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7 Febbraio 2007

PostScriptum

L’architettura di pietra è on line
(I parte)

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libreria
Giuseppe Maria Crespi, scaffale con libri di musica, 1725.

I piaceri del libro stampato
Il libro stampato rappresenta il “monumento culturale” della società moderna. Strumento di elevazione della civiltà in funzione dei suoi contenuti informativi (e formativi) immagazzinati e trasmessi progressivamente a sempre più ampie fasce sociali di individui.
I libri si amano per le idee che esprimono (affidate alle tracce dei linguaggi della scrittura, del disegno, della fotografia) ma spesso anche per il loro valore intrinseco di oggetti concreti, fisici, tangibili, “docili” a seguire il corpo nell’atto della lettura.
“Che bello, – afferma Umberto Eco, autore di fama, ma anche appassionato bibliofilo – un libro che è stato pensato per essere preso in mano, anche a letto, anche in barca, anche là dove non ci sono spine elettriche, anche là dove e quando qualsiasi batteria si è scaricata, e sopporta segnacci e orecchie, può essere lasciato cadere per terra o abbandonato aperto sul petto o sulle ginocchia quando ci prende il sonno, sta in tasca, si sciupa, registra l’intensità, l’assiduità o la regolarità delle nostre letture, ci ricorda (se appare troppo fresco o intonso) che non l’abbiamo ancora letto (…) La forma-libro è determinata dalla nostra anatomia. Ce ne possono essere di grandissimi ma per lo più hanno funzione di documento o di decorazione; il libro standard non può essere più piccolo di un pacchetto di sigarette o più grande di un tabloid. Dipende dalle dimensioni della nostra mano, e quelle – almeno per ora – non sono cambiate, con buona pace di Bill Gates (…)”1

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Il libro moderno, supporto cartaceo del “sapere lineare”.

Ma il piacere del libro stampato va ben oltre la gratificazione della condivisione di idee e la duttilità di fruizione a cui fa riferimento Umberto Eco.
Si può affermare – senza paura di essere smentiti – che il fascino del libro è legato alla sommatoria di piaceri molteplici. Al centro poniamo – indubbiamente – la “seduzione” intellettuale esercitata dalle idee trasmissibili attraverso il libro, insieme alla “comodità” di fruizione. Intorno tracciamo vari cerchi concentrici entro i quali inscriviamo le altre forme di “godimento”: il piacere visivo (connesso al guardare e al contemplare la composizione interna con lo strutturarsi delle righe di testo e la nitidezza dei caratteri, il ritmo delle pagine nell’equilibrio di spazi bianchi e caratteri neri); il piacere tattile (legato al toccare il libro con le mani che lo “soppesano”, lo “passano” sulle pagine per apprezzarne le peculiarità e le qualità della carta); il piacere olfattivo (che spesso si produce nell’aprire la confezione di un libro, riguardabile anche come “scrigno” cartaceo stratigrafico capace di immagazzinare e restituire a distanza di tempo l’odore della carta, dell’inchiostro di stampa o delle altre sostanze impiegate nella rilegatura del volume stesso).
In un cerchio ancora più esterno possiamo rintracciare il piacere di collezionare libri; siamo qui di fronte al fenomeno della bibliofilia che, non infrequentemente, sconfina nella bibliomania. In questo caso il piacere del possesso (dell’oggetto libro) prevale su ogni altro.
E’ chiaro, a questo punto, come il piacere del libro è in realtà una rete di piaceri intrecciati alla cui tessitura contribuiscono vari attori: l’autore – con le idee, la scrittura, la trama del racconto – che investe la sfera del piacere connesso alla lettura; l’editore che interviene sulle caratteristiche fisiche del “prodotto libro”; il mercato che, attraverso la scarsità e il diverso valore economico assegnato ai volumi in circolazione, regola lo scambio e la “pulsione” degli individui al possesso individuale dei libri selezionati in quanto beni-merce, prima che per i loro contenuti.

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Libreria in travertino a Firenze. Design Alfonso Acocella.

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La “dolce tirannia” del libro
Lungamente i libri, specialmente i “buoni” libri, sono stati per noi – e ancora lo sono – artefatti speciali, quasi reverenziali che foderano gli spazi quotidiani di lavoro, che poi sono gli stessi di vita. Negli anni ci siamo applicati nell’acquistarli, nel leggerli, nell’assimilarli e anche nel concepirli e scriverli, accompagnandoli amorevolmente – a volte – fino alla stampa, com’è avvenuto per L’architettura di pietra.
Solo con gli anni, però, abbiamo preso coscienza del fatto che i libri stampati portano con sè, in dote, una costante che ci ha fatto riflettere per la sua peculiarità: i libri esprimono sempre storie definite, perimetrate, di forte individualità autoriale. Il libro – in altri termini – come “tappa definitiva”, “inproseguibile”: esercizio chiuso di scrittura da parte dell’autore che – alla fine – è costretto ad abbandonarlo, rilasciandolo ai lettori e alla sua vita autonoma.
Ma, come si può amare un libro, altrettanto – ci siamo accorti – è possibile “innamorarsi” del progetto che lo ha generato ed alimentato.
È quanto accaduto con il volume de L’architettura di pietra stampato a fine 2004. Il progetto di esplorazione del tema che lo aveva animato avvertivamo non si fosse completamente esaurito e in questa considerazione risiede la decisione che ci a spinto ad andare avanti oltre la tappa, pur importantissima, della pubblicazione del libro.

