito alla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, realizzata tra il 1523 e il 1559 da Michelangelo Buonarroti, o alla Long Room della Biblioteca del Trinity College di Dublino, costruita nel 1732 su progetto di Thomas Burgh.
L’evoluzione tipologica della biblioteca continua per tutto il XIX e la prima parte del XX secolo con la messa a punto di modelli spaziali e distributivi codificati via via più articolati e gerarchici, passando attraverso le realizzazioni dei templi del sapere dell’architettura eclettica – si pensi in proposito alla Biblioteca Nazionale di Parigi progettata da Henry Labrouste –, per giungere al Contemporaneo come tema privilegiato per molti maestri del Moderno tra cui spiccano Alvar Aalto e Louis Kahn che reinterpretano l’edificio per la conservazione dei libri in forma libera e del tutto personale, svincolandone la progettazione da canoni compositivi e formali prefissati. Numerosi architetti della contemporaneità più recente continuano poi a cogliere la sfida di un tema progettuale sempre più complesso e affascinante.
Oggi infatti la biblioteca da semplice “contenitore” si è evoluta in spazio articolato, multiscalare e flessibile, il cui utilizzo è modulabile a seconda delle esigenze del soggetto e quindi può assumere ruoli molteplici, dal soddisfacimento di servizi di base legati alla conservazione, catalogazione, consultazione e prestito delle opere che custodisce, allo sviluppo di funzioni integrate e accessorie di ricerca e riproduzione di informazioni e documenti, o anche di promozione culturale allargata con convegni, mostre, eventi di varia natura.7
Essa si diversifica così sempre più in molteplici sotto-tipologie rispecchiando la complessità della società in cui viviamo e la frammentazione dei saperi del terzo millennio: ecco allora che si diffondono biblioteche rivolte a categorie di pubblico differenti (biblioteche di quartiere, biblioteche per ragazzi, emeroteche, ecc.) o biblioteche specialistiche per settori disciplinari, e in tutti queste istituzioni si assiste ad un diffusissimo utilizzo dei mezzi informatici nella realizzazione di cataloghi relazionali OPAC e nella gestione delle operazioni di consultazione e di prestito.
Inoltre lo sviluppo di nuovi supporti per la registrazione delle informazioni diversi dai libri fa sì che la biblioteca si caratterizzi sempre più come una “mediateca” integrata, occupata non più soltanto dai consueti tavoli e dai leggii per la lettura dei libri ma anche da postazioni per la consultazione di altri archivi di memoria, fotografici, magnetici o elettronici, come microfilm, microfiche, nastri audio e video tape, LP, CD e DVD, archivi digitali e banche dati totalmente conservate e accessibili in rete.

di Davide Turrini

Note
1 Jean-Luc Nancy, Del libro e della libreria. Il commercio delle idee, Milano, Raffaello Cortina, 2006, p. 11, (I ed. francese, 2005).
2 Per accostarsi ai problemi di base relativi alla conoscenza e all’analisi dell’opera a stampa, ai suoi aspetti materici, morfologici e alle norme per la sua descrizione bibliografica si veda l’imprescindibile Nereo Vianello, La citazione di opere a stampa e manoscritti, Firenze, Olschki, 1970, pp. 157. Per un approccio fenomenologico allo studio della materialità e della morfologia del libro si veda Michel Melot, Libro, Milano, Sylvestre Bonnard, 2006, pp. 189, (I ed. francese, 2006).
3 Sui nemici naturali dei libri e per una storia dettagliata delle distruzioni librarie si veda Fernando Baez, Storia universale della distruzione dei libri. Dalle tavolette sumere alla guerra in Iraq, Roma, Viella, 2007, pp. 385, (I ed. spagnola, 2004).
4 Per un sintetico excursus sulla storia del libro antico e medievale si veda Franca Arduini (a cura di), La forma del libro. Dal rotolo al codice, Firenze, Mandragora, 2008, pp. 93.
5 Sul libro di epoca moderna, da Gutemberg in poi, si rimanda a Hans Tuzzi, Libro antico libro moderno. Per una storia comparata, Milano, Sylvestre Bonnard, 2006, pp. 203.
6 Per la storia delle biblioteche si vedano: Lionel Casson, Biblioteche del mondo antico, Milano, Sylvestre Bonnard, 2003, pp. 154; Guglielmo Cavallo (a cura di), Le biblioteche nel mondo antico e medievale, Bari, Laterza, 1988, pp. 206; Paolo Traniello, La biblioteca pubblica. Storia di un istituto nell’Europa contemporanea, Bologna, Il Mulino, 1997, pp. 388; Paolo Traniello, Biblioteche e società, Bologna, Il Mulino, 2005, pp. 186; Alfredo Serrai, Breve storia delle biblioteche in Italia, Milano, Sylvestre Bonnard, 2006, pp. 150.
7 Sulle potenzialità della biblioteca come spazio sociale multifunzionale si veda Ludovico Solima, L’impresa culturale. Processi e strumenti di gestione, Roma, Carocci, 2004, pp. 309. In proposito si veda anche Michael Gorman, La biblioteca come valore. Tecnologia, tradizione e innovazione nell’evoluzione di un servizio, Udine, Forum, 2004, pp. 216, (I ed. statunitense, 2003).

