24 Luglio 2013
Pietre Artificiali
I Mercati di Traiano
Mercati di Traiano: il Grande Emiciclo. Visione generale della facciata curva in mattoni a vista e vedute parziali dell’esedra. (ph A. Acocella)
La città di Roma sotto i principati di Domiziano e Traiano sfoggia nelle aree monumentali dei Fori imperiali e delle grandi fabbriche del Palatino i marmi policromi più preziosi che affluiscono nella capitale dalle regioni più lontane dell’Impero; all’opus testaceum, oramai ampiamente affermatosi come sistema costruttivo, spetta prevalentemente la funzione strutturale che rimane spesso obliterata sotto superfici architettoniche estetizzanti fatte di stucchi, affreschi, pietre e marmi rilucenti.
Agli architetti del principato di Traiano si deve però anche una innovazione specifica legata all’impiego dell’opus testaceum che da tecnica squisitamente costruttiva – posta a realizzare l’ossatura murale portante – viene spinta a ricercare un suo linguaggio che diverrà progressivamente, lungo il II secolo d.C., un vero e proprio stile architettonico attraverso la valorizzazione figurativa del materiale laterizio lasciato a vista.
L’opera posta a inaugurare in forma inedita il nuovo ciclo di vita dell’opus testaceum è il quartiere urbano della capitale comunemente conosciuto come i Mercati di Traiano (nome assegnato dall’archeologia contemporanea, visto che nella tradizione antica non è stato trovato nessun riferimento specifico in quanto, al di là dell’interesse tutto attuale, si trattava di un complesso utilitario unico nel suo genere e privo di valenze replicative, di valore come modello) caratterizzato da una particolarissima organizzazione dei volumi architettonici e degli spazi al punto da non poter essere codificabile sotto il profilo tipologico.
Realizzato da uno Stato centralizzato, l’articolato insediamento urbano è chiamato a dare risposte ad una serie variegata di esigenze (stoccaggio di merci, commercio, vendita di prodotti, svolgimento di attività amministrative).
Il sito scelto per la realizzazione dei Mercati di Traiano, in conseguenza delle sue peculiari caratteristiche topologiche (l’area è segnata da forti salti di quota dovuti alla presenza di una collina spianata per i lavori del Foro di Traiano), si presenta ad Apollodoro di Damasco – lo stesso architetto incaricato del progetto dell’ultimo dei fori imperiali – come particolarmente adatto ad una progettazione fuori dagli schemi convenzionali della simmetria assiale, sperimentando per l’occasione una composizione del tutto contemporanea ed innovativa.
La natura del luogo, in altri termini, sembra richiedere necessariamente un ingegnoso adattamento alla forte acclività del terreno e un’organizzazione più libera dei volumi architettonici e della stessa logica distributiva; a questa condizione si associa anche la particolare natura polifunzionale delle destinazioni d’uso connesse all’incarico.
Il programma assegnato ad Apollodoro è legato all’ideazione di un grande quartiere strutturato, inevitabilmente, su più livelli in risposta alle condizioni del ripido pendio che si erano venute a creare tagliando la sella posta originariamente ad unire l’Esquilino al Capitolino per ottenere una vasta superficie pianeggiante necessaria al complesso monumentale marmorizzato del Foro di Traiano.
Si ritiene che il forum Traiani e il quartiere dei Mercati siano conclusi contestualmente nel 112 d.C., data d’inaugurazione del Foro: il Foro, ricco d’influenze della tradizione greca; i Mercati che fondono con inventività ed originalità elementi di tecnica costruttiva tipicamente romana con la sensibilità progettuale sperimentale di Apollodoro da Damasco. I due interventi sono, comunqe, da considerarsi come facenti parte di un unico ed eccezionale piano urbanistico sia pur declinato con linguaggi architettonici e strategie di realizzazione diversificate.
Mercati di Traiano. L’Aula di testata del Grande Emiciclo; sullo sfondo la Torre delle Milizie realizzata nel Medioevo (XIII secolo). (ph. A. Acocella)
La sistemazione del Foro conteneva una grande Basilica (detta Ulpia), un tempio dedicato a Traiano, due edifici per le biblioteche (una greca e una latina) numerosi porticati e, al centro, la colonna istoriata con le gesta delle guerre con i Daci. Un universo monumentale, quello degli edifici e degli apparati plastico-scultorei del forum Traiani, costruito con stucchi, pitture, pietre e marmi policromatici risplendenti e rifrangenti di grande lusso che rappresentò sino alla tarda antichità la magnificenza di Roma i cui echi sono rintracciabili nella relazione di Ammiano Marcellino scritta nell’anno 356 in occasione della visita di Costanzo II.
