27 Maggio 2015
Design litico
DESIGN PER ESTERNI
Monoliti per la città e il paesaggio
Seduta in travertino di Rapolano disegnata dallo Studio Paladini.
I consistenti processi trasformativi di fine millennio che hanno investito i tessuti urbani e il forte ripensamento sulle condizioni dell’abitare contemporaneo rappresentano una grande opportunità per una riflessione cosciente sui modi d’uso dello spazio urbano. La creazione delle grandi periferie e la terziarizzazione dei centri storici sono evidenti conseguenze di un impiego indiscriminato del territorio, che soprattutto in Italia ha portato a pensare agli spazi aperti come semplici luoghi di transito, come superfici residue tra edifici trasformate senza regole e programmazione.
Una nuova presa di coscienza di tali problematiche da parte della classe amministrativa e l’influenza dei media che, a tratti, agiscono come promotori di nuovi valori culturali, estetici e sociali, stanno permettendo di riscoprire e valorizzare l’immagine della città attraverso la progettazione urbana, intesa come frutto di un’azione interdisciplinare e sistematica che porta alla ri-identificazione tra città e cittadino.
Sia da un punto di vista prestazionale, che estetico, la qualità di una città scaturisce anche da un progetto di “arredo urbano” consapevole e coerente che, nel rispetto del genius locale, sia concepito come strumento per la realizzazione di uno spazio pubblico significativo e pregnante.
Così il progetto dell’arredo urbano contemporaneo si basa sempre più sulla concezione di elementi capaci di conferire agli spazi tutti i caratteri che possono migliorare la qualità di vita dell’individuo nella fruizione della città, e affronta temi che investono molteplici aspetti dello sviluppo di prodotto: dalla semplice definizione tipologica, alla difficile scelta strategica dei materiali più appropriati per la realizzazione.
Dietro l’apparente semplicità formale di alcuni oggetti come panchine, portarifiuti e fioriere si cela una sostanziale “complessità caratteristica” di tali elementi, data dai requisiti che devono essere soddisfatti per rispondere coerentemente ad impieghi specifici. Parlare di complessità, in questo caso, significa riuscire a compendiare esigenze spesso tra loro contrastanti, quali durata e contenimento dei costi, qualità estetica ed unificazione dei componenti, innovazione formale e permanenza dei contenuti simbolici, resistenza agli atti vandalici e facilità di manutenzione.
E, del resto, in una condizione storica dove è in atto un sostanziale ripensamento della forma urbis, l’arredo urbano costituisce uno strumento fondamentale per tale trasformazione non solo da un punto di vista espressivo e prestazionale, ma anche da quello della sostenibilità ambientale dei processi produttivi, e della eventuale dismissione degli elementi alla fine del loro ciclo di vita utile.
Seduta in travertino massello firmata da Studio Paladini.
La progettazione di oggetti “friendly”, caratterizzati da forme e linguaggi rassicuranti e comuni alla nostra cultura, sia sotto il profilo tipologico che materico, è indubbiamente più apprezzabile per il pubblico rispetto alla ideazione di oggetti misteriosi contraddistinti da forme avveniristiche, spesso incapaci di evocare il giusto mix tra emozione e ragione, tra modernità e nostalgia di cose passate che, attraverso il filtro della memoria, risultano più facilmente inseribili nel contesto della scena urbana.
Affinché ciò si verifichi risulta di fondamentale importanza la scelta dei materiali impiegati, con una chiara predilezione per quelli naturali; importante è poi la capacità di esprimere l’identità di un luogo attraverso gli elementi costruttivi. Non a caso nell’immaginario collettivo l’idea di costruzione si identifica spesso con materiali tradizionali e corposi come la pietra: quest’ultima è infatti la materia che meglio caratterizza gli spazi aperti, “raccontando” i luoghi ed esprimendone l’identità come presenza materica d’elezione per le architetture pubbliche storiche.
