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15 Settembre 2012

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Memphis, la plastica che sembra marmo e il marmo che sembra plastica


Ettore Sottsass, divano Agra in marmo e cotone cinzato, Memphis, 1982 (produzione Up & Up).

«Oltre al laminato plastico decorato e non, il catalogo Memphis dei materiali “asettici” comprende molti altri materiali industriali come vetri stampati, lamiere zincate, lamiere goffrate, celluloidi, finiture fire-flake, vernici industriali, tubi al neon, lampadine colorate, ecc., che nel contesto Memphis perdono qualsiasi sapore high-tech, perché non sono mai citati come simboli tecnologici ma come texture, patterns, colore, densità, trasparenza, scintillio, cioè per le loro qualità sensoriali più immediate e dirette. Muovendosi in questo contesto liberatorio, raramente riflessivo, che affida i suoi messaggi più alla fisicità che all’intelletto, i designer Memphis sono riusciti ad aggiustare il tiro anche nei confronti di materiali più colti, tradizionali e già consumati come il marmo, usato dentro forme irriverenti che non corrispondono all’uso colto del materiale o decontestualizzato dall’accoppiamento con alluminio, vetroresina o vernici fire-flake.


Michele De Lucchi, tavolo Sebastopole in marmo e pietra serena, Memphis, 1982 (produzione Up & Up).

Molti materiali sono stati sbilanciati, stiracchiati e deformati al punto da diventare irriconoscibili, tanto deformati che un giorno un giornalista inglese, accarezzando uno scaffale in radica naturale lucidata (accostata nello stesso mobile, il Beverly di Sottsass, a un laminato serpente giallo e verde) ha sospirato tra la perplessità generale: “fantastico, sembra plastica”. In realtà il problema non è quello di far sembrare una cosa quello che non è e neppure di farla sembrare quello che è, che sia marmo e sembri plastica, che sia plastica che sembra legno o plastica che sembra plastica poco importa. Per i designer Memphis il problema della verità, autenticità e viceversa, quello del fake, non esistono. Quello che conta è il disegno, l’immagine, la figura finale, la carica figurativa, la comunicazione: come tanti allievi di Buddha i designer Memphis sembrano tutti convinti che la realtà come “assoluto” non esiste….».

Barbara Radice, Memphis. Ricerche, esperienze, risultati, fallimenti e successi del Nuovo Design, Milano, Electa, 1984, p. 67.

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