10 Febbraio 2014
PostScriptum
TRADIZIONE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA
La filiera produttiva del travertino di Siena
I parte
Filagna di travertino senese modellata attraverso fresate ripetute.
La nascita e lo sviluppo del distretto lapideo rapolanese
Sin dall’antichità la presenza del travertino ha influenzato in modo del tutto peculiare la cultura materiale, il lavoro e la vita quotidiana degli abitanti di Rapolano, Serre ed Asciano nella provincia di Siena. Tale profondo rapporto storico assume la connotazione di un autentico legame strutturale inscindibile in epoca moderna, quando le attività estrattive finalizzate all’approvvigionamento di grandi cantieri di architettura assumono un’importanza dapprima rilevante, poi preponderante, per l’economia locale. Pur legata a significative imprese architettoniche e ad una committenza particolarmente qualificata, tra la fine del XV e il XVIII secolo inoltrato l’escavazione non assume caratteri di continuità e non viene gestita e sistematicamente organizzata da operatori locali.1; soltanto a partire dalla metà dell’Ottocento, essa inizia a configurarsi come un’attività proto-industriale connessa ad una filiera di scalpellini residenti che si occupano dei vari gradi di trasformazione dei materiali estratti.2
Dai primi decenni del XX secolo, con un finale decisivo impulso derivato dalle ricadute dell’autarchia fascista, l’estrazione e la lavorazione dei travertini locali si afferma come attività industriale stabile, capace di garantire un ingente capitolo per l’economia dell’area caratterizzata fino a questo momento da una vocazione prevalente di tipo agricolo. Per tutti gli anni ’20 e ’30 del Novecento, fino all’apertura del secondo conflitto mondiale, una comunità di alcune centinaia di cavatori, scalpellini e manovali provenienti da Rapolano, da Serre e da Asciano, ma anche da Lucignano, Buonconvento e Sinalunga, dà vita a quello che inizia a configurarsi come un vero e proprio distretto lapideo rapolanese, organizzato in imprese familiari o in società
cooperative di lavoratori.3, e impegnato nella fornitura di travertini per importanti edifici in Italia e all’estero. Tra i principali progetti di architettura che nei primi decenni del secolo hanno richiesto materiale lapideo proveniente da Rapolano si ricordano l’ampliamento del Palazzo di Montecitorio a Roma, la facciata della chiesa di Santa Maria degli Angeli ad Assisi e la chiesa di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo, la Manifattura Tabacchi e il Teatro Puccini a Firenze, il Palazzo delle Nazioni a Ginevra, il Palazzo della Borsa e la Stazione centrale di Milano, i colonnati per una Stazione ferroviaria mai realizzata a Berlino.4
Taglio con filo elicoidale in una cava di Rapolano nel 1939.
Se il progetto tedesco porta alla realizzazione di mastodontici rocchi di colonne bloccati negli scali merci delle cave dal crollo dello stato nazista, andando a costituire una rilevante occasione mancata per l’esportazione dei travertini di Rapolano, la Stazione milanese, disegnata da Ulisse Stacchini e portata a termine tra il 1925 e il 1931, rappresenta certamente per la quantità di materiale messo in opera e per la varietà delle tipologie di lavorazione, l’esempio più emblematico di applicazione architettonica storica della pietra locale. Durante la costruzione dell’edificio la società di scalpellini Le Querciolaie e la consorella Società Paradiso, entrambe di Rapolano, forniscono oltre duemila metri cubi di travertino, collocato nella galleria di testa dei
binari e nell’atrio delle biglietterie e lavorato in forma di lastre di rivestimento o in forti spessori per modanature architettoniche ed elementi scultorei decorativi.5
Gli anni del secondo dopoguerra sono quelli in cui l’attività dell’industria lapidea rapolanese raggiunge il massimo sviluppo e diventa riconoscibile nello scenario produttivo internazionale: in pochi decenni nel territorio comunale gli occupati nel settore estrattivo e di trasformazione della pietra salgono dalle 660 unità del 1951 alle 2190 del 1971.6, inoltre il comparto di Rapolano oltre a esportare i suoi travertini in Europa, in Asia e in America diventa un polo di lavorazione di altre pietre provenienti da tutta l’Italia.