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8 Luglio 2008

Principale

Álvaro Siza Architetto

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Si apre dal 12 luglio al 30 ottobre 2008 nel Museo Provinciale “S. Castromediano” di Lecce e il Castello di Acaya – Comune di Vernole (Le) la mostra Álvaro Siza Architetto, a cura di Carlos Castanheira e Paola Iacucci con Serena Petranca.
Nell’ambito di questa iniziativa avrà luogo il giorno 11 luglio 2008 alle h.20.00 la Lectio magistralis tenuta da Álvaro Siza, presso Largo Immacolata di Calimera (LE), organizzata dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Lecce, in collaborazione con l’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce, l’Osservatorio Urbanistico Teknè e il Comune di Calimera. Introduce la Lectio il Presidente dell’Ordine degli Architetti Enrico Ampolo, coordina l’arch. Francesco Moschini e intervengono gli architetti Paola Iacucci e Carlos Castanheira.

Vai a www.culturemediterranee.org

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8 Luglio 2008

Principale

Scolpire in piazza

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SANT’IPPOLITO E GLI SCALPELLINI
Sant’Ippolito, in Provincia di Pesaro e Urbino, ha da tempo intrapreso un’intensa attività di recupero ed attualizzazione della sua antica tradizione di scalpellini e marmisti. A partire dal XIV secolo, generazioni di abili scultori furono capaci, con le loro opere, di acquisire notorietà in molte zone d’Italia ed anche in alcuni Paesi stranieri. All’inizio utilizzando la bella pietra arenaria cavata nei pressi del paese e poi, seguendo il mutare dei gusti del mercato, anche gesso e marmo. Ancora oggi il paese, come un “museo a cielo aperto”, conserva le testimonianze di quell’attività artistica.

