18 Maggio 2009
Opere di Architettura
Jürg Conzett, Pùnt da Saransuns,
Viamala, Cantone dei Grigioni, Svizzera (1997-1999)
Saransuns (Foto: Stefano Zerbi)
«Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.
– Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? – chiede Kublai Kan.
– Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra, – risponde Marco, – ma dalla linea dell’arco che esse formano.
Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: – Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che m’importa.
Polo risponde: – Senza pietre non c’è arco».1
Il percorrere le “vie della pietra” mi ha portato al Pùnt da Saransuns nella Viamala. L’esperienza, unica, dell’attraversarlo e del fermarsi a studiarlo è stata lo spunto per approfondire la conoscenza tecnica di quest’opera di ingegneria quasi invisibile a chi no decida di scendere nelle scoscese gole del Hinterrhein.
Questa è inoltre l’occasione di proseguire una riflessione sulle soluzioni adottate per la realizzazione di strutture orizzontali in pietra naturale iniziata con gli elementi precompressi sviluppati dalla ditta Ongaro di Cresciano nel Canton Ticino (http://www.architetturadipietra.it/wp/?p=1694). Soluzioni costruttive semplici e sviluppate nel rispetto delle caratteristiche del materiale lapideo.
Via Spluga-Viamala-Via Traversina
La Via Spluga è un percorso escursionistico di 65 km che collega la città di Chiavenna, in provincia di Sondrio, a Thusis, nel Cantone dei Grigioni. Quest’itinerario ripercorre l’antica strada del passo dello Spluga, importante asse di collegamento tra la Pianura Padana e i Grigioni sin dall’Antichità e che in epoca romana collegava Milano a Coira, capitale della Rezia. Risale probabilmente a quest’epoca il toponimo “Via Mala” che identifica una parte del percorso tra St. Albin e Zillis caratterizzato dalle profonde e scoscese gole del Hinterrhein (Reno posteriore). In effetti esso costituiva la parte di più difficile attraversamento dell’intero percorso e fu aperta alla soma solo nel XV secolo. Oggi la “Via Traversina”, un percorso pedestre di 11.5 km, rinnova quest’esperienza unica di scoperta delle gole della Viamala e dell’attraversamento del fiume Reno grazie a due passerelle, entrambe realizzate dallo studio di ingegneria Conzett, Bronzini, Gartmann di Coira.
La prima passarella, la Veia Traversina, fu realizzata nel 1996 e distrutta da una frana nel 1999. Essa è stata sostituita da una seconda passarella sospesa in legno, costruita a monte della precedente, nel 2005.
Il secondo attraversamento, dopo le gole della Viamala in direzione di Zillis, è frutto di un concorso di idee indetto dall’Associazione Kulturraum Viamala nell’autunno del 1997.
La passerella permette l’attraversamento delle strette gole della Viamala (Foto: Stefano Zerbi)
Pùnt da Saransuns
L’ubicazione scelta per il ponte, all’interno del perimetro di concorso, ne facilita l’accesso da entrambi i versanti della gola, ciò coincide però con una distanza d’attraversamento di 40 m. Inoltre le due spalle hanno una differenza d’altezza di 4 m. Questi i dati geometrici che hanno determinato la scelta di una passerella a nastro tesa fra due punti, il tipo di struttura più adatto a questa situazione particolare. La seconda idea di progetto, dettata invece da un’analisi territoriale, è stata quella di realizzare un ponte in pietra in sintonia con i manufatti circostanti e in contrasto con la struttura lignea della Veia Traversina. L’ingegnere Jürg Conzett, responsabile del progetto, identificata due tradizioni costruttive attraverso l’utilizzo dei materiali: a nord, la Veia Traversina, in legno, e a sud, il Pùnt da Saransuns, in pietra.
L’apparente contraddizione tra un ponte a nastro sospeso e la sua realizzazione in pietra naturale è smentita da Jürg Conzett attraverso argomenti oggettivi, ovvero l’analisi strutturale e il riferimento storico.
