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12 Febbraio 2009

English

“La Tuminera” in Bagnolo Piemonte (1978-1980)
Gabetti and Isola with Guido Drocco*

Versione italiana

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[photogallery]tuminera_album[/photogallery]

Dialogue with the local culture of Luserna stone, initiated by Gabetti and Isola some time ago, continues with this building which combines a house, a laboratory and a cheese producer’s shop.
In order to link the two separate blocks of building – that of the residence and that of the dairy – and to soften their respective individual characteristics, there is a long, brick-faced central wall, an element which acts as a frontier between the access area to the complex and the open countryside behind. Around the wall runs a spacious porch, a sequence of distinct elements defined by timber uprights and monopitch roofs. Penetrating the outer walls, crossing a large portal and patio, access is gained to the two main bodies of building.
The compactness of the wall, perceived as a borderline – which extends into the landscape in the form of a free-standing wall, well beyond the limit of the dairy works – frays where the residence is located. Toward this end of the building, the decisive rectilinearity of the wall is contested by the last timber pillar of the porch, rotated by 45°, and interrupted by large windows extending all the way up, providing light to the living room. The hip roof of the residence totally conceals the central backbone wall, covering the entire depth of the porch.

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Gabetti and Isola have succeeded in establishing once again that delicate balance between the affirmation of a powerful, personalised architectural symbol and its simultaneous negation through their passion for traditional local architecture. A kind of dialectic of opposites confirmed in the porch, where generous roof pitches – accentuated as a result of their heavy, sturdy structure and thick Luserna stone covering – are sustained by slender timber supports: a string of rough larch pillars with double struts, upon which the stone roof appears poised, almost suspended, independent from the interior and exterior spaces it covers. The autonomous image of the stone roof covering is further accentuated by the possibility of perceiving its rhombus configuration not just from a distance, from outside the portico, but also from close up, beneath the intrados of the roof projection, where the stone slabs rest directly on the timber rafters of the secondary structure, without the insertion of boarding.

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In the Tuminera, the rediscovery of the area’s natural resources and cultural values is so evident. The pursuit of a cogent rapport between architecture and panoramic vistas finds expression in the continuum of the wall (perceptible as a screen or artificial horizon if viewed from afar) and in the dovecot-belvedere which emerges from the portico, crowned by a twirling pennon. The architects’ predilection for local materials and “rustic” technologies is fully expressed in the portico.

Alfonso Acocella

Note
* The re-edited essay has been taken out from the volume by Alfonso Acocella, Stone architecture. Ancient and modern constructive skills, Milano, Skira-Lucense, 2006, pp. 624.

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12 Febbraio 2009

Opere di Architettura

“La Tuminera” a Bagnolo Piemonte (1978-1980)
di Gabetti e Isola con Guido Drocco*

English version

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Visione parziale dell’opera

[photogallery]tuminera_album[/photogallery]

Il dialogo con la cultura locale della pietra di Luserna, già iniziato da tempo da Gabetti e Isola, continua con questo edificio che riunisce in sè la casa, il laboratorio, il negozio di un produttore di formaggi.
A legare i due blocchi edilizi separati, – quello della residenza e quello del caseificio – ed a “smorzarne” le rispettive individualità, è posto un lungo muro di spina in mattoni a vista, elemento di frontiera che divide l’area di accesso al complesso dall’aperta campagna retrostante. Al di qua del diaframma si apre un generoso portico, una sequenza di emergenze volumetriche distinte, definite da montanti lignei e da coperture ad un unico spiovente. Al di là del setto murario, attraversando un ampio portale ed un patio d’ingresso, si accede ai due corpi edilizi principali.
La compattezza del muro inteso come linea di confine – idealmente estensibile nel paesaggio laddove si prolunga, in forma di parete libera, ben oltre il limite dell’impianto del caseificio – si sfrangia in corrispondenza dell’abitazione. Verso questo estremo dell’edificio il deciso segno rettilineo della cortina muraria è contestato dall’ultimo pilastro ligneo del portico ruotato di 45° ed è interrotto da vetrate a tutta altezza che illuminano il soggiorno. Inoltre, il tetto a padiglione della residenza dissimula, completamente, la presenza del muro di spina scavalcandolo per coprire l’intera profondità del portico.

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Veduta generale del “La Tuminera”

Ancora una volta, nell’opera di Gabetti e Isola, si instaura quel delicato equilibrio tra l’affermazione di un segno architettonico forte, “autoriale”, e la sua contemporanea negazione attraverso un lessico dell’architettura dei luoghi. Una sorta di dialettica degli opposti ribadita nel portico dove ampie falde di copertura – enfatizzate perchè effettivamente pesanti nell’orditura robusta e nello spesso manto in pietra di Luserna – sono sostenute da snelli supporti lignei: una teoria di pilastri a doppio puntone, in larice grezzo, su cui il tetto litico sembra librarsi, come sospeso, indipendente rispetto agli spazi interesterni che va a ricoprire. L’immagine autonoma e sottolineata del coperto in pietra è accentuata dalla possibilità di leggere il disegno a losanghe del manto non solo a distanza, dall’esterno del portico, ma anche in condizioni ravvicinate, sotto l’intradosso dello sporto di copertura, dove le lastre litiche appoggiano direttamente sui travetti lignei dell’orditura secondaria, senza tavolati interposti.

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Dettaglio del manto in lastre litiche

Nella Tuminera la riscoperta delle risorse naturali e dei valori culturali del luogo è evidente. La ricerca di un rapporto stringente tra architettura e visuali panoramiche si esplica nel continuum del muro (percepibile come quinta, o come orizzonte artificiale se visto da lontano) e nella colombaia-belvedere che emerge dal portico coronata da una volteggiante banderuola. L’accettazione dei materiali locali, delle tecnologie esecutive artigianali dal sapore “contadino” è tutta espressa nel portico.