Il Foro di Traiano volgeva letteralmente le spalle ai Mercati; a separare i due complessi era posto un alto e massiccio muro simile a quello che ancora oggi chiude, a nord-est, il Foro di Augusto.
Oltre il muro la facies dei Mercati mette in scena per la prima volta nella storia il nuovo stile architettonico tipicamente romano delle strutture in mattoni a vista murati con grande precisione da abilissime maestranze in un’opera pubblica realizzata nel cuore della capitale dell’Impero.
L’assenza di colonne in tutto il complesso e il grande dispiegamento di masse murarie legate all’opus testaceum con largo impiego di archi e sistemi voltati di calcestruzzo plastico testimoniano, a poche decine di metri di distanza dal Foro sotto la collina dell’Esquilino, la compresenza dialettica dei principi dell’architettura greca – trilitica e marmorizzata – e quelli stereometrici dell’ordine murario laterizio romano del tutto nuovi e originali.
Alle spalle della grande esedra circolare del Foro – rimanendone da questa largamente obliterato – e a ridosso del dirupo prodotto dal taglio della collina del Quirinale per un’altezza pari a quella della Colonna di Traiano, viene eretto il complesso architettonico a terrazze dei Mercati costretto ad adattarsi al terreno fortemente scosceso e tormentato. Ma Apollodoro da Damasco saprà mettere a frutto tutte le difficili condizioni topografiche del sito facendole diventare potenzialità per un progetto sperimentale, ardito ed innovativo.
Il complesso dei Mercati, articolato attraverso sei piani funzionali, è costituito da due settori principali posti a risolvere ed esaltare la forte acclività del terreno.
Il settore inferiore – organizzato su tre livelli – comprende il Grande Emiciclo (con le due Aule di testata alle estremità) e il Piccolo emiciclo.
Il settore superiore – separato e diviso da quello inferiore per mezzo di un’ampia strada urbana lastricata con basoli di lava dal nome tardo antico di via Biberatica – è formato dal Corpo centrale a quattro piani al quale si collega, a sinistra, il volume della Grande Aula; ancora più in alto si impone la Torre delle Milizie ma di costruzione notevolmente posteriore (XIII secolo).
A livello volumetrico il grandioso complesso urbanistico di Apollodoro si struttura attraverso una serie di corpi architettonici a gradoni con la sapiente valorizzazione di piani-terrazza sul modello delle coeve agorà commerciali delle città ellenistiche dell’Asia Minore, quali Perge o Hierapolis per fare solo qualche esempio.
Sei sono i livelli in cui si articolano gli spazi funzionali e le attività dell’organismo edilizio posti ad accogliere le diverse attività (tabernae, sale di incontro pubblico, uffici, amministrativi, spazi all’aperto); due le terrazze principali; tre le strade in dolce pendenza attestate sui contorni della collina con due scale posizionate nelle estremità del complesso che consentono il collegamento con il piano del Foro di Traiano.
Ai piedi del pendio, una strada lambiva il perimetro del Foro e della Basilica formando una curva in corrispondenza dell’esedra forense. Si affacciano su tale arteria i corpi architettonici del Grande Emiciclo: i primi due piani, ospitanti taberanae, caratterizzati in facciata dall’opus testaceum lasciato a vista; il terzo piano, anch’esso con botteghe, aperto solo sulla via Biberatica.
Se la forma del Grande emiciclo è in qualche modo condizionata da quella dell’esedra del Foro, il grandioso ed articolato blocco volumetrico compreso fra la via Biberatica e l’angolo settentrionale dell’area è concepito con grande libertà conferendo una grandiosità di tipo scenografico alle masse del fronte esterno affacciato sul Foro.
