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13 Settembre 2010

Pietre d`Italia

GIOCHI GEOMETRICI IN PIETRA SERENA
La ricerca brunelleschiana: dalla Sacrestia Vecchia alla Cappella Rucellai


Veduta parziale della Cappella Pazzi. Firenze, piazza Santa Croce (foto: Sara Benzi)

L’ossatura strutturale in pietra serena, simulata o portante, affiancata a nitide superfici murarie intonacate di bianco definisce quelle che sono le opere architettoniche più importanti dei decenni centrali del Quattrocento fiorentino. Brunelleschi la propone come struttura sintattica di un nuovo linguaggio costruttivo che sviluppa attraverso successive e progressive trasformazioni. La pietra grigio-azzurrina delle colline limitrofe alla città si modella in colonne, mensole e architravi portanti piuttosto che in paraste, cornici e modanature che dettano la composizione di quelli che, attraverso i secoli, diverranno i simboli della Firenze rinascimentale.
Una visita virtuale attraverso alcune di queste opere potrà aiutarci a meglio comprendere l’originalità e l’efficacia del nuovo utilizzo dell’arenaria grigia che, successivamente a Brunelleschi, verrà interpretato da inediti maestri e da nomi illustri come Leon Battista Alberti, Bernardo Rossellino e Michelozzo.
Le tipologie architettoniche all’interno delle quali sono classificabili tali opere definiscono particolari utilizzi del linguaggio brunelleschiano che, tuttavia, rimane costantemente fedele ai paradigmi che compongono il nuovo dizionario architettonico.
La cappella sacra quale aula indipendente annessa alla chiesa, votata a un santo o dedicata alla sepoltura dei membri di una famiglia, si presta allo sviluppo di interessanti esercizi compositivi volti alla definizione di un ambiente completo di tutte le sue componenti. L’assemblaggio di elementi lapidei a simulazione dell’ordine architettonico ha così modo di sperimentare svariate combinazioni andando a imitare gli elementi verticali alla base del vano e sostenenti la sua copertura nella cui struttura partecipano a loro volta elementi lapidei.

La Sacrestia Vecchia di San Lorenzo


Sacrestia Vecchia di San Lorenzo. Firenze, piazza San Lorenzo (foto tratta da: Arnaldo Bruschi, Filippo Brunelleschi, Electa, Milano, 2006, p. 86)

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Se non si è certi che i conci di pietra serena utilizzati per la costruzione della Sacrestia Vecchia di San Lorenzo provengano dalla cava di Trassinaia ubicata sul poggio di Vincigliata e fonte del materiale adoperato dal Brunelleschi per la maggior parte delle sue opere, è facile affermare che questi compongano l’intero disegno dell’ambiente andando a creare, con le parole di Arnaldo Bruschi, un “congegno visivo/sintattico”1.
La campata quadrata, modulo di base dell’architettura brunelleschiana, viene qui coperta da una cupola a creste e vele che sarà riproposta nella più tarda Cappella de’ Pazzi.

L’invenzione della cupola a creste e vele – scrive Roberto Gargiani – corona un programma teso a monumentalizzare la sola ossatura in pietra serena che crea una geometria così assoluta e forte da escludere i cicli di affreschi delle precedenti sagrestie2.


Vista zenitale della cupola a creste e vele affiancata alla cupoletta della scarsella. Sacrestia Vecchia di San Lorenzo, Firenze, piazza San Lorenzo (foto tratta da: Bruschi, op. cit., p. 93)

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Sobrietà e chiarezza formale, quindi, contribuiscono alla scarsa partecipazione della componente ornamentale e alla sottolineatura della corrispondenza e continuità delle membrature lapidee secondo precise relazioni geometriche e proporzionali che rendono l’edificio il risultato di una vera e propria unità organica, nella quale il muro è concepito come superficie astratta strutturalmente passiva.
Gli elementi verticali in pietra sono paraste scanalate e rudentate che spesso, negli ambienti aperti verso l’esterno, vengono affiancati a colonne polite in cui viene esaltata l’assenza di commettiture, caratteristica dei fusti in pietra serena3. La scanalatura del fusto delle paraste che ritmano le pareti della Sacrestia contribuisce invece a creare un contrasto chiaroscurale capace di far risaltare l’ordine rispetto al muro, apparente tamponamento delle pareti.


