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25 Giugno 2012

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…Per un acquerello di Mauro Andreini

In un pomeriggio estivo sono stato sommerso da una marea di acquerelli. Per evitare il naufragio ne ho scelto uno come una tavola a cui aggrapparsi. L’ho guardato da vicino: cinque forme colorate circondano una piccola casa.
Ad una più attenta osservazione la forma più scura, in alto, è un cielo azzurro scuro. Una linea orizzontale la divide da una più chiara (un lago? un braccio di mare?). Le altre tre, declinanti dall’ocra al bruno, alludono a colline, altopiani affacciati sull’acqua e isole. Così aria, acqua e terra si ordinano in un rettangolo di bordi sfrangiati.
Facendo attenzione si scoprono linee nere che affiniscono i confini. Analoghe linee costruiscono una piccola casa col tetto a capanna articolata in due corpi: una casa madre e una casa figlia, in una sorta di maternità rustica.
La casa ha pareti, porta, finestre, tetto. La casa sta sulla terra e sotto il cielo. Il cielo scuro è minaccioso (alcuni uccelli svolazzano forieri di presagi funesti) ma la casa se ne sta coraggiosamente raccolta a difendere i suoi abitatori.
E’ un’architettura elementare, ma ciò che la rende solida e rassicurante è la sua normalità. Credo che Mauro Andreini aspiri alla normalità: le sue costruzioni ce ne danno la certezza forse ancor più che i suoi tanti acquerelli tesi ad indagare tutte le possibili combinazioni e variazioni di corpi regolari, figure semplici, parole familiari.
Come diceva un poeta “noi siamo qui per dire poche parole….”

A volte nel deserto cartaceo (le pubblicazioni d’architettura) che mi circonda, vedo affiorare qualche traccia amica.
Allora mi prende un gran senso di gratitudine e uno strano sentimento di felicità. E’ quello che mi è successo guardando questi acquerelli.

di Adolfo Natalini

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