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21 Novembre 2006

Arte e Artisti Eventi

É luce nella montagna

In una cava seppellita nel cuore delle Alpi Apuane, l’enigmatica performance di una storica compagnia polacca

Light and Gravity è il titolo di una performance del gruppo di artisti polacchi Akademia Ruchu, andata in scena la sera del 20 Ottobre 2006 nella Cava Ravaccione di Carlo Dell’Amico a Carrara. L’evento è il frutto di una collaborazione nata fra l’Associazione Opera Bianca e il progetto interprovinciale di valorizzazione della pietra e dei territori, Pietre di Toscana a cura della Società Lucense.
Lo spettacolo ha chiuso con successo il cantiere d’arte LUOGO COMUNE, ideato e realizzato da Opera Bianca in collaborazione con la Provincia di Massa Carrara nell’ambito delle reti regionali Porto Franco e Tra Art
Qui di seguito sono pubblicati gli interventi di Maria Teresa Telara, Presidente di Opera Bianca, di Ivan Carozzi, giornalista che il giorno 20 Ottobre si trovava in cava in veste di spettatore, ed infine di Martina Angelotti, project manager della manifestazione

light_gravity_1.jpg
Nel vuoto lasciato da tonnellate di marmo bianco, maestosa stanza dentro la montagna, inizia con un suono ripetitivo, ipnotico la performance Light and Gravity.
Un uomo avanza dal fondo, quando è davanti al pubblico cerca di sollevare a fatica due pesanti lastre bianche su cui è scritta una frase: MA DOVE C’E’ IL MALE – LA’ CRESCE ANCHE LA SPERANZA.
Iniziano ad apparire dal buio della cava dei “blocchi” di luce, lanterne bianche cubiche trasportate con semplice sacralità da uomini e donne vestiti di nero. Lentamente le lanterne si disseminano nello spazio e lo invadono. Con i cubi luminosi viene eretto un muro a forma simbolica di piramide, un architettura dello spirito, e poi una frase: LUCE E’.
I performer avanzano di nuovo verso il pubblico trasportando questa volta sfere bianche con appoggiati sopra, come su vassoi, dei calici vuoti. Viene versato del vino rosso, le sfere vengono lasciate andare e volano in alto come palloncini da fiera riversando il contenuto dei calici al suolo.
Tre azioni semplici e lo spettacolo è finito, ma allo sguardo dei testimoni è stata offerta con estrema essenzialità una rappresentazione della trasmutazione dall’opaco al luminoso, dalla gravità alla leggerezza. Pochi segni di grande rigore formale hanno dialogato per quaranta minuti con la sacralità del luogo. E poichè esiste nella sfera simbolica un rapporto stretto fra l’anima e la pietra, in questa “cattedrale” di marmo la performance Light and Gravity è diventata, una sorta di sacra rappresentazione, di rito laico dove fare esperienza del mistero primordiale e delle leggi che governano il mondo: la luce e la gravità.
Percorrendo con il pulmino la lunga galleria che ci conduceva fuori dalla cava, un amica mi ricordava le parole di un grande maestro del teatro polacco che ripeteva spesso: “Le meilleur metteur en scène est Dieu”.

