26 Febbraio 2010
Design litico
La questione del “sottile”: evoluzione degli strati in termini di spessore
I materiali da costruzione si inseriscono a vari livelli nella dialettica tra materia e tecnica, secondo requisiti di tipo formale, funzionale e tecnico, mettendo il progettista di fronte ad “elementi” che presentano differenti proprietà: da un lato, la scelta del materiale ha relazioni dirette con la sfera della cultura materiale e dell’immaginario simbolico, dall’altro tale scelta ha a che fare con la definizione del sistema fisico, in termini di configurazione della morfologia dei suoi componenti e controllo delle reciproche relazioni.
Il processo di complessificazione della materia in atto nell’ambito delle componenti d’involucro, tuttavia, da qualche tempo sembra porre le basi per un rinnovato rapporto con il materiale per l’architettura: i trattamenti superficiali da sempre utilizzati per migliorare alcune prestazioni dei materiali hanno acquisito caratteristiche funzionali tali da rappresentare un vero e proprio percorso evolutivo: quello di materiali funzionalizzati per sovrapposizione di strati. Questo processo, praticato fin dall’antichità, rappresenta una trasformazione silente ma dalle proporzioni enormi. È silente, poiché queste trasformazioni della materia appaiono spesso “immateriali”: in un settore -quello delle costruzioni- dove tutto si misura in termini di spessori e peso, gli strati di finitura sembrano non misurabili, in quanto spesso invisibili e impalpabili.
Quanto alle proporzioni di tale percorso evolutivo, esse sono enormi, poiché mettono in gioco il modo stesso di pensare la superficie dell’involucro edilizio.
Se, intuitivamente, la superficie di un oggetto è il luogo dei punti in cui finisce il materiale di cui l’oggetto è fatto e comincia l’ambiente esterno, o interno, e deve quindi affrontare molti tipi di sollecitazioni e aggressioni, nella realtà di fatto avviene che la stragrande maggioranza dei manufatti subiscano varie forme di trattamenti superficiali che riqualificano l’ultimo strato del materiale per renderlo adatto a sostenere le sollecitazioni dell’ ambiente esterno e rispondere a maggiori prestazioni, e ciò avviene soprattutto per l’involucro edilizio. Materiali come la pietra, il vetro, la ceramica, l’acciaio inossidabile ed alcuni altri metalli e leghe hanno, di fatto, la capacità di essere impiegati ed esposti agli agenti ambientali senza particolari modificazioni della loro superficie, grazie alle loro caratteristiche intrinseche di inerzia agli agenti aggressivi (chimici, fisici, biologici), durezza, lavorabilità superficiale; tuttavia, questi materiali rappresentano un’eccezione rispetto alle numerose situazioni in cui si rendono necessari interventi di modifica, protezione, trattamento della superficie.
“Rovesciando il punto di vista, si può dire che , se veramente la superficie di un oggetto è l’ultimo strato di un materiale che continua con le stesse proprietà verso l’interno, in definitiva ci troviamo di fronte ad uno spreco. Non a caso la natura (che tende all’economia), ha dotato gli organismi più complessi di una pelle, cioè di un organo specializzato nel ruolo di interfaccia tra interno ed esterno.” 1
Rinunciando alla massa in favore di nuove sinergie con materiali differenti, i materiali per l’involucro subiscono da tempo una metamorfosi, che porta di fatto ad una nuova concezione della superficie rispondente alla sua funzione di interfaccia tra interno ed esterno, comprendendo quindi le qualità dinamiche che vi si concentrano: dall’idea di un limite inespressivo, statico della materia, si giunge all’idea di superficie come interfaccia tra due ambienti, divenendo essa stessa un componente dell’oggetto in grado di mediare tra interno ed esterno e di produrre autonomamente una gamma di prestazioni.
da limite modificato…a entità aggiunta 2
Data dunque l’importanza della superficie come sede di molte diverse funzioni, in termini generali, si può affermare che il modo di concepirla possa essere di fatto ricondotto a due processi fondamentali: la modifica del limite, o lo strato aggiunto.
Possiamo ricondurre il processo di modifica del limite alle operazioni di trasformazione della superficie di un oggetto attraverso la manipolazione più o meno spinta del materiale che lo costituisce. In questo caso potremo avere la formazione di una epidermide superficiale con caratteristiche chimico-fisiche nuove, ma creata a partire dallo stesso materiale del substrato.
La superficie aggiunta comprende invece i processi in cui la superficie è ibridata con l’intervento di un altro materiale, una pelle aggiunta al sostrato, applicando quindi trattamenti realizzati con sostanze o processi diversi da quelli che ne costituiscono il supporto, ma in modo da risultare stabilmente fissati ad esso. Un componente bidimensionale in grado di ricoprire un oggetto può essere prodotto in molti modi differenti, dal più tradizionale (che vede l’impiego di vernici, pitture, smalti o metallizzazioni), ai processi che aggiungono “in parallelo” la futura pelle: i processi di laminazione, di termoformazione di alcuni film plastici, di deposizione, di stampa, di elettrodeposizione o di rivestimento applicato in diversi altri modi.