Parasta angolare, trabeazione e cornici in pietra serena della Sacrestia Vecchia di San Lorenzo, particolare. Firenze, piazza San Lorenzo (foto tratta da: Bruschi, op. cit., p. 97)

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La Sacrestia, edificata probabilmente a partire dal 1422, si compone quindi di due ambienti costruiti secondo lo stesso impianto compositivo, basato sulle forme del quadrato e del cerchio. La sala principale, affiancata dalla piccola scarsella, è formata da un parallelepipedo di base virtualmente delimitato da quattro pilastri con 24 scanalature ciascuno, rappresentati da paraste lapidee piegate agli angoli e sostenenti, insieme a tre mensole per lato, una trabeazione su cui poggiano quattro arconi filiformi sormontati dalla grande cupola suddivisa in spicchi da “creste” di pietra serena4.
La struttura è quindi risolta dalla trama delle membrature in pietra che determinano, attraverso una serie di tangenze, anche la posizione degli altri elementi architettonici: le finestre, i medaglioni, le nicchie nel vano dell’altare.
La lanterna al di sopra della cupola è interamente costituita da conci di pietra serena; le colonnine sorreggenti la cuspide e le loro basi sono scolpite nel medesimo blocco litico.


Mensola sorreggente una trabeazione della Sacrestia Vecchia di San Lorenzo. Firenze, piazza San Lorenzo (foto tratta da: Bruschi, op. cit., p. 96)

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La Cappella Barbadori in Santa Felicita

Nel corso degli stessi anni Brunelleschi progetta e realizza anche la Cappella Barbadori in Santa Felicita, oggi semi distrutta. Il vano, aperto su due lati, è nuovamente impostato sul modulo della campata quadrata che, questa volta, ha uno spigolo libero. Qui Brunelleschi introduce la semi-colonna ionica addossata al pilastro corinzio scanalato che si risolve in un “filo” di pietra nell’angolo di confluenza dei due lati tamponati, in un semipilastro nei due angoli adiacenti e in un pilastro nell’unico angolo libero.
La composizione segue la logica costruttiva secondo la quale le colonne devono sostenere archi e i pilastri trabeazioni.


Cappella Barbadori, restituzione asonometrica della situazione originaria e soluzione angolare delle paraste ioniche tuttora esistenti. Chiesa di Santa Felicita, Firenze, piazza Santa Felicita (foto tratta da: Bruschi, op.cit., p. 83)

La Cappella de’ Pazzi
Tra gli anni Venti e gli anni Trenta del Quattrocento Andrea de’ Pazzi incarica Filippo Brunelleschi della costruzione della cappella di famiglia presso il complesso di Santa Croce, che verrà edificata a partire dagli anni Quaranta e terminata dopo la morte del maestro. Brunelleschi, sul modello della precedente Sacrestia Vecchia, progetta un’aula la cui composizione parietale e le cui volte di copertura sono ancora una volta dettate da una combinazione di elementi lapidei che ne simulano la struttura.


Cappella de’ Pazzi. Firenze, piazza Santa Croce (foto: Sara Benzi)

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Rispetto alla precedente cappella, la composizione architettonica e decorativa diviene maggiormente articolata. Se l’impianto della scarsella rimane simile al precedente, il cubo centrale, coperto dalla cupola a creste e vele, è affiancato da due parallelepipedi coperti con volte a botte cassettonate. L’inserimento di una campata pari alla larghezza dei due vani laterali comporta l’utilizzo di una serie di paraste, mensole e architravi capaci di arricchire in maniera determinante il tono decorativo dell’ambiente5.
Nella Cappella de’ Pazzi si nota che la linearità di Brunelleschi nell’utilizzo della pietra serena non esclude il ricorso a forme naturalistiche che, in maniera accentuata, vengono sviluppate nel portico esterno portato a termine, forse da Michelozzo o Rossellino insieme alla cupola, tra il 1459 e il 1461, in seguito alla morte di Filippo. Qui la pietra serena si modella in fiori, corone vegetali e conchiglie che, grazie alla sapiente maestria di Luca della Robbia, vengono affiancate alla vivacità cromatica della ceramica invetriata del rivestimento della cupoletta centrale.