In effetti una struttura tesa fra due punti, idealmente assimilabile ad un cavo, assume naturalmente un profilo parabolico rovesciato. Essa è stabile fin tanto che delle forze esterne non agiscano su di essa: nel caso di una passerella pedonale, le vibrazioni prodotte dall’attraversamento e il vento. Per stabilizzare la struttura tesa è dunque necessario ricorrere ad un appesantimento; ecco quindi farsi strada l’idea di utilizzare un materiale locale pesante come il gneiss. La struttura tesa formata dai nastri d’acciaio e dagli elementi litici si comporta, nell’insieme, come un cavo teso fra due punti e, in ogni suo punto, come una trave capace di stabilizzarsi. Lo studio di un precedente storico, come affermato dallo stesso Jürg Conzett, è al servizio del progetto poiché esso permette di «aumentare il numero delle soluzioni possibili»2. In questo caso esso è un progetto non realizzato, risalente al 1954, dell’ingegnere Heinz Hossdorf per un nuovo Ponte del Diavolo nelle gole della Schöllenen nel versante nord del massiccio del San Gottardo. La proposta di Hossdorf, scartata dalla giuria di concorso, consisteva nel realizzare un ponte in granito precompresso lungo 73,5 metri. Per difendere la sua proposta egli scrisse: «… un ponte in granito precompresso. Ad un primo sguardo il solo pensiero può apparire mostruoso … ma forse ciò non fu mai proposto solo a causa della sua onestà… Sì, che cos’è un arco secondo la sua ragione statica se non una trave precompressa dal suo peso?»3 Hossdorf fornisce anche delle spiegazioni tecniche circa i vantaggi di una struttura precompressa in pietra naturale: «In aggiunta, la struttura portante in granito apparecchiato precompresso ha ancora alcune qualità in più rispetto al calcestruzzo precompresso. I fattori di calcolo incerti dei sistemi precompressi in calcestruzzo, cioè il ritiro e lo scivolamento, sono, in pratica, completamente soppressi».4 Ecco dunque delinearsi la soluzione definitiva: una passerella sospesa, formata da nastri d’acciaio e lastre in gneiss, precompressa per garantirne un’elevata stabilità.
Dettagli (foto: Stefano Zerbi)
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Lo sviluppo esecutivo del progetto avviene con chiarezza e nel rispetto dell’idea strutturale. Ogni elemento è ridotto all’essenziale, ciò al fine di limitare la quantità di materiale da trasportare nella forra e evitare una messa in opera complicata. La forma rende intelligibile la funzione di ogni parte rispetto all’insieme e alle sequenze costruttive. Il montaggio degli elementi è stato eseguito a secco.
Fondazioni e spalle sono risolte con un solo elemento in calcestruzzo armato gettato in opera e ancorato alle pareti rocciose. Gli ancoraggi hanno dimensioni tali da permettere la successiva post tensione dell’intera passerella. Due lame in acciaio inossidabile di 20x250x700 mm, fra le quali saranno fissati i nastri, sono introdotte nel getto cementizio. Due piastre, sempre in acciaio, sulle quali saranno fissati i martinetti idraulici, sono incorporate nella spalla più bassa.
Due nastri, formati ciascuno da due piattine in acciaio inossidabile di 15×60 mm saldate alle estremità, sono trasportati tramite elicottero e messi così in opera tra le lame in acciaio delle spalle. All’estremità inferiore dei nastri sono saldati due occhielli che permetteranno la trazione dei martinetti. Verso le spalle i nastri strutturali, che si trovano a contatto con le lastre di pietra, sono stati rinforzati tramite l’aggiunta di quattro altri nastri in acciaio. La forma che ne risulta ricorda i vecchi ammortizzatori a balestre e in effetti la funzione è quella di riprendere gli sforzi di flessione della struttura.
Per le lastre che formeranno l’impalcato del ponte è scelto il locale gneiss di Andeer. Un ortogneiss a due miche, ricco in Phengite, una mica argillosa che ne determina il caratteristico colore verde. L’elevata resistenza alla compressione lo rende un materiale perfetto per una struttura post tesa: ne deriva uno spessore di soli 6 cm. Ogni lastra di 110×25 cm, fiammata sul lato di calpestio, è forata alle estremità per permetterne la fissazione ai nastri in acciaio che avviene attraverso un montante in acciaio di diametro 16 mm passante tra le due piattine e una piastrina. Esso costituisce anche il parapetto della passerella e la fissazione tramite bullone permette lo scorrimento della lastra per la messa in opera. Il giunto tra le lastre in pietra naturale, normalmente realizzato con la malta, è in questa situazione irrealizzabile sia per i problemi di messa in opera sia per la durevolezza di una tale soluzione in ambiente fluviale. In accordo con la tecnica della costruzione a secco, si è fatto ricorso a piattine in alluminio di 3 mm di spessore, materiale più duttile dell’acciaio, che garantiscono la trasmissione delle forze tra gli elementi e il loro movimento differenziale.
