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12 Ottobre 2012

Opere di Architettura

Museo delle culture a Basilea,
Svizzera Herzog & de Meuron


L’espansione del museo e la sua veste splendente dominano la visuale dall’alto (fotografie di Duccio Malagamba, courtesy Il Casone)

L’architettura conventuale ha spesso ispirato grandi architetti. Molti interventi hanno segnato indelebilmente la storia della disciplina del progetto, al passato ed al presente, sia per nuove costruzioni, sia per recuperi e trasformazioni significative, frequenti nei centri cittadini. Viene subito alla mente Le Corbusier a La Tourette, e rimanendo in tema di Charles Jeanneret, pure il convento delle Clarisse a Ronchamp, a firma di Renzo Piano. Per le trasformazioni, è recente il completamento dell’ex convento di San Bernardo a Tavira, su progetto di Edouardo Souto de Moura. Se restringiamo il campo alle applicazioni lapidee rilevanti, fra le nuove opere ricordiamo il monastero per le monache cistercensi sull’isola di Tautra in Norvegia, vincitore del Premio Internazionale Architetture di Pietra nell’anno 2007; nel progetto gli affacci sono essenzialmente risolti dalla sola variabilità delle cromie dell’ardesia. Dello stesso Souto de Moura la trasformazione in pousada del convento di Santa Maria de Bouro si distingue per la sensibilità anche restaurativa, ad esempio mostrata nelle fasi di cantiere dei disfacimenti e rifacimenti di alcuni camminamenti e piazze esterni, così come nelle misurate integrazioni lapidee a raggiungere la nuova vasca all’aperto.
Pur con stratificazioni del passato meno altisonanti di quelle del convento domenicano di San Marco a Firenze, realizzato su progetto di Michelozzo e arricchito dagli affreschi di Beato Angelico, anche il Museo delle culture di Basilea è convertito in museo etnografico a partire dal 1849, quale trasformazione di un’originaria architettura conventuale.
In una città difesa dalle montagne, per di più a cui si pervenga superando differenze di quota sostenute, e risalendo cime per poi ridiscendere a valle, il cosiddetto roofscape assume valore assai rilevante, poiché è il quinto affaccio ben visibile degli edifici, o della città nel suo complesso, verso il cielo. A Basilea Herzog & de Meuron realizzano l’espansione museale richiesta dal programma, facendo proprio affidamento al tetto: ne scardinano le geometrie tradizionali, ma senza tradire i segni caratteristici del contesto. La copertura luccica, ripensata in materiale ceramico cangiante ai raggi incidenti del sole.


La scala storica e le nuove pedate lapidee (fotografie di Duccio Malagamba, courtesy Il Casone)

Dall’alto, lo sfondo al quinto affaccio scintillante dell’edificio è il suolo; esso discende secondo una pendenza lieve al nuovo ingresso del museo, ed appena oltre i grandi cristalli di piano terra si distende in una pavimentazione lapidea omogenea, cerulea, vellutata, costante. Alla soluzione sommitale di esiti eloquentemente tridimensionali, risponde a terra un calpestio compostamente bidimensionale; ai colori mutevoli e splendenti del coperto, segue la scelta stabile per gli orizzontamenti, di una superficie opaca capace di assorbire i riflessi dell’intorno; ad un ruolo di spicco delle nuove falde nel panorama cittadino, fa eco la componente pavimentale, che si fa sfondo rispettoso degli allestimenti e delle opere esposte all’interno. Al piano terra in particolare, ribassato rispetto all’esterno, il progetto pare mettere a nudo ed impiegare quale calpestio la roccia, di cui sono costituite le montagne: sia in sommità, sia a terra dunque, si esprime il rapporto con il luogo. Addomesticata alle volontà dell’uomo, la pietra è prima di tutto piano orizzontale, poi scala, e nelle rampe storiche permette al fare artigiano di esibirsi in riproduzioni consone alle stratificazioni passate dell’edificio. Ai piani superiori le lastre lapidee si diffondono dai pianerottoli di sbarco sino alle finestre, estese a terra, ove raccolgono morbidamente le tonalità della città, via via sfumandole verso il cuore delle sale espositive. Le forniture lapidee sono de Il Casone di Firenzuola, essenzialmente di colombino dell’appennino tosco-emiliano.
Il Museo delle culture di Basilea denuncia un simile approccio al tema della trasformazione dell’antico, rispetto al Caixa Forum di Madrid degli stessi architetti: la base visibile del fabbricato è sagomata e ribassata al calpestio, per indurre i flussi pedonali a convergere all’interno, e per ricercare rapporti di complicità con gli spazi pubblici circostanti; il “fusto” della preesistenza, secondo la tripartizione classica degli elementi architettonici, è pressoché confermato, seppur con la chiusura delle molte aperture, a guadagnare superficie muraria utile per gli allestimenti, così come ad ottenere il dosaggio più controllato della luce naturale negli spazi espositivi; le aperture delle bucature rimaste punteggiano in modo asimmetrico le facciate; il coronamento, volumetricamente molto articolato ed imponente, costituisce la vera espansione dell’edificio museale; infine si conferma anche la componente di verde verticale, che a Madrid veste un’intera quinta urbana, mentre a Basilea solo tre montanti d’ordine gigante a fianco dell’ingresso.


L’insieme, con le preesistenze, lo scivolo d’ingresso ed il verde verticale (fotografie di Duccio Malagamba, courtesy Il Casone)

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di Alberto Ferraresi

Vai al sito del convento delle clarisse
Vai al sito di Renzo Piano Building Workshop
Vai al sito del convento di San Bernardo
Vai al sito del monastero per le monache cistercensi
Vai al sito di convento domenicano di San Marco
Vai al sito del museo delle culture
Vai al sito di Herzog & De Meuron
Vai al sito Casone
Vai all’articolo sul progetto per Caixa Forum

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