Alfonso Acocella

Note
* Il saggio è tratto dal volume di Alfonso Acocella, L’architettura di pietra, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624.

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11 Febbraio 2009

News

UGO SASSO
La Missione Ecologia dell’Architettura

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“Il progetto é nel cuore, nella testa, nelle mani.
Permane in tutti il bisogno di riferimenti, reso consapevole solo al momento della privazione, di mettere radici, di appartenza.
Giungiamo ad un nuovo umanesimo di un’architettura conciliata con l’uomo e con l’ambiente.”

Ugo Sasso

Giovedì, 12 febbraio 2009, alle ore 19.10, il canale televisivo ArchiVisione®_la Tv degli architetti trasmetterà una puntata dedicata all’Architetto Ugo Sasso. Tema della puntata “La Missione Ecologia dell’Architettura” tratto dall’Open Work svoltosi a Torino in occasione di Architektonika_Congresso Mondiale Architetti, a cura di Silvano Voltan.
La puntata sarà in parte dedicata all’importante testimonianza professionale dell’Architetto Ugo Sasso, padre della Bioarchitettura italiana, tragicamente scomparso lo scorso 9 gennaio.

La trasmissione andrà in onda su SKY, Canale 872 (3Channel) e su Internet all’indirizzo www.3channel.it
Sarà disponibile inoltre in replica sabato 14 febbraio 2009 alle ore 13.00 e domenica 15 alle ore 22.30 su SKY Canale 872 (3Channel).
Su Internet all’indirizzo www.3channel.it/OnDemand/Archivisione/Archivisione.htm sarà disponibile a partire da venerdì 13 febbraio 2009.

In ricordo di Ugo Sasso
L’architetto Ugo Sasso ha perso la vita il 9 gennaio 2009 in Venezuela, travolto dalla corrente marina, mentre faceva il bagno nell’isola di Margarita, durante una breve tappa naturalistica del viaggio verso Berkley, dove lo aspettava lo scienziato Fritjof Capra, da sempre punto di riferimento della sua opera.
Ugo Sasso, bioarchitetto nel significato del termine che lui stesso aveva contribuito a definire, fonda nel 1991 a Bolzano l’Istituto Nazionale di Bioarchitettura. Allora in Italia la parola “ecologia” era quasi sconosciuta dall’opinione pubblica ma già da qualche anno lui trascinava un pugno di presunti architetti visionari nel Nord dell’Europa a vedere come bisognava costruire per rispettare l’uomo e l’ambiente.
Nato ad Asmara nel 1947, cresciuto in Veneto, laureatosi nel 1971 con Carlo Scarpa, Sasso ha collaborato con i grandi della progettazione ecologica (Kroll, Krusche, Kier), direttore scientifico della “Rivista di bioarchitettura”, ha tenuto corsi e master in numerose università italiane, ha realizzato a Bolzano nel 1994 il primo condominio ecologico italiano finanziato con soldi pubblici.
Nel vasto panorama internazionale della bioarchitettura Ugo Sasso ha portato un concetto originale tutto italiano, quello che il progetto ecologico non deve esaurirsi nell’edificio eco-sostenibile, ma deve avere al centro l’uomo, la qualità sociale del vivere della persona che vi andrà ad abitare, la sua l’appartenenza al luogo geografico e sociale, la salvaguardia del suo mondo di relazioni stratificatosi attraverso il tempo nelle città e nei paesi.
«Per comprendere tutto ciò – diceva – occorre dimenticare la “casa-macchina per abitare di Le Courbusier” e pensare ai quartieri storici delle città italiane, ai piccoli paesi con case magari vecchie, dove però la comunità vive serenamente.»
Ugo Sasso ha consegnato la sua filosofia del vivere e del progettare un’eco-architettura a misura d’uomo, che sia molto più del costruire in modo ecocompatibile e biosostenibile, ad un’intera generazione di sensibili architetti e di giovani studenti dei suoi corsi universitari che adesso, con l’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, potranno continuare i suoi progetti, pur nel dolore e nel rimpianto del suo mite sorriso e della sua preziosa opera.

Vai a Bioarchitettura.it

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10 Febbraio 2009

News

Progettare la sostenibilità 2

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WORKSHOP
P ROGE T TAR E L A SOS T E N I B I L I TA’ 2
STAZIONE LEOPOLDA, SPAZIO ALCATRAZ
24 – 28 Marzo 2009

Sostenibilità è un termine ampiamente condiviso, ma volgendo lo sguardo alle numerose possibili declinazioni (energetica, sociale, economica, culturale, urbana) si palesa la carenza di strumenti in grado di integrarne i vari aspetti nell’ideazione architettonica e nella progettazione urbana.
Il workshop intende colmare questo divario culturale attraverso le competenze di uno studio professionale che da anni applica tali regole come elementi generatori di qualità. La capacità e l’esperienza dello studio saranno quindi messe a disposizione di professionisti (architetti e ingegneri) in un’esperienza di progettazione corale.

