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7 Maggio 2007

Paesaggi di Pietra

Delle strade per la pietra: “La via delle genti”

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“Il paesaggio può essere studiato solo nella totalità dei suoi elementi costitutivi; i corsi d’acqua si identificano con le opere di protezione dell’acqua stessa, il suolo con i terrazzamenti che ne permettono la coltivazione mentre a sua volta la casa si riidentifica con il sasso.”1

Il nome scelto per il progetto, ossia “Via della Pietra”, è già di per se stesso ricco di significati: i due sostantivi “Via” e “Pietra” evocano sentimenti e sensazioni diverse. La “Via” ci ricorda il movimento, lo spostamento, ma anche, come la via di un villaggio o di una città, l’appartenenza ad un luogo, un indirizzo. La “Pietra”, invece, è simbolo di immobilità, di massa, dell’eternità del tempo, ma essa è anche il materiale per la costruzione della città e del territorio.
Le due dimensioni sono complementari e nel caso specifico delle Tre Valli di assoluta pertinenza. Queste valli costituite e dominate dalla pietra sono state, sin dall’apparizione dell’essere umano, dei luoghi privilegiati di transito per raggiungere le Alpi.
Si ritiene dunque lecito interrogare il territorio in quanto entità costituita dalla sua morfologia naturale e, allo stesso tempo, come sovrapposizione delle tracce lasciate dal passaggio degli uomini. Un territorio costituito dunque da differenti stratificazioni e il cammino, come detto da Andrè Corboz, come attività culturale ed educativa per scoprirlo2.

La Via delle Genti dall’Antichità alla conquista svizzera.
Gli spostamenti umani hanno da sempre interessato le regioni del Sopraceneri. La storia di queste regioni è però conosciuta in modo preciso solo dal Medioevo. La storia antica si basa invece su dei ritrovamenti archeologici puntuali, i quali hanno però permesso di smentire l’ipotesi che l’uomo si sia insediato in questo territorio solo in epoche recenti. I primi insediamenti, infatti, risalgono all’età del bronzo o del ferro e si trovavano sui coni di deiezione e sulla collina di Castel Grande a Bellinzona.
All’Antichità dovrebbero risalire i sentieri che corrono lungo i primi terrazzi glaciali su entrambi i versanti della Valle del Ticino: passaggi in quota al riparo dalle piene del fiume.
I Romani occuparono gli stessi insedianti dei loro predecessori, come dimostrato dalla collina di Castel Grande. Durante questo periodo l’asse dei commerci e degli spostamenti delle legioni era quello est-ovest il quale, risalendo dalla Pianura Padana, continuava attraverso il lago Verbano e si dirigeva in seguito verso gli attuali Grigioni per raggiungere i passi alpini orientali: quello dello Julier e dello Spluga oppure a nord verso il passo del Lucomagno, che conduceva a Disentis e Coira.
La seconda importante ondata di colonizzazione corrispose al movimento di cristianizzazione che cominciò verso il IV secolo. Si configurò in una serie di centri parrocchiali, le Pievi, che esercitavano il potere spirituale della Chiesa e quello temporale dei Canonici del Capitolo del Duomo di Milano. Questa geografia seguiva le principali vie alpine e nelle Tre Valli trovò il suo punto strategico a Biasca: luogo ideale per il controllo degli accessi al passo del Lucomagno e alla regione del San Gottardo. La centralità di questo valico si affermò grazie all’apertura della strada verso il 1200-1230 ed alla costruzione da parte delle genti di Uri di un ponte in pietra sulle gole della Schöllenen. Attraverso questa via le incursioni degli svizzeri si fecero sempre più frequenti e le terre delle Tre Valli, trovandosi a nord della città fortificata di Bellinzona, furono conquistate nel 1499.
Questo periodo di appartenenza ed influenza diretta della Lombardia fu sicuramente uno dei più ricchi per questi territori, soprattutto per quel che concerne le tracce visibili. Direttamente legate al movimento di cristianizzazione sono le chiese romaniche di queste regioni e i loro campanili che rappresentano altrettanti segni nel territorio. Si citeranno la Chiesa plebana dei Santi Pietro e Paolo, del XI-XII secolo, a Biasca; quelle di San Nicolao del XII secolo, di Santa Maria di Castello anch’essa del XII secolo e di San Pellegrino del XIV secolo, a Giornico nella Bassa Valle Leventina ed infine il bel complesso formato dalla Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta e dall’Ossario, un edifico con doppia volta a botte, con affreschi dei Maestri Seregnesi, a Semione nella Bassa Valle di Blenio.
La relativa prosperità di queste zone e la loro posizione strategica di controllo sulle strade dei valichi alpini valsero a queste terre la costruzione di un sistema di fortificazioni basato su torri d’osservazione e alcuni fortilizi. Tra questi a Semione troviamo le importanti rovine del Castello di Serravalle, risalente al XII secolo, posto a controllo dell’accesso al valico del Lucomagno.