Il percorso con botteghe al primo piano del Grande Emiciclo. (ph. A. Acocella)
ll Grande Emiciclo
Come abbiamo già avuto modo di evidenziare, alla rappresentatività e al lusso dei marmi policromatici dei fori faceva contrasto il carattere eminentemente utilitario dei Mercati di Traiano espresso attraverso la libera composizione delle masse volumetriche e l’uso sobrio dei partiti architettonici ottenuti per mezzo dell’uso inedito del laterizio cotto lasciato a vista. Se si esclude il Grande Emiciclo tutte le superfici del complesso sono trattate attraverso un ordine murario severo e spoglio animato esclusivamente dai ritmi delle teorie di porte, finestre, balconi e terrazze.
E benché i due complessi commissionati da Traiano ad Apollodoro siano contigui e per certi versi reciprocamente concepiti tutto è organizzato come se l’architettura marmorizzata del forum Traiani dovesse ignorare e nascondere il complesso dei Mercati e il suo stesso carattere innovativo sia sotto il profilo morfologico e insediativo che linguistico affidato, quest’ultimo, all’opus testaceum a vista.
L’unico settore architettonico del complesso dove emergono forme di decorazione è il Grande Emiciclo la cui facciata non è, comunque, concepita originariamente per una fruizione frontale e totale – così come appare oggi – bensì destinata a svelarsi attraverso una visione prospettica di scorcio (e parziale), man marmo che si percorreva la strada in curva.
All’interno della composizione volumetrica spoglia e severa dei Mercati di Traiano la decorazione del Grande Emiciclo è affidata alla tonalità bicromatica dei laterizi e al rilievo leggero consentito dalla piccola modularità del mattone. Apparentemente si è di fronte ad un avvenimento secondario e nascosto, in realtà si tratta di una rivoluzione per l’architettura romana che fa crescere, attraverso la sperimentazione dell’ordine murario, il suo affrancamento dalla logica trilitica e marmorea alla maniera greca come evidenzia acutamente John B. Ward-Perkins proprio descrivendo i Mercati di Traiano: «Dopo secoli di deferenza per le proprietà della tradizione architettonica greca, Roma aveva finalmente conquistato un linguaggio architettonico proprio; e cominciava ad avere il coraggio di usarlo».1
L’esedra del Grande Emiciclo si eleva attraverso un impaginato parietale in curva composto da due ordini murari; a questi, più in alto, è sovrapposto un attico.
Il primo ordine è caratterizzato da una teoria di undici piccole botteghe indipendenti in forma di edicole scandite da piedritti e architravi di solido travertino, scavate nello spessore dell’ossatura murale posta a contrasto con la roccia retrostante della collina.
Il motivo di facciata del secondo ordine è simile a quello della Porta Palatina, ottenuto attraverso una lunga ed “insistita” teoria di ventiquattro aperture concluse ad arco ed inquadrate da lesene che sorreggono una cornice laterizia continua in aggetto; le lesene poggiano su basi di travertino e, in alto, sono arricchite da capitelli dello stesso materiale proveniente dalle cave di Tivoli. Le aperture illuminano un lungo e slanciato corridoio coperto a volta in calcestruzzo posto a servire le botteghe del primo piano dell’emiciclo.
L’attico di facciata altro non è che una fascia muraria sommitale con funzione di parapetto al camminamento superiore; in esso sono inseriti timpani e semitimpani modanati in alternanza di triangoli e segmenti di cerchi.
Due cornici continue e aggettanti sono poste, invece, a cesura fra primo e secondo ordine e, poi, in alto a conclusione della facciata del Grande Emiciclo. Attraverso il loro svolgimento continuo, solido, plastico – e in evidente contrasto cromatico rispetto alle cortine laterizie – tali modanature in solido riescono a riunificare il lungo e schiacciato prospetto controbilanciando il ritmo verticalizzante delle edicole e delle finestre. L’innesto in facciata degli inserti in travertino, l’altro grande materiale della tradizione tipicamente romana, riesce a stemperare l’eccessiva omogeneità del paramento laterizio a vista, impiegato per la prima volta con audacia in una così grande superficie parietale.
Oltre l’attico, un terzo piano – oggi quasi del tutto distrutto – era costituito da un percorso all’aperto in quota (sovrastante il corridoio del secondo ordine) e, alle spalle di questo, da una serie di botteghe chiuse verso il Grande Emiciclo e aperte sul lato opposto della via Biberatica.