IL PROGETTO
Oggetto del workshop sarà la progettazione di un’area di Firenze in termini di sostenibilità alle diverse scale d’intervento. Più precisamente lo studio affronterà un tema cogente per Firenze e per tutte le città interessate dalla riqualificazione della periferia come strategia capace di riverberare benefici energetici e sociali sulle aree circostanti e sul nucleo storico.
L’area di Novoli, a nord di Firenze, sarà oggetto sia di una macro valutazione urbanistica e di riassetto del luogo urbano, che di una micro valutazione alla scala del singolo edificio come generatore di qualità ambientale.
In accordo con l’Assessorato all’urbanistica del Comune di Firenze, Novoli diventa “caso studio” per intervenire drasticamente simulando una “sostituzione urbanistica” attorno a un disegno sostenibile di spazi di relazione. La strategia contempla, infatti, la demolizione e ricostruzione di aree urbanizzate in una sorta di “taglia e cuci” a scala urbana.
La volumetria di demolizione sarà dunque il dato quantitativo di partenza per l’ideazione di un nuovo edificio generatore di qualità urbanistica, architettonica e ambientale nell’accezione più ampia possibile.
La sostenibilità si applicherà così sia in orizzontale, attraverso la sostituzione urbanistica, che in verticale, attraverso la progettazione di una tipologia edilizia improntata alla sostenibilità.
Il laboratorio si svolgerà presso la Stazione Leopolda all’interno del suggestivo Spazio Alcatraz. Nel corso dello svolgimento del workshop, lo Spazio Alcatraz accoglierà anche una serie di incontri, tavole rotonde, lectures, con personalità del mondo politico, culturale e scientifico, per aggiornare i partecipanti e il pubblico sui nuovi orizzonti della progettazione urbana sostenibile.

IL WORKSHOP
“Progettare la sostenibilità” si configura come un’occasione assai importante per una riflessione sulla progettazione sostenibile applicata ad una concreta realtà urbana, quale può essere un’area in trasformazione all’interno di una città così peculiare e urbanisticamente rappresentativa come Firenze.
Il workshop sarà condotto dall’architetto Mario Cucinella, che da tempo si occupa di queste tematiche, (www.mcarchitects.it). Cucinella riceve negli Stati Uniti il premio “International Architecture Award 2007 – SIEEB Sino Italian Ecological and Energy Efficient Building 2007″ e a Parigi il premio “Energy Performance +
Architecture Award 2006”
. Tra i progetti ricordiamo Dongtan Eco City di Shanghai – masterplan per una nuova città sostenibile, e tra le realizzazioni più significative: il Sino Italian Ecological Building a Pechino, la nuova sede del Comune di Bologna, il Padiglione eBo a Bologna e la stazione Villejuif-Leo Lagrange della metropolitana di Parigi.
Mario Cucinella, coadiuvato da un team di professionisti e docenti, guiderà 30 tra architetti ed ingegneri nella progettazione di un’area urbana di Firenze alle diverse scale d’intervento, secondo un approccio ed una metodologia sostenibile. L’area di Novoli, a nord di Firenze, sarà oggetto sia di una macro valutazione urbanistica e di riassetto del luogo urbano, che di una micro valutazione alla scala del singolo edificio come generatore di qualità ambientale.
Nel corso della progettazione i partecipanti al workshop saranno supportati da consulenti tecnici di primarie aziende produttrici di materiali per l’edilizia eco-sostenibile.
Durante lo svolgimento del workshop lo spazio Alcatraz, presso il complesso della Stazione Leopolda di Firenze, ospiterà convegni e letture in cui si confronteranno figure e proposte di rilievo del panorama locale e internazionale.

Promotori
ANCE Firenze, Associazione Nazionale Costruttori Edili
AND Rivista di Architetture, Città e Architetti
Salone Immobiliare Srl
Sostenitori ANCE Toscana

Patrocini
Provincia di Firenze
Comune di Firenze
Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Architettura
Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Ingegneria
Dipartimento di Progettazione, Facoltà di Architettura di Firenze
ANCE Nazionale
Ordine degli Ingegneri di Firenze
Ordine degli Architetti di Firenze
ENEA

Comitato Organizzativo
AND – rivista di architetture, città e architetti

Comitato Scientifico
Arch. Paolo Di Nardo – Direttore editoriale della rivista AND
Arch. Maurizio Talocchini – Direttore della Direzione Urbanistica, Comune di Firenze
Prof. Arch. Ulisse Tramonti – Direttore del Dipartimento di Progettazione,
Università Architettura di Firenze
Dott. Riccardo Spagnoli – Presidente di ANCE Firenze
Arch. Domenico Lapenta – ANCE Firenze
Dott. Alessandro Nosei – Amministratore Salone Immobiliare
Architetto docente Mario Cucinella

Coordinatore didattico
Alessandro Melis

Tutors
Arch. Filippo Maria Conti, Arch. Nico Panizzi, Arch. Pierpaolo Rapanà,
Arch. Carlo Achilli, Arch. Marco Rabazzi

Partecipanti 30 architetti e ingegneri su iscrizione fino ad esaurimento posti
Periodo 24-28 Marzo 2009
Oggetto di studio Area del Comune di Firenze – Zona Novoli
Luogo Spazio ALCATRAZ – Stazione Leopolda – Viale Fratelli Rosselli, 5 Firenze
Pubblicazione rivista AND (numero successivo al workshop)
Ufficio stampa re.publiquepress@gmail.com

Per ulteriori informazioni su programma, quota e modulo d’iscrizione del workshop:
www.and-architettura.itwww.progettosapere.euinfo@and-architettura.itinfo@progettosapere.eu
tel. 055 582401 – 055 2461361 – fax 055 2461362

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8 Febbraio 2009

Principale

I LINGUAGGI DELL’ARTE

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Scandicci Cultura
Compagnia Krypton
TEATRO STUDIO
Scandicci
I LINGUAGGI DELL’ARTE
giovedì 19 febbraio – ore 21.00
presentazione del libro

DESIGN CONTEMPORANEO
mutazioni oggetti ambienti architetture

di Patrizia Mello

Patrizia Mello si addentra in un viaggio attraverso gli scenari del design contemporaneo, partendo dalle sperimentazioni degli ultimi decenni, caratterizzati dalla presenza di firme autorevoli ma anche da una diffusa costellazione di ricerche, azzardi e soluzioni.
Prendendo spunto dal volume Design Contemporaneo, edito per i tipi di Electa, Patrizia Mello propone al Teatro Studio una riflessione sul valore del progetto di design, sulla sua profonda e trasversale relazione con la cultura contemporanea, sulla natura dialogica del progetto, che assorbe domande e propone risposte.
Durante l’incontro verranno presentate immagini del lavoro di Philippe Starck, Droog Design, Alberto Meda, Valvomo, progetti, oggetti, ambienti…

Patrizia Mello si occupa di teoria del progetto di architettura e di disegno industriale, argomenti su cui svolge attività di ricerca, con pubblicazione di articoli e saggi, organizzazione di convegni e incontri di studio. Insegna presso il Corso di Laurea in Disegno Industriale della Facoltà di Architettura di Firenze.