SCOLPIRE IN PIAZZA
“Scolpire in Piazza” è un momento artistico nel corso del quale si mettono a confronto le tendenze della scultura contemporanea con la pietra arenaria, il materiale che ha maggiormente caratterizzato il lavoro degli scalpellini. Le sculture realizzate nel corso delle diverse edizioni del “simposio di scultura” costituiscono un significativo itinerario di arte contemporanea, inserito in un contesto urbano già ricco di testimonianze del passato.
Da alcuni anni Scolpire in Piazza è anche divenuto un centro di produzione di opere scultoree destinate ad essere collocate nei centri urbani di piccoli centri delle Marche, contribuendo alla valorizzazione degli spazi cittadini attraverso l’arte.
Giunta alla nona edizione, la manifestazione può vantare un percorso artistico di tutto rispetto, con la partecipazione di numerosi scultori impegnati a esprimere con la pietra arenaria, le proprie idee, sensibilità e percorsi culturali. Dal 2008 “Scolpire in Piazza” è entrato nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro “Giovani. Ri-Cercatori di senso” promosso dalla Regione Marche con il Ministero delle Politiche Giovanili. Da questa edizione è stato avviato anche un significativo rapporto di collaborazione con le Accademie di Belle Arti di Urbino e Macerata.
Quest’anno al Cantiere di Scultura di Sant’Ippolito lavoreranno cinque giovani artisti (fino a 35 anni), una vera e propria residenza artistica collettiva della durata di dieci giorni durante la quale verranno realizzate opere in pietra arenaria che saranno impiegate per progetti di riqualificazione urbana di cinque piccoli Comuni marchigiani. Questi ultimi sono veri e propri partner del progetto che ha come obiettivo quello di diffondere le sculture sul territorio marchigiano recuperando la funzione pubblica e sociale dell’arte, in particolar modo nei piccoli centri (fino a 5.000 abitani) che spesso si trovano coinvolti in fenomeni di vera e propria desertificazione artistica e culturale.
Gli scultori e i comuni della nona edizione sono: Kim Hyejin (Corea) per il Comune di Barbara (AN); Alessio Ranaldi per il Comune di Barchi (PU); Valentina Arena per il Comune di Gradara (PU); Evrim Kilic (Turchia) per il Comune di Monterado (AN); Elena Saracino per il Comune di Pedaso (AP).
Ma Scolpire in Piazza è anche un momento di incontro e di scambio artistico e culturale, con proposte inaspettate in un borgo di appena 1500 anime. Per l’edizione 2008 sono previste mostre, laboratori e spettacoli di grande interesse.
In primis le mostre dei lavori dei tre scalpellini locali, eredi e interpreti della tradizione santippolitese: Natalia Gasparucci, Filippo Ferri e Dario Battistoni con una selezione di opere che spazia dall’arte sacra all’oggettistica.

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Presso Palazzo Bracci (edificio storico recentemente restaurato, residenza di uno degli ultimi scalpellini di Sant’Ippolito e prossima sede del Museo del Territorio) saranno allestite due mostre. Una è dedicata ai lavori degli studenti delle sezioni di scultura delle Accademie di Belle Arti di Urbino e Macerata, con una selezione delle migliori opere realizzate durante l’attività didattica. Alla mostra è legata anche l’aggiudicazione di due assegni di studio agli studenti (uno per ogni Accademia) che hanno realizzato le opere migliori. L’altra mostra ospitata a Palazzo Bracci presenterà i lavori di Paolo Ippolito, giovane artista italo-americano che porterà nel “Paese degli scalpellini” una selezione di suoi lavori: quadri materici, oggetti d’arte, opere di grandi dimensioni, astrattismo di ispirazione cabalistica.
Altri momenti di Scolpire in Piazza legati all’arte sono i laboratori che da qualche anno attraggono sempre di più bambini e adulti. “Tracce d’artista” è la proposta dell’Associazione Pane Blu, che parte dalle opere d’arte per farle diventare fonte di ispirazione e base per indagare i linguaggi dell’arte contemporanea, il particolare della scultura e dell’installazione. Non rifare il lavoro degli artisti ma prendere questo lavoro come serbatoio di idee e pretesto per far vivere l’arte in forma di gioco.
L’altro laboratorio sarà curato dalla Coop. “La Macina – Ambiente” e proporrà una serie di attività “al buio”. Con la guida di operatori specializzati si potranno fare esperienze per conoscere il mondo dei non vedenti manipolando la creta per costruire forme nel buio assoluto e visitare una mostra-percorso tattile nella quale le opere saranno “viste” non dagli occhi ma dalle mani.
Negli spazi centro storico esporranno i loro lavori anche Luca Cataldi, che crea oggetti e piccole sculture con la pietra leccese, e Federico Cosmi, artista-artigiano di Venezia che nella sua mostra “La’nima del legno” esplora le possibilità espressive di questo materiale.
All’ingresso del centro storico sarà posizionate “Estrazioni.01. Indagini sulla pausa” una video installazione curata dall’Associazione Culturale Cavaspina.
Tra gli spettacoli, oltre a diversi appuntamenti musicali e teatrali, va ricordata la presenza di un giovane talento del teatro italiano: Valerio “Gatto” Bonanni che a Sant’Ippolito, nella Torre Campanaria del Castello, proporrà il suo “Senza Gambe” un’installazione teatrale, incentrata su un baule e su un uomo che ha sempre con sè il suo bagaglio di vita.