Maria Teresa Telara
Presidente di Opera Bianca

Eravamo un centinaio e siamo entrati nella montagna. Una volta dentro l’abbiamo trovata sbancata e illuminata a giorno. Enormi navate dalle pareti lisce, umide, che colano liquidi grigiastri. Siamo venuti per assistere ad uno spettacolo, come si usa dire, ma è il teatro che ci ha sorpresi. Una cava. Un luogo dove uomini e macchine hanno asportato per anni tonnellate di materia. L’hanno estratta e poi segata, lavorata, stoccata e infine dispersa per le vie del commercio, imbragata sui rimorchi degli autoarticolati, adagiata nella pancia di navi prodigio in viaggio per gli oceani. Un luogo dove non esiste campo e la telefonia mobile è chiusa in un cul de sac. Penetrare per centinaia di metri dentro la montagna e scoprirvi un antro così perfetto, distribuito in enormi sale cubiche o a pianta rettangolare, è stato come rivivere un mito ancestrale, una favola del lontano passato indoeuropeo. La montagna che si apre all’uomo. Chissà che cosa avrebbe pensato un antico di questa umidità, di questo incessante sudare e lacrimare della pietra. In questo spazio semplicemente epico, dove hanno lavorato operai, ingegneri, geologi, sottraendo polpa alla montagna, abbiamo assistito ad un evento che ci ha parlato di gravità, quella stessa forza cosmica che aggrega e schiaccia la materia sopra di noi, e poi di luce, quella degli astri che non può infilarsi qua dentro, ma che pure nutre la terra che ora ci rinchiude, che nutre le piante e le radicelle che da sempre tengono la massa ferma e compatta.
‘Light & gravity’ è il titolo dello spettacolo. Un numero di teatro performance che la compagnia polacca ‘Akademia Ruchu’ ha messo in scena in una notte di metà ottobre, ospite di ‘Luogo Comune’, cantiere d’arte contemporanea organizzato da ‘Opera Bianca’ Associazione Culturale e dalla Provincia di Massa Carrara. Circa un centinaio di spettatori, nei quali mi sono mescolato. Siamo montati sulle navette messe a disposizione dagli organizzatori, nel piazzale vicino la cava romana di Fantiscritti, e come talpe siamo penetrati nella cava Ravaccione, attraverso il reticolo di gallerie e ventricoli che conducono nell’interno di questo massiccio delle Alpi Apuane, alle spalle della città di Carrara. Abbiamo sentito le gomme dei bus affondare nella fanghiglia e scivolare sicure nella semioscurità, fino a quando non è apparsa una macchia di luce artificiale. Fino a quando, più vicini, la luce si è fatta ampia ed ha rivelato lo spazio enorme e deserto che ci aspettava. Ecco una basilica minerale, la chiesa operaia ricavata nel corpo della montagna. Qui dentro c’era il marmo, prima che scavassero. E ne resta ancora moltissimo. E infatti è un’unica piattaforma di marmo il piano gigantesco che stiamo calpestando. I bastioni che fanno eco al nostro passaggio, sono di marmo. Ce n’è fino al centro della terra, mi dirà in seguito il padrone di questo posto. In un angolo l’escavatrice dai pneumatici alti come un uomo, attrezzi buttati in un altro cantone, a formare una cappa, e qua e là le sculturine e i bassorilievi che i cavatori ogni tanto si divertono a scolpire. Perchè vivere in questo luogo deve avergli acceso qualche visione nella mente, qualche immagine folgorante. Ho visto cristi, madonnine, rudimentali crocifissi abbozzati su lastre e macigni. Pezzi d’artigianato religioso a vegliare sul ventre della terra, ad alleviare la pena della claustrofobia e del combattimento con la roccia. Ma non meno dei crocifissi e delle madonne, sono gli scarti di marmo, gli attrezzi scheggiati, il legno, che immersi in quest’aria povera e spettrale sarebbero piaciuti molto ad Alberto Burri e a Jannis Kounellis.
Prima dello spettacolo Teresa Telara di ‘Opera Bianca’ e Lanfranco Binni, dirigente della Regione Toscana, hanno impugnato il microfono e pronunciato un breve discorso di ringraziamento. Hanno citato gli enti promotori del progetto, illustrato le finalità della manifestazione, ringraziato i presenti. Strano qua dentro sentire la parola dell’uomo. Di un funzionario della Regione. Strano ascoltare un prodotto classico della civiltà come quello dell’orazione pubblica proprio qui, dentro la terra, con trecentocinquanta metri di monte sopra la testa. Teresa che parla, Lanfranco che spiega, il pubblico che ascolta la voce umana propagarsi in questa bolla di marmo. Dove l’uomo si è fatto largo con la violenza prometeica delle macchine. Centinaia di scarpe che intanto sciabordano nel fango, producendo piccole eco che fanno ping pong fra le pareti. Ad un tratto mi è sembrato di assistere ad una di quelle scene consegnate dalle cronache, in cui il grande esploratore, appena toccata la sponda di un nuovo continente, arringa l’equipaggio con un apologo sulle tappe dell’evoluzione umana e di seguito conficca una croce nella sabbia.
Sembra di stare su Krypton, il pianeta di Superman, ha detto mio cognato. Qui è tutto bianco, umido e caliginoso. Una grande nebbia fatta di pietra e superfici che avanza da ogni lato. Il pubblico si sposta verso il salone attiguo dove sta per andare in scena ‘Light & gravity’. Ci disponiamo di fronte al piano profondissimo che farà da ribalta allo spettacolo. Il tempo di scattare qualche foto e si leva la fantascientifica pulsazione di un sintetizzatore, un vecchio arnese di vent’anni fa. Dall’oscurità appaiono figure vestite di nero che cominciano a posare dei cubi luminosi lungo la scena. Lo fanno a caso, senza un ordine preciso o già stabilito. Continuano a sbucare dalla tenebra e a posare altri cubi che tingono di striature ambra e arancio il marmo delle pareti. I cubi adesso sono venti, trenta, forse di più. Gli attori mi sembrano i membri di una misteriosa organizzazione, o di una setta che appartenga a questi luoghi sotterranei. Tentano di comunicarci qualcosa attraverso un linguaggio fatto di oggetti e forme razionali. I cubi vengono tolti dalle loro posizioni e vanno a costruire una grande piramide luminosa, una sorta di totem marziano, che poi viene disfatto e si tramuta nella grande scritta, anch’essa luminosa, ‘Luce’, dove significante e significato s’identificano curiosamente, in una forma duale che trova la propria forza evocativa proprio nell’impossibilità di venire sciolta e ricondotta a parti distinte. Contempliamo la parola ‘luce’ mediante il suo significante, la scritta, e attraverso il suo significato, la luce, lo sfavillio dei cubi che rischiara l’oscurità della cava. C’è un’allusione fulminea all’idea pura della fiamma, alla suo remoto archetipo platonico, alla sua funzione elementare. Fiat lux -l’aurora, l’inizio del mondo, l’interruttore di casa e la lampadina che illumina la stanza e il mobilio. La luce che rimuove ombra dall’essere e fa del mondo qualcosa di finalmente più chiaro e distinto.
Nel secondo atto dello spettacolo, i performer (fra cui molti ragazzi, una decina, che hanno partecipato ai workshop tenuti quella settimana da Akademia Ruchu) si allineano di fronte al pubblico reggendo dei grandi palloni bianchi. Fissati sopra ad ognuno dei palloni ci sono dei calici che un attore riempie di un liquido vermiglio. I palloni vengono lasciati andare, nel vuoto, si capovolgono, e il liquido si rovescia a terra, e i palloni seguitano nel loro volo, fino ad arrestarsi contro il soffitto del salone, dove restano così, sospesi. E’ quasi un vecchio numero d’illusionismo. Palloni che si sono opposti con grazia ad una pressione contraria e che si ritiene soverchiante -la forza di gravità. Lo spettacolo è finito, sono trascorsi venticinque minuti. Abbiamo le scarpe sporche di fango e polvere di marmo. Usciamo dall’utero, montiamo di nuovo sui minibus e fra poco torneremo alle nostre case borghesi, alle città degli outlet e delle corporation, al nostro secolo ventunesimo, dove la luce è elettrica e permanente e la gravità una forza con cui abbiamo appena iniziato a giocare.