INGRESSO LIBERO
TEATRO STUDIO
via Donizetti, 58 Scandicci (Fi)
055.7591591
infoteatro@scandiccicultura.it
www.scandiccicultura.it

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5 Febbraio 2009

Pietre Artificiali

Arte, tempo e materia.
Peter Zumthor, Kolumba Museum, Colonia

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Il nuovo filtermauerwerk in laterizio e le rovine della basilica tardogotica

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“A Kolumba – suggerisce Zumthor – tutto comincia dall’arte”.
Mentre al di fuori scorre il tempo della città, entro le spesse mura del nuovo museo dell’Arcidiocesi di Colonia la presenza ancora palpabile del passato e la poesia invisibile di quanto può accadere, si incontrano nello spazio “sacro”, emozionale, esattamente composto dal maestro svizzero. Le luci ed ombre che lo attraversano costruiscono uno spettacolo che subito, per il fascino esercitato su chi vi sia immerso, una serie di aggettivi convenzionali pretenderebbe di sintetizzare – magico, incantato, irreale, immateriale.
Fra i molteplici passati di questo luogo unico nel cuore di Colonia e la sua ritrovata funzionalità, ciò che certo si giunge a percepire, è il tempo della contemplazione qui tradotto in architettura dal linguaggio della materia e celebrato con solenne intensità.
Zumthor, con la sensibilità e l’etica che gli sono proprie, affronta il compito di ordinare a esposizione permanente il complesso spazio di un antico edificio – o meglio, i frammenti di memoria legati ad un sito dal trascorso leggendario. Come successioni sedimentarie archeologia tardo romana, franca e poi romanica, e ancora le rovine tardogotiche sulle cui macerie sorsero due opere di Gottfried Böhm, il tutto è ricomposto e accolto entro la nuova fabbrica.
L’architetto Zumthor succede ai costruttori del passato “senza spezzarne l’opera”. Non è il desiderio fine a se stesso di innovare o di inserire lo spazio museale nel vortice del consumo turistico di massa, ma il rispetto verso il progetto originario e la ricerca coerente e filologica a guidare il suo paziente lavoro teso a ritrovare il tempo della storia e a creare continuità.

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L’antico e il nuovo insieme in una sola massa muraria

Il Kolumba Museum, con portamento da fortilizio che preserva al proprio interno le rovine, pare negarsi al rapporto verso l’esterno. In esso, in vicendevole armonia, convivono, senza costringersi o soffocarsi vicendevolmente, due elementi: l’esposizione museale e l’architettura che ne costruisce l’itinere, entrambi in aderente e sottile relazione con la qualità architettonica originaria. È con audacia e franca decisione nell’interesse della nuova funzione, che Zumthor, come l’architetto rinascimentale, prosegue le antiche mura della chiesa tardogotica – ritesse con trame di muratura piena le sue aperture – costruendovi sopra il nuovo. Ripercorrendo il profilo planimetrico della chiesa originaria, le pietre si intrecciano alla nuova muratura, a divenire un massivo paramento che declina ancora una volta in modo inedito il principio della stratificazione.
Muri portanti, sessanta centimetri di spessore, realizzati concatenando strati del mattone custom made definito quale “Kolumba Stein”. Studiato nella componente materica e cromatica con prove ed analisi durate anni, il mattone Kolumba, oggi divenuto vessillo della fornace danese produttrice, è realizzato a mano in un formato inconsueto – 4 x 21 x 54 centimetri – sottile, ampio e lungo, adatto a innestarsi nei muri medievali, ideale per realizzare murature di spessore complementari alla pietra cui cromaticamente si rivolge. Un’avvolgente sfumatura grigio cenere veste gli spazi, ammorbidita da tonalità cangianti dei colori fondamentali – giallo, rosso, blu – ed uno strato leggermente più denso di malta a separare gli elementi.
Ma la semplice bellezza del disegno murario trova la propria speciale interpretazione là dove la trama degli elementi si fa più rada fino a divenire traforo, diaframma attraversabile dalla luce e, interrotto nella sua continuità, improvvisamente “leggero”. Sgravate dal peso della materia, minute vibrazioni di luce costellano lo spazio interno rendendolo mobile e imprevedibile.
Qui coerenza di pensiero e di metodo del progettista si fanno materia e torna il concetto, più volte espresso dall’autore, di architettura come organismo ove tra le sue parti e il tutto non vi sia “nulla di troppo”, in una parola concinnitas. Così la superficie diviene essa stessa ornamento e i piccoli vuoti che la traforano sono dettagli altrettanto concreti quanto i corpi solidi, giocando con la magia della luce.