SCOLPIRE IN PIAZZA PER IL MUSEO OMERO
Ricordiamo poi che in occasione della nona edizione di Scolpire in Piazza, Natalia Gasparucci realizzerà una scultura in pietra arenaria ispirata alla tradizione locale. L’opera verrà donata Museo Tattile Statale Omero di Ancona nell’ambito di un rapporto di collaborazione fra l’evento santippolitese e la prestigiosa istituzione museale che ha fatto dell’osservazione tattile il suo principale canale di conoscenza.

Vai a www.scalpellini.org
Vai a www.myspace.com/scolpireinpiazza
e mail: scolpireinpiazza@gmail.com

Scolpire in Piazza dal 18 al 27 luglio 2008.
Organizzata da: Comune di Sant’Ippolito con la collaborazione di Pro Loco Sant’Ippolito e A.C.S. Sorbolongo.
Con il patrocinio di: Consiglio Regionale Marche; Provincia di Pesaro e Urbino; SPAC Sistema Provinciale Arte Contemporanea – Pesaro e Urbino; UNCEM Marche; Comunità Montana del Metauro; Camera di Commercio di Pesaro e Urbino.
In collaborazione con:
– Scuola “Mercantini” Sant’Ippolito.
Il fornitore ufficiale pietre da scultura è la ditta Craglia Marmi di Tolentino.
Con la partecipazione di Confartigianato Pesaro e Urbino.
Regione Marche – Assessorato Cultura e Politiche Giovanili
POGAS – Marche – Giovani. Ri-Cercatori di Senso – www.pogas.marche.it
Ministero delle Politiche Giovanili e Sportive

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7 Luglio 2008

News

NASCE STONEXPO/MARMOMACC AMERICAS

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Marmomacc sbarca in America con un’alleanza con Stonexpo, manifestazione leader nel settore delle pietre naturali