Agli estremi due Aule di testata, caratterizzate in prospetto solo da sottili cornici aggettanti sotto forma di timpani curvilinei, chiudono il Grande Emiciclo. Ampie aperture (soprattutto quelle dell’Aula compresa fra le due curve della Basilica Ulpia e del Foro di Traiano che svuotano di due terzi la massa muraria, al limite delle esigenze strutturali per sorreggere la volta superiore) sono praticate nelle pareti di facciata al fine di illuminare con efficacia i profondi spazi voltati retrostanti.
Benché si utilizzi la stessa tecnica costruttiva dell’opus testaceum, rispetto agli spazi slanciati in altezza del Palatino o delle terme romane si avverte nelle proporzioni di queste Aule di testa (e della stessa Grande Aula del mercato) una sensibilità dell’architetto di Damasco del tutto particolare ed autonoma.
La Grande Aula. Visione dello spazio centrale strutturato su due livelli e planimetria del secondo piano con le botteghe aperte sul percorso in quota illuminato attraverso aperture praticate nella copertura piana. (ph. A. Acocella)
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La Grande Aula
Dove la via Biberatica piega verso nord si innesta una scala che porta al livello della Grande Aula del mercato in forma di sala rettangolare a doppia altezza attestata alla stessa quota di via Quattro Novembre; qui insiste un secondo ingresso al complesso monumentale dei Mercati di Traiano. La Grande Aula è posta a concludere architettonicamente il settore dell’area da urbanizzare che presenta minori problematiche topografiche.
L’ossatura muraria di sei tabernae – prospicienti la via Biberatica – funge da sostruzione al fronte occidentale di una piattaforma regolare, quasi rettangolare, ottenuta nel fianco della collina. Su quest’ultima è impostato il volume parallelepipedo concluso dalla Grande Aula che evoca un’aula basilicale coperta da una volta a sei crociere attestate su poderosi pilasti quadrangolari con mensoloni aggettanti di travertino.
La Grande Aula svolge un ruolo di primo piano all’interno del complesso architettonico dove, più che per la grandiosità o l’ampiezza delle dimensioni, è la logica innovativa della progettazione a rendere interessante questa parte della fabbrica di Apollodoro.
Le crociere consentono l’illuminazione dall’alto dello spazio centrale che nel livello inferiore dell’Aula, lungo i lati longitudinali, accoglie numerose tabernae a doppia altezza servite da scale interne.
Più dettagliatamente lo spazio voltato è funzionale a due ordini di negozi: in tutto sei coppie di ambienti commerciali per ciascuno dei due lati longitudinali; le botteghe del livello inferiore si aprono direttamente sullo spazio centrale della Grande Aula con accesso da via Quattro Fontane, mentre quelle del livello superiore si affacciano su un corridoio a galleria illuminato da lucernari aperti nel tetto a terrazza.
I Mercati di Ferentino e di Tivoli degli inizi del I secolo a. C., richiamati, spesso come antecedenti di riferimento, sono oramai una reminiscenza troppo lontana e sorpassata con i loro spazi bloccati e “cavernosi”. Nei Mercati di Traiano, complesso ardito e luminoso, è come essere in un grande bazar moderno con soluzioni utilitarie ed estetiche innovative, rese possibili dall’opus testaceum a vista che inaugura una nuova tradizione espressiva. Gli archetipi costruttivi di base erano già conosciuti e sviluppati dalla tradizione dell’architettura in pietra: il muro, la piattabanda, l’arco, la volta, le stesse partiture decorative; si tratta, d’ora in avanti, di tradurli e reinterpretarli attraverso le potenzialità geometriche e materiche del laterizio a vista.
La scenografia dei Mercati di Traiano è legata alla curva a gradoni del Grande Emicilco in cui s’impone l’unitarietà del tema figurativo avvolgente attraverso la lunga teoria di archi; l’arco che, oramai, non è più elemento singolo, ma tema di composizione architettonica.
Il mattone a vista contribuisce, anch’esso, col suo apporto costruttivo e il suo sobrio protagonismo estetico, all’affermazione della nuova architettura di Roma d’età imperiale.
Mercati di Traiano. Sezione trasversale in corrispondenza del Grande Emiciclo e della Grande Aula. (ph. A. Acocella)
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Note
1 John B. Ward-Perkins, Architettura Romana, Milano, Electa Editrice, 1979, p. 78.