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Il percorso nell’area archeologica

Presso la promenade archeologica che si svolge alla quota inferiore del complesso, costeggiando esternamente le cappelle “del Sacramento” e la “Madonna delle Macerie” di Böhm, l’ordine spaziale che si avverte è dettato dalla presenza dei sottili pilastri in acciaio fasciati nel cemento che – aghi sul corpo dell’architettura – sostengono assieme alla muratura gli spazi costruiti sovrastanti.
Ai livelli superiori le sale del museo. Ora ambienti aperti, ora spazi raccolti si susseguono e, mentre muta la percezione, il comfort rimane costante. Perchè vi è attenzione anche per la componente energetica. Lo spessore dei muri in mattone è attraversato da tubi che sfruttano la geotermia; l’aria nelle sale penetra dal soffitto mentre l’elegante stacco tra pareti e pavimenti l’aspira.
Al contempo il racconto della collezione esposta nelle sale è composto di oggetti di eterogenea natura, epoca e valore, accostati in modo inconsueto perchè “passato e presente – precisa Zumthor – nella buona arte si incontrano”. Allestitore attento alla matericità tonale dei fondali, ai punti di luce artificiale e naturale, alla posizione dei singoli pezzi, l’architetto, nell’esperire il progetto, ha amato in particolare le rappresentazioni scultoree della Vergine che tutte paiono sorridergli ed una, in particolare, ora occhieggia dalle grandi finestre alla cattedrale della città, laddove il luogo si ricongiunge con la sua cornice.

di Veronica Dal Buono

Si ringrazia Costruire in Laterizio per aver consentito la pubblicazione del presente articolo – Costruire in Laterizio, n.124, 2008, pp.4-9 – e l’Istituto Kolumba Museum per il cortese utilizzo delle immagini (photo Elene Binet)

Vai a Andil – Costruire – Costruire in Laterizio

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2 Febbraio 2009

PostScriptum

Riapre il Borgo Castello a Calitri

Restituire alla collettività un monumento, un edificio storico o un’opera d’arte è sempre motivo di grande soddisfazione; quando, poi, si tratta del cuore antico della città, l’evento si carica di un significato davvero particolare. E la soddisfazione aumenta in maniera esponenziale. Il sito-monumento definito Borgo Castello offre da oggi ai visitatori affascinanti sollecitazioni relative alla storia irpina medievale e moderna. Oggetto di un insieme di organici interventi di recupero, rappresenta un caso esemplare di multidisciplinarità e concorso di forze.
Molti ricorderanno che, prima del terremoto del 1980, si presentava come uno dei più vivaci e affollati quartieri popolari di un grosso paese rurale. Costruito sui resti del castello e della cinta muraria della terra di Calitri, era il risultato delle numerose e frequenti trasformazioni succedutesi nel tempo. Deve la sua unicità alla sua essenza stessa di sito fortemente segnato e continuamente sconvolto dai ricorrenti eventi distruttivi verificatisi nel corso di oltre un millennio: da poderosa struttura fortificata messa a guardia dei confini di un vasto gastaldato di frontiera, si è trasformato dapprima in una sfarzosa residenza signorile assiduamente vissuta, e poi, per oltre tre secoli, in un affollato borgo contadino e artigiano. Si appresta, oggi, a diventare un’area pubblica per attività culturali e ricreative a servizio di un centro abitato che, negli ultimi anni, a fronte di una caotica crescita urbana, sta vivendo grosse trasformazioni nel proprio tessuto economico e sociale.

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E’ dal 1988 che gli sforzi congiunti di Soprintendenza e Comune hanno mirato alla conservazione e alla conoscenza approfondita del luogo. Come non ricordare il pionieristico intervento di recupero strutturale del muraglione sul lato nord condotto dalla Soprintendenza sul finire degli anni ottanta, qui come nei castelli di Sant’Angelo dei Lombardi, di Montella, di Bisaccia, di Rocca San Felice, di Torella dei Lombardi, nella Torre di Girifalco presso Torella? Una fervida stagione di ricerca che ha consolidato conoscenze ed aperto nuove piste di indagine. Erano quelli gli anni in cui, nel vicino centro storico di Conza della Campania, affioravano le strutture dell’antica Compsa romana e scavi archeologici, condotti nel corso dei tanti interventi di restauro, restituivano molti elementi interessanti ai fini della ricostruzione della storia dei luoghi lungo tutta la valle dell’Ofanto.
Il recupero completo del Borgo Castello, con i resti medioevali delle fortificazioni normanne ed angioine attinenti al Castrum Calitri e le successive strutture pertinenti al palatium cinquecentesco, quali la cisterna e il frantoio, e la sistemazione esterna delle aree si sono concretizzati, però, solo nell’ultimo decennio grazie ad un forte impegno di fondi ordinari e straordinari del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e, di recente, dei fondi del POR Campania 2000/2006.