Dallas, Texas – Verona, Italia – StonExpo, la manifestazione leader nel settore delle pietre naturali negli Stati Uniti promossa da Hanley Wood Exhibitions, e Marmomac, l’evento più grande del mondo nel settore delle pietre naturali e design, organizzato da Veronafiere, hanno annunciato oggi un’alleanza strategica che si riflette nel “rebranding” di StonExpo, che d’ora in poi si chiamerà StonExpo/Marmomacc Americas.
“Negli ultimi tre anni, StonExpo ha visto una crescita del 95%. Ora, con l’unione delle forze tra i marchi di StonExpo e Marmomacc, possiamo proiettare questo evento verso il mercato globale; la combinazione tra Marmomacc e Stonexpo garantirà un valore straordinario all’industria e ai partecipanti nel corso degli eventi futuri”, ha detto Galen Poss, Presidente di Hanley Wood Exhibitions, proprietario del marchio StonExpo. “Questo accordo rappresenta un grande successo per il settore nord americano delle pietre naturali”, ha aggiunto Poss.
StonExpo/Marmomacc Americas diventa con questo accordo l’evento di gran lunga maggiore nel settore del marmo e della relativa tecnologia nel Nord America per produttori, installatori, costruttori edili e distributori. Grazie all’influenza e alla forza di Marmomacc in settori quali l’architettura e la progettazione, si prevede una crescita significativa in questi segmenti chiave del mercato, che a sua volta offrirà un notevole valore per tutti gli espositori e visitatori.
“Si tratta di un grande risultato che consente l’ampliamento del marchio Marmomacc e l’aumento della nostra presenza e visibilità in Nord America”, ha detto Flavio Piva, Direttore Mercato e Condirettore Generale di Veronafiere. “I nostri precedenti accordi con StonExpo si sono dimostrati di grande successo e di reciproco beneficio e siamo sicuri che questo nuovo importante accordo rafforzerà sempre di più le posizioni di questi eventi leader”.
“Questa alleanza tra StonExpo e Marmomacc contribuisce a sostenere la crescita e la reputazione del maggiore evento settoriale negli Stati Uniti e siamo particolarmente entusiasti dal rapporto stretto e continuativo tra Marmomacc e MIA evidenziato di recente mediante il sostegno da parte di Marmomacc come sponsor del nuovo Grande Pinnacle Award”, ha sottolineato Garis Distelhorst, Executive Vice President del Marble Institute of America. “Questa nuova alleanza e il rebranding di StonExpo chiudono alla perfezione l’anello dell’industria del marmo”.
StonExpo/Marmomacc Americas è un evento di proprietà organizzato da parte di Hanley Wood Exhibitions, ed è in programma dal 15-18 ottobre 2008 presso Mandalay Bay Convention Center in Las Vegas, Nevada.
Marmomacc è un evento di proprietà organizzato da Veronafiere ogni anno a Verona, Italia. La 43° edizione è in programma 2-5 ottobre 2008.
Gli Sponsor Ufficiali di StonExpo/Marmomacc Americas sono: Marble Institute of America (MIA) and Natural Stone Council. La missione del MIA è quella di promuovere l’uso delle pietre naturali e di essere il principale e più autorevole centro per informazioni sulle pietre naturali nel mondo. I soci dell’associazione sono presenti in tutto il mondo e comprendono oltre 2.000 produttori, esportatori/importatori, distributori/grossisti, costruttori, rifinitori, installatori e fornitori industriali nel settore delle pietre naturali — tutti impegnati a mantenere la più elevata qualità artigianale e i massimi valori di responsabilità sociale.
Il Natural Stone Council, proprietario del marchio Genuine Stone®, è leader dell’industria delle pietre naturali e rappresenta le maggiori associazioni dedicate alla promozione e alla divulgazione nell’industria stessa e tra il grande pubblico dei valori e dei benefici della pietra naturale. Le associazioni rappresentate includono: Allied Stone Industries, Building Stone Institute, Elberton Granite Association, Indiana Limestone Institute, Marble Institute of America, National Building Granite Quarries Association, National Slate Association e Natural Stone Alliance.
I sostenitori ufficiali di StonExpo/Marmomacc Americas 2008 sono Milanez & Milaneze/VitÏŒria Stone Fair e AIA Las Vegas.

Profile: Veronafiere
Veronafiere è il maggiore organizzatore diretto in Italia di manifestazioni commerciali e tra i più importanti nell’area europea. Fondata nel 1898, Veronafiere oggi vanta un leadership in settori economici di primaria importanza nell’economia italiana, fra cui la pietra naturale (Marmomacc), il settore delle costruzioni (Samoter) e quello del vino (Vinitaly). Veronafiere organizza oppure ospita 37 manifestazioni commerciali ogni anno a Verona e 11 all’estero. Il giro d’affari annuo nel 2007 è stato di oltre $110M.
Marmomacc è il leader globale nel settore dei materiali lapidei naturali e affini, nonchè per le tecnologie e il design in questo settore. Samoter è una delle fiere maggiori in Europa per sistemi di costruzione e macchine movimento terra. Vinitaly è la più grande rassegna commerciale del mondo nel settore dei vini ed affini. Tutti e tre questi eventi sono di proprietà ed organizzati da Veronafiere.