Partendo quindi dalla spalla a valle, si è preceduto alla messa in opera delle lastre e delle piattine di giunzione.
Una volta l’impalcato terminato, la struttura è stata messa in tensione tramite due martinetti idraulici. Le lastre di pietra, come in un arco, sono bloccate l’una all’altra, e fra la lama in acciaio e la giunzione delle piattine formanti i nastri è stato inserito un cuneo in acciaio che blocca l’insieme, garantendo nel contempo un successivo intervento di rimessa in tensione. I bulloni di fissazione delle lastre sono stati serrati.
Il corrimano, sempre in acciaio, con sezione 10×40 mm, è stato infine saldato ai montanti verticali formanti il parapetto.
Questa “opera d’arte” costituisce uno spartano elemento funzionale per l’escursionista, ma al contempo un importante dimostrazione delle possibilità di applicazione strutturale della pietra naturale quando essa viene utilizzata secondo le proprie peculiarità. Il Pùnt da Saransuns realizza quindi completamente l’aspirazione di Jürg Conzett rispetto alla sua professione di ingegnere, ovvero «costruire opere che rispondano alla propria funzione» e che permettano di «tenersi su di un ponte e sentire che regge […] un sentimento primordiale che mi ha sempre affascinato […] Il controllo delle leggi della gravità».5
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di Stefano Zerbi
Note
1 Italo Calvino, Le città invisibili, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1993, p.83.
2 Estratto da un’intervista a Jürg Conzett contenuta nella puntata a lui dedicata dalla serie televisiva “Architectoure de Suisse” prodotta da SRG SSR idée suisse nel 2001.
3 Heinz Hossdorf, Zum Gespräch um die neue Teufelsbrücke, “Schweizerische Bauzeitung”, nr. 46, November 1954, p.676 (Testo originale in tedesco, traduzione dell’autore).
4 Ibidem.
5 Vedi nota 2.
Bibliografia
Mostafavi, Mohsen, ed., Structure and Space. Engineering and architecture in the works of Jürg Conzett and his partners, London, AA Publications, 2006.
Ponti, Jérôme, Le Pùnt da Saransuns, “Tracés”, n.22, 2001, p. 16.
Conzett, Jürg, Punt da Saransuns pedestrian bridge, Switzerland, “Structural Engineering International”, 2, 2000, pp. 104-106. Conzett, Jürg, Pùnt da Saransuns, “Schweizer Ingenieur und Architekt”, n.1/2, 2000, pp. 2-6.
“Saransuns Footbridge” in: Puente, Moisés, Ortega, Lluis, ed., 2G Building in the mountains. Recent architecture in Graubünden, Barcelona, Editorial Gustavo Gili, 2000, pp. 70-75.
Siti internet
http://www.viamala.ch/it
http://www.viaspluga.com
http://www.viestoriche.net
http://www.cbg-ing.ch
Biografia di Jürg Conzett
Nato nel 1956. Studia ingegneria civile presso i Politecnici Federali di Losanna e Zurigo, dove si laurea nel 1980. Lavora durante sei anni presso l’architetto Peter Zumthor. Dal 1985 insegna presso l’ETW di Coira. Dal 1999 è uno dei titolari dello studio di ingegneria Conzett, Bronzini, Gartmann AG di Coira. Nel 1999 ottiene il Premio Internazionale di Architettura Alpina Sexten Kultur. Nel 2003 il Pùnt da Saransuns riceve il Premio Internazionale Architettura di Pietra.
5 Giugno 2009, 17:07
Vincenzo Pavan
A completamento della bibliografia suggerisco per i lettori: Werner Oechslin “Quando scienza e cultura si uniscono”, in “Pietra: Il corpo e l’immagine” Arsenale Editrice, 2003. Pubblicato in occasione del Premio Internazionale Architetture di Pietra 2003.