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Tutti gli interventi eseguiti si sono ispirati al concetto che il costruito storico è un patrimonio stratificato costituito da varie fasi di edificazione, quasi sempre determinato dai continui riusi. Il ricorso, durante il restauro, alla reintegrazione strutturale con partiture murarie di pietrame listato, ovvero all’aggiunta di ‘porzioni d’opera moderna’ indispensabili per non far perdere la forma degli antichi edifici, è stato adottato nel pieno rispetto dell’unità della concezione costruttiva del manufatto, mediante l’utilizzo di materiali e tecniche compatibili con quelle preesistenti per omogeneità, durabilità e, ove possibile, reversibilità. La necessità inderogabile di rinforzi strutturali, dunque, non ha mai costituito un alibi per privilegiare gli aspetti estetico-architettonici, ma s’è limitata a proporre interventi limitati, inquadrati in una visione generale di manutenzione programmata, mirati a conservare per le future generazioni l’integrità della lettura delle antiche fabbriche, intese come documento di archivio materiale.
Imminente l’apertura del Museo della Ceramica; negli ambienti restaurati, tra la torre medievale e i contrafforti sul Piano San Michele, sarà ambientato quanto l’indagine stratigrafica, nel centro storico e nelle zone ad esso limitrofe, ha restituito in termini di resti della cultura materiale: ragguardevoli quantità di frammenti ceramici nonchè oggetti in metallo, vetro, osso, pietra, terracotta, laterizi, tegole, monete, intonaci ed altro. Il percorso espositivo conterrà, infatti, la documentazione sulla produzione di ceramiche della fossakultur Oliveto-Cairano, sulle ceramiche di età romana, sulla mezza maiolica medioevale tra Santa Maria in Elce e San Zaccaria, sulle maioliche rinascimentali e moderne. Vi saranno sezioni dedicate alla produzione artigianale ed industriale delle terrecotte e della maiolica tra il XIX e il XXI secolo ed ambienti per la sperimentazione e la conoscenza dei materiali e la realizzazione di exhibits. Il Museo della Ceramica del Borgo Castello di Calitri, come ogni museo, è stato concepito come un istituto culturale, scientifico, educativo, al servizio della comunità, aperto al pubblico ed ha come scopo la conservazione, la valorizzazione e la fruizione da parte dell’utenza (cittadini, visitatori, turisti e studiosi), dei i beni culturali che documentano la storia e la cultura di cui è espressione. “Per il perseguimento di tali finalità”, viene specificato nel Regolamento approvato con Deliberazione del Consiglio Comunale di Calitri n. 24 del 29 settembre 2008, “nell’ambito della normativa vigente, il Museo si pone anche come polo di documentazione della realtà territoriale circostante e realizza attività dirette alla educazione culturale dei cittadini, e alla valorizzazione turistica del territorio. A tal riguardo, il Museo mira alla realizzazione di mostre, attività didattiche, visite guidate, manifestazioni, conferenze e ogni altra forma di iniziativa volta a concorrere a tale progetto. Il Museo, oltre a costituire una fonte di documentazione, intende farsi promotore della documentazione stessa e si pone come uno dei destinatari delle ricerche eventualmente svolte”.

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Con Deliberazione della Giunta Municipale n. 87 del 22 ottobre 2008 l’Amministrazione Comunale di Calitri ha, poi, approvato il piano di gestione del Borgo Castello redatto dai funzionari delle Soprintendenze BAP e BSAE responsabili dell’intervento a conclusione dell’opera, come previsto nella procedura di erogazione dei fondi europei. Il piano suddetto individua le strategie per la valorizzazione del bene a carattere globale, attraverso un adeguato utilizzo degli spazi e la progressiva elaborazione di un target che porti alla massima espressione le sue potenzialità, tanto sul piano culturale che sul piano economico, partendo dal presupposto che il Borgo Castello di Calitri rappresenta una opportunità non solo per l’ente territoriale a cui appartiene, ma per l’intera Valle dell’Ofanto. Le destinazioni d’uso assegnate agli oltre tremila metri quadri di superficie utile coperta sono state concepite, nel piano di gestione, in modo da prestarsi ad un utilizzo dell’intero complesso monumentale quanto più flessibile e polivalente. Oltre agli ambienti del museo adibiti a sede espositiva permanente per la ceramica antica, medievale, rinascimentale e moderna e per la terracotta, perciò, sono stati individuati appositi locali da adibire:
– alla promozione dell’artigianato produttivo locale (oggettistica ed exhibits in ceramica, legno, pietra etc.) nella Salita tra Piano San Michele e Via Castello;
– alla promozione della produzione agricola tipica del luogo e a punti di ristoro all’angolo di Via Castello;
– all’accoglienza dei visitatori – reception, bookshop, servizi, etc. – in Via Castello;
– ad attività culturali e/o di supporto al museo (Centro Studi sulla Ceramica in Vico I Castello);
– a sportello informativo, laboratorio di restauro delle ceramiche e depositi della Soprintendenza BAP e BSAE di Salerno e Avellino nel Piazzale Alto;
– a depositi a servizio del museo in Vico I Castello;
– a custodia e guardiana nel vicolo del Bastione;
– ad attività culturali temporanee e di rappresentanza presso casa d’angolo in Vico del Ciliegio, casette gotiche in Vico del Ciliegio, casa della voltina in ‘mummoli’ prospettante sul Piano San Michele in Vico I Castello, casa gialla prospettante sul Piano San Michele, al termine di Vico I Castello, ambienti medievali nel vicolo del Bastione;
– a spazi espositivi permanenti non pertinenti al museo della ceramica (Museo dell’opera del Borgo Castello e intervento di recupero nella Salita al Piazzale Alto; mostra permanente Un mestiere antico: il ‘mastro’ muratore e l’arte di costruire muri di pietra, mattoni e calcina in Via Castello e Vicolo della Pergola, mostra permanente ‘Madre Terra’ e i suoi prodotti essenziali. Il ciclo produttivo del pane e del vino negli ambienti al piano terra di Via Castello fronteggianti la Chiesa della Madonna delle Grazie e Il ciclo produttivo dell’olio nel vecchio frantoio delle olive annesso al ‘palatium’ cinquecentesco in Via Castello.

Particolare interesse rivestono, infine, i due percorsi coperti idonei anche ad installazioni ed eventi d’arte contemporanea: la grotta di accesso alla Ripa del Melograno e gli ambienti sottostanti la Terrazza del Belvedere.