Profile: Hanley Wood
Hanley Wood LLC è la primaria azienda mediatica al servizio del settore edile. Grazie a quattro divisioni operative, Hanley Wood pubblica riviste e siti Web vincitori di molti premi, organizza saloni ed eventi commerciali di marca e offre soluzioni di marketing ricche di dati e personalizzate. Hanley Wood inoltre è la maggiore casa editrice in Nord America nel settore casa. Hanley Wood Exhibitions (Dallas) gestisce 18 eventi commerciali, fra cui World of Concrete – una delle prime 20 manifestazioni commerciali nazionali.
Fondata nel 1976, Hanley Wood è un’azienda da $250 milioni di proprietà degli affiliati di JPMorgan Partners LLC. CCMP Capital Advisors gestisce gli investimenti in Hanley Wood per conto di JPMorgan Partners.

Vai a Marmomacc
Vai a StonExpo/Marmomacc Americas

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4 Luglio 2008

News

Ornatissimo codice.
La biblioteca di Federico di Montefeltro

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Pedro Berruguete, Ritratto di Federico di Montefeltro con Guidubaldo bambino (1476-77).
Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.

A 350 anni dal trasferimento della Biblioteca dei Duchi di Urbino presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, la biblioteca di Federico di Montefeltro fa ritorno nelle stanze che l’hanno vista formarsi.
Curata da Claudia Caldari, Lorenza Mochi Onori e Marcella Peruzzi, la mostra illustra la personalità di Federico come principe umanista, committente di manoscritti e ispiratore di una collezione libraria celebrata come una delle più grandiose del Quattrocento e di tutta la cultura occidentale. “Ornatissimi codici”, come si legge nel titolo, ovvero capolavori miniati la cui visione è abitualmente riservata ai soli studiosi.
Testi sacri, Padri della Chiesa, letteratura classica, opere umanistiche e tecnico-scientifiche componevano la collezione e sono presenti in mostra. Tutti gli esemplari esposti sono riccamente miniati, sovente con dipinti a piena pagina. Si evidenzia l’apporto dei principali miniaturisti e copisti che hanno lavorato per Federico: quelli di ambito fiorentino, con alcuni splendidi esemplari usciti dalla Bottega di Vespasiano da Bisticci, quelli provenienti da Ferrara e gli urbinati. Sono presentate opere di miniaturisti come Franco dei Russi, Bartolomeo della Gatta, Francesco Rosselli e Francesco del Chierico, personalità di spicco in un genere attualmente meno noto al grande pubblico, ma di altissima suggestione per qualsiasi visitatore.
Per fruire al meglio questi capolavori, a fianco dei libri originali è possibile sfogliare perfetti facsimili dei manoscritti urbinati. A corredo sono esposti anche bassorilievi, che richiamano le decorazioni di alcuni miniatori, con ritratti di Federico di Montefeltro, di sua moglie Battista Sforza, del principale collaboratore Ottaviano Ubaldini.
La particolarità della mostra è inoltre quella di fare entrare virtualmente il visitatore nella realtà della Biblioteca. Una multiproiezione e multivisione virtuale in tre dimensioni realizzata dall’artista visuale Paolo Buroni, consente di interagire con le opere attraverso una “spettacolarizzazione” della Biblioteca. Il visitatore può qui virtualmente afferrare e sfogliare i codici miniati digitalizzati, grazie ad una installazione di sensori e telecamere. Alcune postazioni informatiche consentono infine di immergersi in una originale realizzazione digitale curata da Marcella Peruzzi: un DVD con la ricostruzione virtuale della biblioteca di Federico di Montefeltro esattamente come era pochi anni dopo la sua morte, nel 1487. Ricostruzione che consente di mettersi nei panni di un visitatore della fine del Quattrocento e spaziare con lo sguardo, salire le scale addossate alle scansie, scorrere i dorsi dei volumi, ammirarne i frontespizi, aprirli e leggerli.

