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10 Ottobre 2014

Interviste

Intervista a Francesco Binfaré


Francesco Binfaré, Installazione Africa, farfalla, vola, Bologna 2014 (Ph. Emilio Tremolada)

Francesco Binfaré è autore dell’installazione Africa, farfalla, vola, realizzata a Bologna nello spazio cinquecentesco dell’Ex Ospedale dei Bastardini che ha appena ospitato l’ultima edizione del Bologna Water Design.

Giulia Pellegrini Potrebbe parlarci del progetto e delle linee che hanno ispirato questo lavoro?
Francesco Binfaré Il progetto presentato al Bologna Water Design è nato qualche mese fa, in occasione della mostra Epifania da me organizzata in concomitanza al Salone del Mobile 2014, dove ho presentato alcuni tavoli. È stato Valerio Castelli, in quella stessa occasione, a propormi una collaborazione con Casone in vista della quarta edizione di BWD che avrebbe avuto luogo a Bologna nel corso del mese di settembre.
I tavoli che davano vita a Epifania erano diversi dall’ultimo realizzato, in particolare per quanto riguarda il materiale, visto che erano in legno di mogano e non in marmo.
Concettualmente le linee d’ispirazione derivano da una profonda riflessione sul continente africano, terra densa e in certo modo oscura che merita di essere esaltata per la sua bellezza e la sua intensità. Il perimetro del tavolo ricalca la forma dell’Africa e le grandi dimensioni del manufatto possono essere idealmente racchiuse in un rettangolo di 3,5×3,0 m. Dal punto di vista funzionale l’artefatto potrà essere utilizzato come tavolo di rappresentanza, o da pranzo, come scrivania o tavolo per riunioni, ma soprattutto collocato e valorizzato in ambienti esterni.
Tra i riferimenti concettuali non può essere tralasciata la ritualità legata al cibo, alla quale da sempre sono connessi stili di vita e consuetudini sociali in tutte le epoche e culture, in cui emergono i significati simbolici, emozionali e collettivi; radici profonde di tutte le civiltà. La nostra rappresentazione di paradiso, divenuta tutta terrena, richiede un ripensamento dei rituali legati alla nutrizione, al cibo e alla conoscenza.
Potrei chiamare il tavolo Africa un pic-nic da casa?

Giulia Pellegrini Forse pic-nic è un po’ riduttivo…
Francesco Binfaré Si, in effetti il tavolo è un territorio sacro.
In me c’era da tempo la voglia di fare qualcosa riferito a una ritualità diversa da quella dei divani che raccontano in modo più esplicito la mutazione del comportamento, della prossemica e creano uno spazio. In molti mi chiedono di disegnare imbottiti perché sanno che ne ho progettati tanti…
Anche il divano Sfatto, che ho disegnato per Edra, aveva come intenzione quella di rappresentare lo stato del grande livello di conoscenza della cultura occidentale, e, allo stesso tempo, anche della sua decadenza.
I tavoli di forma rettangolare o rotonda, comunque dal disegno geometrico, hanno un carattere moto definito: il tavolo rettangolare è gerarchico, il tavolo rotondo democratico. Credo che oggi, nelle persone, il principio di uguaglianza e della diversità coesistano: ognuno desidera essere diverso dall’altro e avere una propria peculiarità. Puntando invece sulla forma del territorio africano, una forma assolutamente organica, le persone hanno la possibilità, sedendosi, di avere un posto ben caratterizzato, tutt’altro che indifferenziato, ma non gerarchico.


Francesco Binfaré, Installazione Africa, farfalla, vola, Bologna 2014 (Ph. Emilio Tremolada)

Giulia Pellegrini Lei ha disegnato anche un’altra serie di tavoli, Toro.
Francesco Binfaré La serie di tavoli Toro nasce da un’installazione realizzata alla fine degli anni Ottanta che prevedeva un pannello con corna da Minotauro e una tela da pittore che simulava il panno rosso del torero. Le corna rappresentavano la Tecnologia che, nonostante fosse un mostro dalla grande potenza, veniva catturata dall’Arte, simboleggiata, appunto, dalla tela. Nella lettura di Le nozze di Cadmo e Armonia, di Roberto Calasso ritrovai più tardi un’affinitá di visione e una base rassicurante di pensiero. Nel mito dell’origine del mondo, il mostro ucciso dall’eroe viene relegato ai quattro angoli della Terra. Le cornici barocche avevano la funzione di testimoniare e mantenere le posizioni assegnate al mostro e, nel momento in cui queste scomparvero dai musei, era come se il mostro potesse di nuovo errare liberamente. Perciò ritengo che il momento storico tenderà metaforicamente a ricatturare il mostro dell’indifferenziato e a riappropriarsi della cornice del valore intimo e organico del senso di ogni cosa. Il tema dei tavoli nasce anche da questo atteggiamento, da questo pensiero.

Giulia Pellegrini Pensando ai tavoli di cui parla, ma anche con riferimento ad altri progetti, è possibile asserire che il designer può ancora interpretare con creatività e libertà il momento storico in cui vive, le persone, i luoghi…?
Francesco Binfaré È l’unica cosa che serve. Talvolta è un po’ difficile, il designer deve anche essere interprete di tendenze, ci sono logiche commerciali da rispettare, ma – fortunatamente – tutto non si esaurisce qui.
Non ho un atteggiamento messianico. Progettare oggetti di design rimane un piacere, quasi come dipingere; è possibile dipingere un paesaggio e dare anche significato al paesaggio che si dipinge, è un’opzione che si può avere.
Credo di non poter trovare nel mondo del design una vera e propria scuola, non è possibile dare delle direttive rigide da rispettare in fase di progettazione. Design è un processo di interazione e di comunicazione. Penso che oggi il design rappresenti uno spazio di espressione personale.

Giulia Pellegrini Secondo lei ha ancora senso oggi parlare di oggetti-icona del design come ce ne sono stati in passato? Qual è la sua posizione nel mondo del design?
Francesco Binfaré Ci sono da sempre. La definizione di oggetto-icona per un pezzo di design è molto legata alla diffusione dell’oggetto in questione. Parlo di una diffusione non tanto dal punto di vista numerico; la condizione che vede divenire un oggetto iconico è più una questione legata al mondo della comunicazione. Un pezzo-icona ha anche delle caratteristiche intrinseche, ma forse non ha senso pensarci a priori, se succede… bene!

Giulia Pellegrini Ritornando ad Africa, la scelta del marmo è un suo suggerimento o è stata una scelta condivisa?
Francesco Binfaré Come dicevo, inizialmente, l’artefatto è stato concepito in legno massello, successivamente ho ripreso la stessa idea di tavolo ma cambiando il materiale nei marmi policromi di Casone. Mi piaceva immaginare questo continente immerso in una palude d’acqua con residui di una vecchia civiltà europea. E che rappresentasse la speranza: vediamo di approdare come dei naufraghi su questa terra zattera, mi sono detto. Ho pensato poi ad una farfalla di luce, sempre dalla forma dell’Africa, che volasse su di essa librandosi nell’aria.

di Giulia Pellegrini

Africa, farfalla, vola!
Protagonista dell’installazione è un grande tavolo simbolico in pietra la cui forma evoca le qualità,
i valori, la forza del continente africano. Immersa in uno specchio d’acqua, la forma silicea dell’Africa costituisce un’immagine che invita a meditare sull’attuale difficile momento in merito
ai grandi temi dell’equilibrio del mondo. Una piccola farfalla di luce della stessa forma si libra
al di sopra e illumina di speranza la scena. Un’esortazione: Africa, farfalla, vola!

Francesco Binfaré

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