27 Novembre 2014
Opere di Architettura
Pietra e maestranze locali per la casa salentina di Massimo Iosa Ghini
Foto di Cosmo Laera
Nei dintorni di Salve, nel basso Salento, è da poco terminata la costruzione, scandita da ritmi volutamente lenti, della casa estiva dell’architetto Massimo Iosa Ghini e della moglie Milena Mussi.
Il maestro del bolidismo ha scelto, per questo luogo consacrato al tempo libero della propria famiglia, di derogare al suo stile velocista: la casa di Salve celebra la materia, l’orizzontalità, il contesto. Ha un disegno pulito, razionalista, di sapore Wrightiano. Ha dimensioni relativamente modeste e denota una progettualità molto attenta al vernacolo pugliese e al rispetto del genius loci.
Foto di Cosmo Laera
Foto di Cosmo Laera
All’interno della cornice del parco, grande all’incirca un ettaro, di ulivi e pini marittimi sorgono i resti, ora restaurati, di una antica pajara, una tipologia di ricovero temporaneo usato anticamente dai pastori. Alberi e ruderi sono le preesistenze immodificabili di questo progetto. La pajara, un piccolo edificio a pianta rettangolare con muri a secco in Tufo e copertura voltata a botte, ora ospita una dependance per gli ospiti con alcuni servizi esterni.
La pajara restaurata. Foto di Cosmo Laera
La camera da letto degli ospiti, all’interno della pajara. Foto di Cosmo Laera
A poca distanza l’edificio principale, di nuova costruzione, non può esimersi dal confronto con la tipologia della masseria. Si tratta però di un edificio a un solo piano, di 120 metri quadri in tutto, che ripropone con misurata discrezione, materiali e stilemi dell’architettura vernacolare pugliese. Dalla masseria pugliese vengono mutuati i blocchi di tufo di Acquarica, il loro impiego in blocchi sgrossati 30x30x70 con posa sfalsata e la finitura a calce bianca di alcuni tratti di muro. L’edificio, che è rispettoso non solo del genius loci, ma anche della sostenibilità ambientale, adotta molti accorgimenti attivi e passivi come è nello spirito di tutte le architetture di Iosa Ghini, già autore tra l’altro di “Sostenibile ma bello” (Editrice Compositori, 2009): le pareti perimetrali sono a sacco, con l’interposizione di isolanti naturali tra i blocchi tufacei dell’interno, e quelli spaccati in due metà che compongono il disegno orizzontale della facciata esterna. Gli elevati spessori consentono di sfruttare l’inerzia termica del materiale lapideo, contribuendo ad abbattere i consumi energetici. I vetri sono bassoemissivi, l’ombreggiatura ottimizzata grazie agli studi solari preliminari, allo sfruttamento dell’ombra naturale degli alberi del parco e alla presenza di brise-soleil. Benchè nascosti alla vista, sono presenti anche pannelli fotovoltaici collocati in punti “strategici” della copertura piana.
Le relazioni spaziali e dimensionali tra edifici e contesto in vista planimetrica Foto di Cosmo Laera
Negli interni, arredati con una dosata mescolanza di pezzi celebri a firma di Iosa Ghini e mobilio di artigianato locale, il tufo rimane a faccia vista per ampie porzioni di parete. Foto di Cosmo Laera
In maniera analoga all’edificato, le pertinenze esterne sono trattate con un utilizzo sapiente dei materiali e dell’esperienza delle maestranze locali. La pietra Chianca, un calcare tipicamente usato per le pavimentazioni in lastre dei trulli, è utilizzata in marmette quadrate e rettangolari per le pavimentazioni esterne adiacenti all’edificio principale.
Sopra le teste corrono travi in legno acidato di provenienza friulana alle quali è possibile sospendere un incannicciato per offrire riparo dal forte irraggiamento solare che caratterizza le estati pugliesi.
Foto di Cosmo Laera
Lastre quadrate di pietra Chianca pavimentano l’esterno incorniciando i fusti degli ulivi più vicini alla casa. Foto di Cosmo Laera
Allontanandosi ancora il selciato diventa uno stradello in misto di cava stabilizzato, soluzione che consente tra l’altro un’elevata permeabilità all’acqua meteorica.
Giunti quindi al limitare del giardino, immaginando di voltarsi indietro per vedere la costruzione nel suo complesso, si coglie la visione d’insieme che ha ispirato il progetto: una residenza discreta ma non frugale, in materiali locali, con poche concessioni, e una palette cromatica ricca di toni cosiddetti neutri per invogliare lo sguardo a fermarsi sui colori del cielo, sul verde degli alberi, l’inconfondibile rosso rugginoso delle terre di questi luoghi e non ultimo il mare poco lontano.
Spazi aperti raccolti per meglio vivere la dimensione privata e contemplativa di questo luogo di vacanza. Foto di Cosmo Laera
Gianluca Gimini
1 Marzo 2015, 19:15
Antonio Pallotta
Complimenti se continuate a fare queste case portiamo la nostra unicità salentina con dei pratici esempi a far conoscere la vera architettura del Salento che non è assolutamente quello che i nostri visitatori web si aspettano vedendo il vostro edificio scolastico sterile ,informe privo di emozioni ma potranno vedere la differenza che sarà sottolineata dalla nostra bellissima architettura millenaria ricca di forme emozioni e fantasia.Grazie