Sede: Galleria Nazionale delle Marche, Piazza Duca Federico 3 – Urbino
Durata: 15 marzo – 27 luglio 2008
Orario: dal martedì alla domenica, dalle 8.30 alle 19.15; il lunedì dalle 8.30 alle 14.00
Ingresso: € 8,00
Telefono: 0722309221
Catalogo: Skira

Vai a: Paolo Buroni

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2 Luglio 2008

English

San Giovanni Battista parish complex in Lecce*
by Franco Purini and Laura Thermes

Versione italiana

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San Giovanni Battista parish complex in Lecce

The San Giovanni Battista Parish Complex is located in the stadium quarter on the outskirts of Lecce where public subsidized housing complexes are immersed in relatively vast spaces that create a large desert. The new parish center, precisely because of the atopic character of the quarter where it rises, is called upon to perform, together with a small preceding church and the pre-existing sporting facilities, the role of urban hub and to mark a community up to now lacking in convincing elements giving it collective identity.
The volumes perform this by gathering together to define a pedestrian piazza, an inner court and a hortus conclusus, a compact meditation area that contains a large olive tree. These spaces, part paved with sawn edge bush hammered Apicena stone and part grassed, have a measured scale that is opposed to the surrounding urban undersigned emptiness and that creates a naturally attractive gathering site.
The main body of the church is a primary space with a square footprint twenty-four meters in size, next to a rectangular wing that houses the sacristy and the weekday chapel. The baptistery is situation near to the entryway.
The great hall contains a large trilithic structure that interferes in a complex manner with the geometry of the square, contradicting the solidity and stability that it symbolizes and giving the impression that the regular perimeter constitutes an enclosure built around a solemn and mysterious pre-existing structure, an arcane ancestral presence.
The pillar-beam system of structural members has the effect of multiplying and expanding the interior space, creating a full-height central basin with a trapezoidal form – like a cross and a large ciborium that attracts and gathers the community that meets around the altar – and a ring of perimeter service areas, of minor height, that assume the values of endonartece, side nave and ambulatory.
The main hall is seen as a great cavity which Lecce stone cladding causes to vibrate through indirect lighting, penetrating through slots cut in the masonry. The pavement is in Rosso Asiago marble with Apicena stone inserts.
The entryway consists of a small independent building that architecturally marks the passage from city space to place of worship. A transitive space that is externally distinguished from the entire parish complex with its Lecce stone covering. The diagonal offset of its roof introduces by contrast with the ample spaciousness of the main hall and, above all, with the vision of the trilithic structure.
Light, an ontological light in the intention of its designers, characterizes the space as a liturgical site without elements of scenery and which wishes to symbolically represent an other dimension. Light descends from above, along the intrados of the roof, giving a sensation of lightness and expansiveness to the interior. It then enters from a volume suspended on the apse to emphasize the focal nature of the presbytery and from above the entryway to bring frontal luminosity onto the altar. Light, finally, penetrates through a three-dimensional window that plastically articulates the perimeter wall over the baptistery, underlining the significance of the place of rebirth from darkness to light. The chapel with its tabernacle has soft illumination that expresses the sensation of protection and intimacy of the site.
Giò Pomodoro was to have designed the sacred furnishings but died before he began this work which would undoubtedly have been profound and edifying. Armando Marrocco and Mimmo Paladino have interpreted, with their different artistic personalities, the iconographic program and spatiality of the main hall: the first designed the altars, ambone and seat; the second the large windows, bronze door and baptistery.

AUTHORS

Franco Purini, born in 1941, architect, is full professor of Architectural and Urban Composition at the Valle Giulia Faculty of Architecture of the La Sapienza University in Rome.

Laura Thermes, architect, is full professor of Architectural Composition at the Faculty of Architecture of Reggio Calabria.

The Purini/Thermes studio has been in business since 1966. It has confronted both architectural themes and complex urban problems. This research has been expressed in a large number of projects including many Italian and international competitions, fully documented by the most important Italian and foreign magazines. Many projects relative to cities have, as their objects, the relationship between permanent signs and changing elements. These include, in particular, their studies on Rome, Milan, Venice, Potsdam, Buenos Aires and Volos. The studio’s achievements have received important international architecture awards and many of their works, obtained through competitions, are undergoing completion.

Note
* The re-edited essay has been taken out from the volume by Domenico Potenza, Puglia di Pietra, Regione Puglia, Claudio Grenzi editore, 2007, pp. 143.

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