19 Aprile 2017
Buone pratiche
RESISTENZA ALLO SCIVOLAMENTO: INFORMATIVA SULLE NORME DI RIFERIMENTO E I METODI DI PROVA
“[…] e giù dal collo de la ripa dura | supin si diede a la pendente roccia, | che l’un de’ lati a l’altra bolgia tura”
Dante, Inferno – XXIII-43;45
Dante Con L’Espositioni Di Christoforo Landino, Et D’Alessandro Vellvtello. Sopra la sua Comedia […] Con Tauole, Argomenti, & Allegorie, & riformato, riueduto, & ridotto alla sua vera Lettura, Per Francesco Sansovino Fiorentino, 1578
Leggendo il canto XXIII dell’Inferno di Dante, capiterà di tirare un sospiro di sollievo quando finalmente Virgilio riesce ad afferrare Dante, inseguito da orribili diavoli, ed insieme si lasciano scivolare lungo l’argine che chiude uno dei fianchi della bolgia successiva, ritrovandosi momentaneamente salvi nella sesta bolgia.
Così purtroppo non accade quando, per una serie di sfortunati eventi (olio, ghiaccio non previsto, pavimento bagnato, sapone, e così via), mentre stiamo tranquillamente camminando, ci accorgiamo che il nostro piede – che dovrebbe ben ancorarsi al pavimento mentre solleviamo l’altro per continuare la nostra tranquilla passeggiata – continua il suo percorso…mentre noi , improvvisamente, siamo in balia dell’aria e con espressione sempre più attonita sccccccivoliaaamoooooooo dolorosamente a terra.
Se lo schiaffo è prevalentemente morale, ci si alza velocemente cercando perlomeno di contenere il danno di immagine, se invece vi è un danno fisico, molto spesso vi sono gli estremi per iniziare contenziosi legali.
Lo scivolare quindi non è sempre e solamente una perdita momentanea della nostre capacità di equilibrio, ma talvolta, anzi molto spesso, è un concorso di colpa: un’incauta posa di un materiale improbabile, e/o la posa su di una superficie non idonea (prima causa di una gran parte di scivolate plateali), e/o la mancata considerazione dell’uso della pavimentazione, e così via.
Ma come fare ad esser sicuri di ciò? Come valutare di chi è la colpa della scivolosità?
E soprattutto, cos’è in fin dei conti la scivolosità?
In questa serie di articoli saranno presentate un’approfondita analisi sulla scivolosità e resistenza allo scivolamento, un excursus sulle norme europee ed internazionali che – pur avendo cambiato pelle in questi ultimi anni – perseguono nel rimanere importanti e richieste, ed una presentazione dei test di determinazione della scivolosità più idonei ai diversi tipi di ambiente.
Introduzione: scivolosità, forza d’attrito e coefficiente d’attrito
La resistenza allo scivolamento è una proprietà delle pavimentazioni estremamente importante nella definizione dei parametri di sicurezza e della salute degli utilizzatori. Infatti, pavimenti scivolosi rappresentano potenziali cause di infortuni, anche gravi. Per questo motivo, la determinazione della resistenza allo scivolamento (o scivolosità) della pavimentazione riveste un ruolo fondamentale in sede di progettazione degli edifici, specialmente di quelli a destinazione pubblica (es: scuole, ospedali, teatri, piscine, supermercati, eccetera) o industriale (es: fabbriche di prodotti alimentari, officine dove si fa uso di oli lubrificanti, eccetera).
Per questo motivo è molto importante essere informati e conoscere le normative vigenti in materia di sicurezza e scivolosità.
Ma prima di vagliare la normativa e capire che indicazioni utili e che applicazioni trovano i diversi metodi di prova, cerchiamo di capire meglio cosa si intende per resistenza allo scivolamento, scivolosità e attrito.
In base alle normative vigenti (es: CEN/TS 16165:2016, EN 14231), si applicano i seguenti termini e definizioni:
Resistenza allo scivolamento: È la proprietà della superficie di un pavimento di mantenere l’aderenza della calzatura di un pedone.
NOTA: La perdita di aderenza determina la perdita di controllo da parte del pedone, con un conseguente aumento del rischio di caduta. (Definizione da EN 14231, punto 4.1)
Attrito: È la resistenza al moto relativo tra due corpi a contatto, ad esempio la suola della calzatura e la superficie su cui si cammina. La forza d’attrito è la forza che agisce tangenzialmente nell’area di contatto. (Definizione tratta ed integrata da EN 14231, punto 4.2; CEN/TS 16165:2016, punto 3.5)
Nei testi delle normative non si trova mai una definizione diretta di scivolosità, si preferisce sempre parlare di resistenza allo scivolamento. Tuttavia, è diventato d’uso comune parlare di scivolosità: con questo termine si indica comunemente la proprietà di un materiale scivoloso; in altre parole, è un termine colloquiale per capire quanto una superficie sia più o meno scivolosa.