Ivan Carozzi
Giornalista e scrittore

Quando incontrai Teresa, Presidente dell’Associazione culturale Opera Bianca, per la prima volta, nell’ufficio dell’assessorato alla cultura della Provincia di Massa Carrara, mi sembrò da subito una donna dotata di una indubbia sensibilità. Seduta davanti a me, Teresa mi raccontò l’intenzione di portare proprio a Massa, a casa nostra, il gruppo di artisti polacchi Akademia Ruchu, nome molto conosciuto nel panorama internazionale dei linguaggi legati al teatro e alla performance.
Nella strada di ritorno verso casa, ancora non riuscivo a focalizzare fino in fondo la sua idea di evento, che mi risultava del tutto vaga e nebulosa, anche se mi riappariva assolutamente nitido il suo volto mentre mi spiegava, con entusiasmo, il progetto. Mi piaceva, e ben presto dissi prima a me stessa e poi a Teresa, che volevo fare parte dello staff.
Organizzare eventi, curarli, accudirli, seguirli passo passo come un bambino che cresce, aspettando il giorno in cui si consumeranno, fa parte di un lavoro complesso e faticoso ma decisamente gratificante. Luogo Comune Cantiere d’Arte con Akademia Ruchu, è il risultato di una grande passione e di un grande affetto che nell’arco di sei mesi ha unito i partner del progetto, proprio come tanti mamme e papà in attesa del parto.
Questo progetto, ha dato vita a relazioni e collaborazioni intense tra organi istituzionali, associazioni, sponsor e partner che hanno contribuito alla riuscita dell’evento. Il territorio della provincia di Massa Carrara si è rivelato in grado di poter ospitare le tematiche e i linguaggi legati al mondo del teatro sperimentale e delle arti visive. La partecipazione massiccia di un pubblico eterogeneo ha soddisfatto le nostre aspettative e ci ha permesso di valutare positivamente l’esito.
Due Comuni, una Provincia, tre location. Gli ambienti scelti per ospitare le iniziative e gli spettacoli del gruppo polacco, sono stati accuratamente selezionati affinchè rappresentassero per la loro storia e per le loro caratteristiche fisiche, l’essenza e lo spirito di Luogo Comune e gli obiettivi di Opera Bianca.
La settimana densa di spettacoli e performance, di workshop per artisti ed attori tenuti dai membri di Akademia Ruchu, si è poi conclusa, con grande sorpresa del pubblico, all’interno di un suggestivo habitat nel cuore della montagna, dentro alla materia bianca del marmo, simbolo secolare del paesaggio apuano.
Proprio lì, nella Cava Ravaccione, abbiamo deciso di scrivere la fine di Luogo Comune, nella certezza che anche se di fine (finissage) si trattava, la magia del luogo e la straordinaria forza della performance, avrebbero mantenuto vivo il ricordo dell’esperienza.
Proprio lì abbiamo deciso di salutarci, nelle viscere di una montagna che porta dentro di sè la pesantezza del marmo e la leggerezza dei colori, dei vuoti e delle luci bianche che l’attraversano. Un saluto caloroso a 16° di temperatura costante, che ha mozzato il fiato di un centinaio di spettatori e lasciato un segno, un qualche piccolo segno nel cuore del monte e nel cuore di ognuno di noi.