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La Chiesa pleebana dei Santi Pietro e Paolo a Biasca, XI-XII secolo e le rovine del Castello di Semione, XII secolo, sentinella della Valle di Blenio (foto: Stefano Zerbi)

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Il corridoio alpino.
“Questi fondovalle rappresentano dunque delle naturali vie di penetrazione della pianura padana verso il cuore della catena alpina. […] Esistono dunque anche delle vie naturali lungo le quali elementi alpini possono spingersi molto a sud, fino ad affacciarsi sui laghi insubrici e sulla pianura padana.”3

La Valle del Ticino può essere considerata come una colonna vertebrale sulla quale si innestano una serie di percorsi trasversali che permettevano, e permettono tuttora, il collegamento tra il sud ed il nord delle Alpi. Il primo innesto si trova sul Piano di Magadino da dove, in direzione ovest, si raggiunge Locarno e da qui le Centovalli, la Val d’Ossola e il passo del Sempione. Prima di Bellinzona, presso Giubiasco, si diparte verso est la Valle Morobbia che si termina nel passo del San Jorio che collega le valli del Lago di Como con il Cantone Ticino. La stessa Bellinzona si configurava come porta e luogo di passaggio obbligato verso le Alpi: da qui si raggiungevano i passi del San Bernardino, del Lucomagno e la regione del San Gottardo. L’accesso al San Bernardino avveniva lungo la Valle Mesolcina, il cui imbocco si trova a Castione. Per gli altri due passi si continuava lungo la Valle del Ticino fino al bivio di Biasca.

I baliaggi svizzeri in Italia.
La situazione di relativa indipendenza delle Tre Valli si protrasse anche durante il periodo di appartenenza ai Cantoni svizzeri. Esse furono divise nei baliaggi di Leventina, Blenio e Riviera. Il primo era sotto il controllo diretto del Cantone di Uri, mentre gli altri due dipendevano dai tre Cantoni di Uri, Svitto e Sottoselva. L’autorità svizzera era rappresentata da un “landvogt”, carica che aveva durata biennale. Questo periodo di dominazione durò circa tre secoli, dal 1513 al 1798, e corrispose ad un inasprimento generale delle condizioni climatiche detta “piccola glaciazione”, che in Europa durò dalla metà del XV alla metà del XIX secolo. Nelle Tre Valli vi furono molte frane tra le quali la più importante, sia per l’ampiezza che per i danni causati, fu quella del Monte Crenone, sopra Biasca, nel 1512.
Il XVIII secolo vide anche l’inizio dell’emigrazione delle popolazioni locali verso paesi che offrivano migliori prospettive per il futuro, fenomeno che si acuì nel secolo successivo, e la fondazione delle prime industrie locali che sfruttavano le risorse naturali. Nel caso specifico si trattò di due vetrerie che si collocarono a Personico e Lodrino. Di proprietà di famiglie svizzere tedesche, esse sfruttavano i giacimenti locali di quarzo e le grandi quantità di legname disponibili4.
Il regime dei “landvogt” lasciò sul territorio soprattutto alcuni edifici civili dove le autorità risiedevano e dove veniva amministrato il potere. A Biasca, sorge la casa del notabile Giovanni Battista Pellanda, detta Casa del Cavalier Pellanda, costruita nel 1586. Ad Osogna, sede del baliaggio di Riviera fino al 1798, si trova la residenza dell’autorità detta Casa dei Landvogti. Edificio di origine cinquecentesca che si configura come un volume compatto con facciata decorata e ampio tetto rivestito in “piode” (lastre di gneiss). A Giornico, Casa Stanga, data del XVI secolo e ci ricorda che nei pressi di questa località le truppe di Uri riportarono una vittoria decisiva per la conquista di questi territori: “la Battaglia dei Sassi Grossi” del 28 dicembre 1478.
Gli edifici religiosi di nuova costruzione furono rari, sorsero invece una serie di cappelle e oratori lungo le principali vie di comunicazione che avevano un doppia funzione: luoghi di rifugio per l’anima ed anche per il corpo dei mercanti e dei pellegrini.