Ma cosa rende una superficie più o meno scivolosa, ovvero meno o più resistente allo scivolamento?
Molto dipende dalla forza che si genera durante il contatto tra due superfici (es: suola della scarpa e pavimento), nota come forza d’attrito radente.
In fisica, si definisce forza d’attrito radente una forza che si genera al contatto tra due superfici che strisciano l’una sull’altra e che si oppone al moto. Infatti, sperimentalmente, si osserva che un corpo appoggiato su una superficie non inizia a scorrere – a causa della forza d’attrito – fino a che il valore della forza applicata (ad esempio una spinta) non supera la forza di attrito stessa (Mazzoldi, Nigro, Voci, 2003). In altre parole, per far scorrere un corpo su una superficie, è necessario applicare una spinta maggiore della forza d’attrito. La forza d’attrito Fa si esprime come il prodotto tra il coefficiente d’attrito µ e la componente ortogonale al piano d’appoggio della reazione vincolare N, che – su un piano orizzontale – coincide con il peso dell’oggetto (Fig. 1).
Fig. 1 Rappresentazione grafica della Forza d’attrito (Fa). La Forza d’attrito (Fa) si rappresenta come una forza che si oppone al moto (F (spinta)).
Esistono due tipi di Forza di attrito:
– la Forza di attrito statico, ovvero quella forza che bisogna vincere per mettere in moto un corpo fermo appoggiato su una superficie (in altre parole, è quella forza che impedisce di mettere in moto un oggetto fermo);
– la Forza di attrito dinamico, che interviene quando un corpo appoggiato su una superficie è già in moto, e consiste in una resistenza al moto (in altre parole, è quella forza che rallenta il moto). La forza d’attrito dinamico non dipende dalla velocità: in altre parole, la forza d’attrito dinamico rimane invariata sia nel caso in cui il corpo scorra lentamente, sia nel caso in cui il corpo scorra velocemente sulla superficie.
Di conseguenza, esistono due tipi di coefficiente d’attrito: il coefficiente d’attrito statico µs (SCOF, dall’inglese Static Coefficient Of Friction) e il coefficiente d’attrito dinamico µd (DCOF, dall’inglese Dinamic Coefficient Of Friction).
Le forze di attrito hanno origine dalle forze di coesione tra due materiali, ovvero dagli urti tra le microscopiche asperità delle superfici a contatto (Fig. 2). Il valore del coefficiente di attrito (sia esso statico o dinamico) dipende dallo stato delle superfici a contatto e dalla loro composizione chimica. Il valore del coefficiente d’attrito non dipende dall’estensione della superficie di contatto.
Fig. 2 (a) Il corpo superiore scivola verso destra scorrendo su quello inferiore. (b) Una porzione di (a) ingrandita che mostra due punti dove si manifesta l’adesione superficiale. Da vialattea.net
Ad esempio, una levigatura grossolana fa aumentare la coesione tra le superfici e quindi l’attrito, mentre l’uso di lubrificanti fa diminuire la forza d’attrito (si pensi ad esempio all’effetto di un olio lubrificante su organi meccanici).
Esistono dunque diversi metodi di prova in grado di misurare e valutare la resistenza allo scivolamento: alcuni metodi possono misurare il coefficiente d’attrito statico (SCOF), altri il coefficiente d’attrito dinamico (DCOF), altri possono fornire un’indicazione qualitativa e/o quantitativa della resistenza allo scivolamento su base sperimentale.
Purtroppo, i risultati ottenuti dalle diverse metodiche di prova non sono statisticamente correlabili tra loro: da qui, la difficoltà intrinseca di determinare la resistenza allo scivolamento, e la conseguente necessità di saper scegliere il test idoneo al particolare utilizzo di un pavimento e/o di una certa area, sia essa pubblica, privata, di un luogo di lavoro, palestra, piscina, e così via.
A.M. Ferrari*; M. Zaffani**
* geologo forense
** dott.ssa in Geologia e Geologia Tecnica, PhD in Scienze della Terra
Bibliografia
Mazzoldi, P., Nigro, M., Voci, C., 2003. Fisica, Volume I, Meccanica – Termodinamica, Seconda edizione, EdiSES, 2003.
UNI EN 14231:2004 Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione della resistenza allo scivolamento tramite l’apparecchiatura di prova a pendolo
UNI CEN/TS 16165:2016 Determinazione della resistenza allo scivolamento delle superfici pedonali – Metodi di valutazione