4 Maggio 2007
Opere di Architettura Pietre dell'identità
Cantina Gorgo a Custoza, Verona
Bricolo-Falsarella associati
La porta d’accesso
L’intervento di Bricolo-Falsarella associati alla cantina Gorgo di Custoza presso Verona propone sull’affaccio principale la possente cortina litica, eseguita in muratura isodoma di grandi blocchi marmorei locali. Intenzionalmente si punta alla reinterpretazione di una tecnologia antica e tipica; essa in ambito veronese è proposta nelle diverse fasi congiungenti la romana alla contemporanea, ponendosi
quale riferimento di continua attualizzazione. A differenza della cantina vinicola di Gilles Perraudin a Vauvert in Francia (1998-1999), anch’essa in murature isodome ma di rimando a tipologie espressamente romane per distribuzione e tecnologie di copertura, protagonisti sono ora i marmi veronesi “perennemente indecisi fra il giallo ed il rosa”, espressione dei progettisti che piace particolarmente per la capacità di fotografare le cromie ammiccanti all’una ed all’altra tonalità, in base alle caratteristiche di cava ed alle condizioni d’irraggiamento.
Come l’opera francese citata, è questa un’architettura rapida nell’esecuzione, bilanciante le energie economiche riversate sulle scelte materiche con il contenimento dei costi di gestione e vita del cantiere. Non v’è necessità, salvo le minime simulazioni monolitiche poggianti su travatura metallica, di giunti a malta o connessioni fra conci. Sono esse evitate dalla gravità ponderale dei blocchi.
Pianta e prospetto principale
Riproponiamo, attingendo da occasioni diverse, le parole dei progettisti ad ottenere una breve descrizione. L’opera è la cantina Gorgo realizzata a Custoza sulle colline moreniche tra Verona ed il lago di Garda. Le murature portanti della cantina sono state realizzate utlizzando blocchi portanti in Pietra di Vicenza di dimensioni medie 200x100x60. I cornicioni le spalle e gli architravi sono invece stati realizzati in blocchi di Nembro Veronese. Si tratta di una rivisitazione di antichissime soluzioni murarie veronesi.
(…) Nelle fotografie di Alessandra Chemollo, che assediano questo piccolo testo, viene ritratta, da diverse angolazioni, una porta semiaperta che appare come bloccata in un gesto interrotto. E’ una metafora. E’ una porta pietrificata che allude ad una azione che si sta svolgendo in un tempo parallelo o in un passato indefinito. La porta di Custoza ci introduce all’interno di un’architettura declinata all’imperfetto, una narrazione, che si svolge in quel tempo ambiguo in cui gli scrittori incorrono quando vogliono confondere i tempi.
Emerge un’architettura senza tempo, fuori dalle mode, che rinuncia all’avanguardia e alle tentazioni delle nuove tecnologie, tuffandosi in una astratta arcaicità ancorata al luogo, che recupera antiche tecniche costruttive la cui vitalità non si è mai esaurita.
Una fase della costruzione (Fotografia di Bricolo-Falsarella associati)
[photogallery]bricolo_album[/photogallery]
di Alberto Ferraresi
(Visita il sito sul lavoro di Bricolo-Falsarella associati)
(Visita il sito sui marmi veronesi)
5 Maggio 2007, 09:36
damiano.s
Vedo con piacere che l’esperienza maturata da Perraudin ha stimolato la cretività nostrana ad un nuovo approccio massivo con la pietra.
Sono stato però molto “turbato” dall’immagine del dettaglio dell’architrave.
Trovo stridente l’accostamento di un’idea classica di architettura con soluzioni che negano, ridicolizzando, la funzione dell’architrave.
Fosse questo ascrivibile ad un nuovo post-post moderno non lo so, certamente per l’architetto è stato, assieme alla metaforica porta di pietra, una caratterizzazione poetica importante.
A questo punto mi chiedo se abbia avuto un senso l’uso dei grandi blocchi in pietra, se abbia avuto un senso l’idea del muro isodomo.
La tentazione all’ornamento torna a galla nelle forme più impensate…