Martina Angelotti
Project Manager

AKADEMIA RUCHU Fondata nel 1973 a Varsavia da Wojciech Krukowski, che è ancora oggi il suo direttore artistico, Akademia Ruchu è sempre stata conosciuta come teatro “del comportamento” e della narrazione visuale. E’ un gruppo creativo che lavora ai confini di diverse discipline artistiche – teatro, arti visive, performance e film. Movimento, spazio e il messaggio sociale sono le caratteristiche principali di tutti i processi artistici svolti da Akademia Ruchu. Questo fatto deriva della convinzione che il radicalismo artistico ed il messaggio sociale non si escludono a vicenda. Dal 1974 Akademia Ruchu lavora in modo regolare e continuativo negli spazi aperti delle città (circa 500 spettacoli, eventi e happening), ed è stata il primo esempio in Polonia di un gruppo artistico che lavora fuori dagli spazi ufficiali del culto delle arti: strade, case di riposo, zone industriali. Così gli elementi della vita quotidiana, che Akademia Ruchu usa e trasforma nei luoghi “beatificati” dell’arte (teatri, gallerie d’arte), hanno arricchito la sua visione antropologica senza compromettere la sua visione estetica. Akademia Ruchu ha presentato il suo lavoro in quasi tutti i paesi europei, in America del Nord e del Sud e in Giappone, durante tournèe internazionali e presso festival importanti (World Theater Festivals a Caracas e Nancy, il Festival Kaaitheater a Bruxelles, il Chicago International Theater Festival, il LIVE Art Festival a Glasgow), ed ha anche mostrato il suo lavoro in numerose gallerie e luoghi di esposizione delle arti visive (fra gli altri a DOCUMENTA 8 a Kassel, all’Institute of Contemporary Arts a Londra, nel Museum of Contemporary Arts PS1 a New York, nel Museum of Modern Arts a Yokohama).

Direttore artistico: Wojciech Krukowski
Gruppo creativo: Janusz Baldyga, Jolanta Krukowska, Cesary Marczak, Zbigniew Olkiewicz, Krzysztof Zwirblis
Staff tecnico: Jaroslaw Zwirblis Jan Pieniazek
Tour manager: Malgorzata Borkowska

LUOGO COMUNE
un progetto di:
Opera Bianca
(Antonella Cervia, Stefano Graziano, Filippo Rolla, Maria Teresa Telara)
IDEAZIONE
Maria Teresa Telara
ORGANIZZAZIONE e PROGETTO GRAFICO
Martina Angelotti
UFFICIO STAMPA
Filippo Rolla
SEGRETERIA E LOGISTICA
Antonella Cervia
COORDINAMENTO
PROVINCIA DI MASSA CARRARA
ufficio Cultura
ref. Mario Celi
Cinzia Bertilorenzi
Francesca Lazzerini
Paola Fraschi
RESPONSABILE TECNICO
Massimo Carotti
FONICA
Saverio Damiani
LUCI
Marco Segreto
FOTO DOCUMENTAZIONE
Alessandra Sbertoli
Luogo Comune è stato realizzato grazie alla colaborazione di:
PROVINCIA DI MASSA CARRARA
TRA ART- Regione Toscana
PORTO FRANCO – Regione Toscana
PIETRE DI TOSCANA

e al contributo di:
Ministero della Cultura e Patrimonio Nazionale della Repubblica di Polonia,
Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara;
APT Massa Carrara;
LUCENSE srl Lucca;
Comune di Carrara,
Comune di Massa,
Circoscrizione 2 Carrara Centro,
Associazione Industriali Massa Carrara

Ringraziamenti:
Fondazione Fabbrica Europa,
Fondazione Pontedera Teatro,
Istituto Polacco di Roma

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