29 Gennaio 2007
Principale
5earths+1form
Penso che il lavoro dell’Agenzia 5+1AA sia il più interessante dell’attuale panorama architettonico italiano. Di recente le sue architetture sono sorte, ora si stanno eseguendo, usciranno presto dal cantiere, lungo la linea di confine. (E, prima o poi, quel tanto o quel poco di immagine ingannevole svanirà, ineffabilmente, ma sparirà dall’orizzonte della linea di confine.)
Il bello è che il limite si ridefinisce di continuo, tra entità allotrope, disomogenee, differenti. Per esempio, il Nuovo Centro Espositivo cresce, tra Milano e ciò che Milano non è. Per altro esempio, l’ex-cinematografo Embassy è rifunzionalizzato, tra l’uso della materia opaca e la messa in opera della materia trasparente. Ancora, il MOdAM è teso, tra la conservazione e la creazione. Così, la Torre Landmark resta magra dall’est all’ovest, svettando sopra l’asta dal nord al sud. Così, il Palazzo dei Frigoriferi_Frigoriferi Milanesi sta introverso, tra il sè stesso coloristico e la città pulsante. Così, il Low Emission Building a Vado si accende della luce incidente e della luce riflessa, entrambe provenienti dalla fonte misteriosa_si direbbe situata nel dipinto magicorealistico ovvero nella prosa d’arte asciutta degli anni venti, trenta, quaranta, persino cinquanta del secolo scorso. E così via.
Nel Paese occidentale, gettato a ponte dal nord al sud, onusto di architettura città territorio, eppure mancante di reti tecnologiche veramente efficienti e deficitario di luoghi e alloggi autenticamente abitabili, queste architetture valgono ad esprimere la ragione e il sentimento della ricerca urgente? O forse occorre riprendere i tentativi della poesia europea novecentesca minimamente sperimentale, e reificare l’architettura, cioè tendere ad oggetti, che di quella ragione e di quel sentimento siano i correlativi oggettivi?
Penso di sì, che sia necessario.
Non a caso, nell’occasione della mostra alla Whitecross Gallery, 5+1AA commissiona al plasticatore l’esecuzione delle miniature di terracotta delle opere architettoniche. Ancora meno incidentale che gli oggetti, i correlativi oggettivi, siano spostati anch’essi al limite, nel caos sottile delle cose. (E dire che nell’insieme la poetica di 5+1AA si segnala per essere assai poco caosistica!)
Là, sulla spiaggia, potrebbero restare, sino a farci ricordare gli ossi di seppia, cose naturali, anzi metafore liriche per il poeta ligure Eugenio Montale del 1925, campione dell’espressione laconica novecentesca. E invece sono portati alla Whitecross Gallery a costituire i pezzi della mostra a tesi, quasi a manifesto del neorealismo magico, cui 5+1AA mai rinuncerebbe. Là, nel terrain vague, potrebbero abbandonarsi, assimilabili a splendidi rottami porosi. Invece vengono messi in posa e ritratti. Notevoli ritratti fotografici (uno cita dall’immortale foto di Walker Evans, Farmer’s kitchen, 1935), i quali vanno a costituire altrettante icone. A loro volta le icone, anzi i correlativi iconici, sono avviati a comporre il catalogo dell’esposizione londinese, se non a disporre l’album analogo all’infolio curato da Edoardo Persico. (Mitica strenna dell’annata 1935 di “Domus”, intitolata Arte Romana, dove le immagini fotografiche delle sculture augustee erano la spia vitale della tendenza, contemporanea con lo spirito dell’adesso.)
Vittorio Savi