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La portata dell’evento e la sua alta valenza positiva non deve però esimerci da doverosi bilanci: molte delle ferite di allora non sono ancora perfettamente rimarginate; lunghissimo resta l’elenco degli edifici di interesse storico-architettonico, di interi ambiti urbani e di opere d’arte mobile il cui restauro non è terminato mentre per alcuni non è mai iniziato. Non mancano posti, nel centro abitato, radicalmente modificati e privati delle loro caratteristiche, a causa delle demolizioni, delle ristrutturazioni e delle ricostruzioni in stile o in forme pseudo-contemporanee o da errati interventi di restauro. Parallelamente all’alterazione dell’ambiente urbano anche il paesaggio rurale è stato gravemente modificato dalla costruzione, fuori sito, di nuovi insediamenti che hanno sostituito totalmente o in parte edifici distrutti o gravemente danneggiati dal sisma. Nel caos della ricostruzione, spesso interpretato come speculazione, molteplici professionalità hanno tentato di ritagliarsi un loro spazio, con interventi spesso infausti o inutilmente dispendiosi. Le molteplici “correnti di pensiero”, per lo più contrapposte, in cui si è frammentata la teoria del restauro, hanno trovato vasti campi di sperimentazione, con risultati spesso contrastanti e talvolta, essenzialmente per quanto concerne i consolidamenti, devastanti. Sottolineo con una punta di orgoglio che se oggi ancora si può discutere del futuro del centro storico di Calitri, come di quello di tanti centri storici irpini, molto si deve alla tenace opera di tutela portata avanti dalla Soprintendenza anche se, ripeto, non va sottaciuto che l’integrità dei tessuti urbani storici non è stata sempre preservata e talvolta non si è riusciti ad evitarne lo stravolgimento totale se non, addirittura, la distruzione completa.
Questo impegno trova significativi episodi proprio nell’Alta Valle dell’Ofanto ed in particolare a Calitri. L’attività di tutela, salvaguardia e recupero delle emergenze monumentali si è qui coniugata sin dagli anni ottanta con l’intervento diretto per il recupero del centro antico. Il gruppo di lavoro costituito dalla Soprintendenza nell’immediato dopo-sisma con il compito di seguire da vicino il recupero dei centri storici maggiormente colpiti dal terremoto, qui insediato sin dal 1987, ha rappresentato per alcuni anni un valido supporto dal punto di vista tecnico-scientifico per molte amministrazioni locali, ha instaurato spesso un rapporto diretto con i cittadini e le strutture pubbliche e private interessate agli interventi di recupero dei Beni Culturali e alla tutela del paesaggio dei territori a ridosso dell’Alta Valle dell’Ofanto e del Sele. Ha proposto e attuato il restauro dell’edilizia storica e ha contribuito alla diffusione di tecniche, tecnologie d’intervento e materiali rinvenibili nella tradizione locale.

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Il restauro del Borgo Castello appena concluso, effettuato sulla base di un esemplare progetto fondato su una metodologia di analisi strutturale innovativa e “moderna”, ha rappresentato la fase di avvio di una lunga e sofferta opera di recupero, che ha visto impegnare a fondo la professionalità e l’impegno dei funzionari dell’ufficio. E’ ora la volta del “tessuto connettivo” ad esso attinente, ovvero della vasta area circostante il castello, tutta la zona compresa fra Piazza della Repubblica, Corso Giacomo Matteotti, Via Torre e Piano San Michele con i resti delle fortificazioni medievali a ridosso della Torre cosiddetta della Porta di Nanno e di possenti resti del circuito murario cinquecentesco. Ma avremo modo di illustrarne, nel prossimo futuro, le caratteristiche particolari e, per certi aspetti, uniche.

di Vito De Nicola
Architetto Direttore Coordinatore della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Salerno e Avellino

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28 Gennaio 2009

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Intersections

Versione italiana

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Being from many years the protagonist of a unique creative experience based on the theme of geometrical intersections applied to the design of furniture and stuffed objects, Philippe Nigro is declining nowadays his research in the stone design activity giving life to Saturnia, a new line of elements for the bath furnishing produced by PIBA Marmi.
The exploration on the variations of compenetrated geometries, that can be seen as unusual metaphors of the current need of integration between different peoples and cultures, leads the designer to a particular transfiguration of the diagrammatic theory about mathematical sets: the concepts of membership, union, emptiness, subset, are translated into chains of neat and solid stone shapes. The consideration about the melting of social groups, individual destinies, languages and informative networks, leads to the conception of a completely renewed design, in which stone becomes a new material to play with in order to create light and dynamic compositions, sequences full of empty or filled surfaces that converge the one into the other, partially overlapping or completely superimposing, following a combinatory process aimed to continuously generate never-seen-before configurations.

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As in a collage, a puzzle or a tangram, Philippe Nigro regenerates the conception of the stone material, dividing the solid mass into macro-pieces linked together and disposed in always different lying positions to form pairs or entire multiple sets of baths and shelves for the furnishing of the contemporary household space.
The official presentation of the Saturnia line is set to take place at the next editions of “Abitare il Tempo” and “Marmomacc” in Verona, but an exclusive preview – a prototype of a marble wash basin – will be presented at the PIBA Marmi pavilion from 4th to 7th February, 2009 during “MADE Expo” in Milan.

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BIOGRAFIA PHILIPPE NIGRO
Philippe Nigro was born in Nice (France) in 1975. He got a degree in Industrial Design at Lyon University in France; then, in 1996, he won together with C. Gardet the Chaumont-sur-Loire garden design competition for the project of the experimental garden “Ailleurs”, and in 1997 he got a DSSA (Diplôme Superieur d’Arts Appliquès) on Industrial and Interior Design at Boulle School in Paris, after winning the Habitat competition for his lamp called “Flac”.
Since 1999 he has been collaborating with Michele De Lucchi, developing design projects of outside and inside furniture for Olivetti, Compaq, Siemens, Poltrona Frau, Artemide, Alias, Caimi, Banca Intesa, Unifor, Hera, Colombo and others. In 2004 he began working on the creation of two sofa lines, “Vega” and “Vertigo”, produced by Nube, and in 2005 on the “Spiral” shelf with underlined wood characteristics made for “Aides à Projet VIA 2005”. In 2006, together with De Lucchi, he designed “Sarissa” and “Tatlin” for Arteide and in 2007 he created the “Twist” armchair for Felicerossi.
In 2008 he created for “Aides à Projet VIA 2008” a new sofa system called “Intersection” and for Gate-08 “Market”, a fruit bowl made of Carrara marble. In 2009 he’s the designer for Ligne Roset of the new “Confluences” family, further evolution of the “Intersection” sofa line, and for VIA he’s creating the universal leg for Trèteaux tables and Twin-Chairs.
by Davide Turrini