Cupola del portico della cappella de’ Pazzi, piazza Santa Croce (foto: Sara Benzi)

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La Cappella Rucellai e la Badia Fiesolana come esempi di sperimentazione compositiva
La conoscenza di queste tre opere brunelleschiane ci permette un tentativo di comprensione di quale sia stata l’interpretazione del nuovo liguaggio architettonico da parte degli architetti successivi al maestro e, di conseguenza, di come sia proseguito l’impiego della pietra serena nell’architettura fiorentina. Sebbene nel corso della seconda metà del Quattrocento la varietà nell’utilizzo del nuovo codice sintattico sia stata relativamente ampia, un parziale tentativo di lettura ci è dato dall’osservazione di due opere, la Cappella Rucellai edificata in fasi successive dall’inizio del Quattrocento e condotta allo stato attuale dal 1457 circa, e la Badia Fiesolana costruita tra il 1461 e il 1467.


Interno della Cappella Rucellai, Chiesa di San Pancrazio Firenze, piazza San Pancrazio.

Nella Cappella Rucellai, una cella rettangolare coperta con volta a botte, viene ignorata la struttura statica della volta proseguendo su di essa ciò che avviene sulle pareti verticali. Le paraste in pietra serena che ritmano le pareti dell’ambiente e che sorreggono virtualmente la trabeazione continua su cui poggia la volta, proseguono infatti su di essa formando archi di pietra privi di valenza strutturale.
Il maestro della Badia Fiesolana mostra invece di conoscere e superare la lezione brunelleschiana sopprimendo le parti superflue dell’ossatura strutturale rappresentata dalla materia litica.
Ai piedi della collina di Fiesole, la Badia Fiesolana si presenta come volume compatto formato da solidi blocchi di pietraforte e arricchito, in facciata, da un inserto bicromo in marmo bianco e verde al centro del quale si ritaglia l’ingresso principale della chiesa. È al suo interno che l’edificio, attraverso l’utilizzo della pietra serena, sottolinea il proprio impianto a croce latina. Lo spazio sembra delimitato da candidi teli tesi agli spigoli da fasce grigio-azzurre modellate in paraste e cornici che seguono l’andamento degli archi. Ma qui la simulazione di un’ossatura strutturale in pietra proposta da Filippo viene resa essenziale dando spazio a pilastri rappresentati da paraste d’angolo solo in corrispondenza della crociera coperta con una volta a vela e non, quindi, lungo la volta a botte della navata, poggiante su imposte continue e non su singoli punti.


Interno della Badia Fiesolana, San Domenico, Firenze

Dalla seconda metà del Quattrocento, quindi, la nuova architettura fiorentina tende a sperimentare tutte le possibilità offerte dal nuovo linguaggio compositivo e materico sviluppatosi nel corso dei decenni centrali del secolo. Il tardo Rinascimento cinquecentesco si preparara al proprio singolare sviluppo, nel quale la pietra serena continuerà a fare da protagonista.

di Sara Benzi

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1 Lo stesso Arnaldo Bruschi, in Filippo Brunelleschi (Electa, Milano, 2006, p. 56) scrive:
“In generale, nell’architettura europea di età romanica e altogotica […] si tendeva a recuperare un nuovo tipo di connessione tridimensionale delle varie parti dell’edificio mediante il chiarimento e l’articolazione dell’impianto spazio-strutturale e la continuità delle sue membrature costitutive portanti. A Firenze, invece, la riorganizzazione sintattica delle strutture nello spazio tendeva a essere recuperata ed espressa soprattutto attraverso il “disegno” delle membrature apparenti, di ascendenza classica e costruttivamente verosimili ma non necessariamente coincidenti con quelle realmente portanti, secondo una propria logica visiva in rapporto all’immagine d’insieme”.
2 R. Gargiani, Principi e costruzione nell’architettura italiana del Quattrocento, Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 9. Ancora Gargiani, a p. 26 dello stesso testo scrive:
“L’assenza di pitture a fresco sul rivestimento d’intonaco a calce fa sì che tutti i pezzi di pietra serena perdano il valore di cornici e definiscano una ossatura “morta” di cui fanno parte anche le cornici sopra la trabeazione muraria, sottili e arcuate, lungo i raccordi tra lunette e pennacchi”.
Per un approfondimento sul tema si veda anche Arnaldo Bruschi (op. cit., pp. 95 e sgg.).
3 A differenza della pietra serena la pietra forte, ampiamente utilizzata a Firenze, non può essere cavata in lunghi monoliti.
4 Il cubo che, salendo, si trasforma gradualmente in cupola semisferica, rappresenta simbolicamente il moto ascensionale delle anime del committente dell’edificio Giovanni di Averardo, detto Bicci, de’ Medici, e di sua moglie Piccarda Bueri.
5 Cfr. A. Bruschi, op. cit., p. 124.

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