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La Casa dei Landvogti di Osogna di origine cinquecentesca e l’Oratorio di Santa Petronilla a Biasca, XVII secolo (fotografia: Stefano Zerbi)

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L’indipendenza ticinese e le nuove strade cantonali.
Le guerre napoleoniche della fine del XVIII secolo furono le prime, dopo la conquista svizzera, a toccare il territorio ticinese. Napoleone Bonaparte decise le future sorti di queste territori: egli obbligò i Cantoni svizzeri a cedere i loro baliaggi a profitto della formazione di una nuova Repubblica. La Repubblica e Cantone Ticino si costituì nel 1803 ed entrò nella Confederazione Svizzera.
Le prime misure varate dal nuovo governo cantonale sono evocatrici del carattere di zona di transito, fu infatti decisa la costruzione e il rinnovo della rete viaria cantonale al fine di migliorare gli scambi interni e esterni. I percorsi d’accesso ai valichi alpini, in primo luogo il San Gottardo ed il Lucomagno, così come la strada del passo del Monte Ceneri, furono le prime ad essere realizzate. In totale il neonato Cantone costruì tra il 1815 e il 1830 circa cento chilometri di strade e una decina di ponti in pietra.
Le principali tracce della costruzione della rete di strade cantonali sono l’attuale strada cantonale, che ricalca il tracciato ottocentesco, ed i ponti ad arco che sopravvivono in alcuni comuni. Altra opera stradale rappresentativa dell’epoca è quella della strada del San Gottardo, la “Tremola”, realizzata tra il 1827 e il 1830 su progetto dell’ingegnere Francesco Meschini. Per quest’opera fu utilizzato soprattutto gneiss di Cresciano, preambolo al massiccio sfruttamento per le future opere d’ingegneria civile5.

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Il ponte ottocentesco della strada cantonale presso Lodrino (fotografia: Stefano Zerbi)

Non si dovrà inoltre dimenticare il passaggio dei viaggiatori che dal Nord Europa scendevano verso l’Italia.

“…notammo, non senza dolore, come il carattere della vita italiana andasse sempre più affievolendosi di paese in paese; […] Giornico, ove giungemmo bagnati di sudore dopo una marcia di cinque ore, ci sembrò, nonostante i suoi due campanili in stile italico, proprio un gretto villaggio tedesco.”6

Giornico può effettivamente essere considerato come la porta d’Italia, per lo meno per i viaggiatori del nord dell’Europa: il sopraccitato brano di Jacob Burckhardt lo descrive come la fine, mentre per il contemporaneo inglese Samuel Butler ne è l’inizio7.

“… la gente è molto bella e, credo, di tipo romano. […] il posto conserva l’impronta di quelle teste rotonde. […] A Giornico la vite comincia a crescere vigorosa e fanno il vino.”8

La linea ferroviaria del San Gottardo e la nascita dell’industria del “granito”.
Il Cantone Ticino aveva da poco terminato la propria rete di strade carrozzabili (il cantiere durò dal 1814 al 1830) quando, a livello europeo, un nuovo mezzo di trasporto più efficace vedeva la luce: il treno. Una nuova rete di trasporti su rotaia andava costruendosi su scala continentale. L’apertura del territorio svizzero al traffico ferroviario era di capitale importanza, ma se l’attraversamento dell’altopiano non poneva alcun particolare problema, le Alpi ne erano invece il principale alfine di poter collegare il Mediterraneo con il Mare del Nord. Il tracciato principale occupò il fondo della Valle del Ticino e contemporaneamente alla sua costruzione cominciarono gli importanti lavori di arginatura del fiume. Quest’impresa, che terminò verso il 1955, fu l’occasione per un impiego massiccio di pietra naturale locale, la maggior parte degli argini fu costruita con grossi blocchi di gneiss. La pietra era estratta lungo i versanti della valle e poi direttamente trasportata verso il centro per alimentare il cantiere.
La linea ferroviaria rappresentò una nuova “via delle genti” e fu un’occasione molto importante per il Cantone ed i suoi abitanti: una possibilità di impiego durante e dopo la sua realizzazione ed un cantiere per il quale si poteva utilizzare la risorsa locale data dal gneiss. Vista la dimensione di questo cantiere non si potè più contare sullo sfruttamento puntuale di alcuni giacimenti naturali, ma si dovette ricorrere all’apertura di nuove cave e alla loro gestione industriale. La manodopera specializzata fu reclutata fuori cantone, soprattutto nelle province italiane d’oltre frontiera.
La costruzione della nuova linea si fece a tappe e non senza polemiche e discussioni in primo luogo attorno alla scelta dell’itinerario. Il cantiere del traforo del San Gottardo cominciò nel 1872 per finire nel 1881. Il cantiere che fino ad allora aveva assorbito l’intera produzione locale diventava il principale vettore d’esportazione per i prodotti ticinesi, sopratutto la pietra naturale.