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Il volume L’architettura di pietra (2004)

Abbiamo però, questa volta, ricercato per la “rinascenza” del tema modi comunicativi diversi dal format tradizionale dell’opera a stampa.
L’attesa della prosecuzione del progetto culturale si legava, nella ripresa del viaggio, alla volontà di sperimentare le nuove opportunità della condizione culturale e tecnologica dell’oggi legate alla produzione e alla trasmissione elettronica dei testi, delle immagini, dei suoni.
Si intravede nel web l’orizzonte nuovo, il medium in cui far rinascere il tema dell’architettura di pietra. Uno spazio culturale “slargato” e “fluido” molto diverso rispetto al luogo “perimetrato” e “bloccato” del libro; un canale comunicativo innovativo di produzione, di trasmissione, di fruizione di contenuti, ma anche network sociale, partecipato e relazionale con individui che s’incontrano, conversano ed interagiscono in rete. La scelta, questa volta, è a favore del cyberspazio e delle sue nuove potenzialità; un mondo del tutto particolare dove inedite modalità di elaborazione, distribuzione e fruizione dei contenuti (affidata alla trasmissione digitale di testi, immagini, suoni) hanno dato vita, negli ultimi quindici anni, ad una vera e propria rivoluzione culturale.
Guglielmo Cavallo e Roger Chartier, in Storia della lettura, ci fanno cogliere i caratteri salienti della nuova economia di produzione-fruizione di contenuti, in tutte le loro valenze innovative e per certi versi sovversive.
“Leggere su uno schermo, difatti, non è come leggere da un codice. La nuova rappresentazione dello scritto modifica, in primo luogo, la nozione di contesto, sostituendo alla contiguità fisica fra testi presenti in un unico oggetto (libro, rivista o giornale) la loro posizione e distribuzione all’interno di architetture logiche – quelle che governano le basi di dati, gli schedari elettronici, i repertori e le parole chiave che rendono possibile l’accesso all’informazione. Essa ridefinisce, in tal modo, le “materialità” delle opere, spezzando il legame fisico che esisteva tra l’oggetto stampato (o manoscritto) e il testo o i testi di cui esso è portatore, e conferendo al lettore – e non più all’autore o all’editore – il dominio sulla suddivisione o sulla presentazione del testo che appare sullo schermo. L’intero sistema di identificazione e di trattamento dei testi viene dunque a trovarsi sovvertito. Leggendo su uno schermo, il lettore di oggi – e ancor di più quello di domani – ritrova qualcosa della posizione del lettore dell’antichità, che leggeva un volumen, un rotolo. Ma – e la differenza non è sottile – con il computer il testo si svolge verticalmente ed è dotato di tutti i sistemi di riferimento propri del codice (paginazione, indice, tavole …). L’incrocio fra le due logiche operanti nella lettura dei precedenti supporti della scrittura manoscritta e a stampa (volumen, codex) indica chiaramente l’istituzione di una relazione del tutto originale nei confronti del testo.
Tale logica viene ad iscriversi in una completa riorganizzazione della “economia della scrittura”. Assicurando una possibile simultaneità alla produzione, alla trasmissione e alla lettura di uno stesso testo, e riunendo in uno stesso individuo i compiti, finora sempre distinti, della scrittura, dell’edizione e della distribuzione, la rappresentazione elettronica dei testi annulla le antiche distinzioni che separavano i ruoli intellettuali e le funzioni sociali.”2
La ripresa e l’allargamento tematico del progetto sullo Stile litico, originariamente legato al “microcosmo” del libro de L’architettura di pietra, parte dalla nuova “economia di scrittura” consentita da internet affrancandosi dal prodotto autoriale e singolare del libro (dove le figure dell’autore, dell’editore, del lettore sono completamente distinte) ed evolvendo verso l’opera aperta, libera, di intelligenza collettiva prodotta in auto-editazione sul web dove è possibile eliminare distinzioni, ruoli fissi e poteri di filtro (se non di censura) culturale ed editoriale.
I contenuti de L’architettura di pietra sono riversati, sia pur lentamente, nel tempo in internet per essere raggiunti e condivisi da quanti non possiedono il libro. Testi ed immagini, nel loro rifluire in internet, si destrutturato e si disaggregano rispetto alla dispositio lineare, sequenziale, logica del libro e si ridistribuiscono (archiviandosi senza più limiti di capitalizzazione quantitativa) insieme a quelli del tutto nuovi prodotti dagli altri co-autori coinvolti progressivamente nel progetto di intelligenza collettiva promosso in rete
Le idee si prendono così la loro rivincita rispetto alla “dolce tirannia” del dispositivo chiuso e concluso del libro, rinascono senza perdere le acquisizioni raggiunte, ricercandone altre attraverso forme aperte di produzione intellettuale di natura cooperativa.

Alfonso Acocella

1 Umberto Eco, “Perchè si amano, si desiderano, si collezionano i libri?”, Repubblica 16.9.2006 (ed. or. 2001).
2 Guglielmo Cavallo e Roger Chartier, “Rivoluzioni” p. XXXIII in Guglielmo Cavallo e Roger Chartier (a cura di), Storia della lettura, Bari, Laterza, 1999, pp. 474.


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