16 Gennaio 2007
Appunti di viaggio
Più di Apuleio potè il Canova
Louvre. Amore e Psiche di Antonio Canova
Nell’epoca in cui i musei devono essere interattivi, pluridisciplinari, multifunzionali, bookshoppizzati io, devo ammetterlo, amo il museo ottocentesco.
Amo il museo che fa parlare silenziosamente l’opera, che lascia alla luce il compito di commentarla; amo i morbidi toni ècru delle pietre del Louvre, la tolleranza garbata del personale di turno.
E mentre mi commuovevo di fronte alla passione di Amore e Psiche, mentre venivo sedotto dalla traslucenza dello Statuario, così, senza bisogno di audioguida all’orecchio e nell’assoluto isolamento dalla folla, sentivo crescere una sensazione di imbarazzo, di intrusione tra l’intimità degli amanti.
Louvre. Corte dell’ala Richelieu
La forza dell’opera che pulsava nel candido cristallino Apuano produceva allo stesso tempo ammirazione e timore.
La giornata era già ben spesa, anche se solo da poche ore a Parigi, ero già sazio.
Volendomi fare del male il giorno seguente sono andato al nuovo Musèe Quai Branly, scritto e interpretato da Jean Nouvel.
Mirabolanti soluzioni tecnologiche, pareti vegetali da foresta pluviale, rivestimenti di cuoio, muri di vetro spiaccica-passeri.
All’interno, in una penombra da lounge bar, tutti i manufatti del mondo tribale riaccreditato ad autentica espressione artistica: praticamente quello che una volta si vedeva nei musei missionari.
In questo caso, l’unico modo per ridare senso alla giornata poteva essere assolto in un bistrôt.
Un caro saluto.
Damiano Steccanella
Musèe Quai Branly
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