Il XX secolo e il declino della valle di pietra.
Il XX secolo cominciò, per le Tre Valli, sullo slancio di quello precedente: il settore lapideo aveva accresciuto la popolazione; lo sfruttamento dei flussi legati alla strada e alla ferrovia garantiva un certo benessere; la prossimità alla capitale Bellinzona produceva una nuova classe sociale composta da funzionari statali e il turismo, in misura ridotta rispetto ai centri, contribuì alla ricchezza della popolazione.
La seconda ondata di sfruttamento delle risorse naturali nelle vallate alpine fu anch’essa in relazione diretta con la ferrovia: quella dell’energia idroelettrica, il cosiddetto “carbone bianco”, iniziata verso il 19009. Ciò permise prima di tutto l’elettrificazione della rete ferroviaria e il conseguente aumento della velocità di percorrenza e dei carichi trainati. La disponibilità di energia elettrica a costi preferenziali produsse una temporanea supremazia delle zone di montagna su quelle di pianura. L’industria, soprattutto quella siderurgica che necessitava di grandi quantità di energia per la trasformazione delle materie prime, si trasferì in questi territori: un caso esemplare nelle Tre Valli è quello del piccolo polo industriale che sorse a Bodio in corrispondenza della stazione ferroviaria.
La posizione strategica della Valle del Ticino fu all’origine dell’interesse che essa rivestì come sbarramento sud durante la Seconda Guerra Mondiale. Il sistema di fortificazioni realizzato dalla Confederazione si estendeva a meridione fino alla Riviera. I versanti delle vallate furono letteralmente svuotati per realizzare rifugi per uomini, aerei e posti d’artiglieria. Sul territorio delle Tre Valli sono ben visibili i due aerodromi di Ambrì e Lodrino e i resti della Linea Lona: uno sbarramento anticarro che correva tra (Lo)drino e Osog(na) e rinforzato dalle postazioni d’artiglieria del forte Mondascia in territorio di Biasca10.
La supremazia delle regioni di montagna finì a causa dell’apparizione di un nuovo mezzo di trasporto: l’autoveicolo. L’automobile e l’autocarro permettevano degli spostamenti più flessibili e la possibilità di raggiungere anche le località più discoste; queste furono le ragioni del successo di questi mezzi di trasporto anche nell’arco alpino. La costruzione della rete autostradale in Svizzera risale agli anni 1950-1960 e permise di aumentare le velocità di percorrenza. Ancora una volta la rete svizzera fu realizzata al fine di collegare quella italiana a quella del Nord Europa e di nuovo si pose il problema del superamento del massiccio del San Gottardo. Il tracciato dell’autostrada ticinese fu realizzato tra il 1960 e il 1985; il traforo autostradale del San Gottardo tra il 1970 e il 1980.
L’autostrada sancì la definitiva affermazione, in tutti i campi della costruzione, del cemento armato.