Tali riflessioni hanno portato chi scrive, unitamente allo Studio Paladini, a sperimentare in questi anni l’utilizzo del materiale lapideo per la produzione di elementi per arredo urbano che hanno dimostrato come la qualità di un progetto mirato alla reinterpretazione del contesto abitato può essere individuata nell’uso abile e consapevole di un unico litotipo – nel caso specifico del travertino – con ottime prestazioni funzionali, espressive e in termini di sostenibilità della filiera produttiva. In relazione a quest’ultimo aspetto, infatti, va sottolineato come tali sperimentazioni, in modo del tutto innovativo, reimpieghino scarti di cava con notevoli vantaggi rappresentati dallo sfruttamento ragionato di una risorsa non rinnovabile come la pietra, dall’aumento dell’efficienza del processo produttivo con l’incremento del rapporto tra materiale utilizzato e materiale estratto, e dalla diffusione virtuosa di una cultura d’impresa eco-compatibile. Spesso il materiale di scarto è costituito da blocchi di travertino di seconda o terza scelta che differiscono dalla prima solo per una forte stonalizzazione cromatica, o per la presenza di vuoti o, ancora, per venature troppo accentuate. L’attenta azione progettuale ha trasformato tali caratteristiche discriminanti in peculiarità.
La scelta del travertino per dar vita a sedute, dissuasori, fioriere, portarifiuti e dispositivi murari modulari per recinzioni e setti di contenimento, va infatti giustificata non solo in base a caratteristiche prestazionali della pietra quali la resistenza meccanica e la durevolezza, ma anche, e soprattutto, in base alla fisicità del materiale, alla capacità espressiva delle sue disomogeneità, al continuo variare della sua colorazione animata da vacuoli e punti di lieve disgregazione che, invece di essere riguardati come difetti, sono da considerare come veri e propri motivi di pregio che denunciano la struttura primigenia del litotipo. Sono tutti questi aspetti a determinare per il travertino un autentico valore aggiunto: le sue superfici sembrano intrecci tessili, disegnati e decorati dal lento procedere della litogenesi del banco roccioso.
Ogni più piccola frazione di materia litica ha la sua storia, i suoi colori e la sua trama, e ci parla degli innumerevoli ossidi colorati che sono entrati a far parte della sua struttura marcatamente porosa; le piccole impronte che vi si rintracciano ricordano fossili animali o piccole piante, segni del mutamento, pause e accelerazioni nel percorso fatto da questa pietra prima di essere cavata e sottoposta a lavorazione.
La disomogeneità iniziale del blocco rimane caratteristica peculiare del travertino anche quando esso assume forme plastiche, architettoniche o di design, ed entra a far parte di una realizzazione progettata dove l’espressione formale si fonde, così, con l’imprevedibilità della natura.
Così, le peculiarità formali del materiale conferiscono alle tipologie tradizionali degli arredi per la città un valore estetico inusuale; l’uso di questa pietra, non certo inedita, ma per lungo tempo dimenticata nella progettazione dello spazio pubblico, dona di volta in volta una “personalità” diversa ai pezzi pensati per una riproduzione in piccola serie o in collezioni comunque personalizzabili.
Di fatto ogni elemento si differenzia rispetto agli altri a causa delle trame e dei cromatismi cangianti del materiale.
Un ragionato concept formale e produttivo, messo a punto dai designer in stretta collaborazione con la realtà aziendale che ha realizzato la linea, è riuscito a coniugare le istanze di un processo di disegno industriale di terzo millennio con le qualità artigianali inscindibilmente legate alla tradizione delle lavorazioni lapidee e, soprattutto, con il rispetto e la valorizzazione della naturalità della materia litica.
L’impiego del travertino in forme monolitiche dai profili rigorosi ed essenziali, prive di laboriosi trattamenti superficiali e di assemblaggi con collanti o giunti di qualsiasi tipo, ha consentito di semplificare le procedure di approvvigionamento e movimentazione del materiale e di accorciare in modo sostanziale la filiera produttiva ridotta ai due soli passaggi della sagomatura con filo diamantato a controllo numerico e della finitura degli spigoli. Inoltre il disegno dei pezzi, di frequente ottenuti per parti in positivo e in negativo da uno stesso blocco, ha portato ad un pressoché totale azzeramento degli scarti di lavorazione.
Chaise longue in travertino di Rapolano disegnata da Augusto Mazzini.
Oltre a garantire economie di ciclo produttivo ed evidenti ottime prestazioni in termini di durevolezza, la monoliticità che caratterizza l’arredo urbano in travertino, restituisce alla pietra la sua giusta autorità dimensionale, e la rende portatrice di valori estetici e traslati connessi ad una città stabile, sobria, accogliente, priva di sovrastrutture superflue ed effimere. La pietra insomma, vista, toccata, fruita, nella sua verità fisica, fatta di gravità, spessore e tessitura materica naturale disposta ad invecchiare senza disgregarsi, è interpretata come elemento fondante e non puramente decorativo di uno spazio pubblico che deve soddisfare le esigenze primarie della collettività senza cadere nella ridondanza semantica e figurale.