La famiglia dei film e coating funzionalizzati 3 appartiene a questa grande categoria: sotto la forma di membrane sottili, spesso flessibili, costituite al loro interno da una stratificazione di diversi materiali, questi rivestimenti rappresentano una pelle che dal punto di vista strettamente fisico, della consistenza dimensionale dell’involucro, si accosta attraverso diversi tipi di lavorazione al materiale di supporto, a volte in maniera da non modificare, almeno in apparenza, il sistema; questo accostamento, tuttavia, dal punto di vista delle prestazioni e delle relazioni che la nuova pelle può instaurare con l’involucro come sistema, rappresenta uno strumento dal potenziale enorme, ed un campo che ha ancora molto da indagare per le possibili integrazioni all’architettura. La pelle diviene strumento dinamico e reattivo, in grado di regolare il flusso luminoso o termico che lo attraversa, in grado di veicolare informazioni, suoni, impulsi luminosi, in grado di modificarsi, insomma, insieme all’ambiente circostante.
La Pietra: limite modificato e superficie aggiunta
“Così si stabilisce un divorzio tra le materie dell’arte e le materie della natura, anche se unite tra loro da una rigorosa convenienza formale. S’assiste allo stabilirsi d’un ordine nuovo. Sono due regni, anche se non intervengono gli artifici e la fabbrica. Il legno della statua non è il legno dell’albero; il marmo scolpito non è più il marmo della miniera; l’oro fuso è un metallo inedito; il mattone, cotto e messo in opera, è senza rapporto con l’argilla della cava. I colori, l’epidermide, tutti i valori che agiscono otticamente sul senso tattile, sono cambiati. Le cose senza superficie, nascoste dietro la scorza, interrate nella montagna, bloccate nella pepita, inglobate nella mota, si sono separate dal caos, hanno un’epidermide, aderito allo spazio ed accolto una luce che la lavora a sua volta. Anche se il trattamento subito non pure ha modificato l’equilibrio ed il rapporto naturale delle parti, la vita apparente della materia s’è trasformata.” 4
L’impiego di una tecnica che trasformi la materia arricchendone le prestazioni mediante l’applicazione di strati successivi si inserisce nella strategia di funzionalizzazione dei materiali a scopo protettivo o ornamentale che sin dall’antichità non teme di modificare il derma del materiale naturale (fra le tecnologie antiche, i casi più noti sono quelli della colorazione, della laccatura, dell’applicazione di smalti vetrosi);
certo, è evidente che di fronte alle esigenze esplicitamente definite dal progetto, invece di elaborare una risposta sul piano globale del sistema materiale-tecnica, spesso si circoscrive la risposta al materiale da costruzione, che è solo una delle parti che lo compongono: accade così che i materiali da costruzione, divenuti a tutti gli effetti dei prodotti da progettare e produrre secondo specifici vincoli tecnici, economici o qualitativi, sono spesso chiamati a ricoprire il vuoto di progetti dall’impianto spaziale e tettonico debole.
“l’architettura di oggi presenta una sottigliezza che, però, ha uno strano spessore” 5
Un materiale come la pietra, si è detto, possiede già caratteristiche intrinseche tali da renderla adatta ad essere impiegata senza particolari modificazioni della sua superficie, e, per lo specifico di questo materiale, si sono sviluppati soprattutto rivestimenti protettivi sempre più avanzati, in grado di modificare quasi impercettibilmente l’aspetto, ma migliorando sensibilmente alcune prestazioni, soprattutto legate alla resistenza del materiale esposto agli agenti atmosferici (es. il caso dei prodotti idrofobizzanti a base di silano, la cui azione consiste nel modificare la “pelle” dei materiali in costruzione sui quali vengono applicati, in strato così sottile da non cambiare l’aspetto ed il colore originale del substrato. L’effetto sull’epidermide di questi materiali, dopo il trattamento con i silani, consiste nella variazione del comportamento nei confronti dell’acqua: da materiali idrofili si trasformano in materiali idrofobi). Nell’evoluzione di questi trattamenti protettivi, già impiegati comunemente, si sono sviluppati sistemi nano strutturati avanzati, impiegati per la conservazione di manufatti di valore archeologico e artistico. Infine, accanto a questi trattamenti, più specificamente protettivi, anche nell’orizzonte litico sembrano profilarsi trattamenti superficiali funzionalizzanti: superfici attive in sé, in grado di conferire proprietà antimacchia, antiacido, antibatteriche o puramente estetiche all’elemento lapideo.
Valeri Zacchei
Note
1 MANZINI Ezio, La materia dell’invenzione, Milano, Arcadia, 1986, p..183.
2 MANZINI Ezio, La materia dell’invenzione, Milano, Arcadia, 1986, pp..185-186.
3 “Un promettente campo di sviluppo è rappresentato dagli Strati Funzionalizzati, che possono essere usati per raggiungere specifiche prestazioni in termini di trasmissione luminosa e di isolamento termico; questi strati consistono sia di film, che di coating (…) i film sono spesso realizzati con materiali plastici su cui sono depositati in vario modo uno o più strati di materiale reattivo alla radiazione solare (…) I coating sono strati sottili di metalli preziosi e/o ossidi, in grado di reagire sia al range di trasmissione della radiazione solare che alla sua intensità”
da: COMPAGNO Andrea, Intelligent Glass façade, Basel, Birkhausen, 1999, p. 41
4 FOCILLON Henry, “Le forme nella materia” p. 52 in Vita delle forme, Torino, Einaudi, 1990 (tit.or. Vie des Formes suivi de Éloge de la main, 1943), pp. 134 cit. in architetturapietra2.sviluppo.lunet.it
5 WITTE Ron, cit. in CUPIOLI Veronica, recensione a Immateriale/Ultramateriale