3 Marzo 2010
Design litico
Tavoli Delfi
Marcel Breuer, Carlo e Tobia Scarpa
l nuovo Delfi.
Con la scelta del cristallo in luogo del piano d’appoggio totalmente coprente, Tobia Scarpa è protagonista di un rinnovamento dai molti significati dello storico Delfi di Marcel Breuer e Carlo Scarpa, per Simon – gruppo Estel. Il progettista ha infatti svelato un segreto, mettendo a nudo il dettaglio di fissaggio fra sostegni e piano d’appoggio, offrendo inoltre definitiva visibilità ai perni in ottone di collegamento fra montanti verticali e piano orizzontale del tavolo. Tobia Scarpa, così facendo, ha pure portato alla vista ed in risalto la precisa foggia scultorea degli stessi sostegni, eliminando l’effetto di nascondimento del piano orizzontale lapideo. Lo spazio in cui il mobile è inserito ne guadagna in dimensione percepita. Le colonne portanti del tavolo, confermate nella loro forma e dimensione, sono definitivamente consacrate a rappresentare una fase storica fondamentale per quest’importante scrivania direzionale e per il design tutto.
Ancor più, il designer ha rinnovato ulteriormente il carattere di questo tavolo, già portato in modi significativi oltre il moderno, per così dire, da Carlo Scarpa, che lavorò sui sostegni verticali del precedente disegno concepito da Marcel Breuer. Ora è consegnato ad un’epoca successiva del disegno industriale, con il nuovo intervento sul piano.
La recente versione del Delfi con piano in cristallo arricchisce le possibilità dimensionali del precedente rettangolo d’appoggio, aggiornandole ai 220 x 110 cm, oppure ai 260 x 102 cm, od anche ai 306 x 102 cm, ovvero alla versione di forma curvilinea “elistella” dai massimi ingombri pari a 213 e 163 cm.
L’originario Delfi già di Breuer prima di Carlo Scarpa, aveva estensioni caratteristiche del piano pari a 90 x 180 cm, con 2 soli piedi occupanti in pianta 30 x 30 cm. Passò ai 90 x 220 cm, con i due piedi caratterizzati dalla scanalatura sul fianco e dalla feritoia centrale capace di moltiplicare e raddoppiare a 4 gli appoggi. Sono questi ora proposti nelle tradizionali due versioni lapidee, in marmo di Carrara bianco Gioia ed in pietra di Vicenza bianca. Il prototipo in pietra di Vicenza è realizzato e lavorato dai laboratori Morseletto.
In principio, il Delfi venne concepito negli anni ’30 da Breuer. Al Bauhaus aveva approfondito la fondamentale ricerca sui mobili da produrre industrialmente, affrontando il tema sia degli aspetti tecnologici, sia stilistici. Breuer lo regalò a Dino Gavina per la sua nuova casa in via Garibaldi a Bologna; Gavina concesse a Carlo Scarpa alcune rielaborazioni sull’originale, particolarmente interessate all’alleggerimento formale e materiale dei sostegni monolitici. La scrivania così fatta entrò a far parte della collezione Ultrarazionale di “Simon International”, l’azienda fondata nel 1968 dopo che già nel 1960 era nata la “Gavina” presieduta da Carlo Scarpa.
Il nodo fra piano e sostegni.
La collezione Ultrarazionale, come è già stato codificato dalla critica, è un vero e proprio programma. A ridosso degli anni ’60 di secolo scorso, Scarpa con Gavina sente l’esigenza di spingersi finalmente oltre il razionale del Movimento Moderno. Si fa così promotore di una rivisitazione dei suoi principi e delle caratteristiche del suo linguaggio, per un superamento.
La consacrazione, in forma di tavoli, si lega ai modelli Doge, del 1968-69, Delfi, ancora del 1968-69, e Valmarana del 1971; segue nello stesso anno Orseolo. Emblematici risultano i primi tre, particolarmente per le scelte materiche: acciaio e vetro per il primo, in pietra il secondo, di legno il terzo, come a volersi cimentare col tema del tavolo sostenendo la prova nei principali materiali, ogni volta diversi.
Dino Gavina, intraprendente mecenate dell’arredo, aveva intuito i limiti del razionalismo moderno. In ambito disciplinare già Louis Kahn aveva del resto intrapreso questa fase, rielaborando Sullivan, Mackintosh, Hoffman. Per Scarpa il gesto fu quasi naturale e conseguente alle sue note rielaborazioni poetiche di Wright. Solo gli anni ’70 riuscirono comunque a decretare in modo conclamato la bontà dell’intuizione, il superamento che Ultrarazionale aveva attuato già dalla fine degli anni ’50. L’azione pure segnò il rilancio del design italiano, che si stava in effetti arenando su fatti di quantità. Ad Ultrarazionale seguì Ultramobile nel 1971, poi Metamobile nel 1974. Di queste, la prima invocava la necessità che l’opera d’arte – di design – fosse funzionale, di utilità certa, e ne propose in serie numerate e limitate; la seconda si orientò invece all’azione sociale, spostando così l’orizzonte della produzione ad oggetti semplici che ciascuno potesse fabbricarsi da sé, come nel caso del tavolo Quatour sempre di Carlo Scarpa.
Carlo Scarpa lasciò l’Accademia d’Arte a Venezia nel 1926, continuando le proprie frequentazioni delle botteghe e dei maestri vetrai. Tobia suo figlio lavorò precocissimo con Gavina, in parallelo al padre, già dalla fine degli anni ’50. Si laureò nel 1969, ottenendo in quello stesso anno il compasso d’oro per la sedia Soriana.
Lo storico Delfi di Breuer e Carlo Scarpa.
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