Dopo la grande affermazione dei prodotti standard per rivestimenti e pavimentazioni, che per tutti gli anni ’80 del secolo scorso impongono sui mercati marmette realizzate con travertini chiari e di colore omogeneo e che induce le aziende del comparto rapolanese ad ampliare il loro bacino estrattivo ad altri siti della provincia di Siena, del viterbese o di Tivoli, dalla metà degli anni ’90 le realtà industriali locali iniziano un processo di ridefinizione delle loro peculiarità produttive basato sulla rivalutazione dei travertini locali che per la loro ricchezza di varianti cromatiche e di tessiture più o meno venate riscuotono un crescente successo, dapprima con la diffusione dei travertini anticati – cioè di prodotti caratterizzati da un particolare processo abrasivo di finitura meccanica in cui le aziende del comparto sono specializzate – poi, soprattutto nell’ultimo decennio, con l’affermazione nel settore del design di alto livello di lavorati che comunicano una forte immagine di naturalità, realizzati appunto con travertini locali dalla spiccata variatio cromatica e materica.
Il fronte estrattivo di una cava a Serre di Rapolano con le diverse fasi di taglio e ribaltamento di una bancata di travertino.
Negli ultimi anni tutte le realtà produttive dell’area, perlopiù ancora caratterizzate dalle solide origini di un’imprenditoria familiare locale o di una natura cooperativa di lunga durata, hanno intensificato i processi interni di rinnovamento, investendo nell’ammodernamento degli impianti, nella ricerca per l’innovazione di processo e di prodotto e nel contestuale restyling degli show room e delle strategie di marketing. Tutto ciò è avvenuto in concomitanza con un diffuso cambio generazionale ai vertici delle dirigenze, che certamente ha favorito una politica di trasformazione capace comunque di conservare i caratteri peculiari del know how artigianale storico, tramandato ancora oggi a Rapolano accanto alle più aggiornate capacità operative legate ai processi di lavorazione automatizzati a controllo numerico.
La storia industriale recente dell’area è caratterizzata dall’istituzione nel 2001 del Consorzio del Travertino di Rapolano che attualmente raggruppa le 8 principali aziende del settore lapideo attive nei comuni di Rapolano Terme e di Asciano. I materiali scavati e lavorati direttamente dalle realtà produttive associate provengono da 21 cave: da quelle ancora ricchissime di travertino localizzate nelle provincia di Siena e da altri siti estrattivi delle province di Grosseto, Viterbo e Roma. Nel 2008 il fatturato complessivo delle aziende consorziate è stato di circa 40 milioni di euro, il numero dei lavoratori direttamente impegnati nella filiera produttiva della pietra è attualmente di circa 300 unità, a cui si aggiunge un’ulteriore consistente gruppo di impiegati nell’indotto.
Stazione Centrale (1925-31) a Milano di Ulisse Stacchini. A fianco, la galleria di testa dei binari in una foto d’epoca scattata durante la messa in opera dei rivestimenti in travertino di Rapolano; in alto, dettagli dei rivestimenti a rilievo in travertino.
L’assetto produttivo delle imprese abbraccia tutta la filiera di escavazione e trasformazione dei travertini con conseguenti importanti economie di scala e capacità di controllo della qualità del prodotto finale; le singole realtà si rivolgono poi a settori di mercato diversificati: alcuni operatori producono e commercializzano principalmente semilavorati; altri realizzano componenti per pavimenti e rivestimenti da destinare ai grandi cantieri di architettura; altri ancora si occupano di trasformare la materia litica per prodotti di interior design e di urban design. All’interno di tutta la compagine del Consorzio il 10% circa della produzione è costituito da blocchi, il 20% da lastre e altri semilavorati e il 70% da prodotti finiti, con una media di export estero che sfiora il 30% della produzione totale commercializzata. I principali mercati UE di riferimento per le aziende rapolanesi sono la Gran Bretagna e la Germania, mentre nell’orizzonte extra UE il referente principale è rappresentato dagli Stati Uniti d’America a cui si affiancano importanti mercati emergenti come la Russia.7
Il Consorzio del Travertino di Rapolano è nato con lo scopo iniziale di costituire un interlocutore unico, capace di rapportarsi con le pubbliche amministrazioni, in merito alle problematiche connesse alla estrazione dei materiali e allo smaltimenti e al riciclaggio dei rifiuti di lavorazione.
I risultati raggiunti in tal senso sono stati importanti: ad un piano di escavazione condiviso, hanno fatto seguito un disciplinare per la definizione del marchio di origine per i travertini locali e alcuni progetti sperimentali per l’innovazione del prodotto lapideo ideati anche a partire da un riuso creativo degli scarti di trasformazione della pietra.8 Oggi la priorità del Consorzio è di cogliere la sfida della globalizzazione dei mercati, individuando strategie innovative di promozione del travertino, nonché di comunicazione e valorizzazione di una filiera produttiva del tutto peculiare, che di seguito viene descritta attraverso le quattro azioni principali di incisione, scavo, erosione e ibridazione, necessarie per trasformare la materia lapidea in prodotto per l’architettura e il design del terzo millennio.
Il presente saggio è tratto dal volume Travertino di Siena a cura di Alfonso Acocella e Davide Turrini
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