La conoscenza profonda delle qualità fisico-meccaniche del travertino ha portato al design nitido e rigoroso di volumi rettificati o lievemente sinuosi in cui la pietra è libera di esprimersi dal punto di vista estetico e trova una piena valorizzazione delle sue elevate prestazioni di resistenza all’usura e all’azione degli agenti atmosferici e inquinanti. Il linguaggio della linea di arredo in pietra non scaturisce quindi da un manierismo minimalista, bensì da un profondo rispetto della materia litica stessa, modellata per dar vita a elementi capaci di soddisfare le singole istanze dell’utente, contemplando la possibilità di personalizzare le composizioni dei pezzi o di concepire tipologie di oggetti completamente nuove ed esclusive, accentuando così l’unicità e l’identità di un luogo.
Tutto ciò è scaturito da una concezione progettuale di tipo integrato, finalizzata a dare risposta sia alle esigenze di chi sceglie, sia a quelle di chi usa i prodotti di arredo, puntando sulla versatilità e sulla possibilità di innumerevoli giochi compositivi tra i diversi elementi modulari di muri, sedute, dissuasori, fioriere. Dunque flessibilità, capacità di trasformazione, componibilità: tutte caratteristiche che tracciano uno scenario evolutivo, determinando una nuova frontiera della progettazione sì urbana ma anche del paesaggio. Infatti, la presenza degli oggetti in travertino ha forse trovato la sua massima espressione in un’opera di landscape design realizzata di recente a Lajatico, nella parte meridionale della provincia di Pisa: si tratta del
Teatro del Silenzio, un luogo destinato ad accogliere manifestazioni di arte, musica e danza, sullo sfondo della morbida orografia della Valdera.
Blocchi di travertino rapolanese fanno da sfondo a una grande scultura di Igor Mitoraj nel Teatro del Silenzio (2005) di Lajatico.
Il progetto si esplica attraverso pochi e mirati interventi tesi a esaltare l’espressività intrinseca del territorio e trova la sua maggiore qualità nel misurato e rispettoso rapporto con l’esistente.
L’unico segno architettonico è costituito da un anfiteatro costruito con blocchi di travertino che con le loro consistenti dimensioni e il loro aspetto rustico e naturalistico vogliono restituire simbolicamente il valore di eternità dell’opera d’arte. La quinta litica, creata sfruttando la naturale conformazione di una collina, presenta una disposizione a semicerchio di monoliti con finitura superficiale a spacco, che danno vita ad un palcoscenico fortemente caratterizzante. Al centro dello spazio “teatrale” si erge una imponente scultura raffigurante un volto umano eseguita da Igor Mitoraj. L’opera d’arte da oggetto di ammirazione di dimensioni contenute, collocato in una realtà architettonica, assume dimensioni territoriali e paesaggistiche; è il luogo stesso a trasformarsi in opera d’arte, plasmato dalle mani dell’artista che in questo modo lo concettualizza.
In quest’ottica il landscape design, come l’urban design, rappresenta oggi un’evoluzione del concetto moderno di progettazione paesaggistica o urbana e, affrontando un luogo come un campo d’indagine, esso può diventare uno strumento potente, aperto a varie esperienze progettuali tese a riscoprire, o a ripensare, l’identità degli spazi in cui viviamo nel segno di un connubio armonico tra rispetto della storia e della natura e innovazione formale e tecnologica. Nell’era della globalizzazione, in cui sempre più spesso tensioni omologanti appiattiscono e banalizzano i paesaggi urbani e naturali, il progetto dello spazio aperto torna ad essere strategico per la conservazione e la rigenerazione delle tante identità cittadine e territoriali che rappresentano, soprattutto per il nostro Paese, un carattere storico irrinunciabile e, al contempo, un’opportunità di valorizzazione culturale e turistica.
di Raffaela Zizzari
Leggi anche I dispositivi costruttivi del travertino: Pavimenti
Il presente saggio è tratto dal volume Travertino di Siena a cura di Alfonso Acocella e Davide Turrini