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Philippe Nigro
PIBA Marmi

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28 Gennaio 2009

Design litico

Intersezioni

English version

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Studi grafici di Philippe Nigro per la collezione Saturnia PIBA Marmi

Da alcuni anni protagonista di un’esperienza creativa originale, basata sul tema delle intersezioni geometriche, e applicata alla progettazione del mobile e dell’imbottito, Philippe Nigro declina ora la sua ricerca nel settore del design litico firmando Saturnia, una nuova collezione di elementi per il bagno prodotta da PIBA Marmi.
L’esplorazione sulle variazioni delle geometrie compenetrate, interpretabili come insolite metafore del bisogno attuale di integrazione tra genti e culture diverse, porta il designer ad elaborare una singolare trasfigurazione della teoria diagrammatica degli insiemi matematici, in cui i concetti di appartenenza, unione, vuoto, sottoinsieme, sono tradotti in catene di figure litiche nitide e compatte.
La riflessione sugli incroci di gruppi sociali, di destini individuali, di percorsi, linguaggi e reti informative del mondo globale, porta dunque alla concezione di un design assolutamente nuovo, nel quale la pietra diventa uno strumento materico giocoso con cui realizzare composizioni lievi e vivaci, sequenze di pieni e vuoti che convergono tra loro, si sovrappongono parzialmente o si fondono del tutto, secondo un processo combinatorio pensato per generare continue inedite gemmazioni e configurazioni.

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I divani Intersection firmati da Philippe Nigro per VIA

Quasi come in un collage, in un puzzle o un tangram, Philippe Nigro ripensa la pietra, suddividendone la massa in macrotessere concatenate, disposte secondo giaciture di volta in volta ruotate a formare coppie o intere batterie multiple di vasche e ripiani per l’allestimento dello spazio abitato contemporaneo.
La presentazione ufficiale della linea Saturnia è fissata per le prossime edizioni veronesi di Abitare il Tempo e di Marmomacc, ma un’anteprima, costituita dal prototipo di un lavabo in pietra, sarà esposta nel padiglione PIBA Marmi dal 4 al 7 febbraio prossimo, durante le giornate del MADE Expo di Milano.

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Studi grafici di Philippe Nigro per la collezione Saturnia PIBA Marmi

BIOGRAFIA PHILIPPE NIGRO
Philippe Nigro nasce nel 1975 a Nice in Francia. Conseguita la maturità in arti applicate, ottiene il diploma in Industrial Design a Lyon e, nel 1996, vince con C. Gardet il concorso dei giardini di Chaumont-sur-Loire, per il giardino sperimentale Ailleurs. Dopo aver vinto anche il concorso Habitat per la lampada Flac, nel 1997 consegue il Diploma Superiore d’Arti Applicate in Industrial e Interior Design alla École Boulle di Parigi.
Dal 1999, in Italia, collabora con lo studio De Lucchi dove segue progetti di design e di mobili per Olivetti, Compaq, Siemens, Poltrona Frau, Artemide, Coromandel, Danese, Alias, Caimi, Banca Intesa, Produzione Privata, Unifor, Hera, Interni, Design Gallery, Feg, Colombo, Listone Giordano.
Del 2004 sono i suoi progetti per i divani Vega e Vertigo prodotti da Nube e dell’anno successivo quello dello scaffale Spiral realizzato per “Aides à projet VIA 2005”. Nel 2006 firma, con De Lucchi, Sarissa e Tatlin per Artemide; nel 2007 disegna la poltrona Twist per Felicerossi; nel 2008, con M. Biffi, si aggiudica il secondo premio del concorso “Lo spirito di Stella / Autogrill”.
Per “Aides à projet VIA 2008”, realizza il sistema di divani Intersection e per la mostra collettiva Gate-08 realizza Market: un porta frutta in marmo di Carrara. Nel 2009 firma per Ligne Roset la famiglia Confluences, ulteriore declinazione dei divani Intersection, e per il VIA realizza la gamba universale per tavoli Trèteaux e le sedie Twin-Chairs.

di Davide Turrini

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Philippe Nigro
PIBA Marmi

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26 Gennaio 2009

Design litico

“Palladio e il design litico” si inscrive nel progetto Lithospedia – Interior Design

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Parallelamente all’editazione di questo post la sezione Lithospedia del progetto architetturadipietra.it riedita i prodotti di design della collezione nella virtual gallery dedicata all’Interior Design.
Le opere realizzate dalle aziende del Consorzio del Chiampo con Raffaello Galiotto trovano così collegamento con le Gallery già editate, suddividendo gli artefatti in specifiche Categorie quali, per esempio, Superfici parietali, Superfici orizzontali, Sedute, Vasche, Docce, Lavabi, Vasi…
Tale archivio di immagini, disegni e schede tecnico-descrittive identificative delle Aziende di produzione, nasce come spazio di conoscenza e informazione selezionata rivolto a progettisti e produttori interessati al mondo del design litico contemporaneo.

Vai alla virtual gallery dedicata all’Interior Design
Leggi anche La collezione “Palladio”. Opere per un’esposizione e non solo.

Vai al Consorzio Marmisti del Chiampo

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