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Le Tre Valli sono ancora oggi un corridoio alpino percorso dal fiume Ticino e l’autostrada.
Il nuovo Municipio di Iragna, una realizzazione contemporanea in pietra naturale dell’architetto Raffaele Cavadini, 1993-1995
(Foto: Stefano Zerbi)

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Il cantiere AlpTransit11 e il futuro delle Tre Valli.
Alla fine del XX secolo corrisponde una nuova sfida per i trasporti: l’autostrada e il traffico veicolare hanno ormai dimostrato i loro limiti sia di efficienza che ecologici, i treni ad alta velocità sembrano essere la nuova risposta. Si è dunque pianificato il progetto complessivo per il rinnovo della rete dei trasporti pubblici su scala nazionale: il progetto AlpTransit. Quest’ultimo consiste nella costruzione di due nuove trasversali alpine che dovranno collegare la Svizzera al resto delle reti ferroviarie ad alta velocità europee. I due trafori di base sono quelli del Lötschberg, che è la continuazione naturale della linea del Sempione verso l’altopiano, e quello del San Gottardo, che dovrà sostituire la galleria del 1882.
Il progetto AlpTransit San Gottardo è il più ambizioso: realizzazione di un traforo di 57km di lunghezza tra Amsteg, Canton Uri, e Bodio, Canton Ticino, operativo probabilmente dal 2015, completato dalla galleria dello Zimmerberg, all’entrata di Zurigo, di 20km e dalla nuova galleria del Monte Ceneri di 15,4km. Quest’ultima opera, che dovrebbe essere terminata nel 2016, è di capitale importanza per la futura rete di trasporti pubblici cantonale.
La serie di grandi lavori che sono in corso di realizzazione non hanno però avuto le stesse ripercussioni economiche di quelli precedenti per la regione delle Tre Valli.

di Stefano Zerbi

(Vai a Linea Lona)
(Vai a Progetto AlpTransit)

Note

1Rossi, Aldo, Consolascio, Eraldo, Bosshard, Max, La costruzione del territorio nel Cantone Ticino, s.l., Fondazione Ticino Nostro, 1979, Vol. I, p.15.
2Si veda: Corboz, Andrè, “Au fil du chemin. Le territoire, ses assises et ses doubles”, dans AA.VV., Voie Suisse. L’itinèraire genevois. De Morschach à Brunnen, Genève, Rèpublique et Canton de Genève, 1991, p.157. (Adesso in: Corboz, Andrè, Le territoire comme palimpseste et autres essais, s.l., Les Editions de L’Imprimeur, 2001, pp.231-248).
3Cotti, Guido, Felber, Markus, Fossati, Alessandro, Lucchini, Gianfelice, Steiger, Elio, Zanon, Pier Luigi, Introduzione al paesaggio naturale del Cantone Ticino. 1. Le componenti naturali, Bellinzona, Dipartimento dell’Ambiente, 1990, p.149.
4Schneiderfranken, Ilse, Ricchezze del suolo ticinese. Studio economico sullo sfruttamento delle pietre da costruzione e delle materie prime minerali, Bellinzona, Istituto Editoriale Ticinese, 1943, pp.144-145.
Bernardi, Flavio, Foletti, Giulio, Le vetrerie di Personico e di Lodrino. Manifatture in una vallata alpina tra il XVIII e il XIX secolo, Prosito, Edizioni Jam, 2005.
5Schneiderfranken, Ilse, Ricchezze del suolo ticinese. Studio economico sullo sfruttamento delle pietre da costruzione e delle materie prime minerali, Bellinzona, Istituto Editoriale Ticinese, 1943, p.56.
6Burckhardt, Jacob, Le meraviglie del Ticino, Locarno, Armando Dadò Editore, 1993, p.52.
7I viaggi in Italia di Jacob Burckhardt (1818-1897) risalgono al periodo 1838-1850, il libro di Samuel Butler (1835-1902) “Alps and Sanctuaries” è pubblicato nel 1881.
8Butler, Samuel, Alpi e Santuari, (a cura di Pier Francesco Gasparetto), Casale Monferrato, Edizioni Piemme, 2004, pp.93-94.
9errata, Claudio, “Territorialità e trasporti nella regione alpina”, in Galfetti, Aurelio, Tedeschi, Letizia, a cura di, Progetto e territorio. Gli assi di transito e le trasformazioni territoriali del Cantone Ticino, s.l., Accademia di architettura. Università della Svizzera italiana, 2001, pp.73-74.
10La riqualificazione di quest’opera militare è oggi oggetto di un progetto InterReg che comprende nella provincia di Varese la valorizzazione delle fortificazioni della Linea Cadorna, risalente alla Prima Guerra Mondiale.
11Le informazioni sul progetto AlpTransit San Gottardo sono state prese da: AA. VV., La nuova linea ferroviaria del San Gottardo, Lucerna, AlpTransit San Gottardo, 2004.

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